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Professionista, piede e scarpa. Approfondiamo con Pallini

28.04.2023
5 min
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Uno dei tre punti di contatto. Il piede rappresenta la “molla” dell’azione del ciclista. La parte degli arti inferiori che completa la trasmissione di potenza direttamente sul pedale. Nella biomeccanica dell’azione è la parte finalizzatrice di tutto il nostro motore.

Quando ci si allena però difficilmente si pensa a questa parte del corpo e così lo stesso per quanto riguarda la scelta delle scarpe, che spesso insegue gusto o semplici indicazioni dovute alla larghezza della pianta dopo una breve calzata. Quale universo si nasconde dietro al piede del ciclista? Per scoprirlo, ci siamo affidati al parere esperto del massaggiatore Michele Pallini

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Partiamo da questo spunto. Per i corridori, i piedi, sono una parte delicata?

Ho collaborato con Vincenzo Nibali per diversi anni e lui per quanto riguarda le scarpe era un meticoloso, anzi fanatico. Aveva il problema di avere il piede fine e piccolo. Quindi aveva bisogno di una scarpa su misura. Era molto difficile fare una calzatura custom per una parte anatomica del corpo che in bici cambia la forma per tanti motivi. E’ multifattoriale il problema del piede. Trovare una scarpa adatta non è stato semplice. La scarpa quando viene studiata, viene provata non in condizioni di utilizzo e stress, ma a riposo. Quindi anche il piede non è nella condizione di comportarsi come quando è nello sforzo in bici. 

Utilizzare scarpe su misura è la soluzione?

Diventa un po’ un cane che si morde la coda. La provi e senti un dolorino, ma a riposo sembra ok. Se la provi in un periodo non ottimale di forma allora dà una sensazione, viceversa quando si sta bene. La scarpa ha una multifattorialità vastissima. E’ quasi impossibile trovare una scarpa che calzi a pennello

Quindi come ci si comporta?

La cosa più intelligente che si può fare è realizzare una scarpa leggermente più grande. In questo modo la stringi quando vuoi sentire più feeling con la bici e la allenti quando ci sono temperature più alte, come capita d’estate quando il piede si gonfia. 

Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
I pro’ cercano solo la performance?

Il problema entra quando corridori come Valverde o anche Nibali, sono personaggi che hanno grande feeling con la bici e fanno come gli sciatori. Preferiscono avere una scarpa più piccola per sentire la bici al meglio. Poi però si arriva al problema appena citato. Qualsiasi scarpa tu prenda, non troverai mai la tua. Se ne può trovare una che si adatta maggiormente al piede. Ma per quanto si possa fare su misura, il cuoio, la tomaia cambiano e si trasformano in base alla stagione e quasi mai seguendo il piede. Inoltre c’è un altro problema.

Quale?

Tutte le suole sono molto rigide. Le aziende ormai lavorano quasi esclusivamente con il carbonio. Questo crea maggiori stress. Qualsiasi sconnessione o vibrazione la si sente ridistribuita sui tre punti di appoggio, tra cui il piede. 

A che dolori si va incontro?

Si passa dal banale dolore, ad avere un problema di conflitto femoro-rotuleo o anche infiammazione della bandelletta ileo-tibiale.

Quali possono essere le cause?

Oltre alle rigidità eccessive, il problema sta anche nel come vengono fatte le suole. Non sono più “piatte” ma gli viene dato un valgo. In modo tale da spingere con la pianta del piede inclinata di 30° circa. Non tutti recepiscono positivamente questa angolazione del piede e spesso però ci si imbatte nel problema. Un anno Vincenzo ha dovuto cambiare le scarpe in corso d’opera e utilizzare un modello precedente, proprio perché quel nuovo materiale gli aveva causato un conflitto femoro-rotuleo.

Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Che tipo di dolore è?

E’ un dolore che non è così localizzabile, ma precisamente lo si percepisce nella parte laterale del ginocchio. 

Realizzare delle solette o plantari su misura può aiutare?

Non sempre. Perché spesso si usano delle solette o plantari che portano ad una curvatura del piede dove il podologo di turno ti presenta dati di miglioramento effettivi solo sotto il punto di vista della potenza espressa, ma che ti distraggono dal comfort. Questo può portare a tendiniti della bandelletta tibiale. Se poi si insiste sopra, si arriva a degli stop anche di un mese. 

Non sempre il plantare rappresenta una soluzione…

Tu lo provi sul rullo e vedi tramite i sensori che esprimi più potenza, poi però ci possono essere come detto infiammazioni o infortuni dietro l’angolo. Questo però può essere causa anche dalle scarpe stesse. 

Dal punto di vista del massaggio, il piede è una zona che viene trattata?

Per me sì, molto. Nel massimo sforzo il piede va in “griffe”, è un termine tecnico che utilizzano i podologi. Nel senso che va in flessione plantare. E’ come se si volesse chiudere. Quando si spinge si pensa che il piede sia in iperestensione, mentre in realtà la spinta avviene con la pianta del piede in flessione. E’ come se le dita chiudessero. E’ un gesto naturale.

Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Il massaggio è quindi molto importante?

Nel ciclista meno, però il trattamento del muscolo soleo, del polpaccio e dei gemelli sono importanti per evitare problemi al fascite plantare (patologia comune ai maratoneti). Ha un meccanismo di retrazione sul calcagno. A livello fasciale è quasi una continuazione del tendine d’Achille. Quindi se si tiene in scarico tutta la fascia plantare si riesce a rilassare ed escludere problemi.

Insomma il rapporto che c’è tra piedi e performance è perennemente in conflitto ed evoluzione?

Che alcuni ciclisti professionisti abbiano dei problemi al piede è comune, anzi quasi tutti lo hanno. Mario Cipollini ne era soggetto per fare un esempio Se tu guardi i piedi dei ciclisti non sono martoriati come quelli dei calciatori, ma poco ci manca. Hanno dei calli sparsi qua e là. Questo è dovuto non solo alle molte ore in sella, ma anche a scarpe sbagliate. Fra tutte le squadre WorldTour, credo si contino sulla dita di una mano quelle che lasciano scelta al corridore su questo materiale.

Ogni ciclista sarà sempre alla ricerca del miglior compromesso tra performance e comfort?

Bisogna capire che la scarpa è un contenitore e non sarà mai come un guanto. 

L’ultimo saluto a Umberto, un uomo elegante

19.02.2023
8 min
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Oscar Saturni era con lui ad Altea e lo ha visto andar via. E’ successo tutto troppo in fretta e di colpo Umberto non c’era più. Per questo ieri i suoi amici si sono raccolti per salutarlo con il necessario passo lento nella parrocchia di San Giovanni a Mozzo.

Non è stato un bel giorno, ma il tempo passato ha permesso di lucidare i ricordi migliori. Tutti hanno rievocato quanta allegria e umanità abbia portato nelle loro vite quel brav’uomo di Inselvini, che ti arricchiva semplicemente guardandoti negli occhi e salutandoti con le stesse mani che hanno carezzato e massaggiato i muscoli dei campioni.

Il massaggiatore è fisioterapista e psicologo: con la sua esperienza, Umberto riassumeva il meglio di entrambi gli aspetti. Era il riferimento dei colleghi, il fratello maggiore. Una brava persona. Un filosofo. Una persona seria. Persino un comico. Così lo hanno descritto i suoi colleghi e compagni di chilometri e giorni sulle strade del mondo.

