Buratti punta in alto: ora l’obiettivo è vincere

26.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Quando incontriamo Nicolò Buratti, il sole picchia forte, in uno dei pochi giorni davvero caldi di dicembre sulla Costa del Sol. Il friulano è uno dei sei italiani del Team Bahrain Victorious 2025, arrivato nel WorldTour dal Cycling Team Friuli dopo gli ottimi risultati del 2022. La promozione a metà dell’anno successivo, con il contratto già firmato per il 2024, venne quasi casualmente, per il ritiro inatteso di Haussler. Da allora Buratti ha fatto i suoi passi per gradi e nella scorsa stagione, la prima completa nel WorldTour, sono arrivate la prima top 5 al Giro di Croazia e una serie di ottimi piazzamenti intorno alla top 10.

«La mia motivazione per quest’anno? Migliorarmi a fare sempre meglio – risponde – ma sicuramente vorrei tirar fuori un risultato che mi soddisfi, una vittoria. Credo che questa sia la migliore motivazione che ho. Uscire dalla dimensione degli under 23 è stato già un grande passo, ma qua è veramente un’altra cosa. Bisogna essere sempre al 100 per cento, perché il gruppo è folto. C’è tanta gente che pedala forte, quindi devi essere sul pezzo in ogni gara che fai».

Dopo il Tour Down Under, il 2024 di Buratti è sbarcato in Europa con la Vuelta Valenciana
Dopo il Tour Down Under, il 2024 di Buratti è sbarcato in Europa con la Vuelta Valenciana
Tu hai la percezione di essere cresciuto fisicamente, vedi dei cambiamenti?

Diciamo di sì. Sicuramente mi sento cresciuto a livello di motore. I chilometri crescono, si fanno più gare a tappe e quindi aumenta anche la resistenza sulle lunghe distanze. Quello che noto è che rispetto allo scorso anno, sono arrivato qui in ritiro più allenato, come se fossi partito da una base superiore. Per cui credo che aver fatto una stagione completa nel WorldTour mi abbia cambiato, sia a livello fisico, sia mentale. Sai che puoi rifare le cose che hai già fatto.

Quali sono stati i passaggi importanti del 2024?

Ho partecipato a grandi corse. Classiche come la Milano-Sanremo e anche l’Amstel mi hanno dato esperienza da parecchi punti di vista. In più sono gare che a me piacciono, soprattutto quelle delle Ardenne. Perciò diciamo che a livello di risultati non è stata una stagione di spessore, però ho preso consapevolezza nei miei mezzi. Magari non sono arrivato fra i primi cinque, ma ero spesso a ridosso dei primi dieci. Per cui ora c’è ancora uno scalino da salire, che però è alla mia portata.

Il 2022 è stato l’anno d’oro di Buratti fra gli under 23, con la vittoria di Capodarco fra le più belle
Il 2022 è stato l’anno d’oro di Buratti fra gli under 23, con la vittoria di Capodarco fra le più belle
Più di testa o più di gambe?

Si migliora in tutti gli aspetti. Io sono migliorato dal punto di vista fisico, ma credo anche a livello mentale. Ho acquisito consapevolezza, ho imparato come funzionano certe dinamiche di gara, che magari all’inizio non sono tanto chiare e che sono diverse da una categoria all’altra. Diciamo che bisogna essere anche motivati di testa, bisogna sempre andare avanti e porsi obiettivi concreti.

Chi è il tuo preparatore?

Andrea Fusaz. Mi segue da quando era al CTF, quindi abbiamo un buon legame. Mi conosce veramente bene, ho piena fiducia in lui.

Nel frattempo dal CTF è arrivato anche Skerl. La squadra diventa devo team del Bahrain, che cosa ti sembra?

La considero una cosa positiva. Quest’anno sono tornato a rivedere tanti compagni che avevo nel 2022, che è stata la mia stagione migliore negli under 23. Abbiamo ricreato quel clima, quella famiglia e spero che questo faccia bene a tutti. Sono contento per le persone che hanno sempre lavorato nel Cycling Team Friuli, per il progetto che portano avanti. E sarà un vantaggio anche per i ragazzi che arriveranno in prima squadra, perché avranno più riferimenti e si sentiranno certo meno spaesati.

Nicolò Buratti, classe 2001 (qui al Japan Cup Criterium) è pro’ da metà 2023
Nicolò Buratti, classe 2001 (qui al Japan Cup Criterium) è pro’ da metà 2023
Insomma, tutto bene?

Tutto bene. Siamo fortunati a fare quello che facciamo, è una bella vita: questo è poco ma sicuro. E’ così anche durante l’anno, ma farlo in questi posti è ancora meglio. A casa adesso fa freddo, anche se gli inverni non sono più così rigidi. Diciamo che si viene volentieri ad allenarsi al caldo. Quello che serve per arrivare pronti al debutto. L’anno scorso fu il Tour Down Under, questa volta l’AlUla Tour alla fine di gennaio.

Buratti riparte: la crescita del 2024 e le certezze da ritrovare

14.11.2024
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Per Nicolò Buratti l’approccio al mondo dei professionisti è stato particolare, nel 2023 si è trovato catapultato nel WorldTour di punto in bianco. Fino ad aprile di quell’anno aveva corso tra gli under 23 con il CTF Victorious, poi dieci giorni dopo il Trofeo Piva era andato alla Freccia del Brabante con la Bahrain Victorious. Un salto grande, gestito bene sia da lui che dalla squadra. L’approccio però non è stato semplice e la stagione era scivolata via con qualche acuto ma solamente nella parte finale. 

Un anno e mezzo dopo Buratti si è messo alle spalle la prima stagione corsa interamente nel WorldTour, con 55 giorni di corsa. Esperienze in gare di primo livello come il Tour Down Under e la Vuelta a Catalunya, alternate a corse dove provare a lasciare la sua impronta, una di queste è stata la CroRace di fine stagione. 

Ripresa lenta

Il tempo delle vacanze è finito e Buratti ha ripreso a pedalare, con calma riprenderà confidenza con la bici e il gesto della pedalata. Per gettare la base sulla quale costruire la stagione prossima c’è tempo, ora è il momento di ricalibrare le gambe, con la testa ancora alla stagione appena conclusa

«Ho staccato appena finite le gare – dice Buratti – ero in Giappone, tra il viaggio di ritorno e tutto sono stato in giro un paio di giorni. Una volta tornato mi sono concesso una breve vacanza, alla fine della quale ho passato una settimana a casa nel relax più totale. Da una settimana ho ripreso a muovermi e fare qualcosa, con attività alternative come una camminata in montagna con gli amici. La bici l’ho ripresa da poco, fino al primo ritiro farò qualcosa ma non tanto. Dalle mie parti (Udine, ndr) fa già freddo, le temperature arrivano a una massima di 10 gradi centigradi. La Bora poi soffia forte e abbassa i gradi percepiti». 

