Renato Favero, Soudal Quick-Step Development 2025

Favero: la scuola della Soudal e l’esame con la Biesse

26.11.2025
6 min
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Il periodo di riposo di Renato Favero ha tardato un po’ di più rispetto agli altri ad arrivare, infatti il corridore che dal 2026 sarà con la Biesse Carrera Premac di Marco Milesi e Dario Nicoletti ha corso i mondiali elite su pista in Cile. Solo una volta terminati i suoi impegni con il quartetto e l’inseguimento individuale ha potuto trovare la meritata pausa invernale. Una quindicina di giorni prima di riprendere la preparazione il 10 novembre. Prima in maniera leggermente più blanda con qualche sessione di palestra, della corsa a piedi, il tutto intervallato da qualche uscita in mtb

Renato Favero, Italia, mondiali pista 2025, Santiago del Cile, inseguimento individuale
Renato Favero, Italia, mondiali pista 2025, Santiago del Cile, inseguimento individuale
Renato Favero, Italia, mondiali pista 2025, Santiago del Cile, inseguimento individuale
Renato Favero, Italia, mondiali pista 2025, Santiago del Cile, inseguimento individuale

Già all’opera

Nel momento in cui lo chiamiamo Favero ha appena finito una sessione di rulli, è quasi sera ma la giornata lo ha portato a fare un check insieme al suo preparatore per capire se gli esercizi in palestra vengono fatti nella maniera corretta. 

«Un controllo che ha confermato che sto facendo tutto bene – dice Favero con un sorriso – però ci siamo presi il giusto tempo, quindi non ho avuto modo di uscire in bici, così ho recuperato con una sessione di rulli. Adesso sono ufficialmente entrato nel vivo della preparazione. Non ho ancora avuto modo di conoscere personalmente i nuovi compagni e lo staff, ma dovrei farlo a dicembre ai primi test. Oppure ci sarà il tempo di farlo a gennaio con il ritiro a Denia, in Spagna. Negli anni al devo team della Soudal Quick-Step andavamo ad Altea, lì vicino. Cambia il nome della cittadina ma non quello delle salite e delle strade che faremo (sia Denia che Altea si trovano nella Comunità Autonoma Valenciana, ndr)». 

Favero (al centro) insieme a Giami e Grimod (rispettivamente a destra e sinistra) ha vinto il titolo iridato nell’inseguimento individuale da juniores (foto Uci)
Favero (al centro) è da anni nel giro della pista azzurra e da juniores ha vinto il titolo iridato nell’inseguimento individuale (foto Uci)
Che off-season è stata quella dopo il mondiale su pista in Cile?

Rilassante, sono andato in vacanza con i miei amici della pista: Etienne Grimod e Luca Giaimi. Praticamente tra mondiale e ferie abbiamo passato un mese abbondante insieme. Abbiamo un bellissimo rapporto e stare con loro è davvero piacevole. 

Dal mondiale sei tornato soddisfatto?

Speravo di fare qualcosa di meglio. Il quartetto è andato abbastanza bene alla fine, siamo arrivati a pochi decimi di secondo dal podio. Alla fine eravamo un quartetto pressoché giovane, quindi va bene così, anche perché le altre nazionali avevano un livello davvero alto. Mentre, nell’inseguimento individuale pensavo di andare molto più forte. Tuttavia dopo una stagione lunga e con le fatiche del quartetto non è stato semplice fare una buona prestazione. 

Renato Favero, Soudal Quick-Step Development 2025
Renato Favero è passato under 23 con la Soudal Quick-Step Development nel 2023
Renato Favero, Soudal Quick-Step Development 2025
Renato Favero è passato under 23 con la Soudal Quick-Step Development nel 2023
Possiamo dire che dal prossimo anno prenderai il posto di Grimod alla Biesse? Gli hai fatto qualche domanda?

Siamo sempre in contatto e in questi due anni ha sempre parlato bene della Biesse, quindi non gli ho fatto tante domande perché sapevo già tante cose. Quando ho scoperto che non avrei più continuato con la Soudal Quick-Step ho capito che all’estero sarebbe stato difficile trovare spazio. Nel momento in cui mi hanno detto dell’interessamento della Biesse Carrera ho accettato subito, credo siano la miglior continental italiana e così ho firmato con loro. 

Perché le strade tue e della Soudal si sono separate?

A inizio luglio mi hanno detto che non avrei proseguito il mio cammino in Belgio, sinceramente il perché non mi è mai stato detto. Penso si aspettassero qualcosa in più nella prima parte della stagione, periodo nel quale ho fatto più fatica. Avevo firmato un contratto di due anni con il devo team e al termine hanno deciso di non continuare.

Renato Favero, Soudall Quick-Step Development, Paris-Roubaix Espoirs (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Favero ha deciso di seguire la strada delle Classiche, qui alla Paris-Roubaix Espoirs nel 2024 (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Renato Favero, Soudall Quick-Step Development, Paris-Roubaix Espoirs (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Favero ha deciso di seguire la strada delle Classiche, qui alla Paris-Roubaix Espoirs nel 2024 (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Ti saresti aspettato qualcosa in più da te stesso?

Credo di aver imparato tanto nel mio periodo alla Soudal Quick-Step, anche se non proseguirò con loro ho accumulato un bagaglio di esperienze importanti. Mi hanno insegnato il loro modo di correre, la loro mentalità e io mi sono messo alla prova in un ambiente tanto diverso dal nostro. 

E’ stato difficile?

Devi essere forte mentalmente, perché si passa tanto tempo via da casa ed è difficile trovare qualcuno che parla la tua lingua. Rispetto alla Borgo Molino, dove ho corso da juniores, è tutto diverso e grande. Quando sono arrivato ho fatto dei test e mi hanno detto che avrei potuto scegliere se far parte del gruppo delle classiche o delle corse a tappe. Ho optato per le classiche anche visto il mio fisico (Favero è alto 192 centimetri, ndr). 

Molti ragazzi partono con in testa le Classiche, ma è difficile affermarsi, per te è stato così?

Correre in Belgio, o in generale al Nord è molto diverso dal farlo in Italia. Tra pavè, vento, muri e tutto il resto c’è molto da imparare e il salto è ampio. Inoltre il modo di correre in gruppo è totalmente differente, si attacca sempre e le corse escono dure e selettive, anche perché ogni dieci minuti qualcuno attacca. 

Questo è ciò che hai imparato?

Sì, soprattutto quest’anno e in particolare nella seconda metà di stagione. Mi sono messo tanto alla prova, lanciandomi in azioni e fughe fin da inizio gara. E proprio ad agosto ho trovato la mia prima vittoria in una gara nazionale. Per me è stata una conferma di quanto fatto. 

Renato Favero, campionato italiano under 23 a cronometro, 2025
Favero torna in Italia consapevole di avere ancora ampi margini di crescita, una disciplina su cui vuole lavorare è la cronometro
Renato Favero, campionato italiano under 23 a cronometro, 2025
Favero torna in Italia consapevole di avere ancora ampi margini di crescita, una disciplina su cui vuole lavorare è la cronometro
Marco Milesi ha detto che in Italia troverai percorsi diversi, credi possa essere comunque un passo importante per crescere ancora?

Le corse del calendario italiano sulla carta sono più toste, con salite lunghe e strappi importanti. Penso sia una cosa positiva per me e non mi spaventa, anzi mi stimola. Tornare in Italia dopo due stagioni in un devo team mi dà la carica, voglio dimostrare di essere tornato più forte di prima. Ci sono ancora tanti margini, uno di questi è la cronometro. Non avevo mai corso una gara contro il tempo e al campionato italiano under 23 ho colto un bel quarto posto. Quindi sono fiducioso di quanto posso fare nella prossima stagione.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già

06.11.2025
4 min
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Iniziano a girare in rete le prime immagini e video spoiler (anche noi di bici.PRO abbiamo pubblicato qualcosa in merito) relativi ad un nuovo sistema pedale sviluppato da SRM.

