Domani la crono di Parigi, ma prima rileggiamo il Tour di Remco

26.07.2024
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Nella sua giovane carriera da professionista, che a 24 anni lo vede vincitore di 56 corse fra cui due Liegi e due mondiali (uno in linea e uno a crono, foto di apertura), Remco Evenepoel ha concluso tre Grandi Giri. Uno lo ha vinto (Vuelta 2022), nel secondo è arrivato 13° (Vuelta 2023), il terzo – il primo Tour de France della sua carriera – lo ha chiuso al terzo posto. Gli è andata male solo al Giro d’Italia. Ne ha corsi due e in entrambi si è ritirato: nel primo per caduta (2021) e per la scelta assurda di schierarlo come prima corsa al rientro dall’infortunio al Lombardia, nel secondo per il Covid (2023). Il motivo per cui si sente spesso dire che il ragazzino (ha due anni meno di Pogacar e quattro di Vingegaard) non sia adatto per queste corse rientra fra le etichette social affibbiate col gusto di colpire e non di capire.

Abbiamo parlato del suo Tour con Tom Steels e Koen Pelgrim, questa volta lo facciamo con Davide Bramati, che con lui ha preparato ben più di una vittoria e anche i due sbarchi sfortunati al Giro.

«Come abbiamo sempre detto – racconta il tecnico bergamasco – e come ha detto più volte anche Remco, avevamo un obiettivo definito. Puntare a un posto fra i primi cinque e vincere una tappa. Ha vinto la crono, una grande crono. Mentre io, dopo la tappa nello sterrato, mi sono sempre più convinto che avrebbe fatto un grande Tour».

Bramati, classe 1968, è stato pro’ dal 1991 al 2006 e da allora è ds alla Soudal-Quick Step
Bramati, classe 1968, è stato pro’ dal 1991 al 2006 e da allora è ds alla Soudal-Quick Step
Quello che ha colpito da fuori è stata la tranquillità nel gestire ogni momento, duro e meno duro, sebbene fossimo al Tour.

L’ho già detto: passano gli anni, sta maturando e sta imparando tanto. Non dimentichiamoci che Remco ha saltato gli under 23 e penso che non sia stato facile. Sappiamo tutti che la pressione di tutti i giornalisti in Belgio è altissima, soprattutto avendo un corridore così e dopo tantissimi anni che uno di loro non saliva sul podio del Tour. Penso che sia stato bravo, si è gestito veramente alla grande. Anche nei giorni in cui si è staccato da Pogacar e Vinegaard, ha sempre gestito veramente bene tutte le situazioni.

E’ una maturazione che sta arrivando con i mesi oppure qualcosa su cui state lavorando?

Già l’anno scorso eravamo venuti al Giro d’Italia con il grande obiettivo di provare a fare i primi cinque e vincere una tappa. L’idea non confessata, se proprio si voleva puntare in alto, era di arrivare al podio, ma quello si poteva capire strada facendo. Penso che fino alla crono di Cesena si sia gestito tutto bene. Remco aveva vinto alla grande la crono iniziale. Avevamo lasciato andare la maglia per non sprecare energie tutti i giorni, andando al podio e alle conferenze stampa. Stava andando tutto bene e poi purtroppo è successo quello che è successo. Penso che la stessa situazione si sia vista quest’anno al Tour de France. Il Covid c’è e negli sport di resistenza come il ciclismo, non è facile andare avanti se un corridore lo prende.

Finalmente il Tour e il podio al primo colpo: non è un risultato banale.

Il Tour è il Tour e giustamente prima di arrivarci, ha fatto la Vuelta. Mi correggo, Remco ha vinto la Vuelta alla prima partecipazione. Forse si dimentica troppo spesso che Remco ha già vinto un Giro di tre settimane a 22 anni. Adesso ne ha 24 e abbiamo pensato che avesse la base per chiudere il cerchio con una grande esperienza. Mancava il Tour e penso che correndolo abbia imparato tanto. Si è gestito veramente bene in tutte le tappe. Anche se magari veniva staccato, non è mai andato veramente in difficoltà. Ha sempre fatto il suo, sapendo che Pogacar quest’anno era di un altro livello. Per adesso Tadej è di un altro pianeta. Sicuramente questo terzo posto fa ben sperare anche per il futuro.

Nella penultima tappa a Col de la Couillole, Remco ha attaccato Vingegaard, ma la risposta è stata inesorabile
Nella penultima tappa a Col de la Couillole, Remco ha attaccato Vingegaard, ma la risposta è stata inesorabile
Ha vinto tanto, ma resta sempre un giovane, no?

Infatti penso che questo podio gli dia tanta convinzione anche per i prossimi anni. Ha già un palmares notevole, ma sono convinto che non sia finito lì. Già domani e poi la settimana prossima ci saranno le Olimpiadi, la crono e la strada, e penso che lo vedremo lottare per una delle tre medaglie.

A proposito di crono, l’ultima vi ha un po’ deluso oppure si capiva che era sarebbe stata una prova di gambe e quindi il terzo posto va bene?

Si è fatto tutto quello che si doveva per provare a vincerla. Sapevamo che non era una cronometro facile, anche perché arrivava dopo due tappe molto impegnative e abbiamo trovato nuovamente Pogacar su un altro livello. Vingegaard era già più vicino, però siamo contenti così. Penso che tutti abbiano visto l’emozione che aveva dopo l’arrivo. Tanti continuavano a dire che non avremmo mai potuto portare qualcuno sul podio del Tour. Per noi è il frutto di un lavoro di squadra iniziato da anni e che ci ripaga tutti. Ci abbiamo sempre creduto, siamo sempre stati coi piedi per terra, abbiamo lavorato giorno dopo giorno. Nessuno mai è uscito dicendo che fossimo in Francia per vincere il Tour, nemmeno lui. Tutto quello che veniva sarebbe stato un’esperienza molto importante. Penso che questo sia un passaggio importante da far capire.

Nella tappa di sabato, sembrava che voleste attaccare a fondo.

Abbiamo provato ad andare per il secondo posto. Il giorno prima ci era sembrato che Vingegaard fosse arrivato al limite e ci siamo detti: «Perché non provare?». Non si sa mai e poi il giorno dopo c’era la cronometro. I corridori erano tutti molto motivati, si è fatto quello che si è potuto, ma abbiamo trovato Pogacar e Vingeegaard che sicuramente erano ancora in giornata di grazia. E’ stato giusto provarci e comunque abbiamo imparato qualcosa.

Si temeva che la squadra non fosse all’altezza, invece nonostante le defezioni, se la sono cavata bene. Cosa possiamo dire?

Niente di negativo. Moscon ha fatto il suo. Landa ha lavorato ed è arrivato quinto al Tour a 34 anni. Magari alcune tappe per velocisti sembra che si siano vissute tranquillamente, ma in gruppo c’è sempre stress, paura di cadute, paura del regolamento dei tre chilometri, con certi giorni in cui lo hanno spostato ai 4 e ai 5 chilometri. Tutto sommato è stato un Tour di livello altissimo, ma con poche cadute. I corridori sono sempre rimasti concentrati e la nostra squadra ha fatto la sua parte. Hirt è stato chiamato in extremis e nell’ultima settimana si è fatto trovare pronto. Purtroppo abbiamo avuto le due defezioni di Cattaneo e Masnada che da italiano mi sono dispiaciute. Abbiamo dovuto fare delle scelte e per vari motivi non erano pronti. Credo sia stato per tutti un Tour utile per il futuro, che ci ha dato tante certezze in più.

Il futuro è un’incognita. Già lo scorso anno si era parlato prima della fusione con la Ineos Grenadiers e poi in modo più concreto con la Jumbo Visma. Evenepoel ha il contratto con la squadra belga fino al 2026, ma non è un mistero che nei giorni del Tour sia stato legato già per il prossimo anno alla Red Bull, con cui la Soudal-Quick Step condivide il marchio delle bici. Abbiamo visto passaggi di maglia pagati con sacchi di euro, al punto che per blindare Pogacar, il UAE Team Emirates ha innalzato la sua clausola rescissoria a 150 milioni di euro. Quel che si può osservare è che nel gruppo Quick Step, Remco stia seguendo una crescita coerente e progressiva, con le tutele che i suoi 24 anni rendono necessarie. Siamo sicuri che finire in uno squadrone che da lui si aspetterà certamente il risultato sia la scelta più giusta?

