Sobrero alla ricerca dei giusti equilibri in vista del 2025

20.11.2024
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La prima stagione di Matteo Sobrero con la Red Bull-Bora Hansgrohe ha due volti: uno felice e l’altro un po’ meno. Quando è stato chiamato per dare supporto ai capitani, il piemontese ha risposto presente, mentre nelle occasioni in cui ha avuto spazio per sé qualcosa non è andato. 

«Ero a conoscenza del ruolo nel team – spiega Sobrero, che in questi giorni ha riagganciato le tacchette ai pedali in vista della prossima stagione – che mi era stato assegnato fin dal primo ritiro, ovvero a dicembre dello scorso anno. Nei Grandi Giri avrei dovuto dare una mano ai capitani, mentre in altre gare avrei avuto lo spazio per provare a dire la mia e fare la corsa».

Sobrero ha iniziato la sua stagione all’AlUla Tour con un buon quarto posto finale
Sobrero ha iniziato la sua stagione all’AlUla Tour con un buon quarto posto finale

Le fatiche gialle

Alla fine Sobrero ha corso il suo primo Tour de France, quello che gli era stato promesso lo scorso anno e che poi era sfumato senza troppe spiegazioni. Alla Grande Boucle ci è andato, consapevole del lavoro che avrebbe dovuto svolgere per il capitano unico: Primoz Roglic

«Sento di essere arrivato a fine anno scarico e tirato – racconta – con la squadra abbiamo parlato proprio di questo. Ci sono stati dei piccoli errori o comunque delle situazioni che non è meglio non rifare. Con l’arrivo di Red Bull il team ha investito tanto sul Tour, forse fin troppo. Non ero mai stato abituato a certi carichi di lavoro. Siamo partiti il 10 maggio, senza mai praticamente tornare a casa fino all’ultima tappa. Ho anche saltato il campionato italiano».

La partecipazione al suo primo Tour de France ha richiesto una grande preparazione
La partecipazione al suo primo Tour de France ha richiesto una grande preparazione
Come si è svolta la vostra rincorsa al Tour?

Siamo partiti per andare a fare qualche ricognizione di tappa. Poi da lì ci siamo spostati ad Andorra per il ritiro in altura, abbiamo corso il Delfinato e infine siamo tornati in ritiro a Tigne. Una volta finita la preparazione c’è stata la presentazione ufficiale di Red Bull in Austria e pochi giorni dopo la partenza da Firenze. Sono sforzi che fai e che non ti pesano, soprattutto con l’adrenalina del momento.

Poi li senti?

Una volta che ti fermi, ti salgono addosso la stanchezza e la fatica. Tutti i miei compagni che hanno finito il Tour hanno detto di aver risentito del lungo periodo di stress. Ed è una cosa che personalmente mi sono portato fino all’ultima gara della stagione, nonostante abbia staccato tra la fine del Tour e le altre gare. Si tratta di trovare il giusto ritmo e di abituarsi a certi carichi di lavoro e di stress. Tutte le squadre fanno un programma simile prima del Tour.

Prima della Grande Boucle, Sobrero ha corso insieme a Roglic al Delfinato
Prima della Grande Boucle, Sobrero ha corso insieme a Roglic al Delfinato
Si deve cercare il giusto equilibrio…

In un ciclismo che chiede di essere sempre al 100 per cento, essere al 95 vuol dire rincorrere. Io ho pagato più mentalmente che fisicamente. Non avevo mai preparato un Grande Giro in questo modo, l’anno prossimo sarebbe diverso. Sarei pronto. Però d’altra parte tornare a casa qualche giorno sarebbe stato utile per riposare e ripartire al massimo. Mi sono reso conto che sono arrivato alla partenza di Firenze già stanco.

Parliamo dei tuoi obiettivi, eri partito bene con AlUla e Sanremo.

Avevo trovato una buona condizione e sentivo di stare abbastanza bene. Poi mi sono ammalato in vista delle Ardenne e nel finale di stagione, come detto, non ero al 100 per cento. Se guardo alla mia stagione personalmente non posso essere soddisfatto, mentre se penso al mio lavoro per il team posso esserlo. 

Devi trovare il modo di incastrare tutto?

Sì, così da essere soddisfatto di entrambi gli aspetti. Anche perché la squadra mi concede le occasioni. Nel caso gli spazi per il 2025 dovessero essere gli stessi, sarà importante trovare qualche accorgimento per arrivare pronto ai miei obiettivi. Questi possono essere la Sanremo, le Ardenne o le gare di fine stagione. Vero che non abbiamo ancora un calendario, quindi parlare di impegni è difficile, ma vorrei trovare un equilibrio migliore. 

Ora che li hai messi tutti in cascina quale pensi sia il migliore per conciliare i tuoi obiettivi e quelli di squadra?

Sono consapevole che sarò di supporto per i capitani. Mi piacerebbe tornare al Giro perché è una corsa meno stressante e frenetica. Dal punto di vista di ciò che lo circonda il Tour de France è mentalmente impegnativo, spendi il doppio. Ci sono tanti tifosi, media, pressione, ecc… 

Per ricalibrare gli impegni in vista del 2025 serve trovare un equilibrio tra quelli del team e i suoi
Per ricalibrare gli impegni in vista del 2025 serve trovare un equilibrio tra quelli del team e i suoi
La differenza la farà tanto quale Grande Giro correrà Roglic, quest’anno lo hai affiancato parecchio. 

Mi sono trovato molto bene con lui fin da subito, abbiamo un ottimo rapporto. E’ un leader diverso da quelli che ho avuto in precedenza, ha proprio il carisma del campione. Per il momento non sono ancora totalmente legato a lui, potrei correre in supporto di altri capitani. Vedremo cosa verrà fuori dal ritiro di dicembre, manca poco. Si parte il 10.

Sanremo, altro che facile! Anche le scale dell’hotel facevano male…

24.03.2024
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Il dibattito che precede e spesso segue la Milano-Sanremo riguarda la presunta facilità della Classicissima. Un placido andare, da Milano (Pavia nel 2024) fino al mare della riviera ligure. Poi dopo 220 chilometri la corsa si accende e dai Capi si arriva a Sanremo in un batter d’occhio. Il 16 marzo, mentre in gruppo si pedalava, sui vari canali televisivi si discuteva proprio della semplicità di questa gara

La voce di Agnoli

Sui social, invece, c’è stato chi è andato apertamente contro corrente come Valerio Agnoli, che la Sanremo l’ha corsa tante volte, tutte in supporto dei suoi capitani. Il corridore laziale ha condiviso sul suo profilo Instagram i video dell’edizione del 2012. Una gara che lo ha visto spesso protagonista, fino al Poggio.

«Chiaro – ammette – che l’interpretazione tattica non è quella del Fiandre o della Roubaix. Tutti sanno che la Cipressa e il Poggio sono i punti fondamentali della Sanremo, ma non è facile prenderli nelle migliori condizioni. Ci sono 190 corridori e dalle 22 ammiraglie al seguito tutti i diesse urlano di andare avanti. Per fare ciò devi avere la squadra migliore, strutturata per quel tipo di lavoro».