Borselli e Inselvini: autista e massaggiatore, due colonne dell’Astana
Borselli e Inselvini: autista e massaggiatore, due colonne dell’Astana

Telecronache spagnole

Oscar Saturni racconta l’amico degli ultimi 12 anni. «Gli dicevi: “Umberto, andiamo a quella corsa, ti ricordi cosa successe l’ultima volta?”. E lui rispondeva: “Sì, io c’ero”. Lui era stato in tutte le parti, era cittadino del mondo. Scherzando diceva che veniva da un paesino de La Rioja, in Spagna: Cuzcurrito de Rio Tiron. Umberto di dove sei? “Di Cuzcurrito de Rio Tiron!”. Era sempre molto sorridente e contento e… era un fenomeno. Un uomo elegante».

Umberto faceva le imitazioni delle radiocronache spagnole e se le sentivi restavi a bocca aperta, mentre ti piegavi dal ridere.

«Io non riesco a dire tutte le parole – dice Saturni – ma lui era bravissimo. C’erano delle frasi sempre uguali, non so come le ricordasse. Ricordava anche la pubblicità delle pile Varta che facevano durante il Giro della Colombia. Oppure faceva la telecronaca finale degli ultimi metri di una corsa vinta da Alberto Volpi all’Alentejo.

«C’era questa salita di 10 chilometri, un vento della miseria. Tre uomini in fuga. Mauleon della Once, Garmendia della Banesto, Volpi della Batik. Finché arrivano in cima e gli spagnoli provano a mettere in mezzo l’italiano. A lui quella telecronaca è rimasta in mente. E allora strillava, come il giornalista di Cadena Ser che faceva le telecronache per la radio spagnola (José Maria Garcia, ndr). “Mauleon, Garmendia. Mauleon, Garmendia. Mauleon, Garmendia. Mauleon, Garmendia. Mauleon, Garmendia… Volpi!!!”. Non voleva rifarla spesso, però ogni tanto lo convincevamo.

Con Saturni in una foto da Instagram: un’amicizia di vecchia data
Con Saturni in una foto da Instagram: un’amicizia di vecchia data

«Ho conosciuto Umberto negli anni 90 – prosegue Saturni – ma gli ultimi 12 li abbiamo condivisi qui in Astana. Eravamo sempre insieme, una persona molto amica con cui potevo confrontarmi. Non c’è stato giorno in questi 10 anni che non ci siamo sentiti. Un messaggio, una chiamata o un commento sulla giornata. Umberto amava il suo lavoro e la sua famiglia, per me Umbi era questo. Un signore, capace di convivere in un mondo difficile come il nostro. L’unica cosa che lo preoccupava era il fatto che gli anni passassero troppo in fretta, si lamentava che stava diventando vecchio. Invece se ne è andato ancora giovane. Mi manca molto il mio amico, merita di essere ricordato bene…». 

Gli anni alla Carrera

Erano sempre insieme e un po’ si somigliavano, in quel 1992 nella Carrera di Chiappucci e a breve di Pantani. Umberto e Stefano Del Cas.

«Facevo lo sciatore – ricorda Stefano – per cui entrai nel 1991 a giornate, cercando di imparare il mestiere da Umberto e da Verzelletti. Poi dal 1992, ho iniziato fisso. Non sapevo molto del ciclismo professionistico, incontrare Umberto fu una fortuna. Una volta i vecchi massaggiatori erano gelosi del loro lavoro, quindi coi giovani erano molto avari. Non dico che sia stato come un papà, perché aveva solo 10 anni più di me, però mi ha aiutato tanto. La Carrera era uno squadrone. Un anno col Tour si arrivava sull’Alpe d’Huez, nel periodo in cui in Francia ti davano le macchine.

«Quel giorno dovevamo fare il rifornimento e poi andare in cima per fare l’arrivo. C’era parecchia strada da fare, si correva. Solo che a un certo punto ci siamo ribaltati. La macchina si è girata ed è rimasta sul fianco. Siamo scesi e siamo riusciti a ribaltarla. Non so come, ma funzionava ancora. E così siamo ripartiti e siamo arrivati ai piedi dell’Alpe d’Huez, anche se non ci hanno fatto salire perché era tardi. Poi le nostre carriere si sono separate, ma tutte le volte che negli anni successivi ci incontravamo, commentavamo che quel giorno il Signore ci aveva messo una mano sulla testa…».

Al Giro d’Italia del 1995, alle spalle di Leonardo Sierra c’è Stefano Del Cas
Al Giro d’Italia del 1995, alle spalle di Leonardo Sierra c’è Stefano Del Cas

«Quegli anni – prosegue Del Cas – ce li siamo portati dentro. Non è per parlar male del ciclismo di oggi, però una volta anche le squadre più grandi erano una famiglia. Adesso ti ritrovi con due italiani, un inglese, un tedesco, un francese, invece il nostro gruppo era tutto lì. Verzelletti e Umberto, poi c’era Archetti… Insomma, i gruppi erano più piccoli e alle corse c’erano sempre le stesse persone. Si creava un ambiente familiare, anche con Boifava, che era il grande capo.

«Di solito quando viene a mancare qualcuno, è quasi una consuetudine dire che fosse una brava persona. Lui lo era davvero. A volte negli hotel c’è quello che si presenta e alza la voce se c’è qualche problema. Umberto invece è sempre stato molto professionale: i problemi ci sono, diceva, ma si possono risolvere restando tranquilli. Poi parlava benissimo 4-5 lingue, non aveva problemi a farsi capire».

Al Tour del 1992, Umberto al lavoro sulle gambe di Chiappucci (foto Facebook)
Al Tour del 1992, Umberto al lavoro sulle gambe di Chiappucci (foto Facebook)

Nibali contro Aru

Inselvini con Aru, Pallini con Nibali, anche quando fra i due non scorreva buon sangue. Ma i due massaggiatori continuavano nel lavoro.

«Non abbiamo mai avuto rivalità legate a Nibali e Aru – dice Pallini – al massimo qualche battuta. Umberto era uno che vedeva il ciclismo, non il corridore. Nel senso che gli piaceva il ciclismo e non il singolo. Nel 2016 siamo stati alle Olimpiadi insieme e abbiamo collaborato bene, finimmo sul giornale perché ci ritrovammo a spazzare il box dell’Italia in cui non avevano finito i lavori

«Faceva battute e portava allegria, anche se era il classico comico dall’anima triste. Secondo me era malinconico, ma per sdrammatizzare utilizzava sempre queste battute, le freddure, le imitazioni del telecronista spagnolo. Oppure c’era il giochino che faceva con Martinelli, quando andavamo alle partenze. Umberto imitava gli americani che atterravano sulla luna. Insomma, sentendolo per radio, aveva tutto il suo effetto. Sembrava vero».

Riposo al Tour 2014, Nibali in giallo: Pallini e Inselvini fianco a fianco
Riposo al Tour 2014, Nibali in giallo: Pallini e Inselvini fianco a fianco

«Umberto ripeteva sempre – prosegue Pallini – che lui aveva iniziato con Silvano Mazza alla Malvor-Bottecchia. E proprio al primo anno, Mazza gli aveva detto al Giro d’Italia sarebbero andati solo loro due. Quindi qualunque cosa fosse successa, sarebbe stata colpa dell’uno o dell’altro. Avrebbero dovuto sempre dividere per due. Questo poi è sempre stato un suo cavallo di battaglia. Nel ciclismo moderno, c’è la suddivisione dei ruoli e dei lavori da fare. Però poi alla fine, Umberto diceva sempre che se anche uno ha un ruolo o una mansione, sia gioie sia dolori vanno divisi

«Sono quasi sicuro che Umberto fosse più di quello che mostrava, però non voleva darlo a vedere. Quindi ogni volta che approfondiva un discorso, smorzava sempre il tono e lo riportava a temi più leggeri. Quasi per non sembrare troppo profondo. Solo una volta l’ho visto deluso. Non voglio fare nomi e polemiche in questi momenti, anche perché ne parlavo ieri con la moglie e non è una cosa di cui voleva parlare neppure lui. Nessuno parlava male di Umberto e Umberto non parlava male di nessuno. So però che in una situazione del suo percorso professionale, era rimasto male».

