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Bardet a cuore aperto prima della Parigi-Nizza

28.02.2023
5 min
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Romain Bardet ha iniziato la stagione non muovendosi dalle corse casalinghe. Una sorta di tributo alla sua patria: «Non è che lo scorso anno volessi boicottare la Francia – ha raccontato a Nice Matin prima del suo esordio – ma la squadra ha voluto un programma diverso, facendomi gareggiare a Giro e Vuelta. Certamente però le corse di casa mi sono mancate, come mi sta mancando altro».

E’ un Bardet diverso quello che si presenta in questo 2023. Un po’ malinconico forse. Un Bardet assolutamente competitivo, lo si è ben visto lo scorso anno con la conquista del Tour of the Alps e quel Giro che gli è rimasto sul gozzo con un ritiro quando sembrava pronto per spiccare il volo. Ma che sente su di sé il peso dei suoi 32 anni compiuti.

Il rapporto coi tifosi è sempre stato fortissimo. Ritrovarli a inizio stagione è stato molto importante
Il rapporto coi tifosi è sempre stato fortissimo. Ritrovarli a inizio stagione è stato molto importante

Il più vecchio del team. Quasi…

«Intendiamoci, provo ancora lo stesso piacere di andare in bici e mettermi alla prova – sono le parole riportate da L’Equipe – ma molto è cambiato. E’ un ciclismo diverso, che consuma più in fretta. Nella mia squadra Degenkolb è l’unico più grande di me e questo mi fa pensare, mi ricorda gli ultimi anni all’Ag2R dove ho visto ragazzi lasciare la casa da giovanissimi con una voglia sfrenata di emergere, di entrare nel gruppo».

Bardet si è messo in discussione, quando nel 2021 ha cambiato squadra. Ha lasciato un team dove aveva vissuto tutta la sua carriera, ha lasciato la Francia, ma anche un modo molto più tranquillo di affrontare la sua attività per immergersi in un sistema estremamente selezionato e scientifico, quello del Team DSM.

«Durante i ritiri ogni sera – dice – vengono effettuati lunghi incontri di brainstorming, dove ognuno tira fuori i suoi pensieri e le sue sensazioni. Questo per creare uno spirito di gruppo che è alla base del team. Bisogna adattarsi, chi non lo fa ha vita breve. Prima forse era tutto molto più empirico e mi chiedo: ma se avessi affrontato prima il ciclismo da questo punto di vista, avrei vinto di più?».

Il momento più alto per il francese, il 2° posto al Tour 2016, a 4’05” da Froome
Il momento più alto per il francese, il 2° posto al Tour 2016, a 4’05” da Froome

Il podio al Tour non basta più

Cambiare squadra e nazione ha avuto il suo prezzo. Pian piano il corridore di Brioude si è sentito scollato dalla sua realtà e non fatica ad ammetterlo.

«Forse i miei podi – spiega – avevano un po’ falsato la mia dimensione. In Francia tutti vogliono la vittoria del Tour, il podio non basta più. Così ogni anno mi sentivo dire: è per quest’anno. E questo mi aveva logorato, non nego di aver versato lacrime per le mie sconfitte. Ora non ci penso più, anche se al Giro ci contavo davvero sulla vittoria. Ma Hindley e Carapaz sono battibili, uno come Pogacar al massimo no».

Bardet dice che un podio al Tour è ancora possibile e che gli piacerebbe vincere una tappa al Giro per completare la sua collezione nei tre grandi Giri, ma un problema c’è e torniamo al discorso di prima: l’età che pesa in questo ciclismo che consuma tutto rapidamente. L’annuncio dell’imminente ritiro del suo avversario di mille battaglie, Thibaut Pinot lo ha molto colpito.

«E’ vero che ha avuto una carriera piena e ricca di successi – osserva – ma sapere che molla alla mia età sorprende anche perché non credo sia un caso isolato. In questo ciclismo, continuare a correre dopo i 35 anni sarà sempre più raro e non dipende da un declino fisico, quanto di testa. Essere ai vertici consuma, molto più di prima».

Al Giro 2022 dietro Carapaz. Il ritiro è arrivato quando Bardet stava per puntare alla maglia rosa
Al Giro 2022 dietro Carapaz. Il ritiro è arrivato quando Bardet stava per puntare alla maglia rosa

Il peso dei sacrifici

Questo influisce sulla voglia di sacrificarsi, senza la quale continuare questo mestiere, a qualsiasi livello, è pressoché impossibile: «Stare lontano dalla famiglia è sempre più difficile, ma sai che devi farlo, per questo si dice che il ciclismo è un mestiere che non fa sconti, che ti chiede di essere sul pezzo 7 giorni su 7, per 24 ore al giorno ed è sempre più difficile e logorante. Io non mi faccio programmi in testa, vado avanti anno dopo anno per rendere sempre al meglio, ma il futuro resta una pagina tutta da scrivere, sapendo che gli anni indietro sono comunque molti di più di quelli avanti in sella a una bici».

Al dopo, ci sta già pensando: «I progetti sono tanti che mi frullano nella testa, ma partono tutti da alcuni comuni denominatori, come il viaggiare sempre con la mia famiglia e il pedalare sono ed esclusivamente per divertimento, perché alla bici non rinuncerò mai».

All’AG2R Bardet è rimasto dal 2012 al 2020. Una dimensione familiare, ma con delle controindicazioni
All’AG2R Bardet è rimasto dal 2012 al 2020. Una dimensione familiare, ma con delle controindicazioni

Alla Parigi-Nizza per colpire duro

L’inizio non è stato neanche male: in 5 giorni di gara un podio sfiorato al Tour des Alpes Maritimes e tutte prestazioni nei quartieri alti della classifica. Ora lo attende la Parigi-Nizza.