Agnoli e Oss lavorarono per gran parte di quell’edizione
Agnoli e Oss lavorarono per gran parte di quell’edizione

Contano i compagni

Lo si è visto sabato scorso con Pogacar e compagni, la squadra risulta importante, forse più che in altre corse. Non si può sbagliare, la Sanremo è la gara che si decide con uno scatto, ma va fatto al momento giusto. 

«Le forze – spiega Agnoli – sono da centellinare per tutti, ma in particolar modo per i capitani. Ogni momento risulta importante, ma dai Capi inizi a fare i conti all’oste. Appena la strada sale con Capo Cervo capisci quanta energia ti rimane nelle gambe. Tatticamente la gara è semplice, ma dopo 250 chilometri devi avere i compagni che ti portano avanti e che sanno prendere il vento in faccia. Uscire dalla Tirreno rendeva tutto più agevole, l’abitudine alla fatica che ti dà quella gara è impareggiabile per me.

«Alla Sanremo – continua – capisci chi sa correre e chi no. Durante la gara devi avere mille occhi, i due davanti per guardare la strada e quattro dietro per vedere se i capitani ti seguono. Io nel 2012 dovevo portare avanti Vincenzo e la fiducia tra di noi era tale che io sapevo che mi avrebbe seguito ovunque. Lui, d’altro canto, sapeva che grazie a me sarebbe risalito in testa al gruppo senza prendere un filo di vento».

Agnoli con Nibali alle spalle: è importante stare davanti, ma senza prendere vento
Agnoli con Nibali alle spalle: è importante stare davanti, ma senza prendere vento

Anticipare

Dal Turchino in poi è tutta una volata verso Cipressa e Poggio, tutti vogliono stare davanti. Lo spazio è quello che è, serve conoscere la strada e anticipare le mosse. 

«L’esperienza conta tanto – dice Agnoli – la strada è sempre quella, vero ma bisogna riconoscere i momenti importanti. La carreggiata sulla costa è larga, sì, ma nei pressi dei centri abitati gli ostacoli non mancano: rotonde, spartitraffico e strettoie.

«La Cipressa – ricorda – non è diventata importante solamente ora, ma lo è sempre stata. Nel 2012 io avevo il compito di farla davanti, insieme a Oss. Tirai per metà salita, poi ci fu uno scatto e mi staccai, le gambe lì facevano già male. Sono riuscito a rientrare prima della discesa, anche in quel caso ho fatto uno sforzo enorme per tornare avanti e mettermi alle spalle Vincenzo. La strada che scende dalla Cipressa va fatta per forza davanti, in quel momento vedi chi sa guidare la bici e chi no. Le difficoltà non sono solamente tecniche, perché la stanchezza sale e la vista si offusca. Riuscire a mettersi nelle prime tre posizioni è una buona cosa, se sei fortunato prendi le moto come riferimento. Tutte le curve chiudono, quindi prendi la bici e la butti dentro: è tutta una questione di feeling tra bici, atleta e materiali».

La discesa della Cipressa va fatta davanti, oltre la 20ª posizione si rischia la “frustata” una volta in pianura
La discesa della Cipressa va fatta davanti, altrimenti si rischia la “frustata” una volta in pianura

Dominare? Non basta

L’edizione 2024 della Sanremo ha visto la UAE Emirates prendere in mano la corsa, fare il bello e il cattivo tempo, ma non concretizzare. Ciò che unisce il racconto di Agnoli, legato al 2012, e la corsa di quest’anno sta proprio qui.

«In quell’anno – spiega di nuovo – noi della Liquigas abbiamo dominato dalla Cipressa a metà Poggio, eppure non abbiamo concretizzato. Nel 2012 ho fatto una cosa simile a quella che avete visto fare a Milan settimana scorsa, una rincorsa fino al Poggio. Io però ho parlato con Vincenzo, ci siamo guardati e mi fa: “Attacca, rendiamo la corsa dura”. Così allungai, pensate al mal di gambe dopo 270 chilometri costantemente davanti. Appena il gruppo mi riprese mollai e finii la corsa del mio passo, senza naufragare».

Nonostante la corsa da protagonista la Liquigas colse due piazzamenti: 3° Nibali e 4° Sagan
Nonostante la corsa da protagonista la Liquigas colse due piazzamenti: 3° Nibali e 4° Sagan

Cuore in gola

I ricordi di Agnoli poi si fanno più nitidi e riemergono importanti, fin dopo la linea bianca del traguardo.

«Un aneddoto – conclude – su quell’edizione, è che la squadra aveva preso tre stanze all’hotel Napoleon, per fare le docce. Una volta finita la corsa c’era da pedalare per 700 metri così da arrivare in camera, ricordo il mal di gambe, furono infiniti. Per arrivare all’hotel c’era una scalinata di marmo, una volta in stanza mi sedetti e sudai freddo per qualche minuto. Staccai il ciclocomputer dalla bici, guardai i dati, con lo scatto sul Poggio, dopo 280 chilometri, avevo fatto registrare 197 battiti massimi. La Sanremo non è facile, fidatevi…»

Consonni: la Sanremo mancata e i piazzamenti in Belgio…

23.03.2024
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Simone Consonni dopo le tre corse in terra belga è già tornato a casa, lo ha fatto la sera stessa della Brugge-De Panne. L’esclusione, già comunicata da tempo, dalla Milano-Sanremo ha condotto il bergamasco della Lidl-Trek verso nord. Nelle tre gare disputate non è mai uscito dalla top 5, dato importante che determina una condizione buona, se non ottima. Lo intercettiamo mentre è indaffarato nelle sue commissioni e ci racconta come sta. 

«Sono appena uscito dall’osteopata – racconta – la caduta di ieri ai meno 35 chilometri si è fatta sentire. Ho qualche dolorino e dei leggeri acciacchi, così sono andato a farmi mettere a posto. Nel provare a stare in equilibrio ho sentito un crampo, solo che in gara non senti male (tanto che ha fatto la volata ed è arrivato quinto, ndr), ma il giorno dopo ti arriva tutto».

Consonni è passato in Lidl-Trek dopo quattro anni alla Cofidis
Consonni è passato in Lidl-Trek dopo quattro anni alla Cofidis

Settimana positiva

Dopo la mancata partecipazione alla Milano-Sanremo, di cui abbiamo parlato con Consonni dopo l’ultima tappa della Tirreno-Adriatico, sono arrivati dei bei piazzamenti. 

«E’ stata una settimana positiva – conferma – come lo è stato tutto l’inizio di stagione. Sia con “Johnny” (Jonathan Milan, ndr) che da solo, ho tirato fuori qualcosa di buono. Questo vuol dire che la condizione c’è, sapevo di stare bene, anche perché durante l’inverno non ho avuto nessuno stop. Devo ammettere che la nuova maglia mi ha dato tante motivazioni, anche dal punto di vista personale».