Siamo certi che il nuovo pedale, o sistema, è stato fornito fornito ad alcuni atleti per avere i primi feedback di utilizzo reale e di messa alla frusta. Non abbiamo notizie di chi potrebbe usare i pedali SRM su strada, ma in pista è il danese Oskar Winkler (compagno della nostra Francesca Selva) a fare da tester. E proprio a lui abbiamo chiesto di raccontarci i primi feedback e sensazioni.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Oskar Winkler durante la London3 (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Oskar Winkler durante la London3 (foto Selva)
Quando hai iniziato ad usare i pedali SRM?

Mi hanno fornito i pedali circa due mesi fa. Da quel momento ho cercato di combinare il più possibile l’attività in pista e quella su strada, usando lo stesso pedale per entrambe le attività.

Cosa ci puoi raccontare dei nuovi pedali?

Hanno un corpo tutto in alluminio. La base di appoggio è molto ampia, la più larga che visto fino ad oggi e la sezione relativa all’aggancio e leggermente spostata verso il retro, paragonandola ai sistemi conosciuti oggi. La tacchetta è differente, ha due fori, uno anteriore e uno posteriore ed è sottilissima nella sezione centrale. Per avvitare le tacchette alle scarpe è stato necessario adattare la stessa suola.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Si nota il corpo allungato verso il retro (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Si nota il corpo allungato verso il retro (foto Selva)
Nulla a che vedere con il sistema SpeedPlay?

Assolutamente no. Come dicevo i fori della tacchetta sono due in totale, davanti e dietro. In questo caso è possibile montarli su una scarpa con i tre fori standard, ai quali però è necessario aggiungerne un quarto. Noi lo abbiamo fatto in modo un po’ artigianale, ma prendendo dei riferimenti corretti per lavorare nel modo giusto.

In sostanza avete forato la suola con i tre fori tradizionali?

Esatto. Direi che SRM starà lavorando anche per sviluppare suole dedicate in modo specifico.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Grande differenza tra una tacchetta Shimano e quella SRM (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Grande differenza tra una tacchetta Shimano e quella SRM (foto Selva)
Prima di SRM che sistema pedali usavi?

Pedali con piattaforma Shimano, combinando le tacchette blu e rosse. Con le tacchette SRM attuali ho una libertà angolare di 1,2°.

Passando a SRM sei stato obbligato a rifare la posizione in sella?

Mi sono abbassato di 1 centimetro e ho dovuto abbassare anche lo stem togliendo 1 centimetro agli spessori. Ho lasciato invariato l’arretramento sella.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Nuovo pedale (nero), rispetto al modello precedente che era rosso (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Nuovo pedale (nero), rispetto al modello precedente che era rosso (foto Selva)
Hai cambiato la lunghezza delle pedivelle?

No, uso le 165 in pista e su strada già da tempo.

In merito alle sensazioni?

Una maggiore connessione al pedale, più forza nella pedalata ed anche un maggiore sfruttamento della parte centrale del pedale. La stessa sensazione di essere super centrato è riferita a tutto il gesto di rotazione della pedalata, pienezza nella spinta e zero spazi vuoti. Non in ultima una sensazione di una rigidità più elevata rispetto al passato.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
La bici usata da Winkler durante la London3. Ci sono i nuovi pedali SRM (foto Winkler)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
La bici usata da Winkler durante la London3. Ci sono i nuovi pedali SRM (foto Winkler)
Sei riuscito ad avvalorare le tue sensazioni con dati ed analisi?

Non ancora, o diciamo solo in parte. Ho notato che riesco ad essere più veloce con i medesimi watt erogati e riesco a sfruttare un migliore coefficiente aerodinamico, fattore legato anche all’abbassamento di sella e manubrio.

Campionati europei 2014, Guadalupe, Elia Viviani, Marco Villa

Villa e Viviani, 15 anni di successi riassunti in 8 minuti

02.11.2025
8 min
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Villa e Viviani hanno reinventato la pista italiana a partire dal 2010 e l’hanno portata sul tetto del mondo. E oggi che il veronese ha appeso la bici al chiodo e il tecnico è stato spostato alla strada, si potrebbe pensare che il ciclo si sia concluso. Invece la loro eredità è viva più che mai. Villa è passato alla strada, ma pochi giorni fa ha guidato le ragazze all’oro del quartetto. E Viviani, che si sta godendo le vacanze in Colombia, sembra lanciato verso un ruolo di primo piano in nazionale. 

Chi meglio di Villa può dunque raccontare che cosa abbia significato Viviani per la pista azzurra? Per questo lo abbiamo… sequestrato per quasi un’ora fra racconti e aneddoti, che successivamente abbiamo dovuto asciugare per non tenere anche voi così a lungo davanti allo schermo (in apertura i due sono in Guadalupe per gli europei del 2014).

Quando è stata la prima volta che hai scoperto l’esistenza di Elia Viviani?

Correvo ancora e ricordo il nome di questo ragazzino che correva e vinceva facilmente nella sua categoria. Mi pare che ci siamo anche incrociati in una gara a Aigle, lui portato lassù da Chemello, il tecnico regionale, che me lo presentò. Dopo me lo sono ritrovato quando ero collaboratore di Colinelli e ho cominciato a conoscerlo. Aveva già le idee precise e la predisposizione a programmare, a mettere tutto in fila: appuntamenti, progetti, ambizioni.

Le Olimpiadi di Londra 2012 furono davvero un’avventura come la racconta lui?

Era un progetto in atto, Elia stava inseguendo la qualifica e l’aveva ottenuta. A Londra avevamo un box piccolissimo e i nostri orari di allenamento. Per cui facevamo la nostra parte e poi ci fermavamo a guardare come era organizzata l’Inghilterra, che aveva un box più grande, in cui David Brailsford comandava e dominava, dopo gli anni dell’Australia. E noi eravamo lì a guardarli tutti con un po’ di invidia, ma anche con la voglia di crescere. Sembravano irraggiungibili, qualcosa di inimitabile.

Campionati europei Apeldoorn 2011, Elia Viviani, Marco Villa
E’ il 2011, primo anno di Villa cittì della pista: eccolo con Viviani agli europei di Apeldoorn
Campionati europei Apeldoorn 2011, Elia Viviani, Marco Villa
E’ il 2011, primo anno di Villa cittì della pista: eccolo con Viviani agli europei di Apeldoorn
La pista azzurra era messa così male?

In quel momento arrivavano più i risultati nel femminile, che aveva un budget più alto. Io col maschile facevo fatica a chiedere soldi, perché non facevamo risultati. Per fortuna sono arrivati i primi sponsor. Pinarello ci ha fatto le bici aerodinamiche sull’onda del Record dell’Ora di Wiggins, che non avremmo mai potuto comprare. Avevamo Viviani, Bertazzo, Scartezzini, Consonni, ai tempi c’era Buttazzoni. Un gruppo di ragazzi promettenti, che avevano delle doti. Però andavamo alle Coppe del mondo ed eravamo indietro con tutto, anche nella metodologia.

Era tutto da costruire?

Sono partito copiando gli altri, nessuno mi ha spiegato come dovessimo fare. Passavo più tempo in pista che in hotel, perché dopo l’allenamento mi fermavo a guardare gli altri, che tipo di lavori facessero. Giravo nei box a studiare i materiali, facevo le foto col telefonino per capire qualche aspetto tecnico da chiedere ai nostri partner.

A Londra 2012, Viviani ha 23 anni: corre su strada ed è sesto nell’omnium in pista
A Londra 2012, Viviani ha 23 anni: corre su strada ed è sesto nell’omnium in pista
Qual è stato il ruolo di Viviani in questa fase?