Aru ha appena conquistato Montecampione al Giro 2014: una vittoria per due
Aru ha appena conquistato Montecampione al Giro 2014: una vittoria per due

La Divina Commedia

Cerea era il massaggiatore di Bettini, lo è stato per una vita. Non ha mai lavorato nella stessa squadra di Inselvini, ma hanno diviso i giorni dei mondiali.

«Hai presente quando dici una persona buona che incontri nella vita? Ecco, Umberto era sempre sorridente – racconta Cerea – aveva la battuta per tutti, il sorriso, la tranquillità. A Stoccarda, quando vincemmo il mondiale col “Betto”, c’era anche lui. Ti dava un senso di tranquillità, aveva sempre la battuta, il sorriso. Se avevi bisogno di qualcosa, non c’era nessun problema. Era fantastico con le lingue, un fenomeno. E poi era un uomo colto, questa cosa mi affascinava. Culturalmente era molto, ma molto avanti. Una sera a quei mondiali del 2007, eravamo tutti insieme e Alfredo Martini recitò cinque minuti della Divina Commedia. Umberto era accanto a me e la recitava a bassa voce insieme a lui. La sapeva parola per parola.

«Umbi, come lo chiamavo io, era ancora uno alla vecchia maniera. Credeva che fossimo una famiglia, era uno di quelli che riconoscevi per l’amore verso il lavoro e la professionalità. E poi non l’ho mai sentito parlare male di qualcuno, come credo che nessuno abbia mai parlato male di lui. E anche se qualcuno gli ha mancato di rispetto, Umberto non ha mai detto una parola. Ha sempre avuto dignità, tranquillità e grande pacatezza».

Inselvini in azzurro ai mondiali del 1990 in Giappone, fra Giovanetti e Bugno
Inselvini in azzurro ai mondiali del 1990 in Giappone, fra Giovanetti e Bugno

«Lo prendevo in giro quando non si tagliava da tanto i capelli – sorride Cerea – e allora glieli toccavo quasi per scaramanzia. Li aveva talmente folti e fitti, che sembravano un casco. Lui era nell’ambiente da molto più di me, però non è mai stato uno di quelli con la puzza sotto il naso. Salutava e chiedeva se avessi bisogno di qualcosa. Una volta il ghiaccio non era tanto facile da trovare e se non ti alzavi presto, non lo trovavi. E lui più di una volta si è offerto di dividere il suo, dicendo che ne aveva preso di più.

«Erano anni in cui ci si dava una mano. Si andava al rifornimento con le macchine tutti assieme – ricorda Pallini – non c’erano i GPS, era un’avventura quasi ogni giorno. Certe volte, se riconosceva un posto, iniziava a raccontartene la storia e andava a fondo in certi dettagli che non ti aspettavi. E lo diceva con una tranquillità che mi affascinava. E’ proprio vero, quando dici che il cielo si prende sempre le persone più buone. Ecco, lui secondo me è uno proprio una di queste persone e me lo immagino adesso con Alfredo Martini a recitare Dante uno davanti all’altro».

Nervo sciatico e corridori: bella gatta da pelare

28.12.2022
6 min
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«Avevo un mal di schiena tremendo, proprio nella zona lombare. Ero piegato in due perché quando non stai bene, sforzi la schiena e la prima cosa che parte è il nervo sciatico».

Con queste parole, pronunciate in Spagna alcuni giorni fa, Gianni Moscon ci aveva raccontato una delle fasi per cui, in abbinamento con l’infezione del sangue causata dal Covid, la prima parte del suo 2022 è stata un calvario. Solo che sentirlo parlare di infiammazione del nervo sciatico ha fatto scattare l’attenzione su un… acciacco che raramente si associa a un corridore professionista. Ragione per cui ci siamo rivolti a Michele Pallini, storico fisioterapista di Nibali. Il toscano è rimasto all’Astana dove avrebbe dovuto occuparsi di Lopez.

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Michele, anche i corridori rischiano l’infiammazione del nervo sciatico?

E’ un argomento molto vasto, soprattutto volendo parlare di tutti i ciclisti, dal cicloamatore al professionista, e le cause possono essere diverse. Chiaramente bisogna fare subito una distinzione tra lombosciatalgia e sciatalgia. La prima proviene da una lombalgia causata da un’ernia, che ne è la causa primaria. Quando poi vai in bici, non sei allenato oppure fai degli sforzi che vanno al di sopra della tua preparazione, coinvolgi la parte lombare. Questa, contraendosi, accentua le problematiche dell’ernia e causa la lombosciatalgia. Invece nel professionista la causa più comune è la sindrome del piriforme. E sono due cose diverse. Si tratta sempre di sciatalgia, ma la lombosciatalgia colpisce soprattutto il cicloamatore rispetto al professionista. Ci sono anche dei ciclisti professionisti che ci hanno problemi di ernia, ma di solito sono dovuti all’età. 

Parliamo di professionisti allora…

La sindrome del piriforme è la compressione del nervo sciatico da parte del muscolo piriforme (in apertura, nell’immagine del dottor Marcello Zavatta), nella parte posteriore del bacino. Causa dolore ai glutei e occasionalmente, appunto, la sciatalgia. La causa è sempre un sovraccarico che può essere dovuto a degli sforzi eccessivi. Non a caso se ne può osservare l’insorgenza dopo 10-12 giorni di una grande corsa a tappe, se viene affrontata in condizioni non ottimali.

Il muscolo piriforme si trova nella parte posteriore del bacino a contatto con il nervo sciatico (immagine Fisio Science)
Il muscolo piriforme si trova nella parte posteriore del bacino a contatto con il nervo sciatico (immagine Fisio Science)
Solo questo?

Possono esserci degli altri fattori scatenanti. Una tacchetta che si sposta e ti causa una intrarotazione dell’anca, ad esempio. A volte non te ne rendi conto, perché cadi, non verifichi la posizione della tacchetta e magari continui a pedalarci. Se l’anca e il ginocchio sono ruotati, il problema è biomeccanico e può diventare causa di sciatalgia.

Di cosa parliamo?

Anatomicamente quello sciatico è il nervo più grosso che ci sia nel corpo umano e passa proprio sul piriforme. Quando viene “pinzato” tra il piriforme e gli altri muscoletti che ci sono lì intorno e che scorrono paralleli al piriforme, si può avere la sciatalgia. Per capire empiricamente la differenza tra una lombosciatalgia e la sindrome del piriforme, basta sedersi a terra e mettere il tallone del piede sul ginocchio opposto, spingendo in giù. Se hai la sindrome del piriforme senti subito dolore.

Durante un grande Giro, il massaggio quotidiano aiuta a sciogliere le contratture lombari (foto Harima Nazionale)
Durante un grande Giro, il massaggio quotidiano aiuta a sciogliere le contratture lombari (foto Harima Nazionale)
Hai parlato di insorgenza durante un Giro.

Facendo i massaggi tutti i giorni, ti accorgi che a livello lombare c’è un problema di contratture. Quindi ci lavori, ne parli col medico e fai anche dei trattamenti fisioterapici. Poi interviene anche l’osteopata, ma si può risolvere utilizzando la classica Tecar terapia, che abbiamo sempre dietro. 

