Chiara Consonni c’è. E anche la squadra inizia a girare

04.04.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Il sorriso è quello di sempre, le unghie stavolta sono rosa e la gamba appare sempre più tirata. Chiara Consonni prosegue questa sua seconda stagione alla UAE Adq. Sin qui le cose sono andate abbastanza bene, anche se è mancata la vittoria.

Il Giro delle Fiandre l’ha vista nel pieno della gara, fino a quando poi nel finale la corsa non è scoppiata del tutto. Ma Consonni ce lo aveva detto, lo sapeva: «Il Fiandre forse è un po’ duro per me, ma conto di fare bene lo stesso». E comunque non è affatto naufragata.

Chiara Consonni (classe 1999) firmava autografi prima del via del Fiandre ad Oudenaarde
Chiara Consonni (classe 1999) firmava autografi prima del via del Fiandre ad Oudenaarde

Più gamba e più chilometri

«Io sto bene – dice Chiara – penso di aver recuperato bene dalla caduta (era finita a terra nella Omloop van het Hageland, ndr). Sono contenta dei risultati raccolti sin qui, anche se non sempre sono stati quel che speravo, ma in queste ultime tre gare, tra l’altro quelle che più mi piacciono, De Panne, Gand e Dwars door Vlaanderen ho sentito un’altra gamba». Chiaramente Fiandre escluso.

Le corse femminili, specie queste classiche importanti, si stanno allungando. E non poco. Si parla di un 10-15 per cento di chilometri in più. Per una sprinter, e pistard, tra l’altro giovane come Chiara non è semplice adeguarsi. Questo poteva essere un limite e lei lo sapeva. Con il nuovo preparatore, Luca Zenti, ci sta lavorando.

«All’inizio soffrivo di più le distanze maggiori, ma alla Gand, per esempio, che era di 170 chilometri, nel finale ero lì. Il lavoro in allenamento si è fatto sentire. 

«E conta anche l’alimentazione in tal senso. Due anni fa ricordo che alla Roubaix, nell’ultimo settore ero vuota e lo stesso in altre volate dopo distanze lunghe. Adesso invece mangiamo meglio, mangiamo di più. Gel, barrette e borracce con le malto aiutano molto.

«Ed è sempre tutto proporzionato. A De Panne che era lunga quasi come la Gand, ma meno dura, abbiamo mangiato meno. Tuttavia nel finale quando ho fatto la volata non ero vuota, anzi… In allenamento si lavora anche sull’aspetto alimentare, anche quella è un’abitudine quando devi fare dalle 4 ore in su in gara».

Chiara Consonni a tutta sui muri fiamminghi
Chiara Consonni a tutta sui muri fiamminghi

Da limare

Circa un mese e mezzo fa, Consonni ci aveva detto che alcuni dettagli del suo “treno”, o comunque del preparare le volate con la squadra dovevano essere messe a punto. Ci aveva visto lungo. La sensazione è che Chiara sia pronta, le sue compagne un filo meno.

«In effetti c’è tanto da migliorare – dice Consonni – però come già vi avevo detto l’altra volta si tratta di esperienza. Esperienza da fare e rifare in gara. Le altre sono insieme da più tempo. A De Panne per esempio non abbiamo fatto male. Forse eravamo un po’ indietro, ma ci siamo mosse bene. Si tratta di correre insieme sempre di più».

Chiara Consonni durante lo sprint della Gand, spalla a spalla con Wiebes
Chiara Consonni durante lo sprint della Gand, spalla a spalla con Wiebes

Quel finale a Gand

L’esempio forse più lampante è stato il finale della Gand-Wevelegem. Dopo l’ultimo muro la Sd Worx di Lotte Kopecky e la Lidl-Trek di Elisa Longo Borghini hanno immediatamente serrato i ranghi rispettivamente per Lorena Wiebes e Elisa Balsamo. La UAE Adq invece ci ha messo un po’ di più. 

Però è anche vero che per quel giorno Chiara e compagne avevano più di una scusante.

«Vero – spiega Consonni – quel giorno qualche incomprensione c’è stata, ma io ho avuto un problema con la radiolina. In pratica ho fatto gli ultimi 60 chilometri senza radio. E’ stato un incubo. Bruttissimo. Non capivo la situazione. Chi ci fosse davanti. Ed è stato complicato organizzarci.

«Dopo l’ultimo Kemmel ci siamo ritrovate tutte davanti, ma con quelle velocità non era facile organizzarci. Lidl-Trek e SD Worx erano unite, ma poi ci abbiamo provato anche noi. Solo che anche lì non vedevo più Silvia Persico».

Silvia aveva avuto un problema tecnico. Si era fermata. Davanti un’altra compagna era scattata poco prima. E così senza radio, Consonni stessa è stata costretta ad andare dietro all’ammiraglia. Il “Capo”, Davide Arzeni, le ha spiegato tutto e poi con urla concitate l’ha spronata.

«Capo è bravissimo ad incitarci e a tirarci su il morale. Ci ha detto di stare unite e così abbiamo fatto».

Koppenberg a piedi e il ciclismo moderno va ko per qualche istante

02.04.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Biciclette di traverso. Piedi a terra. Corridori che spingono la bici camminando. Un grande groviglio. Il Koppenberg ha regalato quest’immagine di altri tempi. E la cosa ha colpito non poco. Nel ciclismo super moderno, vedere certe immagini è parso quanto mai insolito. E’ stato tutto molto inaspettato.

«E’ vero – spiega Vincenzo Albanesesembrava un’immagine di altri tempi. Ci ho pensato anche io mentre ero lì nel mezzo e camminavo a piedi. Credo sia stato bello da vedere. Se ci si arrabbia? No, quale arrabbiati. Alla fine eravamo tutti nella stessa barca. Ma salire con quel fango era difficile, in quanto era davvero scivoloso».

Tip tap sul Koppenberg

Il Koppenberg è stato inserito nel 1976 e a transitarvi per primo, manco a dirlo fu Eddy Merckx, poi per alcuni anni fu depennato dalla lista della Ronde. Dai primi degli anni 2000 è stato reintrodotto. I suoi dati: 600 metri di lunghezza, 77 metri di dislivello, 11,2 per cento di pendenza media e 22 di massima. Il suo pavè è marcato, quindi non filante. In più nel tratto più ripido è stretto da tra due cunette ripide che aumentano l’umidità e la scivolosità del fondo.

Di solito si sentono le bici che “risuonano” sul pavè e il fiatone degli atleti, stavolta invece era tutto un ticchettio di tacchette. Sembrava quasi un palco di ballerini di tip tap.

