Roberto Amadio, nazionale

Zanatta ci racconta l’Amadio cittì: dai corridori all’ammiraglia

05.12.2025
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Un anno dopo in Federazione sono tornati a mescolare nuovamente le carte, Marco Villa riprende la pista femminile e seguirà il settore delle cronometro. Mentre Elia Viviani è stato nominato team manager per strada e pista, prendendo il posto di Roberto Amadio. Quest’ultimo è diventato il cittì della nazionale maschile. A più di dieci anni di distanza Roberto Amadio tornerà quindi a guidare l’ammiraglia e a gestire le dinamiche di corsa. La novità è interessante, anche se sono da capire i motivi che hanno portato al cambio di guida tecnica. 

Roberto Amadio ritrova un ruolo in ammiraglia dopo gli anni in Liquigas, con un’avventura partita nel 2005 e terminata nel 2014 quando la squadra prese il nome di Cannondale. Una figura che ha lavorato per diverso tempo accanto a lui è quella di Stefano Zanatta, così siamo andati direttamente dal diesse della Polti VisitMalta per farci raccontare i segreti e i particolari dell’Amadio tecnico. 

Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985
Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985

Di nuovo sulla macchina

Zanatta in questi giorni è alle prese con il percorso del Giro d’Italia, ne sta studiando il percorso e la logistica. La sua squadra non è ancora certa di ottenere la wildcard, anche se sembra esserci qualche certezza in più rispetto allo scorso anno. Basso e i suoi uomini sperano di ottenere una risposta nei primi mesi del 2026, nel frattempo ci si porta un po’ avanti con il lavoro

«Con Amadio ho lavorato tanto negli anni buoni – dice scherzando Stefano Zanatta – penso sia la persona più adatta e ricoprire il ruolo da cittì in questo momento. E’ stato tanti anni nell’ambiente e le dinamiche dell’ammiraglia le conosce bene. Il sistema è cambiato, non c’è dubbio, ma forse per chi ricopre il ruolo di cittì meno. Pensate solamente alle radioline, vero che c’erano anche ai tempi della Liquigas, ma erano strumenti meno potenti e precisi di quelli che ci sono ora».

Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Avete lavorato gomito a gomito già da quando eravate corridori…

Ci siamo trovati in squadra insieme per la prima volta nel 1987 alla Supermercati Brianzoli-Chateau d’Ax, che poi divenne Chateau d’Ax e abbiamo corso insieme fino al 1990. Poi quando ha iniziato il progetto Liquigas, nel 2005, mi ha chiamato subito con lui in ammiraglia. In dieci anni abbiamo condiviso tantissime esperienze, insomma erano gli anni buoni (ride ancora, ndr). 

Ora gli tocca il ruolo da cittì della nazionale, che ne pensi?

Amadio ha le competenze e le conoscenze dalle quali può attingere per ricoprire al meglio questo nuovo incarico. Gli anni passati in ammiraglia gli torneranno sicuramente utili, senza dimenticare che come team manager della nazionale ha sempre mantenuto vivi i rapporti, anche se con sfumature professionali diverse. 

Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Quali sono le qualità che ti ricordi di lui in Liquigas?

E’ sempre stato una figura capace di vedere le problematiche e di trovare delle soluzioni adeguate. Inoltre ha una spiccata capacità di vedere le qualità e le caratteristiche di un atleta, sia fisiche che umane. 

In che senso?

Roberto (Amadio, ndr) ha sempre saputo capire se un atleta ha delle doti tecniche e se è in grado di andare di pari passo con le aspettative riposte in lui. Negli anni in Liquigas i corridori hanno sempre dato ciò che ci si sarebbe aspettato, e questo grazie alle scelte dello stesso Amadio. Ora con solamente due appuntamenti di un giorno in calendario sarà più complicato, ma rimango convinto che sia la persona giusta.

Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Lo hai detto anche tu, il ciclismo è cambiato tanto…

Vero, ma lui non è rimasto fuori dal tutto. Adesso le squadre hanno molte più figure al loro interno e si deve interagire con tutte loro, ma in questi anni Amadio lo ha sempre fatto. Inoltre lui ha una dote importante: sa parlare all’atleta e capire se questo vuole seguirlo davvero oppure no

Questo aspetto può tornare utile?

Sicuramente, pensate al prossimo mondiale in Canada. Non sempre i corridori amano fare lunghe trasferte e se non rifiutano lo fanno malvolentieri (lo stesso è accaduto in diverse Federazioni per il mondiale in Rwanda, ndr). Per lui sarà importante partire ora, fare il giro dei vari ritiri e capire con quali atleti iniziare un percorso di avvicinamento. Anche perché a volte gli obiettivi del team e della nazionale non combaciano perfettamente, di conseguenza Amadio dovrà essere bravo a dialogare con tutti.

Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
E’ stato corridore, diesse, team manager, ha una visione d’insieme sui vari ruoli…

Conosce le dinamiche di ognuno e sa prendersi le responsabilità delle proprie scelte. Non dimentichiamoci che al suo fianco avrà anche gente come Elia Viviani, i due si conoscono dai tempi della Liquigas e hanno lavorato molto insieme. Viviani ha appena concluso la carriera, conosce le dinamiche del gruppo è può dare una mano ad Amadio nel rapportarsi con i giovani. Non è sempre facile rapportarsi con ragazzi di vent’anni. 

Quale lato di Amadio può tornargli utile?

Sa capire cosa ha tra le mani e riesce a dirigerlo al meglio. Ha uno spiccato lato umano, Roberto è grande e grosso ma è buono. Sa essere autoritario ma non evita mail il confronto, ascolta quello che il corridore ha da dire ma sa farsi rispettare e dare le giuste motivazioni per spiegare determinate scelte. Il cammino che inizia ora sembra lungo, ma il tempo passa in fretta e le Olimpiadi del 2028 sono dietro l’angolo. Amadio dovrà essere bravo a creare un gruppo con il quale lavorare anche in ottica impegni futuri. 

Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Portaci in ammiraglia con lui, che tecnico è?

Ha sempre lavorato di istinto in corsa. E’ uno con tempi di reazione davvero brevi, sa stravolgere le tattiche di gara in pochi secondi. Inoltre sa impostare bene la corsa e le dinamiche fin dalla riunione del mattino, aspetto fondamentale se poi una volta abbassata la bandierina non hai più modo di comunicare con gli atleti. 

Campionati del mondo Kigali 2025, Marco Villa, Giulio Ciccone prima del via

Dall’Africa alla Francia e adesso il Cile: il veloce autunno di Villa

08.10.2025
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Dopo i mondiali in Rwanda e gli europei in Francia, Marco Villa sta preparando la valigia per il Cile, dove dal 22 ottobre si svolgeranno i mondiali su pista. Prima però di lasciarlo imbarcare sul volo per Santiago, la curiosità di avere una sua valutazione dell’esperienza su strada vogliamo togliercela. Abbiamo capito che, sia pure in punta dei piedi, il lombardo ha iniziato a portare nel nuovo modo il suo metodo di lavoro, che ai corridori sembra andare a genio.

Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ciccone era nel gruppetto che si è giocato il podio mondiale: è arrivato il quinto posto. Per Villa una buona risposta dal suo leader
Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ciccone era nel gruppetto che si è giocato il podio mondiale: è arrivato il quinto posto. Per Villa una buona risposta dal suo leader
Caro Marco, si può dire che il doppio debutto sia andato bene? Chiaramente si può sempre migliorare, ma piazzamenti e immagine a nostro avviso sono stati positivi.

Certamente sono contento dei due gruppi, della prestazione, per come si sono applicati, per come hanno collaborato nella riunione sulla strategia. Ci siamo trovati tutti sulla stessa linea, tutti consapevoli del ruolo per cui erano stati chiamati, quindi a livello tecnico sono contento. Si poteva far meglio? Sì, ma era difficile. Al mondiale c’era un posto libero per una medaglia e ci siamo andati vicino. Quelli che erano con Ciccone erano nomi importanti.

All’europeo la stessa storia?

Praticamente sì. La strategia era provare a mettere uno davanti, perché avevamo immaginato che facendo per tre volte quella salita, Pogacar avrebbe portato fuori qualcuno. Addirittura invece è andato via da solo. Abbiamo fatto il possibile per mettere un uomo davanti, ma quel ritmo ce l’ha solo Tadej. Poi abbiamo portato Scaroni a ruota dei primi e lui ha provato a resistere, ma Remco era troppo forte per tutti e tre e l’hanno lasciato andare.