Nelle tre gare in Belgio il bergamasco non è mai uscito dai primi cinque
Nelle tre gare in Belgio il bergamasco non è mai uscito dai primi cinque
I risultati del Belgio non sono stati una risposta all’esclusione dalla Sanremo?

No. Il mio ruolo alla Classicissima sarebbe stato quello di mettere in posizione il capitano, Pedersen, nel finale. Però non sono quel tipo di corridore, non ho le caratteristiche per portare a termine quel lavoro. La squadra ha scelto in base a idee tecnico-tattiche, non di condizione. 

Dei buoni piazzamenti nelle ultime gare danno morale in più?

Sono contento quando si vince in generale, la Lidl-Trek mi ha preso per aiutare Milan e ne sono consapevole. Mi soddisfa fare bene con Johnny tanto quanto fare bene da solo. Non parlerei di motivazione, quella sarebbe arrivata con una partecipazione alla Sanremo. 

Consonni è stato preso per affiancare Milan e fargli da ultimo uomo, ruolo svolto egregiamente fino ad ora
Consonni è stato preso per affiancare Milan e fargli da ultimo uomo
Questa nuova maglia che cosa ti ha dato in più?

Non dico che è stato come tornare neopro’, ma quasi. E’ come se fosse tutto nuovo, riesco a tirare fuori di più. Vedere che una squadra come la Lidl-Trek ha fiducia nei miei mezzi, sia come ultimo uomo che come corridore, mi rende felice. E’ tornata anche la fame di vittoria che mi è mancata negli ultimi due anni.

In che senso?

Che questa è una squadra dalla mentalità ambiziosa, che va alle gare con l’obiettivo di vincere e non solamente di raccogliere punti. Sono tornato un po’ al Consonni della Colpack, quando correvo per vincere, ma anche per far vincere i miei compagni. E’ una mentalità che ho sempre avuto e che qui ho ritrovato, anche grazie a “Johnny” (Milan, ndr). 

Consonni alla Lidl-Trek ha ritrovato grinta e voglia di vincere
Consonni alla Lidl-Trek ha ritrovato grinta e voglia di vincere
Torniamo alla Sanremo, l’obiettivo è correrla il prossimo anno?

Sì, voglio lavorare per meritarmi di far parte della squadra, mi piacerebbe avere la fiducia del team e andare a gare come questa. 

Hai corso in Belgio, ma il cognome Milan ti ha seguito fin lì, visto che in squadra avevi Matteo il fratello…

I giorni prima ho chiamato Jonathan e gli ho detto che la sua famiglia mi avrebbe dovuto pagare per il baby sitting (ride di gusto, ndr). In aeroporto a Bruxelles dovevo prendere il treno con Matteo, mi ha scritto e ho visto “Milan” sullo schermo, ho pensato: «Questi mi perseguitano!». 

Nelle gare in Belgio, Consonni ha trovato un altro Milan: Matteo, fratello di Jonathan (foto LidlTrek)
Nelle gare in Belgio, Consonni ha trovato un altro Milan: Matteo, fratello di Jonathan (foto LidlTrek)
Come è stato correre con Matteo?

E’ giovane, tanto, quindi ancora acerbo per queste gare sulle pietre, ma ha tanta voglia di fare. Ha grinta e un grande motore. Lui e Jonathan hanno lo stesso fremito di voler correre sempre avanti, il più grande sta imparando a gestirlo, Matteo non ancora. Deve prendere ancora le classiche “botte sui denti”, ma il motore sul quale lavorare c’è.

Carera e il contratto di Philipsen: si decide dopo Roubaix

23.03.2024
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La notizia che Jasper Philipsen, il vincitore della Sanremo e prima ancora della maglia verde e di quattro tappe del Tour, volesse rinnovare il contratto per guadagnare di più ma non avesse un agente, ha colto tutti di sorpresa. E’ davvero possibile che professionisti di quel livello si gestiscano da soli? Evidentemente era così, ma alla fine Philipsen si è accasato con Alex Carera, cui ci siamo rivolti anche noi per capire quali siano stati i passi che hanno portato all’accordo e quelli sino alla firma del nuovo contratto.

«Philipsen ha avuto un agente nei primi due anni da professionista – spiega Carera – quando era in UAE Emirates. Invece negli ultimi due, tre anni ha fatto senza. Non è frequente che i corridori WorldTour siano… scoperti, il suo è un caso raro. Lui di fatto ha firmato il primo contratto con la Alpecin-Deceuninck e poi è rimasto sempre quello. E anche questo è raro…».

Alex Carera e l’agenzia fondata con suo fratello Johnny hanno rappresentato Nibali per tutta la carriera (foto Instagram)
Alex Carera e l’agenzia fondata con suo fratello Johnny hanno rappresentato Nibali per tutta la carriera (foto Instagram)
Come è avvenuto il contatto?

Sapevo che fosse senza agente, però mi ha sorpreso che mi abbia chiamato. Anche perché pensavo che dopo la maglia verde, avesse già rinnovato con la Alpecin.

Jasper sembra un buon amico di Pogacar, quanto sono importanti queste relazioni nello scegliere lo stesso agente?

La verità è che ci ho parlato un po’ a Singapore. Lo avevo già cercato due anni fa ed era venuto anche al nostro party, ma aveva ancora due anni di contratto e così avevo fatto un passo indietro, pur rimanendo in buone relazioni. A Singapore, siamo stati cinque o sei giorni insieme e probabilmente ha visto come mi relazionavo non solo con Tadej, ma anche con Ciccone, Formolo e Vacek, che erano lì con me. E nel momento in cui ha sentito l’esigenza di prendere un agente, probabilmente il primo nome che gli è venuto in mente è stato il mio.

Come ti ha contattato?

Mi ha chiamato. Ricordo che erano le quattro del pomeriggio di un giovedì. Così gli ho detto che avremmo potuto parlarne, però non al telefono perché non mi sembrava corretto. Lui mi ha risposto che il lunedì sarebbe ripartito per il training camp in Spagna e gli ho detto che non c’era problema: «Domani alle tre sono a casa tua!». E alle tre del giorno dopo, insieme al rappresentante di A&J in Belgio, che è un avvocato, ci siamo presentati a casa sua.

L’incontro fra Carera e Philipsen si è svolto a novembre al Criterium di Singapore (foto Thomas Maheux)
L’incontro fra Carera e Philipsen si è svolto a novembre al Criterium di Singapore (foto Thomas Maheux)
Che cosa vi ha chiesto?

