Kwiatkowski, la vittoria di Jaen è un ritorno alla vita

19.02.2025
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Fra le sue 32 vittorie, brillano un mondiale, due Amstel Gold Race, la Milano-Sanremo, due Strade Bianche, San Sebastian, il Giro di Polonia, la Tirreno-Adriatico e una tappa al Tour. Non si può dire che il palmares di Michal Kwiatkowski sia banale, con la scelta di accasarsi alla Sky di Froome, Thomas e Bernal che gli ha permesso negli ultimi anni di ricavarsi il suo spazio al riparo da pressioni eccessive. Avrebbe potuto ottenere di più? Difficile da dire, forse sì, ma non si può dire che abbia ottenuto poco.

Dopo la crono di Parigi, chiusa con un anonimo 23° posto, Kwiatkowski ha chiuso il 2024
Dopo la crono di Parigi, chiusa con un anonimo 23° posto, Kwiatkowski ha chiuso il 2024

Un baby campione

Se rinascesse oggi, alla sua porta ci sarebbe la fila. Campione europeo strada e crono da junior, campione del mondo junior a crono e vincitore della Corsa della Pace, anziché finire in un devo team (che ancora non esistevano), Kwiatkowski fece il suo esordio da professionista alla Caja Rural nel 2010 dopo un anno da under 23 alla Mg.k Vis-Norda affiliata in Polonia ma toscana di adozione. Corse poi per un anno alla Radio Shack di Armstrong e Bruyneel e, quando questa chiuse, passò alla Omega Pharma-Quick Step.

Aveva 24 anni quando a Ponferrada conquistò il mondiale dei professionisti, con un colpo di mano dei suoi sull’ultima salita, staccando Gerrans e Valverde e mettendo in mostra le sue doti di finisseur.

Grande festa alla Ineos dopo la vittoria di Ubeda, con Laurance e Tulett nei primi 10
Grande festa alla Ineos dopo la vittoria di Ubeda, con Laurance e Tulett nei primi 10

Per la sua famiglia

Lunedì il polacco ha vinto la Clasica Jaen Paraiso Interior, la Strade Bianche di Spagna. La Ineos ha brindato con lui e ha visto finire nuovamente all’ospedale Egan Bernal, portato per soddisfarne il gusto, ma forse senza troppo riguardo per le sue potenzialità e il suo futuro.

«Questa vittoria significa molto – ha scritto Kwiatkowski su X – voglio dedicarla alla mia famiglia, che mi è stata accanto giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Sono così orgoglioso di noi. Grazie Ineos Grenadiers per tutto il supporto e la fiducia. Vamos!».

Il suo attacco da lontano aveva lasciato intuire che la gamba fosse buona, ma il piglio con cui si è sbarazzato di Ruiz e ha resistito al ritorno violento di Isaac Del Toro ha dato alla sua vittoria uno spessore ancora superiore.

Fra i capolavoro di Kwiatkowski, la Sanremo del 2017: lascia partire Sagan, lo rimonta e lo salta sulla riga. Terzo Alaphilippe
Fra i capolavoro di Kwiatkowski, la Sanremo del 2017: lascia partire Sagan, lo rimonta e lo salta sulla riga. Terzo Alaphilippe

Il capolavoro di Sanremo

Il suo capolavoro lo fece forse alla Milano-Sanremo del 2017, quando si lasciò alle spalle Sagan in maglia iridata e Alaphilippe che volava. Da valido pistard lasciò che lo slovacco prendesse margine, si lanciò e lo saltò sulla riga in quella composizione di gambe e bici al limite dell’equilibrio che sarebbe finita presto su tutte le copertine.

Un metro e 76 per 68 chili, due anni prima con la maglia iridata indosso era riuscito a vincere l’Amstel Gold Race, lasciandosi alle spalle nuovamente Valverde e Matthews. Una vittoria doppiata nel 2022, questa volta al colpo di reni su Cosnefroy. La sua esperienza nella corsa a punti su pista gli è tornata utile più di una volta.

Olimpiadi addio

La vittoria di lunedì a Ubeda lo ha scosso particolarmente perché il 2024 non è stato il suo anno più felice, a causa di una frattura vertebrale che lo ha costretto a saltare le Olimpiadi su strada e a chiudere la stagione il 27 luglio, dopo il 23° posto nella crono di Parigi. Un risultato ben lontano dai suoi standard.

«Rappresentare il mio Paese – ha raccontato – sarebbe stato un’impresa troppo grande per farlo senza la certezza di poter dare il 110 per cento. Dopo la cronometro ho sofferto di dolori lombari e l’unica decisione possibile è stata quella di cedere il mio posto nella corsa su strada a un altro corridore. Quelle successive non sono state settimane facili a causa della rottura del disco, ma sono tornato». 

Ubeda: l’ultimo a cedere è stato lo spagnolo Ruiz, poi Kwiatkowski si è involato da solo verso il traguardo
Ubeda: l’ultimo a cedere è stato lo spagnolo Ruiz, poi Kwiatkowski si è involato da solo verso il traguardo

Un attacco (quasi) impossibile

Il suo racconto dopo l’arrivo è stato piuttosto controllato, anche se nel momento in cui ha citato la famiglia, ha ceduto per un istante alla commozione. Ora il suo programma prevede la Vuelta Andalucia, quindi Strade Bianche, Tirreno, Sanremo e la campagna delle Ardenne, passando per i Paesi Baschi.