I passi della crescita del giovane friulano sono passati anche da gare WorldTour, qui alla Strade Bianche
I passi della crescita del giovane friulano sono passati anche da gare WorldTour, qui alla Strade Bianche

Bilancio

Il resoconto di questo 2024 per il corridore della Bahrain Victorious parla di due soli piazzamenti nei primi dieci. Quello che però ha colpito è la partecipazione in certe gare di primo piano

«La cosa che mi porto dietro dalla passata stagione – dice – è la crescita generale che sento di aver fatto. Sia dal punto di vista fisico, che delle prestazioni, dei numeri e dei valori in generale. Ho visto tante corse importanti dall’interno e credo di aver migliorato anche il modo di correre, interpretare la gara e l’ambiente che la circonda. Queste sono tanto diverse da quelle che si trovano tra gli under 23.

«La stagione 2024 – prosegue – non è stata brillantissima dal punto di vista dei risultati, alla fine se si vanno a vedere le mie statistiche non ci sono spunti particolari. Si poteva fare di più, questo sicuramente, ma rispetto alla stagione passata credo di aver fatto un salto in avanti netto». 

Nelle gare più importanti si è messo a disposizione dei compagni
Nelle gare più importanti si è messo a disposizione dei compagni

Un altro passo

La crescita del ventitreenne friulano è stata costante, ma per costruire una continuità e ristabilire le certezze degli anni passati serve tempo e fiducia. 

«Per arrivare a fare risultato – spiega ancora – mi manca ancora qualcosa, soprattutto per quanto riguarda la consapevolezza. Con il cambio di categoria non è facile trovare quelle certezze che si avevano prima. Da under 23 bastano quattro o cinque gare fatte bene per emergere e acquisire sicurezza nei propri mezzi. Il WorldTour, invece, è un mondo grande dove tanti corridori vanno forte e trovare la propria strada è difficile. A volte basta poco, un risultato o una prestazione di rilievo e trovi la fiducia giusta per fare bene.

«Il prossimo gradino da fare – conclude – credo sia partecipare a un Grande Giro. Tutti dicono che cambia il motore, vedremo a dicembre quali saranno i miei programmi, per ora riprendo a pedalare con serenità».

Buratti il primo inverno con la Bahrain e l’esordio al Down Under

17.01.2024
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Nicolò Buratti risponde al telefono mentre si trova dall’altra parte del mondo, in Australia. Ieri è iniziato il Tour Down Under, la nostra chiamata, però, risale alla vigilia della prima corsa WorldTour della stagione. Appena Buratti alza la cornetta va in scena un simpatico siparietto: «Buonasera» ci dice lui. Noi con un sorriso gli rispondiamo «Buongiorno» facendogli notare che la giornata in Italia è appena cominciata. Battute a parte il discorso passa subito alla stagione che sta per iniziare, la prima iniziata fin da subito nelle fila della Bahrain Victorious

«Sto bene – ci racconta Buratti – siamo venuti ad Adelaide presto, il 2 gennaio. Ci siamo presi due settimane per adattarci al clima e al fuso orario. Abbiamo assaggiato la competizione al Criterium del 12 gennaio e finalmente inizia la stagione. Dico “finalmente” perché sono due settimane che stiamo qui e non vedevo l’ora di iniziare».

L’inverno 2023 è stato il primo in maglia Bahrain per Buratti, dopo il suo arrivo nel team ad aprile dello stesso anno
L’inverno 2023 è stato il primo in maglia Bahrain per Buratti, dopo il suo arrivo nel team ad aprile dello stesso anno

Clima australiano

«Ero già stato in Australia per i mondiali – dice Buratti – ma era differente. Si trattava di una corsa in linea e tutto era più caotico. In questi giorni mi sono goduto di più l’ambiente: il mare, il caldo e tutto quello che c’è. Passare dal freddo di casa ai 30-35 gradi non è male, pedalare in pantaloncini è una bella goduria. Siamo andati a fare un bagno nell’Oceano, abbiamo visitato una riserva naturale dove abbiamo visto canguri e altri animali tipici. Anche i paesaggi sono particolari e belli. Adelaide è una grande città, ma a misura di ciclista, in più a una decina di chilometri fuori dal centro ci sono colline e paesaggi molto belli dove pedalare».

Nelle due settimane passate in Australia prima del Down Under è stato sfruttato anche per vivere il territorio
Nelle due settimane passate in Australia prima del Down Under è stato sfruttato anche per vivere il territorio
Hai finito la stagione tardi, in Giappone, e già riparti… 

Vero, ma ho staccato il giusto, per due settimane. Poi piano piano ho rincominciato, in modo tale da arrivare preparato al ritiro di dicembre. Il Tour Down Under non era nei piani, facevo parte delle riserve, ma una volta in ritiro mi hanno avvisato che avrei corso. Non c’è stato troppo preavviso ma sono soddisfatto di come sto. 

La preparazione è cambiata?

Chiaramente è stata modificata in relazione a questo appuntamento. Ora sarei dovuto essere al ritiro in Spagna, ma essere qui non mi dispiace, anzi. Per essere pronto alla gara ho alzato un po’ i ritmi in allenamento, aumentando il carico di lavoro. 

Che inverno è stato, visto che era il primo in maglia Bahrain…

Buono, a dicembre abbiamo lavorato bene. Conoscevo tutti, avendo fatto tre quarti di stagione con la Bahrain nel 2023. Però partire da zero è un’altra cosa. A livello di allenamenti ho aumentato le ore rispetto allo scorso inverno. Per essere pronto al Tour Down Under ho fatto più intensità in un periodo nel quale non ero abituato. 

Una pedalata al mare in pantaloncini e maglietta, mentre in Italia le temperature sono vicine agli 0 gradi
Una pedalata al mare in pantaloncini e maglietta, mentre in Italia le temperature sono vicine agli 0 gradi
Com’è stato?

Non mi sono trovato male, non ero abituato e quindi facevo molta più fatica anche a wattaggi bassi. Poi mi sono adattato e mi sento bene, pronto. 

Meglio essere in corsa o al ritiro?

All’inizio ero preoccupato nel venire qui senza troppo preavviso, la notizia è arrivata velocemente e avevo paura mi precludesse un po’ i prossimi impegni. Invece devo dire che sono sereno. Sono qui al caldo, corro e la cosa non mi dispiace affatto. 

Sul braccio sinistro i segni della caduta di Buratti durante la prima tappa del Tour Down Under
Sul braccio sinistro i segni della caduta di Buratti durante la prima tappa del Tour Down Under
Che aspettative hai per il Tour Down Under?