Mi ha chiesto quale fosse secondo me il suo valore di mercato. E gli ho risposto che il valore di mercato non lo decide Alex Carera, non lo decide Jasper Philipsen e neanche Philip Roodhooft (il team manager della Alpecin-Deceuninck, ndr). Il valore di mercato lo stabilisce il mercato stesso. Quindi in base alle proposte che avremmo ricevuto successivamente, si poteva fare una stima del valore. Non sono soltanto i risultati, ci sono tanti componenti oggi che determinano il valore di un ciclista. Direi che ci siamo trovati in sintonia. Come con tutti gli altri nostri corridori, ci sentiamo regolarmente ogni due-tre giorni. Se non direttamente con me, con qualcun altro dell’agenzia o del suo staff. Poi è ovvio che in questa fase, dovendo firmare e decidere un contratto così importante e di una durata così lunga, è normale che magari ci si senta anche più volte al giorno, ma per il resto ci sono periodi in cui si sente anche meno.

Philipsen ha vinto la Sanremo e De Panne, potrebbe vincere altre classiche: vi siete dati un termine entro cui decidere?

Ci siamo detti che decideremo il nuovo contratto, che sicuramente avrà la durata di quattro anni, appena dopo la campagna del Nord, la settimana successiva alla Parigi-Roubaix. Lo abbiamo deciso prima di iniziare a lavorare insieme ed è confermato, ovviamente.

Vinta la Sanremo, Philipsen si è ripetuto quasi subito a De Panne, battendo Merlier
Vinta la Sanremo, Philipsen si è ripetuto quasi subito a De Panne, battendo Merlier
Che cosa cerca Philipsen in un nuovo contratto: soldi, ambiente, quali sono i punti su cui si ragiona?

L’aspetto economico non è il punto fondamentale, perché tra le varie proposte ci sono valori molto simili. Può variare un 10-15 per cento, ma con questi importi, fra avere tot milioni in banca o tot milioni più uno, non cambia poi molto. Cambiano però la prospettiva dell’ambiente e la possibilità, ad esempio, di correre e puntare alle tappe del Tour de France nel prossimo futuro. Cambia il leadout. Cambiano il programma e la relazione con i coach. E poi vanno valutate alcune situazioni, come la possibilità di fare dei contratti personali. Quando oggi fai un contratto con un atleta di questo livello, devi analizzare tantissimi punti. Non è che chiedi quanto mi dai e per quanto tempo e basta così. Ci sono tanti aspetti da vagliare, altrimenti tutti potrebbero essere agenti di alto livello.

Ha espresso il desiderio di rimanere alla Alpecin?

Mi ha confermato che si trova molto bene sia con la squadra, sia con Christoph Roodhooft, sia con Van der Poel. Lo ha detto prima della Sanremo e lo penserà anche dopo la Roubaix. E’ vero che sono arrivate delle proposte di grandi team che sono interessati, stiamo vagliando una serie di situazioni, però siamo assolutamente in contatto. Ho visto Philip Roodhooft, il manager della Alpecin, la sera prima della Sanremo, ero a cena con lui.

Secondo te, quando Roodhooft ha sentito che avresti rappresentato tu Philipsen, si è messo le mani nei capelli perché avrebbe preferito trattare con il corridore?

Secondo me è un bene per lui, perché riesce a scindere la parte sportiva dalla parte contrattuale. Quindi riescono a gestire in maniera più professionale il rapporto. Visto che sono due fratelli, Christoph può parlare tranquillamente dell’aspetto tecnico, ma non andrà a discutere con Jasper dell’aspetto contrattuale. E infatti il ragazzo ha più serenità nella relazione e i risultati si vedono. Oggi come oggi, non è più come 15 anni fa, quando il direttore sportivo faceva firmare il contratto sul cofano di una macchina. Oggi è tutto molto professionale e anche l’aspetto psicologico conta molto di più. In queste situazioni avere a che fare con l’agente anziché con l’atleta aiuta il team a scindere i due aspetti.

Tour 2023, tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: l’olandese lo ha spesso aiutato nelle sue vittorie
Tour 2023, tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: l’olandese lo ha spesso aiutato
A ciascuno il suo, insomma?

Con l’atleta si parla di allenamento, preparazione e vittorie. Con l’agente si parla di contratto e aspetti economici, progettualità, tasse e quant’altro. Quindi secondo me è un vantaggio che ci siamo di mezzo noi e alla fine direi che i risultati lo possono confermare.

Aver vinto la Sanremo fa crescere di tanto la quotazione di uno che comunque l’anno scorso ha avuto grandi risultati?

E’ normale che la Sanremo faccia crescere la quotazione, perché è una vittoria monumento. Se sei un atleta fuori dai primi 50 al mondo, vincere la Sanremo ti cambia la vita. Ma per un top 10 come lui, fa la differenza, però non così tanto. E’ fra i primi 10 al mondo già da un anno, ha vinto la maglia verde e sei tappe al Tour fra 2022 e 2023. Per cui, più è importante l’atleta e meno la singola vittoria farà la differenza.

Mozzato e un calendario tutto al Nord: «Questione di occasioni»

22.03.2024
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Il giorno prima della Milano-Sanremo, il 15 marzo, in Belgio Luca Mozzato ha colto il suo primo successo stagionale. Una volata, quella del velocista veneto, che ha regolato clienti scomodi come Groenewegen, Thijssen, Consonni, De Lie e De Kleijn. Proprio alla luce di questo successo e all’opaca prestazione di Demare alla Classicissima, ci si potrebbe chiedere come mai l’Arkea-B&B Hotels non abbia puntato su Mozzato. La verità è che il corridore italiano ha trovato la sua dimensione in gare come la Bredene Koksijde Classic (la corsa vinta appunto il 15 marzo). 

«Nel fare i programmi – ci spiega dall’hotel dove alloggia in vista degli impegni al Nord – si fanno delle scelte e si guardano pro e contro. La Sanremo ha un livello molto alto e io non davo la garanzia di stare davanti, con i primi. Mi piacerebbe provare un giorno, ma piuttosto che staccarsi sulla Cipressa o il Poggio forse è meglio andare in altre gare e vincere».

La vittoria di Mozzato alla Bredene Koksijde Classic davanti a Groenewegen e Thijssen
La vittoria di Mozzato alla Bredene Koksijde Classic davanti a Groenewegen e Thijssen
Rimpianti pochi, dunque?

Per un corridore italiano correre sempre lontano da casa non deve essere semplice, ma nel ciclismo bisogna fare i giusti calcoli e massimizzare le occasioni. D’altronde è meglio riuscire a cogliere maggiori risultati lontani dal territorio amico che sbattere contro un muro in casa.

«Se mi guardo alle spalle – dice ancora Mozzato – vincere è stato un bel premio e la scelta di saltare una corsa come la Sanremo la vivi a cuor leggero. Non ho corso una Classica Monumento, ma ho ottenuto un risultato importante. Avrei potuto anche non vincere, ma certe occasioni vanno sfruttate e colte. Ogni corridore è consapevole di dove può arrivare, io so che il mio livello è questo al momento. Andare alla Sanremo e sperare di arrivare nel primo gruppo sarebbe stato molto più difficile».