Si correva di nuovo per il terzo posto?

Ayuso è saltato e Seixas è stato bravo a staccare Scaroni proprio sull’ultima rampa. Secondo me una volta giù, Scaroni è veloce e ci contavamo. Purtroppo gli ultimi 50 metri della salita nel circuito corto sono stati fatali.

Campionati Europei 2025, Scaroni Christian
Scaroni ha declinato la convocazione di Villa per i mondiali, preferendo puntare forte sugli europei: il quarto posto è un bel risultato
Campionati Europei 2025, Scaroni Christian
Scaroni ha declinato la convocazione di Villa per i mondiali, preferendo puntare forte sugli europei: il quarto posto è un bel risultato
Però è un fatto che i due leader dichiarati si siano fatti trovare pronti per l’appuntamento, no?

E’ stato bravo Ciccone a programmare il mondiale e bravo Scaroni a preparare e farsi trovare pronto per l’europeo. Mazzoleni (il capo dei preparatori della XDS Astana, ndr) mi aveva detto che il ragazzo preferiva gli europei in Ardeche, perché aveva già corso da quelle parti a inizio stagione e si era trovato bene. Quindi ho puntato a fare due gruppi. Onestamente, dopo il forfait di Pellizzari, ho provato a tastare un po’ il terreno, per portare Scaroni anche per il mondiale, però è stato fermo sul fatto che voleva rimanere a casa per fare il giusto avvicinamento all’europeo, visto che erano attaccati.

Gestire due gruppi è stato difficile oppure ti hanno reso la vita facile?

E’ stato bello. Quando all’inizio avevo solo cinque nomi per il mondiale, non ho potuto sbilanciarmi troppo. Visto che tre dovevano fare il team relay e due la crono, avrei avuto solo due stradisti puri. Quando siamo tornati a otto, ho potuto sentire più gente. A qualcuno con cui avevo parlato già per l’europeo, come Frigo, durante la Vuelta ho chiesto se gli sarebbe piaciuto venire anche al mondiale e ha accettato. Scaroni, che alla Vuelta si stava muovendo bene nelle fughe, l’ho inserito subito nel gruppo dell’europeo. Poi, con le defezioni di Caruso e Pellizzari, ho tirato dentro anche Garofoli per il mondiale. Non vi nascondo che ho parlato con tanti giovani, perché facessero esperienza, vedessero come lavora un capitano e come si lavora attorno a un capitano. Però purtroppo il calendario e le esigenze di squadra non l’hanno permesso.

Si può fare qualche nome?

Io i nomi li faccio, ma voglio fare anche una premessa: non ce l’ho né con le squadre né con i corridori. Capisco i programmi di tutti e penso che se UCI e UEC hanno deciso di mettere mondiali ed europei così vicini, non ci fossero davvero alternative. Abbiamo parlato con Zambanini, poi con Zanatta per Piganzoli. Ho parlato con Roberto Reverberi per Pinarello. Anche Velasco era interessante, però la XDS Astana per l’europeo mi aveva già dato tre uomini, non potevo chiederne un altro e li capisco. Avevano Emilia e Agostoni e Velasco all’Agostoni è andato a podio. Per cui l’attenzione verso certe prestazioni dei giovani ce l’ho messa.

Cro Race 2025, Edoardo Zambanini in salita nella quarta tappa
Zambanini non ha indossato la maglia azzurra, andando a correre la CRO Race, chiusa al secondo posto
Cro Race 2025, Edoardo Zambanini in salita nella quarta tappa
Zambanini non ha indossato la maglia azzurra, andando a correre la CRO Race, chiusa al secondo posto
Zambanini è andato fortissimo in Croazia.

E’ andato bene. Mi ha detto che gli sarebbe piaciuto venire, ma la squadra lo avrebbe fatto correre da leader alla CRO Race ed era contento di avere lo spazio per farlo e alla fine è arrivato secondo. E’ giusto il ragionamento di mettere dentro un po’ di giovani. Era il mio primo mondiale. Sono partito scegliendo uno o due leader e gente che sa fare un certo lavoro. Inserendo negli otto un giovane o due alla volta, che può dare un contributo ma intanto comincia a capire l’attaccamento alla maglia azzurra.

Per te che in pista sei anche allenatore dei tuoi ragazzi non seguire la preparazione è stato difficile da mandare giù?

Sono voluto rimanere in pista perché la metodologia corre veloce e restare fuori significa predere riferimenti e competenze. Quelli della strada sono allenati dai loro preparatori e hanno un programma stabilito con le squadre. Anche con la pista devi condividere i programmi e i momenti di specializzazione, però mi sembra che lì abbiamo fatto sistema. Il mio obiettivo principale sarebbe condividere il calendario per capire se gli atleti adatti al mondiale o all’europeo possono arrivarci in condizione e ancora in spinta. Questo lo devi e lo puoi fare. Per il resto, la preparazione è tutta a carico delle squadre. Un lavoro in meno per me, sebbene mi sia sempre piaciuto mettere nel mio lavoro un po’ di tecnologia e di specializzazione.

Cosa difficile, perché li vedi anche meno…

Li vedi solo l’ultima settimana. Li vedi alle gare, ma insomma li vedi anche tu alle gare. Leggi i risultati, valuti la prestazione in salita o la prestazione in pianura o quello che ti serve per inserire degli elementi con un certo ruolo. Cerchi di capire certe prestazioni dentro la gara. Per fare la selezione devi guardare i risultati per questo forse li vedi meglio in televisione che in presenza.

Campionati europei 2025, cronometro
Il vento e un Evenepoel fortissimo hanno impedito a Ganna di giocarsi la crono degli europei. Ma per Villa ci sono margini
Campionati europei 2025, cronometro
Il vento e un Evenepoel fortissimo hanno impedito a Ganna di giocarsi la crono degli europei. Ma per Villa ci sono margini
Spostandoci alla crono, Evenepoel sta diventando per Ganna uno scoglio insormontabile?

Pippo ha lottato per anni con tanti campioni. Campenaerts, Van Aert che andava forte a cronometro, Kung, Roglic e altri nomi del genere. Gli altri sono calati, mentre lui è ancora lì e adesso ha Remco. Alle Olimpiadi gli è arrivato vicinissimo, al mondiale l’anno scorso gli è arrivato vicinissimo su percorsi non prettamente specialistici. In questo europeo fa notizia il distacco di 40 secondi, ma a mio modo di vedere lui ha fatto un’ottima prestazione, quindi ha dimostrato di essere ancora in crescita. Purtroppo ha trovato una giornata di folate di vento fortissime.

Si è sentito tanto?

Io ero dietro Pippo e molte volte ho visto che aveva le protesi da una parte e il ginocchio dall’altra per controbilanciarsi. Remco invece ha passato Kung che sbandava e lui non faceva neanche una piega. Questa tipologia di giornate gli sono ancora più favorevoli. Ha una posizione incredibile, oltre ad avere una gamba incredibile. Ma Pippo è sempre là. Vediamo se Remco resterà specializzato nella crono o cambierà terreno.

Quindi non è diventato la bestia nera di Ganna?

C’è ancora la possibilità di fare meglio. E’ una bestia nera a livello di testa, ma è una bestia nera anche il nostro. Pippo non è uno che si demoralizza facilmente.

Gianmarco Garofoli, nazionale

Garofoli stakanovista azzurro: tre weekend di fila in nazionale

08.10.2025
7 min
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Gianmarco Garofoli è stato lo stakanovista della maglia azzurra. Il marchigiano si è sciroppato tre weekend di fila tra europeo gravel, mondiale ed europeo su strada. E lo ha fatto con ottimi risultati ovunque, mostrando un attaccamento alla nazionale come poche altre volte si è visto.

Tutto nasce dalla buona condizione dell’atleta della Soudal-Quick Step, che anche ieri si è ben mosso alla Tre Valli Varesine.
«Sto facendo un bel finale di stagione – commenta Garofoli – sono molto contento di come sono andate queste ultime gare. Mi sono fatto trovare pronto alla chiamata del commissario tecnico all’ultimo momento per il mondiale, e da lì in poi sono cresciuto. Manca certo la vittoria, qualche risultato di spessore, ma arriverà: quando stai sempre lì davanti, prima o poi arriva, ne sono sicuro».