Abbiamo iniziato assieme. Io facevo le mie cose e lui mi dava i suoi feedback. Veniva in pista anche se doveva allenarsi e correre su strada e per questo è stato un esempio. Gli altri lo vedevano fare quel che gli chiedevo e poi vincere su strada e si sentivano più sicuri nel rispondere alle convocazioni e chiedere di andare in Coppa del mondo. C’erano squadre che dicevano di no e loro rispondevano che se lo faceva Viviani e poi vinceva su strada, probabilmente avrebbe fatto bene anche a loro. In questo Elia è stato preziosissimo.

Nella Liquigas in cui correva, il team manager era Amadio che ora ricopre lo stesso ruolo in nazionale…

Alla pista credeva più Amadio dei suoi direttori sportivi. Una volta mi ritrovai in un pranzo organizzato da Lombardi con Paolo Zani, che era il proprietario della squadra. Per i primi dieci minuti, mi mise al muro: «Quindi cosa volete voi della Federazione? Sapete che Viviani lo paghiamo noi?». Allora cominciai a dirgli che il giovedì era venuto in pista e poi la domenica aveva vinto su strada. «Non voglio il merito – gli dissi – però non mi dica che gli ha fatto male. E nel frattempo ha fatto secondo al mondiale nello scratch». Alla fine sono riuscito ad ammorbidire anche una persona di grande temperamento come Zani. Ma devo dire che senza i risultati di Elia, nessuno avrebbe capito che la cosa poteva funzionare.

Coppa Bernocchi 2014, Elia Viviani, Filippo Pozzato
Viviani vince su pista e vince su strada: qui alla Bernocchi del 2014
Coppa Bernocchi 2014, Elia Viviani, Filippo Pozzato
Viviani vince su pista e vince su strada: qui alla Bernocchi del 2014
La multidisciplina che funziona…

Che ha reso grandi Van der Poel e Van Aert con il cross e ha reso Viviani il miglior corridore italiano su strada negli anni che preparava le Olimpiadi di Rio e in quelli subito dopo. Non è stato per caso, come non è un caso che Ganna sia uno dei migliori su strada e a crono. E non è un caso che Milan oggi sia uno dei migliori su strada e anche lui viene dalla pista.

Rio 2016 e arriva l’oro di Viviani nell’omnium.

Sapevamo che stava bene, però anche a Londra si era presentato primo all’ultima prova, anche se l’omnium aveva una disposizione diversa e l’ultima prova era il chilometro, che girò tutte le carte. E alla fine da primi che eravamo, ci ritrovammo sesti. Anche a Rio eravamo davanti nell’ultima prova, così quando Elia cadde, mi parve di rivivere la maledizione di Londra. Invece lui ha reagito subito, ha vinto un paio di volate e si è portato in testa. Alla penultima volata aveva la vittoria in tasca e ci siamo goduti gli ultimi dieci giri. Io gli dicevo di stare tranquillo, bastava che non cadesse. E lui mi guardava come per dire: sono in controllo e mi sto godendo gli ultimi giri.

Avete mai litigato?

Abbiamo sempre parlato apertamente, abbiamo sempre avuto le idee quasi uguali e l’idea di lavorare nella stessa direzione. Probabilmente ha sempre seguito quello che gli dicevo perché era in sintonia e si fidava. Litigato mai, solo ai mondiali di Londra prima di Rio, nell’ultima volata sembrò che Cavendish e Gaviria gli avessero fatto il biscotto. Scese di bici, sparì e non l’ho visto per tre ore. Per fortuna c’era Elena (Cecchini, sua moglie, ndr), che è stata per tutto il tempo con lui.

Che cosa era andato a fare?

E’ sparito, è andato giù nei box e poi quando l’ho rivisto mi ha detto. «Ma io a Rio che cosa ci vado a fare se non sono capace di vincere?». Gli risposi che a Rio ci sarebbe venuto e avrebbe corso per vincere. In quel momento una grossa mano la diede ancora Elena. Elia ha sempre avuto attorno le persone giuste, che ha voluto lui per primo. Elena, Lombardi, forse anche io. E vi assicuro che sa scegliere benissimo le persone di cui contornarsi.

Campionati del mondo pista 2016, Londra, Elia Viviani, Fernando Gaviria
Ai mondiali pista del 2016 a Londra, la rivalità tra viviani e Gaviria esplose fortissima
Campionati del mondo pista 2016, Londra, Elia Viviani, Fernando Gaviria
Ai mondiali pista del 2016 a Londra, la rivalità tra viviani e Gaviria esplose fortissima
Pensavi che sarebbe arrivato in Cile con la possibilità di vincere?

Se parliamo di eliminazione e lui ha la gamba, può vincere contro chiunque, perché ha acquisito una tecnica che pochi hanno. Mi sarebbe dispiaciuto se si fosse ritirato, come volevano che facesse quando non trovava la squadra. Invece Elia mi ha sempre detto che avrebbe smesso quando l’avesse deciso lui. E quando ha trovato la Lotto, sin da gennaio ha detto che avrebbe chiuso dopo i mondiali del Cile, provando a vincere un’ultima volta. E’ quello che ho ricordato l’altro giorno quando l’ho visto vincere: un anno fa mi ha detto così e alla fine ce l’ha fatta. Ha dimostrato di saper vincere ancora su strada e ha chiuso con una maglia iridata su pista.

A Tokyo venne l’oro del quartetto: quel è stato il ruolo di Viviani in quel caso?

E’ stato presentissimo e da campione olimpico ha cercato di portare il suo carisma. Di quel quartetto Elia era la riserva e quando capì che pensavo di farlo correre in finale, si è messo di traverso. «Marco – mi ha detto – se vuoi vincere l’oro, devi andare avanti con questi quattro. Non pensare minimamente di mettermi dentro perché mi sono allenato con loro, non mi interessa la medaglia. Mi piacerebbe partecipare, ma il quartetto che può vincere è quello che ci ha portato in finale e ha fatto il record del mondo. Battere la Danimarca sarà difficile, ma i quattro più forti sono loro». Aveva ragione e comunque dopo qualche giorno si è preso anche lui la medaglia di bronzo nell’omnium.

Olimpiadi di Rio 2016, quartetto azzurro in allenamento: Elia Viviani, Omar Bertazzo, Jonathan Milan, Filippo Ganna
A Tokyo 2021, Viviani è riserva del quartetto come Bertazzo: è Elia a chiedere a Villa di far correre i 4 che conquisteranno l’oro
Olimpiadi di Rio 2016, quartetto azzurro in allenamento: Elia Viviani, Omar Bertazzo, Jonathan Milan, Filippo Ganna
A Tokyo 2021, Viviani è riserva del quartetto come Bertazzo: è Elia a chiedere a Villa di far correre i 4 che conquisteranno l’oro
Abbiamo sintetizzato 15 anni di vita insieme in 8 minuti, sarà strano andare a Montichiari e non vedere più Elia Viviani?

Sono sicuro che qualunque incarico avrà, la telefonata me la farà sempre. Anche nel mio ruolo di tecnico della strada, ogni dieci giorni mi chiamava e mi chiedeva come fossi messo e se avessi avuto le risposte che aspettavo. Ci siamo confrontati e mi è sempre stato vicino. Vi confesso che in una tappa della Vuelta non riuscivo a parlare con un corridore e gli ho chiesto di andarci a scambiare due parole per capire come stesse. Mi ha dato una mano anche lì.

Non ci sono figli e figliastri, ma si può dire che Viviani sia stato l’azzurro con cui hai legato di più?

Non si tratta di avere preferenze. Anche perché se doveste chiedere a Ganna la stessa cosa, vi direbbe che anche lui con Elia si confida come se fosse un suo tecnico. E così gli altri. Gli hanno riconosciuto il ruolo che merita e che lui si è costruito negli anni con la sua coerenza, semplicemente essendo… Elia Viviani.

