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Thibau porta il decimo Koppenberg in casa Nys

01.11.2023
6 min
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Il fango e il Koppenberg da affrontare subito dopo la partenza hanno fatto la differenza nella gara più iconica del cross fiammingo, alle porte di Oudenaarde. E’ scivolato Thibau Nys ed è stato costretto a mettere il piede a terra. E’ scivolato Michael Vanthourenhout e ha perso venti posizioni. E’ rimasto chiuso anche Lars van der Haar  e lo stesso Iserbyt si è trovato a inseguire. Poi però è iniziata la rimonta.

Il 2023 di Thibau Nys lo ha visto vincere in Coppa del mondo a Waterloo e arrivare 7° a Maasmechelen
Il 2023 di Thibau Nys lo ha visto vincere in Coppa del mondo a Waterloo e arrivare 7° a Maasmechelen

Un muro di fango

All’inizio del secondo dei cinque giri, Nys si era già scrollato di dosso Ronhaar e Loockx. Vanthourenhout ha portato a termine il suo inseguimento insieme a Iserbyt e si è avvicinato a Ronhaar, circa 10 secondi dietro Nys. E quando sembrava tutto incanalato nella giusta direzione, Iserbyt ha commesso l’errore che gli è costato il cross più prestigioso delle Fiandre.

Nys sembrava avere la situazione sotto controllo, pur essendo scivolato a sua volta in una curva molto tecnica. E quando all’inizio del terzo giro Iserbyt lo ha ripreso, è stato proprio l’entusiasmo a tradirlo.

Il corridore della Pauwels Sauzen-Bingoal ha voluto affrontare in bici un tratto di salita. Tuttavia il passaggio era così ripido, che il piccolo scalatore è stato costretto a fermarsi e la sua bicicletta è rotolata indietro di alcuni metri. Corsa chiusa (in apertura il podio, foto Belga/Het Nieuwsblad).

Koppenberg di famiglia

Nys ha ripreso vantaggio e centrato la sua vittoria più bella. Van der Haar gli ha guardato le spalle e Iserbyt ha dovuto accontentarsi del terzo posto a 13 secondi. Sul traguardo Nys ha mostrato le dieci dita: nove come le vittorie di suo padre Sven sul Koppenberg, una per la sua prima.

«Avrei potuto anche dare a Lars la vittoria oggi – ha detto Thibau Nys – ma certo preferisco vincere da solo. Se però la vittoria resta all’interno della squadra, è un bene anche per me. Ad esempio, domenica scorsa dopo la gara di Maasmechelen, ero felice per la vittoria di Lars. Si vede che abbiamo creato un ottimo gruppo».

Sven Nys guida la Baloise-Trek Lions in cui corre suo figlio Thibau (foto Belga/Het Nieuwsblad)
Sven Nys guida la Baloise-Trek Lions in cui corre suo figlio Thibau (foto Belga/Het Nieuwsblad)

Spirito di squadra

Almeno nella corsa del Koppenberg si è avuta infatti la sensazione che gli equilibri in gruppo siano cambiati. Se fino a poco tempo fa i corridori di Nys si lamentavano per la superiorità numerica degli atleti della Pauwels Sauzen-Bingoal, questa volta le parti si sono invertite. Ed è stato il controllo fra Iserbyt e Van der Haar a spianare la strada per Nys. La spiegazione l’ha offerta l’orgoglioso Sven davanti alla vittoria di suo figlio.

«Abbiamo molto più controllo rispetto agli ultimi anni – ha detto il grande belga a Het Nieuwsblad – e la ragione deriva dall’ultima estate. Abbiamo lavorato bene, ma la cosa più importante è che i ragazzi vogliono che la vittoria resti in squadra. Lo vedi anche durante la gara. Stanno molto bene insieme e questo non è un punto da allenare: c’è o non c’è. Ma so che un giorno le cose non funzioneranno e allora vedremo come la gestiranno».

Finora Iserbyt ha vinto due prove di Supeprestige, è arrivato secondo a Maasmechelen e terzo sul Koppenberg
Finora Iserbyt ha vinto due prove di Supeprestige, è arrivato secondo a Maasmechelen e terzo sul Koppenberg

I dubbi di Iserbyt

Anche Iserbyt si è accorto che la musica sta cambiando, anche se il suo atteggiamento di fronte alla supremazia dei corridori della Baloise-Trek Lions è tutto fuorché una tregua.

«Lars e Thibau sono stati molto forti – ha riconosciuto il fiammingo – per noi è importante rimanere forti e continuare a crescere durante la stagione. Ci hanno dato la sveglia. Ci manca un terzo corridore? Non proprio. Se Michael e io corriamo bene, abbiamo le stesse possibilità degli altri. In passato, abbiamo gestito la corsa soltanto in due. Ma lo ammetto: sul Koppenberg ci hanno dominato. Credo che se Lars Van der Haar si fosse davvero impegnato e non avesse dovuto fare gioco di squadra, avrebbe tenuto il passo di Thibau».

Sul Koppenberg, Van Empel ha centrato la sesta vittoria consecutiva (foto Belga/Het Nieuwsblad)
Sul Koppenberg, Van Empel ha centrato la sesta vittoria consecutiva (foto Belga/Het Nieuwsblad)

Van Empel fa sei

Fra le donne, nelle ultime corse si è registrata la supremazia di Fem van Empel e le cose non sono andate diversamente nel Koppenbergcross, anche visto il campo partenti ridotto. Oltre a Puck Pieterse e Shirin van Anrooij, mancava anche Ceylin del Carmen Alvarado.

A causa delle forti piogge degli ultimi giorni, il percorso è parso subito estremamente difficile e ci sono voluti due minuti prima che Van Empel riuscisse a stacare Denise Betsema e Annemarie Worst.

Nel terzo e ultimo giro, l’atleta della Jumbo-Visma ha potuto gestire il suo sforzo e ha tagliato il traguardo con la bici al cielo per celebrare la sesta vittoria consecutiva.