Gianmarco Garofoli (classe 2002) sugli sterrati dell’europeo gravel. Alla sua prima esperienza nella specialità è arrivato 11°
Gianmarco Garofoli (classe 2002) sugli sterrati dell’europeo gravel. Alla sua prima esperienza nella specialità è arrivato 11°
Partendo da questo tuo finale di stagione, Gianmarco, viene da dire: peccato per quella Vuelta non finita per poco. Ma guardando il bicchiere mezzo pieno… magari ora sei più fresco.

Guardiamo al bicchiere mezzo pieno… Sì, vero, anche se l’ultima settimana è stata abbastanza facile per quello che mi hanno detto gli altri compagni, visto che con le proteste per la Palestina che hanno interrotto le varie tappe, alla fine la parte più dura è stata la seconda settimana.

In effetti nell’ultima settimana sono rimasti uguali all’originale l’arrivo vinto da Pellizzari e la Bola del Mundo…

Esatto, infatti dico che sono veramente super soddisfatto di questa stagione. Penso che, se me l’aveste chiesto a inizio anno, sarebbe stato impossibile pensare di partecipare al Giro d’Italia, al mondiale, alla Vuelta, agli europei. Ho fatto tutte belle gare, ho dimostrato di andare forte e di essere uno di quelli forti. Questo è impagabile, sono ritornato ad alto livello.

Ci ha colpito tanto questa tripletta in nazionale: europeo gravel, mondiale, europeo strada. Com’è andata? Partiamo dall’europeo gravel…

Già durante la Vuelta stavo un po’ guardando i calendari gravel e ho visto che c’era il campionato europeo “vicino” casa mia, ad Avezzano. Mi è scattata subito l’idea di poterci andare, anche perché in quel momento non avevo in programma né il mondiale né gli europei su strada.

Il marchigiano sulla salita del Mount Kigali. Ottima la prestazione iridata
Il marchigiano sulla salita del Mount Kigali. Ottima la prestazione iridata
Volevi allungarlo un po’, insomma?

Sì, infatti mi sono detto che dopo la Vuelta mi sarebbe servita una gara per tornare a divertirmi, perché dopo un Grande Giro sei sempre un po’ stanco mentalmente. E poi volevo cambiare, fare questa bella esperienza. Era vicino casa, quindi la trasferta non era così impegnativa. Dentro di me ha iniziato a girarmi questa idea. Ho parlato con la squadra, ho spiegato il mio interesse per una gara gravel – che non avevo mai fatto – e loro mi hanno supportato. Poi, parlando con Bramati, mi ha detto che avrebbe sentito il cittì Daniele Pontoni.

E lui ti ha chiamato?

Quasi subito. Daniele era contentissimo di questa mia disponibilità. E’ nato tutto così, una cosa dietro l’altra. Poi mi sono ammalato e ritirato dalla Vuelta. Sono stato un paio di giorni fermo a letto, ma col senno di poi mi ha fatto bene, perché la condizione era buona. Sono andato a questo europeo gravel senza grosse ambizioni o aspettative. Invece andavo forte. Peccato una foratura nel momento sbagliato.

Cosa è successo?

Ho dovuto fare 15 chilometri con la ruota completamente a terra. Ho perso sei minuti. Magari avrei potuto giocarmi una medaglia. Vincere è sempre difficile, ma una medaglia credo di sì, perché andavo veramente forte. Poi ho provato l’inseguimento, stavo recuperando, ma quando perdi così tanto… Ho fatto tutta la gara a inseguire. Mi è dispiaciuto, perché non sono mai stato nel vivo della corsa, nonostante la gamba ci fosse.

Un aneddoto divertente. Essendo arrivato all’ultimo al mondiale, Garofoli ha corso con la maglia intima con su scritto Pellizzari. Quella giusta è arrivata più tardi
Un aneddoto divertente. Essendo arrivato all’ultimo al mondiale, Garofoli ha corso con la maglia intima con su scritto Pellizzari. Quella giusta è arrivata più tardi
Serve anche un po’ di fortuna nel gravel…

Mi sono divertito tantissimo, è stata un’esperienza bellissima. E’ stata anche molto dura, perché il gravel è davvero impegnativo. Non me l’aspettavo così.

Quando hai deciso di fare il gravel, ti sei fatto mandare una bici a casa?

Sì, ma è arrivata tre giorni prima della gara. Ho sistemato un po’ le misure e sono andato alla scoperta…. Ripeto: è stato bellissimo. Credo che non sarà la mia ultima gara gravel. Anzi, il cittì mi ha anche proposto: «Vieni a fare il mondiale?». Ma coincide con il weekend del Lombardia.

Andiamo avanti. Cosa è successo dopo l’europeo gravel?

Sono tornato a casa pensando al finale di stagione. Mi aveva già contattato Marco Villa per il campionato europeo su strada, perciò mi stavo allenando con calma verso quell’obiettivo. Cercavo di recuperare dal gravel e di ricostruire la condizione per l’europeo e il finale di stagione. Poi è arrivata questa chiamata…

Dove stavi quando è arrivata?

Ero a casa, in videochiamata con la nutrizionista della squadra. Appena ho chiuso, mi ha chiamato Bramati: «Guarda, mi ha chiamato Villa che vai al mondiale. Fai la valigia». Poco dopo sono partito per allenarmi: è stato surreale.

Infine, storia di domenica scorsa, ecco Garofoli nel pieno della corsa agli europei in Francia dove è arrivato 9°
Infine, storia di domenica scorsa, ecco Garofoli nel pieno della corsa agli europei in Francia dove è arrivato 9°
La testa dov’era in quel momento?

Avevo l’adrenalina a mille, non capivo niente, ero nervosissimo. Non sapevo che allenamento fare: due ore, cinque ore? Chiamavo il preparatore che non rispondeva, ero nel panico. Poi mi sono detto: dai Gianmarco, calma. Tanto non si può inventare nulla in pochi giorni. Ho fatto un discreto allenamento, poi a casa, valigia e via.

Ti è arrivato il biglietto aereo all’ultimo momento?

Sì, tutto all’ultimo. Era martedì, il mercoledì sera sono partito e giovedì mattina ero in Rwanda. Una volta in Africa, ho fatto due allenamenti, ma i primi giorni sono stato male per l’altura e lo smog. Avevo paura di fare una figuraccia al mio primo mondiale, invece è andato tutto bene. Il primo giorno in cui mi sono sentito bene è stato proprio quello della gara. Appena finito il mondiale, già pensavo all’europeo: sono andato diretto dal Rwanda alla Francia con la nazionale.

Tu e Frigo siete stati i due azzurri che avete fatto sia il mondiale che l’europeo su strada, giusto?

Sì. Pensate che non torno a casa dal mondiale. Avevo preparato la valigia di corsa solo per la trasferta in Rwanda e invece ho fatto tutta una tirata fino in Francia e poi qui alle gare italiane. Quando è venuta mia mamma all’europeo e mi ha portato i ricambi, i vestiti della Quick-Step…

Da Garofoli a Frigo… la nazionale del futuro può passare da questi atleti. Almeno per i percorsi più duri
Da Garofoli a Frigo… la nazionale del futuro può passare da questi atleti. Almeno per i percorsi più duri
Parliamo dell’europeo su strada. Sei andato benone, uno dei 17 superstiti…

Credo che il mondiale mi abbia dato tanto. Se l’avessi preparato a lungo, forse non mi sarebbe venuto così bene, proprio perché non avevo aspettative. In Francia invece ero più mentalizzato, anche se avevo ancora mal di gambe dal mondiale, che è stato durissimo. Sono stato contento per Scaroni. Purtroppo è mancata la medaglia, ma ci siamo mossi bene e abbiamo fatto vedere l’Italia. Certo, battere Pogacar è quasi impossibile ora. Però dietro a lui c’eravamo noi.

Gianmarco, oltre alla tua professionalità, hai mostrato un grande attaccamento alla maglia azzurra. Cosa significa per te?

