Selle SMP rinnova: altri due anni assieme ai Reverberi

09.12.2022
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Le settimane che portano alle festività natalizie sono sempre molto frenetiche per i team. I giorni passano veloci tra ritiri da programmare e materiale da consegnare, soprattutto se siamo di fronte all’ingresso di nuovi partner tecnici. Restando in tema, per la Bardiani-CSF Faizanè (che dal primo gennaio cambierà nome in Green Project Bardiani-CSF Faizanè) il 2023 si appresta ad essere un anno davvero importante. Dal prossimo anno la formazione diretta da Bruno e Roberto Reverberi correrà su biciclette De Rosa. Stiamo parlando dei modelli Merak e SK Pininfarina. Se cambia il fornitore tecnico della bicicletta, resta però confermato il partner delle selle, che per il terzo anno saranno Selle SMP.

Nei giorni scorsi l’azienda di Casalserugo, in provincia di Padova, ha rinnovato per altri due anni la collaborazione con la formazione diretta in ammiraglia da Roberto Reverberi.

Maurizio e Franco Schiavon con al centro il padre Martino, fondatore di Selle SMP
Maurizio e Franco Schiavon con al centro il padre Martino, fondatore di Selle SMP

Obiettivi comuni

Alla base di una collaborazione che dura già da tre anni e che è destinata a proseguire almeno fino alla fine del 2024 c’è sicuramente la condivisione di obiettivi che si vogliono raggiungere. A confermarlo sono Maurizio e Franco Schiavon, fratelli e titolari dell’azienda Selle SMP.

«Quando una partnership si fonda sul rispetto reciproco e sulla condivisione dell’obiettivo comune – raccontano – la meta è già raggiunta. Ma per mantenere alti gli obiettivi, bisogna sempre pedalare con convinzione e sguardo rivolto al futuro. Rinnoviamo con fiducia la collaborazione con la Bardiani-CSF Faizanè, perché la nostra azienda ha fatto propri i valori del ciclismo: sacrificio, fatica, dedizione, resilienza, onestà e correttezza. Se manca anche solo uno di questi valori non si vince».

Alle parole dell’azienda fanno seguito quelle del team attraverso il team manager Roberto Reverberi.

«Siamo felici – dice – che Selle SMP prosegua con questa partnership per le stagioni 2023-2024, tutti gli atleti del roster 2022 hanno utilizzato i loro prodotti trovandosi davvero bene. Abbiamo attuato una importante rivoluzione sportiva inserendo 7 nuovi atleti giovani nel nostro team. La rivoluzione c’è stata anche a livello di sponsor tecnici, con l’arrivo di De Rosa. Selle SMP rimane un’ottima costante in questo cambiamento, ci siamo sempre trovati bene. Pensiamo di avere allestito una squadra competitiva, speriamo di raccogliere insieme ai nostri partner delle belle soddisfazioni e di ottenere ottimi risultati. La stagione 2023 per noi sarà fondamentale. Un ringraziamento particolare alla famiglia Schiavon per la costante e proficua collaborazione».

Ampia disponibilità

Così come avvenuto in passato, gli atleti della Green Project Bardiani-CSF Faizanè saranno seguiti per tutta la stagione dallo staff di Selle SMP con il preciso obiettivo di trovare fin da subito la sella ideale. I modelli a disposizione del team saranno i seguenti: Composit, Evolution, F20/F20C, F30C, VT20/VT20C e VT30C.

Alcuni atleti presenti in squadra la scorsa stagione non hanno mancato di esprimere le loro sensazioni sui modelli appena provati. In alcuni casi si tratta di conferme visti gli ottimi riscontri avuti.

Filippo Fiorelli ha scelto il modello VT20C: «Ho voluto provare questa sella – dichiara – perché è più imbottita e comoda, ho sentito diversi benefici in questi giorni, al primo impatto è davvero ottima, ringrazio Selle SMP che mi ha guidato nella scelta».

Luca Covili, ha optato per il modello Composit: «Il 2023 – conferma – sarà il terzo anno consecutivo con questa sella. L’ho scelta fin da subito perché l’avevo già usata da under 23 quando correvo alla Palazzago e mi trovai bene fin da subito. Quando mi hanno chiesto quale volessi utilizzare, non ho avuto dubbi».

Samuele Zoccarato, campione italiano gravel, ha scelto invece il modello VT30C: «Una sella corta che aiuta a distendersi sulla bici e non ha punti scomodi sulla parte anteriore, quando si va in presa bassa. Per la mia conformazione fisica è l’ideale».

Selle SMP

Nella polvere con Zoccarato. La differenza fra strada e gravel

22.09.2022
6 min
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Cavarsela da soli. E’ forse questo l’aspetto che più affascina di una prova gravel, almeno dal punto di vista agonistico. Nel gravel da avventura subentrano aspetti come quello della guida sul tecnico o del pedalare in natura. Ma vedere un Samuele Zoccarato che da solo scatta, si alimenta, supera i crampi e deve gestire gli imprevisti è stata una bella emozione.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vinto il primo tricolore gravel della storia. Con lui facciamo un paragone con la strada.

Zoccarato (classe 1998) taglia il traguardo tricolore di Argenta. Nel finale per lui anche i crampi (foto @atphotography)
Zoccarato (classe 1998) taglia il traguardo tricolore di Argenta. Nel finale per lui anche i crampi (foto @atphotography)
Samuele, in passato hai fatto anche un po’ di cross, quanto ti ha aiutato?

Mi ha aiutato a leggere il terreno. Per esempio come affrontare una curva sulla ghiaia. Nel cross si cerca l’erba, perché la gomma tiene di più, quindi o la fai tutta all’interno o tutta fuori, dove di ghiaia ce n’è di meno. Oppure continuare a pedalare in curva: così il posteriore ha più tenuta. O ancora a bilanciare il peso. Su strada si è più statici, nell’offroad ci si sposta avanti o indietro. Nelle curve ti muovi al contrario. Su asfalto ti butti e cerchi di tenere la bici dritta. Fuori strada cerchi di piegare la bici per far aderire la parte laterale della gomma dove i tasselli sono più marcati e penetrano meglio nel terreno. 