«E’ stato davvero difficile – ha commentato – metti tanta potenza nei pedali e non vai avanti. La ruota posteriore slitta continuamente, quindi è importante cercare i bordi erbosi, che però sono insidiosi. Sono stata contenta che fossero solo tre giri, altrimenti sarebbe stata dura».

Van Empel aveva vinto anche a Maasmechelen in Coppa: non ha avversarie?
Van Empel aveva vinto anche a Maasmechelen in Coppa: non ha avversarie?

Direzione Pont Chateaux

Adesso bussano alla porta i campionati europei del prossimo fine settimana a Pontchateaux. E se fra le donne appare difficile che il titolo sfugga a Van Empel, fra gli uomini gli equilibri sono più indefiniti.

«In che misura – ha commentato la giovane olandese – questa condizione continuerà in vista degli Europei di sabato prossimo? Adesso è importante che mi riprenda bene. Un campionato è sempre qualcosa di diverso, ma davvero non vedo l’ora che arrivi».

«Vincerà il più forte del gruppo – dice Thibau Nys – e se Eli Iserbyt domenica sarà più  forte, allora gli cederò la maglia. A lui, come a Laurens Sweeck o Michael Vanthourenhout. Anche se ovviamente preferirei vincere io stesso».

Trentin, la corsa perfetta e le mosse stupide

03.04.2023
5 min
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«Quando il gruppo si divide e torna indietro – ha sorriso Trentin – si divide e torna indietro, si divide e torna indietro… Ovviamente capisci che sarà una giornata molto dura!».

Matteo ci ha raggiunto allo spazio delle interviste quasi svuotato di giornalisti. Ieri la macchina organizzativa del Fiandre non è stata impeccabile: gli unici a mostrare tratti di efficienza infallibile sono stati gli steward, che in fiammingo stretto, impedivano alla stampa di arrivare alla zona di arrivo. Perciò si è fatto tutti un grande esercizio di pazienza, aspettando che i corridori arrivassero da noi.

Il trentino è entrato nella fuga che, con più di tre minuti, a un tratto ha anche preoccupato i favoriti, Van der Poel su tutti. C’erano corridori forti. Oltre al nostro, Pedersen, Van Hooydonck. Powless, Vermeersch, Wright, Narvaez e il vincitore 2021 Asgreen davano al tentativo una consistenza interessante. E anche se era scritto che sulla testa della corsa sarebbero rientrati “quei tre” e davanti non hanno mai collaborato alla morte, a un certo punto il susseguirsi delle cadute e la Jumbo-Visma non troppo in forma al pari del suo leader, hanno dato ossigeno al tentativo.

Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Matteo, qual era il piano?

Il piano era di avere almeno un uomo davanti quando lui (Pogacar, ndr) fosse arrivato con i favoriti, in questo caso Van der Poel e Van Aert. In realtà è andata così, più o meno. E quando è arrivato, il mio compito è stato tirare sul Qwaremont, per far soffrire tutti gli altri prima che lui lanciasse il suo attacco e ha funzionato abbastanza bene anche questo. Direi una corsa perfetta.

Eri tu quello preposto a entrare nella prima fuga?

Io o Wellens. Poi sul Molenberg ho visto che il gruppo era già spezzettato e valeva la pena andare. Abbiamo guadagnato addirittura molto più di quello che pensavamo. A un certo punto sembrava addirittura che dietro nessuno volesse tirare, ma alla fine abbiamo messo la Alpecin e la Jumbo nella condizione di dover inseguire.

Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Stando così le cose, non avete mai pensato di andare all’arrivo?

C’era collaborazione il giusto, non troppo almeno. Tutti quanti erano veramente a tutta. Se pensate che io ho tirato un chilometro e mezzo o due prima di entrare sul Qwaremont, è partito lui con Van der Poel e poi alla fine sono rientrato davanti e ho scollinato veramente per un pelo sul Paterberg. Mi è mancato un soffio e ho dovuto farmi addirittura 12 chilometri da solo, che bello…

Sapevi dalla radio che Pogacar stava arrivando?

No, ho tolto la radio perché stavo soffrendo a sufficienza. Ero stufo di sentire gente che parlava. E’ stata veramente una corsa tosta. Penso che di tutti i Fiandre che ho fatto, è stato il più duro e forse anche per questo ne sono uscito molto bene. Perché comunque a un certo punto si è smesso di limare. Vedevi che la gente non aveva le gambe per continuare a tener duro, tener duro, tener duro.

E alla fine Tadej ha vinto nel modo che aveva indicato alla vigilia: arrivando da solo.

Pensavamo tutti che potesse riuscirci. Però è ovvio che dovessimo preparare la gara in maniera perfetta e lo abbiamo fatto. E’ stato un peccato aver perso Tim Wellens nella prima caduta, però penso che abbiamo fatto una bella gara.

Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Che cosa hai visto di quella caduta?

Noi eravamo davanti quando è successo. Sono stato davvero vicino alla caduta e neppure sapevo che fosse stata causata da quel corridore che è saltato sulla strada. E’ impossibile transennare tutto il percorso, ma dobbiamo essere noi in grado di evitare alcune mosse stupide. Perché entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che… ammazzare 25 corridori. 

Perché questi gesti stupidi?

Andiamo sempre più veloci. Ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante e ti dimentichi che a volte è necessario frenare.

A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
Le stesse parole con cui ieri Sagan ha descritto le dinamiche del gruppo.

Sono cose che si continuano a dire. Purtroppo siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Anche la scelta di determinati approcci andrebbe ripensata, sapendo che si va così, perché tutti vanno forte. Poi dall’altra parte, come ho detto prima, a volte tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te.

E’ stato uno dei Fiandre in cui sei andato più forte?