Pronostici olimpici: previsioni azzurre, ma non troppo…

26.07.2024
5 min
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La vigilia dei Giochi Olimpici è sempre contraddistinta dai pronostici. Si ammucchiano le virtuali medaglie per stilare il medagliere in anticipo sui tempi. C’è chi lo fa di mestiere, come la Nielsen specializzata in lavori statistici dal più alto profilo. Tramite la sua affiliata Gracenote sin da un anno a questa parte ha messo insieme tutti i risultati probabili, tracciando una linea guida in vista delle prove di Parigi.

Va detto che il lavoro di Gracenote è tanto articolato quanto semplice. L’algoritmo che stila i pronostici è infatti generato dai risultati ottenuti nel corso del triennio, mondiali e prove continentali in primis, mettendo poi una variabile dettata alla casualità. Tuttavia nel computo finale si vede come i risultati scaturiscano principalmente dal confronto di ordini d’arrivo.

Evenepoel, con Tarling e Ganna, è fra i più pronosticati per la crono
Evenepoel, con Tarling e Ganna, è fra i più pronosticati per la crono

La defezione di Pogacar

Ecco così che nelle prove su strada si ripete quasi pedissequamente il copione degli ultimi mondiali, con Van der Poel oro in linea davanti a Philipsen. Prima che annunciasse il forfait, accreditato per l’argento c’era Pogacar, rientrato prepotentemente in gioco a furia di vittorie. Agli inizi della stagione, le proiezioni non lo accreditavano del podio e la cosa, come si ricorderà, fece adirare non poco il suo ex cittì e attuale diesse alla Uae Andrej Hauptman. Nella crono comanda Evenepoel su Ganna e, non senza sorpresa, lo svizzero Kung, fra le donne oro in linea a Kopecky (con Balsamo seconda) e crono all’australiana Brown.

Su pista l’Italia viene accreditata di due argenti, con entrambi i quartetti. Rivincita danese al maschile, oro britannico al femminile, ma le albioniche, prime anche nella madison, in queste proiezioni avevano ancora fra loro l’infortunata Archibald, quindi la situazione è un po’ cambiata. Per il resto l’Olanda svetta nel medagliere specifico con 4 ori, 3 dei quali per merito di Lavreysen.

Pronostici di parte

Il gioco dei pronostici appassiona tanti, anche in Italia dove il sito multidisciplinare Oasport ha avuto occhi un po’ più accondiscendenti verso il colore azzurro. Anche se Ganna viene ritenuto inferiore a Evenepoel e Tarling e la Longo Borghini viene accreditata del terzo podio in 8 anni, dietro Wiebes e Kopecky. Su pista ancora Danimarca vincente sugli azzurri, ma al femminile svettano le nostre ragazze su britanniche e neozelandesi. Intanto Thomas fa doppietta in casa, nell’omnium e con Grondin nella madison con Hayter due volte secondo.

C’è poi chi, come il gruppo Facebook Fratellanza Olimpica ha messo insieme non solo i risultati ma ore e ore di discussione tracciando alla fine un bilancio per ogni specialità. Se si avverassero le loro previsioni, ci sarebbe davvero da festeggiare, stanti gli ori di Ganna a cronometro e dei due quartetti. Come contorno ci sarebbero gli argenti nella prova in linea femminile e il bronzo nell’omnium sempre femminile. VDP comanda nella prova in linea, Kopecky torna a svettare fra le donne, Dygert è la cronowoman più veloce.

Kopecky è la favorita della crono e della strada donne, Elisa Longo Borghini è attesa alla medaglia
Kopecky è la favorita della crono e della strada donne, Elisa Longo Borghini è attesa alla medaglia

Parliamo però di pronostici molto condizionati dall’appartenenza nazionale. Se valichiamo le Alpi le cose cambiano un po’, anzi forse troppo se si pensa che il sito specializzato Le Comptoir du Sports dà il medagliere generale azzurro accreditato di appena 7 ori e quindi fuori dalla Top 10. Nel ciclismo in particolare gli azzurri dovrebbero prendere l’argento con il quartetto maschile dietro i rivali danesi, e l’argento di Ganna dietro Evenepoel. E basta… In compenso, per i francesi ci sono 4 medaglie fra cui l’oro di Thomas.

Dalle previsioni alle quote

Perché tanta attenzione ai pronostici? Perché essi segnano anche le quote che le varie agenzie di scommesse stabiliscono e qui l’affare si fa interessante. Tanto scetticismo infatti porta a quote molto invitanti e a una situazione molto precisa. Nella cronometro maschile, ad esempio, molto difficilmente si esce dal trio degli scorsi mondiali con Tarling che secondo Eurobet si fa preferire a Ganna e Evenepoel, ma Van Aert, quarto favorito, è già a 36. Per la prova in linea VDP favorito, ma Pedersen è una valida alternativa a 7, Van Aert è già a 13 come Evenepoel, Bettiol viene dato addirittura a 51.

Secondo i francesi, Thomas fa doppietta in casa, nell’omnium e nella madison
Secondo i francesi, Thomas fa doppietta in casa, nell’omnium e nella madison

In campo femminile, nella crono quote bassissime per la Dygert su Van Dijk e Brown, la Longo Borghini è data a 21. Più ottimismo per la gara in linea con 9 per lei e 11 per la Balsamo, ma Kopecky e le olandesi hanno più appeal. E volendo, le quote più intriganti riguardano la pista e il quartetto femminile, poco accreditato e quindi con quote molto invitanti…

Ultima crono (dura): specialisti in crisi, comandano le gambe

25.07.2024
8 min
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Si avvicina a grandi passi l’appuntamento olimpico, ma prima di chiudere la porta sul Tour, vogliamo condividere con voi alcuni approfondimenti. Uno riguarda la cronometro di Nizza, che ha suggellato il podio francese e a ben vedere avrà riflessi anche sulle sfide olimpiche di sabato. E’ singolare e insieme indicativo che il podio dell’ultima tappa abbia ricalcato alla perfezione quello finale. Evenepoel è stato al di sotto dei suoi standard di specialista? Va bene Pogacar, ma Vingegaard così forte era prevedibile anche contro il tempo?

A Nizza c’era anche Marco Pinotti, allenatore del Team Jayco-AlUla, che in carriera ha vinto per due volte l’ultima crono del Giro. Nel 2008, battendo Tony Martin a Milano su un percorso velocissimo: 51,298 di media. Nel 2012, battendo Geraint Thomas ancora a Milano, a 51,118 di media. Proprio in quest’ultimo caso, la maglia rosa si giocò in quell’ultima tappa, con Hesjedal che recuperò i 31 secondi di ritardo da Purito Rodiguez e conquistò il Giro con vantaggio finale di 16 secondi. Ugualmente, nella classifica di tappa finirono 6° e 26°.

«Il percorso dell’ultima crono – dice Pinotti – era meno adatto a Remco, rispetto a quella che ha vinto nella prima settimana. Era una crono dura e lui è finito terzo, perché ha perso la maggior parte del tempo nella prima parte, quella in salita. Nella parte finale invece, sei minuti tutti in pianura, lui ha fatto il miglior tempo. Secondo Campenaerts, terzo Matthews. Sesto in quel tratto è stato Vingegaard, mentre Pogacar addirittura ottavo o nono, però lui negli ultimi due chilometri ha rallentato. Quindi un parziale in linea con quello che ci saremmo aspettati in una crono piatta, cioè Remco più veloce».

Pogacar ha vinto anche grazie alla forma superiore e la perfetta conoscenza delle strdae
Pogacar ha vinto anche grazie alla forma superiore e la perfetta conoscenza delle strdae
Invece nei tratti precedenti?

Dal secondo al terzo intertempo c’era la discesa e Pogacar ha fatto il miglior tempo, perché abita lì. Jorgenson il secondo. Almeida, Buitrago e Tejada hanno fatto una bella discesa perché si giocavano il piazzamento. Sono andati bene anche Ciccone e Matthews, gente che ci vive o che ci ha vissuto. Remco è andato come Yates, che era in ritardo ai primi intermedi ma sempre intorno all’ottavo, nono posto e nell’ultimo tratto è scivolato tutto indietro. Nel senso che era in ritardo in salita e una volta che si è reso conto di non poter vincere la crono, non ha preso rischi. Si è visto che in discesa non era proprio lineare nelle curve.

Quindi un risultato che si poteva scrivere anche prima che corressero?