Alimentazione: come ti sei gestito?

Ho preso 300 grammi di carbo, 100 l’ora. Li ho presi con 2 borracce di maltodestrine e un po’ di fruttosio, tre barrette e 6-7 gel.

Nelle uscite di curva le distanze si allungano molto più che su strada (foto @mario.pierguidi)…
Nelle uscite di curva le distanze si allungano molto più che su strada (foto @mario.pierguidi)…
Se dovessi paragonare la gara gravel di Argenta (120 chilometri “piatti”) con una gara su strada, a che tipo di corsa la paragoneresti?

Ad una corsa nervosa, con strade strette e brevi strappi. Una gara in cui è importante stare davanti, perché sulle stradine all’uscita della curva il gruppo si allunga e prendi la frustata. In una corsa piatta su strada come quella di Argenta puoi anche stare tutta la corsa a ruota e risparmiare energie.

Perché? 

Perché in entrata e in uscita di curva c’è sempre quello meno bravo che rallenta un po’ di più. E poi la distanza nello stare a ruota è maggiore. Su strada pochi centimetri, nel gravel un metro. Prima di andare in fuga avevo visto che all’uscita di ogni curva dopo la frustata si staccava qualcuno. Tra il ventesimo e il primo c’erano già 100 metri.

Quanto conta il gioco di squadra?

Conta meno che su strada. L’idea del capitano in coda a sette uomini non è fattibile. Quando ne hai uno o due che ti proteggono nei momenti che contano sei apposto.

Qui una situazione simile alla foto precedente, ma su asfalto. Gli spazi sono molto più stretti
Qui una situazione simile alla foto precedente, ma su asfalto. Gli spazi sono molto più stretti
Come è stato restare da solo per tanti chilometri?

Non difficilissimo. Sono abituato a questi sforzi. Spesso in allenamento faccio lavori specifici di 40′, un’ora, da solo a ritmi ben al di sopra del medio. E poi con il tempo ho imparato anche a dissociarmi mentalmente: guardare il paesaggio o i tuoi piedi che girano… Se inizi a pensare che sei solo, che vorresti un cambio, si fa dura.

Non avevi il potenziometro, ma che tipo di sforzo è stato? Hai parlato di tre ore a tutta…

Avevo la fascia cardio. Nei primi 50 chilometri c’era il vento a favore per andare via avrei dovuto fare i 55 all’ora. Quando il vento è diventato contro sono scappato a 40 all’ora. Appena scattato sono andato a tutta, oltre la soglia, almeno fino a che non ho avuto un margine di sicurezza. Poi mi sono gestito, comunque ero sempre sulla soglia. Anche per questo alla fine ho avuto i crampi. Magari con il potenziometro non li avrei avuti.

Però magari con il potenziometro avresti mollato. Non è che certe volte questo strumento si trasforma in un limitatore?

Con il potenziometro sai che valori puoi tenere. Se vai oltre non riesci ad arrivare in fondo. E’ “matematica”. Semmai questo discorso può valere su qualche strappo o una breve salita, in cui provi a tenere un po’ di più. Credo che controllare i watt sia importante.

Passiamo ai rapporti… 

Avevo il 50-34 anteriore e l’11-28 posteriore: erano perfetti. Viste le velocità ci poteva stare bene anche un monocorona da 46, ma poi non sarebbe stato lo stesso con la scala posteriore: troppa differenza tra un dente e l’altro.

Ma il 34 lo hai usato?

No.

E allora perché non montare un monocorona da 50 denti?

Essendo piatta si poteva fare. Pensavo anche a qualche salita. Un 50×28 è comunque duro e con un monocorona devi usare una scala 11-40/42: i salti tra sono ampi, anche di 5 denti.

Il 50×11 del gravel corrisponde al 53×11 della strada?

Non servono i rapportoni. Con un 46×11 a 90 rpm vai comunque a 45 all’ora. Ma è vero che su un rettilineo in asfalto andavo a 48. Quindi ad Argenta come ripeto il 50 era ideale. La differenza di velocità credo sia 5 chilometri orari.

Ti è piaciuto il fatto di pedalare in autonomia?

Sì molto, specie per il tipo di corridore che sono. A me piace prendere aria. Magari un velocista si sarebbe spaventato. Io invece non ho avuto paura di prendere vento in faccia. Ho spinto e fino a che non ho avuto i crampi ho guadagnato. Poi mi sono dovuto gestire.

Quindi nessuna sensazione di essere “solo nell’oceano”…

No, però devo ammettere che c’era un guasto meccanico, che mi preoccupava: la rottura della catena. Per il resto avevo tutto l’occorrente per intervenire sulla bici. Semmai sono stato ingenuo a non prendere la borraccia dopo il primo rifornimento e mi sono trovato senza acqua. E comunque in situazioni di bagarre, succede anche su strada nonostante l’ammiraglia al seguito. Un errore così nel gravel si avverte di più.

L’approccio mentale com’è stato? Si dice che i chilometri nel fuori strada passino più lentamente…

Per me invece passano più velocemente, perché sei sempre impegnato nella guida. Su strada a volte non sai come far passare il tempo.

Zoccarato preferisce il manubrio da strada per questioni di feeling di guida e di aerodinamica
Zoccarato preferisce il manubrio da strada per questioni di feeling di guida e di aerodinamica
Chi è il “gravelista” ideale per Zoccarato?

Chi sa guidare bene la bici. Rispetto ad un crossista deve avere picchi di potenza più alti nel lungo periodo. Non deve aver paura di stare al vento e fare fatica. Un corridore che per performare non deve limare.

Riguardo alla bici, cambieresti qualcosa?

No, okay così. Arretramento e altezza sella erano identici a quella da strada. L’unica differenza era il manubrio un po’ più alto. Anche la distanza sella-manubrio era uguale. Rispetto al cx non si deve accorciare molto: la componente aero conta. Nel cross è prioritaria la maneggevolezza di guida.

Altri dettagli? Magari il doppio nastro. Oppure la piega specifica per il gravel?