Elena Cecchini, Elia Viviani

Cecchini e Viviani: nuovi equilibri e vita un po’ diversa

19.10.2025
6 min
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Nemmeno il tempo di tornare dal Giro del Veneto che Elia Viviani ed Elena Cecchini hanno dovuto rifare le valigie per andare a Santiago del Cile. I mondiali su pista saranno l’ultimo appuntamento per Viviani, da lì la sua vita cambierà, così come quella di Elena Cecchini. Per l’atleta della SD Worx-Protime, fresca di rinnovo, il 2026 sarà l’ultimo anno in gruppo e il primo che dovrà preparare come unica ciclista di casa. Dopo dodici anni passati a condividere le fatiche della preparazione invernale e della stagione intera Elia ed Elena dovranno trovare un nuovo equilibrio

«Prima però – ci racconta la friulana – c’è tempo per l’ultimo viaggione della stagione. Domani (giovedì per chi legge, ndr) Elia ed io andremo a Santiago del Cile per i mondiali su pista. Mi farà piacere essere lì accanto ad Elia come supporto in quest’ultimo appuntamento della sua carriera, poi però non rientreremo in Italia. Ci fermeremo in Colombia perché ci sarà il matrimonio di Fernando Gaviria, oltre a essere un collega è un grande amico di Elia e ci teniamo a partecipare. 

Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Viviani ha concluso la sua carriera dopo 15 stagioni da professionista
Bredene Koksijde Classic 2025, Elia Viviani in curva
Viviani ha concluso la sua carriera dopo 15 stagioni da professionista
Che effetto fa a fare le valigie per l’ultima trasferta?

Devo dire che di solito sono una che si emoziona facilmente, però questa volta no. Prima di tutto perché vedo Elia molto sereno della scelta che ha fatto, e poi perché secondo me non ho ancora realizzato totalmente. E’ come se fosse un normale fine stagione. Sarà più strano a metà novembre quando ripartirò in bici e ci saranno dei giorni in cui Elia non uscirà con me, come ha fatto negli ultimi dodici anni. 

Al Giro del Veneto c’è stato un primo grande assaggio di fine carriera…

E’ stato bello, un momento molto speciale. Firmerei anche io per avere l’ultima corsa della mia carriera sulle strade di casa. Si è trattato di un momento speciale, sia per l’affetto ricevuto dai colleghi ma anche per il saluto della squadra. Gli hanno fatto una sorpresa con questa bici dalla livrea speciale. E’ bello vedere come sia stato un esempio e un riferimento anche alla Lotto, nonostante ci abbia trascorso pochi mesi. Vuol dire che Elia è riuscito a lasciare il segno, ed è bello vederlo perché a volte nell’arco di una carriera non si ha il tempo di fermarsi e vedere cosa ci si lascia alle spalle. 

Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Viviani ha corso la sua ultima corsa su strada al Giro del Veneto lo scorso 15 ottobre
Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Viviani ha corso la sua ultima corsa su strada al Giro del Veneto lo scorso 15 ottobre
Secondo te cos’è che ha lasciato Elia?

Non perché sia mio marito, però ha un palmares invidiabile. Nello sport si tende a ricordare quello che si è fatto nell’ultimo anno o gara, ma credo che Elia possa essere davvero felice della carriera che ha fatto: tre medaglie olimpiche, innumerevoli corse su strada, mondiali su pista, gli europei e il titolo italiano su strada. Però secondo me ha lasciato tanto soprattutto alla pista.

Certo.

Ci siamo fidanzati nel 2012 e mi ricordo benissimo le Olimpiadi di Londra dove era l’unico rappresentate della nazionale italiana su pista. Da lì poi si è creato un gruppo, in questi dodici anni, che è diventato uno dei più forti a livello mondiale. Sicuramente non è solamente merito di Elia, ma credo sia stata quella persona capace di far scattare la scintilla dalla quale è nato un fuoco vivo

Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Il team Lotto gli ha riservato una livrea speciale della sua Orbea
Elia Viviani, Giro del Veneto 2025
Il team Lotto gli ha riservato una livrea speciale della sua Orbea
E’ bello che finisca su pista…

Penso che sia la chiusura perfetta con il mondiale che, dopo le Olimpiadi è la gara più importante. Correrà anche alla Sei Giorni di Gent, che è la corsa più importante legata a quel circuito. 

Cambieranno un po’ gli equilibri e le cose nella dinamica di coppia, ci hai già pensato?

Sì. Devo dire che uno dei motivi, non il principale, che mi ha spinto a continuare è stato proprio questo. Il cambiamento è una cosa che mi destabilizza sempre un pochino, soprattutto inizialmente. Penso che continuare un altro anno mi possa e ci possa dare una mano nel sistemarci, così da trovare l’equilibrio per iniziare un nuovo capitolo insieme quando anch’io avrò smesso. Non fraintendetemi, la convivenza in casa non mi spaventa, anzi Elia ed io siamo due persone che amano godere della vita. Anche nei pochi giorni che riuscivamo a passare insieme durante la stagione ci piaceva fare cose normali.

Elia Viviani, pista, mondiali 2012
Viviani è stato il precursore della pista azzurra, qui nel 2012 ai mondiali di Melbourne
Elia Viviani, pista, mondiali 2012
Viviani è stato il precursore della pista azzurra, qui nel 2012 ai mondiali di Melbourne
Quali?

Andare al ristorante, oppure una sera facevamo allenamento per avere la mattina libera, svegliarci con calma e avere quei trenta minuti in più per fare colazione. Anche fare una telefonata ai nostri amici, o fare un giro in città, andare al cinema. 

Pensare di iniziare la stagione e di andare ai training camp con Elia a casa come sarà?

Mi sembrerà strano però d’altra parte quest’anno sono serena perché la decisione di smettere è arrivata da Elia stesso. Mentre l’inverno passato era in quel limbo in cui cercava squadra ma non trovava il contesto giusto. Lì l’ho vissuta malissimo, il fatto di andare a dicembre al training camp mi pesava, dicevo: «No, voglio stare a casa con te ed essere in queste settimane al tuo fianco». Quelle sono state settimane e mesi difficili.

In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell'eliminazione
In Cile si chiuderà la carriera di Elia Viviani che punta a un ultimo sigillo nell’eliminazione
Avrete modo di stare più tempo insieme…

Quando ho deciso di continuare sapevo che ci sarebbero stati i ritiri e le settimane via da casa. Spesso negli anni facevamo fatica a incrociarci perché quando io ero a correre lui era a casa e viceversa. Queste sono le cose, come vi avevo detto anche nell’altra intervista, che più mi pesano negli ultimi anni. Invece la prossima stagione sarà più semplice gestire queste dinamiche. Posso dire una cosa?

Certamente…

Ho sempre pensato che avrei smesso prima io, perché tra i due è Elia quello a cui piace andare in bici. E’ appassionato dell’allenamento, dello stare in sella. A me piace il resto: il gruppo, stare in squadra, condividere. Elia è l’atleta che ama svegliarsi al mattino, vestirsi e uscire. Quindi ho sempre pensato che mi sarei stancata prima io. Chiaramente ci sono anche altri fattori, non ultimo il fatto che nel ciclismo maschile si guarda tanto ai giovani, al contrario nel ciclismo femminile siamo nel momento in cui le squadre hanno bisogno della veterana o comunque di quella con più esperienza. 

Elia Viviani si godrà ancora qualche allenamento insieme a Elena Cecchini durante la preparazione invernale
Elia Viviani si godrà ancora qualche allenamento insieme a Elena Cecchini durante la preparazione invernale
Questa sua passione della bici, dell’allenamento, ti sarà anche un po’ di supporto in questo anno un po’ diverso?

Sicuramente. Alla fine Elia mi è sempre stato di supporto nella mia carriera. Spesso uscivamo insieme, poi ognuno faceva i suoi giri e i suoi allenamenti. Però lui mi è sempre stato di supporto quando avevo bisogno di un consiglio per la scelta dei materiali, piuttosto che quando ero ai training camp avevo bisogno che mi controllasse le misure della bici. L’altro giorno parlavamo e gli ho detto che deve tenersi in forma, lui ha già detto che mi farà compagnia negli allenamenti questo inverno

Adesso potrete condividere un allenamento per intero…

Vero. Adesso si potrà adattare a me, ad esempio io odio gli allenamenti con le volate, magari in quest’ultimo anno mi potrà stimolare a fare qualche sprint in più (ride, ndr).