In effetti ad un certo punto del pomeriggio sul Giro delle Fiandre si è abbattuto dapprima un grande scroscio di acqua, seguito da una lunga, fitta e costante pioggerellina finissima. Tutto era diventato scivoloso, una vera patina. E dei rigagnoli di fango colavano sul suo pavè.

Giorgia Bronzini, ci aveva avvertito prima del via delle donne, quando ancora splendeva il sole: «Il percorso è già scivoloso di suo (era piovuto anche nei giorni precedenti, ndr) ed è prevista acqua nel pomeriggio». La sua previsione era azzeccata.

Solo in tre 

E così quando al chilometro 226 di gara il gruppo si presenta sul più ripido dei muri, succede il “fattaccio”. Van der Poel e gli altri big iniziano a sbandare. In particolare si è visto l’iridato svirgolare più di qualche volta con la posteriore. A quel punto da buon crossista, Mathieu si siede. Sembra quasi rallentare, addolcire la pedalata per favorire la trazione. E intanto va a alla ricerca di una traiettoria tutta sua.

Qualcosa di simile fanno anche Matteo Jorgenson e Mads Pedersen. Loro tre sono gli unici a non scendere mai di dalla bici.

La scalata di Pedersen è la più interessante da analizzare e vi spieghiamo perché.

A fine gara, il danese ha dichiarato di sentirsi potente, ma al tempo stesso di non avere grande feeling con la salita. E proprio su quelle pendenze ha sfruttato la sua potenza, nonostante fosse stato ripreso poco prima. Altra considerazione: Mads aveva il 43 come corona anteriore più piccola, contro il 41 di VdP e Jorgenson.

La “coppia” di potenza erogata da Pedersen era dunque più bassa e pertanto migliore in quel frangente. E infatti nonostante sia stato uno dei tre a scalare il Koppenberg in bici, poi si è andato spegnenfo.

«Sul Koppenberg – ha detto VdP – abbiamo visto le immagini del passato e del caos che si crea quando è bagnato. Anche grazie alla gara di ciclocross che si corre lì, sapevo quanto è fangoso quel tratto. Sapevo anche come comportarmi quando la ruota posteriore ha iniziato slittare. E anche per questo immaginavo che sarebbe stato un punto cruciale».

Insomma, scene che si vedevano una volta sul mitico Grammont. 

Van der Poel, Jorgenson e, mentre fa zig zag, Pedersen. Sono stati gli unici del gruppo di testa a scalare l’intero Koppenberg in sella. Dietro erano appena rimontati
Van der Poel, Jorgenson e Pedersen. Sono stati gli unici del gruppo di testa a scalare l’intero Koppenberg in sella. Dietro erano appena rimontati

Tra antico e moderno

Scene da Grammont dunque e il pubblico impazzisce. Si è parlato molto sui social di questo Koppenberg a piedi, esaltandone lo spirito pionieristico, ma con i campioni di oggi.

Gomme e cerchi larghi, telai più performanti contro le vibrazioni, pressioni più basse… Tutto ciò non è stato sufficiente per non scendere di sella. «Eh ma – chiosa Trentin – con quel fango e quella pioggia anche con le gomme più larghe ci si faceva poco. Servivano le chiodate per salire!».

«Quanti corridori sono saliti in bici?», ci chiede Matteo. Noi gli rispondiamo che solo in tre ci sono riusciti. «Solo in tre – replica lui stupito – vedete… era difficilissimo. Senza contare che eravamo tutti parecchio al limite già».

La percezione è che i corridori non fossero arrabbiati di quanto accaduto. Forse perché sapevano che non avrebbero comunque vinto la corsa e che Van der Poel di lì a poco avrebbe spiccato il volo. O forse perché in un ciclismo così programmato un tocco imprevisto ci sta bene. Chissà…

«E’ stato un po’ frustrante – ha detto per esempio Lazkano – ma mi è davvero piaciuta questa corsa e questo tratto, i suoi tifosi e il suo pubblico. Voglio tornare l’anno prossimo».

Insomma eroi d’altri tempi. A mente fredda forse gli stessi corridori hanno provato un pizzico di compiacenza. Adesso avranno una storia in più da raccontare. 

Caos ed errori tattici, rileggiamo la corsa dei muri

01.04.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Le grandi gare portano con sé delle lunghe code e il Giro delle Fiandre di ieri non può essere da meno. Van der Poel ha dominato e stavolta il merito è stato anche della sua squadra, la quale ha interpretato con grande intelligenza, e se vogliamo anche con una certa aggressività, la corsa fiamminga.

La stessa cosa però non si può dire degli avversari. Non tutti almeno. La corsa di ieri è stata caotica in molti frangenti.

Gli scenari prospettati alla vigilia da Fabio Baldato si sono avverati, almeno in parte, a partire proprio dal caos, ma anche da quella sua frase che risuona sibillina: «Basta che non ci corriamo contro tra di noi», riferendosi alle altre squadre.

Alpecin-Deceuninck unita, attenta e con grandi gambe non solo da parte di VdP
Alpecin-Deceuninck unita, attenta e con grandi gambe non solo da parte di VdP

Corsa ok: Roodhooft gongola

Partiamo da quello che secondo noi è il più grosso errore di giornata, l’affondo di Mads Pedersen. Se la Lidl-Trek è stata perfetta tra le donne (nonostante qualche rischio di troppo), non si può dire la stessa cosa tra gli uomini. 

La squadra, per l’occasione guidata da Gregory Rast, è passata dalle stelle della Gand alle stalle del Fiandre. Okay il voler anticipare, ma perché far fare 40 chilometri davanti a Pedersen con 12”-20” di vantaggio? Senza dimenticare che l’ex iridato era braccato da un uomo di Van der Poel, Gianni Vermeersch. Quale è stato il senso di quella azione?

Il corridore della Alpecin-Deceuninck quasi ci sembrava lo prendesse in giro quando passava a dargli qualche cambio, come a dirgli: no Mads è meglio che stiamo fuori un altro po’, così Mathieu resta coperto e dietro si finiscono per rincorrerci…

E così è andata. Un po’ la Visma-Lease a Bike, un po’ la UAE Emirates hanno tirato. E intanto Van der Poel con mezza gamba faceva la formichina.

«Abbiamo discusso al dettaglio in anticipo come e cosa avrebbero fatto le altre squadre – ha detto il direttore sportivo di Vdp, Christoph Roodhoof, a WielerFlits – ci siamo fatti una nostra idea al riguardo e l’abbiamo rispettata. Come squadra non abbiamo perso un solo colpo. E’ un peccato che il nostro team abbia così tanti punti interrogativi sul suo valore, perché oggi (ieri, ndr) abbiamo dimostrato che siamo forti».