So che la condizione non sarà al 100 per cento, ma non sono preoccupato. Dovrò stringere i denti, consapevole che non punterò a risultati particolari. La corsa è impegnativa, è un categoria WorldTour. Si andrà forte, ma le distanze sono contenute: si rimane intorno ai 140 chilometri per tappa. Sforzi da 3 ore o 3 ore e mezza. 

La gamba com’era dopo il Criterium?

Buona, per quel che può valere una gara di un’ora. Siamo andati a tutta e sono soddisfatto di come ho risposto. Ora tocca pedalare e guardare avanti, il 2024 è appena iniziato.

P.S. Durante la prima tappa del Tour Down Under, Buratti è stato vittima di una caduta negli ultimi 10 chilometri. «Una scivolata in discesa – ci ha detto – ho qualche escoriazione e un po’ di botte ma nulla di grave. Lo possiamo definire un incidente del mestiere (dice ridendo, ndr). E’ stata una prima tappa molto calda, con media di 40 gradi e massime di 45. Questo ha reso il tutto più difficile, i ritmi non sono stati elevati, ma il caldo ha comunque inciso sulla fatica».

Pasqualon e Caruso, riferimento per i giovani della Bahrain

28.10.2023
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Ce lo aveva raccontato lo stesso Pellizotti nell’ultima intervista su Antonio Tiberi: Caruso e Pasqualon sono degli ottimi riferimenti per i giovani italiani della Bahrain Victorious. Nel 2023 i giovani erano 4: Milan, Tiberi, Zambanini e Buratti. La prossima stagione andrà via Milan e arriverà Bruttomesso. Tanti ragazzi all’inizio della propria carriera che si possono rapportare con chi ha una grande esperienza in gruppo. 

Pasqualon in questi giorni si trova in vacanza, il 35enne veneto è abituato da anni ad essere una figura di riferimento, ed esserlo anche per i giovani della sua squadra è stato quasi naturale.

«Caruso ed io – ci dice Pasqualon – diamo consigli perché i corridori giovani si fidano di noi. Spesso la sera li prendiamo e facciamo una passeggiata con loro, è capitato durante il ritiro al Foscagno. Li portiamo a fare il giro del lago, è un modo per farli evadere e far sì che entrino in contatto con noi».

Durante i ritiri Pasqualon e Caruso passano tanto tempo con i più giovani (foto Instagram)
Durante i ritiri Pasqualon e Caruso passano tanto tempo con i più giovani (foto Instagram)

Alimentazione e testa

Ma su cosa sono più curiosi questi giovani? Dove hanno maggiore bisogno di sostegno? E al contrario, in quali campi si sentono già pronti? Il mondo del ciclismo è cresciuto tanto e i corridori sono sempre più monitorati, ma non tutto passa da test e controlli.

«Si interessano molto sull’alimentazione – spiega Pasqualon – su come gestirla, se fare un recupero più lungo o qualche ora in più di allenamento. Rispetto a quando abbiamo iniziato noi, ora i ciclisti sono molto più seguiti. Abbiamo nutrizionista, preparatore, dietologo, meccanici… Una volta i corridori giovani ti chiedevano più cose, ora si rivolgono a chi di dovere. Però è aumentata la parte psicologica, ovvero come si vive la corsa. Ad esempio in Belgio nella nostra villa di squadra Mohoric ed io prendiamo i giovani e guardiamo le corse insieme: facciamo vedere loro dove sono i punti salienti, dove si può riposare e tutto il resto».

Tiberi nonostante la giovane età non vive le corse con ansia, ma con la giusta pressione
Tiberi nonostante la giovane età non vive le corse con ansia, ma con la giusta pressione
Tu hai corso con Tiberi, Buratti e Zambanini l’ultima Classica Monumento della stagione, com’è andata?

La sera prima del Lombardia ero in stanza con Tiberi, con lui ho condiviso anche la camera al Tour de Pologne. E’ uno molto sveglio, che chiede e ha la capacità di ascoltare. Ha un grande motore, secondo me per il futuro è uno dei prospetti più interessanti per le corse a tappe. Un aspetto che mi ha colpito in positivo è che prima del Lombardia era sereno, non ha dato troppo peso alla corsa, nonostante fosse uno dei corridori di punta. Tiberi io lo chiamo “cavallo pazzo”, è uno a cui piace divertirsi. A Livigno era il primo che sarebbe voluto uscire una sera in più. Ha tanta energia e lo capisco, ma da corridore bisogna imparare anche a dire dei no. 

La vita in ritiro per un corridore giovane può essere difficile…

Per questo ci siamo noi più esperti, per aiutarli a restare concentrati. A Tiberi ho fatto capire che una volta raggiunto un obiettivo, che nel caso del ritiro di Livigno sarebbe stata la Vuelta, poi può rilassarsi un attimo. Ora nel ciclismo tutto fa la differenza e fare la vita del corridore conta davvero molto ai fini del risultato finale. Però Tiberi ha l’atteggiamento giusto, quello del vero campione.

Nella villa della Bahrain in Belgio Pasqualon aiuta i giovani ad orientarsi nelle corse del Nord (foto Charly Lopez)
Nella villa della Bahrain in Belgio Pasqualon aiuta i giovani ad orientarsi nelle corse del Nord (foto Charly Lopez)
Cioè?

Il campione, uno come Pogacar per intenderci, lascia andare tutto: fa la vita da corridore, ma non si fa travolgere dalla cosa. Lo vedi sempre con il sorriso, anche dopo il secondo posto al Tour era sereno. E’ andato da Vingegaard e gli ha dato la mano, non si è mai arrabbiato. Però da queste sconfitte ne è sempre uscito con più grinta, tanto da aver vinto il terzo Lombardia consecutivo. 

Un atteggiamento, quello di essere più sereni, che Buratti e Zambanini non hanno? 

Zambanini è più quadrato di Tiberi e pensa tanto alla bici, forse troppo: si dedica davvero molto al ciclismo. Prima di una classica è molto più teso, ci pensa molto, è un ragazzo tanto emotivo rispetto agli altri due. Se una corsa non va come vorrebbe ci rimane male, anche oltre misura. Il compromesso giusto sarebbe una via di mezzo tra Zambanini e Tiberi. 

Buratti, che è arrivato a metà anno, come si è inserito?

Bene, molto bene. E’ un ragazzo sveglio che ascolta i consigli, quando gli dici qualcosa capisce subito. Anche lui è sereno e tranquillo, al Lombardia l’ho visto andare molto bene, ed anche in Belgio a inizio stagione si è fatto trovare pronto. La grande forza della Bahrain è il gruppo, siamo molto uniti e questo lo si è notato anche al Giro d’Italia.

In che senso?