Alla fine di un Grande Giro è sempre così, quelli di classifica sono più performanti. Primo, perché ultimamente dedicano anche loro tanto tempo all’allenamento e all’aerodinamica. E poi perché quel percorso ha penalizzato gli specialisti. Campenaerts nell’altra crono era arrivato 5° a 52″ da Evenepoel: a Nizza invece è finito 13° a 3’14” da Pogacar. La prima non era una crono piatta, però Evenepoel l’ha fatta a 52,587 di media. A Nizza, Pogacar ha fatto 44,521, vuol dire che è stata dura. Quindi è normale che siano arrivati davanti quelli di classifica, che avevano più riserva. Specialisti non ce n’erano, tranne Campenaerts e Sobrero. Matteo mi ha detto di averla fatta a tutta. E’ arrivato 19° e con le forze che gli erano rimaste si è preso quasi 4 minuti.

In conferenza stampa Remco ha detto che la discesa era troppo pericolosa e avendo l’obiettivo delle Olimpiadi non ha voluto rischiare.

Può essere, perché la discesa non era semplicissima. Se uno abita lì e va a farla cinque volte al mese, è un’altra cosa. Non era pericolosa, però c’erano tantissime curve, dove se sei sicuro di poter lasciare i freni, guadagni 13-14 secondi. Invece nell’altra crono, Remco aveva fatto una bella discesa, perché magari l’aveva vista 2-3 volte come gli altri. E poi a Nizza, una volta che non aveva il miglior tempo in salita, cosa aveva da guadagnare a rischiare? Il terzo posto era consolidato e il secondo irraggiungibile. Avrà visto negli intertempi dov’era rispetto a Vingegaard, ha capito che la crono non la vinceva e ha deciso di non prendere rischi.

Secondo te chi ha puntato al cambio di bici ha fatto un passo falso?

C’era una strategia alternativa possibile: partire con la bici da strada e cambiarla in cima alla seconda salitella. Però c’erano 3 chilometri piatti all’inizio e già lì, con la bici da crono rispetto a quella da strada, guadagnavi minimo 15 secondi. Poi speri di riguadagnarli in salita con la bici più leggera? Può essere, ma sulla prima salita andavano a 24 di media, Pogacar anche a 28. A quelle velocità la bici da crono è ancora vantaggiosa. Altra cosa: noi abbiamo avuto da poco la bici da crono con i freni a disco. E se c’è un feedback che tutti mi hanno dato è di trovarsi meglio come guidabilità anche rispetto alla bici da strada. L’unico svantaggio resta il peso, perché una bici da crono pesa mediamente un paio di chili in più.

Pinotti ha seguito Durbridge che con la bici da crono ha… piegato la resistenza di Dillier
Pinotti ha seguito Durbridge che con la bici da crono ha… piegato la resistenza di Dillier
Uno svantaggio che riesci a colmare con le velocità?

Vi faccio questo esempio. Io ho seguito Durbridge e avevamo davanti Silvan Dillier, che correva con la bici da strada e non andava certo a spasso. Vedendo come muoveva le spalle, si stava impegnando. Durbridge è andato regolare, eppure gli è arrivato sotto già sulla prima salita. Poi ha recuperato e in discesa Dillier con la bici da strada ci ha staccato perché noi siano andati prudenti. Ma quando siamo arrivati alla parte in pianura finale, si è messo a ruota irrispettoso delle regole, ma dopo un chilometro si è staccato. Lottavano per il 50° posto quindi non so neanche se avrà preso la penalità, però è stato divertente vedere questa differenza. Storia simile con Yates.

Cioè?

Ho seguito anche Simon e davanti a lui è partito Gall, che era 13° in classifica e ha scelto la bici da strada. Mi è sembrata una scelta assurda. Infatti, nonostante Yates avesse la bici da crono, lo ha preso sulla prima salita. L’ha passato in discesa e Gall non è più rientrato. E proprio a causa della crono ha perso una posizione. L’anno scorso a Combloux fu diverso, perché la crono era divisa in due: prima la pianura e poi quasi tutta salita. Però quando la velocità media è sopra il 23-24 all’ora, io prendo sempre la bici da crono.

I ragazzi ti hanno spiegato perché con i freni a disco la bici si guida meglio? 

Prima quando avevi i freni rim e le ruote lenticolari o in carbonio, la frenata non era lineare. Adesso con i dischi è come sulla bici da strada. Prima era un problema cambiare da un giorno all’altro. Adesso frenano allo stesso modo, è un passaggio naturale. Corridori come Sobrero avevano la sensibilità per passare senza problemi da una all’altra, però la maggior parte è contenta di questo cambiamento. Adesso usano la stessa forza, staccano alla stessa distanza dalla curva e la frenata è più lineare.

Cambiando argomento, in casa UAE Emirates hanno sottolineato l’importanza della doppia guarnitura 46-60 con 11-34 dietro: perché secondo te?

Partiamo col dire che a Nizza serviva la doppia corona, la mono non andava bene. Se avessi dovuto scegliere, avrei voluto un 60-44, che per noi non era disponibile. Noi avevamo il 58 come corona più grande, l’ideale sarebbe stato un 60 o un 62, perché gli ultimi chilometri erano proprio veloci. Perciò Pogacar con il 60 è andato bene e in salita con il 46×34 era giusto. Secondo me aveva il 46-60 perché il limite del salto tra le due corone sono 14 denti. Io ho chiesto di avere il 44-60: se riescono, siamo a posto perché avremmo una copertura più grande di percorsi. Il 46×34 lo spingi bene, ma idealmente sarebbe meglio avere il 44×30, così ho una scala più lineare. Se metto il 34, uno fra il 17 e il 19 devo tenerlo fuori, invece con il 30 potrei rimetterlo. Però comunque il 46-60 è stato una buona scelta.

Questa la guarnitura 46-60 di Pogacar, prodotta da Carbon-Ti. Dietro lo sloveno aveva pignoni 11-30
Questa la guarnitura 46-60 di Pogacar, prodotta da Carbon-Ti. Dietro lo sloveno aveva pignoni 11-30
Perché è stato giusto non usare la monocorona?

Si può usare quando c’è una strada molto veloce o una discesa. Però di solito, se c’è una discesa, prima c’è stata una salita. E se, come in questo caso, non è pedalabile, allora ti serve la doppia corona. Non puoi correre con il 62×38. Anche perché se usi il 62, già passare dal 13 al 14 è un bel salto rispetto a quando hai il 53. Se poi mi togli anche dei rapporti dietro e ne fai due ogni volta per montare il 38, finisce che ti serve anche una catena lunga un chilometro… Io sono più un fan della doppia corona.

Dipende anche dai percorsi?

Ormai mettono sempre sia la salita ripida che la discesa veloce, quindi devi avere l’opzione di due corone. La mono va bene nella crono di Desenzano al Giro, ma già in quella di Perugia secondo me non andava (Pogacar che ha vinto aveva la doppia, Ganna che ha fatto secondo aveva la monocorona, ndr). Le crono più belle in un Giro sono quelle dove ci sono salita e discesa. Diverso magari se si parla di una crono dei mondiali o delle Olimpiadi.

Se la crono finale è la prova delle energie residue, ha senso che Vingegaard sia arrivato secondo
Se la crono finale è la prova delle energie residue, ha senso che Vingegaard sia arrivato secondo
L’anno scorso ai mondiali, la salitella al castello di Stirling premiò Evenepoel e penalizzò Ganna…

Sono scelte che fanno in base ai posti che devono raggiungere, cercando di non favorire i passisti o gli scalatori. Le Olimpiadi ad esempio quest’anno strizzano di più l’occhio agli specialisti, ma non so con quale criterio l’abbiano disegnata così. Chi organizza fa una proposta. Poi c’è una commissione che approva e penso che scelgano un percorso che possa creare la massima indecisione nella vittoria. In un Giro invece è diverso. E soprattutto la crono finale, se la fai dura, sai già che arriveranno davanti quelli di classifica. Al netto di ogni ragionamento, è così che va a finire.

Invece Evenepoel non ha dubbi: terzo posto al gusto di vittoria

22.07.2024
4 min
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NIZZA (Francia) – Dei tre del podio, Evenepoel è quello che ha qualcosa da dire e non vede l’ora di tirarla fuori. Il ragazzo è orgoglioso e non si tiene niente in bocca, per cui quando un giornalista gli chiede il perché della commozione dopo l’arrivo della crono, ecco che parte l’affondo.

«Voi belgi – dice guardandolo dritto – avete sempre dubitato di me. Continue domande se fossi convinto o a che scopo andassi al Tour. Ebbene, ecco perché sono venuto. Finire terzo dietro Pogacar e Vingegaard, con un grande gap alle mie spalle, dimostra che io ci sono. Ci sono state di continuo pressioni dal mio Paese. Dal mio punto di vista, sono molto orgoglioso di quello che ho fatto. La gente a volte non capisce quanto carico metta sulle spalle con i suoi commenti. E’ stato detto anche che il secondo posto alla Parigi-Nizza non era abbastanza. Ecco perché ero emozionato…».