«Sono partito a 70 chilometri dall’arrivo – dice – convincendomi che tutto fosse possibile. Non mi aspettavo che si andasse così forte, ma quando nella seconda parte di gara ho visto che eravamo rimasti in pochi e la mia squadra era numerosa, ho capito di poter fare bene e che la situazione si prestava a un attacco. Sono orgoglioso di come abbiamo corso. Sono stati due mesi difficili, non correvo da luglio e sono tornato in Australia a gennaio. Poi ho fatto due settimane di training camp a Mallorca, quindi so benissimo quanti sacrifici abbiamo fatto tutti per arrivare sin qua. Ma sono contento di avere nuovamente il livello per vincere queste corse».

Il Grande Slam? Per Gilbert c’è chi può riuscire nell’impresa

09.01.2024
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In questi giorni si torna a parlare di Grande Slam, visto che la prossima settimana partono gli Australian Open di tennis. Qualcuno dirà: «Che cosa c’entra questo con bici.PRO? Ho sbagliato sito?». No, perché anche il ciclismo ha il suo Grande Slam, anche se se ne parla poco. Troppo poco vista la sua importanza e soprattutto la sua difficoltà. Quasi ogni sport ha la sua “serie imperiale” di vittorie, il traguardo precluso a quasi tutti e nel ciclismo esso consiste nella collezione delle 5 Classiche Monumento.

Nella storia del ciclismo solo in tre sono riusciti nell’impresa del Grande Slam: il più grande vincitutto dell’intera storia sportiva, Eddy Merckx e gi altri belgi Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck, campione forse troppo trascurato per quel che ha fatto. Chi ci è andato davvero vicino è stato Philippe Gilbert, altro corridore belga al quale la grande impresa è sfuggita davvero di poco, arenandosi contro la Milano-Sanremo corsa per ben 18 volte con due presenze sul podio.

Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti
Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti

Gilbert ha sempre avuto ben presente l’importanza e soprattutto la difficoltà di una simile collezione e vede oggi due corridori in grado di riuscire dove lui ha fallito: «Pogacar e Van Der Poel sono i più vicini, mancano ad ognuno di loro due tasselli per completare il mosaico, ma non è assolutamente semplice metterli insieme. Quello ciclistico è il Grande Slam forse più difficile da ottenere perché ogni gara ha caratteristiche proprie ed è davvero difficile riuscire a essere competitivo in tutte. Serve una completezza che quasi nessuno ha».

Fra i due chi ritieni abbia più possibilità?

Credo che Pogacar abbia tutto per realizzare il sogno, ma non subito. Lo sloveno ha già dimostrato di saper andare sul pavé, ma sa bene che gareggiare alla Roubaix è pericoloso e incide sulla stagione. Potrà riuscirci fra qualche anno, focalizzando questo impegno, preparandosi a dovere per esso. D’altro canto non è un caso se a vincerla sono per lo più corridori vicini o che hanno superato i 30 anni. Serve esperienza, è la caratteristica fondamentale per vincerla.

A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
Per Pogacar ritieni che la Roubaix sia più difficile da vincere che la Milano-Sanremo?

No, al contrario. La Milano-Sanremo è difficile per tutti perché è impronosticabile. Non è una corsa dove si fa selezione, si arriva alla Cipressa tutti insieme e all’imbocco del Poggio tutti i favoriti sono ancora lì. Se guardate, avranno perso contatto solo i 2-3 con qualche acciacco fisico e un paio di pretendenti presentatisi all’appuntamento ancora in eccesso di peso, gli altri ci saranno tutti. Certo, dipende da che posizione si prende, ma poi fare selezione su quelle poche rampe è complicato, si lavora sul filo dei secondi. Alla fine è una corsa lunghissima, dove i tanti chilometri provocano tanta fatica ma senza grandi difficoltà.

Van der Poel può riuscire nell’impresa?

Per l’olandese è più difficile l’impresa. Io penso che la Liegi possa anche essere fattibile, se una serie di condizioni coincidono e non gli rendono la gara troppo dura. Il Lombardia però mi sembra troppo almeno nella sua forma attuale: il Muro di Sormano è una scalata sulla quale uno del suo peso (75 chili, ndr) paga pegno. Non è un caso se io ho vinto il Lombardia prima che introducessero questa nuova difficoltà. Per lui credo proprio che sia troppo.

Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Nel tennis solo Rod Laver è riuscito a completare il Grande Slam nello stesso anno, Djokovic ha sfiorato l’impresa per due volte. Nel ciclismo è possibile vincere tutte e 5 le classiche nello stesso anno?

Per me no, ci sono troppe varianti. Anche un fuoriclasse nella condizione ideale si troverà ad affrontare corse che richiedono caratteristiche lontane fra loro: potrai trovare la formula perfetta per la Sanremo, ma avrai il peso giusto per la Roubaix? E nel caso come riuscirai ad affrontare le salite della Liegi? E’ davvero impossibile. Io parlo per la mia esperienza: ho vinto Liegi e Lombardia che pesavo 69 chili, quando ho trionfato a Fiandre e Roubaix avevo un peso forma di 74 chili. E cambia tutto…

Proviamo a vedere se c’è qualcun altro che potrebbe riuscirci, ad esempio Van Aert…

Ha 29 anni e finora ha vinto solo la Sanremo, mi pare difficile. Le stagioni sono passate e Wout ha collezionato tanti piazzamenti, ma pochi centri. Uno che secondo me poteva riuscirci per le sue caratteristiche era Kwiatowski, se non avesse deciso di mettersi a disposizione degli altri. Se lo avesse programmato, credo che in qualche anno avrebbe anche potuto farcela, soprattutto dopo che nel 2017 aveva centrato la Sanremo che è un po’ il terno al lotto dell’intera collezione.

Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
E tra i più giovani?

Uno che potrebbe è Evenepoel perché va bene su ogni terreno. Ha vinto due volte la Liegi, al Fiandre ha dimostrato di potercela fare. Certo, dovrebbe centrare la Sanremo e preparare la Roubaix, che sarebbe per lui la corsa più ostica. Sicuramente per la corsa francese è ancora un po’ acerbo, ma può davvero completare la raccolta.