Mozzato corre poco in Italia una delle apparizioni del 2023 è stata al Giro del Veneto, la corsa di casa
Mozzato corre poco in Italia una delle apparizioni del 2023 è stata al Giro del Veneto, la corsa di casa
E’ un’analisi di “costi/benefici”…

Esatto. Poi non nascondo che mi piacerebbe provare un giorno a correre una gara come quella, ma non sai mai che può succedere. Le occasioni ci sono ovunque, solo che in gare come la Bredene Koksijde Classic sono più concrete. Non è un discorso solo mio, ma anche della squadra…

Spiegaci.

Avremmo potuto correre la Sanremo con sei corridori di punta, ma senza una garanzia di risultato. La scelta sensata era giocare tutte le carte su Demare, perché se fossero arrivati allo sprint avrebbe potuto dire la sua. La squadra era concentrata su di lui, l’unico “jolly” era Albanese

Quindi tu saresti stato a disposizione di Demare?

Avrei fatto il gregario oppure avrei fatto la mia gara in parallelo, ma non garantisco che sarei andato né più forte e neppure più piano

Alla Milano-Sanremo la squadra era costruita intorno ad Arnaud Demare
Alla Milano-Sanremo la squadra era costruita intorno ad Arnaud Demare
Hai trovato la tua dimensione al Nord…

Ripeto, in questo momento offro opportunità di piazzamento in gare di secondo e terzo livello. La squadra mi manda in determinate corse con la consapevolezza che posso dire la mia e che qualcosa, spesso, si porta a casa. Sono un corridore da Nord, per diverse ragioni.

Quali?

Sono adatto a correre sulle pietre, quindi nelle classiche e semi classiche mi trovo bene. Ho una buona resistenza e velocità, oltre al fatto che in gruppo mi muovo ottimamente. Fare un calendario italiano, cosa che mi farebbe anche piacere, mi precluderebbe tante occasioni. Se dovessi correre tra Italia e Francia per tutta la stagione avrei due o tre chance di vincere all’anno. Invece, correre al Nord ne offre di più. 

Con la Brugge-De Panne del 20 marzo si è aperta la stagione delle Classiche e semi Classiche del Nord
Con la Brugge-De Panne del 20 marzo si è aperta la stagione delle Classiche e semi Classiche del Nord
Stare lontano da casa pesa? In termini umani?

Un pochino spiace sempre, correre vicini a casa, anche solo relativamente, sarebbe bello. I miei genitori potrebbero venire a vedermi, così come il mio fan club. Ad esempio avrei potuto fare Milano-Torino e poi Milano-Sanremo, ma non avrei dato garanzie di stare davanti. In quelle corse se arrivano 40 o 50 corridori a giocarsi la volata vuol dire avere Demare, quindi mi dovrei mettere a disposizione. Io stesso preferisco andare in gare dove non c’è un leader, ma dove posso impostare la mia volata. 

Tra l’altro due giorni fa è arrivato un altro piazzamento a De Panne…

Ho fatto decimo, un buon risultato considerando che come gara è paragonabile a un mondiale per velocisti. Venerdì (oggi, ndr) c’è la E3 Saxo Classic e poi sabato la Gent-Wevelgem, la stagione delle Fiandre è aperta. 

Nel corso degli anni Mozzato ha dimostrato di essere un corridore con caratteristiche adatte alle corse del Nord
Negli anni Mozzato ha dimostrato di essere un corridore con caratteristiche adatte alle corse del Nord
Cosa fai in hotel per ammazzare il tempo tra una corsa e l’altra?

Mi piace leggere, in particolar modo la sera. Sto lì una trentina di minuti e riposo la testa e gli occhi dal telefono. E’ una cosa che mi aiuta anche a dormire meglio. Ho appena iniziato un nuovo romanzo thriller, si chiama L’Ossessione. Questo genere di letture mi piacciono parecchio, partono lentamente e poi prendono vita man mano che vai avanti. Un po’ come le corse.

Guarnieri, fa gli onori di casa: ecco la sua Orbea Orca Aero

22.03.2024
6 min
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Incontro alla vigilia della Milano-Sanremo con Jacopo Guarnieri. Il pilota dei velocisti della Lotto-Dstny spiega come si trova con la sua Orbea Orca Aero, scelta per avere un mezzo rigido e veloce. La bici è montata con uno Shimano Dura Ace e guarnitura FSA. Nuovo manubrio in carbonio di Vision. Ruote Zipp e pneumatici Vittoria. Sella Flite di Selle Italia.

SOLBIATE OLONA – Alla vigilia della Sanremo, in un primo pomeriggio appena fresco, abbiamo incontrato Guarnieri nella hall dell’hotel in cui alloggiava la Lotto-Dstny e gli abbiamo chiesto di accompagnarci nel parcheggio. Lì c’erano i meccanici dediti a preparare le bici per la corsa dell’indomani. Era da un po’ che volevamo chiedere a Jacopo un po’ di notizie sulla nuova Orbea Orca Aero, che avevamo anche provato, dato che lo scorso anno la squadra correva ancora su Ridley, marchio per loro ormai storico.

Guarnieri è alto 1,90 per 80 chili di peso. Non ha necessità di una bici superleggera, al contrario bisogna che questa sia rigida, confortevole e aerodinamica, dato che il grosso lavoro di Jacopo si svolge ad alta velocità e nelle mischie delle volate, cercando di pilotare gli uomini più veloci del team.

Allora Jacopo, hai preso questa bici alla fine dell’anno, quanto tempo hai impiegato per abituarti?

In realtà il passaggio dalla Ridley a questa Orbea è stato abbastanza veloce. Le geometrie sono piuttosto simili a quelle che usavamo lo scorso anno. Il manubrio è un po’ diverso, perché abbiamo il nuovo Metron di Vision, però anche questo è stato un passaggio abbastanza liscio.

Nessuna differenza di posizione?

Devo essere onesto, non sono mai stato un esperto di misure. In qualsiasi passaggio di squadra, fra annate e diverse biciclette, ho sempre fatto un bel copia e incolla per i meccanici. L’unica cosa che un po’ sento è l’altezza della sella, ma anche quella durante l’anno è facile che la cambi.

Però le bici non sono tutte uguali, tanto che hai voluto una aero…

Ovviamente non uso quella da salita. Chiaramente, essendo 80 chili, quel chilo di differenza sulla bici montata si perde nel mucchio. La mia bici ideale deve avere buona rigidità, ma non estrema, perché comunque pedaliamo tante ore. E poi deve unire all’aerodinamicità un’ottima maneggevolezza, soprattutto nelle discese.

E’ una bici pronta nelle risposte?

E’ molto pronta, in volata restituisce benissimo la forza che imprimi sui pedali, grazie alla flessione della parte bassa del telaio. In più la forcella ha un disegno che aiuta nell’assorbire le buche e disperdere un po’ la durezza dei colpi che prendiamo sul manubrio.

Come ti regoli per la scelta delle ruote?