Sono arrivato decimo, il miglior piazzamento su undici volte che l’ho fatto. Penso sia quello dove sono andato più forte in assoluto. Sono giovane (ride, ndr), quindi dai… Quasi quasi potrei puntare nei prossimi anni a diventare un corridore da classiche!

Van der Poel si inchina a sua maestà Tadej

03.04.2023
4 min
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Con Van der Poel parliamo prima che vada al podio. Il suo addetto stampa Nico Dick lo ha accompagnato nella zona mista e l’olandese non sembra neanche di pessimo umore. Ha corso in modo splendido, con qualche sbavatura che nulla toglie al suo gigantismo atletico. Peccato che lungo la strada abbia trovato in Pogacar un gigante più grande di lui. Prima si è trattenuto a scambiare due parole con Tom Dumoulin e Philippe Gilbert: il primo in visita, il secondo appena sceso dalla moto di Eurosport. Se si può quantificare la delusione, di certo il secondo posto del 2021 dietro Asgreen fu peggiore.

«Siamo andati tutti a fondo nella fatica – dice – e per certi versi è stato piacevole, perché in realtà avevo gambe piuttosto buone. Solo che quando Pogacar attacca, semplicemente non va bene seguirlo. Puoi conviverci, puoi gestire, allora forse puoi farci qualcosa. E’ spiacevole finire di nuovo secondo, ma d’altra parte sono orgoglioso. Penso che sia stata la mia migliore prestazione al Fiandre di tutte le edizioni che ho corso, anche se non mi è bastato per vincere». 

Energie sprecate

Eppure il suo Fiandre è stato per metà un lungo rincorrere. Mathieu infatti si è fatto sorprendere nelle retrovie quando a 230 chilometri dall’arrivo il gruppo si è rotto ed è toccato alla sua squadra riportarlo davanti, con un sacrificio di uomini poi venuti meno nel finale.

«Questo è il prezzo che si paga – ammette – se nei chilometri iniziali ti piace pedalare nelle retrovie. I miei compagni di squadra hanno dovuto salvarmi, tanto che io non ho sparato una sola cartuccia perché mi hanno sempre tenuto ben al riparo dal vento. Ma è stata completamente colpa mia, dovrò chiedere scusa a tutti loro. Però non credo di aver perso lì il Fiandre. Non mi sono staccato sul Qwaremont perché ho perso energie all’inseguimento. Non sarebbe servito neppure avere un compagno accanto. Quando Tadej se ne è andato, non c’era nessuno che potesse usare i suoi compagni di squadra. Nel finale ognuno ha dovuto pensare per sé».

Non ha mai avuto tanti watt come nel finale, racconta Van der Poel, ma non ha avvicinato Pogacar
Non ha mai avuto tanti watt come nel finale, racconta Van der Poel, ma non ha avvicinato Pogacar

Salto di catena

Una delle fasi che lo ha preoccupato, racconta, è la fuga in cui viaggiavano Trentin, Pedersen e Van Hooydonck. Non avere nessuno lì dentro per un po’ gli è parso l’errore più grossolano.

«Per un momento – dice Van der Poel – ho pensato che non li avremmo mai più rivisti. Quando invece abbiamo riguadagnato un minuto sul Qwaremont, ho capito che li avremmo presi. Devo dire che poi ci si è messa la sfortuna sul Taaienberg. Mi è caduta la catena, ma ho chiuso il buco abbastanza facilmente. Quello è stato il primo momento in cui ho iniziato a sentirmi davvero bene. Nelle prime due ore ho sofferto il freddo, ecco perché ho avuto difficoltà a rispondere al primo allungo di Tadej. Il mio attacco al Kruisberg invece era pianificato, perché è uno dei tratti più difficili del percorso. Ma è stato impossibile togliersi Tadej di ruota».

Un breve scambio di vedute con Dumoulin, commentando forse il finale di corsa
Un breve scambio di vedute con Dumoulin, commentando forse il finale di corsa

I migliori wattaggi

E da quella risposta sul Kruisberg, la corsa ha preso la piega voluta da Pogacar, che Van der Peol ha provato in tutti i modi a scongiurare.

«Ha vinto l’uomo più forte – spiega Van der Poel – perché non ho mai avuto wattaggi migliori nel tratto dal Paterberg fino al traguardo, eppure non sono riuscito ad avvicinarmi di un secondo. Al contrario, lo ripeto, questo forse è stato il miglior finale di Fiandre che abbia mai fatto. Ammettere di essere stato battuto da uno più forte rende più facile accettare il secondo posto. Sapevamo che fosse un corridore speciale, ma oggi lo ha dimostrato una volta di più. Spero di rifarmi alla Roubaix: quel giorno almeno, sono certo che Tadej non ci sarà»·

Vince Kopecky, ma la Longo rinasce… allo sprint

02.04.2023
5 min
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Mentre Lotte Kopecky festeggia una vittoria preparata nei dettagli, in un angolo Elisa Longo Borghini batte i denti per il freddo e si chiede come sia stato possibile arrivare terza, dopo tutto quello che ha passato per il Covid e per giunta in uno sprint di gruppo.

La gara delle donne si è conclusa all’imbrunire, per la scelta un po’ balorda (questa volta) degli organizzatori di farle partire alle 13 e arrivare ben oltre la gara degli uomini, quando il pubblico ha già cominciato a sfollare. Perché?

Kopecky come Pogacar

La belga del Team SD Worx è emersa da due riunioni tattiche nello stesso stile di quella di un’ora celebrata alla vigilia della Strade Bianche. Questa volta ne sono servite due: una ieri sera e una stamattina.

«Non mi aspettavo di vincere così – dice – ma non c’è un modo migliore per farlo. Prima io e seconda Demi Vollering: possiamo parlare di una giornata perfetta. I chilometri finali sono stati i più difficili, pieni di vento contrario. Non ero affatto fiduciosa quando ho attaccato e se devo dirvi come ho fatto a resistere… Non lo so!».