A dire il vero neppure lui era troppo convinto di poterlo fare. Dalla vittoria nella Vuelta a oggi sono passati diversi insuccessi al Giro e la stessa corsa spagnola non l’ha più visto dominante come nel 2022 in cui volò poi in Australia per prendersi il mondiale di Wollongong.

Dopo l’arrivo Remco ha ceduto all’emozione di tre settimane ad altissimo livello
Dopo l’arrivo Remco ha ceduto all’emozione di tre settimane ad altissimo livello
Un grande risultato.

Questo podio è uno dei risultati maggiori della mia carriera. Ho vinto un mondiale, ma correre il primo Tour e finire dietro i due migliori al mondo è un grande conquista per me stesso. Penso che il risultato di oggi mostri quale fosse il livello di questa corsa. Sono il campione del mondo della crono, ma sono finito alle loro spalle. Vanno fortissimo.

E’ immaginabile un confronto fra la Vuelta che hai vinto e questo podio?

I numeri che faccio adesso sono più alti rispetto alla Vuelta che ho vinto. Ogni anno andiamo più veloci, in salita, in pianura e nelle crono. Penso che questo podio parli per il mio futuro. Essere terzo dietro ai due corridori che negli ultimi 5 anni hanno lottato e preso la maglia gialla per me è come una vittoria. Il loro vantaggio sta nella grande esperienza.

Evenepoel voleva vincere la crono, ma l’ordine di arrivo ricalca la classifica finale. Per lui, terzo posto
Evenepoel voleva vincere la crono, ma l’ordine di arrivo ricalca la classifica finale. Per lui, terzo posto
Anche tu sei caduto con Vingegaard, pensi che questo ti abbia penalizzato?

Jonas è caduto esattamente nello stesso posto, abbiamo avuto lo stesso percorso, anche se il suo infortunio è stato peggiore del mio. Per questo non credo che mi abbia condizionato. Direi di no.

Terzo dietro i primi due al mondo: che effetto fa?

Dimostra che la base c’è per essere forse un vincitore del Tour. Quello che devo fare è lavorare sulle mie capacità. Le salite più lunghe. Mettere insieme un’esperienza superiore. Non voglio parlare male della mia squadra, ma si è visto che avevamo meno esperienza della UAE, della Visma, della Ineos… Penso che il primo step sia crescere come squadra, mentre io devo diventare più forte alla luce di questa esperienza. Dobbiamo costruire, chiaramente non domani (sorride, ndr), ma nei prossimi mesi. Guardare questo Tour servirà per imparare.

Remco nuova maglia bianca: un giovane che ha vinto due Liegi e due mondiali…
Remco nuova maglia bianca: un giovane che ha vinto due Liegi e due mondiali…
Ti ha stupito essere rimasto tanto freddo quando gli altri andavano via in salita?

E’ l’insegnamento di questo Tour. Se c’è qualcuno migliore di te, continua a fare le tue cose. Anche nella crono, Tadej è stato eccezionale. Io mi sono ritrovato di nuovo molto vicino a Jonas. Potrebbe non essere stata la mia migliore cronometro, sul Col d’Eze non sono stato irreprensibile. Ma sono riuscito a recuperare terreno in piano. Presumo che ci sia ancora molto margine e che sicuramente tornerò per provare a vincere. Come vorrei dire che non ho rischiato tanto in discesa su questo percorso così rischioso perché ho davanti due grandi obiettivi olimpici e con la squadra abbiamo concordato di non rischiare cadute.

Tempo di far festa?

Decisamente, per brindare a qualcosa di speciale: la maglia bianca e il podio finale. Oggi potrebbe essere stata l’unica volta nella mia carriera in cui sono salito sul podio finale del Tour. Godiamoci il presente, da domani mi concentrerò completamente sulla cronometro olimpica perché voglio vincerla.

Notte fonda in sala stampa, arriva Pogacar. Stiamolo a sentire

21.07.2024
8 min
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NIZZA (Francia) – Immagina di iniziare a scrivere il pezzo sulla vittoria di Pogacar al Tour alle 21,39. Hai poco da sviolinare, meglio andare sul concreto. Tadej entra nella grande sala stampa con tanta voglia di andare a festeggiare. Poi si siede e lo vedi che il rispondere alle domande di tante voci diverse lo riporta con il pensiero al fruscio della strada, il vociare del pubblico, l’adrenalina dei momenti. E allora per una ventina di minuti è come se davanti agli occhi scorressero le immagini di corsa, disegnate dal suo ricordo.

La conferenza stampa è l’ultimo atto di Pogacar in queste tre settimane trionfali
La conferenza stampa è l’ultimo atto di Pogacar in queste tre settimane trionfali
Hai di nuovo la maglia gialla, che effetto fa?

Non posso descrivere quanto sono felice dopo due anni difficili al Tour de France. C’è sempre stato qualche errore, quest’anno invece è andato tutto alla perfezione. Penso che questo sia il primo Tour in cui ho avuto piena fiducia ogni giorno. Anche al Giro ricordo di aver avuto una brutta giornata, ma non dirò quale. Invece il Tour de France è stato fantastico. Mi sono divertito dal primo giorno fino ad oggi. E avevo un così grande supporto dietro di me, che non potevo deludere nessuno, quindi mi sono divertito anche per loro.

Di quali errori parli?

Nel 2022 la Jumbo-Visma, con Roglic e Vingegaard, ha pizzicato l’unico giorno in cui non ero super e io li ho assecondati correndo male. Mi hanno stroncato. Così l’anno dopo volevo fare tutto alla perfezione. Ho fatto una stagione pazzesca. Ho vinto la Parigi-Nizza, il Fiandre, l’Amstel, la Freccia Vallone, poi sono caduto alla Liegi e mi sono rotto il polso. E’ crollato tutto, sono andato giù di testa. Sono arrivato al Tour senza fiducia ed è finita come avete visto. Quest’anno è stato tutto perfetto.

Avevi detto di volerti godere il pubblico e hai vinto la crono…

E’ stata una partenza davvero fantastico sulla griglia della Formula Uno. Uno dei migliori circuiti di Formula Uno al mondo, penso il migliore in assoluto. Durante la crono non ho avuto altri aggiornamenti tranne il primo intermedio di Remco, ma alla fine mi sentivo molto bene. In cima alla prima salita, stavo benissimo. Nella mia testa avevo tutte le volte che Urska mi ha odiato per averla costretta a fare la strada della crono in ogni allenamento. L’abbiamo provata così tante volte quest’anno, che non ho voluto sciupare l’occasione. Quando corri una tappa del Tour e ti alleni tanto sulle sue strade, vuoi anche vedere cosa puoi fare. La gente intorno mi ha dato una motivazione supplementare.

E alla fine è arrivata anche la doppietta Giro-Tour…

Non ci avrei mai pensato. Alcuni dicevano che il Giro sarebbe stato una rete di sicurezza casomai non fossi riuscito a vincere il Tour, ma questo è un anno incredibile. Vincere il Tour de France è un altro livello, fare le due cose insieme è ancora superiore. Sono super felice e davvero orgoglioso di averlo fatto. Il prossimo passo? Credo che Van der Poel stia benissimo con la maglia di campione del mondo, ma quest’anno voglio prenderla io. Vorrei avere almeno per una volta la maglia iridata, ma tutto sommato c’è tempo. Fare un bel mondiale sarebbe la ciliegina sulla torta.

Tanti non sono riusciti a gestire bene il tempo fra il Giro e il Tour, tu come lo hai passato?

In modo molto semplice. Dopo il Giro, ho passato un po’ di tempo con Urska, che mi aiuta a staccare mentalmente. Poi siamo andati insieme a Isola 2000. Lei si preparava per il Giro di Svizzera e i campionati nazionali. In Svizzera ha fatto una top 10 e in Slovenia ha vinto entrambe le maglie. E’ stata una preparazione che volevamo entrambi e che è andata bene. Un paio di allenamenti duri e il tempo è passato bene.

Hai detto più di una volta che si è trattato di un Tour pazzesco. Che momento di ciclismo stiamo vivendo?

Penso che negli ultimi due anni abbiamo detto spesso che questa è la migliore era del ciclismo, con le migliori gare di sempre. Se non fossi coinvolto io stesso, potrei anche dire che questa è la migliore era del ciclismo di sempre, almeno per le classifiche dei Grandi Giri. Il livello di questo Tour, con Remco, Jonas e Primoz finché c’è stato, è semplicemente incredibile. C’erano una grande attesa e grandi aspettative, per un grande spettacolo che indubbiamente c’è stato. Ognuno a un certo punto ha mostrato le palle. E’ stato un grande show. E alla fine sono felice e orgoglioso di esserne uscito vincitore. Penso che tutto il ciclismo ora possa festeggiare questo bel momento di competizione.