Con Moscon non ha funzionato…

Se la condizione non ti permette di sopportare certi sforzi, si arriva al ritiro. Quello che è successo a Moscon è un’eccezione. Gianni veniva da un long Covìd e nonostante tutto quello che abbiamo fatto, non riusciva a venirne fuori. L’unica soluzione che ha avuto la squadra è stato fermarlo e poi si è scoperto che il problema dipendeva dal sangue. Però restando sul fronte del nervo sciatico, c’erano delle teorie per cui il Covid potrebbe provocare l’ispessimento della fascia. Perciò, non venendone a capo, con il dottor Magni si è pensato di mandarlo da un luminare di Padova. Un manipolatore fasciale professionista, che ha messo a punto una tecnica specifica. Però non è servita, per lui non era necessario questo di tipo di trattamento, ma bastava il riposo. Quanto invece a quegli studi, come per ogni cosa che riguarda il Covid, la casistica è limitata e non c’è stato il tempo di studiarla.

Nella primavera di Moscon, fra varie sofferenze, c’è stata anche l’infiammazione del nervo sciatico
Nella primavera di Moscon, fra varie sofferenze, c’è stata anche l’infiammazione del nervo sciatico
Come fa un professionista, sempre così monitorato, a finirci dentro?

Tolti i casi patologici come quello di Gianni, una fase a rischio è quando vanno da soli in ritiro a Tenerife. Lassù ogni giorno fai un’ora e mezza di salita, 3.000 metri di dislivello, e se non hai una condizione eccellente oppure fai degli sforzi superiori a quelli indicati dalle tabelle di lavoro, puoi incorrere in questo tipo di problema. La statistica dice che 99 volte su 100 dipende da sovraccarico. I problemi biomeccanici dovuti a una caduta sono invece più ricorrenti durante le gare. Lo spostamento della tacchetta in allenamento è rarissimo. In più tutti i corridori che ho seguito sono abbastanza maniaci delle scarpe e le controllano e ricontrollano mille volte. Ci sta che magari camminando un po’ la tacchetta ruoti leggermente all’interno, ma prima del problema al piriforme, inizi a sentire già qualcosa a livello del tensore. Insomma, prima di fare un danno grosso, ci sono dei sintomi che mettono in allarme. 

L’unica cura è il riposo, non potendo fare infiltrazioni?

Sì, soprattutto se la patologia viene fuori in gara. Se invece ti stai allenando, puoi diminuire l’intensità del lavoro. Vai ancora in bici, ma invece di fare delle sedute di 5 ore, le fai da un’ora e mezza e recuperi lo stesso. A casa durante l’allenamento la cosa è più risolvibile.

I ritiri in altura (qui sul Teide) se fatti in autonomia espongono al rischio di sovraccarichi (foto Astana)
I ritiri in altura (qui sul Teide) se fatti in autonomia espongono al rischio di sovraccarichi (foto Astana)
Forse una tendinite è più facile da capire?

Infatti il nervo sciatico è una problematica più subdola della tendinite. Normalmente l’insorgenza una tendinite ti dà degli avvertimenti. Prima che arrivi al tendine rotuleo, inizi ad avere problemi al vasto mediale. Lo stesso vale per il tendine d’Achille, con il tricipite surale che va in sofferenza. Quindi ci sono dei segnali che dicono di fare attenzione. Invece il mal di schiena è vigliacco, perché potresti pensare che si fermi lì. E la sindrome del piriforme devi saperla riconoscere. Per esempio, può esserci uno che pedala con un ginocchio troppo all’interno. Oppure è caduto e quindi, a livello propriocettivo, cerca di tenere il ginocchio più all’interno per sentire meno dolore. Lui pensa di aver risolto, invece ha appena iniziato ad avere problemi…

Il diario di Pallini, viaggio nel Nibali mai visto

23.10.2022
8 min
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Non basterebbe un libro. E se uno l’hanno scritto su Nibali dopo il Tour, quello di Michele Pallini che racconta le stesse cose dal suo punto di vista sarebbe una lettura interessante. Così quella che voleva essere una telefonata per raccogliere gli aneddoti del massaggiatore si è trasformata nel viaggio di un’ora e mezza da sintetizzare per ragioni di spazio e perché certe cose dette in confidenza è bene non scriverle. Ma quando abbiamo chiuso, la sensazione è stata di aver appena iniziato il discorso.

Giro d’Italia 2022, Nibali si dirige al Processo alla Tappa, Pallini accanto a lui: sta per annunciare il ritiro
Giro d’Italia 2022, Nibali si dirige al Processo alla Tappa, Pallini accanto a lui: sta per annunciare il ritiro
Pallini-Nibali: dopo 14 anni, come definiresti il vostro rapporto?

Lo pensavo solo sotto il profilo professionale, invece ci ho dovuto mettere anche qualcos’altro. Nel senso che quando vivi a stretto contatto con un’altra persona, qualcosa nasce, un’amicizia un po’ più profonda. Mia moglie dice che abbiamo lo stesso carattere. Quindi anche se due segni uguali si respingono, tante volte essere simili ci ha aiutato. Siamo abbastanza taciturni, non ci piacciono le feste. Magari, vista la differenza di età, lui è un filo più festaiolo, ma tutto preso con le dovute proporzioni. Abbiamo fatto dei viaggi in cui non abbiamo parlato mai. Però a me andava bene così e a lui andava bene così.

Il successo ha cambiato le cose?

A un certo punto, Vincenzo è diventato Nibali. In quel momento, come dice Martino, ti tirano tutti per la giacchetta, nel senso che anche professionalmente si sono avvicinate tante persone e penso di aver attirato l’antipatia di qualcuno. Perché magari mi sono permesso di dargli dei consigli, anche se chiaramente Vincenzo ha sempre fatto di testa sua. Pesava quello che gli dicevo, però alla fine il dito ce lo voleva mettere. Ho sempre cercato di mettere lui al centro dell’attenzione e creare un team che lo aiutasse a dare il meglio. Il primo anno di Astana ero da solo, Slongo non c’era, il dottor Magni non c’era. E così mi sono trovato a gestire tante situazioni.

Pallini con Geoffrey Pizzorni al Tour del 2018, prima della caduta sull’Alpe d’Huez
Pallini con Geoffrey Pizzorni al Tour del 2018, prima della caduta sull’Alpe d’Huez
Cosa non facile…

In realtà Paolo nel 2013 c’era già, ma dietro le quinte. Il problema maggiore ce l’aveva lui, dato che lavorava ancora per la Liquigas. Se veniva fuori in modo troppo evidente, poteva avere dei problemi. Amadio lo voleva tenere, poi invece si trovò un accordo per il 2014 con Zani e passò con noi. A quel punto mancava una figura nello staff medico e venne fuori il nome di Emilio Magni, che si occupava anche della parte nutrizionale. Durante la tappa andavo sul bus della Liquigas e mi facevo dire cosa dovesse mangiare o la quantità. Ci mancava anche un addetto per voi giornalisti e arrivò Geoffrey Pizzorni (oggi nello stesso ruolo alla Bike Exchange, ndr).

I momenti belli coincidono con le vittorie?

Non per forza, perché quando si vince si soffre, non è tutto luccicante. Quel che pesa lavorando con un atleta come lui è il senso di responsabilità e la paura che succeda qualcosa. La responsabilità crea ansia, perciò se dovessi dire che al Tour vinto ho vissuto 21 giorni meravigliosi, sarei un bugiardo (sorride Pallini, ndr). Sei sempre con l’ansia che cada, la paura che succeda qualcosa. Lavori perché tutto vada bene, che la squadra si comporti bene. E poi succedono cose che da fuori non si vedono.

