Batosta digerita, ora Del Toro è consapevole del suo potenziale

08.06.2025
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E’ passata una settimana dalla fine del Giro d’Italia e a mente fredda torniamo a parlare di Isaac Del Toro, l’uomo, anzi, il ragazzino che in qualche modo ha segnato questo Giro più di tutti. E quello che è successo sul Colle delle Finestre è stato qualcosa di incredibile, di forte e misterioso.

Pensate che durante questi giorni, anche noi, ritornati alla base dopo le fatiche del Giro, per le vie del paese, in un bar o a fare la spesa, amici e conoscenti, sapendo del nostro lavoro, ci chiedevano: «Ma come mai la maglia rosa non ha seguito “quell’inglese?”». «Perché il messicano lo ha lasciato andare?». Per dire come certe storie varcano i confini. Noi abbiamo cercato di fare un’analisi anche con il più esperto dei direttori sportivi, Giuseppe Martinelli.

Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo
Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo

Parla Isaac

Adesso riportiamo anche le parole di Del Toro stesso. Ancora un po’ scosso quando lo abbiamo incontrato a Roma dopo il podio a Caracalla: «Cosa porto via da questa cosa? Credo di avere imparato a credere in me e a fare le cose bene… e sempre con il sorriso. Ovviamente. Tutti vogliono cambiare qualcosa, ognuno ha la sua opinione, ma ormai non possiamo più cambiare nulla di questo Giro.
«Tutte le decisioni che ho preso negli ultimi tre mesi mi hanno portato in questa posizione. Ho 21 anni e per diventare il corridore che sono, ho fatto tutto quello che dovevo fare al meglio. Ovviamente sono triste. L’ultimo giorno è stato difficile. Ma devo essere orgoglioso di quanto fatto».

Sul Colle delle Finestre non è stata solo questione di gambe insomma. La  UAE Emirates aveva detto a Del Toro di marcare Carapaz e lui lo ha fatto. Poi quando Simon Yates prendeva il largo sono arrivate le direttive di reagire all’assalto dell’inglese. Ma lì è venuta fuori l’inesperienza. Carapaz e Del Toro hanno iniziato a battibeccare.

Pare che Del Toro abbia detto, testuali parole: «Okay, la corsa è persa ma almeno salvo il secondo posto». La volata a Sestriere e i complimenti in corsa fatti a Van Aert, ripreso mentre completavano la scalata finale, non sono segnali di chi non aveva più gambe. O almeno che non ne aveva neanche per provare a difendersi.

La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader
La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader

UAE compatta

Una cosa è certa: la squadra non lo ha abbandonato e anzi ha capito che l’erede di Pogacar è Del Toro. Rafal Majka ci aveva detto di essergli stati vicini. Adam Yates, non in grande spolvero, lo ha sempre affiancato finché ha potuto e lo stesso vale per McNulty e tutti gli altri. Tanto è vero che hanno fatto corsa compatta attorno al messicano.

«Mi dispiace soprattutto per i compagni di squadra – riprende Del Toro – loro mi hanno sempre supportato. Mi sono stati vicini. Ormai è acqua passata. Ma voglio tornare più forte. E anche essere più intelligente (di nuovo il messicano ha usato questa parola che gli abbiamo sentito dire sin dal giorno di Siena, quando prese la maglia rosa, ndr) di quanto sono stato nelle ultime settimane.
Ogni giorno mi sentivo più fiducioso, anche nello stare in gruppo. Aver perso fa male, ma di buono adesso so che ce la posso fare. Ora so che quello che mi ha detto Pogacar può essere vero: e cioè che ce la posso fare. Devo solo stare tranquillo, scaricare la pressione e divertirmi in bici. So che posso lottare per vincere un grande Giro».

Intanto dalla squadra si è saputo che Del Toro non farà la Vuelta. Ma è il modus operandi della squadra di Mauro Gianetti: con i giovani si fa al massimo un solo Grande Giro l’anno. Pensate che lo stesso Pogacar ne ha affrontati due solo a 25 anni, l’anno scorso, quando mise a segno la doppietta Giro‑Tour.

Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani al Giro. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese
Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese

Sogno messicano

Però, ed è qui che si vedono gli effetti del “ciclone Del Toro”, qualcosa di enorme Isaac lo ha fatto, anzi, forse sarebbe meglio dire: lo ha provocato. A distanza di una settimana dal Giro e un paio dalle imprese in maglia rosa, il Messico del ciclismo si è risvegliato.