Gli uomini partono da Bruges, le donne da Oudenaarde, peccato per gli orari un po’ balordi
Gli uomini partono da Bruges, le donne da Oudenaarde, peccato per gli orari un po’ balordi

Si sprinta per la Longo

Elisa Longo Borghini al confronto ha meno certezze granitiche, se non quella di avere una tempra veramente tosta. Dopo dieci giorni a trascinarsi dentro casa con ogni possibile dolore fisico, il rientro alla Dwars door Vlaanderen aveva già lasciato intuire qualcosa, ma la prova di oggi è davvero sbalorditiva.

«Non me lo sarei mai aspettata – dice – e quando il gruppo si è spezzato in due, ho detto che avrei aiutato Shirin Van Anrooij (la vincitrice del Trofeo Binda, ndr). Ho fatto un grande sforzo con Lucinda Brand per cercare di riprendere la fuga e quando negli ultimi 10 chilometri mi hanno detto che puntavano su di me per lo sprint, quasi mi cade il mondo addosso. L’ho fatto per ricambiare la fiducia della squadra. Dovevo finire il lavoro nel miglior modo possibile».

Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Vollering e Kopecky
Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Vollering e Kopecky

Gli sprint con Mosca

La Longo di prima si sarebbe rassegnata al quarto posto, quella di adesso non si arrende e parla da campionessa, con una consapevolezza forse nuova. A tratti si commuove, come se avesse vinto. E a pensarci, in qualche modo si può davvero parlare di una vittoria.

«Si vede che tutti gli sprint al cartello che faccio con Jacopo – sorride – stanno dando i loro frutti. E’ davvero strano avere compagne di squadra che mi cercano per lo sprint, soprattutto perché abbiamo ragazze più veloci di me. Per questo voglio ringraziare tutti nel team per la fiducia, soprattutto sapendo che vengo da un periodo così strano. Si sono presi cura di me e per questo voglio ringraziare il mio direttore sportivo Ina Teutenberg e tutti quelli che lavorano nell’ombra, come i massaggiatori, i meccanici e anche l’addetto stampa (che è vicino a lei e sorride, ndr).

Mentalità vincente

La reazione più bella, Elisa ce l’ha parlando dell’inseguimento alle due ragazze della SD Worx che erano allo scoperto con Silvia Persico: gran bella prova anche la sua.

«E’ stato durissimo inseguirle – ammette – posso mostrarvi i miei dati per farvi vedere quanto è stato difficile. A un certo punto non devi pensare sempre a queste ragazze come a delle creature imbattibili, altrimenti perdi la gara. Ultimamente ho guardato molte gare in televisione e sembrava che ogni volta che erano loro in prima fila, il gruppo si arrendesse, come se non ci fosse possibilità. Invece noi siamo la Trek-Segafredo e dobbiamo fare la nostra gara. Facciamo la nostra gara, ci atteniamo al piano, proviamo a recuperare i primi e proviamo anche a vincere la gara.

«Detto questo, mi sono sentita davvero male tutto il giorno, non avrei mai pensato di poter fare un podio. Ho dato un altro grande shock al sistema, come è già successo nei giorni scorsi. Ma forse è il modo migliore per giocarsi le gare. La Roubaix? E’ un’altra corsa. Lo so che l’ho vinta, ma si corre sabato e questa volta inizierò a pensarci solo da venerdì…».

Pogacar è di parola: va via da solo e vince il Fiandre

02.04.2023
6 min
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La cosa peggiore è vedere avverarsi l’incubo che ti ha tolto il sonno per giorni. Van der Poel deve aver pensato questo quando per due volte consecutive ha visto Pogacar sferrare l’attacco sul Vecchio Qwaremont. E se nell’E3 Saxo Classic era riuscito a rintuzzarlo, questa volta la distanza si è fatta sentire e mentre lo sloveno prendeva il largo, l’olandese ha resistito alla tentazione di arrendersi, ma ugualmente ha dovuto chinare il capo.

Gli errori dello scorso anno sono dimenticati: doveva arrivare da solo e lo ha fatto
Gli errori dello scorso anno sono dimenticati: doveva arrivare da solo e lo ha fatto

Parola mantenuta

Pogacar ha fatto con grande naturalezza quello che aveva promesso. Il solo modo per vincere il Fiandre era arrivare da solo e così è stato. Il Qwaremont non è il Poggio, ma forse anche il Poggio dopo sei ore di saliscendi e la media pazzesca di oggi farebbe danni maggiori. E così, quando si è ritrovato da solo a spingere sull’undici in quegli interminabili 13 chilometri fino all’arrivo, Tadej ha smesso di pensare e ha finto di essere nella crono finale con cui al Tour del 2020 mise in croce Roglic. E Van der Poel ha subìto lo stesso destino, senza però andare a fondo del tutto.

«Non so se ho scritto la storia – sorride Pogacar con la solita disinvoltura – scrivo solo le mie gare e sono felice e grato di poter competere in tante corse diverse, come il Fiandre, il Tour de France, il Lombardia, la Liegi e anche la Sanremo. Oggi sono anche felice e orgoglioso di tutto il team. C’è stato un grande sforzo da parte di tutti e penso che abbiamo meritato la vittoria».

Qual è stato il segreto per vincere?

La prima cosa che ha fatto la differenza è stato avere le migliori gambe della gara. Sapevo di dover arrivare da solo al traguardo e questo in partenza era estremamente difficile. Ma sono stato fortunato ad avere una buona giornata, che penso mi godrò a lungo.

Hai fatto quello che avevi annunciato: quanto è stato difficile?