Non c’erano Buratti e Tiberi, però avevamo altri giovani con noi: Zambanini, Milan e Buitrago. Parlando con Damiano ci siamo detti che è stato uno dei Giri d’Italia migliori, dove abbiamo creato un gruppo super unito. Infatti non è stato un caso che abbiamo vinto la classifica a squadre. 

Per la Bahrain la squadra conta tanto, infatti al Giro hanno vinto la classifica dedicata ai team
Per la Bahrain la squadra conta tanto, infatti al Giro hanno vinto la classifica dedicata ai team
Insomma, il neo arrivato Bruttomesso può stare sereno, la Bahrain è l’ambiente giusto?

Assolutamente. Lui l’ho visto qualche volta con la nazionale, l’ultima volta all’europeo. Avremo modo di conoscerci e di parlare, ma sono sicuro che si troverà benissimo. In squadra abbiamo l’ambiente giusto, con il mix tra giovani ed esperti difficilmente sbagli e questo si vede. 

Merito anche tuo e di Caruso.

Bisogna anche essere in grado di mettere davanti l’interesse della squadra e Damiano ed io siamo stati capaci di farlo. Lui durante la Vuelta è stato un punto di appoggio importante per tutti, come io lo sono stato al Giro. E’ giusto che corridori come noi insegnino ai giovani, ma non tutti hanno il carattere per farlo.

Il Lombardia di Buratti: l’emozione della prima Monumento

17.10.2023
5 min
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Dall’altra parte del mondo, in Giappone, molti corridori hanno corso l’ultima gara della stagione. Tra questi c’era anche Nicolò Buratti, il friulano ha chiuso una stagione che lo ha visto passare dal CTF Friuli alla Bahrain Victorious. Un salto nella dimensione del WorldTour arrivato nel mese di aprile: Buratti è passato a correre dal Trofeo Piva alla Freccia del Brabante in appena dieci giorni.

«Passare a metà anno nel WorldTour non è semplice – dice – si tratta di un mondo nuovo, anche se lo staff della squadra un po’ lo conoscevo, visto che molti di loro lavorano anche con il CTF. Tuttavia un mesetto, anzi due di adattamento ci sono voluti, ma mi sono inserito bene».

Buratti ha trovato la fuga al primo colpo: ritmi alti fin da subito in gara
Buratti ha trovato la fuga al primo colpo: ritmi alti fin da subito in gara

Un bel finale

Un inizio non semplice, poi però l’adattamento è avvenuto con i giusti tempi, e Buratti si è ritrovato catapultato al Giro di Lombardia. Un premio per questo finale di stagione in crescendo ed un’iniezione di fiducia per quella che sarà la prima stagione interamente tra i professionisti, la prossima. 

«Ho saputo che sarei andato al Giro di Lombardia dopo le gare in Canada – racconta Buratti dal Giappone prima della Japan Cup Cycle Road Race – quindi un mese prima. Ho avuto modo di prepararmi, anche se la mattina alla partenza di Como un po’ di tensione c’era comunque».

Routine post-tappa. Asciugamano e giacca pesante forniti dai massaggiatori…
Routine post-tappa. Asciugamano e giacca pesante forniti dai massaggiatori…
E’ stata la tua prima monumento della carriera…

Ero davvero felice di poter prendere parte ad una corsa così prestigiosa, sono andato subito in fuga, è stato emozionante. Alla fine, a modo mio, sono stato protagonista in una corsa che è un simbolo del ciclismo. Sulle strade c’era tantissimo tifo, non avevo mai provato una cosa del genere. La cosa più bella, probabilmente è stata concluderla, arrivare a Bergamo. 

Avere accanto tanti campioni come ti ha fatto sentire?

Ogni corsa che ho fatto mi sono trovato accanto un campione diverso, certo che al Lombardia c’era un exploit. Anche questa è un’emozione, in realtà fa un po’ strano perché è gente che ammiravi da fuori ed ora sei lì accanto a loro. Devo ammettere che è stato abbastanza bello e gratificante, capisci di essere arrivato dove volevi, con la consapevolezza che sia solo l’inizio. 

I primi risultati sono arrivati alla CRO Race, con quattro piazzamenti su sei in top 10
I primi risultati sono arrivati alla CRO Race, con quattro piazzamenti su sei in top 10
Com’è stato vivere da davanti il Giro di Lombardia, la fuga era un obiettivo prefissato?

Sì. Il fatto che io prendessi parte alla fuga di giornata era nel piano del team. Sono stato fortunato perché il gruppetto giusto è andato via praticamente al primo scatto, cosa che non succede spesso. Anche se poi il gruppo ci ha tenuti a 30 secondi per tanto tempo ed abbiamo spinto al massimo. Durante tutta la giornata non ci hanno mai lasciato tanto margine, quindi i ritmi erano sempre elevati. 

Ti sei staccato dopo 150 chilometri a causa dei ritmi elevati?

Ho sofferto di crampi sulla penultima salita (il Passo della Crocetta, ndr) così mi sono gestito e staccato. Il gruppo mi ha ripreso proprio sullo scollinamento, così ho fatto la discesa con loro e sul Passo di Ganda mi sono staccato definitivamente. Il fatto di aver anticipato il gruppo entrando nella fuga mi ha aiutato a prendere il margine per poi finire la corsa.

La prima stagione da professionista di Buratti si è conclusa in Giappone, alla Japan Cup Cycle Road Race
La prima stagione da professionista di Buratti si è conclusa in Giappone, alla Japan Cup Cycle Road Race
Gli ultimi chilometri come sono stati?

Dopo l’ultima salita mi sono tranquillizzato un po’, il peggio era alle spalle. Per fortuna mi sono trovato in un gruppetto numeroso con altri 20 corridori, così l’ultima parte è stata meno dura. Non avevo mai fatto così tanti chilometri (238, ndr) in gara.

Com’è stato?

In realtà stavo bene, chiaramente competere con i primi è qualcosa di diverso, però ho visto che se ti gestisci e ti alimenti nella maniera giusta non è un problema arrivare in fondo. 

E’ cambiata tanto la tua alimentazione in corsa dopo il passaggio alla Bahrain Victorious?

No, con il CTF lavoravamo bene in tutti i campi. Sicuramente qui sono più controllato ed è molto più semplice imparare perché tutto è preciso e curato nei minimi dettagli. La cosa che è cambiata maggiormente sono gli allenamenti, faccio molte più ore rispetto a prima. 

Buratti (a sinistra) ha corso spesso con Mohoric (a destra) dal quale ha imparato tanto
Buratti (a sinistra) ha corso spesso con Mohoric (a destra) dal quale ha imparato tanto
Un anno di apprendimento che ti sarà utile per il futuro.

Nel 2023 ho imparato tanto, soprattutto guardando i miei compagni di squadra. Solamente osservarli mi ha permesso di capire molte cose. La prossima stagione farò tutto insieme a loro, a partire dal ritiro invernale. Fare una preparazione completa mi aiuterà a crescere ancora, conosco meglio lo staff ed i corridori. Nel mio piccolo posso pormi degli obiettivi: qualche top 10 o dei podi. 