Il doppio nastro non mi piace. Per le vibrazioni già bastano le geometrie delle bici e le gomme più larghe. Preferisco il manubrio da strada, voglio la piega stretta.

Guarischi e Zoccarato, il primo tricolore gravel è loro!

18.09.2022
7 min
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Samuele Zoccarato e Barbara Guarischi sono i primi campioni italiani gravel della storia. Hanno dominato le stradine della Bassa, nel bellissimo paesaggio del Delta del Po. E lo hanno fatto al termine di corse forse agli antipodi. Un lungo assolo per il corridore della Bardiani Csf Faizanè, un rimescolamento di carte con tanto di volata finale per l’atleta della Movistar Team

Dopo la pioggia della vigilia, il cielo di Argenta è limpido. Non c’è neanche il vento, almeno all’inizio. La temperatura è fresca. I presupposti per una grande giornata di ciclismo ci sono tutti. E infatti le attese non saranno tradite. 

Zoccarato “sul pezzo”

Stamattina prima del via siamo andati a ficcanasare nel clan della Bardiani. Zoccarato a dispetto di altri era stato l’unico a chiedere ai meccanici di montare un rapporto specifico. Non si era limitato ad usare quel che aveva trovato sulla bici fornita in extremis da MCipollini.

«Vero – dice Zoccarato soddisfatto dopo l’arrivo – memore dell’esperienza dello scorso anno alla Serenissima Gravel in cui avevo il monocorona 42, ho chiesto di avere un 50-34 e 11-28 al posteriore. E mi è stato utile. Altrimenti dietro avrei girato solo i denti più piccoli. E si sarebbero fatti sentire ancora di più. Specie con questo vento».

Zoccarato è scappato via dopo una trentina di chilometri.

«C’era un drittone con vento laterale. Eravamo tutti in fila e ho allungato. Ma sinceramente non mi aspettavo di fare tanta fatica. Tutti questi chilometri da solo (circa 90, ndr) su sterrato sono stati davvero tanti. E infatti nel finale ero stanchissimo. Avevo qualche crampo. Anche perché non sono riuscito a prendere una borraccia in uno dei punti tecnici. Ho cercato di gestirmi. Che dire, è più difficile di quello che sembra. Ho fatto tre ore e un quarto a tutta.

«E’ stata una corsa lunga. Poi era la prima volta che salivo su questa bici. Ho avuto giusto il tempo di farci un giretto per provarla e anche per questo si è sentito qualche doloretto di troppo».

Tra divertimento e fatica

Nel finale Zoccarato ha lottato contro la fatica. Però, tutto sommato, poteva stare tranquillo. Alle sue spalle infatti erano solo in due e uno aveva la sua stessa maglia. Erano Sacha Modolo e il crossista della Beltrami Tsa, Luca Cibrario, il quale (era lui che tirava ovviamente) gli ha rosicchiato un minuto buono nei 20 chilometri finali.

«Ho sottovalutato la corsa – dice un soddisfatto Modolo – però è stata bella, dai! Senza potenziometro, senza radio: sei tu da solo che devi gestirti.

«E’ stata una scoperta la tenuta di queste bici. Abituato con le gomme da 28 millimetri alla Strade Bianche che scivolano parecchio, qui dopo tre, quattro curve ho capito che avrei potuto piegare e spingere molto di più. Anche per questo mi sono divertito».

«Io – riprende Zoccarato – mi sono gestito con quel che avevo in tasca. Prendevo 100 grammi di carboidrati l’ora, più le borracce con cui ero partito. Anche se, come ho detto, una non l’ho presa. Per il resto tra il vento e lo spingere a tutta, ogni tanto cercavo di distrarmi guardando il paesaggio. Ma soprattutto ero concentrato a non cadere, specie nel finale. Anche questo l’ho imparato lo scorso anno alla Serenissima Gravel. Per osare sono caduto e ho spaccato tutto…

«I distacchi? Mi aggiornavano ogni 15 chilometri più o meno».

Ha ragione Roberto Reverberi: Zoccarato è pronto a buttarsi nel fuoco. E a proposito di Reverberi: con questa vittoria Roberto porta a casa il secondo tricolore dopo quello di Filippo Zana su strada.

Prima di salire sul podio Barbara Guarischi ha brindato con una birra
Prima di salire sul podio Barbara Guarischi ha brindato con una birra

Brava Guarischi

Una mezzoretta prima di Zoccarato aveva, anzi avevano tagliato il traguardo in volata Barbara Guarischi e Letizia Borghesi. Nello sprint lungo aveva avuto la meglio l’atleta della Movistar. 

Per Barbara il gravel è stata una novità dell’ultimo periodo. Lei, che è anche una pistard si è ritrovata sullo sterrato quasi per caso.

«Alla fine – dice la Guarischi – sono sempre dure queste gare. Ho iniziato alla Monsterrato due settimane fa e sinceramente non mi aspettavo di fare tanta fatica.

«Oggi siamo partite piano. Tanto piano. Quando ci hanno ripreso gli uomini amatori è iniziata la vera bagarre. Abbiamo trovato vento forte e poi quando i ragazzi vanno… vanno. Per stargli dietro abbiamo fatto dei grossi fuorigiri».

«Ad un certo punto io e Chiara Teocchi siamo rimaste indietro con altri due ragazzi, mentre Letizia Borghesi era davanti con una decina di ragazzi. Credevo fosse finita lì: dieci contro quattro… E invece hanno tentennato, allora con Chiara abbiamo dato l’anima per rientrare. Una volta rientrata sapevo che in volata avrei potuto dire la mia. Anche se poi sono partita lunga, ai 600 metri. Stavo bene e non volevo rischiare».

Lo zampino di Pontoni

A seguire i ragazzi e le ragazze, c’era anche il cittì del cross e del gravel, Daniele Pontoni. E’ stato principalmente lui a coinvolgere la Guarischi.