In realtà cambio veramente poco, diciamo che sono abbastanza prevedibile. A meno che non ci siano da fare tappe superiori ai 3.000 metri di dislivello, per le quali si può optare per una ruota più bassa, il mio setup base prevede le ruote Zipp 454, con cui faccio anche le tappe di montagna. Dipende un po’ dal percorso, se c’è molta pianura direi che rimangono una scelta ottima.

Come mai?

Perché la vera differenza ormai la fai in pianura, per cui inseguire con queste è un po’ più facile anche nelle tappe di montagna. Se poi capita una giornata di pianura velocissima, allora si può anche usare la ruota da 80.

Usate gomme Vittoria, potete scegliere fra vari set?

Ne abbiamo a disposizione tre. Il Corsa Pro che uso praticamente sempre. Pneumatico da 28 davanti e anche dietro. Poi abbiamo un nuovo tubeless per le classiche del Belgio, che è un 30. E’ leggermente più cicciotto, però alla vista risulta molto simile. Infine abbiamo i tubolari completamente neri da cronometro che a volte usiamo anche su strada. Li usiamo in qualche tappa completamente piatta, anche se prendi qualche rischio in più per le forature. Di certo però offrono una minore resistenza.

Come ti regoli per la scelta dei rapporti?

La scelta non è più così ampia. Io uso quasi sempre un 54-40 davanti e un 11-32 dietro. Una volta alla vigilia della Sanremo si cambiavano la cassetta oppure la guarnitura, ma ormai è un’abitudine che si è persa. Non sono un amante del 55, anche se si usa molto. A meno che non ci siano giornate con tanto vento a favore, preferisco il 54 e far girare le gambe.

Come sei messo con le leve del manubrio? Hai dovuto raddrizzarle?

No, le mie leve sono sempre state classiche. Mi piace una leggera inclinazione all’interno, ma niente di estremo. Le nuove regole UCI non mi hanno toccato.

Però nonostante tu non faccia più volate, tieni i pulsantini del cambio all’interno della curva come gli sprinter…

Trovo il bottone molto comodo, perché quando sei in posizione, ti permette di non muovere le mani. Puoi tenerle salde sul manubrio e cambiare con il pollice, in realtà con l’interno del pollice perché è un gesto davvero comodo. Si riesce a cambiare anche con le mani sulle leve e può sembrare una banalità, ma puoi farlo anche mentre stai bevendo dalla borraccia, perché hai la mano sinistra sulla leva. 

Avevi Selle Italia anche l’anno scorso?

Sì. Ho una Flite e usavo Selle Italia anche anni addietro, con la Katusha, se non ricordo male. La forma è rimasta quella, ma adesso il confezionamento è diverso. Ugualmente ne ho testate anche delle altre, però alla fine ho chiesto di tenere la Flite con il foro al centro. Per me è la più comoda e alla fine un corridore, prima di tutto, deve essere comodo. 

Sanremo, numeri e sensazioni di Bonifazio che ha tenuto duro

22.03.2024
5 min
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La Milano–Sanremo non smette di tenere banco. E’ il primo monumento dell’anno, è il “nostro” monumento e soprattutto è e resta una corsa particolarissima. Quest’anno ancora di più vista la velocità record con cui si è corsa: 46,113 chilometri orari di media. Tra i 175 atleti che hanno lasciato Pavia per Sanremo c’era anche Niccolò Bonifazio.

Il corridore della Corratec-Vini Fantini ci spiega, anche con i numeri, la sua Classicissima. Numeri che sono tempi di scalata e stime dei valori personali, in quanto non aveva il computerino. «Non lo avevo – ha spiegato Niccolò – per non condizionarmi». Bonifazio è un ligure. Vive lungo il percorso della Sanremo e come pochi sa essere tecnico in merito a questa corsa.

E’ giunto 68° a 1’58” da Philipsen. Da buon velocista ha fatto una corsa di rimessa. Puntando a restare il più possibile con il gruppo di testa, ipotizzando e sperando in una volata. Tenete bene a mente questo concetto perché è alla base di tutto questo articolo e della spiegazione di Bonifazio circa il suo sforzo.

Niccolò Bonifazio (classe 1993) era alla nona Sanremo (foto @niccolo_lucarini)
Niccolò Bonifazio (classe 1993) era alla nona Sanremo (foto @niccolo_lucarini)
Niccolò, come è andata la tua corsa? Raccontaci da quando è partita la fuga in poi…

Di base direi che stavo bene. Ho fatte nove Sanremo e strada facendo ho capito che avremmo fatto il record di velocità. La corsa è stata vissuta sempre con un certo stress, anche in gruppo. E anche dopo che è partita la fuga.

Perché?

Perché il gruppo non è mai stato veramente “appallato” e siamo andati sempre in fila, spesso a due, ma in fila. Quindi si prendeva aria e non si stava poi così comodi. Insomma, per stare a ruota c’era sempre un po’ di difficoltà.

Non avevi il computerino, ma ti sei reso conto che andavate forte, come mai? E quando lo hai capito?

Quando siamo arrivati in Riviera. Di solito lì c’è sempre un buon vento a favore. Almeno così è stato nelle ultime tre, quattro edizioni. Da Genova a Sanremo ci mettevamo poco più di tre ore. E si andava via a 55 all’ora. Stavolta quel vento non c’era e andavamo lo stesso a quella velocità. In particolare è stato fatto forte il capo Berta, abbiamo demolito il record del tratto.

Anche nelle prime fasi gruppo allungato, non proprio in fila indiana, ma quasi
Anche nelle prime fasi gruppo allungato, non proprio in fila indiana, ma quasi
C’è un motivo particolare perché siete andati forte in quel punto?

Perché la UAE Emirates si è messa davanti, in modo molto agguerrito. Ha fatto un bel “casino”. E ho pensato subito: “Qui non si mette bene per la Cipressa”. 

Tu come stavi a quel punto?

Io bene. Tutto sommato sono stato bene per tutta la gara. Mi ero preparato a puntino… e anche il Berta l’ho superato benone, nonostante il ritmo elevato. Peccato che ho scelto la Sanremo sbagliata! Quella del record.

Hai detto dell’attacco alla Cipressa. Eravamo a bordo strada e volavate. Raccontaci quelle fasi.

La UAE l’ha presa come se fosse una volata. E’ stata fatta tutta “a blocco”. Lì, per me che sono un velocista, sono iniziati i guai. Dietro un po’ ci siamo sfilati e staccati. Però non sono andato alla deriva. Ho scollinato con 30” e in discesa, che conosco bene, ho recuperato un bel po’, circa 20″. Fino a rientrare nel gruppo di testa ad Arma di Taggia.

Poco prima del Poggio…

Esatto. E il problema è quello: se ti stacchi nella prima parte della Cipressa, anche se rientri, non recuperi più. E rientrare forse è stato lo sforzo maggiore. Vi dico un dato che è emerso da Strava. Nel tratto tra Poggio e Cipressa abbiamo fatto 58 di media. Se non è stato 58 preciso sarà stato 57,7, Se calcolate che sono rientrato, immaginate che sforzo abbia fatto. Una media assurda. E infatti appena è iniziato il Poggio mi sono staccato.