Quale dei tuoi compagni ti ha seguito maggiormente?

Ho corso tanto con Mohoric, è un corridore che qualcosa ha fatto – dice ridendo – è molto preciso e metodico su tante cose: le tattiche in corsa, l’aerodinamica, la bici e l’alimentazione. Guardarlo muoversi in gruppo mi ha aiutato tanto, poi lui parla benissimo l’italiano. 

Poi è un ragazzo che parla spesso e volentieri. 

E’ proprio adatto per il ruolo da “chioccia”, perché non si stanca mai di spiegare e di farti vedere le cose. 

Parte il Giro del Friuli: con Buratti nei segreti della corsa

31.08.2023
6 min
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Gimondi, Basso, Chiappucci, Simoni, Pogacar. La lista dei vincitori del Giro del Friuli Venezia Giulia vanta nomi che hanno fatto la storia di questo sport. Oggi scatterà la 59ª edizione con un parterre internazionale pronto a dare spettacolo in questi quattro giorni di corsa. L’anno scorso Emiel Vestrynge ha portato a casa il successo e l’ambita maglia gialla davanti a Nicolò Buratti e a Davide Toneatti. Li abbiamo visti sfidarsi in quattro tappe di fuoco, compreso l’arrivo spettacolare sullo Zoncolan. 

Quest’anno la corsa è pronta a infiammarsi nuovamente sulle strade friulane altrettanto dure e affascinanti, di cui la Regione è ricca e che ogni anno mostra al Giro d’Italia. Per scoprire il percorso ci siamo affidati a chi, quest’anno, è professionista ma su queste strade si allena e l’anno scorso ha portato a casa un secondo posto nella generale e due successi di tappa. Nicolò Buratti, ti va di presentarci il Giro FVG 2023?

L’arrivo a Colloredo di Monte Albano 2022(foto Bolgan)
L’arrivo a Colloredo di Monte Albano (foto Bolgan)
Che corsa è il Giro del Friuli Venezia Giulia?

E’ una gara che mi tocca molto, ci sono molto affezionato essendo friulano. Sicuramente è un palcoscenico internazionale importante e vanta un palmares di grandi campioni. Il territorio che tocca racchiude quasi tutto il Friuli e questo è un plauso che va fatto agli organizzatori che negli ultimi anni sono riusciti a valorizzare sempre di più questa corsa. Ogni anno riescono a tirare fuori veramente un bel percorso e completo per tutti i corridori. C’è spazio per riuscire a portare a casa il risultato ed emergere in base alle proprie caratteristiche. 

Come va interpretata una gara a tappe di questo tipo? 

Bisogna stare sempre con l’occhio vigile, perché le tappe sono tutte insidiose e se si vuole portare a casa il Giro bisogna sempre stare sul pezzo ogni giorno. Poi, ovvio, parlando di quest’anno, c’è la tappa regina che è quella con l’arrivo a Sauris in cui sicuramente, almeno sulla carta, si dovrebbe fare la classifica generale. Ma attenti alla seconda tappa che è molto simile a quella affrontata l’anno scorso.

Parliamo del percorso. La prima tappa sulla carta è per velocisti… 

Sì, direi che lascia poco spazio ad altre interpretazioni. Sono 160 chilometri piatti, dove bisognerà stare davanti e attenti alle cadute.

La seconda tappa invece sembrerebbe facile, potrebbe presentare qualche insidia?

E’ una tappa molto insidiosa perché molto simile a un percorso da classica con stradine strette e strappetti e alla fine verrà fuori sicuramente la fuga. L’anno scorso diciamo che il Giro l’ho perso in quella frazione. Perché è andata via una fuga importante con dentro Verstrynge e Toneatti che hanno preso un minuto e mezzo. Alla fine si è giocato tutto lì, anche se il giorno dopo comunque ci sarebbe stato lo Zoncolan da affrontare. Quindi bisogna stare attenti sempre e stare concentrati.

La terza è la tappa regina di questa edizione. Conosci la salita finale?

Sì, la conosco anche se non sono proprio di quelle parti. Sono però strade che ho già fatto. La salita del Passo Pura è una salita veramente impegnativa. Sono quasi quaranta minuti di ascesa tosta. Da non sottovalutare neanche la discesa, perché è tecnica e si arriva proprio ai piedi del lago di Sauris e non è finita perché si hanno ancora cinque chilometri, se non di più, per raggiungere la cima. La selezione sicuramente verrà fatta sul Pura, ma bisogna avere gambe per arrivare fin sulla linea del traguardo senza accumulare distacchi.

Il Giro si chiude con l’arrivo a Trieste…

Secondo me non può essere considerata una tappa tranquilla per chi ha la maglia di leader. Non può ritenere di aver vinto il Giro, assolutamente, perché l’ultima tappa è un po’ come la seconda. E’ complicata, la conosco perché sono strade un po’ più della mia zona perché si passa a una ventina di chilometri da casa mia. Ma soprattutto la parte di Trieste è una parte molto complicata, tecnica, con strade veloci che si alternano a stradine fino alla fine. L’arrivo è difficile, perché si entra a Trieste, che comunque non non è proprio una città piatta.  E’ sul mare però c’è anche tanta salita e si arriva da dietro, praticamente dalla Slovenia. Il finale me l’hanno raccontato i ragazzi che sono stati a provarlo. E’ veramente difficile, entrando in centro città bisogna stare attenti. 

E’ il tuo primo anno lontano da questa corsa. Ti mancherà non correrla? 

Sono contento di essere sicuramente passato professionista e questo mi ripaga. E’ un Giro che comunque mi sarebbe piaciuto molto come percorso e diciamo soprattutto, l’ultima tappa che arriva a Trieste sarebbe stata molto adatta a me, così come anche la seconda. Mi sarei sicuramente divertito.

C’è qualche tuo ex-compagno che vedi bene per questo appuntamento?

Il Cycling Team Friuli è una squadra forte, insomma, è la squadra della regione, quindi sicuramente ci puntano a fare bene. C’è Daniel Skerl che è un ottimo velocista e per la prima tappa è uno dei favoriti. Direi anche per l’ultima se riesce a tenere duro, essendo lui di Trieste, conosce molto bene le strade. Per la seconda tappa direi Giovanni Bortoluzzi, che vive nelle zone di Fagagna. Infine c’è sempre anche Davide De Cassan, che credo sia l’uomo di punta per la squadra. Oltre alla generale penso che la terza tappa sia quella più adatta a lui, la più dura, dove potrebbe ritagliarsi delle belle soddisfazioni.