«Questa avventura è nata un po’ per gioco con Pontoni – racconta Barbara – ho fatto molte corse su strada poi ad agosto mi sono ritrovata senza convocazioni. Non avevo più corse, ma non potevo chiudere la stagione a metà agosto. Allora Daniele mi ha chiamato e mi ha detto di provare, anche solo per divertirmi. Il risultato? Adesso ogni volta che attacco il numero sputo l’anima!».

E il merito di una simile prestazione è anche del suo mezzo, la Canyon Grail.

«Vero è così – sorride Barbara – Devo ringraziare anche loro. Sono super. Ogni volta che ho bisogno di qualcosa alzo il telefono e dopo tre giorni mi mandano a casa tutto il necessario».

Pista e gravel

La Guarischi e la Borghesi sono state le uniche atlete del WorldTour ad aver preso il via. E questa è una particolarità. Sappiamo infatti che i grandi team sono restii a mandare i loro atleti in questi eventi.

«Dando più spazio alle ragazze che sarebbero andate al mondiale – spiega la Guarischi – io non dovevo più correre e così mi hanno lasciato andare. Adesso farò un po’ di pista. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare Marco Villa che mi sta facendo allenare con lui. Sapete, allenarsi senza un obiettivo principale non è facile».

L’obiettivo però adesso c’è: e si chiama mondiale gravel. E infatti questo dà molta fiducia e tanti stimoli alla Guarischi.

«Non vengo nel gravel per vincere, ma al mondiale ci sarò. Intanto penso agli italiani in pista che inizieranno martedì. Poi vedremo…».

Faticacce, qualche legnata e passi avanti per Zoccarato

17.03.2022
5 min
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«Eh, che dire? Ho passato una giornata a prendere legnate sui denti!», sintetizza scherzando Samuele Zoccarato del suo debutto stagionale in Belgio. 

Il classe 1998 della Bardiani Csf Faizanè, ieri alla Nokere Koerse, è stato spedito lassù per farsi le ossa e magari per provare ad ottenere qualcosina, visto che numeri fra test e allenamenti, dicono che è uno dei migliori ragazzi di Roberto Reverberi.

Nelle corse della prima parte della stagione in Belgio c’è molto nervosismo, ma anche un’atmosfera unica per pubblico e… corridori
Nelle corse della prima parte della stagione in Belgio c’è molto nervosismo, ma anche un’atmosfera unica
Samuele, facciamo un po’ il punto di questo inizio di stagione. Partiamo da ieri…

E’ stata una lotta continua, per le posizioni, per le fughe… per tutto. Sono stato quattro ore a cercare di infilarmi in ogni buco, a portarmi avanti. Poi il percorso era anche nervoso e non si andava piano. Ho avuto qualche problema con il pavè. L’ho sofferto molto e non capisco il perché.

Eppure non sei un mingherlino… Che abbiate sbagliato qualcosina in termini di pressione delle gomme?

E infatti ieri sera proprio di questo stavamo parlando con i meccanici. Ogni volta che entravo nei settori di pavè non riuscivo a controllare bene la bici e mi ritrovavo poi dietro. Ad una settantina di chilometri dall’arrivo ero riuscito a prendere una fuga. Siamo entrati in un tratto di pavè e mi hanno malamente tolto di ruota. Da oggi infatti cambiamo qualcosa sulle scelte tecniche.

Cosa?

Gomme più larghe. Qui stiamo usando dei tubolari da 28 millimetri.

Tubolari, non tubeless?

In teoria il tubeless dovrebbe essere meglio, specie su tracciati del genere. E’ più confortevole e più scorrevole, però molto dipende anche dal corridore. Per esempio, Marcato mi diceva che Trentin preferisce il tubolare, nonostante abbia a disposizione anche i tubeless.

Come sta andando questa tua prima parte di stagione?

Ho quasi finito il primo blocco di gare, anche se poi in realtà me ne restano molte. E’ metà marzo e ho già 25 giorni di corsa nelle gambe, senza contare il ciclocross. Sono contento perché la preparazione invernale è stata buona: tra il cross, la palestra e le uscite in bici ho sentito davvero una gamba pronta e la condizione resta stabile. Adesso però inizio a sentire che mi manca un po’ la palestra. Per chiari motivi logistici non sono più riuscito a farla.

Zoccarato San Fior 2021
Per farsi trovare pronto, questo inverno Zoccarato ha provato anche il ciclocross (foto Billiani)
Zoccarato San Fior 2021
Per farsi trovare pronto, questo inverno Zoccarato ha provato anche il ciclocross (foto Billiani)
E come farai? Pensi ai dei richiami?

Non è facile perché correrò moltissimo tra Belgio, Olanda e Francia: tante gare che mi porteranno quasi fino al Giro d’Italia. Tra Denain, De Panne, Schleprijse, Gent-Wevelgem, Brabante, Amstel… Sono davvero tante e finirò a metà aprile.

Però sei nel cuore del ciclismo, all’università… Ne uscirai più forte. Scusaci l’interruzione: torniamo alla palestra…

Proverò a fare degli esercizi a corpo libero nelle varie stanze degli hotel in cui andrò. Poi molto dipende da cosa si vuol fare. E’ chiaro che se si carica molto diventa complicato, perché non puoi farli prima della gara, né il giorno dopo: non è ideale per il recupero. Ma se si fa poco va bene anche il giorno prima della corsa. Magari stimoli dei muscoli che altrimenti non useresti, una sorta di attivazione muscolare.

Samuele, hai elencato tante gare importanti, dalle voci che ci giungono sei uno dei più forti della Bardiani Csf Faizanè: senti questa fiducia da parte del team?

Assolutamente sì. Vedo che ci tengono molto a me. Mi aiutano a risolvere i piccoli problemi che si creano. E rispetto all’anno scorso mi tutelano di più. 

Cioè?

Per esempio, l’anno scorso mi dicevano di andare in fuga, sempre, subito. Quest’anno mi dicono magari di anticipare nel finale, quindi per gran parte della corsa non spreco energie. Serve per provare a cercare qualche risultato e per me è importante, sin da piccolo non ho mai avuto la possibilità di fare risultato. Bisogna anche imparare a vincere o quantomeno a provarci.