La maglia azzurra è qualcosa che ti fa dare anche quello che non hai. Vuoi onorare la Nazione, rappresenti tutta l’Italia e anche chi non segue il ciclismo, ma si ferma vedendo il campionato del mondo e dice “Forza Italia”. L’azzurro è una responsabilità. E’ stimolo. E ho pensato: «Cavolo, quando mi ricapita?». Ma dopo queste prestazioni credo che potrò farne ancora qualcuno.

Villa cosa ti ha detto?

E’ stato molto soddisfatto. Nessuno si aspettava che potessi essere lì davanti, anche perché mi ha chiamato all’ultimo. Marco mi ha detto: «Abbiamo un problema con Pellizzari, sta male, mi dispiace chiamarti così tardi». Inizialmente non ero neanche nella lista dei cinque, che poi è diventata di otto nomi, ma a quel punto stavo male anche io. Insomma non ero proprio nei radar di Villa. Appena però mi ha chiamato, gli ho detto subito di non preoccuparsi, che sarei stato pronto.

I prossimi mondiali saranno ancora impegnativi. Questa nazionale può essere l’ossatura del futuro, con te, Frigo, Pellizzari, Bagioli…

Secondo me in Italia manca forse il campione assoluto, ma appena sotto siamo in tanti e andiamo tutti forte. Si può ben sperare. L’anno prossimo i campionati saranno in Canada, su un percorso simile a quello di Montreal. Io lì ho già corso, so cosa mi aspetta. E se Villa mi richiamerà mi farò trovare nuovamente pronto.

Dall’Africa all’Europa: la settimana azzurra di Frigo

03.10.2025
5 min
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Ieri Marco Frigo ha conquistato la medaglia d’argento nella cronostaffetta mista. La gamba è ancora quella buona dei mondiali. In una settimana il veneto è passato dall’Africa all’Europa, da un clima tropicale a uno più continentale, da un mondo esotico ad uno noto. «Oggi (ieri, per chi legge, ndr) – dice Frigo – siamo andati forte. Stavamo bene, stavo bene. Ed è stato un bel podio che dà fiducia! La Francia? Deve aver sentito l’odore di casa…». Come a dire che forse gli azzurri temevano di più la Svizzera.

Ma torniamo a questa settimana così particolare. Come si è gestito dunque Marco in questi sette giorni così diversi fra loro? Come si è adattato? Viaggi, stanchezza, voli, gare: è stata una giostra tra recupero e fasi intense…

Marco Frigo (al centro tra Ganna e Milesi) sul podio di ieri della mix relay europea. In basso: da sinistra, Venturelli, Cecchini e Guazzini
Marco Frigo (al centro tra Ganna e Milesi) sul podio di ieri della mix relay europea. In basso: da sinistra, Venturelli, Cecchini e Guazzini
Quindi Marco, da un clima tropicale, eravate in Rwanda, a un clima piuttosto fresco. Come ci si adatta? Perché poi praticamente siete volati direttamente in Francia, giusto?

Esatto, io sono passato dal Rwanda alla Francia in poco più di 24 ore. Però questo secondo adattamento è stato più facile. Alla fine si ritorna in Europa, si ritorna in Francia, un ambiente che ben conosco.

Chiaro…

E’ stato molto più semplice, per noi europei è un ambiente naturale. Ci avevano detto che in Italia era freschino e quindi eravamo preparati anche a un po’ più freddo. In realtà in questi giorni qui a Valence si sta bene, a parte il vento che c’è stato ieri e anche oggi. Le temperature sono ottime per pedalare. In Rwanda era più umido, si era un po’ in quota e di certo c’è stato un adattamento molto più complesso.

Il martedì Frigo e compagni hanno dovuto viaggiare, in volo si sono adattati col pasto che passavano
Il martedì Frigo e compagni hanno dovuto viaggiare, in volo si sono adattati col pasto che passavano
Si ritrovano subito certi automatismi, insomma. A livello di alimentazione come vi siete regolati, dal viaggio alla meta finale?

Dopo la prova su strada è stato importante recuperare subito i carboidrati e gli zuccheri per non rimanere troppo a lungo in deficit calorico. La giornata di domenica è stata davvero dispendiosa. Poi invece il lunedì è stato più tranquillo dal punto di vista energetico. Di fatto si è trattato di viaggiare.

E martedì?

A livello di alimentazione abbiamo sempre curato la quota di carboidrati e proteine. Sono giornate di viaggio in cui adattarsi è un po’ difficile. Abbiamo mangiato il pasto che ti servono in aereo: riso col pollo sostanzialmente. Poi, arrivati a Milano, abbiamo fatto una buona colazione che ci ha rimesso in riga. E la sera qui in Francia tutto è tornato a regime vista anche la presenza del cuoco.

Invece a livello di allenamento?

Personalmente è stato importante per me fare una sgambata lunedì dopo la gara per mantenere e “smollare” un po’ la tensione muscolare. Una sgambata che abbiamo effettuato il lunedì mattina in Rwanda. Poi da lunedì pomeriggio fino a martedì sera siamo stati in viaggio. In tutto 27 ore, pertanto martedì non sono uscito.

Due trasferte, due specialità (crono e strada): è servito anche un adattamento muscolare, ma in tal senso Frigo ringrazia i massaggiatori
Due trasferte, due specialità (crono e strada): è servito anche un adattamento muscolare, ma in tal senso Frigo ringrazia i massaggiatori
E siamo a mercoledì…

Ho fatto un classico pre-gara in vista della mixed relay. Ho fatto due ore e mezza con la bici da crono, senza forzare troppo, ma con piccole variazioni d’intensità.

Ieri la gara, con l’argento… E oggi?

La giornata prevede tre ore tranquille, recupero sostanzialmente. Andatura regolare. Alla fine è la prima uscita normale dopo il mondiale, diciamo. Si tratterà solo di ascoltare le sensazioni, di non forzare, perché comunque nella cronostaffetta è stata fatta dell’intensità, pertanto non c’è bisogno di riproporla oggi.

E sabato?

Sabato siamo di nuovo al pre-gara. Si farà un’ora e mezza, due al massimo. Magari inserirò un po’ di attivazione pre-gara per non essere ingolfati poi domenica in corsa.

Cosa intendi per attivazione?

Si fa qualche intervallo al medio o qualche intervallo più breve di maggiore intensità. Quindi un po’ di VO2 Max, ma niente di particolare. Poi sono anche le sensazioni che ti guidano in quei pre-gara, almeno per me è così. L’attivazione viene sempre fatta a sensazione: alcune volte la mente ti dice che non ce n’è bisogno, che stai bene, quindi ti tiri un po’ indietro. Altre volte invece senti proprio il bisogno di sfogarti e quei piccoli lavori li fai con determinazione. Capisci che ti servono.

In queste situazioni la parte di scarico, le famose sgambate, assumono quasi più importanza di quelle di carico (foto Instagram @pipecano)
In queste situazioni la parte di scarico, le famose sgambate, assumono quasi più importanza di quelle di carico (foto Instagram @pipecano)
E’ molto curiosa la parte del viaggio, Marco. Martedì, quando siete arrivati in Francia, per esempio hai fatto un po’ di stretching la sera?

Sì, quando sono arrivato grazie ai massaggiatori, davvero disponibili, sono riuscito a farmi fare un massaggio. E’ stata una manna per scaricare la tensione del viaggio, per la muscolatura intorpidita, per mettere in moto di nuovo i liquidi e sistemare eventualmente la ritenzione idrica.

Una nota curiosa: quali sono state le sensazioni personali tra un posto diverso come il Rwanda e uno come la Francia, che è “casa”?

Sul fronte del cibo, come potete immaginare, siamo stati molto attenti, però devo dire che abbiamo gustato del buon caffè. Il caffè lo sanno fare bene laggiù. Poi ovviamente il Rwanda mi ha lasciato bellissimi ricordi: era la mia prima volta in Africa e c’è stata una visione diversa della vita. I problemi lì sono diversi. Sembra di tornare indietro ad un’altra vita. E credo che vedere tutto questo ha rimesso un po’ con i piedi per terra a noi occidentali. E’ stata una prospettiva diversa della trasferta… non solo agonistica. Qui invece siamo di fatto a casa: sono ambienti, strade e clima che riconosci e nei quali ti ritrovi non solo subito, ma automaticamente.

Un’ultima domanda Marco. Ormai siete un bel gruppo, perché da giorni girate e vivete insieme: come stai vivendo questa nazionale?