Tu sei arrivato a un passo: la Sanremo era diventata un’ossessione?

Non direi. Il Grande Slam è stato invece uno stimolo, la motivazione per andare avanti. Mi ha dato modo di sognare e questo è già un grande risultato. Io sono contento di quel che ho fatto, so che ci sono andato vicino e non è da tutti.

Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
E’ più difficile collezionare le Classiche Monumento o i Grandi Giri?

Le prime, non c’è dubbio. In un grande Giro devi essere a tutta per tre settimane e superare indenne quelle 2-3 tappe fondamentali, poi è cosa fatta. Non è un caso se ad aver realizzato la tripletta nel corso degli anni siano stati molti più corridori che per le classiche. Il Grande Slam è quello, non ci sono dubbi né discussione…

Kwiatkowski, una volata da casa alla Scozia

05.08.2023
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KATOWICE – Era il 2014 e un ventiquattrenne ben poco conosciuto, Michael Kwiatkowski, vinse il campionato del mondo. Quell’edizione si svolgeva a Ponferrada, in Spagna. La formazione degli spagnoli era ancora quella formidabile di Valverde, Purito, Luis Leon Sanchez… Basta pensare che lasciarono a casa, non senza qualche polemica, un certo Contador. Si diceva che il percorso non fosse abbastanza duro per lui.

In quegli anni, quando il Belgio non era così forte e l’Olanda non aveva Van der Poel, c’era ancora il giochino del “fiammiero” fra Italia e la Spagna appunto: Tirate voi! No, tocca a voi! E in questo giochino delle parti quel ragazzo semisconosciuto realizzò un’azione senza pari.

Kwiatkowski scattò a sei chilometri dall’arrivo. Apparentemente neanche troppo forte, ma spingeva un rapporto lunghissimo. Sembrava, all’epoca, un corridore attuale. Risultato: lo rividero all’arrivo.

Ebbene il mondiale che partirà fra qualche ora ricorda molto quell’edizione iridata, almeno nell’approccio per “Kwiato”. Anche se quel tracciato era più duro.

Ponferrada, il giovane Kwiatkowski si laurea campione del mondo davanti a Gerrans e Valverde
Ponferrada, il giovane Kwiatkowski si laurea campione del mondo davanti a Gerrans e Valverde

Tenere duro

Kwiatkowski è arrivato al Tour de Pologne con la gamba formidabile del Tour de France. Fino a metà gara il motore era era ancora settato “sui giri” della Grande Boucle.

Poi c’è stata una lenta, ma inesorabile inversione di rotta: la fase down, come l’hanno definita nel suo staff. La condizione non è infinita e Michael ha iniziato un po’ a calare. E lo si è visto nella quinta tappa, quella vinta da Van den Berg. E’ vero che l’olandese è un velocista, ma è stato nettamente più brillante.

Però questo non vuole e non può tarpare le ali a chi è abituato a lottare. A guadagnarsi con estrema fatica ogni risultato. E’ stato così in quel mondiale 2014, è stato così all’ultimo Tour de France quando ha vinto sul Grand Colombier… E tutto sommato anche nella crono di Katowice non è andato male.

«Per me contava molto questo Giro di Polonia – ha detto più volte il polacco – ho dato il massimo. Dopo il Tour non ho corso, chiaramente, visto quello che mi aspettava. Ho dedicato attenzione al riposo e alla dieta. Soprattutto ho cercato di dormire molto».

Czeslaw Lang con Kwiatkowski, volo raggiunto in tempo anche grazie al patron del Polonia
Czeslaw Lang con Kwiatkowski, volo raggiunto in tempo anche grazie al patron del Polonia

Sotto scorta

Il mondiale è un obiettivo. Ma questa volta il corridore della Ineos Grenadiers correrà da solo. La Polonia è scesa nel ranking per Nazioni, è trentunesima, e quindi può schierare un solo atleta.

«Kwiato – ci spiega Cioni – è motivato per il mondiale. Certo che ci pensa. Alla fine dopo il Tour e dopo questa corsa gli viene abbastanza naturale tirare dritto sin lì. Va in Scozia per fare bene. Non è facile certamente».

«Io sono “easy”, tranquillo – ci ha detto Kwiato la mattina prima della crono di Katowice – e lo sono sia per la crono che per il mondiale. Certo, sarà un po’ dura andarci. I tempi sono stretti. Il Polonia tra una cosa e l’altra finirà alle 19,30 e alle 21 ho l’aereo per andare in Scozia». 

Pensate che Kwiato, dopo aver parlato con Lang, il patron del Tour de Pologne, ha ottenuto una scorta della polizia per raggiungere in tempo l’aeroporto.

«Io credo di avere tutto sotto controllo. Sinceramente non vedo grossi problemi con questo brevissimo intervallo di tempo tra il Polonia e il mondiale. E’ una questione di atteggiamento mentale e fisico, basta solo pianificare tutto».

Al Polonia, al centro in maglia bianca. Kwiato si è arrabbiato nel giorno in cui ha vinto Majka, reo a suo dire di uno sprint non regolare
Al Polonia, in maglia bianca. Kwiato si è arrabbiato nel giorno in cui ha vinto Majka, reo a suo dire di uno sprint non regolare

A Glasgow da solo

Kwiatkowski è molto bravo a correre sulle ruote. In gara sa destreggiarsi bene. A proposito, la caduta nella tappa finale non sembra aver lasciato strascichi. Il suo staff, ma anche altri corridori, ci dicono che Michal è un senatore del gruppo. Stare da solo in squadra per lui non sembra un problema dunque.