Non resta che augurarvi buon viaggio e in bocca al lupo.

Crepi. Ora ci concentriamo sul mondiale pista e poi ci godremo il matrimonio di Gaviria e una meritata vacanza. Alla bici abbiamo detto che ci penseremo da metà novembre. Anzi, ci penserò, non è più un suo problema, l’avevo detto che devo ancora farci l’abitudine

Luca Giaimi

Che sia Gen Z o WorldTour, nel futuro di Giaimi c’è la UAE

18.10.2025
5 min
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Ha fatto le ultime corse della stagione con la squadra dei grandi e ora si appresta a disputare il mondiale su pista… sempre tra i grandi. Parliamo di Luca Giaimi, talento della UAE Emirates Gen Z. Lo raggiungiamo mentre è indaffarato a fare le valigie per il Cile, dove appunto si terranno i mondiali dal 21 al 26 ottobre. Pensate che, dopo la Parigi-Tours, è andato direttamente a Montichiari per continuare il lavoro su pista (in apertura foto Instagram – UAE Emirates).

Giaimi è un classe 2005. Il ligure quest’anno ha vinto due corse ad inizio stagione, è salito sul podio tricolore a cronometro, si è distinto agli europei su pista e su strada ha saputo farsi valere. Spesso ha corso in appoggio e la sua attività è stata concertata proprio in funzione del lavoro sul parquet, sotto la guida del suo coach Giacomo Notari.

Potenza e grande feeling con la velocità e la bici con posizione da crono per Giaimi
Potenza e grande feeling con la velocità e la bici con posizione da crono per Giaimi
Luca, vieni dalla Parigi-Tours e hai fatto questo finale di stagione con i grandi: te lo aspettavi?

Me lo aspettavo perché questo finale era stato stabilito fin da inizio stagione. Lo avevamo calendarizzato, dato che l’avevo fatto anche l’anno scorso… in parte. Si è aggiunto qualcosina nel finale, ma pressoché era quello previsto, con le due in Italia, Memorial Pantani e Trofeo Matteotti, poi le altre due in Belgio, la Wallonie e la Super 8 Classic. E infine le ultime due, appunto Binche e Parigi-Tours.

E com’è andata rispetto all’anno scorso?

Allora, dovessi essere sincero, le prime due in Italia sono state molto più dure rispetto all’anno scorso. Nel 2024 ho fatto tre corse: Giro della Toscana, Peccioli e Matteotti. Erano state gare più lineari: una partenza non tranquilla ma che si stabilizzava presto, con la fuga che andava via e poi tutte le squadre che si mettevano in fila per controllare. Quest’anno invece, sia al Pantani sia al Matteotti, le corse sono partite subito forti perché in entrambe c’era salita fin dai primi chilometri. E quindi c’è stata un’esplosione già nelle prime fasi. E la salita in avvio non mi agevola di certo. Ma se ho tenuto è perché stavo bene.

Quindi non hai potuto fare un reale confronto delle tue condizioni, tipo lo stare in gruppo o resistere alle accelerazioni?

A fare un paragone preciso tra le due stagioni non riuscirei, perché sono state diverse. Posso dire che quest’anno ero forse un po’ meno adatto come caratteristiche rispetto al tipo di corridore che sono ora. E con il lavoro su pista e le corse in Belgio nel finale ero forse un po’ meno preparato per le gare italiane.

Giaimi impegnato al Memorial Pantani… Fare queste corse è importantissimo per un classe 2005 come lui
Giaimi impegnato al Memorial Pantani… Fare queste corse è importantissimo per un classe 2005 come lui
Mentre in quelle in Belgio ti sei trovato meglio?

Sì, in Belgio mi sono trovato meglio, anche se pure lì le corse sono state più dure, soprattutto la Parigi-Tours. L’anno scorso avevamo pioggia, ma niente vento, e la corsa si era sviluppata in modo più lineare, con selezione solo nei tratti di sterrato tra i vigneti francesi. Quest’anno invece fin dalla partenza era previsto vento, infatti la gara è stata molto più veloce e stressante. Pronti via, c’era subito uno stradone dritto che portava fuori dalla cittadina da cui siamo partiti. E si è corso tutto il giorno con vento laterale.

Subito stress e ventagli insomma?

Sì, perché bisogna stare sempre davanti. Anche il finale è stato velocissimo: per dare un’idea, l’anno scorso abbiamo impiegato 5 ore e 20, quest’anno in 4 ore e 45 la corsa era già finita.

A livello invece di posizione in gruppo?

Sinceramente cambia poco. Anzi, correre nel WorldTour per noi under 23 è più semplice da questo punto di vista. Nonostante qualcuno dica che si percepisce più stress, rispetto a una corsa U23 o di categoria inferiore è spesso minore, o comunque più gestibile.

Il ligure ha lavorato sodo anche in altura con l’obiettivo preciso di preparare il finale di stagione, anche su pista (foto Instagram)
Il ligure ha lavorato sodo anche in altura con l’obiettivo preciso di preparare il finale di stagione, anche su pista (foto Instagram)
Però, Luca, indossavi una maglia importante come quella della UAE. Da quel che ci raccontano, in gruppo gli squadroni sono più “rispettati”…

Vero, ma al di là della maglia è anche una questione di rispetto generale. Nel gruppo WorldTour ci sono corridori di grande esperienza e caratura, che rischiano meno e hanno più consapevolezza. Nelle gare U23 o giovanili invece si tende a forzare di più, a prendere più rischi pur di ottenere un risultato, spesso senza badare troppo agli altri.

Iniziamo a guardare avanti. Il tuo contratto con la UAE Gen Z finisce: cosa farai?

Non c’è ancora nulla di delineato, sto aspettando una riunione con la squadra. Molto probabilmente la decisione definitiva sarà presa dopo i mondiali su pista, quando ci ritroveremo con la dirigenza per capire cosa sarà meglio per me nel 2026.

Da qualche indiscrezione abbiamo sentito che dovresti fare un altro anno alla Gen Z?

Potrebbe essere una scelta giusta, bisognerà vedere cosa si deciderà insieme alla squadra.

Ma l’idea è quella di restare in questo gruppo oppure se arrivano offerte valuterai anche di andare via?

No, sicuramente continuerò con la UAE Emirates a prescindere da un eventuale passaggio nel WorldTour. Sto bene in questo gruppo, mi trovo a mio agio.

Giaimi è una delle nostre speranze più concrete nell’inseguimento. Eccolo con Villa agli europei di Apeldoorn 2024
Giaimi è una delle nostre speranze più concrete nell’inseguimento. Eccolo con Villa agli europei di Apeldoorn 2024
Sei in partenza per questi mondiali su pista: come ci arrivi?

Dato che corro sempre in inseguimento individuale e a squadre, quasi certamente farò entrambe le prove. E come ci arrivo? Direi bene. Vengo da un bel periodo, con diverse corse su strada e un blocco di lavoro intenso in pista. Adesso spero di recuperare al meglio per arrivare alla prossima settimana, quando inizieranno le gare, al cento per cento.

Chiusura?

Ho visto tutta la nazionale molto motivata. Anche gli altri ragazzi che ho incontrato nei ritiri li ho trovati pronti. E con un tecnico come Salvoldi, che sa farsi sentire, è difficile non arrivare preparati! Speriamo sia un Mondiale utile per imparare, crescere e guardare al futuro. Io sono pronto a dare il massimo.