Qual è stato il momento più emozionante di questa serata?

La squadra è stata eccezionale. Siamo stati insieme tutto il Tour, una super atmosfera sul pullman, mai un momento di tensione. Questa squadra è il mio sogno che si è avverato. Devo dire che non ho ricordi molto chiari di questa giornata, ma stare sul podio con loro è uno dei momenti di gioia che porterò con me per il resto della mia vita. Il Galibier invece mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta.

Perché fai sempre fatica a parlare di Marco Pantani?

Vorrei che Marco riposasse in pace. Non è stato un corridore del mio tempo. So che in Italia lo amano. Siamo passati su alcune salite dove lui si allenava. Il Giro ha la Salita Pantani. Quest’anno ho sentito tanto parlare di lui, in Italia. Non saprò mai come lo avete vissuto, ma credo che sia stato uno dei grandi. Diciamo che quest’anno è stato celebrato come merita.

Sembra che tutto ti riesca facile, non sembri neanche stanco: lo sei almeno un po’?

Sono super stanco, per questo ho bisogno di recuperare. Voglio vedere gli amici, la famiglia, stare con Urska, perché gli ultimi quattro mesi sono stati full gas. Quando a dicembre abbiamo fatto il programma e ho scelto il Giro non potevo prevedere sino in fondo quanto sarebbe stato pesante. Però abbiamo azzeccato il programma delle gare. Non ne ho fatto tante e alla fine con il giusto bilanciamento, è riuscito tutto alla perfezione. Ovviamente non guasta avere buone gambe (sorride, ndr).

Con la sua Colnago gialla sul palco: un altro muro abbattuto da Tadej Pogacar
Con la sua Colnago gialla sul palco: un altro muro abbattuto da Tadej Pogacar
Cavendish ha battuto il record, tu potresti attaccare quello dei cinque Tour…

Parliamo del record di Mark, perché tutti volevano che lo battesse e addirittura in gruppo tifavamo perché ne vincesse un’altra. Ci ha sempre creduto, anche quando aveva quasi smesso. Si merita il suo posto nella storia di questo sport. Quando ai record di Pogacar, non voglio vedermi nei record, forse lo farò a 30 anni. Ora voglio vivere giorno per giorno e se anche non tornassi più al Tour, sarò ugualmente soddisfatto.

Qualcuno ha parlato di te come di un extraterrestre. Pensi che sia giusto sospettare?

Ci saranno sempre dubbi, perché il ciclismo è stato devastato prima dei miei anni. Chiunque vinca ha gelosie e haters. Se non hai haters, non hai successo. Penso che nel ciclismo la WADA e l’UCI investano molti soldi per rendere questo sport pulito. Credo che il ciclismo sia uno degli sport più puliti in generale e lo è a causa di quello che è successo tanti anni fa. Ora non è più come allora, rischiare la salute è super stupido. La carriera arriva a 35 anni, poi c’è ancora un lungo periodo per godersi la vita. E’ stupido rischiare la vita per delle stupide corse. Vogliamo vincere, ci dedichiamo anima e corpo, ma alla fine è divertimento, vincere non è la cosa più importante. E’ importante essere in salute e non c’è motivo di spingere il corpo oltre i suoi limiti, usando chissà che cosa. E ora ragazzi, grazie, siete stati fantastici, ma io me ne vado.

Si alza. Si avvia con il suo giallo che illumina il cammino. Posa con dei bambini per una foto e poi si avvia con passo spedito verso l’uscita. L’applauso lo accompagna giù dalle scale. La sua serata speciale sta per iniziare. E se l’è davvero meritata.

Sull’ultima salita, per Vingegaard l’onore delle armi

20.07.2024
7 min
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COL DE LA COUILLOLE (Francia) – La faccia di Remco Evenepoel sul traguardo dice davvero tutto. Sbuffa. Sgrana gli occhi. In certi giorni sembra un personaggio dei cartoni. E’ partito dalla fornace di Nizza per mettere in croce Vingegaard e per un po’ c’è anche riuscito. Sul Col de la Colmiane, penultimo di giornata, la Soudal-Quick Step si è mossa come uno squadrone che prepara l’attacco. E quando poi sulla salita finale il belga ha mollato i tre colpi che a suo avviso avrebbero dovuto risolvere la partita, Vingegaard ha deciso di metterlo a posto. Quando Landa si è spostato e Vingegaard ha chiuso sul primo allungo, Remco s’è voltato e ha supplito la mancanza di altri gregari con il ritmo provvidenziale fatto da Almeida per Pogacar.

Il primo Tour

Per essere al primo Tour, Remco ha messo le cose in chiaro. E se domani, come si pensa, vincerà la cronometro, si potrà dire che la tenuta sulle tre settimane sia un problema risolto. Il prossimo step sarà capire se potrà vincere il Tour de France, ma su quello magari lavorerà il prossimo anno nella squadra che lo accoglierà. Parlano tutti della Red Bull, staremo a vedere.

«Abbiamo provato a mettere un po’ di pressione su Vingegaard – dice Evenepoel – ma sfortunatamente non ha funzionato. Abbiamo giocato e perso, ma possiamo essere orgogliosi di ciò che abbiamo dimostrato in questo Tour. Ho attaccato due volte, ma si è visto che Tadej e Jonas il Tour lo hanno già vinto. Hanno molta più esperienza, la loro cilindrata al momento è molto più grande della mia. Devo solo accettarlo, ma sono contento di quello che ho potuto mostrare. Penso che ho ancora tanto lavoro specifico da fare per seguire o addirittura attaccare quei due. E intanto domani voglio vincere la crono, voglio concludere il Tour con un bel ricordo. Spero di riuscirci».

Il sollievo di Jonas

Stamattina un divertente siparietto è stato colto dall’obiettivo del fotografo. Nell’incontro casuale andando alla partenza, Van Aert ha avvertito Remco di non fare brutti scherzi con il compagno Vingegaard. Punzecchiature fra giganti belgi, il più delle volte avversari. Lo sguardo di risposta di Remco è stato infatti da monello impertinente: era chiaro che avrebbe provato e lo ha fatto.

La Visma-Lease a Bike si è stretta attorno al piccolo capitano zoppicante. Da invincible armada che lo scorso anno vinse Giro, Tour e Vuelta, è bastato che perdessero uno sponsor come Jumbo e che la sfortuna ci mettesse mano e subito il loro mondo si è ridimensionato. Roglic è partito. Vingegaard e Van Aert sono caduti. Kuss s’è ammalato. Van Hooydonck ha smesso per i problemi cardiaci. Solo Jorgenson è parso all’altezza del progetto. E chissà che il mercato in corso non porti via altri pezzi pregiati.

Quando Evenepoel ha finito la spinta, Vingegaard ha contrattaccato, portando con sé Pogacar
Quando Evenepoel ha finito la spinta, Vingegaard ha contrattaccato, portando con sé Pogacar

«E’ stata una tappa dura e calda – dice Vingegaard – mi sono sentito molto meglio rispetto a ieri, quando ho avuto le gambe peggiori di sempre. Ero completamente vuoto. Sono contento di come sono andato oggi. E’ un grande piacere ritornare a questo livello. Mi sono sentito benissimo quando Evenepoel ha accelerato e ho deciso di rilanciare quando stava per attaccare di nuovo. Ed è quello che ho fatto.

«A quel punto ho corso principalmente per guadagnare su di lui e non necessariamente per la vittoria di tappa. Evenepoel è il miglior cronoman del mondo, tre minuti sembrano tanti, ma non si sa mai. Sono certamente felice di aver potuto guadagnare un minuto oggi. Domani farò tutto il possibile per mantenere il mio secondo posto. Tadej sempre a ruota? Ognuno ha la sua tattica, non lo giudico per questo. Probabilmente al suo posto avrei fatto lo stesso. Non aveva bisogno di tirare, gli stava bene così».

La quinta vittoria ha evidenziato la differenza di forze fra Pogacar e Vingegaard
La quinta vittoria ha evidenziato la differenza di forze fra Pogacar e Vingegaard

Pogacar, sono cinque

Alla fine infatti la vittoria se l’è presa Pogacar, come era prevedibile. Ce lo chiedevamo giusto ieri dopo il successo di Isola 2000: davvero qualcuno credeva che avrebbe corso al risparmio? Eppure lui lo conferma.