«Non penso troppo, non mi stresso. Mi concentro solo su ciò che so fare meglio. Quindi dormo, penso al recupero, alla dieta… Vivrò questo sabato un po’ come il giorno di riposo di un grande Giro».

«Non ci saranno grandi tattiche. Vero, correrò da solo, ma magari questo mi permetterà di concentrarmi meglio su me stesso. Farò il massimo… come sempre. Credo che con un po’ di fortuna e la capacità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, si possa fare una bella gara». 

Chissà se alla fine Vingegaard rimpiangerà Roglic

14.07.2023
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GRAND COLOMBIER – Nove secondi, stasera è questo il margine che separa Vingegaard da Pogacar. Kwiatkowski ha vinto la tappa (foto di apertura), lo sloveno ha cambiato atteggiamento e da pugile sfrontato che era, si è messo a lavorare l’avversario ai fianchi. Il passo del UAE Team Emirates sull’ultima salita non è parso eccezionale, eppure gli uomini della Jumbo-Visma si sono staccati uno dietro l’altro. Alla fine Pogacar si è ritrovato con Majka e Yates, mentre alla maglia gialla è rimasto il solo immenso Sepp Kuss. Lo scatto finale di Tadej, che gli ha permesso di rosicchiare altri 4 secondi al danese, può essere letto come la possibilità di ottenere il massimo con lo sforzo minore. Oppure può avere il peso di un avvertimento.

L’attacco di Pogacar agli ultimi 500 metri vale 4 secondi e l’abbuono. Ora li dividono 9 secondi
L’attacco di Pogacar agli ultimi 500 metri vale 4 secondi e l’abbuono. Ora li dividono 9 secondi

La magia della folla

Kwiatkowski al centro della strada, prima ha aspettato i compagni abbracciandoli tutti, poi si è guardato intorno, godendosi la scena. Ha solcato la folla come nelle scene più belle del grande ciclismo e a 32 anni si è portato a casa il secondo successo del Tour, dopo quello del 2020 in cui batté Carapaz in un arrivo a due.

«Ma questo è diverso – sorride – qui sono arrivato da solo. La salita finale è stata un’esperienza folle. Quando sono entrato nella fuga, ho pensato che fosse un biglietto gratuito per arrivare ai piedi della salita. Ma non avrei mai pensato che quel gruppo avrebbe lottato per la tappa, perché la UAE Emirates stava tirando piuttosto forte. Devo ammettere però che anche per loro non è stato facile inseguire 19 corridori che girano in pianura per più di 100 chilometri.

«Il finale è stato uno degli sforzi più difficili della mia vita. Mi sono gestito bene, ho tenuto un buon ritmo e sapevo solo che sarebbe stato uno sforzo molto lungo. Senza tutti quei tifosi forse non ce l’avrei fatta. Negli ultimi chilometri non avevo la macchina dietro di me, quindi non riuscivo a sentire dalla radio cosa stava succedendo. E allora mi sono fatto guidare dal pubblico fino all’arrivo ed è stata una sensazione incredibile».

L’assenza di Roglic

Chi avesse rivisto di recente la serie Netflix sul Tour dello scorso anno non può esser rimasto indifferente di fronte alla tattica della Jumbo-Visma sul Galibier e poi sul Granon, nel giorno in cui Pogacar perse la maglia gialla e le speranze di vincere il terzo Tour. La squadra olandese organizzò una tenaglia straordinaria con Vingegaard e Roglic e Pogacar abboccò alla grande. Si sfinì in almeno sette rincorse su pendenze pazzesche e sotto il sole più cattivo dell’ultima estate. Si disse che avesse avuto il Covid, poi che abbia avuto una crisi di fame o che fosse disidratato, in realtà semplicemente, quei due lo demolirono e lui dovette piegarsi.

Questa volta però Roglic non c’è. Lo sloveno ha vinto il Giro e ora si prepara per la Vuelta. E forse la grande organizzazione della Jumbo non basta per trasformare quei ragazzi gialloneri in gladiatori. Va detto per onestà, che la tappa di oggi non era la più adatta a un fondista come Vingegaard, ma annuncia una serie di confronti durissimi. Ora c’è da capire pertanto se le sue parole siano dettate dall’astuzia o da vero benessere.

«Non sono affatto frustrato o deluso – dice Vingegaard – ma ci sarebbe piaciuto vedere la fuga arrivare fino al traguardo, in modo che non ci fossero più gli abbuoni, ma non è successo. Questa tappa non mi piaceva affatto, quindi in realtà sono solo contento di non aver perso troppo tempo. Sono molto soddisfatto. E’ stata una giornata molto buona per noi. Non vedo l’ora che arrivino domani e dopodomani: quelle tappe mi si addicono di più».

La UAE Emirates ha tirato per tutto il giorno. Attivissimo Trentin, che ha lavorato fino alla salita finale
La UAE Emirates ha tirato per tutto il giorno. Attivissimo Trentin, che ha lavorato fino alla salita finale

E Tadej motiva la squadra

Pogacar è sornione. Come faceva notare Martinelli nei giorni scorsi, ha sicuramente imparato la lezione dallo scorso anno, ma chissà se pensa di poter vincere il Tour con questi piccoli scatti o non abbia in mente anche lui qualcosa di più importante. Di sicuro la rivalità fra lui e Vingegaard è palpabile, bisognerà capire se Tadej saprà aspettare fino alla crono di martedì o cercherà la grande impresa.

«Alla fine – dice mentre gira le gambe sui rulli – è stata una giornata positiva anche per noi. Ho guadagnato pochi secondi, ma penso che il Tour sia ancora lungo e siamo in una buona situazione. Andiamo avanti giorno per giorno e proviamo a cogliere questo tipo di opportunità per guadagnare altri secondi. Oggi la squadra ha fatto davvero una buona prestazione e penso che tutti oggi possano prendere molta fiducia e motivazione. Anche se non abbiamo vinto, io la vedo proprio come una vittoria».