E’ stata una gara davvero dura dall’inizio alla fine. Con la squadra abbiamo giocato molto bene le nostre carte ed è riuscito tutto alla perfezione. Devo dire un enorme grazie a tutti. Sfortunatamente Wellens è caduto e si è rotto la clavicola, ma penso che alla fine sarebbe stato lì anche lui per aiutarmi. Tutti hanno fatto un lavoro perfetto a partire da Trentin e prima anche Bjerg, che mi ha lanciato in modo fantastico quando abbiamo deciso di fare la gara al primo passaggio sul Qwaremont.

Pogacar si è detto sereno perché Trentin nella fuga dava garanzie
Pogacar si è detto sereno perché Trentin nella fuga dava garanzie
Hai vinto il Lombardia e la Liegi, il Fiandre si può considerare una gara speciale?

Lo è sicuramente, probabilmente fra le corse di un giorno è la migliore gara al mondo. L’atmosfera sulle salite è incredibile, il percorso è davvero interessante e tutti i migliori avversari sono qui. E’ davvero una gara incredibile.

Due settimane fa, Van der Poel ti ha staccato sul Poggio, che cosa è cambiato nel frattempo?

Oggi avevo la stessa forma della Sanremo, ma questa è una gara completamente diversa. La Sanremo è perfetta per Mathieu, che è stato assolutamente il più forte. Il Poggio è uno sforzo di 6 minuti e lui ha spiccato il volo, poi in discesa ha messo in campo le sue abilità che sono totalmente diverse dalle mie. Oggi invece la corsa era più adatta a me, perché è più impegnativa e con più dislivello. Van der Poel volava anche oggi, non è che le carte in tavola siano cambiate totalmente, il risultato invece sì (ride, ndr).

Perché non vuoi provare la Roubaix?

Perché è totalmente diversa. L’ho fatta da junior e non riesco a immaginare quanto sia difficile farla da professionista. E’ un dolore, su quei sassi c’è una sofferenza totalmente diversa da questa. Io sono uno scalatore e anche se al Tour ho fatto bene nella tappa del pavé, c’erano soltanto undici settori, senza la Foresta di Arenberg.

Dopo l’arrivo Van der Poel ha detto che i primi della corsa sono tutti speciali, ma tu lo sei stato di più, perché hai vinto come avevi detto di voler fare. E ha detto che sei il solo che possa vincere i cinque Monumenti.

Non so se posso rispondere a questa domanda. Vedremo in futuro. Ripeto che sono davvero felice di poter di correre in tutte queste gare e di competere ai massimi livelli e sono grato al team che mi supporta anche in questo. Sono super felice di poter fare il Fiandre e il Tour nello stesso anno.

Ti sei mai preoccupato per quella fuga così numerosa davanti?

No, perché avevamo dentro Matteo Trentin, in ottima forma come a Sanremo. In quel gruppo c’erano degli ottimi corridori. Non ho molta esperienza di questa corsa, non sapevo se li avremmo ripresi e un certo punto sembrava che avessero buone possibilità. Ma io ero senza stress, grazie a Matteo.

Firma le maglie e poi si avvia verso il pulmino che lo porterà in aeroporto, con quella freschezza che fa sembrare tutto così naturale. Fuori lo aspetta Urska, nella serata di Oudenaarde il rock e la birra hanno volume identico: altissimo. Usciamo dalla conferenza stampa che sono le 19. Non ci resta che scrivere…

Le Fiandre soffiano forte sul fuoco del ciclismo

10.12.2022
4 min
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Dopo i mondiali del 2021, il governo fiammingo ha deciso di imprimere un’altra accelerazione al ciclismo nella regione, puntando sul turismo attivo e le infrastrutture di cui ha bisogno. Così venerdì è stato dato via libera al finanziamento dell’hub ciclistico Cycling in Flanders, con 6 milioni di euro necessari per trasformare l’abbazia cistercense di Maagdendale a Oudenaarde nel tempio del ciclismo delle Fiandre.

Oudenaarde, Abbazia di Maagdendale: nascerà qui il centro cicloturistico delle Fiandre
Oudenaarde, Abbazia di Maagdendale: nascerà qui il centro cicloturistico delle Fiandre

L’appoggio del Fiandre

Quella che potrebbe apparire come una scelta slegata dal mondo delle corse, in realtà deriva dalla capacità di interpretare il ciclismo come un catalizzatore di occasioni. Anche Flanders Classics, uno dei principali organizzatori di corse in Belgio, tra cui il Giro delle Fiandre e i mondiali del 2021, applaude alla decisione e in qualche modo ha chiesto di avere un ruolo nell’iniziativa.

«Siamo molto orgogliosi di far parte questo progetto – ha detto l’amministratore delegato Tomas Van der Spiegel – che stabilirà un collegamento fra il patrimonio storico, il Giro delle Fiandre e l’ulteriore sviluppo del cicloturismo. Possiamo anche dire che fosse logico scegliere come base Oudenaarde, per cui in attesa degli sviluppi, siamo pronti per fare la nostra parte».

I mondiali di Leuven hanno fatto da cassa di risonanza alla grande passione fiamminga per il ciclismo
I mondiali di Leuven hanno fatto da cassa di risonanza alla grande passione fiamminga per il ciclismo

Hotspot cicloturistico

Con il periodo pandemico alle spalle, il governo ha ridato forza alle strategie previste per il periodo 2019-2024 dal piano di ripresa dell’avvocato Zuhal Demir, 42 anni, ministro fiammingo dell’ambiente e del turismo. Questo prevede appunto lo sviluppo dell’hub ciclistico Cycling in Flanders da realizzarsi nel cuore delle Ardenne fiamminghe, per rendere le Fiandre sempre più un hotspot ciclistico internazionale. La città di Oudenaarde, già sede di arrivo del Giro delle Fiandre e del suo museo, oltre che proprietaria dell’Abbazia di Maagdendale, affitterà l’edificio a Visit Flanders.

«Per questo tipo di sviluppo – ha detto il ministro Demir al belga Het Nieuwsblad – il governo sta mettendo a disposizione 6 milioni di euro. L’organizzazione no-profit Centrum Ronde van Vlaanderen sarà responsabile della realizzazione del centro ciclistico».