Quest’anno la maglia della nazionale era un modo per trovare nuovi stimoli, nuove motivazioni dopo la Vuelta. E quindi mi sono messo a disposizione totale di Marco Villa e della maglia azzurra con molta grinta e molta energia. Ora speriamo che quanto fatto in settimana vada bene per domenica.

Borgo: «Per il mondiale in Rwanda ci sono anche io»

16.09.2025
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Un volo che partirà a mezzanotte del 18 settembre dall’aeroporto di Milano Malpensa e diretto prima ad Addis Abeba, in piena Etiopia, per poi volare su Kigali dopo uno scalo di sette ore. Il viaggio che attende i corridori diretti al primo mondiale africano della storia durerà quasi un giorno intero. Qualche giorno dopo, il 21 settembre, inizieranno le prime gare. A dare il via al mondiale di Rwanda ci saranno le cronometro, come da consuetudine. Per gli under 23 i due nomi segnati sulla lista della prova contro il tempo sono quelli di Lorenzo Mark Finn e Alessandro Borgo (in apertura foto Philippe Pradiert/DirectVelo). 

Alessandro Borgo per rifinire la condizione in vista del mondiale in Rwanda ha scelto di passare una decina di giorni a Livigno
Alessandro Borgo per rifinire la condizione in vista del mondiale in Rwanda ha scelto di passare una decina di giorni a Livigno

Altura e cronometro

Si è dovuto fare i conti con i costi di questa spedizione iridata, quindi i nomi dei cronoman sono rimasti nel taccuino di Marino Amadori, in attesa di essere rispolverati per l’europeo della settimana successiva. Lorenzo Finn e Alessandro Borgo sapranno difendersi nella cronometro di lunedì 22 settembre, anche se il corridore del Bahrain Victorious Development Team non utilizzava la bici con le protesi da tempo. Lo abbiamo intercettato ieri (lunedì) mentre rientrava dal ritiro di Livigno.

«Ero insieme a Pietro Mattio – racconta Alessandro Borgo mentre lo accompagnamo per un pezzo del suo viaggio di rientro – ci siamo allenati bene per una decina di giorni, undici per la precisione. Ho scelto Livigno anche per utilizzare un po’ la bicicletta da cronometro. Non ci pedalavo dal Giro Next Gen, e anche nei mesi prima di quella gara non è che la utilizzassi molto. Ho utilizzato questi giorni per riprenderci la mano e migliorare nella posizione».

La convocazione di Borgo per i mondiali in Rwanda è arriva grazie alle prestazioni al Tour de l’Avenir (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
La convocazione di Borgo per i mondiali in Rwanda è arriva grazie alle prestazioni al Tour de l’Avenir (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
Come ti sei diviso tra bici da strada e da crono?

Qui in altura ho fatto qualche ora di allenamento in più rispetto al solito, soprattutto nei primi giorni. La mattina uscivo con la bicicletta da strada per fare salite e ritmo, una volta rientrati verso casa facevo cambio bici e pedalavo con quella da cronometro. 

Com’è stato riprenderci la mano?

E’ andata bene. Peccato che ho scoperto di fare anche la cronometro non molto tempo fa, mi sarebbe piaciuto provare a fare qualcosa di buono. Il percorso è adatto alle mie caratteristiche, anche perché non è totalmente piatto. 

Borgo a Capodarco con la maglia tricolore under 23 conquistata a Boario Terme a fine giugno (photors.it)
Borgo a Capodarco con la maglia tricolore under 23 conquistata a Boario Terme a fine giugno (photors.it)
Amadori ha detto che la convocazione al mondiale te la sei guadagnata grazie a un ottimo Tour de l’Avenir…

Ci speravo, era un obiettivo. Ad essere sincero è da un anno che ci penso al mondiale in Rwanda, da quando ho visto il percorso della prova in linea. Ho subito pensato potesse essere adatto a me. E’ selettivo con 3.300 metri di dislivello e molto esplosivo, con questa salita da un chilometro e mezzo da ripetere tante volte. Ne ho parlato fin da inizio stagione con il mio preparatore, Alessio Mattiussi, secondo cui il percorso è al limite per me, perché è molto duro. 

Conoscendovi lo avrà fatto per farti tirare fuori il 110 per cento…

Probabilmente sì (ride, ndr). Con lui ho un bel rapporto e la battuta ci sta sempre, ora gli ho dimostrato che avevo ragione. 

Mondiale guadagnato grazie alle prestazioni in salita?

Sapevo di poter arrivare all’Avenir con le carte in regola, infatti ho fatto registrare dei numeri incredibili sulle salite lunghe. Nella tappa regina sono riuscito a scollinare con i primi. L’unico rammarico è non aver vinto una tappa, era il mio obiettivo dall’inizio. Peccato, ma sono tornato a casa consapevole di stare bene. 

Borgo e il suo coach Mattiussi (a destra) lavorano insieme da due anni
Borgo e il suo coach Mattiussi (a destra) lavorano insieme da due anni
Per la gara in linea ci sei anche tu?

Non metto il numero sulla schiena per correre, ma per vincere, sempre. Con Amadori non abbiamo ancora parlato di strategie, ma la squadra è forte. C’è Finn che è uno degli scalatori più forti della categoria, saremo parecchio controllati. 

Come giudichi la tua seconda stagione tra gli under 23?

Sono soddisfatto, ho fatto degli enormi passi in avanti. Arrivavo alla Gent U23 dopo il quinto posto dello scorso anno e pensavo che sarebbe stato bello ripetersi, sono riuscito a vincere. Mi sono riconfermato con la vittoria del campionato italiano, e ho dimostrato di poter correre ad alti livelli. Ho solo due rammarichi.

Sui 53 giorni di corsa messi insieme in questa stagione Borgo ha corso per 13 volte con i pro’, qui al Tour de Wallonie
Sui 53 giorni di corsa messi insieme in questa stagione Borgo ha corso per 13 volte con i pro’, qui al Tour de Wallonie
Quali?

Il secondo posto di tappa al Giro Next Gen e non aver vinto una tappa all’Avenir. Ma va bene così, d’altronde non aver vinto al Giro mi ha messo la giusta fame per conquistare il tricolore. Chissà se il mancato successo all’Avenir mi dia la giusta spinta per la prossima corsa. 

E il prossimo anno?

Mi ero detto, dopo la prima stagione, che mi sarebbe piaciuto fare un altro anno tra gli under per confermarmi e poi passare nel WorldTour. Ne ho parlato anche con la squadra e siamo tutti della stessa idea, prima di pensarci però è meglio godersi le ultime gare.

Elisa Bianchi, una stagione di tante prime volte tra BFT e pista

11.09.2025
6 min
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Con la vittoria della generale del Giro della Lunigiana Donne di una settimana fa, la stagione su strada di Elisa Bianchi si è già chiusa, mentre sta per entrare in quella del ciclocross. La junior della BFT Burzoni ha vissuto in maniera intensa la prima stagione nella categoria (in apertura foto Ossola), raccogliendo tanti piazzamenti e scoprendo anche la pista con paio di medaglie internazionali.

Col quartetto azzurro a luglio è arrivato l’argento europeo in Portogallo, poi ad agosto quello mondiale in Olanda ed entrambe le volte sempre dietro ad una inarrivabile Gran Bretagna, ma per Bianchi questo 2025 doveva proiettarla in una dimensione diversa, più “corale”. Per la 17enne bresciana di Lograto, che nelle categorie inferiori aveva quasi sempre corso da sola, era il debutto pure in una squadra, intesa come gruppo di compagne e staff. Ad inizio anno infatti Stefano Solari, team manager della BFT Burzoni, ci aveva detto che l’ingaggio di Bianchi era da considerarsi una scommessa. La personalità non manca ad Elisa e allora cerchiamo di capire con lei se questa scommessa è considerarsi vinta.

Elisa a maggio ha conquistato la sua prima vittoria all’autodromo di Monza. Era la prima volta che correva in un team (foto Ossola)
Elisa a maggio ha conquistato la sua prima vittoria all’autodromo di Monza. Era la prima volta che correva in un team (foto Ossola)
Facciamo un bilancio sulla tua annata. E’ stata in linea alle tue aspettative?