«Mi è mancata, c’è un’atmosfera speciale – sorride – è quasi una famiglia che va riformandosi anche con organizzatori e volontari. Sono felice di aver iniziato la mia stagione a casa, era una tradizione che mi era mancata molto. La condizione mi dice che posso puntare a qualcosa d’importante, ma alla Parigi-Nizza possono capitare tante cose, ogni tappa può essere quella decisiva, nel bene e nel male…».

La Scott Foil di Alberto Dainese e del Team DSM

08.02.2023
5 min
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Presentata ufficialmente l’estate scorsa, l’ultima versione della Scott Foil è una bici marcatamente aerodinamica nelle forme e nel concept. Quello che sorprende però, è il fatto che viene utilizzata anche dagli scalatori del Team DSM, uno su tutti Romain Bardet, corridore attento ai dettagli tecnici, al peso e alle performances della bicicletta. L’atleta transalpino ha usato la Foil anche nel corso delle frazioni più impegnative del Tour.

Dainese al campionato europeo 2022 di Monaco
Dainese al campionato europeo 2022 di Monaco

Ovviamente la Scott Foil è un riferimento per i velocisti e per i passisti. Abbiamo chiesto ad Alberto Dainese di descrivere la sua bici nella versione 2023, che rispetto a quella utilizzata nella seconda parte di stagione 2022 presenta delle differenze. La famiglia Syncros/Scott fornirà anche le selle (al posto di Pro Bike Gear) e ci sarà un’impiego maggiore dei tubeless. Entriamo nel dettaglio

Quando hai iniziato ad usare l’ultima versione della Scott Foil?

Mi è stata consegnata poco prima del Tour 2022 e da quel momento non l’ho più abbandonata. In precedenza non utilizzavo la Foil, parlo della versione precedente, ma la Addict ed effettivamente le due bici sono molto differenti. Di sicuro la bici aero è più adatta alle mie caratteristiche, ma è ampiamente utilizzata anche dagli scalatori.

Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Il profilo ridottissimo del manubrio Syncros e gli shifters leggermente all’interno (eltoromedia.com)
Quali sono le differenze maggiori che hai notato, rispetto alla Addict?

La Foil è molto veloce, fattore che diventa un supporto notevole alle mie caratteristiche, è una di quelle biciclette che scappa via quando cambi ritmo, davvero facile da lanciare. E’ più rigida della Addict, che invece mi trasmetteva un comfort maggiore. Durante le azioni di rilancio, ad esempio negli sprint, la nuova Foil sostiene di più nella parte anteriore e il carro posteriore sembra scaricare maggiormente la potenza espressa.

La Addict non era ugualmente rigida?

Non è quello, solo che la rigidità della Foil è una delle peculiarità che ha lasciato impressionati parecchi di noi corridori. E poi il peso contenuto, anche questo un fattore che è stato considerato in maniera positiva anche dal gruppo degli scalatori del team.

Effettivamente al Tour è stata usata anche da Bardet!

Si esatto, non solo da lui, ma come dicevo da tutti gli scalatori. Bardet argomentava proprio il fatto che non avendo una grossa differenza di peso con la Addict, ma essendo più rigida, reattiva e fluida anche intorno ai 30 all’ora, ci stava il fatto di usarla anche su ascese lunghe ed impegnative. Ormai si tengono delle andature elevate anche in salita e per lunghi tratti quando il naso è all’insù. Non sono uno scalatore, ma credo che una bici aero possa dare un aiuto e una serie di vantaggi.

Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team (eltoromedia.com)
Anche la versione dei tubeless N.EXT in dotazione al team(eltoromedia.com)
Qual’è il tuo setting preferito per le gare?

Preferisco sempre le ruote con il profilo da 50, che ormai sono da considerare intermedie. Solo in qualche occasione chiedo di usare le 60, quando le tappe sono piatte. Abbiamo i tubeless Vittoria, con sezioni comprese tra i 26 e 28 millimetri. Per i rapporti prediligo la combinazione 54-40 per le corone. Ho montato il 56 solo un paio di volte, una al Giro e una all’UAE Tour, ma onestamente preferisco sfruttare una maggiore agilità.

Hai cambiato qualcosa rispetto al 2022?

Rispetto alla stagione scorsa ho chiesto di allungare lo stem del manubrio integrato e utilizzo, quasi in controtendenza, il manubrio da 42 centimetri di larghezza. Facendo un paragone con la stagione passata, abbiamo cambiato le selle, che ora sono Syncros e io utilizzo la versione Belcarra.

Per quanto riguarda i rapporti dietro?

Lo standard è 11-30, almeno per quello che mi riguarda. Poi ci sono delle situazioni in cui viene montata la scala 11-34, ma è per salvare la gamba nelle frazioni più dure e non adatte a me.

La bici da gara si discosta da quella che hai per l’allenamento?

E’ uguale, non ci sono differenze ed è un vantaggio non da poco, perché il feeling rimane quello. L’unica diversità sono gli pneumatici, in allenamento uso le camere d’aria, più che altro per una questione di abitudine.

Torna il Puy de Dome, per la storia e una promessa

06.11.2022
5 min
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Christian Prudhomme sa coniugare mirabilmente le esigenze tecniche, quelle economiche e la sua anima da giornalista. Così quando alla presentazione di Parigi il direttore del Tour ha raccontato cosa ci sia dietro al ritorno sul Puy de Dome, pochi hanno avuto il fiato per aggiungere qualcosa.

Pare infatti che quando nel 2004 entrò nell’Aso, per provare la tastiera del computer a lui assegnato, scrisse semplicemente: «Objectif Puy de Dôme». Non si trattava di parole messe lì a caso. Quell’obiettivo veniva da un voto fatto a sua sorella scomparsa prematuramente, le finestre della cui casa a Clermont Ferrand si affacciavano sul giovane vulcano dell’Auvergne (in apertura nella foto di Clermont Auvergne Tourisme).