E come dargli torto? Alla fine i suoi uomini c’erano tutti. Hanno controllato la corsa nei primi 100 chilometri tenendo Van der Poel davanti coperto con chi di dovere. E poi sono stati parte attiva con Lawrence, Vermeersch e Krag Andersen, tra l’altro anche sfortunato per una foratura e bravo a rientrare da solo. 

Prima del via, probabilmente i piani della Lidl-Trek erano un filo più attendisti
Prima del via, probabilmente i piani della Lidl-Trek erano un filo più attendisti

Mea culpa Rast

Sembra che Pedersen abbia voluto anticipare così tanto perché non si sentiva super in salita. A fine corsa è intervenuto proprio Rast, il direttore sportivo della Lidl-Trek.

«Sì – ha detto il tecnico svizzero – penso che sia stata una situazione un po’ stupida non richiamarlo. Mads ha dato il 110 per cento, ma ha raccolto molto meno. Avrei dovuto fermarlo. E non l’ho fatto perché avevo in mente il Fiandre di due anni fa quando gli stavamo quasi per dire di fermarsi e poi salì sul podio».

Rast, che sa il fatto suo, ammette l’errore dunque, ma a mente fredda è sempre più facile ragionare. Pedersen voleva anche testarsi in qualche modo. E forse sperava di chiamare fuori in prima persona Van der Poel che non è ricaduto nel tranello della Gand.

«Vero – va avanti Rast – abbiamo commesso un errore tattico, ma sono fiducioso per la Roubaix. Questo è stato anche un buon test in vista di domenica».

La Movistar, qui Cortina, ha sprecato molto in corsa
La Movistar, qui Cortina, ha sprecato molto

Movistar: da rivedere

Poi qualcuno dovrà anche spiegarci gli attacchi a ripetizione e fuori tempo della Movistar. La squadra spagnola non ha certe corse nel sangue, e va bene, ma con due corridori come Cortina e Lazkano potevano raccogliere molto di più.

Alessandro Ballan, la scorsa settimana, ci aveva detto proprio di Lazkano: «Tanta forza, ma spesso attacca fuori tempo, denotando anche una certa sfrontatezza verso grandi avversari».

Qualche polemica, a distanza, non è mancata a fine corsa anche tra Dylan Teuns e Tim Wellens. Il corridore della Israel-Premier Tech, in fuga con Bettiol, si è risentito del tanto tirare di Wellens nel finale. «Se aveva quella gamba poteva stare con Van der Poel». Tim ha fatto il suo compito cercando di portare, riuscendoci, il compagno Politt sul podio.

Stavolta i gialloneri hanno pagato sul fronte delle prestazioni
Stavolta i gialloneri hanno pagato sul fronte delle prestazioni

Corsa senza gambe

Chi non ha commesso troppi errori, ma semplicemente non aveva gambe è stata la Visma-Lease a Bike. Alla fine se non c’è di mezzo la tattica, nei danni collaterali che si sono rivelati un vantaggio per Van der Poel vanno considerate anche le forze in campo. E stavolta i gialloneri ne avevano di meno.

Jorgenson ci ha provato. Nulla da dire. Era lì nel momento in cui doveva esserci. Ma se dopo il Koppenberg non chiudi quei 50 metri in pochi secondi, “quello lì” scava il baratro. E anche gli altri tutto sommato erano piazzati bene, ma poco incisivi.

«Siamo stati sconfitti combattendo – ha sintetizzato il diesse Visma, Grischa Niermann – i ragazzi si sono comportati bene. Jorgenson ci ha provato, ma poi ha pagato gli sforzi. Benoot è stato un po’ sfortunato, ma era già dietro».

Un appunto? Provare a fare qualcosa prima. Un colpo a sorpresa. Sganciare un paio di uomini alle prime schermaglie di Pedersen. Se al posto di Vermeersch col danese ci fosse stato uno di loro magari avremmo assistito ad una corsa diversa.

E’ noto: con i se e con i ma non si fa la storia. Quella l’ha fatta, e continua a farla, Van der Poel con i fatti.

Gioia Longo Borghini: Ronde nel sacco (e spunta la Roubaix)

31.03.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Avete presente quella cattiveria, sportiva chiaramente, che si vede in volto? Quando si è sicuri di una cosa e che quella cosa avverrà? Ecco, oggi Elisa Longo Borghini era tutto questo. E lo sprint sul rettilineo finale del Giro delle Fiandre è stato l’emblema di tutto ciò. La Ronde 2024 è sua.

E ce lo dice anche: «Stamattina sul bus ero cattiva». E noi: «Ma ti abbiamo vista serena, sorridente…». Di nuovo lei: «Non potevo farmi vedere cattiva con chi c’era vicino, ma lo ero… credetemi».

Marianne Vos, stremata, ha ammesso: «Oggi Elisa e Shirin erano troppo più forti. Brave»
Marianne Vos, stremata, ha ammesso: «Oggi Elisa e Shirin erano troppo più forti. Brave»

Lidl-Trek in controllo

Le donne più degli uomini hanno preso acqua e vento tutto il giorno. Scrosci forti e continui. I muri erano una colata di fango, tanto che persino le ragazze hanno messo piede a terra sul ripido Koppenberg.

In un finale convulso, la Lidl-Trek gioca bene le sue carte. Anche se proprio nei chilometri che portano all’arrivo non capivamo perché in due contro una, Shirin van Anrooij e appunto Elisa, contro Katarzyna Niewiadoma, non iniziassero a scattare a ripetizione. Fino a quella volata, magistrale: un connubio di forza e determinazione.

Dopo il podio, mentre firma le maglie dell’evento, come tradizione vuole, Elisa riavvolge il nastro e racconta. 

«La mia gara – dice Longo Borghini – non è iniziata nel migliore dei modi. Ho avuto una foratura e sono caduta, proprio perché avevo forato, in curva. Però la squadra tutta, sia le atlete che lo staff dall’ammiraglia, è stata sempre di grande aiuto. Mi hanno riportato sul Koppenberg e lì ho fatto lo sforzo principale della giornata».

L’azione potente di Elisa Longo Borghini che sul Pateberg rintuzza le prime
L’azione potente di Elisa Longo Borghini che sul Pateberg rintuzza le prime

Feeling Van Anrooij

A quel punto però davanti c’è la sua compagna, Shirin van Anrooij. Cosa fare? Jeroen Blijlevens, il direttore sportivo della Lidl-Trek, probabilmente vede che l’olandese non dà certezze e così dà il via libera a Longo Borghini.