Forbes Mexico (bisettimanale di finanza e marketing) ha evidenziato il potenziale economico del ciclismo in un Paese di quasi 130 milioni di abitanti, sottolineando come Del Toro rappresenti un diamante in grezzo per il mercato. Isaac potrebbe scatenare un boom di vendite di materiale tecnico e, soprattutto, aprire le porte a nuovi accordi per i diritti tv come già avviene nei Paesi andini. In effetti, un aumento di audience e sponsorizzazioni per le gare in chiaro o a pagamento si profila come realizzabile grazie all’interesse mediatico attorno al messicano.

In questo senso, il “Sogno Messico” non è solo sportivo ma strategico: Del Toro, grazie ai numeri e al carisma, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella negoziazione di nuovi accordi media tra Europa e Centro‑America. Ma soprattutto potrebbe far salire in bici tanti ragazzini. Qualcosa del genere ce lo aveva già accennato Alejandro Rodriguez che tanto sta facendo, con la sua squadra Monex, per i ragazzi del suo Paese. E Del Toro viene proprio da lì.

L’Ora già in tasca, Bussi va per i 4 chilometri

14.05.2025
6 min
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L’aveva già fatto, l’ha rifatto e poi si è ripetuta ancora un’altra volta. Eppure, ritoccare per tre volte il record dell’Ora non basta a Vittoria Bussi. Mentre vi raccontiamo dei suoi 50,455 km bruciati in 60 minuti domenica scorsa, infatti, sta raccogliendo le energie in quel di Aguascalientes, in Messico, per realizzare il suo pazzo sogno: diventare primatista mondiale anche dei 4 km.

Due sfide così affascinanti e così diverse fisicamente e mentalmente l’una dall’altra, che proiettano l’azzurra in una nuova dimensione. Lei però tiene i piedi per terra grazie all’amata Matematica che scandisce ogni sua mossa anche da quando ha lasciato la cattedra per lanciarsi sulle due ruote.

Si era ritirata dopo il precedente record dell’Ora, ma è tornata in sella proprio per inseguire questa doppia, affascinante sfida. Ieri, nel giorno di riposo, ci ha raccontato come sta procedendo la settimana più incredibile della sua vita.

Sono stai pochi i partner per il tentativo di Vittoria Bussi: non molti hanno creduto nel progetto
Sono stai pochi i partner per il tentativo di Vittoria Bussi: non molti hanno creduto nel progetto
Come ti senti dopo il terzo record dell’Ora e con un altro primato da inseguire?

Ho l’adrenalina talmente alta che nemmeno sento più la stanchezza in questi giorni. Sono in uno stato di isteria perenne, difficile da spiegare.

Com’è nata questa voglia di tornare in sella, fare un altro record per superare te stessa nell’Ora, abbinando poi la nuova sfida dei 4 km?

In realtà è sempre stato il mio sogno da quando sono salita in bicicletta quello di provare a farli entrambi nello stesso periodo. Non sono una storica di ciclismo, ma credo che l’unica in passato capace di concepire un’idea del genere sia stata Jeannie Longo. Quindi, ho voluto proprio spostare l’asticella un po’ più in là e farli in una settimana. Ovviamente, è una sfida grossa, soprattutto a livello fisiologico. L’Ora ti rovina un po’ la gamba per la partenza e ti toglie un po’ una brillantezza, le due velocità diverse che comunque creano una diversità dal punto di vista dinamico. Per queste ragioni, diventa fondamentale il recupero e capire in che giorni far cosa.

A questo proposito, ci racconti cosa cambia nell’inseguire due primati così simili e così diversi, ripercorrendo in un certo senso le orme di Top Ganna?

Ho sempre cullato questo sogno, anche pensando all’atletica leggera, lo sport da cui vengo e che influenza il mio pensiero. E’ un po’ come se Kipchoge, il re della maratona, prende e fa il record del mondo dei 1.500 metri. Mi sono detta: «Quando sarebbe bello che i due antipodi dell’endurance fossero nelle mani di un solo atleta nello stesso momento». Poi Filippo l’ha fatto subito dopo l’Ora di Grenchen e allora è arrivata la spinta ulteriore per convincersi che fosse fattibile. Nel 2023 volevo soltanto abbattere il muro dei 50 km, poi ho cominciato a pensare all’inseguimento, soprattutto dopo il cambio di distanza dai 3 ai 4 km.

A settembre 2021, Vittoria Bussi ha partecipato agli europei crono di Trento
A settembre 2021, Vittoria Bussi ha partecipato agli europei crono di Trento
Ci racconti la tua doppia preparazione?