Prudhomme, qui con Vingegaard all’ultimo Tour, ha con il Puy de Dome un legame particolare
Prudhomme, qui con Vingegaard all’ultimo Tour, ha con il Puy de Dome un legame particolare

Un anno prima

Probabilmente l’intenzione iniziale del Tour era tornare sulla celebre salita nel 2024, per celebrare i 60 anni del duello fra Anquetil e Poulidor che si consumò nel 1964. Tuttavia il divieto al transito è caduto quest’anno e nel dubbio che possa essere ripristinato, si è pensato di battere il ferro ancora caldo.

Il Tour non è salito lassù così spesso. Nel 1952 vinse Fausto Coppi. Nel 1964 ci fu il famoso duello fra i due giganti francesi, con vittoria di Jimenez e Anquetil che tenne la maglia gialla, impedendo allo storico rivale di conquistarla per 14″, nonostante i 42″ guadagnati da Poulidor. Tre anni dopo, nel 1967 arrivò il successo di Gimondi. Nel 1975 vittoria di Van Impe con Merckx colpito dal pugno di un tifoso, che venne poi rintracciato, arrestato e liberato con la condizionale. Nel 1986 fu la volta di Eric Maechler con Lemond in maglia gialla. Infine nel 1988 l’ultima volta si registrò il successo di Johnny Weltz.

«A volte possiamo essere criticati per aver parlato troppo del passato – ha spiegato Prudhomme – ma il Tour è troppo grande per non parlare delle sue fondamenta, che ne hanno fatto la forza e la sua leggenda. Quanto a me, è stato Poulidor che mi ha fatto innamorare del Tour, non posso restare indifferente davanti al Puy de Dome».

Il Tour de France 1964 consegnò il Puy de Dome alla storia per il duello fra Anquetil e Poulidor (foto L’Equipe)
Il Tour de France 1964 consegnò il Puy de Dome alla storia per il duello fra Anquetil e Poulidor (foto L’Equipe)

Strada chiusa

Dal 2012, quando fu messa in funzione la cremagliera panoramica, la strada è stata chiusa al traffico, ciclisti e pedoni compresi. Alla presentazione del Tour, David Gaudu ha detto di non averci mai messo piede, così pure Aurelien Paret-Peintre quando gli hanno chiesto se si potranno fare dei sopraluoghi. Mentre Bardet, che vive nella zona, ne ha parlato come di una ferita aperta.

«E’ la salita del mio cuore – ha detto pochi giorni fa a Parigi – ma dall’introduzione della cremagliera la strada è completamente chiusa. E’ diventata una stretta strada di servizio che non consente il passaggio di bici e auto. Il divieto è incondizionato. L’accesso è aperto solo una mattina all’anno, dalle 7 alle 9, e lo scorso settembre si è svolta una corsa a cronometro (il Trophée des Grimpeurs, ndr) e io ci sono stato con mio padre. Ci siamo svegliati alle 6 ed è stato ancora eccezionale. Ma questa grande affluenza è la prova di quanto sia frustrante per i corridori della zona. Questa salita è davvero un mito per noi».

Una salita vera

Il Puy de Dome infatti è una salita vera. Più di 13 chilometri di scalata da Clermont Ferrand, gli ultimi quattro dei quali in media quasi il 12 per cento.

«Fino ad ora – ha spiegato Prudhomme – c’era un rifiuto formale al Tour di scalare il Puy de Dome e lo abbiamo sempre rispettato. Questo rifiuto era dettato dalla volontà di tutelare il luogo, dato che la catena dei Puys fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco dal 2018. E noi ovviamente non vogliamo danneggiare la Francia». 

L’ultimo blocco politico è saltato però l’anno scorso, riaprendo definitivamente le porte agli organizzatori che però si sono impegnati a osservare una serie di prescrizioni.

«Non ci saranno spettatori negli ultimi 4 chilometri – ha spiegato Prudhomme – da dopo il casello in poi. Quindi, anche se la strada è stretta, sarà molto più larga rispetto all’Alpe d’Huez e gli 80 centimetri che il pubblico lascia ai corridori per farli passare».

Il Puy de Dome è lungo 13 chilometri: gli ultimi 4 hanno pendenza intorno al 12%
Il Puy de Dome è lungo 13 chilometri: gli ultimi 4 hanno pendenza intorno al 12%

Senza pubblico

La strada è stretta e una sbarra vieta l’accesso a qualsiasi bicicletta, ma intanto il 3 settembre si è svolta una prima gara ciclistica al Puy de Dome: una cronometro amatoriale nell’ambito del Trophee des Grimpeurs, che scala le più grandi salite dell’Alvernia. Tuttavia a causa dello spazio limitato in cima, Prudhomme ha immediatamente escluso una cronometro, ma si è reso conto della necessità che il gruppo arrivi frazionato a quegli ultimi e strettissimi 4 chilometri finali, per cui la scalata finale sarà preceduta sicuramente da altri momenti di selezione. Allo stesso modo in cui il Tour si è impegnato a gestire i tifosi: compito ben più gravoso.

«Ovviamente non vedremo mai più 400.000 spettatori sulle rampe del Puy de Dome – ha spiegato – e sarà interessante vedere quei 4 chilometri terribili senza pubblico. Forse dovremo circondare con la Gendarmerie i 10 chilometri della circonferenza della montagna. Quando sono salito lassù per celebrare il ritorno del Tour, ci siamo detti che sarà per forza spettacolare assistere ad un arrivo in salita lassù senza la folla che tanto ha contribuito alla fama del Puy de Dome. Ma tutte le grandi storie hanno un prezzo. Questo è quello che dovremo pagare per tornare lassù».