Moser, l’ultimo italiano a vincere il Polonia. Che ricordi…

29.07.2022
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Sabato 30 luglio partirà da Kielce il 79° Tour de Pologne, corsa a tappe di categoria WorldTour che si concluderà a Cracovia il 5 agosto. Moreno Moser è stato l’ultimo corridore italiano ad aggiudicarsi la classifica generale di questa corsa, nel 2012, 10 anni fa (foto Facebook Tour de Pologne in apertura).

Moreno è di rientro da un giro in bici dopo il suo doppio esordio ai microfoni di Eurosport, prima al Giro d’Italia e poi al Tour de France.

«Non andavo in bici da un po’ di tempo – racconta con voce stanca – sono fuori allenamento, in questi mesi c’è stato tanto da lavorare. Tra l’altro parlando di Tour de Pologne, ho scoperto che non sarà trasmesso dai nostri canali di Eurosport».

Moreno Moser di spalle con la maglia gialla, simbolo del primato del Tour de Pologne (foto Facebook Tour de Pologne)
Moser di spalle con la maglia gialla, simbolo del primato del Tour de Pologne (foto Facebook Tour de Pologne)
Anche perché è stata la tua prima vittoria WorldTour nel tuo anno di esordio tra i professionisti…

E’ stata una gara davvero bella, tra l’altro mi sono ritrovato ad indossare la maglia fin da subito avendo vinto la prima tappa. L’arrivo era a Jelenia Gora e sono riuscito a regolare la volata di un gruppetto ristretto di una trentina di unità.

Leadership che hai perso alla terza tappa per soli tre secondi.

Questa è una storia abbastanza buffa. Il Giro di Polonia è sempre stata una corsa che si è decisa sul filo dei secondi. Infatti, fino alla terza tappa il mio vantaggio su Kwiatkowski era solamente di un secondo! 

E in quella frazione che è successo?

Il mio diesse non sapeva dell’esistenza del traguardo volante di metà percorso, così la mia squadra era davanti a tirare, visto che avevamo la maglia di leader. Ad un certo punto vedo “Kwiato” partire in tromba e fare una volata, rimango interdetto perché non me lo sarei mai aspettato. Sono venuto a scoprire dopo che mi aveva soffiato tre secondi e la maglia. Diciamo che non ero felicissimo, per usare un eufemismo.

Il 2012 era il primo anno tra i pro’ anche per Kwiatkowski che si è giocato il Tour de Pologne sul filo dei secondi (foto Andrzej Rudiak)
Il 2012 era il primo anno tra i pro’ anche per Kwiatkowski che si è giocato il Polonia con Moser (foto Andrzej Rudiak)
Nella tappa regina di Bukowina sei riuscito però a riprenderti la maglia e conquistare la seconda vittoria di tappa…

Ero partito con il pensiero che per me quella tappa fosse molto dura, non ero molto fiducioso. Si trattava di un percorso costantemente mosso e discretamente lungo, 191 chilometri. La tappa si concludeva su uno strappo tosto, ma che alla fine spianava leggermente. 

E com’è andata?

Sullo strappo che portava all’arrivo, misurava 2-3 chilometri, mi sono venuti i crampi a 500 metri dalla fine. Pensavo di piantarmi, invece sono riuscito a rimanere agile, respirare un attimo e lanciare la volata, battendo Henao e ancora Kwiatkowski (foto di apertura). 

Insomma, una sfida al secondo tra te e Kwiatkowski, hai battuto un polacco a casa sua.

Sì! Non so quanto siano stati felici lui ed i tifosi. Tra l’altro io e lui siamo dello stesso anno, 1990, e si trattava della nostra stagione di esordio tra i professionisti. Fino ad allora ci eravamo scontrati tra i dilettanti, era strano farlo tra i grandi.

Il primo successo tra i professionisti Moser lo ha ottenuto nel mese di febbraio al Trofeo Laigueglia, a pochi mesi dal debutto
Il primo successo tra i professionisti Moser lo ha ottenuto nel mese di febbraio al Trofeo Laigueglia, a pochi mesi dal debutto
Che impatto ha avuto questa vittoria nella tua carriera?

Alto, la ritengo la vittoria più importante della mia carriera da corridore. Nonostante fossi al primo anno tra i pro’ avevo già vinto due gare: il Laigueglia ed il GP di Francoforte. Però quella è stata la prima corsa a tappe, la prima gara WorldTour. Insomma, ha tutto un altro sapore.

E’ cambiata anche la percezione nei tuoi confronti?

Molto direi, a livello di consapevolezze e di responsabilità principalmente. Quando vinci una gara del genere aumentano le attenzioni in gruppo e dei media, ma anche dei tifosi che poi si aspettano di più da te. Ho cercato di rimanere con i piedi per terra, umile perché poi è facile farsi trasportare dall’entusiasmo.

Nel mese di maggio è arrivato il secondo successo in una gara di un giorno, questa volta al GP Francoforte
Nel mese di maggio è arrivato il secondo successo in una gara di un giorno, questa volta al GP Francoforte
Sei poi tornato a correre il Tour de Pologne?

Tre volte a distanza di qualche anno, ma non sono mai riuscito a ripetere quel che ho fatto nel 2012. La sensazione che avevo durante quella stagione era che tutto mi riuscisse piuttosto facile. Infatti, quando siamo tornati sul traguardo di Bukowina mi sono chiesto: “Ma davvero io ho vinto su questo percorso”?

E della gente che ricordo hai?