Bonifazio ha parlato dell’azione violenta della UAE sulla CIpressa, che ha sparigliato le carte
Bonifazio ha parlato dell’azione violenta della UAE sulla CIpressa, che ha sparigliato le carte
Niccolò, hai perso le ruote, ma visto come sono andati e il distacco finale, non sei naufragato. E’ lì che sei andato in acido lattico?

No, lì ormai no. Primo perché la corsa era fatta e si sapeva che non saremmo mai rientrati dal Poggio in poi. Si andava regolari, di buon passo. Semmai in acido ci sono andato sul Berta, il cui sforzo è durato poco più di 3′. Quello è un po’ il limite del tenere o meno quando manca ancora un bel po’. In quel caso poi si scendeva. E lo stesso sulla Cipressa. Solo che la Cipressa è più lunga di 3′ e non vai proprio oltre il limite del tutto, altrimenti salti e poi davvero naufraghi. Io comunque l’ho fatta in meno di 10′. Un dato ottimo. Pensate che quando feci quinto, la scalammo in 10’20”. Poi è chiaro che ho spinto fortissimo e ho speso molto, così come in fondo alla Cipressa stessa. 

Hai snocciolato dei numeri, riusciresti a dare una stima dei tuoi wattaggi?

Sulla Cipressa credo di averne fatti almeno 450-460 watt, calcolando il mio peso e il mio tempo. Qualcosa in meno sul Poggio 430-440: come ho detto a quel punto spingere a tutta per un 50° posto anziché un 60° avrebbe avuto poco senso. E poi il peso cala un po’ col passare dei chilometri e c’è qualche variazione ulteriore. Comunque anche il Poggio l’ho fatto benone, tra i 6’20”-6’30”.

Restava il tratto finale: anche negli ultimi 3.000 metri piano non andavate. Viaggiavate a 45-46 all’ora?

Anche 50… e abbondanti direi. Eravamo in tre (gli altri due Milan ed Eenkhoorn, ndr) e abbiamo girato regolari fin sull’arrivo. 

Dentro la Sanremo. Cronaca di una giornata folle

18.03.2024
7 min
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SANREMO – Vederli a bordo strada divorare la Cipressa in quel modo è stato un cazzotto nello stomaco. Okay, noi stessi scriviamo sempre che i corridori vanno sempre più forte, che sprigionano “chili” di watt, ma quando poi tocchiamo con mano, quando li vediamo dal vivo a pochi centimetri di distanza, cambia tutto.

Questa emozione è stata possibile grazie ad Orbea e al team Lotto-Dstny. Siamo saliti in una delle loro auto, una di quelle che segue la corsa parallelamente. Un’auto che ci ha portato dentro la Sanremo nel vero senso della parola.

Setup e birra

Ecco dunque la cronaca di una giornata particolare… che non è il programma di Aldo Cazzullo su La7! Ritrovo a Pavia. Arriva il bus della squadra belga e, come da prassi, i meccanici mettono le bici sui cavalletti.

Scrutiamo incuriositi i setup. Per tutti il telaio “aero” di Orbea, l’Orca: qualcuno ha scelto ruote altissime, le Zipp 858, qualcuno quelle medie, le 454, che una volta sarebbero state loro stesse quelle alte.

Jacopo Guarnieri è felice perché non piove, ma fa anche una previsione pensando al suo leader di giornata, Maxim Van Gils. «Sono contento che ci sia il sole, però è anche vero che se questa gara ha una possibilità di non finire in volata o di vedere un arrivo solitario è proprio con la pioggia». 

Si parte. Vedere sfilare il gruppo nelle pianure dell’Oltrepò è un’immagine più iconica che vibrante. Ormai il gruppo pedala a 45-46 all’ora con una scioltezza disarmante. Sembrava che i corridori stessero passeggiando.

Nell’attesa, Eric De Clercq, il nostro accompagnatore di giornata, apre una delle borse frigo ed estrae delle lattine di birra. Naturalmente Stella Artois. Insomma, benvenuti in Belgio! E sono solo le 11,30 del mattino.

Come cavallette risaliamo sulla mastodontica Bmw X7. E’ incredibile come dalla calma assoluta, si passi alla modalità “Flash Gordon”. 

Sul Turchino

La prossima sosta è un vero totem della Milano-Sanremo: il Passo del Turchino. Lasciamo l’autostrada ad Ovada. La risalita verso il valico è una processione continua di ciclisti. Il popolo dei pedalatori si riunisce.

La salita è estremamente dolce e irregolare. Spesso scende anche un po’. Poi concede piccole strappate al 5-6 per cento al massimo. 

Una lunga curva verso destra porta alla famosa galleria del Turchino. Asfalto perfetto per questi 283 metri che separano il Piemonte dalla Liguria. La luce in fondo al tunnel è quella calda del tepore della Riviera.

All’imbocco della galleria, Eric estrae dalle solite borse frigo dei sacchetti. C’è della pasta con pollo. Sembra di stare in una curva da stadio. Tanta gente e tante bici appoggiate ai guardrail. Tutti col cellulare in mano. Noi anche ce lo abbiamo, ma dobbiamo documentare. E’ il nostro lavoro. Nell’attesa pensiamo che forse sarebbe meglio godersi il momento dal vivo e non tramite lo schermo.

Mentre ci perdiamo in queste congetture, all’improvviso dalla curva sbuca la fuga. I primi impostano una piccola accelerata. Passare in testa al Turchino fa piacere evidentemente, anche se non c’è un Gpm. Sanno di non avere possibilità di vittoria. Il gruppo non gli ha mai lasciato più di 2’40”. Si prendono un po’ di gloria.

Poi ecco il gruppo. Le urla sono quasi tutte per Pogacar. La Lidl-Trek risale abbastanza compatta nelle retrovie sul lato sinistro della strada. Probabilmente Pedersen o Milan avevano fatto una sosta fisiologica o avevano avuto un problema meccanico.

Jet sulla Cipressa

Stessa scena di prima. Saltiamo nella Bmw come cavallette. Per qualche chilometro procediamo in direzione opposta. Riprendiamo l’autostrada e rientriamo sull’Aurelia una cinquantina di chilometri prima della Cipressa. E’ un colpo da maestri. Ci godiamo il pubblico a bordo strada. La loro attesa diventa la nostra attesa. E poi gli scorci delle scogliere a picco, il blu del mare, il sole e i tre Capi.

Il Capo Berta è tosto davvero. Le pendenze toccano per un secondo anche il 10 per cento. Capiamo dunque il detto: “Sui Capi il corridore capisce se sta bene”.

L’attacco della Cipressa è mistico. La prima parte tira al 4-6 per cento. E’ una curva continua. L’asfalto è perfetto. Si va nell’entroterra. Poi un tornante riporta sul lato del mare. Lì la pendenza diminuisce. Alcuni bambini ci chiedono delle borracce. Come non dargliele! Tifano Van der Poel e Pogacar. Però lo striscione sul tornante è tutto per Matteo Sobrero.