Vero, è un feeling anche quello. Cancellara diceva che prima di vincere le corse grandi bisogna imparare a vincere quelle piccole…

Al UAE Tour, Bruno (Reverberi, ndr) mi ha detto di non andare in fuga, di provare a fare classifica. E così ho potuto correre in tutt’altro modo.

Zoccarato al debutto nelle classiche del Belgio di primavera. Eccolo nella Nokere Koerse (foto Instagram @moreljens)
Zoccarato al debutto nelle classiche del Belgio di primavera. Eccolo nella Nokere Koerse (foto Instagram @moreljens)
E come è andata? 

Beh, un po’ di pressione ce l’avevo, l’ho sentita, ma credo anche di averla gestita bene. Sapevo di avere dei limiti ed ero consapevole di come andavano gli altri. Se vedevo che imboccavamo una salita ed ero già fuori di 50 watt, sapevo che non sarei arrivato su con loro. Quindi “mollavo” prima. Cercavo di prendere il mio passo. Andavo regolare anziché scoppiare a metà scalata.

Come per le gare in Belgio, queste esperienze fanno crescere, mentalmente e anche fisicamente: spingi un po’ più in là il tuo motore…

Al UAE Tour c’erano due salite grandi. Una, la prima, più pedalabile di 20 chilometri e un’altra un po’ più dura di 10. Nella prima, mi sono staccato dal gruppetto dei migliori ai 3 chilometri dall’arrivo. Eravamo rimasti in una ventina di corridori. Sono stato contento, ma certo quando aprono davvero il gas non ce n’è per nessuno. Nella seconda invece mi sono staccato quasi subito (foto in apertura, ndr) e l’ho fatta tutta in rimonta. E per assurdo è andata meglio della prima come distacco. Ne ho visti tanti scoppiati per strada…

Abbiamo accennato al Giro: pensi di andarci?

Ufficialmente non sappiamo ancora nulla, ma sento la fiducia e credo di meritarmelo.

Da Zoccarato a Fontana, l’occhio tecnico di Bielli

11.01.2022
5 min
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Tra gli occhi degli esperti che si aggiravano sul circuito di Variano lo scorso weekend in occasione del campionato italiano di ciclocross, c’erano anche quelli di Luigi Bielli, collaboratore tecnico del cross, appunto, e cittì del settore Indoor.

Ex professionista, Bielli da anni si occupa di cross. Era vicino a Scotti e di campioni sul fango ne ha visti passare. Con lui vogliamo fare una sorta di “resoconto” degli scorsi tricolori.

Luigi Bielli classe 1964, qui con la bella Serena Autieri
Luigi Bielli classe 1964, tecnico della nazionale Indoor e collaboratore di quella di cross

Zoccarato, bell’esempio

Con Bielli partiamo da Samuele Zoccarato, che seppur un “novellino” del cross era una delle stelle presenti in corsa. Come vi abbiamo raccontato, il portacolori della Bardiani Csf Faizanè ha deciso di sua spontanea volontà di gettarsi nel fango e sull’erba. Una cosa un po’ insolita per un professionista italiano su strada che per di più ha il contratto in tasca.

«Già il fatto stesso di essere stato presente ad un evento così importante è più che positivo – commenta Bielli – Zoccarato aveva già fatto qualche gara in precedenza, ma un campionato italiano è più importante».

«Le attività invernali, che siano corsa, palestra, rulli o il nuoto… Sono sempre importanti, ma io resto del parere che quelle all’aperto lo sono ancora di più. Permettono al fisico di aumentare le proprie difese immunitarie. E nel caso del cross consentono di curare la tecnica, l’agilità e la potenza al tempo stesso. Ti danno qualità di guida per affrontare gli imprevisti. Penso per esempio al saper guidare con un tubolare a terra».

«E poi chi ha fatto questa attività da ragazzo ce l’ha nel DNA. Semmai le società sono un po’ restie a lasciarli andare. Ma secondo me non è un qualcosa di azzeccato neanche dal punto di vista del marketing. Il cross consentirebbe ai team di riempire quei 2-3 mesi invernali in cui hanno meno visibilità. Darebbero una mano ai propri sponsor».

Si parte, Zoccarato (col 37) in coda al gruppo
Si parte, Zoccarato (col 37) in coda al gruppo

Rubare con gli occhi

«Come ho visto Zoccarato? Molto concentrato – riprende Bielli – In partenza chiaramente era nelle retrovie, in quanto non aveva i punti per partire davanti. Da un punto di vista tecnico ci è arrivato molto preparato. Credo avesse il miglior materiale per le sue possibilità. Segno che vi ha dedicato attenzione.

«Riguardo alla guida si è dovuto adeguare. Credo che nei giri di prova si sia messo alla ruota dei migliori, mi sembra di uno dei due fratelli Braidot. Girandogli dietro, come si dice, ha rubato con gli occhi».

E di certo il 24enne di Camposampiero (Padova), deve aver studiato bene. E se in qualche drop è apparso più in difficoltà, è scappato via bene nei tratti in salita, specie quelli in cui si doveva correre a piedi, dove in più di qualche tornata ha guadagnato delle posizioni.

Zoccarato CX 2021
Zoccarato in azione ai tricolori di Variano. Alla fine ha chiuso al 17° posto
Zoccarato CX 2021
Zoccarato in azione ai tricolori di Variano. Alla fine ha chiuso al 17° posto

Gara elite combattuta

Oltre a Zoccarato c’erano gli altri elite, che hanno infiammato la gara. Una gara davvero bella e tesa, ma se poi si pensa ai grandi palcoscenici europei resta un po’ fine a se stessa. Pur essendosi disputato questo tricolore in un contesto degno dei grandi eventi, anche in chiave tifo.

«Dopo i primi 4-5 giri c’è stata questa bella lotta tra Fontana, Dorigoni, Samparisi, BraidotLa cosa che più mi ha colpito, è stato vedere questi ragazzini che correvano da un punto all’altro del percorso per godersi i loro idoli. E soprattutto vedere che andavano a cercarli nei punti più tecnici per capire come li affrontavano. E poi trombe, urla, motoseghe… Delle belle scene!».