Il piano di rilancio del ministro Zuhal Demir prevede lo stanziamento di 6 milioni di euro per il cicloturismo
Il piano di rilancio del ministro Zuhal Demir prevede lo stanziamento di 6 milioni di euro per il cicloturismo

Vetrina per le aziende

Nel nuovo centro si organizzeranno svariate attività. Ci saranno un ristorante in vero stile e gusto fiammingo, un negozio e noleggio di biciclette con la sua officina. Ci saranno docce e uno spazio espositivo per mostre temporanee. Ma l’edificio ospiterà anche un business center con sale riunioni, spazi per uffici, spazi di co-working, aree per presentazioni di prodotti ed eventi. L’intenzione è che i partner attivi nel mondo del ciclismo possano avere una vetrina privilegiata nel centro che sorgerà.

«Il luogo – dice il ministro Demir – deve essere un catalizzatore, un polo di attrazione per i cicloturisti nazionali e stranieri e la vetrina di tutto ciò che a Oudenaarde e nelle Ardenne fiamminghe ha a che fare con la cultura del ciclismo».

L’Abbazia di Maagdendale si trova al centro di rotte cicloturistiche (foto Stad Oudenaarde)
L’Abbazia di Maagdendale si trova al centro di rotte cicloturistiche (foto Stad Oudenaarde)

Fra storia e futuro

Dopo aver passato al vaglio svariate altre soluzioni, la scelta è caduta sull’Abbazia di Maagdendale. I requisiti richiesti erano basati sulla superficie interna e quella esterna. Sono stati assegnati punti anche per il potenziale della struttura, le possibilità di espansione, l’orientamento e l’aspetto. 

«L’iconica abbazia di Maagdendale – ha spiegato ancora Demir – era di gran lunga superiore agli altri siti studiati. L’edificio storico è un vero punto di riferimento, con il suo carattere aperto, l’aspetto internazionale e la splendida posizione sull’alzaia lungo la Schelda (il canale che bagna Anversa, ndr)».

I sei milioni di euro saranno erogati nei prossimi cinque anni, con il 2026 come termine per il completamento della conversione edilizia, mentre il centro dovrà essere pronto entro il 2028

Primo novembre, la grande sfida del Koppenberg

01.11.2022
6 min
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E’ il primo novembre e alle 15,30 si corre in Belgio, nella zona di Oudenaarde, il Koppenbergcross: una delle classiche più importanti, relativamente giovane dato che il debutto è datato 1988, che si svolge intorno al muro più ostico del Fiandre. Il mitico Koppenberg, appunto. E’ l’apertura belga del cross, più o meno come l’Omloop Het Nieuwsblad inaugura la stagione delle classiche del pavé su strada. A seguirla nei panni di manager della Baloise-Trek ci sarà anche quest’anno Sven Nys, che quella gara l’ha vinta per 9 volte. E che ha raccontato alla stampa le sue sensazioni di tecnico e di padre alla vigilia della corsa. In gara ci sarà infatti anche suo figlio Thibau, fresco acquisto della Trek-Segafredo.

«Per me – racconta – è sempre stata una delle gare più importanti dell’anno. Dovevi scalare l’intero Koppenberg. Poi c’era la lunga discesa in cui dovevi resistere e si arrivava in pianura. Per vincere, l’attacco doveva essere tempestivo e dovevi anche essere tecnicamente il migliore in discesa. Quella era la cosa più spettacolare del Koppenberg. Ora è completamente diverso perché l’arrivo è in cima alla salita. Tatticamente è completamente diverso e mi dispiace. Penso che a tanti corridori e al pubblico piacesse il vecchio percorso, ma capisco che quel prato non si può più usare. Ora lo spettacolo è vedere i corridori in salita. E anche questo ha il suo fascino».

Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)
Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)

Arrivo in salita

Cambia il profilo del vincitore, secondo un orientamento che fa molto discutere nel cross europeo, che si sta spostando verso gare più veloci e meno tecniche, con meno ostacoli, avvicinando il profilo del crossista a quello del corridore su strada.

«Oggi per vincere – conferma – serve avere un grande motore. Questo è il primo requisito, ma devi anche essere tecnicamente bravo e saper pedalare sul pavé con la giusta pressione delle gomme. Non è così ovvio. Soprattutto se è piovuto, cosa che oggi non accadrà. La sfida quindi è tenere la maggior velocità possibile con la minor pressione delle gomme. Su quelle pietre spesso si ha la sensazione che il tubolare arrivi a battere sul cerchio e il limite è proprio quello di non forare, anche se una volta sono arrivato al traguardo con una gomma a terra e ho vinto lo stesso. Quando c’è fango, corri sempre con le gomme a bassa pressione per avere trazione e insieme abbastanza aderenza in curva e comfort. E’ un percorso super complicato. Devi mettere insieme esplosività, forza e resistenza».

Un certo Van Aert

Le ultime tre edizioni le ha vinte Iserbyt e prima di lui si segnala la tripletta di Van Aert (2014-2016). Lo score di Nys è impressionante, dato che sette delle sue nove vittorie le ha ottenute consecutivamente (2004-2010).

«Il Koppenberg per me – dice – era la prima classica dell’anno. Sapevano tutti dove avrei attaccato, cioè nell’ultima parte della salita. Quando poi questo ha smesso di essere un mistero e tutti se lo aspettavano, per me è cominciata la pressione, ma sono stato in grado di gestirla bene, soprattutto nell’ultima parte della mia carriera. E’ una sensazione fantastica essere fra i migliori in gara e poter decidere dove attaccare. Su quel percorso ho sfidato tutte le generazioni: da Groenendaal a Wellens, Stybar, Lars Boom e nel 2014 ho dovuto lottare anche con Van Aert, che mi ha battuto allo sprint.