Piacevole, è una gara davvero molto seguita, poi con il fatto che sia classificata WorldTour richiama sempre un bel parterre di atleti. Di conseguenza il pubblico è invogliato a partecipare e riempie le strade.

Pidcock iride 2022

Pidcock guarda al Tour e pensa alla… tripla corona

22.05.2022
5 min
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«Tom, noi andiamo». Il ristretto staff che segue Tom Pidcock sta per lasciare l’albergo di Albstadt, dove il giorno prima il giovane britannico è tornato al successo in Coppa del Mondo di Mtb. Da un momento all’altro dovrebbe scendere e salire sul pullman che lo porterà a Nove Mesto. Quando compare nella hall, tutti però rimangono di stucco, perché Tom è preparato di tutto punto per andare in bici. «Partite pure, ci vediamo lì». Lì significa che Pidcock si sorbirà 190 chilometri e più di 2.000 metri di dislivello, a un’andatura tranquilla ma neanche troppo, per una media di 32 chilometri all’ora. Si è fermato a circa 200 chilometri dalla meta, raggiunto dal suo entourage.

Pidcock strava 2022
Il file Strava postato dallo stesso Pidcock a testimoniare la sua “avventura” del lunedì
Pidcock strava 2022
Il file Strava postato dallo stesso Pidcock a testimoniare la sua “avventura” del lunedì

Un bis quasi annunciato

Non è la prima volta che Pidders, il suo nomignolo, fa una cosa del genere, anzi la sua scelta è stata anche un po’ scaramantica, perché aveva fatto lo stesso lo scorso anno e la tappa ceka si concluse con il suo clamoroso successo ai danni di Mathieu Van Der Poel. A conti fatti, la sua scelta è stata indovinata, perché la domenica successiva a Nove Mesto ha fatto il bis. Ha battuto in una bellissima volata un altro giovane rampante della mtb come il rumeno Vlad Dascalu. Ha anche contenuto il furioso ritorno dell’iridato svizzero Nino Schurter, capace di rimontare nell’ultimo giro dalla 17esima alla terza posizione dopo una caduta.

Pidcock Nove Mesto 2022
La volata vincente del britannico su Dascalu a Nove Mesto, seconda vittoria in 7 giorni (foto Getty Images)
Pidcock Nove Mesto 2022
La volata vincente del britannico su Dascalu a Nove Mesto, seconda vittoria in 7 giorni (foto Getty Images)

L’esempio della Ferrand Prevot

Due vittorie di seguito. Non male la campagna primaverile di Pidcock sulle ruote grasse e molti si chiedono ancora perché non sia al Giro, come spalla ma magari anche alternativa a Carapaz ricordando quanto fu capace di fare al Giro U23 del 2020. Non è stato un ripiego, ma una precisa scelta quella del britannico. Che d’altronde quest’anno ha un’idea in testa, maturata nelle ore immediatamente successive alla conquista della maglia iridata di ciclocross nella lontana Fayetteville.

«Nessuno ha mai vinto tre maglie iridate in tre specialità nello stesso anno, ma Pauline Ferrand Prevot lo ha fatto fra le donne, nel senso che si è trovata a essere campionessa del mondo nello stesso momento. Io no, voglio proprio vincere il titolo nello stesso anno solare nel ciclocross, nella mtb e su strada, essere il primo a ottenere questa triplice corona nel ciclismo».

Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock e Kwiatkowski alla Liegi: il giorno dopo escursione sul pavé del prossimo Tour
Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock e Kwiatkowski alla Liegi: il giorno dopo escursione sul pavé del prossimo Tour

Un assaggio di pavé

Il suo calendario è stato quindi costruito di conseguenza e per questo Pidcock sarà al Tour de France. Con quali finalità e prospettive è tutto da verificare, ma che ci tenga è chiaro. Il giorno dopo la Liegi-Bastogne-Liegi, ha effettuato una lunga escursione con Kwiatkowski sul percorso della quinta frazione, quella del pavè. Per sua stessa ammissione, il britannico non si sente ancora a suo agio nelle gare a tappe. Meglio quelle d’un giorno dove ha già fatto vedere il suo valore: «Il discorso però è un po’ più complesso – ha avuto modo di affermare all’indomani dei problemi gastrici che di fatto hanno invalidato la sua campagna del Nord – la bici da corsa secondo me è più competitiva, ma per fisico e corporatura io sono più portato per la mtb».

Il campione della Ineos sa anche e molto bene che il suo futuro deve essere su strada. Tenere il piede in varie staffe non può durare a lungo. Gli stessi Van Aert e Van Der Poel se ne sono accorti sulla loro pelle e stanno progressivamente diminuendo le loro apparizioni extra-strada. Pidcock è più giovane e si è preso ancora del tempo anche perché vuole cogliere i suoi obiettivi: «Non aumenterò le mie presenze sulla mtb – ha sottolineato dopo il trionfo di Nove Mesto – quindi non seguirò il cammino di Coppa del Mondo. Sarò sicuramente ai mondiali e il Tour de France mi servirà per prepararli, acquisendo la base di fondo necessaria. Poi tornerò alla strada e andrò al Giro di Gran Bretagna per essere a punto per i mondiali su strada di Wollongong».