«Mi è dispiaciuto che Bertolini non fosse della partita, per via di quel suo raffreddore. Avremmo avuto una lotta ancora maggiore.

«E’ vero, in Europa abbiamo vita dura, ma gli elite italiani danno sempre il massimo. Dobbiamo considerare che in Belgio e in Olanda ci nascono con il cross. I nostri fanno dei sacrifici già solo per raggiungere quei luoghi. Pensiamo solo alle gare che ci sono state da quelle parti tra il 20 dicembre e il 9 gennaio.

«Non abbiamo un talento elite ancora, ma abbiamo tanti ragazzi che stanno venendo fuori. E la speranza è che le società non ce li fermino come hanno fatto con Bryan Olivo».

Per Filippo Fontana una gara sfortunata. Prima della foratura aveva avuto anche un altro guaio tecnico (foto Instagram – Olympiacicli)
Per Filippo Fontana una gara sfortunata. Prima della foratura aveva avuto anche un altro guaio tecnico (foto Instagram – Olympiacicli)

Fontana sfortunato

«Per il resto è stata una gara molto combattuta – conclude Bielli – come ho detto, soprattutto fino a quando Fontana non ha avuto i suoi problemi tecnici. Per me era il favorito, anche più di Dorigoni. Lo vedevo da come guidava, conosceva il percorso a menadito. Anche Dorigoni guidava bene, ma un po’ meno.

«Di Fontana ho apprezzato il fatto che poteva correre tra gli under 23, invece ha voluto gareggiare con gli elite. Di là avrebbe avuto vita più facile, posto che la gara la devi sempre fare e portare a termine, tanto più nel ciclocross, in cui non sai mai cosa può accadere».

Zoccarato CX 2021

Guarda chi c’è nel ciclocross: la scelta di Zoccarato

30.12.2021
5 min
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Scorrendo l’ordine di arrivo del Trofeo San Fior, tappa conclusiva del Master Cross Selle Smp, un nome ci ha quasi fatto sobbalzare: al 15° posto, staccato di 4’25” dal vincitore Filippo Fontana, è giunto Samuele Zoccarato, il 23enne di Camposampiero (PD) portacolori della Bardiani CSF Faizané. Una presenza la sua sorprendente perché non stiamo parlando di un corridore multidisciplinare né tantomeno di un ciclista con esperienze pregresse nel ciclocross, come potrebbe essere per un Trentin ad esempio.

Zoccarato viene da una stagione, la sua prima nel mondo pro’, decisamente positiva, con la perla del terzo posto ai Campionati Italiani ma con tanti altri segnali positivi, ad esempio il suo primo Giro d’Italia portato a termine. Parlando con lui, la motivazione per cui ha deciso di gareggiare nel ciclocross dice molto della sua serietà.

«E’ stata una mia iniziativa, nata dal fatto che voglio migliorare alcune lacune che ho, soprattutto nella guida del mezzo ma anche nel pedalare fuori soglia, nei rilanci, anche nelle volate. Devo lavorare molto su me stesso e penso che il ciclocross sia ideale per questo».

Zoccarato San Fior 2021
Una prima esperienza positiva per Zoccarato nel ciclocross, non senza qualche errore (foto BIlliani)
Zoccarato San Fior 2021
Una prima esperienza positiva per Zoccarato nel ciclocross, non senza qualche errore (foto BIlliani)
Che esperienza è stata?

Molto divertente, anche se le difficoltà non sono mancate. La differenza che vedevo con gli specialisti era enorme, ad esempio perdevo molto nel risalire in bici. Ho fatto tante “papere” tecniche, alcune volte mi veniva anche da ridere, ma alla fine credo di essermela cavata.

Che hanno detto in società di questa tua idea?

All’inizio erano scettici, poi quando hanno capito che avevo intenzione di fare anche qualche gara e che lo ritenevo necessario, mi hanno appoggiato, raccomandandosi solo che non mi faccia male. Io sono partito da un ragionamento: ci sono giornate con nebbia e pioggia nelle quali allenarsi su strada è più un peso, invece uscire con la gravel, la Mtb, la bici da ciclocross ti permette di divertirti e al contempo effettuare lavori molto utili, ne giova il fisico ma anche la mente.

Zoccarato Serenissima 2021
Samuele ama molto spaziare fra le varie bici: qui è alla Serenissima Gravel
Zoccarato Serenissima 2021
Samuele ama molto spaziare fra le varie bici: qui è alla Serenissima Gravel
Secondo te un’idea del genere troverebbe accoliti anche tra i tuoi colleghi, nella tua società ma anche in altre?

Penso di sì, ma mi sono accorto sulla mia pelle che gli ostacoli non sono pochi. Innanzitutto devi avere il materiale tecnico a disposizione, almeno due bici e una quantità di ruote. Io ne ho acquistata una, con tanto fango sul percorso la gara neanche la finisco… Poi molti corridori credo temano di fare brutte figure, di commettere le “papere” di cui ho detto prima. Come tecnica c’è tanto da imparare, cambia tutto…

Sai che il cittì Pontoni ha intenzione di avere contatti con le società italiane per cooptare quanti più stradisti possibile per il ciclocross e spingere verso la doppia attività per i più giovani…

E’ un’ottima idea, ma per chi non viene da quel mondo io penso sia una buona idea istituire anche una piccola “accademia”, per insegnare i fondamentali, perché il ciclocross non si inventa. Sono discipline diversissime, cambiano l’assetto di corsa, le bici, i materiali, la tecnica di guida, insomma tutto.

Zoccarato pioggia 2021
Nelle giornate di pioggia il veneto alterna alla strada anche uscite offroad
Zoccarato pioggia 2021
Nelle giornate di pioggia il veneto alterna alla strada anche uscite offroad
A tuo parere troverà spazio la sua idea?

A patto che riesca a vincere una vecchia concezione imperante nel ciclismo su strada italiano, dove tanti direttori sportivi sono ancora convinti che per emergere bisogna allenarsi solo stando molte ore in sella, quando invece la preparazione è profondamente cambiata, basata più sullo stimolo allenante, sull’intensità dell’allenamento e le altre specialità, come il ciclocross o la Mtb, possono essere molto utili in tal senso. Molti però pensano che le altre esperienze siano inutili se non dannose.