Pallini ha seguito Nibali in tutta la carriera, inclusa la vittoria del Tour 2014
Pallini ha seguito Nibali in tutta la carriera, inclusa la vittoria del Tour 2014
Ad esempio?

Nel 2012 quando ha fatto terzo al Tour, alla partenza di una tappa pirenaica arrivò e aveva un piccolo stiramento dal giorno prima, ma di cui non mi aveva parlato. Non ci si poteva fare niente, quindi applicai un piccolo bendaggio e a quel punto Basso giocò di esperienza. Praticamente hanno tirato tutto il giorno, facendo credere che Vincenzo facesse la tappa. In realtà tiravano perché stava male e facevano il passo che poteva sopportare. Due giorni dopo c’era la cronometro che vinse Wiggins.

Che ansia…

Sono tutte preoccupazioni. Alla fine te la godi, ma non è che durante la corsa vada sempre tutto liscio. I particolari da curare sono tantissimi. Vi dico una stupidata di quando abbiamo vinto il Tour. Dopo l’arrivo, Vincenzo beve acqua gassata, ma quando andavi nel backstage delle premiazioni, non potevi portare niente che non fosse sponsorizzato da Vittel. Neppure le borracce della squadra. Per cui io riempivo le bottiglie della Vittel con l’acqua gassata e gliela portavo. Seduti qua è tutto facile, sembrano cose strane. Però in un Tour, specialmente verso la 13ª-15ª tappa, quando magari la giornata è andata male e hai fatto più fatica del solito, anche al corridore più tranquillo viene un po’ di ansia. Quindi devi fare di tutto per tenerlo tranquillo. Magari da fuori non si vede niente…

Solo stress?

Chiaramente ci sono anche i momenti belli. Penso che contento come quando ha vinto la Sanremo non l’ho mai visto. Continuava a dirmi: «Ma come ho fatto? Ho vinto la Sanremo, ma ti rendi conto?». Continuava a dirmi queste frasi. Sono cose che ti vengono d’improvviso, perché una Sanremo non ce la saremmo mai aspettata e meno ancora quella lì. Avevamo vissuto una vigilia tranquillissima, perché sapevamo di dover correre per Colbrelli. Sul bus la tensione c’era, perché la Sanremo ne crea sempre, però non era come quando sai che devi fare la corsa. Lui passa per quello tranquillo, che poi gli ultimi anni lo è sempre stato meno, ma comunque pensi che non vuoi sbagliare niente, l’alimentazione per non spegnerti troppo presto…

Champs Elysées 2014, Nibali ha vinto il Tour. Pallini lo aspetta al traguardo
Champs Elysées 2014, Nibali ha vinto il Tour. Pallini lo aspetta al traguardo
Credi che alla fine abbia sofferto il passare del tempo?

No, ma penso che abbia capito di non essere più competitivo e questo gli ha dato un po’ di insicurezza e di conseguenza anche un po’ di ansia e di nervosismo. Eppure per capire che si è ritirato dovranno passare due o tre anni, forse quando smetterà di fare anche qualche gara in mountain bike. Sono andato lunedì a pranzo da lui e non ha fatto altro che raccontarmi della gara all’Elba, che l’aveva sottovalutata, che ha mangiato poco e ha consumato tanto… Io credo che non esista l’interruttore che spegne l’agonismo, penso che in proporzione sia stato più cosciente Fabio (Aru, ndr).

Valverde ha detto più o meno le stesse cose.

La differenza tra Vincenzo e Alejandro è che Valverde è stato un po’ più costante. Forse è meno dotato in bici, però a guardarli sono praticamente uguali e dovrebbero avere lo stesso peso o comunque una differenza minima. Invece dalle foto si vede che Alejandro è stato più attento fino all’ultimo. Se Vincenzo fosse pesato come Valverde al Lombardia, sul Civiglio non lo staccavano. Al Giro ha fatto una gran fatica, perché ci sono anche gli anni. Però a un certo punto, quando si è ritirato Lopez, gli è scattato il fatto che toccasse a lui. Un po’ di condizione c’era, abbiamo parlato con Magni e gli abbiamo detto: «Guarda che se tu arrivi alle salite con questo peso, si riesce a restare là, poi vediamo dove si arriva». E nella seconda settimana lui ha fatto un sacrificio che non faceva già da un po’ ed è riuscito a calare durante il Giro. Siamo arrivati all’inizio dell’ultima tappa di montagna con il peso di metà Tour 2014 . Nella tappa di Risoul, pensava 63 chili, al Lombardia era forse a 67. Quei 4 chili a questi livelli sono tanti per tanti motivi.

Difficile scendere?

Quando abbiamo dovuto scegliere per tornare all’Astana l’anno scorso, c’era stata l’offerta della Quick Step che gli aveva fatto una mezza proposta per affiancare Evenepoel. Io gli dissi: «Ascoltami, se mi dici che vuoi fare una stagione dedicata solo al ciclismo, perché è l’ultima e non vuoi nessuna distrazione e vivrai solo per quello, sono con te. Ma basta che tu mi dica una mezza volta che ci vuoi pensare, allora dico che è meglio di no. Perché se non sei convinto al 100 per cento, alla prima difficoltà molli tutto». E’ stato anche bravo a riconoscerlo, perché poteva pure illudersi che ce l’avrebbe fatta e poi magari pigliava la porta in faccia. Aveva già provato ad allenarsi in maniera diversa quando ha discusso con Slongo, però anche lì le cose non sono andate bene…

Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Martinelli, Nibali e Slongo. Il rapporto fra Vincenzo e il suo allenatore si è concluso nel secondo anno alla Trek
Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Martinelli, Nibali e Slongo. Il rapporto fra Vincenzo e il suo allenatore si è concluso nel secondo anno alla Trek
I momenti brutti sono coincisi coi momenti difficili in corsa?

Forse sì, perché sono andati di pari passo con i problemi fisici, che creano ansia, depressione e paure. Conoscono tutti la caduta al Tour o la caduta alle Olimpiadi, ma nessuno immagina ad esempio quanto gli sia pesata la caduta al campionato italiano del 2011 in Sicilia, vinto da Visconti, dopo un Giro in cui sperava di fare molto meglio. Quello fu un colpo di cui nessuno ha mai parlato, ma che gli pesò molto.

Invece la caduta del Tour?

Il problema fu la coincidenza di un mondiale adatto a lui, cui voleva andare. Se fosse stato come quest’anno, non si sarebbe operato e quindi avrebbe avuto qualche problema in meno. L’operazione in se stessa non era tanto invasiva, ma per uno sportivo di quello spessore serviva del tempo per ritornare a un certo livello. Noi invece abbiamo dovuto stringere i tempi. Dopo 3-4 giorni siamo andati a casa. Il dottore gli aveva detto che poteva salire sui rulli dopo 5 giorni, invece lui è montato subito sulla bici e gli sembrava di non esserci mai andato in vita sua. Siamo ripartiti da lì. Con suo cugino Cosimo che lo staccava e lui che diceva: «Ma io come faccio a correre la Vuelta, se mi stacca Cosimo?». Lo dice sempre: «Tornassi indietro, non farei il mondiale e non mi opererei».

Tour 2018, la caduta sull’Alpe d’Huez: Nibali decise di operarsi alla vertebra rotta per rientrare ai mondiali di Innsbruck
Tour 2018, la sull’Alpe d’Huez: Nibali decise di operarsi alla schiena per rientrare ai mondiali di Innsbruck
Pallini come vede il Nibali dell’età matura?