Buratti è pronto per il finale di stagione con le classiche canadesi
Buratti è pronto per il finale di stagione con le classiche canadesi
Il Giro del Friuli è una corsa di importanza internazionale, chi vince qui dimostra di essere pronto per appuntamenti più importanti. C’è qualcuno che vedi particolarmente favorito?

Sono sincero, non ho visto bene la lista partenti, quindi non posso dire un nome. So che c’è Luca Vergallito che insieme all’Alpecin Devo, squadra che ha vinto l’anno scorso, avranno voglia di riconfermarsi. C’è un parterre straniero importante, quindi chiunque vincerà sarà un nome di spessore. Io tifo gli italiani ma prima ancora i ragazzi del team Friuli. 

E Buratti cosa farà in questo finale di stagione?

Sono appena tornato a casa dal Renewi Tour. Sono molto contento del programma che mi sta facendo fare la squadra. Ovviamente la prima parte è stata un po’ di adattamento e adesso sto iniziando a ingranare bene. Sono uscito bene da quest’ultima corsa. E’ un ritmo diverso dal mondo degli under, posso confermarlo (ride,ndr). Si va molto più forte però piano piano, un gradino alla volta ce la faremo ad arrivare in alto. Adesso farò ancora una settimana a casa e dopo partirò per il Canada, quindi farò le classiche di Quebec e Montreal e anche qui sono molto contento perché non sono proprio due garette.

Due mesi di fuoco per Amadori, tra Glasgow e Avenir

27.06.2023
6 min
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«Per una volta la trasferta era vicino a casa – esordisce così il cittì Amadori in riferimento al campionato italiano under 23 – 30 minuti di macchina ed ero lì. Ho anche seguito la gara dalla moto, un modo per vivere la corsa da dentro. Il campionato italiano è uscito tecnicamente bello e impegnativo, tirato insomma. I ragazzi se le sono date per tutto l’arco della corsa, hanno gareggiato a viso aperto (in apertura il podio, foto Mario Zannoni). Come presumibile chi usciva dal Giro Next Gen aveva qualcosa in più, lo testimonia la vittoria di Busatto».

Alessio Martinelli è stato il miglio italiano al Giro Next Gen, sesto in classifica generale (foto Lisa Paletti)
Alessio Martinelli è stato il miglio italiano al Giro Next Gen, sesto in classifica generale (foto Lisa Paletti)

Un passo indietro

Il Giro Next Gen si è concluso da poco più di una settimana, Staune-Mittet ha vinto, e dopo la tappa dello Stelvio era già abbastanza chiaro il suo dominio. Il norvegese si è fatto carico degli oneri della maglia rosa custodendola fino alla fine. Gli italiani non hanno tuttavia sfigurato, il sesto posto di Martinelli ed i piazzamenti di tappa hanno dato al cittì del materiale su cui lavorare. 

«Ci siamo difesi bene – ammette – partendo dalla classifica direi che il sesto posto di Martinelli non è da buttare, anzi. La sfortuna ci ha privato di Pellizzari, il quale sulla carta era un ragazzo che poteva ambire al podio. Sarebbe stata la strada a parlare, ma una sua sfida con i grandi avrebbe fatto piacere.

«Se guardiamo tappa per tappa – continua – le cose sono andate molto meglio. I ragazzi hanno sofferto molto nella cronometro, l’unico buon risultato è stato quello di Busatto, sedicesimo. Per quanto riguarda le altre frazioni, non mi lamento. Sono andati molto bene con una vittoria di tappa e tanti piazzamenti. I due tapponi di montagna ci hanno visti in qualche modo protagonisti, con il quarto posto di Martinelli sullo Stelvio e di Cretti a Cansiglio. Non dobbiamo dimenticare che il parterre era di altissimo livello, questi atleti li vedremo anche al Tour de l’Avenir».

Due mesi di fuoco

Il tutto in vista degli impegni futuri, che saranno costruiti dal ritiro di Sestriere, per il quale si partirà il 9 luglio. Amadori passerà gran parte della sua estate in trasferta, il periodo si farà caldo non solo per il clima ma soprattutto per gli appuntamenti. 

«Dal 9 luglio – racconta Amadori – faremo un primo blocco di lavoro per il mondiale di Glasgow. Partiremo poi in direzione Francia per correre una breve gara a tappe e lì avrò le mie risposte. Il mondiale, che si correrà il 12 agosto, sarà il primo obiettivo. Senza dimenticare il Tour de l’Avenir, per il quale lavoreremo nella seconda parte del ritiro di Sestriere. Eccezionalmente questo evento è stato spostato al 20 agosto».

I giorni del Giro Next Gen hanno confermato al cittì della nazionale under 23 un fatto già noto: i devo team delle squadre WorldTour stanno scavando un solco

«Queste squadre giovanili – afferma – sono tanta roba. Programmano la stagione con obiettivi e allenamenti mirati. Hanno un modo di lavorare uguale a quello delle squadre superiori con l’obiettivo di far crescere i loro ragazzi con gare di un certo livello. Busatto ne è l’esempio più grande. Ma di ragazzi che si giovano di questo metodo ce ne sono altri, basti vedere come hanno corso il campionato italiano Belletta e Mattio, entrambi nel devo team della Jumbo-Visma».

Strade diverse

Mondiale e Tour de l’Avenir presentano tante differenze, difficile che corridori adatti come fisionomia al percorso di Glasgow possano essere protagonisti poi in Francia. Le strade da percorrere quindi sono divise, obiettivi diversi e quindi preparazioni differenti. Quello che si è notato nelle ultime gare, Giro Next Gen su tutti, visto anche il cambio di regolamento per i corridori da schierare, è che non ci sia più spazio per distinguere tra under 23 e professionisti

«Forse – dice Amadori – gli unici due che possono correre mondiale e Avenir sono Romele e Busatto. Il percorso di Glasgow si addice molto ai nostri ragazzi, su tutti loro due, ma penso anche a De Pretto o Bruttomesso. Poi c’è anche da fare un paragone su chi verrà a giocarsi la gara delle altre nazionali. Segaert è a tutti gli effetti un professionista, basta vedere cosa ha fatto ai campionati nazionali, sia a crono che in linea. Kooij è un altro corridore che potremmo avere come avversario. E’ chiaro che davanti a scelte simili noi ci adegueremo, il confine tra under 23 e professionisti è ufficialmente caduto. Noi abbiamo dei ragazzi under 23, che corrono già con i professionisti, che possono essere utili alla causa. Per il mondiale ho in mente Buratti e Milesi, per l’Avenir Piganzoli». 

Parentesi Stelvio

Sulle strade del Giro Next Gen il cittì Amadori era presente, ed ha assistito in prima persona al disastro dello Stelvio. Un suo parere è d’obbligo in situazioni delicate come questa. 