Bardet: «Al Giro 2022 sensazioni mai provate prima»

28.10.2022
5 min
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La Roc d’Azur, un mega festival della mountain bike che si tiene a Frejus, nel sud della Francia, è un’ottima occasione per mettere a posto le idee. E Romain Bardet della Roc è un vero habitué. Il corridore della Dsm infatti ha avuto un passato da biker e resta un super appassionato. La sua ultima gara su strada del 2022 è stato il Lombardia, ma la sua vera chiusura stagionale è avvenuta il giorno dopo alla Roc… come è ormai tradizione per lui.

Romain ha ripassato la sua stagione. Ha fatto ragionamenti a tutto tondo sul confronto generazionale e soprattutto, e non può che farci piacere, ha espresso un atto di amore verso il Giro d’Italia. Ecco dunque, dopo Pinot, un’altro “cugino” innamorarsi della corsa rosa. 

Bardet alla Roc d’Azur, disputatasi il giorno dopo il Lombardia. Il francese è un ottimo biker (foto Instagram)
Bardet alla Roc d’Azur, disputatasi il giorno dopo il Lombardia. Il francese è un ottimo biker (foto Instagram)

Giro mon amour

Magari Romain non è stato esplicito come ha fatto nel corso degli anni Pinot, ma le sue parole non sono state da poco.

«Quest’anno mi ero posto come obiettivo principale la classifica generale del Giro d’Italia – ha detto Bardet – Avevo in mente questa gara da dicembre 2021. E ci ero arrivato in condizioni ottimali». Durante la corsa inoltre aveva detto come fosse bello correre il Giro. Percorsi tecnici, salite durissime e meno stress rispetto al Tour. Emergeva più l’aspetto tecnico che il contorno.

Ed è vero. Noi stessi parlammo con lui all’arrivo di Villabassa, al Tour of the Alps, mentre girovagava per le viuzze del paesino altoatesino alla ricerca del suo hotel. Romain ci disse che pensava al Giro dal momento in cui lo avevano presentato e che certe salite lo facevano sognare. 

E sempre in quella corsa, appunto il TOTA, si mostrò così determinato che si portò a casa la classifica generale con una bella azione nell’ultima tappa in una giornata da tregenda.

«Penso che lo scorso Giro – ha proseguito Bardet – sia stato il grand Tour in cui mi sono sentito più sicuro in carriera. E non si è mai del tutto sicuri in una grande corsa a tappe. Invece avevo uno stato mentale che non avevo mai avuto prima. Uno stato mentale di conquista».

Prima di abbandonare il Giro, quest’anno Bardet non aveva perso un colpo. In salita aveva sempre lottato con i migliori
Prima di abbandonare il Giro, quest’anno Bardet non aveva perso un colpo. In salita aveva sempre lottato con i migliori

Doccia fredda

Ma ha ragione Bardet: non si può mai essere del tutto sicuri in un grande Giro. Era lì determinato, quarto nella generale a festeggiare la vittoria del compagno Dainese a Reggio Emilia, e due giorno dopo saliva mestamente in ammiraglia per forti problemi allo stomaco.

Chissà se tornerà ancora al Giro. Il percorso del Tour de France, presentato ieri, non può non piacergli. Primo perché è oggettivamente bello. Secondo perché ci sono solo 22 chilometri a crono. Terzo (forse il motivo più importante) perché la Grande Boucle passa a “casa sua”, sul Massiccio Centrale. Il corridore di Brioude avrà almeno quattro frazioni in un raggio di 70 chilometri da casa sua.

Però abbiamo visto che quando un corridore si focalizza su un determinato obiettivo, quando capisce che ha concrete possibilità di raccogliere qualcosa è disposto a rivedere le sue priorità. Pensate che lo scorso anno su 64 giorni di corsa, Bardet ne ha fatti solo 21 in Francia e sono stati quelli del Tour. Per il resto ha gareggiato soprattutto in Italia: Tirreno, Tour of the Alps, Giro, Tre valli Varesine, Giro di Lombardia. In più Romain ha “scoperto” il Giro solo nel 2021 e ci è voluto tornare l’anno dopo. Come si dice: non c’è due senza tre.

Bardet e la nuova generazione (Pogacar e Vingegaard) che morde alle spalle durante l’ultimo Tour, chiuso al 6° posto
Bardet e la nuova generazione (Pogacar e Vingegaard) che morde alle spalle durante l’ultimo Tour, chiuso al 6° posto

Pensieri profondi

«Durante questa stagione penso di essere stato presente ogni volta che mi aspettavo – ha detto ancora Bardet – C’erano sempre uno o due corridori fuori portata, tranne a maggio (cioè al Giro, ndr). Lì stavo davvero bene».

Quando parla di corridori sopra la media, Bardet si riferisce soprattutto a Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar ed Remco Evenepoel.

«Hanno qualcosa in più, sono dei geni in bicicletta. Quando sono al 100%, nessuno può competere con loro. Anzi si può dire che gareggino tra loro. Non si prendono cura di noi.

«Vediamo che andiamo tutti più forte che in passato. In salita il ritmo ormai è incredibile… eppure loro vanno ancora più forte. Io credo che ciò dipenda anche dalla struttura delle loro squadre. Quando vedi la Jumbo-Visma o la UAE Emirates, soprattutto nei grandi Giri, almeno 5-6 dei loro atleti potrebbero essere leader in altri team. E per noi si complica tutto. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di mantenere la calma e calibrare le forze per sopravvivere».