Il Nibali adulto deve ancora crescere. Vincenzo è diventato adulto in bici e adesso è di nuovo bambino, perché questo è tutto un altro tipo di approccio e di lavoro. Quindi bisogna che si faccia le ossa, che cresca, che faccia le sue esperienze e dopo secondo me può anche essere un ottimo team manager. Perché ha le possibilità. Lui dice di no, però secondo me è un ottimo collante con gli sponsor e sa quello che serve all’interno di una squadra di ciclismo. E se riesce a capire quali sono le problematiche anche all’interno, le dinamiche tra staff, corridori, management e sponsor, secondo me lo può fare.

Pensi che lo massaggerai ancora?

Lo aspetto al varco, sicuramente sì. Infatti ho lasciato il lettino a casa sua. Gli ho detto di tenerlo, che può far comodo. Ne avevo una a casa sua, in una stanzina dove faceva i massaggi. Prima o poi si finirà per farlo ancora…

A Messina la decisione, svelata a Pallini davanti alla lavastoviglie

11.05.2022
7 min
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Vincenzo piange. Le immagini scorrono a capo di una carriera che in realtà non è ancora finita. Ha scelto Messina, la sua città, per annunciare la fine del viaggio. Un cammino lungo una vita. Diciotto anni da professionista e prima i tanti avanti e indietro dalla Sicilia alla Toscana, fra i sogni di bambino e il crescere dei risultati.

«Il ciclismo è prima di tutto passione – dice collegato con Colbrelli – poi dalla passione ne fai un lavoro. Sacrificio, dedizione. E la famiglia è complice di tutto questo. A volte abbiamo lo stress a fior di pelle e la famiglia ci sa aiutare. Anche senza dire niente».

Nibali si dirige al Processo alla Tappa, Pallini corre accanto a lui
Nibali si dirige al Processo alla Tappa, Pallini corre accanto a lui

Il sorriso di Michele

Vincenzo piange. Nel video al Processo di Fabretti (foto di apertura) scorre il sorriso di Scarponi, ma la decisione è matura e per questo sul viso dello Squalo alla fine prevale il sorriso. L’anno è iniziato alla finestra, avrebbe deciso poi. Finché a un certo punto la decisione è arrivata. Forse si trattava soltanto di ammetterlo. E un giorno a Lugano, mentre infilava i piatti nella lavastoviglie, si è girato verso Pallini e gliel’ha detto.

«A fine anno smetto di correre!».

Il Quartier Tappa a Messina si trovava nel Municipio e sulla facciata, spiccava un cartello per Nibali
Il Quartier Tappa a Messina si trovava nel Municipio e sulla facciata, spiccava un cartello per Nibali

L’annuncio a Lugano

L’altro è rimasto in silenzio. Pensava fosse una delle cose che non accadranno mai e ancora adesso fatica a metterlo a fuoco. 

«Era la settimana prima che iniziasse il Giro – dice – era indeciso, poi alla fine ha fatto le sue riflessioni e ha preso la decisione. Penso che gli sia pesato tutto l’avvicinamento al Giro, lo star fuori. Non so cosa gli sia scattato esattamente nella testa. Se non si senta più competitivo… questo bisognerebbe chiederlo a lui. Sono rimasto un po’ così, però eravamo in un momento di quotidianità in casa sua a Lugano, quindi l’ho presa con tranquillità. Dopo la Liegi praticamente sono andato su tutti i giorni tranne uno, perché ero in magazzino. 

«Abbiamo fatto le cose come vanno fatte. Lui è ancora concentrato – riflette – vuol fare bene in questo Giro. Anzi, era un po’ demoralizzato per quello che è successo ieri, perché poi la testa è quella solita. Al Giro si viene per fare bene. La corsa è lunga, possiamo ancora inventarci qualcosa. Era demoralizzato, ma non è avvilito o arreso».

Pallini ha seguito Nibali in tutta la carriera, inclusa la vittoria del Tour 2014
Pallini ha seguito Nibali in tutta la carriera, inclusa la vittoria del Tour 2014

Le solite critiche

Lavorano insieme da quando Pallini, seguendo Di Luca, passò dalla Saeco alla Liquigas e si ritrovò fra le mani il ragazzino di cui si diceva un gran bene. Michele ha visto sbocciare il talento e nascere il campione. Sono andati d’accordo e hanno anche discusso, perché quanto a carattere nessuno dei due ha nulla da invidiare all’altro. E dato che nei commenti a questo articolo qualcuno troverà lo spunto per osservazioni al limite del ridicolo, una riflessione sul costume italiano va fatta.

«In Italia denigriamo sempre quello che abbiamo – ammette – in qualsiasi cosa, non solo nello sport. Anche per quel che riguarda le bellezze italiane. E’ normale che sia così, le apprezziamo sempre a posteriori. Magari un giorno diranno: “Se c’era Nibali, magari poteva fare qualcosa”. Ma questo succede a chiunque, in qualunque sport e in qualsiasi tipo di attività. Magari per attutire la nostalgia, l’anno prossimo veniamo qua con Mediolanum e un altro ruolo (ride, ndr) e restiamo nel ciclismo».

Un’accoglienza da trionfatore per Nibali nella sua Messina, lasciata tanti anni fa per diventare un pro’
Un’accoglienza da trionfatore per Nibali nella sua Messina, lasciata tanti anni fa per diventare un pro’

«Il rapporto fra me e Vincenzo – prosegue – è di quelle cose che nascono per lavoro e finiscono per amicizia. E’ normale che sia così. Io non riesco a vedere l’atleta, io vedo la persona. E la prima cosa che penso appena parte è gara è: speriamo che non cada. Poi dopo, se vince siamo tutti contenti. Se non vince, siamo meno contenti. Ma l’importante è che non succeda niente».

Il peso delle attese

Ripensiamo alle parole di Vincenzo in quel mattino alla Coppi e Bartali e si capisce che forse alla base di tutto ci sia la difficoltà a confrontarsi ogni giorno con le attese e quello che il ruolo di campione impone.

«La pressione – dice Pallini – inizi a soffrirla quando vedi che non riesci più a ottenere quello che una volta era alla tua portata. Quindi dentro di te la pressione aumenta. Se i risultati arrivano facilmente, invece cala. Lui ha notato questo gap. E come tutti gli sportivi che dicono che di non guardare i social o leggere i giornali, come i calciatori che dicono di non leggere le pagelle e invece le leggono eccome, anche Vincenzo legge e ascolta. A volte accetta. E altre si arrabbia per certe critiche che sono inutili e inconcludenti e non servono a niente».

Ritiro per due

Quando smise Bettini, il suo massaggiatore Stefano Cerea disse che per un po’ sarebbe rimasto fuori dai riflettori e oggi lavora bene alla Trek-Segafredo. I ragionamenti di Pallini invece portano in una diversa direzione.

«Al 99 per cento – conferma – questo è anche il mio ultimo anno. E’ una cosa di cui abbiamo già parlato. Penso di essermi già organizzato, anche se probabilmente potremo venire qui sotto altre vesti. Non mi vedo a tempo pieno con un’altra squadra o a ricominciare con un altro corridore. Non lo so, mai dire mai, però non mi ci vedo. Il problema è che dopo tanti anni in cui basta uno sguardo e ti capisci, ripartire diventa difficile. Sarebbe faticoso.

«Magari con Vincenzo abbiamo avuto un buon rapporto, perché penso che abbiamo lo stesso carattere, quindi ci capiamo al volo. Magari con un’altra persona farei più fatica. Ripeto: ci sono stati anche momenti di tensione, come in tutti i rapporti. Sarebbe stato peggio se non ci fossero stati, ma ci siamo sempre chiariti».