Maria Acuti è nata il 16 giugno 2008 e vive ad Ostiglia in provincia di Mantova. Corre per la Biesse-Carrera-Premac

Pista e crono in maglia azzurra. Gli 80 giorni della junior Acuti

07.10.2025
6 min
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Europei e mondiali in pista e ancora europei su strada. Da metà luglio ad inizio ottobre, Maria Acuti ha fatto il suo giro in ottanta giorni da un evento internazionale all’altro con la maglia azzurra. Finora per la junior della Biesse-Carrera-Premac è stato un primo anno nella categoria pieno di soddisfazioni.

La 17enne mantovana ha dimostrato di avere un grande feeling col “tic-tac”: quattro vittorie contro il tempo e la seconda posizione al campionato italiano a crono le hanno permesso di guadagnarsi le chiamate in pista nell’inseguimento individuale e su strada nella crono individuale e nel Mixed Relay.

Il suo diesse Andrea Manzini dice che Acuti è cresciuta tanto dall’inizio della stagione anche a livello non sportivo, integrandosi bene e riuscendo ad aprirsi con le compagne. Le convocazioni in nazionale sono state una logica conseguenza e pure un riconoscimento per la sua squadra ed i suoi tecnici, che sono convinti in un suo ulteriore step di crescita nel 2026. Ne abbiamo approfittato per conoscere meglio Maria al rientro dall’europeo in Drome-Ardèche e da oggi impegnata nei campionati italiani in pista a Noto.

Al campionato italiano a crono Acuti è arrivata seconda dietro De Laurentiis, sua compagna di nazionale (foto Ossola)
Al campionato italiano a crono, Acuti è arrivata seconda dietro De Laurentiis, sua compagna di nazionale (foto Ossola)
Al campionato italiano a crono Acuti è arrivata seconda dietro De Laurentiis, sua compagna di nazionale (foto Ossola)
Al campionato italiano a crono, Acuti è arrivata seconda dietro De Laurentiis, sua compagna di nazionale (foto Ossola)
Andiamo a ritroso. Com’è andata l’ultima esperienza con la nazionale?

Innanzitutto sono molto contenta per le chiamate sia in pista che su strada. Il gruppo azzurro vale tanto. Il cittì Villa mi aveva detto che mi avrebbe portata in Francia. La crono individuale non è stata semplice. C’era tanto vento, poi il percorso era vallonato con un arrivo al termine di una salita dove probabilmente ho pagato la maggior parte del mio ritardo. Ho chiuso al 14° posto, ma sono felice della mia prestazione e dei dati espressi. Nel Mixed Relay invece siamo state sfortunate…

Cosa è successo?

Noi ragazze siamo partite col quarto tempo fatto dai maschi. Abbiamo trovato subito un buon passo, tanto che al primo intermedio eravamo già risalite al secondo posto. Purtroppo poco dopo Linda nel darmi il cambio a tirare ha preso una folata di vento ed ha ruotato Matilde (rispettivamente Sanarini e Rossignoli, ndr). Linda si è fatta piuttosto male finendo all’ospedale, mentre Matilde aveva solo botte anche se le girava molto la testa.

A quel punto cosa avete fatto?

Innanzitutto eravamo piuttosto scosse, ma dall’ammiraglia mi hanno detto di continuare da sola e di finire la crono con calma o comunque senza rischiare. Ripensandoci col senno di poi, è andata bene perché Linda e Matilde sono cadute ad alta velocità e potevano farsi molto più male. Peccato davvero, perché eravamo in grande recupero e il podio era praticamente sicuro.

A luglio e agosto invece eri stata con la nazionale il pista. Com’è andata?

In entrambe le occasioni ho fatto l’inseguimento individuale. Agli europei di Anadia in qualifica ho ottenuto il quinto tempo e sono rimasta fuori dalle finali. In vista del mondiale ad Apeldoorn sapevo che avrei dovuto migliorare postura e scelta dei rapporti, tenendo conto che la pista olandese è un po’ meno scorrevole rispetto a quella portoghese.

Per Acuti finora 4 vittorie a crono sfruttando le sue doti da passista e il lavoro col suo preparatore (foto Ossola)
Per Acuti finora 4 vittorie a crono sfruttando le sue doti da passista e il lavoro col suo preparatore (foto Ossola)
Per Acuti finora 4 vittorie a crono sfruttando le sue doti da passista e il lavoro col suo preparatore (foto Ossola)
Per Acuti finora 4 vittorie a crono sfruttando le sue doti da passista e il lavoro col suo preparatore (foto Ossola)
Al mondiale è andata meglio, giusto?

Sì, decisamente. Ho fatto il quarto tempo e mi sono potuta giocare la finale per il bronzo. Purtroppo ho chiuso quarta, ma sono contenta proprio per essere cresciuta rispetto al mese prima all’europeo. Mi sento migliorata nella gestione dell’ansia pre-gara. Ora sono più tranquilla, credo più in me stessa e sono tornata dal mondiale con più consapevolezze.

Raccontaci chi è Maria Acuti nella vita di tutti i giorni.

Sono nata a Borgo Mantovano, ma abito ad Ostiglia dove frequento la quarta classe al liceo linguistico. Studio inglese, francese e spagnolo e la media dei voti è buona. Mi piacciono molto le lingue straniere e dopo la maturità vorrei continuare a studiarle all’università. Mi piacerebbe impararle bene, magari attraverso materie sportive. Vedremo più avanti che indirizzo prendere.

Invece com’è nata la passione ciclistica?

Ho iniziato a correre da G0 (o PG, la categoria promozionale dei giovanissimi, ndr) con la Mirandolese vedendo mio fratello che già gareggiava nei G4. Da giovanissima sono stata in un po’ di società attorno a casa mia, poi da esordiente sono stata alla Valcar fino alla chiusura. Il primo anno da allieva l’ho fatto alla Gioca in bici Oglio Po, il secondo col Sovico-Vangi. Ora sono alla Biesse-Carrera-Premac e rimango qui anche l’anno prossimo.

Te la aspettavi così la prima annata da junior?

Ho dovuto prendere le misure alla categoria, anche perché ho avuto un po’ di difficoltà in inverno. Da maggio lavoro con il preparatore Michele Dalla Piazza e mi sto trovando bene. I miglioramenti sono arrivati subito. A crono ho sfruttato le mie doti da passista ottenendo buonissimi risultati. Mi aspettavo di fare qualcosa di più su strada.

Su cosa lavorerai per l’anno prossimo?

Devo migliorare in salita e abbiamo già stilato un programma invernale. Questo mi potrebbe permettere di tenere meglio in più gare e magari poter sfruttare lo spunto veloce in gruppetti ristretti. Vorrei vincere qualche corsa su strada, non solo a crono.

E' stata una buona stagione, ma per il 2026 su strada Maria vorrebbe migliorare in salita (foto Ossola)
E’ stata una buona stagione, ma per il 2026 su strada Maria vorrebbe migliorare in salita (foto Ossola)
E' stata una buona stagione, ma per il 2026 su strada Maria vorrebbe migliorare in salita (foto Ossola)
E’ stata una buona stagione, ma per il 2026 su strada Maria vorrebbe migliorare in salita (foto Ossola)
La stagione sta volgendo al termine. Quali sono gli obiettivi a breve e lungo termine?

In questi giorni correrò i campionati italiani in pista sia nell’inseguimento individuale che a squadre. L’intenzione è di vincere entrambe le gare. Ci sarà poi il campionato italiano cronosquadre e l’obiettivo è salire sul podio. Per il 2026 vorrei fare bene al Piccolo Binda, riconfermare la convocazione ad europei e mondiali in pista, dove dovrei entrare anche nel quartetto. Ed infine provare a guadagnarmi ancora una maglia azzurra ad europei o mondiali su strada sia per le crono che per le prove in linea.

Elisa Bianchi, una stagione di tante prime volte tra BFT e pista

11.09.2025
6 min
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Con la vittoria della generale del Giro della Lunigiana Donne di una settimana fa, la stagione su strada di Elisa Bianchi si è già chiusa, mentre sta per entrare in quella del ciclocross. La junior della BFT Burzoni ha vissuto in maniera intensa la prima stagione nella categoria (in apertura foto Ossola), raccogliendo tanti piazzamenti e scoprendo anche la pista con paio di medaglie internazionali.