Infine Bardet fa una riflessione interessante sulla sua generazione. Il francese è un classe 1990, come Aru, Dumoulin, Pinot…

«Penso di essere incappato in una finestra generazionale che non è mai arrivata del tutto. Le mie non erano parole vuote quando cinque o sei anni fa dicevo che i miei anni migliori dovevano ancora venire.  E infatti i numeri sono chiari: io sono più forte di quegli anni. Il problema è che ci sono giovani ancora più forti».

Arensman, l’angelo di Bardet, ha il futuro già scritto nei Giri

17.05.2022
4 min
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Thymen Arensman è olandese, ha 22 anni ed è alto 1,92, che a parlarci dopo un po’ ti viene il torcicollo. Ha gli occhi furbetti leggermente a mandorla, che poi (data la mascherina) è tutto quel che si vede fuori corsa al Giro d’Italia: unico evento all’aperto ad aver mantenuto i protocolli Covid nel mondo del ciclismo. Inno alla prudenza e monumento alla difficoltà di lavoro per chi deve raccontare e viene tenuto oltre la transenna.

Nel 2022 il ragazzone del Team Dsm, il cui peso forma è di 68 chili, ha incrociato quasi esclusivamente su strade italiane. Fatto salvo il UAE Tour di febbraio, infatti, il suo calendario fin qui lo ha visto alla Tirreno-Adriatico (sesto finale), alla Milano-Torino e al Tour of the Alps (terzo finale e miglior giovane).

«Non avevo mai corso tanto in Italia – dice sorridendo, così almeno possiamo immaginare – ma quest’anno mi sono rifatto. Le strade mi si addicono, in più da ex studente di storia all’Università, riuscire a vedere tanti palazzi è un piacere. Al netto della fatica della corsa, mi sto proprio divertendo».

Decimo nella crono di Budapest, Arensman va molto bene contro il tempo
Al Giro, Arensman è venuto per aiutare Bardet e finora ha fatto un gran lavoro

Promesso alla Ineos?

Le voci di mercato lo vorrebbero già promesso al Team Ineos Grenadiers, che si sta rifondando sui giovani e di qui a 3-4 anni sarà nuovamente formidabile. Thymen ovviamente svia e ancora una volta dà la sensazione di sorridere.

Diventato pro’ dopo due anni e mezzo alla SEG Racing Academy, era già entrato nel radar degli appassionati di ciclismo olandesi nel 2018, con il terzo posto alla Roubaix U23 e il secondo al Tour de l’Avenir. Un minuto e mezzo alle spalle di Pogacar, ma davanti a Vlasov, Sosa e Almeida.

«Non sono sorpreso che Pogacar abbia vinto il Tour – dice – già nel 2018 si vedeva dai valori che facevo per seguirlo che in salita fosse fortissimo. Spero di arrivare al suo livello un giorno, ma sto seguendo un percorso diverso. Il fatto è che non ero molto inferiore a lui, ma andare in bicicletta è più che pedalare duramente. Ad esempio non mi è mai piaciuta la sovraesposizione e per questo ho preferito rimanere nell’ombra».

Sulle strade del Giro, in fondo, per Bardet e Arensman lo stesso copione del Tour of the Alps, chiuso in 1ª e 3ª posizione
Sulle strade del Giro, per Bardet e Arensman lo stesso copione del Tour of the Alps

Un giovane Dumoulin

Arensman è passato professionista nel 2020 al Team Sunweb, poi diventato Team DSM, e non ha fatto in tempo a incontrare Tom Dumoulin, che proprio quell’anno passò alla Jumbo Visma.

«Mi piace qui – dice – voglio avere tutto chiaro e sapere per quale scopo lavoro durante l’allenamento. Per me è stata una scelta facile andare al momento di passare. Ho intrapreso sin da subito una traiettoria a lungo termine. Ad esempio, sin dall’inizio ho potuto decidere da solo come fare con l’alimentazione, pur rimanendo entro le linee guida. Gradualmente i miei allenamenti sono cresciuti, ma non credo di essere ancora al massimo. Quando sarò più grande voglio avere delle percentuali di miglioramento.

«Se guardo alle mie capacità fisiche – prosegue – il futuro è nei Giri. Non sono molto esplosivo, ma ho una soglia anaerobica alta e vado forte in salita. Inoltre, ho fatto grossi progressi a cronometro. Potrei somigliare a Dumoulin, uno scalatore relativamente pesante con molta potenza. Non sembro un colombiano e nemmeno uno spagnolo. Però devo acquisire l’esperienza mentale per vedere se è davvero quello che voglio e posso fare».

Terzo al Tour of the Alps e miglior giovane. La sua Scott ha standard di rigidità notevoli, malgrado la sua altezza
Terzo al Tour of the Alps e miglior giovane. La sua Scott ha standard di rigidità notevoli, malgrado la sua altezza

Tributo alla Scott

Al Giro l’obiettivo è dichiarato e neanche tanto misterioso: aiutare Bardet nel suo piano di classifica. I due hanno già diviso il podio al Tour of the Alps, vinto dal francese.

«Il quinto posto alla Tirreno e il podio in Trentino – dice – fanno capire che ho salito un bel gradino, ma non sono ancora al mio meglio. Cercherò di crescere ancora. L’obiettivo è aiutare Romain, disinteressandomi di ogni altra cosa, compresa la maglia bianca. Se lavori, ci sta che poi perdi terreno. Abbiamo studiato il Giro nei dettagli e ci siamo preparati in base a quello che abbiamo visto. E’ stato studiato tutto in modo preciso, dall’alimentazione alle biciclette. Nonostante io sia molto alto e in squadra ci siano altri come me, le nostre Scott Addict RC sono leggere e rigide, anche in discesa. Su percorsi come quelli che ci aspettano, con certe discese, la bici sarà uno snodo cruciale».