«Jeroen mi ha detto che potevo andare anch’io – racconta ancora Longo Borghini – e ci siamo trovate noi due con Niewiadoma e la collaborazione è stata davvero buona. Tanto rispetto per Kasia per aver lavorato con noi. E poi ero così sicura di vincere lo sprint: non so perché, visto che normalmente non sono molto veloce. Ma, si sa, in questi scenari in cui la corsa è lunga e le persone sono stanche, ciò che viene fuori è la tua efficienza. E spesso vince chi è più fresco. E io mi sentivo ancora fresca».

Shirin ed Elisa oltre ad essere compagne di squadra, sono anche compagne di stanza e hanno studiato bene il finale di gara, guardando e riguardando i video della sequenza Kwaremont-Pateberg. Ma si sa che tra il dire e il fare…

«Sapevamo che se nelle curve tra i due muri si guadagnano 30”, si può vincere il Fiandre. Il problema è che la Sd Worx ha lavorato duro per tutto il Kwaremont e il divario si è ridotto».

Da donna squadra qual è, Longo Borghini ringrazia tutte le ragazze facendo i nomi e dedicando un pensiero anche a Lizzie Deignan, che è caduta e si è anche fratturata un braccio. 

Lotte Kopecky oggi non è stata brillante. Ma forse è già in calo da una settimana
Lotte Kopecky oggi non è stata brillante. Ma forse è già in calo da una settimana

Testa e cuore

Elisa ci porta poi in sella con lei negli ultimi tremila metri di questa gara magistrale e bagnatissima. Ci spiega come testa e cuore abbiano collaborato alla perfezione.

«Sapevo ancora che avremmo dovuto spingere forte perché il divario era davvero ridotto. Non potevamo davvero giocare o guardarci. Nella mia mente mi dicevo: “Elisa, sai cosa fare. Ne hai passate tante, ora ti senti bene: vinci!”».

La piemontese parla anche del grande lavoro svolto dall’ammiraglia. Del costante aggiornamento con il suo diesse: «Dopo il Koppenberg – le ha detto il tecnico – vediamo come siamo messi e ti darò istruzioni su come guidare».

«Ed è stato bello pedalare così – riprende Elisa – Ina Teutenberg e Jeroen stanno lavorando davvero bene insieme. Hanno pianificato questo Fiandre nei minimi dettagli».

Niewiadoma, in testa collabora con le due atlete della Lild-Trek
Niewiadoma, in testa collabora con le due atlete della Lild-Trek

Per Slongo

Ma restando in tema di cuore Longo Borghini ha espressamente dedicato questa prestigiosa vittoria al suo coach storico: Paolo Slongo. Colui che l’ha ricostruita dopo una stagione difficile.

«Paolo – spiega – ha sempre creduto che potessi tornare più forte. Certe volte lo chiamavo e gli chiedevo: “Ma davvero potrò tornare quella di prima?”. Gli dicevo che non era possibile e lui invece mi tranquillizzava, mi diceva di non preoccuparmi. “Sarai più forte di quanto non ti aspetti”. Sono certa che ora sarà sul divano a ridere e a gioire».

Il duo Slongo-Longo Borghini è un duo di successo. I due collaborano da anni e il tecnico veneto sta raccogliendo con Elisa la riconoscenza che merita. Lavora dietro le quinte, ma Paolo c’è sempre.

Il podio della Ronde femminile: Elisa Longo Borghini (prima), Katarzyna Niewiadoma (seconda) e Shirin Van Anrooij (terza)
Il podio della Ronde femminile: Longo Borghini (prima), Niewiadoma (seconda) e Van Anrooij (terza)

La Roubaix all’improvviso

Prima di congedarci emerge il discorso Roubaix, che in teoria non sarebbe dovuto emergere. La classica del pavé non era nei programmi di Longo Borghini. E infatti lei replica con un’espressione un po’ incerta, ma divertita.

«Se è possibile sognare anche per la Roubaix? Io non dovevo farla. Ero inserita come riserva, ma con l’incidente di oggi di Lizzie penso che probabilmente il 7 aprile correrò. Ancora so poco però. Faremo il debriefing con la squadra e poi seguirò le istruzioni. Davvero, in questo momento non ho idea di cosa succederà».

Questa news è una piccola bomba. Tanto che Elisa a questo punto non sapeva neanche se sarebbe rientrata in Italia o meno. «Non so, devo fare una ricognizione o tornare a casa».

La Roubaix ora sembra lontana, anche se non lo è: ora è tempo di fare festa. E tutto sommato per noi italiani oggi è stato proprio un bel Fiandre: secondo Luca Mozzato, prima Elisa Longo Borghini. Una birra per tutti!

Tris al Fiandre, il re è sempre VdP. Ma che bello questo Mozzato

31.03.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Quelle gambe mulinano che è una bellezza. I talloni salgono ancora alle stelle e i quadricipiti affondano forte sui pedali. Nulla da dire, Mathieu Van der Poel oltre che potente è anche elegante. Anzi impressionante, tanto per citare Philippe Gilbert che osserva VdP vicino a noi dietro l’arrivo. E intanto sempre Gilbert lancia apprezzamenti per Mozzato.

Il re del Giro delle Fiandre 2017 osserva ammirato e commenta: «Rispetto a me, lui ha più tempo per godersi questa impresa. Ha impiegato 4’50” per fare l’ultimo Kwaremont (Gilbert aveva il cellulare in mano e prendeva i tempi, ndr) un ottimo tempo se consideriamo la pioggia e il vento contro».

Cinque degli 11 italiani al via. C’è anche Mozzato che poi sarà secondo. Il clima, in tutti sensi, era bello
Cinque degli 11 italiani al via. C’è anche Mozzato che poi sarà secondo. Il clima, in tutti sensi, era bello

Tutto secondo copione

Eppure il corridore della Alpecin-Deceuninck non la pensa proprio come Gilbert in quanto a bei pensieri e cavalcata trionfale.

«Oggi era solo sopravvivenza – ha detto l’iridato – per me è stato il Fiandre più duro, con queste condizioni atmosferiche. Gli ultimi 20 chilometri li ho fatti a occhi chiusi. Ero così devastato che non ho pensato molto. Devo realizzare quello che è successo».

E infatti nel finale VdP sembrava faticare. Si è visto sul Paterberg. E quando il vantaggio iniziava scendere e a 5-6 chilometri dall’arrivo Mathieu mandava giù un gel, sempre Gilbert aggiungeva: «Sta già pensando alla Roubaix».

Sempre tanta gente lungo queste strade mitiche. E quanti cartelli di sostegno per Van Aert. Anche VdP ha espresso un pensiero per lui dopo la gara
Tanti cartelli di sostegno per Van Aert. Anche VdP ha espresso un pensiero per lui dopo la gara

Anche VdP soffre

Ma davvero dunque è stata così facile questa vittoria? Apparentemente sì, tutto secondo copione. Anche se poi le parole del diretto interessato sono state diverse.