Sono molto contenta di come è andata la stagione, è stata bellissima. Non pensavo di fare già risultati in pista visto che ho iniziato quest’anno. Anche se forse avrei voluto ottenere qualcosa di più, devo dire che pure su strada è andata bene con tanti piazzamenti e due vittorie (la prima conquistata all’autodromo di Monza a fine maggio, ndr). Ora inizierò a prepararmi per il ciclocross, seppur sia stata convocata dalla Lombardia per i campionati italiani in pista (in programma a Noto dal 7 al 9 ottobre, ndr).

Vorresti continuare a fare doppia attività tra strada e ciclocross anche nel futuro?

Quest’anno deciderò in base ai risultati, però non nascondo che sto già riflettendo su come far conciliare tutto, compresa la pista. La mia idea iniziale sarebbe stata quella di fare ancora questa stagione di ciclocross e poi concentrarmi essenzialmente sulla strada. Tuttavia non ci penso perché sono molto stimolata. Innanzitutto correrò per una nuova squadra (la Alè Colnago, che verrà presentata la settimana prossima, ndr) e contestualmente vorrei guadagnarmi una maglia azzurra per europei e mondiali che l’anno scorso non ero riuscita a ottenere.

Tornando alla pista, che impatto è stato?

Mi sono divertita tantissimo e ho cancellato un vecchio ricordo. Al primo anno da allieva avevo fatto un solo allenamento in pista e non era andato bene, anche perché arrivavo dalla Mtb. Invece stavolta è stato tutto bello e mi sono appassionata, tanto da volerla curare con più metodo. Mi è piaciuta l’atmosfera e sotto questo aspetto devo ringraziare tantissimo Diego Bragato, che mi ha dato subito tanta fiducia, e tutto lo staff. Per ora ho fatto solo il quartetto, ma lui dice che potrei iniziare a lavorare sulla madison. Vedremo, ho voglia di imparare.

Questa stagione in pratica sei stata in due formazioni, club e nazionale in pista. Come sono andate queste esperienze?

Per concludere il discorso pista, ho visto la forza di un gruppo. Tante ragazze avversarie durante l’anno che si uniscono con la maglia azzurra e si supportano a vicenda, grazie ai consigli dei tecnici. Con la BFT Burzoni è stata la stessa cosa, nonostante all’inizio sia stato un grande cambiamento per me perché arrivavo in una squadra molto organizzata sotto ogni punto di vista. Ho sempre corso da sola e un po’ di timore ce lo avevo. Col passare del tempo e delle gare mi sono trovata bene con le compagne, con i diesse Krizia e Vittorio (rispettivamente Corradetti e Affaticati, ndr) e il resto della squadra. E’ stata una stagione in cui ho imparato tanto.

Cosa in particolare?

In squadra ho avuto quel senso di famiglia che non avevo e che non conoscevo. Ad esempio ho imparato a gestire la pressione e spartire l’ansia della gara con le mie compagne. Mi è servito confrontarmi con loro sotto questo punto di vista e di conseguenza interagire con le compagne è diventato più semplice.

La stagione di Bianchi su strada è finita. Correrà i tricolori in pista poi si concentrerà sul ciclocross (foto SWpix.com)
La stagione di Bianchi su strada è finita. Correrà i tricolori in pista poi si concentrerà sul ciclocross (foto SWpix.com)
E in corsa invece Elisa Bianchi cosa ha tratto?

Ho imparato le tattiche di gara e capire in prima persona quanto sia importante la squadra ai fini di un risultato. Sento di essere cresciuta tanto, anche grazie al sacrificio di rinunciare ad un piazzamento per aiutare una compagna. Il Lunigiana è stato un esempio di tutto questo. Ho aiutato le compagne a vincere le due tappe ed io sono riuscita a conquistare la generale.

Ti sei posta qualche obiettivo per il 2026?

Nessuno in particolare. Vorrei fare una bella stagione in generale, anche ripetere questa con qualche vittoria in più. Ecco, magari vorrei provare ad avere un po’ più libertà d’azione per capire meglio che tipo di corridore sono. Anche la prossima sarà una stagione di altri insegnamenti per il futuro.

Europei pista: clima non facile, ma bei segnali dalle giovani azzurre

23.07.2025
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Quelli del velodromo di Anadia sono stati europei che si sono trasformati in una rassegna non semplice per la spedizione italiana. La morte improvvisa di Samuele Privitera al Giro della Valle d’Aosta ha toccato a distanza le anime soprattutto dei giovani corridori italiani. Tuttavia il raccolto ottenuto dalle donne juniores e under 23 parla di 10 medaglie complessive: tre ori e quattro argenti per le prime, un oro, un argento e un bronzo per le seconde.

Il bilancio della trasferta portoghese l’abbiamo chiesto a Diego Bragato, cittì femminile della pista (ruolo che condivide con Marco Villa) e capo del Team Performance della nazionale. Il tecnico di Motta di Livenza è già sul campo di gara impegnato alla “Tre Sere Internazionale Città di Pordenone”, ma torna indietro di qualche giorno per raccontarci come ha visto le sue atlete, in previsione anche dei mondiali juniores che si disputeranno sull’anello olandese di Apeldoorn dal 20 al 24 agosto.

Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Diego non possiamo non partire dalla tragedia del Valle d’Aosta che ha colpito da vicino anche Vittoria Grassi, fidanzata di Privitera. Come avete gestito quei momenti?

Sono state giornate molto difficili. Era la prima volta che mi capitava una situazione simile ed essendo genitore anch’io, l’ho vissuta in modo intenso. Per noi era il secondo giorno di gare. Avevamo saputo che Samuele era grave e Vittoria era in contatto con i suoi genitori che erano in ospedale, assieme a quelli del ragazzo. Non appena abbiamo avuto la tragica notizia, il mattino successivo le compagne sono state bravissime a darle conforto.

Lei come ha reagito, se esiste una reazione a queste cose?

Conosco bene Vittoria, è una ragazza solare, tant’è che è voluta restare con noi per ricambiare l’affetto delle sue amiche e colleghe. Aveva già corso le qualifiche col quartetto, però abbiamo deciso di farla rientrare il giorno dopo perché era giusto così. Abbiamo cercato di fare il meglio possibile in generale, ma non so se c’è un modo giusto o meno.

Alcune prestazioni delle U23 possono aver risentito di questa situazione?

Certamente sono notizie che ti condizionano, ma quest’anno sapevamo che con le U23 avremmo fatto un po’ più fatica rispetto al passato. Alcune erano assenti perché stavano recuperando da infortuni. Poco prima degli europei c’era il Giro Women e certe prove vanno preparate. Nonostante questo, Sara Fiorin è riuscita a venire in Portogallo e cogliere un bell’argento nello scratch. Bene anche Baima, bronzo nell’eliminazione. Siamo mancate in due specialità.

Quali?

Sicuramente il rammarico più grande arriva dall’inseguimento a squadre. Ci stavamo giocando il pass per le finali contro la Germania, con cui avevamo tempi molto vicini. Purtroppo la terza e la quarta ragazza si sono toccate in un cambio e sono cadute. E’ stato un errore tecnico, forse dato dal fatto che la pista di Anadia ti porta in uscita dalla curva in maniera molto veloce. Peccato eravamo da medaglia, così come nell’omnium.

Cos’è successo in quel caso?

Nulla di particolare, solo che Venturelli la mattina della gara si è svegliata con la febbre. Abbiamo dovuto dire a Basilico che avrebbe corso lei. E come dicevo prima, certe corse vanno preparate. Siamo certi che per come avevamo visto Venturelli e per come sa interpretare quel tipo di gara, avremmo potuto ambire ad un risultato importante. Sono cose che capitano, però in generale vediamo il bicchiere mezzo pieno con le U23.

Grandi soddisfazioni invece sono arrivate dalle juniores, che si conferma una categoria in costante crescita.

Assolutamente vero, siamo consapevoli di avere un grande potenziale con le juniores, pensando poi anche agli anni futuri. Siamo contenti perché il gruppo è forte, anche con le ragazze del primo anno. Ad esempio Fiscarelli, Rossignoli e Campana si sono integrate subito alla grande e tutte sono andate a podio. Siamo cresciute nella velocità dove abbiamo preso due ori tra team sprint e keirin. Bravissima Pegolo, così come Sanarini, che tuttavia deve affinarsi in corse come madison e omnium.

Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Altre note positive?

Siamo migliorate nel quartetto, dove abbiamo conquistato l’argento dietro la Gran Bretagna che ha fatto il record del mondo. Stessa cosa ad esempio con Rapporti nell’inseguimento individuale. E’ stata battuta dalla danese Fialla che ha fatto un tempo strepitoso. Se per batterci devono fare i record del mondo, allora significa che siamo sulla strada giusta. Per contro pecchiamo ancora di inesperienza in certe corse, ma mancano gare in Italia ed è difficile arrivare più preparate.

Che indicazioni ha tratto Diego Bragato per i mondiali di agosto?

Credo che per Apeldoorn siamo in crescita, proprio perché in questi europei abbiamo fatto quella esperienza in generale ed internazionale cui facevo riferimento prima. L’idea è sempre quella di mantenere una rosa allargata tenendo sott’occhio tante ragazze. Per i mondiali vorremmo portare un mix di atlete tra primo e secondo anno, perché abbiamo visto che funziona non solo tecnicamente.

Come sarà l’avvicinamento?

La settimana prossima inizieremo con gli allenamenti a Montichiari. Cercheremo di preparare a dovere le discipline in cui siamo più competitive e chiaramente salire di livello in quelle in cui lo siamo meno. Partiremo per l’Olanda il 17 agosto per prendere confidenza con quel velodromo. Siamo fiduciosi.

Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Guardando ancora più in là, si fanno già ragionamenti per Los Angeles 2028?

Gli europei delle giovani, così gli stessi mondiali, sono passaggi intermedi fondamentali per crescere ed accumulare punti per quelle che saranno poi le qualifiche olimpiche. Dall’anno prossimo riprenderà la caccia ai punteggi attraverso le prove di Nations Cup. Sappiamo che le cosiddette big non potranno farle tutte perché saranno impegnate su strada con le proprie formazioni. Disputarle con queste atlete, che nel frattempo saranno diventate più grandi ed esperte, sarà importantissimo e ci consentirà di lavorare con maggiore serenità o pianificazione.

Davide Frigo cresce, vince e Salvoldi lo chiama in nazionale

06.06.2025
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Davide Frigo è uno dei protagonisti di questo inizio di stagione nella categoria juniores, il fratello minore di Marco che abbiamo iniziato a conoscere dopo la vittoria alla Coppa Montes ha aggiunto un altro tassello al suo percorso di crescita. Il veneto al suo secondo anno da junior ha messo in tasca anche il Giro del Friuli (in apertura foto Bolgan) e per lui è arrivata la chiamata dal cittì della nazionale Salvoldi per la prossima prova di Nations Cup: il GP Dino Baron. 

«In realtà – ci racconta mentre si sta dirigendo al lago Le Bandie – Salvoldi mi aveva chiamato per correre la Corsa della Pace, ma un malanno mi ha impedito di partire. Mi è dispiaciuto, ma sono felice e onorato che il cittì mi abbia chiamato per questa gara. Siamo partiti giovedì (ieri per chi legge, ndr) e abbiamo fatto una prova del percorso. Domani faremo scarico mentre sabato e domenica si corre».

Davide Frigo insieme ai compagni del Team Tiepolo dopo la vittoria al Giro del Friuli Venezia Giulia Juniores (foto Bolgan)
Davide Frigo insieme ai compagni del Team Tiepolo dopo la vittoria al Giro del Friuli Venezia Giulia Juniores (foto Bolgan)

Vestire l’azzurro

I primi mesi di questa seconda stagione nella categoria juniores ci hanno fatto apprezzare le qualità di Davide Frigo, fratello minore di Marco Frigo, professionista con la Israel Premier Tech. I due si somigliano molto, ci ha raccontato lo stesso Marco un mesetto fa. Ma ora, visti anche i risultati e le qualità dimostrate, è il momento di conoscere personalmente Davide Frigo. Chi è il giovane veneto che si sta facendo conoscere a colpi di pedale e che è entrato nell’orbita della nazionale?

«Innanzitutto – precisa Davide Frigo – ci tengo a ringraziare Dino Salvoldi per la fiducia. Essere qui con la nazionale è bellissimo. Ho sempre visto mio fratello e devo ammettere che anche avendoli a casa non ho mai voluto indossare i vestiti della nazionale. Dentro di me pensavo fosse un “peso” e che avrei dovuto meritarmeli. Ora che sono stato convocato e che andrò a correre con l’azzurro addosso sono doppiamente felice».

Davide Frigo ha corso in maniera costante rimanendo con i migliori nella tappa decisiva, dimostrando ottime doti in salita (foto Bolgan)
Davide Frigo ha corso in maniera costante rimanendo con i migliori nella tappa decisiva, dimostrando ottime doti in salita (foto Bolgan)
Chi saranno i tuoi compagni di avventura al Baron?

Barutti, Magagnotti, Pedritti, Turconi e Rosato. Ho incontrato più o meno tutti nelle varie gare, soprattutto Magagnotti e Rosato che sono delle mie zone (Davide Frigo abita a Bassano del Grappa, ndr). Con loro due corro da quando ero giovanissimo, praticamente. Non li conosco molto bene, ma in questi giorni rimedieremo. 

La convocazione con la nazionale arriva dopo una prima parte di stagione davvero positiva…

Già dalle prime gare avevo ottenuto ottimi risultati, poi è arrivata la vittoria alla Coppa Montes, gara internazionale. Penso che quel successo abbia fatto svoltare un po’ la stagione, tanto che Salvoldi mi ha convocato in nazionale. Mi ha detto che gli era piaciuto come avevo corso alla Piccola Liegi delle Bregonze, ero andato in fuga e avevo attaccato spesso. Il cittì quel giorno era in moto a seguire la gara da dentro ed è rimasto colpito da mio spirito battagliero. 

E’ il tuo modo di correre?

Diciamo di sì. Anche perché in volata sono fermo, quindi se voglio provare a fare qualcosa devo muovermi in anticipo e provare a staccare tutti. 

Il punto debole di Davide Frigo è la volata, nello sprint a tre della terza tappa è arrivato terzo (foto Bolgan)
Il punto debole di Davide Frigo è la volata, nello sprint a tre della terza tappa è arrivato terzo (foto Bolgan)
Cosa che alla Coppa Montes ti è riuscita, invece com’è andata al Giro del Friuli?

Trattandosi di una gara a tappe, lo svolgimento è stato un po’ diverso. Non sono mai arrivato da solo, ma sono riuscito a rimanere davanti in tutte e tre le tappe. Durante la cronometro iniziale mi sono difeso bene. Invece nella tappa più difficile, la terza, sono rimasto con Proietti Gagliardoni e Frizzi che però erano dietro di me in classifica generale. 

In cosa ti senti migliore rispetto allo scorso anno?

Credo di essere maturato tanto, sia fisicamente che mentalmente. Già nel 2024 avevo notato un miglioramento, ma la mia priorità era aiutare la squadra e i miei compagni più grandi. Non cercavo il risultato personale, mentre quest’anno ho cambiato un po’ mentalità visto che sono passato secondo anno juniores. Sono partito con l’idea di finalizzare e ci sto riuscendo, anche con un po’ di fortuna. 

Cosa vuol dire indossare la maglia della nazionale per te?

Un onore. Cercherò di farmi vedere e di onorarla al meglio lavorando al meglio per la squadra. Anche quando si corre con una maglia così prestigiosa la cosa importante è pensare alla squadra. Vedremo di fare delle belle gare, per me vedo più adatta quella di domenica. 

Davide Frigo è cresciuto con l’esempio e i consigli del fratello maggiore Marco, professionista con la Israel Premier Tech (foto Bolgan)
Davide Frigo è cresciuto con l’esempio e i consigli del fratello maggiore Marco, professionista con la Israel Premier Tech (foto Bolgan)
Come mai?

Si addice alle mie caratteristiche, è davvero dura. Sono un corridore che in salita va bene e ha un buon passo in pianura. 

E tuo fratello ti ha dato qualche consiglio prima di questo importante esordio?

Me ne dà sempre tanti. Abbiamo un bellissimo rapporto e mi suggerisce anche piccole cose che, messe insieme, mi aiutano a capire tanto del ciclismo e mi fanno crescere. Forse il consiglio che ricordo di più è di mangiare tanto per riempire la gamba (sorride, ndr). 