Stavolta Thibaut non stecca. E con lui fa festa anche Bardet

22.04.2022
6 min
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Incredibile. Neanche il tempo di mettere l’articolo online che Thibaut Pinot era già fuga. E finalmente stavolta ce l’ha fatta. Stavolta ha voltato pagina. Stavolta sull’arrivo ci è un arrivato con la testa alta. E il sorriso. Basta confrontare le due foto di apertura dei due articoli.

Ma anche stavolta ad un certo punto i nuvoloni si sono fatti scuri per Thibaut. Il cielo si è fatto buio in discesa. Due volte. Nella prima, David De La Cruz lo ha staccato, nella seconda lo ha riacciuffato.

Ma quando uno scalatore stacca tutti in salita le sue energie si moltiplicano. Il suo scopo lo ha raggiunto e di colpo i dubbi diventano certezze. Il finale, che sulla carta, era più adatto al corridore spagnolo, Thibaut se lo è mangiato. Ha vinto “per distacco”.

«La seconda piazza di ieri – ha detto Pinot – mi ha dato fiducia».

Super Thibaut e Groupama-Fdj

Gioia dunque in casa Groupama-Fdj. Non solo per Thibaut. Una gioia nata dalle lacrime di ieri e da tanti piazzamenti colti in stagione. Però le cose stanno girando all’interno del gruppo di Marc Madiot. Guardiamo anche come vanno i suoi ragazzi della continental.

«In squadra – racconta Matteo Badilatti gregario doc della Groupama-Fdj – c’è un bel clima. Questa vittoria non è nata ieri sera a tavola dopo la sconfitta di Pinot, ma è frutto della buona atmosfera che si respira in squadra.

«Siamo uniti, lavoriamo sodo e prima o poi le cose vanno nella maniera giusta. Anche ieri sera Thibaut è stato positivo. Lui è un grande campione, una persona incredibile e sa fare bene in ogni occasione. Lui dà il massimo sempre, ci sprona ed è motivo di orgoglio anche per noi.

«Se sapevamo che Thibaut sarebbe andato subito in fuga? Beh – sorride Badilatti – la tappa oggi era difficile e quindi meglio stare davanti no? E poi con il gruppo che ha lasciato fare era perfetto per noi».

Intanto il diesse Thierry Bricaud si complimenta con Badilatti, arrivato quando Michael Storer è giusto sul podio. Gli dice come è andata. E aggiunge: «Non male, no!». Poi lo abbraccia.

Eh sì, perché la Groupama-Fdj è salita sul gradino più alto del podio anche come team.

«Oggi abbiamo ottenuto una bella prestazione di squadra – conclude Badilatti – e c’è soddisfazione. E’ stata una giornata positiva. Finalmente le cose iniziano ad andare bene. C’è motivazione. Adesso possiamo guardare in modo positivo alle prossime gare. Il segreto di questa Groupama? Lavorare!».

Bardet, re del Tour of the Alps

Da un clima di gioia all’altro. La Francia oggi fa festa. Tra i giornalisti dietro l’arrivo c’è chi azzarda una battuta: «Bardet brinda col Pinot!». Ci sta…

Romain, e ve lo avevamo raccontato giusto un paio di giorni fa, stava bene. Quello sguardo da furbetto ce lo aveva anche oggi. Ancora dopo il traguardo. Ha una grinta pazzesca. Una grinta che non gli si vedeva da tempo.

Anche per lui vale il discorso fatto con Pinot: quando lo scalatore sente le sensazioni positive in salita diventa una “macchina da guerra”.

Sullo Stronach, 3,1 chilometri durissimi, ha demolito anche psicologicamente Pello Bilbao. Ha fatto il forcing per tutta la salita. Prima con l’aiuto di Thymen Arensman e poi da solo. A mano a mano tutti si sono staccati. Tutti tranne appunto Storer e il suo giovane compagno.

Alla fine se questa è la squadra che davvero vedremo al Giro, ci sarà da stare attenti anche a loro. Arensman una volta in pianura ha fatto un lavoro eccezionale. E già prima dell’arrivo festeggiava con le braccia al cielo, forte del conoscere i distacchi per radio.

«Pensavo solo alla classifica finale – ha detto Bardet – anche perché Pello ha forato tre volte e tre volte ci siamo fermati ad attenderlo. Per questo la fuga, con Thibaut e David, ha preso così tanto margine. 

«Adesso pensiamo al Giro, ma senza pressione. Anche qui abbiamo ragionato giorno per giorno. E poi man mano è aumentata la sicurezza e stamattina abbiamo detto semplicemente: proviamoci».

Un Bardet così non si vedeva da un po’

«Nessun segreto. Lavoro diversamente: più corse, meno pressioni da parte della squadra, c’è un bell’ambiente e riesco ad esprimermi come voglio».

Anche nel Team Dsm c’è gioia. E’ incredibile vedere come i ragazzi si abbraccino e si cerchino dopo l’arrivo. E con loro i massaggiatori, i diesse. Davvero: il ciclismo è uno sport di squadra.

Bilbao, pressione o lividi?

E si abbracciano anche in casa Bahrain Victorious. Franco Pellizotti si congratula con tutti i suoi ragazzi che tornano al bus alla spicciolata. Loro non gioiscono però. Hanno perso un Tour of the Alps dominato dalla prima alla penultima salita. 

«Sapevamo – spiega Pellizotti – che ci saremmo giocati tutto sull’ultima salita che era davvero dura. Bilbao non lo ha battuto un corridore qualunque. Tra l’altro un corridore che si sta ritrovando e mi sembra anche bene. Ho anche corso con lui, me lo ricordo da giovane ed era un bravo ragazzo in gruppo. Sono contento per lui».