Lo hanno attaccato, è vero, ma non proprio bene a dire il vero, mentre la sua Alpecin-Deceuninck si è mossa con grande lucidità. Ha fatto una corsa aggressiva.

Quando sono iniziati i muri, hanno mosso loro le acque. Hanno mandato avanti un uomo e costretto gli altri a seguire. Un bel messaggio a chi pensava che avrebbero corso di rimessa. Poi Gianni Veermersh è stato uno stopper perfetto per far bollire Pedersen. 

Sul traguardo di Oudenaarde, VdP oggi era davvero stanco
Sul traguardo di Oudenaarde, VdP oggi era davvero stanco

«La squadra oggi è stata speciale – ha continuato Van der Poel – mi hanno messo sempre nelle migliori condizioni e mi hanno consentito sempre di stare tranquillo. Gli ho detto di tenere duro fino al Koppenberg, poi ci avrei pensato io, anche se ammetto che dopo il secondo passaggio sul Qwaremont non ho più avuto un grande feeling come stesso. Infatti proprio dopo il Koppenberg non mi aspettavo di ritrovarmi da solo. Quel gel è perché mi servivano gli zuccheri. Ora penso solo a recuperare».

Forse in quel frangente l’iridato ha fatto la differenza anche per i quei piccoli dettagli tecnici che oggi contano sempre di più. Ha scelto bene il setup della sua Canyon. Molti avevano il vecchio 39, Pedersen il 43, e lui invece ha scelto il 40. Parliamo, come avrete capito, della corona piccola anteriore.

Il resto è una cavalcata, faticosa, ma superba che lo pone definitivamente tra i mega eroi di questo sport.

Mozzato sul filo di lana con Matthews, poi declassato per duplice cambio di traiettoria
Mozzato sul filo di lana con Matthews, poi declassato per duplice cambio di traiettoria

L’urlo di Mozzato

Togliendo il marziano, c’è stata anche un bel po’ d’Italia. Bettiol ci ha fatto sperare a lungo per una piazza d’onore, e dietro zitto zitto c’era anche Luca Mozzato.

«Secondo al Giro delle Fiandre è un sogno. Qui è tutto più bello». Sarà la gioia, ma dopo Van der Poel Mozzato ci è sembrato il più fresco. Il suo era uno sprint da gamba piena. Almeno così ci è sembrato.

«Macché – spiega l’atleta della Arkea-B&B Hotels – è stata la classica volata dei morti. Ho beneficiato del fatto che nei due chilometri finali si andava forte e avevo una buona posizione. Nel finale il vento era anche un po’ contro e quindi ho deciso di aspettare fino all’ultimo per uscire. Agli ultimi 100 metri, non prima. E ho saltato gli altri ai 40 metri».

Mozzato stremato dopo l’arrivo, ma già felice
Mozzato stremato dopo l’arrivo, ma già felice

La scommessa di Luca

Mozzato ha fatto la tipica corsa da velocista al Fiandre. Nascosto, al risparmio (in teoria), attento… Se gli altri cercavano di anticipare Van der Poel, lui al contrario cercava di tenerlo lì a vista il più possibile.

Si vede, come ci ha sempre raccontato, che quassù si sente a suo agio, che sa muoversi su pietre, muri e stradine.

«Il discorso – spiega con grande chiarezza Luca – è che qui tutti volevano stare davanti e tutti volevano anticipare Van der Poel. Io ho fatto una specie scommessa: se tutti vogliono anticipare, a qualcuno qualche fuga non andrà bene. E così ho corso: sfruttando gli altri. Però il problema è che al primo Qwaremont, proprio perché tutti vogliono stare davanti, io ho preso una frenata nel momento sbagliato e sono rimasto dietro».

Mozzato racconta che per quasi 40 chilometri si è trovato ad inseguire. Era sempre nella parte posteriore del gruppo, però ha anche ammesso che ha avuto la fortuna (ma a quel punto non poteva fare diversamente) di trovare qualcuno che chiudesse per lui.

«E questo – riprende il veneto – credo abbia fatto la differenza. Nell’ultima ora di gara avevo più energie degli altri. Più passavano i muri e più stavo bene».

Un brindisi coi giganti. VdP (primo), Mozzato (secondo) e Politt (terzo): questo il podio del Fiandre 2024
Un brindisi coi giganti. VdP (primo), Mozzato (secondo) e Politt (terzo): questo il podio del Fiandre 2024

Tra podio e realtà

Un secondo posto in una classica Monumento vuol dire molto. Al bus il clan sembrava quasi più contento di lui. Impossibile. Anche dopo un paio d’ore Luca ci ha ribadito la sua gioia.

Gioia ma anche consapevolezza, quella di un atleta che sa di avere delle doti, ma che sa anche qual è il suo posto.

«Di sicuro questo risultato mi dà gioia e sicurezza in me stesso. Adesso so che quando le cose vanno bene, posso giocarmi dei posti importanti anche in una classica monumento. Però al tempo stesso tutto questo non cambia il corridore che sono. Per farla breve: se domenica Van der Poel e Pedersen nella Foresta di Arenberg fanno il forcing potente, io non sono in grado di seguirli. So che mi manca qualcosa. Ma ci si può lavorare».

E mentre ritorna dal podio e sale sul bus, si gode l’abbraccio della squadra. Luca Mozzato stasera è un ragazzo felice. E noi lo siamo con lui.

Thibau porta il decimo Koppenberg in casa Nys

01.11.2023
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Il fango e il Koppenberg da affrontare subito dopo la partenza hanno fatto la differenza nella gara più iconica del cross fiammingo, alle porte di Oudenaarde. E’ scivolato Thibau Nys ed è stato costretto a mettere il piede a terra. E’ scivolato Michael Vanthourenhout e ha perso venti posizioni. E’ rimasto chiuso anche Lars van der Haar  e lo stesso Iserbyt si è trovato a inseguire. Poi però è iniziata la rimonta.

Il 2023 di Thibau Nys lo ha visto vincere in Coppa del mondo a Waterloo e arrivare 7° a Maasmechelen
Il 2023 di Thibau Nys lo ha visto vincere in Coppa del mondo a Waterloo e arrivare 7° a Maasmechelen

Un muro di fango

All’inizio del secondo dei cinque giri, Nys si era già scrollato di dosso Ronhaar e Loockx. Vanthourenhout ha portato a termine il suo inseguimento insieme a Iserbyt e si è avvicinato a Ronhaar, circa 10 secondi dietro Nys. E quando sembrava tutto incanalato nella giusta direzione, Iserbyt ha commesso l’errore che gli è costato il cross più prestigioso delle Fiandre.