«La prima cosa che mi viene da dire – spiega – è che bisogna voltare pagina. E’ stata un’esperienza negativa che è servita a far capire a tutti che bisogna essere professionali a 360 gradi. Si è trattata di una concausa di errori e altre cose superficiali, reputo i ragazzi come ultimi nella fila delle persone che hanno sbagliato. Prima viene chi li ha messi in quelle condizioni».

Una “buona” fatica. Il diario di Buratti al Tour of the Alps

23.04.2023
6 min
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PREDAZZO – Il ghiaccio lo aveva rotto alla Freccia del Brabante, ma Nicolò Buratti, malgrado la gran fatica, è ben felice di aver capito al Tour of the Alps ciò che lo attende tra i pro’. E’ quello che ha sempre voluto e adesso non fa certo il difficile se gli ultimi giorni sono tosti.

Alla corsa dell’Euregio abbiamo seguito un po’ più da vicino il 21enne della Bahrain-Victorius, formazione che era partita con l’obiettivo della vittoria finale e che ha chiuso sul podio grazie al terzo posto di Jack Haig. Ne abbiamo ricavato una sorta di suo diario giornaliero di tappa in tappa. Un momento in cui esprimere le proprie sensazioni che il friulano di Corno di Rosazzo ha accettato di buon grado, riuscendolo a gestire altrettanto bene. Parlare a caldo quando l’acido lattico ti sta mordendo ovunque non è la circostanza preferita di un corridore, ma Nicolò non ci ha mai negato un sorriso.

Nonostante la fatica, Buratti giudica molto buona e formativa l’esperienza al Tour of the Alps
Nonostante la fatica, Buratti giudica molto buona e formativa l’esperienza al Tour of the Alps

Prima tappa

La frazione inaugurale del Tour of the Alps prevede 2.470 metri di dislivello in meno di 130 chilometri di corsa. L’arrivo austriaco di Alpbach non appare troppo duro, a parte un tratto in doppia cifra di pendenza.

«C’è poco da dire – esordisce Buratti – qui si fa fatica. E’ stata una tappa corta e piuttosto esplosiva. Il ritmo è stato elevato in generale. Sono arrivato abbastanza stanco però ho cercato di aiutare la squadra nel miglior modo possibile in base alle mie capacità. Prima dell’ultima salita, che era bella dura (Kerschbaumer Sattel, 5,2 km al 10%, ndr) mi sono staccato e sono arrivato al traguardo cercando di recuperare».

Seconda tappa

La tappa numero due del “TotA” ha 400 metri e 35 chilometri in più rispetto al giorno prima. Sul traguardo della Ritten Arena a Renon vince ancora Geoghegan Hart (stavolta in uno sprint ristretto) ma la Bahrain-Victorius piazza Haig e Buitrago sul podio parziale. Inoltre il colombiano prende la maglia azzurra di miglior scalatore.

«E’ stata una giornata altrettanto dura come ieri – spiega Nicolò mentre si disseta con una aranciata – la tappa è stata più controllata, anche se il ritmo è comunque stato alto. Personalmente sono più contento perché sono riuscito ad aiutare molto di più la squadra. Il mio lavoro l’ho svolto. Anche oggi, sulla salita che portava a Renon, sono venuto su tranquillo».

Il compito di Buratti (in terza posizione) al TotA è stato di quello di lavorare per la squadra fino alle ultime salite
Il compito di Buratti (in terza posizione) al TotA è stato di quello di lavorare per la squadra fino alle ultime salite

«La squadra che c’è qua – aggiunge – in pratica è quella che andrà al Giro d’Italia, quindi i compagni sono in rampa di lancio. In ogni caso dal Brabante ad oggi è stato un percorso piuttosto positivo per me. La classica belga è stata corsa in maniera più simile alle gare U23 e devo essere sincero che non mi sono trovato troppo fuori luogo. Qui invece al Tour of the Alps è dura. C’è tanta salita, sono tutti scalatori e tutti in condizione pre-Giro. Insomma, si fatica e basta (sorride mentre ci saluta, ndr)».

Terza tappa

Il Tour of the Alps entra nel vivo con una frazione di non semplice lettura. Si scende dall’altopiano di Renon e si viaggia sulle fondovalli che portano sotto Trento. Praticamente tutta pianura tranne i due GPM di giornata. Dieci chilometri verso il Lago di Cei (a circa due terzi della tappa) e poi gli ultimi quindici abbondanti di ascesa (al 7,5 per cento) che portano a San Valentino di Brentonico.

«E’ stata una tappa dura come ci avevano anticipato – ci dice Buratti mentre i massaggiatori si preoccupano di coprirlo dall’aria fredda – le gambe stanno iniziando a bollire, a perdersi un po’ per strada. Anche se affaticato, tuttavia sono riuscito a finire abbastanza bene. Adesso vediamo come recupererò stasera. Domani si arriva a Predazzo e quella sarà veramente la tappa più dura di tutte. In ogni caso per me è sempre più un banco di prova importante. Per me sono le prime esperienze con i pro’, quindi è utile per fare gamba. Prendo quello che viene senza problemi».

Alla partenza della quarta di tappa da Rovereto, Buratti era sereno sapendo cosa lo aspettava
Alla partenza della quarta di tappa da Rovereto, Buratti era sereno sapendo cosa lo aspettava

Quarta tappa

Ha ragione Buratti, quella che parte da Rovereto è la tappa più incline al format della corsa. Un continuo su e giù per le vallate trentine per un totale di 3.600 metri di dislivello spalmati su poco più di 150 chilometri. Nel frattempo il meteo è diventato più inclemente e alla partenza scappa qualche goccione d’acqua. La pioggia accompagnerà i corridori fino a Predazzo. Nicolò lo intercettiamo tra il suo bus e il podio-firma. Non si aspetta nulla di particolare, sforzi a parte, ma l’umore appare buono. La sua tappa durerà poco più della metà.

«La fatica si è fatta sentire – ci racconta nel tardo pomeriggio – soprattutto con la partenza subito in salita (quasi sedici chilometri verso Passo Sommo, sopra Folgaria, ndr). Non è stata la mia miglior giornata e di conseguenza ho pagato un po’ più del dovuto. E’ vero, ho concluso in anticipo il mio Tour of the Alps però rientra tutto in quello che può considerarsi bagaglio di esperienza.

«Era la mia seconda gara con i pro’, una gara di una certa caratura tra l’altro, visti i partecipanti. Ho accusato un po’ il ritmo alto di andatura del gruppo. Tuttavia penso che queste mazzate facciano bene per crescere e capire il livello».