La tua scelta di gareggiare nel ciclocross è legata anche alle tue esperienze al Nord? In alcune gare avevi dimostrato di cavartela più che bene…

Effettivamente sì, per emergere su quelle strade devi avere una grande capacità di guida. Sono come ciclocross che durano 5 ore e passa, fra dossi, spartitraffico, rotonde, devi saper guidare la bici più che bene se vuoi emergere. Il ciclocross in tal senso è un’ottima scuola per gestire la fatica, essere sempre lucidi per lo sforzo che compi. A San Fior, ad esempio, ero agitato alla partenza, ma ho visto che giro dopo giro andavo sempre meglio.

Zoccarato tricolori 2021
La grande impresa di Zoccarato a Imola, terzo dietro il vincitore Colbrelli e Masnada
Zoccarato tricolori 2021
La grande impresa di Zoccarato a Imola, terzo dietro il vincitore Colbrelli e Masnada
Sei soddisfatto della tua stagione su strada?

Ci mancherebbe… Come primo anno direi che non sia stata male, anche se in alcune occasioni mi è mancato quel pizzico di fortuna, qualche fuga alla quale sono mancati gli ultimi chilometri, qualche secondo in più per gestirla fino all’arrivo. In tante occasioni ho rischiato di fare risultato senza riuscirci, spero di farlo nel 2022.

Farai altre gare?

Sì penso almeno un paio di uscite fino ai campionati Italiani, poi tornerò a concentrarmi sulla preparazione specifica per la strada. Mi aspetta un anno impegnativo, nel quale voglio tornare al Giro d’Italia se il mio team verrà invitato e riuscire a cogliere qualche occasione con la fuga giusta. Io intanto mi preparo…

Zoccarato, sfinito e felice: «Ma un dubbio mi resta…»

21.06.2021
4 min
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Salire sul podio al campionato italiano per un neoprofessionista è sempre un grande risultato e ad Imola – nel tricolore organizzato da ExtraGiroSamuele Zoccarato della Bardiani-Csf ha più di un motivo per essere felice. L’ultima volta era successa nel 2014 in Trentino, a Fondo, quando Davide Formolo “rookie” della Liquigas finì secondo dietro a Nibali. Non solo, possono far festa anche Bruno e Roberto Reverberi perché era dal 1994 che un loro atleta non centrava il podio: all’epoca Massimo Podenzana, in maglia Navigare, vinse addirittura il titolo a Cles, bissando quello dell’anno prima.

Nella morsa fra Masnada e Colbrelli, Zoccarato cederà sull’ultima salita
Nella morsa fra Masnada e Colbrelli, Zoccarato cederà sull’ultima salita

205 chilometri di fuga

Possiamo dire che il ventitreenne padovano si è sempre trovato a proprio agio nelle corse allestite da Marco Selleri e Marco Pavarini, ottenendovi alcuni fra i suoi risultati di rilievo: l’anno scorso in maglia Colpack-Ballan centrò un terzo posto all’Aprica nella frazione conclusiva del Giro U23, mentre a Faenza, nella gara dei Monti Coralli, conquistò un incoraggiante quinto posto.

Il valore aggiunto del “bronzo nazionale” di Zoccarato è il tipo di corsa che ha disputato: in avanscoperta dal ventesimo chilometro insieme ad altre dodici unità (compresi i compagni di squadra Maestri e Tonelli) che hanno raggiunto fino a 5’30” di vantaggio ed infine unico superstite dell’azione di giornata con 205 chilometri di fuga, chiuderà a 37” dal neo-campione italiano Colbrelli e Masnada.

Alessandro Tonelli lo ha visto andare via e ha chiuso 55° a 5’39”
Alessandro Tonelli lo ha visto andare via e ha chiuso 55° a 5’39”
Samuele hai disputato una bellissima prova. Potevi ottenere qualcosa di più o è andata come doveva andare?

Il dubbio c’è sempre. Partivo per mostrare la nostra maglia in fuga, non avevo nessuna speranza di provare di arrivare fino in fondo, perché ho chiuso il Giro d’Italia un po’ stanco, poi sono andato a fare il Giro del Belgio e non mi sentivo bene. Quindi ho provato più per un’azione fine a se stessa.

In fuga però non eri l’unico della tua squadra.

Sì, vero, con me c’erano Maestri e Tonelli che mi hanno aiutato tantissimo a gestirmi bene, sia con le energie, sia con l’idratazione nel bere e nel bagnarmi. E questo è stato fondamentale per il finale di gara perché sono riuscito a dare quel qualcosa in più che mi ha permesso di essere ancora lì, visto che Roberto (Reverberi, il team manager, ndr) nel frattempo aveva scelto me, fra noi tre, per fare la corsa.

In fuga dal chilometro 20, della Bardiani con lui anche Maestri e Tonelli
In fuga dal chilometro 20, della Bardiani con lui anche Maestri e Tonelli
Non sembri soddisfatto…

Non ho rimpianti. Ripeto, mi resta il dubbio di capire se avessi potuto dare qualcosa in più sull’ultima salita (la Gallisterna, ndr) dove mi sono staccato, ma sono contentissimo così.

Anche perché i primi due, Colbrelli e Masnada, sono ottimi corridori e che si sono mossi nel finale quando la fuga aveva perso uomini e vantaggio. Alla luce di questo, avresti potuto giocarti qualcosa in più se fossi stato negli inseguitori?

Penso di no, perché sulle salite brevi chi ha gamba riesce a fare la differenza ed anche lo Zoccarato più in forma di ogni tempo non sarebbe riuscito a tenere Colbrelli e Masnada.

Quindi, questo è lo Zoccarato più in forma di sempre?

Non saprei nemmeno io, non so che limiti ho. Sarà forse che adesso mi sento un po’ stanchino, tutto qui, ma sta arrivando il periodo di recupero.