Con il saluto di Nibali a Messina, il Giro lascia la Sicilia e si trasferisce in Calabria
Con il saluto di Nibali a Messina, il Giro lascia la Sicilia e si trasferisce in Calabria

A scoppio ritardato

Resta un anno da vivere e correre. Resta un Giro d’Italia che è partito da meno di una settimana. Restano pagine da scrivere.

«Sarà un anno vero – dice – in cui puntare alle corse che a lui piacciono di più. Magari adesso non vuole pensare ad altro che al Giro, per cui nemmeno risponderebbe. Però nulla vieta di pensare che correrà la Vuelta per fare un ottimo Lombardia. Sicuramente, anche se sarà la sua ultima gara, non vorrà fare la comparsa. Di questo sono sicuro.

«Lui si è commosso, io non lo so. Normalmente vivo le cose sempre dopo. Sono preso, dall’organizzare. Dobbiamo andare velocemente al traghetto, deve esserci la macchina pronta e dentro da mangiare. Perciò quando finirà tutto e si abbasserà la tensione, magari ci ripenso. A scoppio ritardato. Adesso non riesco, perché sono preso da mille pensieri».

Pallini: «Si torna a casa. All’Astana un ambiente familiare»

02.11.2021
5 min
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Dopo cinque stagioni Vincenzo Nibali torna all’Astana e con lui lo storico massaggiatore, Michele Pallini. Michele e Vincenzo hanno costruito insieme una carriera passo dopo passo e pochissimi, anzi forse nessuno, conosce lo Squalo come il massaggiatore toscano.

Michele si torna a casa?

Sì, diciamo che si torna a casa. La cosa buona è che diminuiscono i tempi di ambientamento per adeguarti ad un nuovo team. Ci sono dinamiche che richiedono sei mesi per adattarsi, ma per me che sono un po’ più vecchio serve un anno! Ma in Astana c’è un’atmosfera che conosciamo già.

Pallini segue Nibali dopo l’arrivo dell’ultima vittoria dello Squalo al Giro di Sicilia
Pallini segue Nibali dopo l’arrivo dell’ultima vittoria dello Squalo al Giro di Sicilia
E non è poco…

È una squadra molto italiana e sottolineo molto. L’ostacolo della lingua, il più grande, si supera facilmente, ci si sente a casa proprio per un aspetto culturale nei modi di fare, nell’alimentazione, in qualsiasi cosa.

Dicevamo sono passati cinque anni e Vincenzo ne ha quasi 37: quanto è vecchio? Quanto è giovane? Quanto può dare?

Può ancora dare un bel po’ fisicamente. Bisogna capire quanto possa dare di testa, quanto possa tenere. Essendo un predestinato molte volte quando non ottieni più i risultati che vuoi ti viene a mancare la terra sotto i piedi e di conseguenza anche la voglia viene meno, gli stimoli e tutto il resto. Semmai dovesse esserci un problema di prestazione questo secondo me dipende da quanto Vincenzo si senta coinvolto nel progetto.

In teoria, Michele, questo è un problema che non dovrebbe esserci visto che Martinelli e Nibali si “annusavano” già dal Giro. Insomma si volevano…

Io alla fortuna ci credo fino ad un certo punto. Se cadi 6-7 volte c’è qualcosa che non va, non è sfortuna, se Martino ha vinto tanti grandi Giri un motivo ci deve essere e secondo me è perché sa coinvolgere tutta la squadra e dà attenzione a tutti i particolari. In questo modo riesce poi ad avere il 110% da ognuno. Non credo quindi che abbia ripreso Vincenzo senza un progetto.

Però sia Martino, che Vinokourov, e forse anche lo stesso Nibali stesso non pensano che possa ancora vincere il Giro…

E sono d’accordo con loro, non credo sia competitivo per vincere un grande Giro. Se poi dovesse uscirci un podio nessuno resterebbe colpito. Vincenzo si aspetta di essere competitivo, che poi lo sia per le tappe o per una top ten o top five vedremo. Questo dipenderà da come si sentirà durante la corsa.

Dagli anni della Liquigas quanti successi condivisi per Pallini (di spalle) e Nibali. Eccoli al Tour del 2014
Dagli anni della Liquigas quanti successi condivisi per Pallini (di spalle) e Nibali. Eccoli al Tour del 2014
Anche perché l’Astana ha preso Lopez, immaginiamo sia lui il capitano per i grandi Giri. Come sarà la convivenza tra Vincenzo e Miguel?

Loro due si conoscono già. Sanno quali sono i rispettivi obiettivi e per me possono convivere tranquillamente. Vincenzo può dare a Lopez quella serenità che gli mancava. Una sua presenza può fargli vivere la corsa senza stress. Sapere che in gara un corridore molto forte può darti una mano ti fa stare tranquillo, non hai l’assillo della posizione in gruppo e magari rischi meno di cadere perché sei più tranquillo. Un po’ quello che succedeva tra Michele (Scarponi, ndr) e Vincenzo. Sai che il più forte è dalla tua parte.

In tanti anni che lo tratti quanto è cambiato il muscolo di Vincenzo?

Fondamentalmente non è cambiato, tuttavia l’anno scorso si era intestardito sul fatto che non avesse troppa forza esplosiva, che non rispondeva bene agli scatti. E così per partire già più brillante ad inizio stagione ha fatto molta più palestra. E ha messo su massa muscolare. Si vedeva anche ad occhio nudo che il volume delle sue gambe era maggiore.

Non sembri essere molto d’accordo su questa scelta, è un bene o un male?

Dipende dai risultati. Se arrivano è un bene. Se non arrivano è un male. Spesso si tende ad imitare gli altri, ma non è detto che quello che fa bene ad agli altri vada bene per tutti. L’anno scorso lui ha voluto fare come voleva, e come sapete c’è stato l’allontanamento da Paolo Slongo.

Nibali e Lopez, il prossimo anno correranno insieme
Nibali e Lopez, il prossimo anno correranno insieme
Prima hai detto che all’Astana c’è un ambiente molto familiare e molto italiano. Lì troverete anche dei tecnici e dei personaggi nuovi. Pensiamo ad Erica Lombardi, dietista della quale molti corridori parlano benissimo, pensiamo a Maurizio Mazzoleni. Anche queste nuove figure saranno uno stimolo per te e Nibali?

Erica è considerata brava perché non impone nulla ma va incontro alle esigenze dei corridori. Se di fronte ha atleti pronti a dare il 120% e che sono disposti a fare sacrifici enormi lei si comporta in un certo modo. Se invece di fronte ha un campione affermato con le sue abitudini è più flessibile. In Ineos l’alimentazione è imposta. C’è un protocollo uguale per tutti: per alcuni va bene e vanno fortissimo e per altri non va bene e i risultati arrivano meno.

E riguardo a Mazzoleni, il preparatore?

Maurizio è cresciuto con Paolo e sa di cosa ha bisogno Vincenzo. Si è parlato con lui e con tutti gli altri che già conoscono il loro indirizzo di massima per questa stagione. Per i programmi veri e propri, si aspetteranno le presentazioni finali di tutte le gare. E con Martino soprattutto si traccerà una linea definitiva.

L’inizio di questa nuova avventura, ti ricorda qualche stagione precedente? Hai un dejà-vu?

Ogni situazione, ogni anno tutto nuovo e ci sono protagonisti diversi. Sicuramente Martinelli ha cercato di ricreare un ambiente sereno per Nibali e per tutta la squadra ed anche per questo è voluto tornare a Montecatini. Forse anche un po’ per scaramanzia. Io ho visto entusiasmo, una sera i ragazzi sono usciti tutti insieme e quando si è più tranquilli si lavora meglio.