Dopo un periodo di recupero, Buratti potrebbe tornare in gara al Giro di Ungheria dal 10 al 14 maggio
Dopo un periodo di recupero, Buratti potrebbe tornare in gara al Giro di Ungheria dal 10 al 14 maggio

«Adesso farò qualche giorno di recupero – chiude Buratti – Devo ricaricare le batterie al meglio, poi tornerò ad allenarmi per i prossimi appuntamenti. Forse potrei correre il Giro di Ungheria però vedremo. So che devo continuare a migliorarmi per arrivare al livello dei grandi che si giocano le corse. E’ stata un’ottima esperienza, soprattutto perché alla fine ho fatto una settimana con la squadra. Sono molto contento perché mi ha consentito di conoscere meglio l’ambiente e capire come si muove una squadra World Tour durante una corsa a tappe. Prendo con piacere il lato positivo di questi giorni di fatica».

Buratti di volata tra i pro’: oggi debutta al Brabante

12.04.2023
5 min
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Si è messo tutto in moto all’inizio della Tirreno-Adriatico, quando il team manager Miholjevic ha chiamato il suo procuratore Scimone per chiedergli se Nicolò Buratti fosse pronto per esordire subito alla Bahrain Victorious. Il friulano si era appena fatto una ragione della grande delusione per il passaggio rinviato al 2024, nonostante il grande finale di 2022, quando la porta si è riaperta.

La sua stagione era già iniziata. Terzo alla Firenze-Empoli. Secondo alla Gand-Wevelgem. Tredicesimo al Piva. E quando il resto del Cycling Team Friuli si avvicinava al Giro del Belvedere e al Palio del Recioto, Buratti ha chiuso la valigia ed è volato in Belgio (in apertura foto Team Bahrain Victorious).

La Freccia del Brabante parte da Leuven e arriva a Overijse, dopo 206,1 chilometri
La Freccia del Brabante parte da Leuven e arriva a Overijse, dopo 206,1 chilometri
Che effetto fa passare dal Belvedere alla Freccia del Brabante?

Più o meno sono la stessa cosa (ride, ndr). Un po’ di emozione la sento. Però comunque sono molto contento, felice ed entusiasta di intraprendere questa nuova avventura.

La notizia è uscita lunedì, ma il meccanismo era in ballo da un pezzo…

Mi hanno contattato più o meno un mese fa, dicendomi che c’era questa possibilità. Ovviamente ho accettato e non potevo essere più felice. Poi si è trattato di fare tutte le pratiche e le formalità. E adesso sono qui (abbiamo parlato con Buratti ieri pomeriggio: oggi alle 12,30 prenderà il via da Leuven nella prima corsa da pro’, ndr).

Ti eri rassegnato all’idea di fare un altro anno negli under 23?

E’ stato un fulmine a ciel sereno. Ormai avevo programmato la stagione, mi ero posto i miei obiettivi. All’inizio sono rimasto di sasso, proprio perché devo resettare tutto, reimpostare le tabelle e rivedere i miei obiettivi.

Il 26 marzo, Buratti ha conquistato il secondo posto alla Gand-Wevelgem (foto Instagram CTF)
Il 26 marzo, Buratti ha conquistato il secondo posto alla Gand-Wevelgem (foto Instagram CTF)
Il secondo posto alla Gand dice che la condizione è quantomeno decente, no?

Vero, sono in un buono stato e spero che non ci sia troppo divario tra una categoria e l’altra. Sicuramente il salto c’è, però spero di non subirlo così tanto.

Hai già ricevuto un programma delle prossime corse?

Al momento solo la Freccia del Brabante, poi si vedrà. Sicuramente mi daranno presto una bozza di calendario.

E’ stato più semplice abituarsi a questo passaggio o farsi una ragione l’anno passato del fatto che non saresti passato subito?

Me ne ero fatto una ragione, quindi è stato più complicato capire che stavo passando in maniera così veloce. Siamo rimasti tutti a bocca aperta, io per primo.

Buratti è stato il miglior azzurro lo scorso anno ai mondiali di Wollongong
Buratti è stato il miglior azzurro lo scorso anno ai mondiali di Wollongong
Amadori ha detto che il piano di fare di te il leader del mondiale U23 non cambia.

Sono d’accordo. Si dovrà vedere il calendario col team e quello della nazionale. Avevo in programma qualche gara con Marino, adesso vedremo se riuscirò a rispettare le date. Però comunque al mondiale vorrei esserci.

Che effetto fa ritrovarsi di colpo in ritiro nella squadra WorldTour?

Per fortuna avevo fatto ritiri con loro quest’anno a dicembre e gennaio. Quindi lo staff l’avevo già visto e anche se non li conosco bene di persona, so quali sono le persone di riferimento. Lo stesso con gli altri corridori. C’è Fran Miholjevic con cui ho corso per due anni. C’è Jonathan Milan, che è friulano anche lui. C’è Govekar, che ha 22 anni. Siamo una squadra giovane, però punteremo a fare sicuramente bene.

Fra i risultati migliori del 2022, la vittoria di Capodarco è da incorniciare
Fra i risultati migliori del 2022, la vittoria di Capodarco è da incorniciare
Hai tenuto la stessa bici?

Ho cambiato modello. Oggi nel giro di scarico (ieri, ndr) ho provato la Merida Reacto, mentre prima avevo la Scultura. Però le geometrie sono le stesse, quindi mi sono trovato subito bene.

Ti aspetti qualche incarico particolare nella prima gara da pro’?

Farò quello che mi diranno di fare e insieme dovrò capire come sarà la gara. Devo ambientarmi, dovrò capire il team e il team dovrà capire me, come mi approccio e come mi gestisco. Insomma, quel che serve si farà.

Dopo il Kemmelberg della Gand, cosa pensi di questi muri?

Le gare in Belgio sono particolari. Recentemente sono andato bene, quindi ho preso un po’ le misure di come si corre qui. Sicuramente da professionista la modalità di gara cambia. E i muri sono duri, niente da dire, bisognerà avere le gambe per superarli.

Buratti ha iniziato l’anno con il Cycling Team Friuli, è passato alla Bahrain Victorious da oggi, 12 aprile 2023 (foto TBV)
Buratti ha iniziato l’anno con il Cycling Team Friuli, è passato alla Bahrain Victorious da oggi, 12 aprile 2023 (foto TBV)
Come ti hanno salutato i compagni del CTF?

Sono stati contenti, è proprio un passaggio di testimone. Adesso tocca a loro riuscire a passare e cogliere i risultati che meritano. Mi auguro veramente di incontrarli entro un paio d’anni. Hanno le capacità per farlo e se c’è l’ho fatta io, che non sono un extraterrestre, possono tranquillamente farlo anche loro.

Dovrai cambiare preparatore? 

No, sarò seguito ugualmente da Andrea Fusaz e anche questa è una grande cosa.

Si può dire in bocca al lupo?

Si deve dire, grazie. Un po’ di fortuna ci sta sempre bene.