Col quartetto azzurro a luglio è arrivato l’argento europeo in Portogallo, poi ad agosto quello mondiale in Olanda ed entrambe le volte sempre dietro ad una inarrivabile Gran Bretagna, ma per Bianchi questo 2025 doveva proiettarla in una dimensione diversa, più “corale”. Per la 17enne bresciana di Lograto, che nelle categorie inferiori aveva quasi sempre corso da sola, era il debutto pure in una squadra, intesa come gruppo di compagne e staff. Ad inizio anno infatti Stefano Solari, team manager della BFT Burzoni, ci aveva detto che l’ingaggio di Bianchi era da considerarsi una scommessa. La personalità non manca ad Elisa e allora cerchiamo di capire con lei se questa scommessa è considerarsi vinta.

Elisa a maggio ha conquistato la sua prima vittoria all’autodromo di Monza. Era la prima volta che correva in un team (foto Ossola)
Elisa a maggio ha conquistato la sua prima vittoria all’autodromo di Monza. Era la prima volta che correva in un team (foto Ossola)
Facciamo un bilancio sulla tua annata. E’ stata in linea alle tue aspettative?

Sono molto contenta di come è andata la stagione, è stata bellissima. Non pensavo di fare già risultati in pista visto che ho iniziato quest’anno. Anche se forse avrei voluto ottenere qualcosa di più, devo dire che pure su strada è andata bene con tanti piazzamenti e due vittorie (la prima conquistata all’autodromo di Monza a fine maggio, ndr). Ora inizierò a prepararmi per il ciclocross, seppur sia stata convocata dalla Lombardia per i campionati italiani in pista (in programma a Noto dal 7 al 9 ottobre, ndr).

Vorresti continuare a fare doppia attività tra strada e ciclocross anche nel futuro?

Quest’anno deciderò in base ai risultati, però non nascondo che sto già riflettendo su come far conciliare tutto, compresa la pista. La mia idea iniziale sarebbe stata quella di fare ancora questa stagione di ciclocross e poi concentrarmi essenzialmente sulla strada. Tuttavia non ci penso perché sono molto stimolata. Innanzitutto correrò per una nuova squadra (la Alè Colnago, che verrà presentata la settimana prossima, ndr) e contestualmente vorrei guadagnarmi una maglia azzurra per europei e mondiali che l’anno scorso non ero riuscita a ottenere.

Tornando alla pista, che impatto è stato?

Mi sono divertita tantissimo e ho cancellato un vecchio ricordo. Al primo anno da allieva avevo fatto un solo allenamento in pista e non era andato bene, anche perché arrivavo dalla Mtb. Invece stavolta è stato tutto bello e mi sono appassionata, tanto da volerla curare con più metodo. Mi è piaciuta l’atmosfera e sotto questo aspetto devo ringraziare tantissimo Diego Bragato, che mi ha dato subito tanta fiducia, e tutto lo staff. Per ora ho fatto solo il quartetto, ma lui dice che potrei iniziare a lavorare sulla madison. Vedremo, ho voglia di imparare.

Questa stagione in pratica sei stata in due formazioni, club e nazionale in pista. Come sono andate queste esperienze?

Per concludere il discorso pista, ho visto la forza di un gruppo. Tante ragazze avversarie durante l’anno che si uniscono con la maglia azzurra e si supportano a vicenda, grazie ai consigli dei tecnici. Con la BFT Burzoni è stata la stessa cosa, nonostante all’inizio sia stato un grande cambiamento per me perché arrivavo in una squadra molto organizzata sotto ogni punto di vista. Ho sempre corso da sola e un po’ di timore ce lo avevo. Col passare del tempo e delle gare mi sono trovata bene con le compagne, con i diesse Krizia e Vittorio (rispettivamente Corradetti e Affaticati, ndr) e il resto della squadra. E’ stata una stagione in cui ho imparato tanto.

Cosa in particolare?

In squadra ho avuto quel senso di famiglia che non avevo e che non conoscevo. Ad esempio ho imparato a gestire la pressione e spartire l’ansia della gara con le mie compagne. Mi è servito confrontarmi con loro sotto questo punto di vista e di conseguenza interagire con le compagne è diventato più semplice.

La stagione di Bianchi su strada è finita. Correrà i tricolori in pista poi si concentrerà sul ciclocross (foto SWpix.com)
La stagione di Bianchi su strada è finita. Correrà i tricolori in pista poi si concentrerà sul ciclocross (foto SWpix.com)
E in corsa invece Elisa Bianchi cosa ha tratto?

Ho imparato le tattiche di gara e capire in prima persona quanto sia importante la squadra ai fini di un risultato. Sento di essere cresciuta tanto, anche grazie al sacrificio di rinunciare ad un piazzamento per aiutare una compagna. Il Lunigiana è stato un esempio di tutto questo. Ho aiutato le compagne a vincere le due tappe ed io sono riuscita a conquistare la generale.

Ti sei posta qualche obiettivo per il 2026?

Nessuno in particolare. Vorrei fare una bella stagione in generale, anche ripetere questa con qualche vittoria in più. Ecco, magari vorrei provare ad avere un po’ più libertà d’azione per capire meglio che tipo di corridore sono. Anche la prossima sarà una stagione di altri insegnamenti per il futuro.

EDITORIALE / Da Apeldoorn la ricetta perché tutto riparta

25.08.2025
6 min
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La trasferta iridata di Apeldoorn è stata un trionfo azzurro. Lo scorso anno il bilancio parlò di tre ori e un bronzo. Quest’anno la spedizione è tornata a casa con 6 ori, 3 argenti e 4 bronzi: 13 medaglie, che hanno collocato l’Italia al primo posto del medagliere.

Matilde Cenci nel chilometro da fermo e nel keirin (foto UCI in apertura). Trevisan, ancora Matilde Cenci, Campana e Fiscarelli nel team sprint. Colombo, Cornacchini, Magagnotti, Matteoli e Federico Saccani nell’inseguimento a squadre. Ancora Magagnotti nell’inseguimento individuale, Chantal Pegolo nell’eliminazione. Questi gli ori di Apeldoorn, seguiti dagli argenti di Jacopo Vendramin nell’eliminazione, di Julian Bortolami e Riccardo Colombo nella madison, di Linda Sanarini, Matilde Rossignoli, Elisa Bianchi, Alessia Orsi ed Erja Giulia Bianchi nell’inseguimento a squadre. Infine i bronzi, con Vendramin nell’omnium e nello scratch, Matilde Cenci nello sprint e Magagnotti nel chilometro.

«Oltre ai doverosi complimenti ad atleti e società – ha commentato il presidente FCI Dagnoni – ci tengo a ringraziare tutti i tecnici e lo staff della Nazionale, che da tempo lavora in perfetta sinergia, permettendo ogni anno di raggiungere obiettivi sempre maggiori. Credo che la continuità tecnica sia uno dei segreti. Abbiamo impostato il lavoro quattro anni fa credendo in questi tecnici e da allora non ci sono stati cambiamenti sostanziali. Questo ha permesso a ognuno di lavorare con tranquillità. L’armonia che regna nelle nostre Nazionali consente agli atleti di esprimersi al meglio e di crescere tecnicamente».

WorldTour e devo team

Tempo fa scrivemmo in un Editoriale che la WorldTour italiana esiste ed è il gruppo della pista. Marco Villa era ancora al comando e la sua programmazione, che prosegue oggi in continuità, ha permesso negli anni di arrivare a titoli olimpici e mondiali fra le donne e fra gli uomini. Una struttura nata nella precedente gestione federale e che, opportunamente potenziata, lavora nella continuità cui fa riferimento il presidente Dagnoni.

