Ieri vi abbiamo parlato della Sanremo di Niccolò Bonifazio. Il corridore della Corratec-Vini Fantini era rimasto in gruppo e aveva corso “coperto”. Ciononostante abbiamo visto dati e tempi da capogiro. Stavolta analizziamo la Classicissima di Mirco Maestri, che invece è andato in fuga.
Il corridore della Polti-Kometa ha quindi preso tanta aria e ha corso in modo differente. E’ dunque interessante sapere come è stata gestita la sua gara. Di certo Maestri è stato più costante di Bonifazio, il quale ha dato tutto tra Berta e arrivo. Arrivo su cui Mirco è transitato in 44ª posizione a 1’16” da Philipsen. Quindi 42” prima di Bonifazio.
Mirco, insomma ancora una Sanremo in avanscoperta…
Su otto Classicissime a cui ho partecipato, sette le ho fatte in fuga. Stavolta all’inizio avevo delle sensazioni un po’ strane: il gruppo non ci dava grosso spazio, poi siamo andati, ma è stata una faticaccia. Credevo ci venissero a prendere prima della Cipressa. Mi sono dovuto dare da fare nella fuga.
Nel senso che hai tirato forte?
Intendo che mi sono fatto ascoltare perché c’era questa ansia di voler andare a tutta, perché avevamo solo un minuto e mezzo o due. Io gli dicevo: «E’ inutile spingere di più, perché l’andatura la fa il gruppo. E’ meglio che ci teniamo “le banane” nel sacco. Risparmiamo energie per quando scendiamo dal Turchino. Poi una volta sull’Aurelia diamo tutto quello che abbiamo». Il vento un po’ ci avrebbe aiutato.
In effetti quel paio di minuti non era rassicurante come vantaggio…
Ma è così. E sempre agli altri in fuga dicevo: «Vedrete che comunque non ci vengono a riprendere presto. Non riapriranno la corsa a 150 chilometri dall’arrivo».
Insomma hai giocato d’esperienza…
Bisogna rischiare e fidarsi delle sensazioni. Poi avevo un compagno di fuga come Tonelli con il quale ci si conosce da una vita. Siamo stati bravi calcolatori. Ci siamo confrontati spesso ed è stata la scelta migliore.
Passo indietro: dicevi che le sensazioni non erano super nei primi chilometri: perché?
Venivo da una Tirreno impegnativa e da una Milano-Torino in cui forse non avevo recuperato benissimo, quindi non ero proprio tranquillissimo di testa. Avevo paura di non averne abbastanza perché conosco il livello e il dispendio energetico che ci vuole per questa corsa. Soprattutto se affrontata all’attacco. Però più passavano i chilometri, più stavo meglio. Sono una sorta di diesel e corse come la Sanremo sono ideali per me.
Mirco, parliamo invece un po’ di numeri: i battiti medi sono stati 124, quelli massimi 163. All’inizio salivano troppo o al contrario non salivano?
I battiti erano nel range. Però ci abbiamo messo una quindicina di chilometri ad andare in fuga ed è stato abbastanza stressante. Si andava veramente forte. Nella prima mezz’ora abbiamo fatto 54 di media. I primi 20-25 minuti sono stati tosti per andare in fuga. Ed ogni anno è peggio!
DATO | VALORE | DATO | VALORE |
Tempo | 6h 15’43” | FTP normalizzata w | 373 |
Km | 285 | Watt Cipressa | 453 |
Velocità media | 45,5 km/h | Watt Poggio | 438 |
Watt medi | 280 | FC media | 124 |
Watt max | 1.474 | FC max | 163 |
Watt sui 5′ | 477 | Rpm medie | 89 |
Watt sui 10′ | 453 | Calorie | 6.867 |
Watt sui 20′ | 393 | Lavoro Kj | 6.225 |
Perché?
Perché le squadre dei grandi non solo vogliono un numero giusto di fuggitivi, ma non vogliono neanche che ci siano certi connubi di corridori. Chi può tenere troppo, collaborare. O essere pericoloso per il finale. Però anche loro ad un certo punto dovevano mollare. Altrimenti saremmo arrivati a Sanremo così!
Come hai gestito lo sforzo? Dai dati che ci ha fornito il tuo coach, Samuel Marangoni, si parla di qualcosa come 6.867 calorie.
Mi sono gestito molto a sensazione. Poi ammetto che i dati li ho visti dopo. Un po’ per non farmi condizionare, un po’ perché preferisco essere concentrato sulla gara. I battiti cardiaci per esempio non li metto mai nella prima pagina del computerino. Non li voglio vedere. Sentivo però che nei momenti di spinta, quando c’era da andare, la gamba rispondeva bene, vuol dire che i watt c’erano. E le spinte erano comunque sempre un po’ sotto controllo. In una corsa del genere devi controllarti altrimenti non ci arrivi al traguardo.
Si dice che sui Capi si capisce se un corridore sta bene o no. E’ così?
Vero, i Capi sono il primo banco di prova. E lì non menti, cominci ad avere un certo chilometraggio nelle gambe. Se lì non ne hai, si spegne tutto.
Sui Capi però aumentano vertiginosamente i watt…
Naturalmente, prima viaggi con un wattaggio costante, soprattutto se sei in fuga. Cerchi anche di spendere il giusto. Nella doppia fila classica hai dei momenti di più alto wattaggio quando sei in testa, ma poi lavori più basso. Sui Capi però passi a spingere in Z4 alta, anche Z5.
E sulla Cipressa?
Lì dai tutto quello che resta. Il tuo corpo ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: «Non abbandonarmi!». Davvero il fisico non ne può più. Quest’anno ho avuto una giornata particolarmente buona, anche perché quando mi hanno ripreso dopo la Cipressa, col fatto che era partito il mio compagno Bais, sono riuscito a gestire e a “recuperare” prima del Poggio. In questo modo ho avuto un po’ più di gamba. Su quello strappo ormai si sale a 40 all’ora (la media di quest’anno è stata di 39,8 km/h, ndr) e l’ultimo tornante l’ho preso un po’ troppo esterno. Ho dovuto frenare ma a quel punto non sono più riuscito ad alzarmi in piedi.
Parliamo di cadenze, ci si bada in una corsa tanto lunga come la Sanremo?
Come per le altre corse. Chiaro che se riesci ad essere un po’ più agile prima, tanto meglio visti i tanti chilometri. Salvi la gamba e nel ciclismo di oggi conta moltissimo. Io tendo ad andare abbastanza duro, però stare in fuga e girare regolari mi ha aiutato in tal senso e infatti un filo più agile del solito sono andato. Diciamo che il top è pedalare tra le 90-95 rpm. E’ stato così anche una volta sull’Aurelia, ma con un dente o due più duri.
E sulle salite?
Sulla Cipressa salivo a 80-85 rpm. Non so con che rapporto, ma con la corona grande, il 54, di sicuro. Ormai tutte le salite le facciamo a 30 all’ora o più. E in quasi tutte le corse si va via di 54.