«Cosa ci è mancato? Nulla, come detto c’è chi è andato più forte di noi. Sì, ieri sera Pello lamentava qualche dolore per la caduta. Mi ha detto che oggi aveva tanto freddo, tanto è vero che non si è mai tolto la mantellina. Ma non regge. E non regge neanche il discorso del rischiare il giusto (pensando al Giro, ndr). C’è chi è andato più forte. Punto».

A nostro avviso, il basco ha pagato molto la pressione. E’ vero che non si può giudicare dalle immagini in tv, però prima della salita finale sembrava molto teso. E anche stamattina, prima del via, era un po’ sulle sue. 

«Mah, pressione – conclude Pellizotti – sapete alla fine è la prima volta credo che si giocava una corsa a tappe. E credo che sia una step importante per la sua crescita e per il resto della sua carriera».

La Scott Addict RC e le scelte tecniche di Bardet

21.04.2022
3 min
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Dopo l’intervista di ieri, ecco un approfondimento legato alle scelte tecniche che troviamo e che troveremo sulla Scott Addict RC di Romain Bardet. Ci sono i tubolari, ma il profilo delle ruote cambia in base alla planimetria delle tappe e poi c’è anche la corona da 36 per fare agilità e “salvare” la gamba.

La Addict RC di Bardet
La Addict RC di Bardet

Framekit e manubrio

E’ il modello che utilizza il corridore francese, che punta dritto sul prossimo Giro d’Italia. Rispetto alla versione che troviamo normalmente a catalogo, non ci sono differenze e le variabili sono legate al setting e all’allestimento. C’è il manubrio Syncros Creston in carbonio. Tutti i corridori presenti al Tour of the Alps utilizzano questo binomio e la trasmissione Shimano Dura-Ace a 11 velocità.

Trasmissione ad 11 rapporti nella sua completezza e device Wahoo
Trasmissione ad 11 rapporti nella sua completezza e device Wahoo

Bardet, corridore tecnico e tattico

Romain Bardet non ha mai nascosto la sua passione per le soluzioni tecniche legate alla bicicletta e la capacità di sfruttare il mezzo meccanico sotto vari aspetti. Un esempio è la scelta delle corone anteriori. Al plateau più grande da 54 denti, Bardet abbina una corona più piccola da 36 (e non viene impiegato un chain catcher), per far girare la gamba e non appesantire i muscoli in vista delle frazioni più impegnative, dove torna ad utilizzare la combinazione 54-39.

Il Team DSM non usa i tubeless

Per lo meno al Tour of the Alps, dove tutti gli atleti hanno le ruote Dura Ace con predisposizione tubolare (Vittoria Corsa da 26). Gli atleti hanno la possibilità di scegliere tra le C60 e le C40. Le selle sono Pro Bike Gear, brand nell’orbita di Shimano. Romain Bardet utilizza il modello Griffon con lunghezza standard (non una sella corta). Inoltre il setting da lui utilizzato è sempre aggressivo, con una differenza notevole tra manubrio e sella, ma sembra leggermente più “morbido”, se paragonato con il passato.

L’imbottitura esterna applicata sulla salopette
L’imbottitura esterna applicata sulla salopette

Una doppia imbottitura?

Non è il caso di Bardet, ma abbiamo notato una sorta di seconda imbottitura, applicata esternamente ad alcuni corridori del Team DSM. Curiosa ed interessante come soluzione, chissà che non provino qualcosa di “nuovo” in vista dei grandi Giri.

Bardet mette gli occhi sul Giro. E Kamna su Villabassa

20.04.2022
4 min
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Lo aveva detto ieri alla stampa francese. «Quando ho deciso di fare il Giro d’Italia? A novembre». E lo aveva detto con un sorrisetto malizioso Romain Bardet, mentre riagganciava il pedale e si dirigeva verso il bus a fine tappa. Una scena, ma soprattutto un sorriso che ci aveva colpito non poco. A volte un’espressione dice più delle parole.

Il campione del Team Dsm anche oggi è stato uno dei protagonisti. Nel giorno di Lennard Kamna, Romain e Arensman si sono comportati benone. Sono stati sempre nel vivo della corsa: attivi sul Furcia, la scalata più dura di tutto il Tour of the Alps, e nel finale hanno anche provato a chiudere sulla fuga.

Dopo un lungo marcarsi con Amador (sullo sfondo) Lennard Kamna vince la terza tappa del Tour of the Alps a Villabassa
Dopo un lungo marcarsi con Amador (sullo sfondo) Lennard Kamna vince la terza tappa del Tour of the Alps a Villabassa

Sorpresa e tranquillità

Dopo l’arrivo, mentre vaga per i vicoli della splendida Villabassa alla ricerca del suo hotel, riusciamo a fare una bella chiacchierata con lui. Davvero disponibile e sorridente.

Il francese, come noi stessi abbiamo scritto pochi giorni fa, non doveva esserci alla corsa rosa e invece con un post su Instagram ha stupito tutti.

«E’ stata una decisione presa con la squadra durante l’inverno – racconta Bardet – ma ho scelto di non dirlo a nessuno, così avrei potuto lavorare bene e in tranquillità. Ho passato un buon inverno, ho fatto una buona preparazione, anche in Mtb e un po’ in gravel, tutte cose che servono.

«Crono? Sì, anche quella, ma per fortuna ce ne sarà poca!».

Sensazioni okay

La frazione di oggi è stata forse un po’ meno scoppiettante di quel che ci aspettava, almeno per quel che riguarda l’alta classifica, ma al tempo stesso è stata molto combattuta. La fuga ha impiegato oltre 50 chilometri per partire. E Kamna tra i tanti scatti e controscatti è stato sia tra i più attivi nel cercarla, ma anche uno degli ultimi ad aggregarsi al drappello di testa.