L’inserimento di Dino Salvoldi alla guida degli juniores e ora della pista maschile è stato un’intuizione geniale di cui va riconosciuto il merito. Il potenziamento del team performance e il coinvolgimento sempre maggiore di Diego Bragato nella gestione degli atleti si sta rivelando un’altra mossa vincente. Ne consegue che se il gruppo degli elite è la WorldTour, le nazionali U23 e juniores sono il degno devo team, che lavora in modo coerente con i metodi del vertice. I risultati di Anadia e ora di Apeldoorn ne sono la testimonianza.

E qui il discorso si sposta al resto del ciclismo italiano, che fa fatica ed è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia quella fatica andrebbe forse riletta alla luce di altre consapevolezze per le quali il ruolo federale potrebbe non essere così impattante. Proviamo a spiegarci, tornando al periodo del Covid da cui tutto è cominciato. Prima era diverso, magari già avviato lungo una china da non sottovalutare, ma diverso. Scusate il paragone in apparenza contorto: se avrete la pazienza di seguirci, magari alla fine ci troveremo d’accordo.

Fra Covid e programmazione

Quando la pandemia travolse tutto e tutti e ci si accorse che la bicicletta era il solo modo per sfuggire al lockdown, fu evidente che alcuni negozi fossero pieni di pezzi da vendere, mentre altri erano a secco. Erano i più piccoli, quelli che andavano avanti con le regole di una volta e non erano stati in grado – per incapacità o mancanza di cultura specifica – di attuare la programmazione degli ordini che la crisi aveva reso indispensabile. Negli anni quei piccoli negozi hanno chiuso e sono rimasti in piedi le strutture più grandi.

Nelle squadre è accaduto o sta ancora accadendo la stessa cosa. Il ciclismo giovanile, che per decenni è andato avanti con il volontariato, si è trovato davanti a strutture più organizzate, che dall’estero hanno mostrato una superiore capacità di organizzazione e pianificazione. Squadre nate con budget superiori oppure capaci di attrarre risorse grazie a strutture nuove e senza troppi vincoli con il passato. In una vita precedente, qualcuno raccomandò di tenere lontani i manager dalle squadre, senza capire che così facendo si stava condannando il ciclismo italiano all’estinzione.

Chi ha capito è riuscito ad attuare una conversione, infilandosi nel binario che porta verso il futuro. L’esempio del Cycling Team Friuli e a breve della Biesse-Carrera (in procinto di entrare nell’orbita Cofidis, sia pure non come devo team) ne sono un valido esempio. Chi ha deciso di resistere sulla vecchia strada purtroppo ha dovuto rassegnarsi alla chiusura. L’esempio della Zalf Fior è una ferita ancora dolorosa.

Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)
Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)

Il ruolo della Federazione

La Federazione in tutto questo ha un ruolo? Probabilmente non avrebbe potuto scongiurare il tracollo di quel mondo. Semmai una responsabilità superiore ce l’ha probabilmente chi in precedenza si è accontentato di gestire senza programmare, gettando il seme sulla sabbia o in mezzo ai rovi. Se oggi qualcosa si può fare è prendere in mano il movimento, dargli una forma e guidare il futuro, nella stessa direzione adottata con le nazionali. Non può essere la Federazione ad attrarre i budget per le società, ma può esigere che chi guida il ciclismo di base sia davvero qualificato. Bene il volontariato, a patto che non diventi l’alibi per restare fermi. La Federazione può e deve vigilare sulla corretta gestione dei ragazzi più giovani. Coinvolgendo persone innamorate e competenti come Mario Chiesa, per fare un esempio, che proprio qui ha di recente denunciato le esagerazioni che non portano a niente.

Ecco, se qualcosa ci sentiamo di chiedere alla Federazione del presidente Dagnoni, prima di stringergli la mano per i risultati ottenuti ad Apeldoorn e Anadia, è di uscire dalla logica dei voti nel cui nome si accetta di non crescere. Di modificare lo statuto e dare voce a chi avrebbe davvero le competenze per far ripartire il nostro ciclismo. Di impegnarsi sul territorio e nelle scuole, per raccontare la potenza educativa, ecologica e sociale di questo sport. Solo qualificando chi opera nel ciclismo si può sperare che lo sport torni appetibile. E che il meccanismo virtuoso si rimetta in moto.

Le ruote Pista di Campagnolo, pronte per gareggiare

29.07.2025
3 min
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Campagnolo ha da poco presentato Pista, la nuova versione delle sue ruote per l’attività in velodromo. Ma non si tratta di un semplice rinnovamento. Fino ad oggi infatti il modello Pista era pensato solo per l’allenamento. Da ora invece si tratta di un vero e proprio modello da competizione, con prestazioni di altissima gamma grazie al profilo da 65 mm in carbonio unidirezionale, raggi lamellari e cuscinetti ceramici. In più sono disponibili sia per tubolari che per tubeless, per la massima versatilità.

Il modello Pista fa il grande salto, da prodotto di seconda scelta ad uno pensato per le competizioni più importanti
Il modello Pista fa il grande salto, da prodotto di seconda scelta ad uno pensato per le competizioni più importanti

Un tutt’uno di rigidità

Come appena accennato, la nuova Pista ha fatto il salto di qualità passando da un modello training ad uno capace di affrontare gare di alto livello. Una delle sue particolarità è che è molto maneggevole e versatile. Quindi, fanno sapere dall’azienda, è particolarmente indicata per discipline tattiche come per esempio il keirin.  

Questo perché Pista è stata progettata per fare in modo che una volta lanciata i diversi componenti come mozzo, raggi e cerchio diventino un tutt’uno, offrendo la massima rigidità possibile. Anche il materiale utilizzato per il cerchio da 65 mm punta dritto in questa direzione. Questo grazie all’utilizzo della fibra di carbonio unidirezionale, la più rigida e performante.

Le Pista sono pensate per essere più economiche e versatili delle Ghibli, che invece puntano sulla massima aerodinamica
Le Pista sono pensate per essere più economiche e versatili delle Ghibli, che invece puntano sulla massima aerodinamica

Raggi lamellari e cuscinetti ceramici

Una ruota da pista – soprattutto se si chiama Pista – deve avere anche un’ottima aerodinamicità. Per questo i raggi sono lamellari da 2 mm di sezione (20 nella ruota anteriore e 24 nella posteriore), e con i nippli nascosti all’interno del cerchio, per limitare al massimo le turbolenze. Anche la scorrevolezza è stata curata nei dettagli, con l’introduzione dei cuscinetti ceramici Cult (Ceramic Ultimate Level Technology).

Più nel dettaglio sono realizzati in nitruro di silicio, un materiale che assicura il minimo attrito possibile tra quelli disponibili sul mercato. Da Campagnolo fanno sapere che nei test di laboratorio questi cuscinetti hanno il 40% in meno di coefficiente di attrito rispetto ai cuscinetti standard (al punto da riuscire a ruotare cinque volte e mezzo più a lungo). 

Le nuove ruote Pista hanno un profilo da 65 mm e sono disponibili sia per tubolari che tubeless
Le nuove ruote Pista hanno un profilo da 65 mm e sono disponibili sia per tubolari che tubeless

Una ruota, molte versioni

Abbiamo detto all’inizio della versatilità delle Pista. Sono state progettate in 4 diverse versioni per adattarsi alle diverse specialità del mondo indoor. Sono infatti proposte sia nella classica versione per tubolare che in quella chiamata 2-Way per tubeless.

Inoltre entrambe queste due versioni  adottano due diverse configurazioni di mozzi. Con mozzo anteriore da 100 mm di larghezza e posteriore da 120, oppure il moderno standard con un mozzo anteriore di 65mm e da 100mm. La versione per tubolare pesa 1692 grammi la coppia ed è proposta al prezzo di 2510 euro, mentre quella 2-Way Fit ferma la bilancia a 1763 grammi la coppia al prezzo di 2710 euro.

Campagnolo