Ecco la fuga. Pochi secondi dopo piomba il gruppo. Davanti Del Toro, Wellens e Pogacar. Fanno paura. Volano. La corona grande è d’obbligo. Qualcuno deve persino accarezzare il freno in uscita di curva per non prendere il parapetto. Così facendo deve rilanciare ancora più forte. Distinguere i corridori dalla decima posizione in poi è complicato. Sono seminascosti e davvero volano!

Davanti sono una trentina. Il resto del gruppo è letteralmente esploso. Stavolta con la Bmw ci mettiamo in corsa. Seguiamo le seconde e terze ammiraglie.

Adrenalina Sanremo

La discesa della Cipressa sembra infinita. Il mal di stomaco è in arrivo. Per fortuna arriva prima l’Aurelia. Adesso si punta il Poggio. E’ curioso come il drappello che ci precede, e parliamo dell’ottantesima o forse anche centesima posizione, proceda apparentemente piano. In realtà fila via a 46-48 all’ora. E sul Poggio gli stessi componenti toccano i 28 all’ora. E mentre salgono dal tornante sotto vediamo che osservano il mare.

In cima c’è una folla pazzesca. Riconosciamo colleghi fotografi ad ogni angolo. Arroccati sui muretti o incastrati sotto i guardrail. Intanto la corsa è in Via Roma. Da uno dei tablet dell’ammiraglia Lotto-Dstny osserviamo la volata. Per la squadra belga c’è Van Gils, ma Eric dice che non è velocissimo. Gli chiediamo allora perché non abbiano portato Arnaud De Lie. «Perché non è al cento per cento. E per queste corse devi essere al top», replica lui.

Si entra a Sanremo. Il drappello che seguivamo in discesa ci ha seminato. A 600 metri dall’arrivo c’è la deviazione delle ammiraglie. La imbocchiamo e arriviamo al parcheggio dei bus. 

La giostra sembra rallentare all’improvviso. A passo d’uomo ci apriamo un varco tra la folla e finalmente raggiungiamo i mezzi della Lotto-Dstny. 

Le Orbea sono già sotto le lance dei meccanici. Anche i corridori sono sotto l’acqua. E’ quella della doccia del bus.

E’ stato un viaggio folle, intenso. Un viaggio nel cuore della Sanremo. Un viaggio che ci ha fatto vivere quello che sapevamo, vale a dire “la corsa nella corsa”, ma che non immaginavamo quanto fosse folle. E’ stata adrenalina pura.

La Sanremo di Milan: un giorno da leone, ma che fatica…

17.03.2024
4 min
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SANREMO – Una corsa da leone. Da uno che lo staccano sulla Cipressa (foto di apertura), però non molla, rientra e tira a bocca aperta come un diavolo per portare i compagni sul Poggio. In estrema sintesi, la Sanremo di Jonathan Milan è stata proprio questa. Un conto è correrla da giovane, con le attese limitate al fare esperienza. Altra cosa è farlo nei panni di uno che ha vinto due tappe alla Tirreno-Adriatico, battendo i velocisti più forti: Philipsen su tutti. Poi magari nella testa del friulano la differenza non c’è stata neppure per un istante, ma è certo che tante interviste alla vigilia nelle due edizioni precedenti non gliele avevano fatte. Per cui ci pensi. E quando arriva la Cipressa dove tutto si accende, ti chiamano allo scoperto e la musica cambia.

Al via della Sanremo, Milan era indicato tra i possibili favoriti: forse troppo presto?
Al via della Sanremo, Milan era indicato tra i possibili favoriti: forse troppo presto?

Cipressa quasi record

Alla partenza si faceva un gran parlare di tempi. Se la salita di Costa Rainera si fosse fatta in 9’50”, Milan ce l’avrebbe fatta. Se si fosse fatta in 9’20”, invece no. Ieri la Cipressa l’hanno scalata in 9’26” perché a un certo punto la UAE Emirates non ce l’ha più fatta a dare gas e Milan ugualmente, a un tratto, ha sentito accendersi la riserva. Fino a quel punto, era parso che tutto andasse bene e chissà se fra le analisi del dopo corsa si valuterà anche la scelta di partire con il 56, che potrebbe logorare se inavvertitamente non si compensasse con i pignoni posteriori. Ma questi sono discorsi a posteriori, da approfondire al momento debito. Quel che si può dire nell’immediato è che come fanno i corridori veri, Milan si è gestito, restando con la testa sul pezzo. Pensando a cosa fare per sostenere i compagni nel tratto che restava.

«Sì, è andata così – dice con voce flebile da uomo stanco – alla fine sui Capi stavo bene. Invece un po’ prima che finisse la Cipressa, sono finito nelle retrovie. Sono rientrato prima del Poggio e sapevo che le energie erano quelle che erano, per cui ho cercato di aiutare la squadra al meglio possibile. E’ andata così, dai. Sono contento per la mia performance e anche di come abbiamo corso, perché abbiamo corso veramente bene, tutto sommato».

Milan ha vissuto la prima parte di gara ben al coperto, lo svuotamento è iniziato fra i Capi e la Cipressa
Milan ha vissuto la prima parte di gara ben al coperto, lo svuotamento è iniziato fra i Capi e la Cipressa

Su tutto il Poggio

Ai piedi del pullman ci sono ad aspettarlo suo padre e sua madre, oltre a Manuel Quinziato, il suo agente che rivendica inaspettate origini friulano: proprio di Buja. Alla Lidl-Trek non ci sono grandi sorrisi, perché arrivati con Pedersen a giocarsi la volata, pensavano tutti di portarsi a casa un’altra Sanremo, dopo quella di Stuyven del 2021. Invece proprio il belga ha tirato la volata al compagno danese, che però non è andato oltre il quarto posto, dopo Pogacar e appena prima di Bettiol.

«Sulla Cipressa non dico che si è spenta la luce – riflette Milan, che sorride – oppure diciamo che forse si è spenta piano piano. Poi per un po’ si è riaccesa e alla fine si è spenta completamente sul Poggio. Non penso che sia stato un fatto di alimentazione, oppure magari c’entra pure quello, non lo so. Quando sono rientrato, ho pensato a fare quello che serviva. Non è che ci sia stato tanto tempo per parlare o guardarsi in faccia. Sono andato davanti il prima possibile e poi ho provato a fare il massimo, quello che sono riuscito. Ho cercato di dare il mio supporto. Ho fatto un piccolo passo in più rispetto all’anno scorso, ho fatto un buon lavoro su tutto il Poggio quindi sono abbastanza soddisfatto.

«Che differenza c’è alla fine tra fare la Sanremo da Jonathan Milan il giovane e Jonathan Milan che ha vinto le tappe alla Tirreno? Forse prima qualche attenzione in più, poi però è stata uguale. Solo una grande, grandissima fatica…».