«E’ stato un giorno super duro – dice – per noi la fuga poteva andare. Eravamo tutti insieme e tenevamo il gruppo compatto, correndo da squadra. Quando la corsa è esplosa sulla Colmiane, la Quick Step ha fatto un grande ritmo e a quel punto ho capito che l’ultima salita sarebbe stata dura. Remco ha provato diversi allunghi. All’ultimo però, Jonas ha fatto un contrattacco ed io ero davvero al limite. Ho recuperato alla sua ruota. Pensavo che Carapaz avesse una chance, ma Jonas ha insistito per tenere lontano Remco e lo abbiamo preso.

«Perché ho vinto? Non si lasciano le tappe ai rivali più vicini. Abbiamo dato tempo alla fuga, che ha avuto grandi possibilità. In altre occasioni sono stati i velocisti a riprendere, non siamo stati sempre noi. Ma io sono pagato per vincere. E’ una pressione, devo portare a casa il risultato, altrimenti non va bene. Se puoi, fai bene a vincere».

L’onore delle armi

Vingegaard in parte l’ha colpito, quasi che anche lui fosse pronto a sottoscrivere il sorpasso di Evenepoel. E mentre annota che in fondo avrebbe preferito il finale dei Campi Elisi, perché domani partendo alle 15,45 la sua giornata sarà lunghissima, un pensiero va al rivale degli ultimi tre anni.

«E’ stato nuovamente un duello fantastico – dice Pogacar – bello da vedere. Penso che Jonas abbia avuto dei giorni difficili, invece oggi ha dimostrato di non essere facile da battere e di essere un vero combattente. Ha dato tutto. E alla fine, nonostante quello che ha avuto, ha fatto davvero un bel Tour».

Per Tadej si avvicina il momento della terza maglia gialla. La prima venne quasi per caso nel 2020 all’ultimo giorno. Voleva vincere la crono in salita per non tornare a casa a mani vuote, ma dice che il secondo posto era già tanto. La seconda, nel 2021, la vinse con una giornata a tutta nel diluvio di Le Grand Bornand, che gli permise di amministrare.

«Quest’anno invece – spiega – ho tenuto un livello più alto, nonostante avessi più pressione dopo due anni che venivo battuto. In quest’ottica, penso che la tappa più importante che mi ha dato più fiducia sia stata la prima sul Galibier. Una grande vittoria. Mi ha dato la speranza che avrei potuto davvero vincere il Tour».

Il poker di Pogacar, puntuale come una promessa

19.07.2024
7 min
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ISOLA 2000 (Francia) – La spallata più decisa nel giorno da cui, in teoria, sarebbe dovuto partire il riscatto. Ci sono dichiarazioni che si fanno per onorare la corsa e quelle di cui sei davvero convinto. E forse alla Visma-Leasa a Bike sapevano da almeno due giorni – dallo scatto di Evenepoel a Superdevoluy – che Vingegaard non fosse all’altezza del compito. Il continuare a rimandare appellandosi alla presunta crescita oggi ha impattato contro il muro giallo di Pogacar, in una giornata in cui nel team olandese si era pensato a un attacco più per forma che per convinzione. La presenza di Jorgenson là davanti e il suo rammarico finale dicono chiaramente che, nonostante una finestra aperta, si fosse partiti per vincere la tappa, lasciando dietro il capitano con scelta piuttosto rischiosa.

«In teoria non dovrei essere così deluso – dice Jorgenson, secondo all’arrivo – ma ci sono andato così vicino… Sento che io e il Tour de France abbiamo un pessimo rapporto. Io do il massimo, ma non ottengo niente. Negli ultimi 10 chilometri pensavo alle mie gambe, non agli altri. Cercavo di fare il massimo sforzo possibile, finché negli ultimi tre ho sentito che stava arrivando Pogacar ed ho avuto una brutta sensazione. Quando mi ha superato, mentalmente sapevo che anche se fossi rimasto alla sua ruota, mi avrebbe battuto ugualmente.

«Quindi sono deluso, anche per una giornata che non è andata come volevamo. Inizialmente dovevamo essere dei riferimenti per Jonas. Poi via radio ci hanno dato via libera di concentrarci sulla tappa. Devo dire grazie a Kelderman, altruista e un ottimo compagno di squadra. Poteva correre per sé, invece ha lavorato per me senza fare domande. Entrare nella fuga è sempre uno sforzo, ma senza quei quattro minuti, non avremmo avuto la possibilità di arrivare prima del gruppo. E’ stato uno sforzo necessario».

Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi
Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi

Una squadra pazzesca

Pogacar ha gestito la tappa con una sicurezza infinita, avendo intorno tutta la squadra. Di solito in una tappa come questa, sull’ultima salita i primi della classe hanno attorno un paio di uomini, mentre gli altri sono sparpargliati fra discese e salite. Il UAE Team Emirates ha puntato Isola 2000 tutto compatto, perdendo appena Politt, che pure ha tirato come un fabbro. Il cielo qua in cima è velato, si suda anche a stare fermi, anche se qualche folata d’aria a tratti rimette le cose in pari.

«Ho vinto la tappa regina del Tour de France – ansima Pogacar in maglia gialla – e posso confermare che la Bonette è davvero spaventosa da fare in gara. In allenamento è davvero bella perché puoi saltare l’ultimo chilometro, ma lo stesso sono super felice di aver avuto buone gambe. Siamo stati qui ad allenarci per un mese intero tra Giro e Tour, è stato un periodo difficile. Non sono mai giornate facili, perché ogni giorno bisogna rifare la salita, per questo la conoscevo bene. Questo ci ha permesso di fare la strategia che volevamo. Ne avevamo parlato già durante il nostro ritiro ed è incredibile che l’abbiamo fatta esattamente come avevamo detto. Sono scattato nel punto che avevamo indicato, è stato davvero perfetto al 100 per cento».

L’attacco (sfumato) di Jonas

Eppure i due uomini Visma in fuga per qualche chilometro hanno creato apprensione o comunque un sottile strato di allerta nell’ammiraglia e nel gruppo in gara. Vingegaard vuole attaccare? Perché è vero che la classifica è ormai tutta scritta, ma se uno t’ha staccato malamente come il danese negli ultimi due anni, il ricordo genera sempre timore.

«Ho pensato che Jonas volesse provarci sulla Bonette – dice Pogacar – questo è stato il mio pensiero iniziale. Ma davanti stavano andando davvero molto forte, non sembrava stessero aspettando qualcuno che attaccava. E quando abbiamo capito che puntavano alla tappa, ci siamo un po’ tranquillizzati. Devo dire però che non è stata facile come potrebbe sembrare. Nell’ultimo chilometro mi sono voltato spesso. Ho speso tanto per riprendere Carapaz e Simon Yates. Quando mi hanno detto che anche Matteo (Jorgenson, ndr) stava perdendo un po’ di smalto, ho provato a superarlo di slancio e lì mi sono ucciso le gambe. Così ho cominciato a pensare che forse sarebbe rientrato e mi sarebbe scattato in faccia o qualcosa del genere, perché indubbiamente oggi è andato davvero forte…».

Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie
Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie

La resa del re

Jonas ha abbracciato sua moglie Trina Marie e in quella stretta ha sfogato tutto lo stress di tre settimane cercando di ritrovare se stesso anche quando tutto diceva che sarebbe stato impossibile. Ed è la prima volta che parla di quel che gli successo, avendo evitato per tutto il Tour di usarlo come scusa.

«Ho capito di dover semplicemente lottare per qualcos’altro – dice – ed è quello che ho fatto. Non sono così deluso, perché ho ben chiara la storia degli ultimi 3 mesi. Ho lottato per quasi tre settimane e ora probabilmente possiamo dire che è quasi finita e probabilmente non vincerò. Penso ancora che posso essere orgoglioso di come abbiamo corso e di come ho corso io per primo. La vittoria ormai non c’è più, ecco come stanno le cose: devo accettarlo. Invece Tadej la merita, è andato fortissimo. Io non ero al mio livello normale, tanto che mi sono messo dietro a Remco quando ho capito che vuole il mio secondo posto. Ho cambiato tattica dopo Superdevoluy, accettando anche di non scattare per toglierlo di ruota, altrimenti avrei finito per perdere il secondo posto. Ho detto per tre settimane che volevo correre per vincere, ma quando ti rendi conto che è del tutto impossibile, allora forse è anche meglio lottare per un obiettivo ragionevole».

Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione
Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione

Il pericolo Evenepoel

Ma il Tour non è finito. Evenepoel ha fiutato il suo… dolore e sa che fra domani e domenica nella crono può riuscire nel sorpasso. E così da cacciatore, sia pure ferito, ora Vingegaard si ritrova nei panni della preda. Ugualmente ferita, pertanto più fragile.

«Adesso vado in albergo – dice – e poi domani spero di avere gambe migliori. So che sarò attaccato, quindi nei prossimi due giorni non mi resta che dare tutto quello che ho. Mi aspetto che Remco vada per il secondo posto, lo farei anche io se fossi al posto suo. Per cui mi metterò alla sua ruota e la squadra mi darà una mano per controllarlo. Ma adesso lasciatemi andare, il viaggio è ancora lungo».

Novanta chilometri, per l’esattezza, fino all’hotel di Nizza da cui domani partirà la ventesima tappa. Un lungo trasferimento, come i tanti di questo Tour. Mentre noi ci mettiamo a scrivere le sue parole, aspettando il momento giusto per riprendere la strada.

La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802
La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802

Domani senza fretta

Si potrà scrivere la parola fine sotto questo Tour de France? Il sorriso con cui Pogacar racconta la sua ennesima impresa ti fa capire che è davvero contento della conquista e per niente annoiato per la superiorità. Sta accadendo quel che abbiamo già visto al Giro e anche se lo strapotere sembra eccessivo, perché mai dovrebbe rallentare?

«Ho guadagnato ancora 1’42” su Jonas e Remco – dice – la situazione sembra più bella che mai. Sono felice perché domani potrò godermi la tappa. Magari lasceremo andare la fuga e ci godremo le strade su cui ci siamo allenati. Speriamo che non accada nulla. Questo Tour è stato davvero sorprendente per le vittorie di tappa. Diciamo che quest’anno ho bilanciato il conto rispetto alle due che ho vinto l’anno scorso. Posso dire che marcio al ritmo di tre tappe per Tour, il che è pazzesco e mi rende davvero orgoglioso».

Ballerini, Cavendish e Cees Bol sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”
Ballerini, Cavendish (con loro anche Cees Bol) sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”

Qualcuno crede che domani, sulle strade di ogni giorno, rinuncerà a vincere ancora? Con Isola 2000 è arrivato a quota 15 tappe vinte. Come dire che al ritmo di tre vittorie all’anno, fra sette Tour potrebbe battere il record di Cavendish, facendolo però con lo stile di Merckx. Eppure sette anni in questo ciclismo così veloce sono lunghi come un’era geologica. Forse per questo fa bene a godersi un passo alla volta e anche a non andare alla Vuelta, lasciandosi la porta per altri stimoli. Le carriere restano lunghe se si sceglie di non bruciare tutto e subito.

E’ il giorno di Campenaerts e delle domande su Evenepoel

18.07.2024
6 min
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BARCELONETTE (Francia) – Dice Campenaerts che per vincere questa tappa al Tour è stato per nove settimane a Sierra Nevada. Per quattro, ci sono stati anche i suoi compagni di squadra, poi loro se ne sono andati e lui è rimasto. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andarsene. La famiglia è stata con lui a lungo, come lo hanno seguito nella settimana centrale del Tour, piuttosto vicina al Belgio. Hanno passato del tempo insieme. Dice che gli piacerebbe stare a casa con loro, ma se prevalesse questo sentimento, allora non potrebbe fare il Tour de France.

Dice Campenaerts di aver cerchiato questa tappa da dicembre, quando gli hanno detto che la Lotto Dstny sarebbe venuta in Francia con De Lie. Arnaud è un grande velocista, ma che lui per vincere avrebbe avuto bisogno di una tappa come questa. E infatti l’ha vinta, come vinse quella di Gorizia al Giro 2021, chiudendo idealmente la porta su ciò che di interlocutorio c’è stato in questa corsa così bella.

A casa di Remco

Domani infatti cominciano i tre giorni che decideranno il Tour de France. Si potrebbe dire che tutto sia ormai definito, ma le due tappe di montagna e poi la crono finale sono così cattive che la minima flessione potrebbe costare parecchio. Pogacar ha appena sottolineato l’importanza di conoscere le strade e ha escluso ogni alleanza con Evenepoel, perché saranno tappe che richiederanno più forza che tatticismi. Eppure il belga è l’oggetto misterioso. Non perché possa vincerlo, ma perché il passare dei giorni ha visto anche il crescere della sua fiducia.

Il suo Tour è una sorpresa e una conferma, questo dice Tom Steels, direttore sportivo della Soudal-Quick Step con 9 tappe vinte al Tour e 2 Gand-Wevelgem. Lui lo ha visto nascere, crescere e diventare corridore e sul suo Tour si è fatto un’idea. Parliamo all’ombra del pullman, l’asfalto si squaglia sotto i piedi.

«Siamo venuti qui con l’ambizione di arrivare tra i primi cinque – dice – e poi, passo dopo passo, di avvicinarci al podio. Abbiamo vinto la crono. Ora però ci sono ancora tre giorni duri, sarà molto difficile. Spero che riusciremo a difendere la posizione, ma possiamo essere fiduciosi. Remco ha comunque recuperato molto bene. Salire sul podio a Nizza va bene, se viene fuori qualcos’altro, ci proveremo».

Tom Steels, classe 1971, è diesse alla Soudal-Quick Step dal 2011
Tom Steels, classe 1971, è diesse alla Soudal-Quick Step dal 2011

Anche gli altri soffrono

In quell’attaccare sconclusionato di Pogacar nella tappa di ieri, l’allungo di Evenepoel nel finale è stato un punto di svolta. Di quelli che cambiano una carriera. Non tanto per il vantaggio, ma per averlo pensato e portato a termine.

«E’ stato importante – conferma Steels – è decisivo per lui sentire che è fisicamente è ancora vicino a Vingegaard e Pogacar. Deve rendersi conto che soffrono anche gli altri, anche se Pogacar adesso vola. Mentalmente è molto importante sentire di poter fare qualcosa. Vedremo come andrà domani, ma almeno sa di essere vicino al loro livello. Non sappiamo quale squadra scandirà il ritmo sulla Bonette o come sarà fatta la discesa. Poi Isola 2000 sarà difficile da affrontare. In ogni caso, Remco ha confermato che il Tour è il suo ambiente naturale. Non sente la pressione della gara e del fuori gara. Si comporta come quando non è al Tour e vi garantisco che qui c’è tanta pressione. Lui invece continua come al solito. Sono molto sorpreso dal percorso dalla prima tappa fino ad oggi, da come affronta la corsa. Questa per me è la vera sorpresa».

Sui rulli dopo l’arrivo con il suo giubbino del ghiaccio: Evenepoel è atteso a tre giorni molto importanti
Sui rulli dopo l’arrivo con il suo giubbino del ghiaccio: Evenepoel è atteso a tre giorni molto importanti

Parla l’allenatore

Certe cose non riescono se non si hanno grandi gambe. E la sensazione è che il ragazzino belga in maglia bianca stia crescendo. Forse è funzionale al fatto che poi ci saranno le Olimpiadi o forse si potrà davvero parlare di lui come di un corridore per corse a tappe. Koen Pelgrim che lo allena sembra ottimista circa la sua tenuta.

«Non mi aspettavo di trovarmi così a tre tappe dalla fine – dice – ma lo speravo. Sapevamo che se Remco fosse arrivato nella forma migliore, avrebbe potuto competere con i primi cinque. Penso che ogni giorno sia stato importante e lui è sempre stato stabile fin dai primi giorni in Italia, poi sul Galibier, gli sterrati e la crono. Non c’è stata una tappa in particolare: sta crescendo passo dopo passo. Sapevamo dalla Vuelta vinta che se avesse fatto un buon Tour, allora nell’ultima settimana avrebbe potuto recuperare il terreno perso e questo sta accadendo. Le due corse non sono paragonabili, troppe differenze di temperature, alture, distanze. Ma la sua costanza resta interessante da osservare, in una corsa che non ha avuto un solo giorno privo di agonismo. Stiamo traendo le indicazioni su cui ragionare e poi lavorare».

Koen Pelgrim con Van Wilder al suo arrivo al pullman: il racconto della tappa e delle sensazioni
Koen Pelgrim con Van Wilder al suo arrivo al pullman: il racconto della tappa e delle sensazioni

Due anni da colmare

All’arrivo di ogni corridore al pullman, Koen si ferma a parlare e ne chiede i feedback immediati. Landa è stanco, ma sembra stare bene. Van Wilder ha fastidio a un ginocchio. Moscon, arrivato per primo, sta alla grande. Forse nel valutare questa corsa, si dovrebbe considerare che Evenepoel ha due anni meno di Pogacar e quattro meno di Vingegaard.