Nys sembrava avere la situazione sotto controllo, pur essendo scivolato a sua volta in una curva molto tecnica. E quando all’inizio del terzo giro Iserbyt lo ha ripreso, è stato proprio l’entusiasmo a tradirlo.

Il corridore della Pauwels Sauzen-Bingoal ha voluto affrontare in bici un tratto di salita. Tuttavia il passaggio era così ripido, che il piccolo scalatore è stato costretto a fermarsi e la sua bicicletta è rotolata indietro di alcuni metri. Corsa chiusa (in apertura il podio, foto Belga/Het Nieuwsblad).

Koppenberg di famiglia

Nys ha ripreso vantaggio e centrato la sua vittoria più bella. Van der Haar gli ha guardato le spalle e Iserbyt ha dovuto accontentarsi del terzo posto a 13 secondi. Sul traguardo Nys ha mostrato le dieci dita: nove come le vittorie di suo padre Sven sul Koppenberg, una per la sua prima.

«Avrei potuto anche dare a Lars la vittoria oggi – ha detto Thibau Nys – ma certo preferisco vincere da solo. Se però la vittoria resta all’interno della squadra, è un bene anche per me. Ad esempio, domenica scorsa dopo la gara di Maasmechelen, ero felice per la vittoria di Lars. Si vede che abbiamo creato un ottimo gruppo».

Sven Nys guida la Baloise-Trek Lions in cui corre suo figlio Thibau (foto Belga/Het Nieuwsblad)
Sven Nys guida la Baloise-Trek Lions in cui corre suo figlio Thibau (foto Belga/Het Nieuwsblad)

Spirito di squadra

Almeno nella corsa del Koppenberg si è avuta infatti la sensazione che gli equilibri in gruppo siano cambiati. Se fino a poco tempo fa i corridori di Nys si lamentavano per la superiorità numerica degli atleti della Pauwels Sauzen-Bingoal, questa volta le parti si sono invertite. Ed è stato il controllo fra Iserbyt e Van der Haar a spianare la strada per Nys. La spiegazione l’ha offerta l’orgoglioso Sven davanti alla vittoria di suo figlio.

«Abbiamo molto più controllo rispetto agli ultimi anni – ha detto il grande belga a Het Nieuwsblad – e la ragione deriva dall’ultima estate. Abbiamo lavorato bene, ma la cosa più importante è che i ragazzi vogliono che la vittoria resti in squadra. Lo vedi anche durante la gara. Stanno molto bene insieme e questo non è un punto da allenare: c’è o non c’è. Ma so che un giorno le cose non funzioneranno e allora vedremo come la gestiranno».

Finora Iserbyt ha vinto due prove di Supeprestige, è arrivato secondo a Maasmechelen e terzo sul Koppenberg
Finora Iserbyt ha vinto due prove di Supeprestige, è arrivato secondo a Maasmechelen e terzo sul Koppenberg

I dubbi di Iserbyt

Anche Iserbyt si è accorto che la musica sta cambiando, anche se il suo atteggiamento di fronte alla supremazia dei corridori della Baloise-Trek Lions è tutto fuorché una tregua.

«Lars e Thibau sono stati molto forti – ha riconosciuto il fiammingo – per noi è importante rimanere forti e continuare a crescere durante la stagione. Ci hanno dato la sveglia. Ci manca un terzo corridore? Non proprio. Se Michael e io corriamo bene, abbiamo le stesse possibilità degli altri. In passato, abbiamo gestito la corsa soltanto in due. Ma lo ammetto: sul Koppenberg ci hanno dominato. Credo che se Lars Van der Haar si fosse davvero impegnato e non avesse dovuto fare gioco di squadra, avrebbe tenuto il passo di Thibau».

Sul Koppenberg, Van Empel ha centrato la sesta vittoria consecutiva (foto Belga/Het Nieuwsblad)
Sul Koppenberg, Van Empel ha centrato la sesta vittoria consecutiva (foto Belga/Het Nieuwsblad)

Van Empel fa sei

Fra le donne, nelle ultime corse si è registrata la supremazia di Fem van Empel e le cose non sono andate diversamente nel Koppenbergcross, anche visto il campo partenti ridotto. Oltre a Puck Pieterse e Shirin van Anrooij, mancava anche Ceylin del Carmen Alvarado.

A causa delle forti piogge degli ultimi giorni, il percorso è parso subito estremamente difficile e ci sono voluti due minuti prima che Van Empel riuscisse a stacare Denise Betsema e Annemarie Worst.

Nel terzo e ultimo giro, l’atleta della Jumbo-Visma ha potuto gestire il suo sforzo e ha tagliato il traguardo con la bici al cielo per celebrare la sesta vittoria consecutiva.

«E’ stato davvero difficile – ha commentato – metti tanta potenza nei pedali e non vai avanti. La ruota posteriore slitta continuamente, quindi è importante cercare i bordi erbosi, che però sono insidiosi. Sono stata contenta che fossero solo tre giri, altrimenti sarebbe stata dura».

Van Empel aveva vinto anche a Maasmechelen in Coppa: non ha avversarie?
Van Empel aveva vinto anche a Maasmechelen in Coppa: non ha avversarie?

Direzione Pont Chateaux

Adesso bussano alla porta i campionati europei del prossimo fine settimana a Pontchateaux. E se fra le donne appare difficile che il titolo sfugga a Van Empel, fra gli uomini gli equilibri sono più indefiniti.

«In che misura – ha commentato la giovane olandese – questa condizione continuerà in vista degli Europei di sabato prossimo? Adesso è importante che mi riprenda bene. Un campionato è sempre qualcosa di diverso, ma davvero non vedo l’ora che arrivi».

«Vincerà il più forte del gruppo – dice Thibau Nys – e se Eli Iserbyt domenica sarà più  forte, allora gli cederò la maglia. A lui, come a Laurens Sweeck o Michael Vanthourenhout. Anche se ovviamente preferirei vincere io stesso».

Trentin, la corsa perfetta e le mosse stupide

03.04.2023
5 min
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«Quando il gruppo si divide e torna indietro – ha sorriso Trentin – si divide e torna indietro, si divide e torna indietro… Ovviamente capisci che sarà una giornata molto dura!».

Matteo ci ha raggiunto allo spazio delle interviste quasi svuotato di giornalisti. Ieri la macchina organizzativa del Fiandre non è stata impeccabile: gli unici a mostrare tratti di efficienza infallibile sono stati gli steward, che in fiammingo stretto, impedivano alla stampa di arrivare alla zona di arrivo. Perciò si è fatto tutti un grande esercizio di pazienza, aspettando che i corridori arrivassero da noi.