Pidcock programmi 2022
Ora il talento della Ineos torna alla strada, con obiettivo la Grande Boucle
Pidcock programmi 2022
Ora il talento della Ineos torna alla strada, con obiettivo la Grande Boucle

Dopo il 2024 si cambia

Il tracciato australiano è sì adatto ai velocisti, ma a ben guardare un corridore con le sue caratteristiche dovrebbe essere perfettamente a suo agio su quel percorso, pensando magari a una fuga decisiva con pochi corridori nella quale far valere il suo spunto. Per questo il ferro va battuto adesso, questo treno passa ora, poi prenderà le sue decisioni, tenendo però sempre presente che a Parigi 2024 vuole assolutamente difendere il suo titolo olimpico nella mtb. Probabilmente poi si dedicherà a tempo pieno alla strada e zi vedranno finalmente quali possono essere i suoi limiti. Alla Ineos sono comunque disposti a dargli tempo, intanto il suo contratto è stato allungato fino al 2027…

Sidi Wire 2: una settimana indimenticabile tra Amstel e Roubaix

19.04.2022
3 min
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Anche la Parigi-Roubaix 2022 è stata vinta da un atleta con ai piedi le scarpe Sidi Wire 2. Dopo il trionfo di Colbrelli dello scorso anno tra fango e pioggia, questa volta ci ha pensato Van Baarle a portare a casa la pietra più pesante del mondo. Quella vinta dal corridore olandese è stata una Roubaix dove polvere e vento hanno caratterizzato la corsa. Questi ultimi successi sono la dimostrazione di come le scarpe Sidi siano in grado di performare al meglio in ogni situazione. 

Con Sidi la Ineos è riuscita ad imporsi su tutti i terreni, a dimostrazione della versatilità del modello Wire 2
Con Sidi la Ineos è riuscita ad imporsi su tutti i terreni, a dimostrazione della versatilità del modello Wire 2

Una settimana magica

Quella di Sidi è stata una settimana di corse davvero intensa e ricca di emozioni. Infatti, prima di conquistare per il secondo anno di fila il velodromo di Roubaix, era arrivata anche la vittoria all’Amstel Gold Race. A trionfare sul traguardo di Valkenburg, con un gran colpo di reni, è stato Michal Kwiatkowski. La particolarità? Anche il corridore polacco ha vinto con addosso le Sidi Wire 2. 

Un delicato equilibrio

Le Sidi Wire 2 sono delle scarpe estremamente tecniche. Studiate e sviluppate per avere un equilibrio che favorisce la migliore prestazione su tutti i terreni. Una delle sue particolarità è nel sistema di chiusura, che, con il suo meccanismo centrale, permette un’equa distribuzione della tensione sul collo del piede. E’ stato aggiunto anche un innovativo pulsante che, se schiacciato, fa alzare una levetta per avere una miglior regolazione in corsa. Potrebbe essere stato anche questo uno dei segreti che hanno permesso a Van Baarle di vincere domenica.

Micro regolazioni 

Il tallone è uno dei punti più delicati da far calzare all’interno della scarpa. Sidi ha ideato un sistema di regolazione che rinforza lo spoiler e migliora la calzata, permettendo di stringere il tallone in modo che non scalzi durante gli sforzi della pedalata.

Ogni lato del tallone può essere regolato in modo indipendente, per una calzata perfetta. Per una regolazione personalizzata, girare la vite verso il segno (più) per stringere il meccanismo e verso il segno (meno) per allentarlo.

Sidi

Cosnefroy: finché è durata, l’uomo più felice della terra

11.04.2022
4 min
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Benoit Cosnefroy ha 26 anni e pochi grilli per la testa. Però con  questa grande concretezza, nel 2020 si piazzò secondo alla Freccia Vallone vinta da Hirschi e l’anno dopo batté Alaphilippe nello sprint a due di Plouay. Lo vedi poco, ma c’è sempre. Nel frattempo il corridore della AG2R-Citroen ha fatto qualche importante scelta di vita, come quella di lasciare Cherbourg, il comune sulla Manica in cui è nato per trasferirsi al sud della Francia per evitare viaggi più lunghi e trovare un miglior terreno di allenamento più vicino alla sede della squadra.

Ieri sul traguardo dell’Amstel Gold Race è stato per qualche minuto l’uomo più felice della terra (foto di apertura). Sognava così tanto la grande vittoria, da averla raccontata a tutti i compagni che alla spicciolata raggiungevano il traguardo. Poi in un secondo gli è arrivata fra capo e collo la mazzata del fotofinish. L’ha accusata, poi però ha rimesso i piedi per terra.

Ha appena saputo di essere arrivato secondo. Van Avermaet è quasi più abbattuto di lui
Ha appena saputo di essere arrivato secondo. Van Avermaet è quasi più abbattuto di lui

«Sono una persona che mette le cose in prospettiva velocemente – ha detto – è uno dei miei punti di forza. Ero vicino alla vittoria, ma se inizio a piangere dopo il podio all’Amstel, posso anche smettere di correre. Sono stato incredibilmente felice quando mi è stato detto che avevo vinto, ma devi mettere le cose nella giusta prospettiva. Sono contento del mio secondo posto. Quando sono salito sul podio, mi sono emozionato, sono momenti che raramente sperimentiamo in una carriera. Mathieu van der Poel, che era il favorito, non c’era. Non vedo perché dovrei buttarmi giù».

Sempre lucido

Kwiatkowski ha raccontato di averlo messo in mezzo, costringendolo a tirare di più con il pretesto che lui aveva dietro Pidcock. Ma l’analisi in corsa del francese è stata anche più lucida. Nessuna trappola, tutto calcolato.

«Non ho molti rimpianti – ha raccontato dopo le premiazioni – perché se fossero rientrati da dietro, sarei arrivato settimo o ottavo. Avevo in testa lo sprint pazzesco di Mathieu Van der Poel nel 2019 e mi sono detto che poteva anche riprenderci quei 20 secondi negli ultimi 500 metri. Non è stato facile da gestire. Mi sentivo più forte di ”Kwiato” e speravo che in uno sprint lanciato da lontano alla fine si sedesse.