Pallini Nibali Dorelan

Quando le gambe parlano al massaggiatore…

25.05.2021
2 min
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L’appuntamento con il massaggiatore è un aspetto irrinunciabile nella giornata di un corridore al Giro d’Italia. Ogni giorno ci si ritrova al pomeriggio affidando alle altrui mani esperte il proprio fisico, per rimetterlo a posto dopo le fatiche della tappa del giorno e prepararlo per quella successiva. Ogni giorno la stessa storia, ogni giorno una storia diversa, come spiega il massaggiatore della Trek Segafredo Michele Pallini: «Dipende da com’è andata la tappa, che cosa prevedeva, quanto è stata impegnativa per il singolo soggetto. Non si può mai dire prima che cosa ci troveremo sotto le mani…».

Quanto dura una seduta di massaggi?

Può variare da 45 minuti fino anche a un’ora e mezza, dipende molto dall’affaticamento muscolare e dai problemi che il corridore lamenta soprattutto nelle zone della schiena e del collo, ad esempio con Vincenzo Nibali (nella foto d’apertura, ndr) c’è la necessità di un lavoro specifico sul polso infortunato che richiede tempo e delicatezza.

Quanto massaggiatori agiscono in seno alla squadra?

Dipende, normalmente si prevedono un massaggiatore ogni due corridori, ma per il capitano c’è a volte una persona specifica. Comunque più di un paio di corridori al giorno è difficile farne, anche perché a comandare sono i tempi: calcolando che si arriva alle 17, i massaggi iniziano in albergo almeno due ore dopo e quindi tocca dividere i corridori in due gruppi.

Massaggi dorelan
I massaggi sono una fase fondamentale del dopo tappa, qualche volta anche prima del via
Massaggi dorelan
I massaggi sono una fase fondamentale del dopo tappa, qualche volta anche prima del via
A quel punto come gestite i tempi?

Un primo gruppo andrà ai massaggi mentre gli altri ceneranno, poi si invertiranno le parti. Non si finisce di regola prima delle 22 quando va bene e questo incide per il recupero dei corridori. Per noi è ordinaria amministrazione, le nostre giornate non hanno soste…

Durante i massaggi si parla?

Dipende dal corridore e soprattutto da com’è andata la giornata. A me piace avere un feedback dai corridori, sapere che cosa è successo da loro, ma a dir la verità a me parlano le gambe, massaggiando i muscoli ho la percezione di com’è andata, di come sta il corridore. Se la dolenzia non è eccessiva significa che il ragazzo sta bene ed è in forma, poi molto dipende dal collo e dalla schiena. Vista qual è la situazione si consulta se necessario il medio o l’osteopata per verificare il da farsi.

Al mattino prima della tappa si procede con un massaggio supplementare?

Può capitare, in base alle condizioni del corridore, ma spesso è più necessaria l’azione dell’osteopata e l’applicazione di bende e di quei particolari cerotti del kinesio taping. L’importante è essere sempre disponibili per le più piccole esigenze dell’atleta.

Nibali attacca e Pallini non c’è. Nostalgia canaglia…

25.02.2021
4 min
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Pallini è a casa e oggi che al Uae Tour Vincenzo ha finalmente attaccato, le sue sensazioni sono davvero strane. Tornerà con lo Squalo dalle prossime corse e nel frattempo lo segue con messaggi e chiamate ogni due, tre giorni. L’inverno no, l’inverno lo ha trascorso tutto con il siciliano. Lo ha visto lavorare bene e con motivazione in palestra, lo ha salutato quando soltanto all’ultimo momento è andato in Sicilia per abbracciare la famiglia.

Jonas Vingegaard, 24 anni, vince la tappa di Jebel Jais
Jonas Vingegaard, 24 anni, vince la tappa di Jebel Jais

Doppia tinta

Ci sono due aspetti che oggi stridono nel raccontare Nibali. Da una parte lo scherzo delle Iene e dall’altra la morte prematura di Giuseppe Milone, il ragazzino siciliano che indossava la maglia della sua squadra.

«Non so bene come l’abbia presa – dice Pallini – perché probabilmente questo ragazzo non era intimo con la sua famiglia come Rosario Costa. Comunque non è mai bello, perché pensi che lui magari corresse in bicicletta per imitare te e ti senti addosso questa responsabilità. Quanto allo scherzo delle Iene, quella caduta uscendo dall’albergo poteva costargli caro, per fortuna ha preso soltanto un colpo ad una costola. Poi, tra l’altro, la scena hanno anche dovuto rifarla. Uscendo infatti, Vincenzo si è accorto che sull’auto di Carera c’era qualcuno con una telecamera e ha mangiato la foglia. Per cui il finale dello scherzo è stato girato una seconda volta».

La Uae Team Emirates si è stretta attorno a Pogacar
La Uae Team Emirates si è stretta attorno a Pogacar
Come ti sembra che stia andando, guardandolo alla televisione?

In realtà sto guardando molto poco le tappe in diretta, avendo i bimbi cui pensare, però riguardo i filmati la sera e leggo sui social. Mi pare di aver capito che sul primo arrivo in salita abbiano fatto il record di scalata, quindi anche il tempo di Vincenzo deve essere stato buono. La gamba c’è. In realtà mi fa strano non esserci, per questo cerco di distrarmi.

Proprio con Vincenzo qualche tempo fa abbiamo parlato delle sue motivazioni.

Sicuramente è molto concentrato e con voglia di fare bene. Dopo un anno come l’ultimo, è comprensibile che abbia voglia di riscatto, per la stagione in sé e per avviarsi meglio eventualmente alla fine della carriera. Forse è l’unico momento in cui è in difficoltà è a tavola, perché fa proprio fatica. Però magari si ritroverà tutto questo dalla primavera in avanti, quando andrà forte anche grazie al fatto di non essere partito subito a tutta. Comunque è innegabile che quando hai famiglia, le cose cambiano.

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
In che senso?

Prendiamo uno come Tiberi, lasciando stare il fatto che sia caduto. Lui è partito per gli Emirati, poi senza nessun problema potrebbe andare a Laigueglia e semmai soltanto dopo tornare a casa. Vincenzo invece ha la quotidianità della famiglia, le cose che deve fare a Lugano e quindi anche stare lontano da casa a lungo andare diventa più pesante.

Non ha cominciato propriamente piano…

A Besseges, su percorsi non certo adatti a lui, è andato abbastanza bene. Poi è tornato a casa ed ha trovato temperature intorno ai 5 gradi, alle quali non è mai facile allenarsi. Quindi è andato negli Emirati dove ha trovato corridori che vanno già a mille. Per uno come Pogacar, quella corsa viene appena dietro il Tour de France. Anche Adam Yates è andato fortissimo. Il primo giorno Vincenzo mi ha mandato una foto in cui lo si vedeva in fondo al gruppo ed ha scritto che non riusciva a tenere le ruote.

Pogacar mantiene saldo il comando
Pogacar mantiene saldo il comando
E tu che cosa gli hai risposto?

Gli ho detto di ascoltare molto le sue sensazioni e che con il passare dei giorni le cose sarebbero migliorate e per fortuna così è stato.

Cosa ti ha detto invece oggi?

Che si sente meglio rispetto alla prima tappa. E rimasto molto impressionato quando lo hanno passato i primi, dalla velocità che avevano.

Quando ricomincerai a massaggiarlo?

Spero di essere nuovamente in gruppo alla Strade Bianche e poi di continuare con il solito programma. Ci sono un sacco di cose da fare