Il trentino è entrato nella fuga che, con più di tre minuti, a un tratto ha anche preoccupato i favoriti, Van der Poel su tutti. C’erano corridori forti. Oltre al nostro, Pedersen, Van Hooydonck. Powless, Vermeersch, Wright, Narvaez e il vincitore 2021 Asgreen davano al tentativo una consistenza interessante. E anche se era scritto che sulla testa della corsa sarebbero rientrati “quei tre” e davanti non hanno mai collaborato alla morte, a un certo punto il susseguirsi delle cadute e la Jumbo-Visma non troppo in forma al pari del suo leader, hanno dato ossigeno al tentativo.

Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Matteo, qual era il piano?

Il piano era di avere almeno un uomo davanti quando lui (Pogacar, ndr) fosse arrivato con i favoriti, in questo caso Van der Poel e Van Aert. In realtà è andata così, più o meno. E quando è arrivato, il mio compito è stato tirare sul Qwaremont, per far soffrire tutti gli altri prima che lui lanciasse il suo attacco e ha funzionato abbastanza bene anche questo. Direi una corsa perfetta.

Eri tu quello preposto a entrare nella prima fuga?

Io o Wellens. Poi sul Molenberg ho visto che il gruppo era già spezzettato e valeva la pena andare. Abbiamo guadagnato addirittura molto più di quello che pensavamo. A un certo punto sembrava addirittura che dietro nessuno volesse tirare, ma alla fine abbiamo messo la Alpecin e la Jumbo nella condizione di dover inseguire.

Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Stando così le cose, non avete mai pensato di andare all’arrivo?

C’era collaborazione il giusto, non troppo almeno. Tutti quanti erano veramente a tutta. Se pensate che io ho tirato un chilometro e mezzo o due prima di entrare sul Qwaremont, è partito lui con Van der Poel e poi alla fine sono rientrato davanti e ho scollinato veramente per un pelo sul Paterberg. Mi è mancato un soffio e ho dovuto farmi addirittura 12 chilometri da solo, che bello…

Sapevi dalla radio che Pogacar stava arrivando?

No, ho tolto la radio perché stavo soffrendo a sufficienza. Ero stufo di sentire gente che parlava. E’ stata veramente una corsa tosta. Penso che di tutti i Fiandre che ho fatto, è stato il più duro e forse anche per questo ne sono uscito molto bene. Perché comunque a un certo punto si è smesso di limare. Vedevi che la gente non aveva le gambe per continuare a tener duro, tener duro, tener duro.

E alla fine Tadej ha vinto nel modo che aveva indicato alla vigilia: arrivando da solo.

Pensavamo tutti che potesse riuscirci. Però è ovvio che dovessimo preparare la gara in maniera perfetta e lo abbiamo fatto. E’ stato un peccato aver perso Tim Wellens nella prima caduta, però penso che abbiamo fatto una bella gara.

Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Che cosa hai visto di quella caduta?

Noi eravamo davanti quando è successo. Sono stato davvero vicino alla caduta e neppure sapevo che fosse stata causata da quel corridore che è saltato sulla strada. E’ impossibile transennare tutto il percorso, ma dobbiamo essere noi in grado di evitare alcune mosse stupide. Perché entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che… ammazzare 25 corridori. 

Perché questi gesti stupidi?

Andiamo sempre più veloci. Ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante e ti dimentichi che a volte è necessario frenare.

A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
Le stesse parole con cui ieri Sagan ha descritto le dinamiche del gruppo.

Sono cose che si continuano a dire. Purtroppo siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Anche la scelta di determinati approcci andrebbe ripensata, sapendo che si va così, perché tutti vanno forte. Poi dall’altra parte, come ho detto prima, a volte tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te.

E’ stato uno dei Fiandre in cui sei andato più forte?

Sono arrivato decimo, il miglior piazzamento su undici volte che l’ho fatto. Penso sia quello dove sono andato più forte in assoluto. Sono giovane (ride, ndr), quindi dai… Quasi quasi potrei puntare nei prossimi anni a diventare un corridore da classiche!

Van der Poel si inchina a sua maestà Tadej

03.04.2023
4 min
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Con Van der Poel parliamo prima che vada al podio. Il suo addetto stampa Nico Dick lo ha accompagnato nella zona mista e l’olandese non sembra neanche di pessimo umore. Ha corso in modo splendido, con qualche sbavatura che nulla toglie al suo gigantismo atletico. Peccato che lungo la strada abbia trovato in Pogacar un gigante più grande di lui. Prima si è trattenuto a scambiare due parole con Tom Dumoulin e Philippe Gilbert: il primo in visita, il secondo appena sceso dalla moto di Eurosport. Se si può quantificare la delusione, di certo il secondo posto del 2021 dietro Asgreen fu peggiore.

«Siamo andati tutti a fondo nella fatica – dice – e per certi versi è stato piacevole, perché in realtà avevo gambe piuttosto buone. Solo che quando Pogacar attacca, semplicemente non va bene seguirlo. Puoi conviverci, puoi gestire, allora forse puoi farci qualcosa. E’ spiacevole finire di nuovo secondo, ma d’altra parte sono orgoglioso. Penso che sia stata la mia migliore prestazione al Fiandre di tutte le edizioni che ho corso, anche se non mi è bastato per vincere». 

Energie sprecate

Eppure il suo Fiandre è stato per metà un lungo rincorrere. Mathieu infatti si è fatto sorprendere nelle retrovie quando a 230 chilometri dall’arrivo il gruppo si è rotto ed è toccato alla sua squadra riportarlo davanti, con un sacrificio di uomini poi venuti meno nel finale.

«Questo è il prezzo che si paga – ammette – se nei chilometri iniziali ti piace pedalare nelle retrovie. I miei compagni di squadra hanno dovuto salvarmi, tanto che io non ho sparato una sola cartuccia perché mi hanno sempre tenuto ben al riparo dal vento. Ma è stata completamente colpa mia, dovrò chiedere scusa a tutti loro. Però non credo di aver perso lì il Fiandre. Non mi sono staccato sul Qwaremont perché ho perso energie all’inseguimento. Non sarebbe servito neppure avere un compagno accanto. Quando Tadej se ne è andato, non c’era nessuno che potesse usare i suoi compagni di squadra. Nel finale ognuno ha dovuto pensare per sé».