Sapeva che tirare nel finale fosse il solo modo per non far rientrare Van der Poel
Sapeva che tirare nel finale fosse il solo modo per non far rientrare Van der Poel

«Ho fatto uno sprint in due fasi. La seconda volta – ha spiegato – quando ha provato a rimontarmi mentre ero sul lato destro della barriera, non mi sono arreso. Sulla linea, ho avuto la sensazione che mi stesse superando. Poi è stato tutto così ravvicinato che ho creduto che fosse possibile aver vinto. Quando qualcuno da dietro il podio è venuto a mostrarmi il fotofinish, non ci sono più stati dubbi. E’ andata così, ho perso e ora spero di potermi rifare».

Rivincita sulle Ardenne

Rifarsi significa ricaricare le batterie e presentarsi di nuovo agguerrito per le classiche delle Ardenne, con la consapevolezza di stare comunque bene.

«Sento che la forma è buona – ha precisato – direi molto buona, l’avevo capito la settimana scorsa al Circuit de la Sarthe (è stato 2° nella prima tappa e poi anche nella generale alle spalle di Kooij, ndr). Potrei essere più controllato nelle prossime gare, ma ovviamente cercherò una vittoria. Adesso per me inizia un buon periodo. Mercoledì corro la Freccia del Brabante, poi torno a casa in Savoia per rientrare alla Freccia Vallone e alla Liegi-Bastogne-Liegi».

E se nel 2020 in quella Freccia Alaphilippe non c’era e Cosnefroy disse che un giorno gli sarebbe piaciuta vedersela con lui sul Muro d’Huy, questa volta sarà accontentato. Anche il campione del mondo ha le stesse intenzioni bellicose.

Kwiatkowski fa il bagno nella birra. E Van Aert rinvia ancora?

10.04.2022
5 min
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L’anno scorso la beffa fu cocente. E quando il fotofinish attribuì l’Amstel Gold Race a Wout Van Aert a scapito di Tom Pidcock, alla Ineos Grenadiers rimasero piuttosto male. Così questa volta Kwiatkowski è rimasto freddo, preferendo pensare di aver perso, mentre pochi metri più in là Cosnefroy festeggiava sicuro del fatto suo. Come Alaphilippe alla Liegi del 2020, ma senza l’ombra della squalifica.

«Ho imparato da Pidcock che bisogna sempre aspettare il fotofinish – ha detto il polacco – ma ammetto che è stato tutto molto confuso. Prima delusione, poi gioia. Soprattutto dopo una gara così dura».

Kwiatkowski ha giocato benissimo lo sprint e ha dato un colpo di reni magistrale
Kwiatkowski ha giocato benissimo lo sprint e ha dato un colpo di reni magistrale

Ritorno dal Covid

Kwiatkowski non è uno qualunque da portarsi fino a un arrivo ristretto. E se vinse il mondiale da giovanissimo arrivando da solo, quando si ritrovò allo sprint della Sanremo del 2017 con Alaphilippe e Sagan, la giocò da mago della pista e li lasciò a leccarsi le ferite. Invece all’Amstel del 2015, con la maglia iridata indosso, piegò in volata Valverde e Matthews. Però questa volta il polacco ha ammesso di aver finito davvero al limite.

«Gli ultimi quindici metri – ha detto – sono stati immensamente difficili. Ero fiducioso di vincere, ma è stata davvero dura. Mi ero reso conto che Cosnefroy aveva lavorato molto. Con Pidcock dietro di noi, non spettava a me fare il ritmo. Ad ogni modo, questa vittoria è molto gratificante. Ho avuto il Covid, ho avuto molta febbre, le persone intorno a me si sono ammalate. E’ stato un periodo difficile. Poter vincere questa gara che amo così tanto per la seconda volta è fantastico per me e per il team».

A ben vedere per il team Ineos Grenadiers il momento è d’oro, dopo gli squilli di Martinez e Rodriguez dai Paesi Baschi.

Vdp verso Roubaix

Chi invece ha mostrato il fianco a una condizione non ancora ottimale e senza troppe corse nelle gambe, è stato Mathieu Van der Poel, fresco vincitore del Fiandre e arrivato quarto a 20 secondi dal vincitore.

«Alla fine – ha commentato l’olandese, che proprio vincendo l’Amstel si presentò al grande ciclismo – ero dove dovevo essere in finale, ma in una gara del genere devi davvero essere super. Soprattutto quando sei nel gruppo di testa e devi reagire a ogni imprevisto. E io oggi non ero super. L’Amstel ha salite più lunghe dei muri del Fiandre. Sono stato bravo, ma non abbastanza».

Van der Poel sarà anche al via domenica prossima alla Parigi-Roubaix per provare a mettere per la prima volta nel suo palmares l’Inferno del Nord.

E Van Aert cosa fa?

«Un’altra triste domenica», ha scritto Wout van Aert su Instagram, costretto a saltare anche l’Amstel Gold Race dopo il Fiandre. E siccome da queste parti non si aspetta altro che il duello tra lui e Van der Poel, la Roubaix è parsa a lungo l’occasione giusta. Invece forse non sarà così.

«Ho letto da qualche parte – ha spiegato Richard Plugge, tecnico della Jumbo Visma – che le possibilità di partecipazione per Wout sono cinquanta e cinquanta, ma non si può dire così. Stiamo esaminando come si sviluppa ulteriormente la situazione e in base a ciò prenderemo una decisione. Preferirei che i miei corridori si prendessero altre due, tre o anche cinque settimane di riposo dopo il Covid, in modo da essere al top più tardi. E’ ancora molto difficile stimare l’impatto della malattia. Io stesso ho avuto il Covid due anni fa e mi ha infastidito molto. Quindi dobbiamo davvero essere sicuri che tutto sia a posto a tutti i livelli. Anche con il cuore».