Per la tua squadra è un grande risultato, era da tempo che non saliva sul podio agli italiani.

Esatto (mentre Luca Barioglio, addetto stampa della Bardiani, lo supporta nella risposta, ndr) mancava da un po’. Al Giro ho fatto tante fughe, tra cui quella della vittoria di Taco Van der Hoorn a Canale. Sono uscito con una buona condizione.

Questo risultato fa ben sperare anche per il futuro, giusto?

Il Giro ha aiutato a far crescere il motore, questo italiano invece il morale. L’obiettivo è fare sempre il massimo possibile, avere la solita grinta che mi contraddistingue in ogni gara.

Hai qualcosa da aggiungere?

Sì, sulla mia formazione. Sono contento perché da quando sono arrivato in squadra, anche se ero neopro’, i miei tecnici mi hanno sempre dato diverse possibilità credendo in me. Non potevo chiedere di meglio.

Zoccarato è davvero un cavallo pazzo? Sentiamolo…

03.05.2021
4 min
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«Occhi aperti su Zoccarato – disse Visconti qualche giorno fa – è un cavallo pazzo. Scatta sempre a tutta. Ti fa morire dalle risate. E’ capace di partire a 40 dall’arrivo e di rilanciare in pianura a 60 all’ora. E’ un mulo, in futuro lo vedrei bene alla Deceuninck-Quick Step al Nord».

Un’investitura bella e buona, che non poteva passare inosservata. Abbastanza per suonare alla porta di Zoccarato, padovano classe 1998, che avevamo lasciato lo scorso anno al Team Colpack dopo una stagione interessante e coronata dal terzo posto nel tappone di Aprica, l’ultimo, al Giro d’Italia U23.

«A un certo punto sul Mortirolo ho anche pensato di staccare Pidcock – dice – ma è durato poco. Avevamo ripreso Aleotti che non stava tanto bene e quando l’altro se ne è andato, io ho continuato col mio passo. Tappe di quel tipo, con le salite da fare regolari e con un bel vantaggio da amministrare, possono essere buone per me...».

Con la Iam alla Vuelta Burgos 2019, Zoccarato ha assaggiato il professionismo
Con la Iam alla Vuelta Burgos 2019, ha assaggiato il professionismo
Ma qui il punto è quello che ha detto Visconti: ti ritrovi nella descrizione?

Forse sì (ride, ndr) per il mio modo di correre, sto bene dove c’è bisogno di sprecare energie. Fra i dilettanti in Italia non mi trovavo per questo. C’era da limare tutto il giorno e poi la corsa si risolveva con una fiammata nel finale. Infatti appena sono passato alla Iam, sono bastate 3-4 corse con i professionisti per capire che avevo trovato il mio ambiente.

Sei stato in Svizzera per un solo anno, dopo la General Store e prima della Colpack: che esperienza è stata?

Bella per la qualità delle corse. Sono riuscito a fare un calendario importante, gare con ritmi superiori e un diverso modo di correre in base ai Paesi. In Francia scattavano tutto il giorno, il Spagna si stava sempre in gruppo ma a velocità pazzesche. E’ stata un’esperienza molto utile, ma il mio obiettivo era passare professionista e per questo ho accettato la proposta della Colpack, di cui mi avevano sempre parlato bene. Poi l’anno è stato strano a causa del Covid e di fatto all’estero abbiamo corso pochissimo.

Al Giro d’Italia U23 del 2020, Zoccarato in fuga con Tiberi, Tarozzi e Carboni in maglia verde
Al Giro U23 del 2020, Zoccarato in fuga con Tarozzi e Carboni in maglia verde
Ma al professionismo ci sei arrivato lo stesso.

E mi sento molto a mio agio, anche grazie alla squadra: la Bardiani-Csf. Non ho grosse pressioni, posso fare la mia corsa e quando serve, lavoro per i compagni. Anche questo ti fa sentire importante.

Aver corso in continental ti ha aiutato nell’adattarti al professionismo?

Mi sono inserito meglio e più velocemente. E’ molto importante avere un processo di crescita lento, poter fare prima qualche esperienza fra i più grandi. Oltre a capire come si muovono, inizi a fare dei fuorigiri che da under 23 non faresti mai. Anche soltanto provare a tenere duro nei momenti caldi, ti porta a dare una tantum quel 110 per cento che sarebbe sbagliato rincorrere tutti i giorni.

Che cosa significa che corri come un mulo e che andresti meglio al Nord?

Che non ho mai avuto paura di attaccare e prendere vento. Dipende tutto da quello che vuoi fare. Andare in fuga da pro’ è più facile che da U23, per contro le occasioni di andare all’arrivo non sono tante. La fuga mi piace. Quando ero allievo mi dicevano: «E’ meglio correre facendosi vedere, che stare nascosto ed essere anonimo».

La Strade Bianche è stata per Zoccarato la terza corsa 2021, chiusa in 108ª posizione
La Strade Bianche è stata la sua terza corsa 2021, chiusa in 108ª posizione
Sai che questo modo di essere ti ha apertole porte del Giro al primo anno da pro’?

Sapevo che fosse difficile essere selezionato, anche perché meritarsi un posto è una gara all’interno della stessa squadra. Da inizio stagione ho sempre fatto vedere qualcosa, posso fare comodo con le mie fughe. Il rischio di arrivarci stanchi purtroppo c’è. Non ho mai fatto una corsa così, ovviamente. Mi piacerebbe entrare in una di quelle fughe che fanno fatica a prendere. La paura è fare un giorno da leone e scoprire che il giorno dopo ci sono 200 chilometri con 5.000 metri di dislivello. Diciamo che aver fatto il Turchia e subito dopo la gara in Serbia mi ha permesso di sommare tanti giorni, di avere un piccolo assaggio.

Che cosa hai fatto dopo la Serbia?

Sono tornato a casa e ho recuperato. Ieri ho corso il Circuito del Porto e adesso si prepara la valigia, scaricando un po’ e concentrandomi sull’alimentazione senza pensarci troppo. Non ci crederete, ma l’idea di debuttare al Giro d’Italia già al primo anno è pesante psicologicamente.