«Il fatto di migliorare – spiega l’allenatore – è legato al crescere. Non penso che il cambio di ritmo sia il vero punto debole, soprattutto osservando le tappe qui. Il divario da Pogacar è dovuto al fatto che Tadej al momento è un corridore migliore, soffre di meno e quindi ha più margine per l’accelerazione. In più è un corridore esplosivo per natura. Quindi, se ha ancora molta riserva, la sua accelerazione è davvero impressionante. Penso sia solo un fatto di maturare e far crescere il motore. E se ci riusciamo, anche le accelerazioni saranno più facili da gestire. Forse domani sarà la chiave del suo Tour, con la Bonette così lunga il grande caldo. Guai però sottavalutare il giorno successivo. La tappa è più corta, il dislivello è maggiore. E poi c’è la crono. Sono tre giorni, ma saranno lunghissimi…».

Carapaz, il sogno è nel cassetto. Ma l’applauso è per Vingegaard

17.07.2024
6 min
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SUPERDEVOLUY (Francia) – E’ un sogno che si realizza, ma Carapaz è troppo stanco per mettersi a saltare. Il sole a piombo disegna ombre profonde sul suo volto sfinito, solo i denti bianchi brillano più degli occhialoni specchiati. Il venezuelano ha vinto la sua prima tappa al Tour, dopo essere stato il primo ecuadoregno a indossarne la maglia gialla. E forse per averci parlato del tutto casualmente stamattina prima del via, capiamo che in quella voglia di arrivare e vincere c’è anche altro.

La bici dorata da campione olimpico ha fatto ottimamente la sua parte, quasi alla fine di un viaggio durato un anno meno di tutti gli altri, dato che Il Covid s’è mangiato un anno e da Tokyo è passato appena un triennio.

«Ci riprovo – le sue parole alla partenza – penso che manchi una settimana molto dura. Spero che la classifica si sia assestata, così arriveranno anche le fughe di giornata. La verità è che sto bene, sto ritrovando buone sensazioni. Spero di continuare questa crescita e di riuscire a trovare qualcosa qui al Tour. Ormai mi sono fatto una ragione del fatto che non mi porteranno alle Olimpiadi, è un problema che ho già affrontato. Penso di avere davanti ancora una bella stagione. La Vuelta e persino il campionato del mondo, che sarà una bella conclusione della stagione».

Una vittoria per sempre

Meno di cinque ore dopo, la sua missione si è compiuta e a giudicare da come la racconta, potrebbe non essere ancora del tutto completa. La linea di arrivo è un ribollire di massaggiatori, perché il caldo si è fatto sentire e i corridori arrivano stremati. Le ultime due salite piene di gente hanno offerto uno scenario pazzesco e persino educato, per quello che si è potuto vedere dal nostro punto di osservazione.

«Questa vittoria significa tutto! Ho cercato di ottenerla dall’inizio del Tour – racconta – quello era l’obiettivo. Sono riuscito a ottenere questo risultato che ricorderò per sempre, ho sfruttato al meglio il momento. Conoscevo bene la salita finale avendola studiata con il mio direttore sportivo. Avevo vinto tappe al Giro e alla Vuelta, ma il Tour de France è la corsa con tutti i migliori corridori del mondo. Ogni squadra arriva con il suo miglior assetto e la squadra migliore. Il Tour è la gara più bella. Sono felice anche per tutte le persone che mi seguono, sono orgoglioso di essere qui e rappresentare tutta l’America nel miglior modo possibile».

Pogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco prosegue
Pogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco prosegue

L’istinto stupido

Mentre davanti la fuga dei 48 si andava scremando e da dietro prima Simon Yates e Poi Carapaz rientravano sui primi e li saltavano, nel gruppo della maglia gialla quel diavoletto di Pogacar si è accorto che Vingegaard non avesse esattamente una bella cera. E così, prendendo bene la rincorsa sul Col du Noyer, ha attaccato e l’ha messo sulle ginocchia. Il senno di poi dirà che non è servito a molto, dato che i distacchi sul traguardo sono stati contenuti.

«E’ stata una giornata molto bella – dice Pogacar nella zona mista – c’è stata una partenza veloce, come se nei primi 125 chilometri fossimo in una gara juniores. Forse per questo prima dell’ultima salita c’è stata un po’ di fatica e ne ho approfittato. Non so se tanto attaccare faccia parte del mio dna, potrebbe essere. Non so davvero perché ho provato. Ho seguito l’istinto, ma è stato un istinto stupido. Ho tolto due secondi a Jonas e ne sono felice. Invece Remco è stato bravissimo. Ha fatto un ottimo attacco nel finale. La Visma ha lavorato molto bene come squadra. Se Jonas non avesse più uomini davanti, penso che io e Remco potremmo mettergli più pressione e il risultato sarebbe stato diverso».

Evenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresce
Evenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresce

Remco cresce

Vedere Vingegaard in difficoltà ha dato infatti morale a Evenepoel. Il belga ha prima risposto a Pogacar. Assieme a Vingegaard e a Laporte lo hanno raggiunto in discesa. E quando poi si sono ritrovati sugli ultimi chilometri verso Superdevoluy, la maglia bianca ha attaccato in prima persona. Vingegaard ci ha provato, ma quando alla fine gli è andato via anche Pogacar, ha capito che le stagioni non sono tutte uguali. Alla fine Evenepoel ha guadagnato 10 secondi su Pogacar, che ne ha guadagnati due su Vingegaard. Non è tanto per il margine in sé, ma quello che significa alla vigilia di altre tre giornate sulle montagne.

«Mi sentivo ancora bene – dice Evenepoel – e avevo ancora Jan Hirt davanti. A un certo punto mi hanno gridato all’orecchio che avrei potuto attaccare se il ritmo fosse sceso ai piedi dell’ultima salita. E’ quello che ho fatto. Forse avrei dovuto essere più aggressivo, ma per me è tutto nuovo. Non oso ancora dare il massimo su un arrivo in salita di quattro chilometri. Jan è stato fortissimo, mi ha lasciato all’ultimo chilometro come gli avevo chiesto. Poi io ho fatto un altro chilometro a tutta. Alla fine la differenza con Pogacar e Vingegaard è di pochi secondi. Ma con gli uomini dietro di me in classifica oggi è stata di oltre due minuti. Mi aspettavo che Pogacar rispondesse, ma forse visto che ho 5 minuti di ritardo ha preferito far lavorare la Visma. Non so se ci riproverò, vorrei rispettare il nostro piano che prevede podio e una tappa. Forse ne vincerò un’altra, ma tutto ciò che di nuovo potrò sperimentare è un vantaggio. Perciò resto concentrato sul terzo posto e poi si vedrà. Jonas ha vinto due Tour, non credo sia semplice riprendergli due minuti».

Vingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il Tour
Vingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il Tour

Onore a Vingegaard

A questo punto forse si impone una riflessione. La presenza di Vingegaard al Tour è un miracolo. Visto l’incidente di aprile non avrebbe mai potuto recuperare il suo livello migliore. Ma siccome da più parti lo si ritiene una sorta di robot e la sua squadra capace di tirare fuori l’acqua dal sale, erano tutti convinti che sarebbe venuto e sarebbe stato tutto come al solito. Così non è. E se l’anno scorso si è accettato lo scafoide di Pogacar come causa nel ritardo di condizione, davanti a questo ragazzo danese tutto pelle, grinta, ossa e muscoli, bisogna solo togliersi il cappello.

«Alla partenza avevo immaginato una tappa conservativa – dice Vingegaard – ma a un certo punto ho visto che la Trek attaccava e ho pensato che sarebbe stato possibile che partisse Tadej. E in quell’istante lui ha attaccato. Ogni volta che qualcun altro rende la corsa difficile, allora devi aspettarti che se ne andrà. Poi Remco ha attaccato e Tadej si è messo alla mia ruota. Pensavo che l’avrei ripreso, ma avevo già chiesto tanto ai miei compagni di squadra, che oggi devo ringraziare molto. Laporte è stato davvero prezioso. Sulla mia condizione, cosa dire? Mi sento ancora come se stessi migliorando e oggi forse non è stato il mio giorno migliore. In un Grande Giro può capitare di avere una brutta giornata e se questa è la mia brutta giornata, allora sono felice».

Avrebbe potuto fregarsene e puntare tutto sulla Vuelta. E’ qui a rendere più grande la vittoria di Pogacar. Già solo per questo Jonas Vingegaard merita che gli si faccia un applauso.