«La prima volta che mi sono confrontato davvero con lui, ho subito avuto la sensazione che non fosse uno qualunque. In cima alla salita avevo attaccato come al solito, ma lui non si è staccato! Fu il primo a seguirmi lì e poi è arrivato lo sprint. Abbiamo svoltato sulla strada verso il traguardo e all’improvviso si è trovato in mezzo Jan Denuwelaere, che era doppiato. Non sono riuscito a sprintare, ma non avrei vinto lo stesso».

Test per Namur

Sull’importanza di Koppenberg per il resto della stagione, il discorso è molto semplice. Il pubblico del cross aspetta i suoi corridori da tutta l’estate. In base a quanto pubblico ci sarà sul muro, si capirà l’andamento della stagione. Anche se ormai i grossi calibri stanno alla larga e scenderanno in gara da dicembre. La sfida di Oudenaarde sarà anche un bel test in vista degli europei di Namur.

«Il Koppenberg sono pietre e un prato – conferma – Namur invece è piena di pietre. Quando il Koppenberg è bagnato, si affonda fino alle caviglie. Il resto dell’anno ci sono mucche su quel prato. A Namur anche se è bagnato, hai una superficie dura su cui sviluppare velocità. Ma la possibilità di forare è molto superiore. Quest’anno si aggiunge il problema del caldo, che non rende facile Koppenberg. Non è un percorso scorrevole, ma davvero un prato non curato. Quindi la bici oscilla da sinistra a destra. I corridori preferirebbero un prato più paludoso per avere una guida più stabile».

Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto
Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto

Il Koppenbergcross sarà trasmesso in diretta da Eurosport 1 con il commento di Ilenia Lazzaro e Fabio Panchetti, a partire dalle 13,40. Dopo le prove del mattino dedicate agli juniores e gli under 23, il programma prevede la gara delle donne elite alle 13,45 e quella degli uomini elite alle 15.

Gazzoli e una prima campagna del Nord così, così…

08.04.2022
4 min
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Tra i pochi italiani presenti in questa prima parte della campagna del Nord c’era anche Michele Gazzoli. Il bresciano era al debutto, almeno tra i professionisti. L’attesa e l’entusiasmo però non sono stati al pari di sfortuna e delusione.

Il corridore dell’Astana Qazaqstan infatti non aveva grandissime sensazioni e in seguito a delle analisi fatte proprio in Belgio ha scoperto di aver contratto un batterio, il mycoplasma. “Ovvero – come ha scritto lui stesso sulla sua pagina Instagram – il batterio della polmonite”. Al che Michele, fatto il Giro delle Fiandre, ha rimpacchettato le valigie e se ne è tornato a casa.

Lo abbiamo pizzicato insieme ai suoi compagni Leonardo Basso e Davide Martinelli, proprio nel dopo Fiandre.

Gazzoli al centro tra Davide Martinelli (a sinistra) e Leonardo Basso (a destra)
Gazzoli al centro tra Davide Martinelli (a sinistra) e Leonardo Basso (a destra)
Michele, prima esperienza al Nord: cosa ti porti dietro?

Sicuramente un bagaglio importante, anche perché qui sei all’università del ciclismo. Ho fatto tutte le corse ed ero qua per fare esperienza. Peccato per il batterio che ho preso. Però è solo il primo anno e siamo solo ad aprile. Ci sono tantissime gare davanti a me.

E in queste gare che hai fatto cosa hai capito? Ci può stare Michele Gazzoli coi grandi?

Sicuramente è un qualcosa di fattibile. Posso dire di sì, anche se comunque al 100% non sono mai stato e mi manca questo confronto stando nel pieno della forma. È molto diverso da come si disputa una corsa normale. Qui in Belgio ci vuole il coltello tra i denti, sempre…

Come è stato prendere il ritmo da “campagna del nord”? Corsa, due-tre giorni di riposo, corsa…

Bene dai… Forse così è meglio, che rispetto ad una corsa a tappe. Anche perché comunque sei qui tranquillo corri, riposi, corri, sei lontano da casa è vero, però neanche hai distrazioni. E’ un’esperienza impagabile.

E cosa ti è piaciuto di questa esperienza?

Le corse hanno un fascino particolare. Poi il gruppo che si è creato in Astana è a dir poco fantastico, siamo super coesi, siamo amici. Abbiamo creato veramente una grossa base anche per l’anno prossimo. E da questo punto di vista ne siamo usciti positivamente.

I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da juniores in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016 (foto Instagram)
I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da juniores in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016 (foto Instagram)
Con chi hai condiviso la stanza?

Ero da solo.

E come mai?

Mi piace stare da solo. A volte, se c’è la possibilità, mi preferisco così: mi rilassa. Poi quando si scende dalle stanze si sta tutti insieme.

Da dilettante eri mai venuto quassù, magari anche con gli azzurri di Amadori?

Da dilettante no, ho fatto solo il mondiale l’anno scorso, però da juniores avevo corso il Fiandre e la Roubaix.

Ed è stato molto diverso da quel che ti aspettavi poi tra i pro’?

Qui vanno tutti e 200 forti come moto! Quindi sì: è diverso. Come detto, devi sempre lottare, c’è molto stress.

Zanini spinge Gazzoli dopo una foratura… (foto Instagram)
Zanini spinge Gazzoli dopo una foratura… (foto Instagram)
C’è un momento particolare che ricordi di queste prime gare?

Beh, qualche giorno fa ad Harelbeke ho fatto la mia “top performance” quassù, anche se, ripeto, non ero al meglio. Le gambe comunque non c’erano per fare chissà cosa, però fino ai 35 chilometri dall’arrivo ero col primo gruppo. Quando mi sono reso conto di essere con tutti i big è stata una gran bella sensazione. Un’emozione.

Guardiamo avanti: se fossimo già nella campagna del Nord 2023 cosa non faresti?