Non ha mai avuto tanti watt come nel finale, racconta Van der Poel, ma non ha avvicinato Pogacar
Non ha mai avuto tanti watt come nel finale, racconta Van der Poel, ma non ha avvicinato Pogacar

Salto di catena

Una delle fasi che lo ha preoccupato, racconta, è la fuga in cui viaggiavano Trentin, Pedersen e Van Hooydonck. Non avere nessuno lì dentro per un po’ gli è parso l’errore più grossolano.

«Per un momento – dice Van der Poel – ho pensato che non li avremmo mai più rivisti. Quando invece abbiamo riguadagnato un minuto sul Qwaremont, ho capito che li avremmo presi. Devo dire che poi ci si è messa la sfortuna sul Taaienberg. Mi è caduta la catena, ma ho chiuso il buco abbastanza facilmente. Quello è stato il primo momento in cui ho iniziato a sentirmi davvero bene. Nelle prime due ore ho sofferto il freddo, ecco perché ho avuto difficoltà a rispondere al primo allungo di Tadej. Il mio attacco al Kruisberg invece era pianificato, perché è uno dei tratti più difficili del percorso. Ma è stato impossibile togliersi Tadej di ruota».

Un breve scambio di vedute con Dumoulin, commentando forse il finale di corsa
Un breve scambio di vedute con Dumoulin, commentando forse il finale di corsa

I migliori wattaggi

E da quella risposta sul Kruisberg, la corsa ha preso la piega voluta da Pogacar, che Van der Peol ha provato in tutti i modi a scongiurare.

«Ha vinto l’uomo più forte – spiega Van der Poel – perché non ho mai avuto wattaggi migliori nel tratto dal Paterberg fino al traguardo, eppure non sono riuscito ad avvicinarmi di un secondo. Al contrario, lo ripeto, questo forse è stato il miglior finale di Fiandre che abbia mai fatto. Ammettere di essere stato battuto da uno più forte rende più facile accettare il secondo posto. Sapevamo che fosse un corridore speciale, ma oggi lo ha dimostrato una volta di più. Spero di rifarmi alla Roubaix: quel giorno almeno, sono certo che Tadej non ci sarà»·

Vince Kopecky, ma la Longo rinasce… allo sprint

02.04.2023
5 min
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Mentre Lotte Kopecky festeggia una vittoria preparata nei dettagli, in un angolo Elisa Longo Borghini batte i denti per il freddo e si chiede come sia stato possibile arrivare terza, dopo tutto quello che ha passato per il Covid e per giunta in uno sprint di gruppo.

La gara delle donne si è conclusa all’imbrunire, per la scelta un po’ balorda (questa volta) degli organizzatori di farle partire alle 13 e arrivare ben oltre la gara degli uomini, quando il pubblico ha già cominciato a sfollare. Perché?

Kopecky come Pogacar

La belga del Team SD Worx è emersa da due riunioni tattiche nello stesso stile di quella di un’ora celebrata alla vigilia della Strade Bianche. Questa volta ne sono servite due: una ieri sera e una stamattina.

«Non mi aspettavo di vincere così – dice – ma non c’è un modo migliore per farlo. Prima io e seconda Demi Vollering: possiamo parlare di una giornata perfetta. I chilometri finali sono stati i più difficili, pieni di vento contrario. Non ero affatto fiduciosa quando ho attaccato e se devo dirvi come ho fatto a resistere… Non lo so!».

Gli uomini partono da Bruges, le donne da Oudenaarde, peccato per gli orari un po’ balordi
Gli uomini partono da Bruges, le donne da Oudenaarde, peccato per gli orari un po’ balordi

Si sprinta per la Longo

Elisa Longo Borghini al confronto ha meno certezze granitiche, se non quella di avere una tempra veramente tosta. Dopo dieci giorni a trascinarsi dentro casa con ogni possibile dolore fisico, il rientro alla Dwars door Vlaanderen aveva già lasciato intuire qualcosa, ma la prova di oggi è davvero sbalorditiva.

«Non me lo sarei mai aspettata – dice – e quando il gruppo si è spezzato in due, ho detto che avrei aiutato Shirin Van Anrooij (la vincitrice del Trofeo Binda, ndr). Ho fatto un grande sforzo con Lucinda Brand per cercare di riprendere la fuga e quando negli ultimi 10 chilometri mi hanno detto che puntavano su di me per lo sprint, quasi mi cade il mondo addosso. L’ho fatto per ricambiare la fiducia della squadra. Dovevo finire il lavoro nel miglior modo possibile».

Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Vollering e Kopecky
Silvia Persico nella morsa della SD Worx ha tenuto testa a Vollering e Kopecky

Gli sprint con Mosca

La Longo di prima si sarebbe rassegnata al quarto posto, quella di adesso non si arrende e parla da campionessa, con una consapevolezza forse nuova. A tratti si commuove, come se avesse vinto. E a pensarci, in qualche modo si può davvero parlare di una vittoria.

«Si vede che tutti gli sprint al cartello che faccio con Jacopo – sorride – stanno dando i loro frutti. E’ davvero strano avere compagne di squadra che mi cercano per lo sprint, soprattutto perché abbiamo ragazze più veloci di me. Per questo voglio ringraziare tutti nel team per la fiducia, soprattutto sapendo che vengo da un periodo così strano. Si sono presi cura di me e per questo voglio ringraziare il mio direttore sportivo Ina Teutenberg e tutti quelli che lavorano nell’ombra, come i massaggiatori, i meccanici e anche l’addetto stampa (che è vicino a lei e sorride, ndr).

Mentalità vincente

La reazione più bella, Elisa ce l’ha parlando dell’inseguimento alle due ragazze della SD Worx che erano allo scoperto con Silvia Persico: gran bella prova anche la sua.

«E’ stato durissimo inseguirle – ammette – posso mostrarvi i miei dati per farvi vedere quanto è stato difficile. A un certo punto non devi pensare sempre a queste ragazze come a delle creature imbattibili, altrimenti perdi la gara. Ultimamente ho guardato molte gare in televisione e sembrava che ogni volta che erano loro in prima fila, il gruppo si arrendesse, come se non ci fosse possibilità. Invece noi siamo la Trek-Segafredo e dobbiamo fare la nostra gara. Facciamo la nostra gara, ci atteniamo al piano, proviamo a recuperare i primi e proviamo anche a vincere la gara.

«Detto questo, mi sono sentita davvero male tutto il giorno, non avrei mai pensato di poter fare un podio. Ho dato un altro grande shock al sistema, come è già successo nei giorni scorsi. Ma forse è il modo migliore per giocarsi le gare. La Roubaix? E’ un’altra corsa. Lo so che l’ho vinta, ma si corre sabato e questa volta inizierò a pensarci solo da venerdì…».