Nel 2024 Davide Frigo si era messo a disposizione dei compagni più grandi, ora tocca anche a lui mostrare le sue doti (foto Bolgan)
Nel 2024 Davide Frigo si era messo a disposizione dei compagni più grandi, ora tocca anche a lui mostrare le sue doti (foto Bolgan)
Che ragazzo è Davide Frigo fuori dalla bici?

Sono uno abbastanza tranquillo, non mi piace andare tanto alle feste o stare dove c’è molta gente. Ho pochi amici ma li ritengo validi proprio per questo. Quando non vado in bici mi piace comunque guardare diversi sport. In famiglia siamo appassionati di motori. 

Tu e tuo fratello in bici avete davvero caratteristiche così simili o c’è qualcosa in cui siete diversi?

Ora sono più leggero di lui, quindi credo di essere uno scalatore migliore. E’ anche vero che non ho ancora smesso di crescere, magari in futuro diventerò anche io un passista come Marco. Nella vita credo che lui sia leggermente più testardo, riesce a fare le cose anche da solo, invece io mi faccio aiutare da qualcuno. Quando ho bisogno, chiedo spesso a mio papà. Per noi la famiglia viene prima di tutto, siamo molto uniti.

Nuovo cittì, nuova direzione: come la vivono gli atleti?

13.03.2025
5 min
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Ricordate quando a scuola cambiava il professore e da un anno all’altro si doveva ricominciare a farci la conoscenza? A volte andava bene, altre meno. Così ci siamo chiesti che cosa accada nel giro della nazionale quando cambiano i commissari tecnici e gli atleti si trovano a interagire con volti nuovi. Certo l’ambiente è piccolo e tutti si conoscono, ma lavorare insieme è un’altra cosa.

Nel team performance della Federazione lavora da anni Elisabetta Borgia, psicologa, che appartiene anche all’identico staff della Lidl-Trek. Oltre a parlare con gli atleti di motivazioni e aspetti che riguardano l’aspetto mentale della prestazione, fra i motivi di attenzione per lei c’è anche questo. Ecco perché approfittando della sua presenza alla Tirreno-Adriatico abbiamo pensato di farle alcune domande in tal senso. Dalle Olimpiadi di Tokyo sono cominciati gli avvicendamenti fra i commissari tecnici. Ad esempio le ragazze sono passate dalla guida e dal metodo di Salvoldi a quelli di Villa. Adesso accanto a Villa c’è Bragato. Quindi Velo ha sostituito Sangalli nella strada delle donne. E Villa ha preso il posto di Bennati nella strada dei pro’.

Elisabetta Borgia è una presenza fissa per gli atleti della nazionale
Elisabetta Borgia è una presenza fissa per gli atleti della nazionale
Che cosa cambia per l’atleta? Che cosa è cambiato per le donne al passaggio da Salvoldi a Villa?

Sicuramente Dino aveva un approccio definito in anticipo nei minimi dettagli a cui le ragazze aderivano. Con Villa siamo passati a dare più responsabilità alle ragazze, che nel frattempo sono cresciute e fanno parte di grandi squadre. Abbiamo lasciato loro la scelta dei giorni in cui fossero tutte presenti, mantenendo la massima disponibilità di Marco per allenamenti e collegiali in base anche agli impegni con i team. Da adesso in avanti, credo che questa idea di responsabilizzazione delle ragazze rimanga, con un’organizzazione con un occhio più a lungo termine.

Su strada le ragazze passano da Sangalli che aveva dato continuità al lavoro di Salvoldi, a Velo. Una fase da gestire?

Lo vedo come un passaggio fisiologico, non vedo degli strappi: ne parlavo in questi giorni proprio con Velo. Sicuramente per la sua personalità, Marco è una persona molto carina nei modi, molto accomodante. Cerca il rapporto personale e quindi credo che il suo approccio funzioni bene, come in realtà funzionava molto bene anche con Sangalli.

Secondo te l’atleta aspetta il tecnico al varco per conoscerlo oppure lo studia per trovare il modo di instaurare una relazione?

Non credo che lo aspetti al varco, quando piuttosto credo voglia capire quali sono i nuovi punti di riferimento e soprattutto le modalità operative. Questo è il momento in cui andiamo a ragionare su atleti e atlete professioniste, sapendo bene che è fondamentale dare un’organizzazione di massima della stagione. E’ necessario mantenere i rapporti. La comunicazione tra il CT e i vari membri del team di appartenenza diventa fondamentale affinché si possano creare dei programmi coerenti. L’obiettivo è che gli atleti vadano forte con la squadra e siano anche pronti per grandi eventi come europei e mondiali.

Marco Velo (qui con Venturelli ai mondiali 2023) passa da tecnico delle crono a responsabile della strada donne
Marco Velo (qui con Venturelli ai mondiali 2023) passa da tecnico delle crono a responsabile della strada donne
Hai parlato con Velo, qual è dunque il tuo ruolo in questa fase?

Il mio rapporto è chiaramente con gli atleti, ma sta diventando anche un ruolo di osservazione delle dinamiche. A volte mi ritrovo a fare da “consulente” per i tecnici. Inizio a diventare la memoria storica, avendo vissuto i vari passaggi ed essendo stata presente nei momenti importanti. Con Velo si ragiona sul tipo di approccio e su come vedere la stagione. Marco fa domande, è molto aperto, quindi in questa fase mi trovo a fare anche da filtro. Essendo super partes, nel senso che lavoro con tutte le discipline, riesco ad avere una visione un po’ più obiettiva, se non altro meno inserita nelle situazioni. Per cui, se richiesto, posso dare anche qualche consiglio su come approcciarsi in base alle diverse personalità degli atleti.

Avviene uno scambio di nozioni fra lo psicologo e i tecnici in base alla tua conoscenze degli atleti?

Premettiamo che ovviamente c’è il segreto professionale e poi oggettivamente con alcuni atleti lavoro in maniera più assidua e più vicina, con altri meno. Però è chiaro che, avendo la fortuna di essere in giro tutto l’anno e di vedere le atlete e gli atleti nelle gare, a prescindere dalla nazionale, ho anche l’opportunità di tenermi aggiornata. E questo certo mi offre un punto di vista privilegiato.

A proposito di assiduità, nella Lidl-Trek lavori con Elisa Balsamo, che ha lasciato la pista non senza amarezza dopo le Olimpiadi. Bragato la considera una del team, si dovrà lavorare per ricucire qualcosa?

La scelta di Elisa di non fare il mondiale pista a fine stagione è stata condivisa. E anche lei, come le altre, ha scelto di focalizzarsi di più sulla strada nell’anno post olimpico. Però sicuramente il suo ruolo è qualcosa di cui si parla con Marco e con Diego. Balsamo è sicuramente un valore aggiunto che dobbiamo riuscire a mantenere, è fuori discussione. Oltre a questo c’è tutta la fase di programmazione e valutazione delle nuove leve, fondamentale da far partire. Atleti che con una preparazione ad hoc, nei prossimi anni possono diventare riferimenti nei quartetti o altre specialità.

Bragato è il cittì della pista donne, ruolo che svolgerà con il supporto di Villa, a sua volta tecnico della strada pro’
Bragato è il cittì della pista donne, ruolo che svolgerà con il supporto di Villa, a sua volta tecnico della strada pro’
Sei parte del team performance della Federazione e dell’identica struttura nella Lidl-Trek. E’ aumentata la consapevolezza del ruolo dello psicologo?

Io mi sento assolutamente considerata in entrambi gli ambiti. Lo conferma il fatto che con la Federazione sono andata per tutta la durata delle Olimpiadi. Quindi mi sento assolutamente coinvolta, chiamata in causa anche per alcune scelte “strategiche”. Sono consapevole del ruolo che ho e mi sento assolutamente valorizzata sia in squadra che in Federazione.

Come descriveresti il tuo ruolo?

Un ruolo speculare. Faccio parte del team performance e il team performance sta lavorando molto bene, anche nella fase dei test in cui si va a individuare il talento. Si cerca di capire come aiutarlo a crescere in maniera omogenea e coerente, senza strappi. Facciamo valutazioni fisiche, ma anche di profilo mentale e emotivo. E quello, come si può ben capire, è il mio pane quotidiano.