Cercherei di non ammalarmi! Per il resto penso di aver fatto tutto abbastanza bene.

E sul piano pratico? Magari porteresti qualcosa di diverso nella valigia?

Ah ah… no, no. Nella mia valigia c’è già di tutto. Mi porto dietro casa, come si dice, e non c’entra più niente.

EDITORIALE / Pogacar bloccato da un Van der Poel diverso

04.04.2022
4 min
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Un hotel alle porte di Milano, vigilia della Sanremo. Era appena finita la conferenza stampa del UAE Team Emirates e facevamo due chiacchiere nel piazzale con Andrea Agostini, la cui qualifica nella squadra è Chief Operating Officer. Si scherzava sul fatto che Pogacar volesse vincere un po’ troppo e lui, che ha vissuto sulla pelle varie vicende sportive, disse una frase su cui nei giorni scorsi ci fermammo per un po’ a riflettere.

«Bene che vinca ogni volta che può – disse Andrea – perché non dura per sempre. Puoi essere anche Merckx, ma il momento in cui le cose smettono di funzionare più viene per tutti».

Milano-Sanremo: i tre scatti sul Poggio che hanno tagliato le gambe a Pogacar
Milano-Sanremo: i tre scatti sul Poggio che hanno tagliato le gambe a Pogacar

Suggestione collettiva

Si era tutti in preda alla più grossa ubriacatura ciclistica degli ultimi tempi. Tanto era stato lo strapotere di Pogacar alla Tirreno, che nella sala stampa dell’ultimo giorno, si dava per certa la vittoria dello sloveno alla Sanremo. Il dubbio era solo sul modo in cui l’avrebbe fatto, non sul merito. Invece alla Classicissima, pur attuando il forcing sulla Cipressa anticipato da Bartoli a bici.PRO, Pogacar ha commesso vari errori di inesperienza.

Tutti quegli scatti sul Poggio, al posto di uno solo e vincente, dimostrarono che certe corse bisogna farle e poi rifarle prima di trovarne la chiave. E se non è da escludersi che Tadej possa tornare per vincere in via Roma, dopo quel che si è visto ieri, è altamente possibile che la stessa cosa possa riuscirgli al Fiandre. Il ragazzo è intelligente e fortissimo, siamo certi che stia masticando la delusione e rianalizzando i passaggi. Proviamo allora ad aiutarlo…

Nello sprint del Fiandre, questa volta Van der Poel è lucidissimo e potente
Nello sprint del Fiandre, questa volta Van der Poel è lucidissimo e potente

Lo sprint più lungo

Un errore, se di errore si può effettivamente parlare, l’ha commesso nello sprint. Lo ha tradito il rettilineo, più lungo di un chilometro. La volata sembra interminabile attraverso gli schermi, figurarsi a starci dentro. Vedi il traguardo, sembra vicino eppure è lontanissimo e se per caso ti viene in mente di rallentare per far scoprire il tuo avversario, devi mettere in conto che da dietro potrebbero rientrare. Ieri è successo.

Pogacar non ha l’esperienza da velocista di Van der Poel e ieri Mathieu se l’è giocata alla grande, scacciando da campione i fantasmi del 2021.

Non è detto che Van der Poel non avesse gambe per dare cambi: di certo non ha voluto farlo
Non è detto che Van der Poel non avesse gambe per dare cambi: di certo non ha voluto farlo

Pogacar in trappola

Dalla sinistra si è spostato sul lato opposto, lasciando tuttavia la porta aperta sul fianco destro. Un metro fra sé e le trensenne. Quando Van Baarle e Madouas li hanno raggiunti, Van der Poel ha capito che Madouas stava per infilarsi da quella parte e che Van Baarle invece avrebbe provato a superarlo sulla sinistra.

Appena ha percepito la presenza di Madouas, ha accelerato, chiudendo abilmente la porta a destra con uno spostamento di 40 centimetri. Si è reso conto di certo che a quel punto Van Baarle lo avrebbe seguito, intrappolando Pogacar.

Difficile dire se abbia fatto tutto questo consapevolmente, ma alla peggio s’è trattato di istinto da velocista. In ogni caso, l’operazione ha funzionato alla grande. Segno di lucidità e di energie più fresche di quelle che nel 2021 lo costrinsero ad arrendersi ad Asgreen.

Giro delle Fiandre 2021, Mathieu Van der Poel tira, Kasper Asgreen è in agguato
Fiandre 2021, Van der Poel tira, Asgreen è in agguato

L’errore di Tadej

Semmai Pogacar potrebbe aver sbagliato sul Paterberg, quando si è reso conto, essendosi voltato, che Van der Poel fosse appeso a un filo, avendolo visto tossire e anche sputare. Il fatto che non abbia voluto o non sia riuscito a staccarlo lassù ha in qualche modo sancito il suo destino in volata.

Per contro, ha dovuto fronteggiare un Van der Poel inatteso. Il fenomeno che abbiamo imparato a conoscere nelle ultime due stagioni ieri semplicemente non c’era. Il Mathieu con il sangue agli occhi per dimostrare di essere il più forte – più è spettacolare, meglio è – al Fiandre si è fatto da parte. Forse ieri sapeva di non avere le gambe migliori o forse, pur avendole, ha scelto di non esagerare.

Di certo la sua lucidità ha portato l’orologio indietro di un anno, a quel 4 aprile del 2021 in cui a fare la parte di Pogacar c’era lui e dietro Asgreen sputava fatica e lacrime pur di non farsi staccare. Tutti ricordano come andò a finire e quella ferita è rimasta sulla pelle di Van der Poel per un anno intero e forse ci resterà per sempre. Ma ha imparato. Non è detto che non avesse gambe per dare cambi a Pogacar sul Kwaremont o sul Paterberg. Magari ha semplicemente scelto di non farlo. Il Van der Poel del 2021 voleva dimostrare di essere il più forte. Quello del 2022 voleva vincere.