Mentre dietro, tra gli uomini di classifica, il vero forcing c’è stato “solo” sul Furcia. E lì i migliori sono rimasti tutti davanti, Bardet incluso.

«Anche oggi in salita – riprende Bardet – le sensazioni delle mie gambe sono state buone. Ci abbiamo provato e va bene così. E poi è la squadra del Giro e quindi è importante fare certe azioni», il riferimento è alla menata (tardiva) nel finale.

Bardet sembra un altro. Sembra il ragazzo dei tempi migliori per come si è mosso sin qui. Terzo nella prima frazione alle spalle di Bilbao e secondo, ancora dietro Pello, ieri. Che possa essere lui l’outsider che non ci si aspetta per questo Tour of the Alps e ancora di più per la corsa rosa?

«Il Giro, in generale, ma questo in particolare, è molto adatto alle mie caratteristiche – continua Bardet – Poca crono, tanta salita. E’ molto impegnativo, soprattutto nell’ultima settimana. E sarà importante farsi trovare in forma sin dall’inizio con l’Etna, il Blockhaus, la tappa di Torino… Credo bisognerà stare attenti anche alla frazione di Napoli».

«Caspita Romain – gli facciamo notare – te lo sei studiato bene il percorso!». E lui sempre con quel sorrisetto: «Sì, sì… ho studiato tutto!».

I media francesi stanno seguendo da vicino Romain Bardet
I media francesi stanno seguendo da vicino Romain Bardet

I francesi e il Giro

Dopo Pinot, ecco dunque un altro francese che s’innamora del Giro. Questi ragazzi crescono, come è normale del resto, col mito del Tour. Passano i primi anni da pro’ impostando una stagione “tourcentrica” e poi scoprono che c’è anche dell’altro.

«Sicuramente c’è un bell’ambiente in Italia. Lo scorso anno è stato molto, molto bello. E credo che tra i grandi Giri il Giro d’Italia sia il migliore per me con il tipo di salite che ci sono».

Riavvolgendo il nastro, dal fatto che Bardet non abbia preso parte alle classiche (dovrebbe fare la Liegi) e abbia invece disputato la Tirreno, qualche segnale si poteva captare. Quando preparava il Tour il suo avvicinamento era sempre stato differente: più corse di un giorno nella prima parte di stagione, la Parigi-Nizza, il Catalunya. Quest’anno invece ha corso solo l’UAE Tour e la Tirreno appunto.

Noi siamo contenti che il Giro d’Italia possa avere un altro protagonista di nome. Un Bardet forte e motivato è garanzia di spettacolo.

Nel 2022 Nalini vestirà il Team DSM

17.12.2021
3 min
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Lo scorso 9 dicembre, attraverso una diretta sui propri canali social, il Team DSM ha presentato organici e programmi per la stagione 2022 della formazione maschile e femminile. Entrambe le squadre militano nel WorldTour. Nel corso della presentazione è stata svelata la maglia ufficiale per la nuova stagione. A realizzarla sarà Nalini che conferma il proprio feeling con i grandi team del ciclismo.

Presentazione dei tre team DSM: Development, femminile e maschile
Presentazione dei tre team DSM: Development, femminile e maschile

Abbigliamento per alte prestazioni

La collaborazione fra Nalini e il Team DSM si focalizzerà sullo sviluppo di un abbigliamento da gara in grado di garantire alte prestazioni. Si tratta di un processo iniziato nel 2021 a cui il Team DSM tiene molto e al quale sta lavorando il gruppo Science della squadra con la collaborazione degli specialisti interni di ricerca e sviluppo, aerodinamica e tecnologia tessile. L’obiettivo finale è quello di sviluppare un kit da gara in grado di garantire la miglior performance possibile in qualsiasi stagione dell’anno.

Grazie alla collaborazione con Nalini sono stati così realizzati prodotti in grado di rispondere al meglio alle esigenze degli atleti, chiamati a dare il massimo su percorsi estremamente impegnativi e in tutte le condizioni meteo.

Romain Bardet sarà una delle punte del team DSM nella prossima stagione
Romain Bardet sarà una delle punte del team DSM nella prossima stagione

Tessuti speciali

Già nel corso di questa stagione sono stati utilizzati tessuti di nuova concezione, come l’Arnitel di DSM integrato nell’abbigliamento antipioggia del team. E’ pensato per aumentare la traspirabilità durante le gare ad alta intensità. Nel 2020 era stato invece introdotto il Dyneema, che è quindici volte più resistente dell’acciaio (a parità di peso). Si tratta di una fibra protettiva incorporata in alcuni pantaloncini, nelle maglie e persino nelle maniche aerodinamiche.

Grazie alla collaborazione con MOA Lab di Nalini per il prossimo anno è prevista l’introduzione di nuovi tessuti integrati con materiali protettivi, senza che questo vada a compromettere le prestazioni e l’aerodinamica.

Un passo verso il futuro

In casa Team DSM sono convinti che la nuova partnership con Nalini rappresenterà un passo in avanti proiettato verso il futuro attraverso un abbigliamento da gara in grado di garantire alte prestazioni e nello stesso tempo il massimo della sicurezza per l’atleta. Affinché ciò possa accadere, Nalini metterà a disposizione della formazione tedesca la propria esperienza lunga cinquant’anni nella realizzazione di abbigliamento da ciclismo.

Il kit replica del Team DSM sarà venduto nei punti vendita Nalini e online.

Il Team DSM ha sicuramente in Roman Bardet l’atleta di riferimento e in Alberto Dainese un velocista in rampa di lancio. Il prossimo anno gareggeranno nella formazione Development anche due giovani italiani. Si tratta di Lorenzo Milesi e Lorenzo Ursella. Nella squadra femminile farà invece il suo debutto la piemontese Francesca Barale.

Nalini