Mi è dispiaciuto togliere del tempo all’Ora, però sapevo che il mio tallone d’Achille era sicuramente l’inseguimento. Quindi, se devo esprimere una percentuale, dico che l’80% del tempo è stato dedicato sicuramente all’inseguimento.

Allora si può dire che il bello deve ancora venire?

Sì, esatto. Dopo il record dell’Ora, ci siamo concessi giusto qualche tacos qui in Messico e un video perché il giorno dopo era il compleanno di mio marito Rocco, che mi supporta sempre in queste sfide. Poi siamo tornati con grande entusiasmo al velodromo per cambiare focus e fare le partenze. La sfida vera è proprio farli entrambi.

Quanto ti ha aiutato il tuo “team ristretto” e quanto hai raccolto questa volta col crowdfunding?

Questa volta il crowdfunding è andato male, perché ho raccolto 2 mila euro anziché 12 come nel 2023. Forse perché sono stata un po’ meno sui social, ma è stato un periodo complicato con l’annuncio del ritiro, poi il rientro e il dover convincere tutti gli sponsor a investire di nuovo. Più o meno, purtroppo, è successa la stessa cosa di sempre. La gente cioè comincia a crederci dopo e l’entusiasmo e l’appoggio arrivano sempre quando tutto è già passato. Direi quando ormai è un po’ tardi, se posso togliermi qualche sassolino dalle scarpette. Quest’anno è stato molto complicato anche per questo, perché non ho sentito fiducia e interesse nei miei tentativi. Poi, certo, mi prendo anch’io le mie responsabilità di non aver coinvolto abbastanza il pubblico. Però è un po’ un rammarico perché sono stati in pochissimi che ci hanno messo una pezza dal punto di vista economico e mi hanno aiutato a loro spese.

Il precedente record di Vittoria Bussi era datato 2023: lo ha migliorato di 188 metri
Il precedente record di Vittoria Bussi era datato 2023: lo ha migliorato di 188 metri
Rispetto alle altre due sfide del passato, quali sono state le differenze?

E’ stato tutto diverso, ogni prova in allenamento è stata sofferta, perché sapevo che non avevo tanti giorni per dedicare all’Ora. Gli anni passati sapevo che se un giorno non andava come volevo, potevo fermarmi anche prima perché sapevo di poter riprovare. Stavolta fallire una prova avrebbe voluto dire togliere dei giorni alla tecnica per i 4 km: partenze, resistenza alla velocità oltre i 60 km/h, brillantezza e così via. In queste ore tra i due tentativi, sto proprio cercando di lottare per ritrovare un poco di freschezza per essere pronta per l’inseguimento. E’ un po’ come se il giorno dopo un lungo, senza recupero, ti metti ad allenarti sugli sprint: la gamba non risponde esattamente come vorresti. Ho dovuto un po’ pormi un freno sull’ora per poter portare avanti entrambi i tentativi.

Da buona matematica però si potrebbe dire che hai fatto bene i calcoli?

Ne riparliamo venerdì (ride, ndr). Sto provando a battere il record un giorno sì e un giorno no, proprio per lasciare un po’ di spazio alle gambe per recuperare. Lunedì abbiamo fatto la prima prova ed è arrivato il record italiano, che comunque è la seconda prestazione di sempre nell’inseguimento (4’25”002, ndr). L’abbiamo registrata, ma non vogliamo accontentarci, sicuramente ci riproveremo domani (oggi, ndr) e se necessario anche il 16.

L’approccio mentale tra i due tentativi cambia?

Sì, perché devo ammettere che nell’inseguimento è difficile rimanere lucidi ed è forse la cosa che personalmente mi spaventa di più. Perdere il controllo mi dà molta noia. Nell’Ora concentrarsi sulle linee e le traiettorie è molto più semplice, perché tutto va un po’ più lento. Nei 4 km, una volta che lanci, è già finita e la vera spinta dura meno di tre minuti. E’ tutto un gioco di equilibri.

Dopo l’Ora e i 50,455 chilometri, si lavora in pista per il record dell’inseguimento
Dopo l’Ora e i 50,455 chilometri, si lavora in pista per il record dell’inseguimento
Arrivare da un altro emisfero, come quello accademico, è un vantaggio o uno svantaggio?

Quello resta il pilastro del progetto: riuscire a portare una visione scientifica nel mondo sportivo. Per fortuna non sono la sola a dirlo che è questo il futuro e spero che l’approccio scientifico, non soltanto matematico, sia sempre più importante. Sono tante le cose, come ad esempio anche l’aspetto manageriale di questi tentativi, con l’atleta al centro che si prende cura in prima persona di curare tutto. Ed è quello che vorrei trasmettere alle generazioni che vengono, in controcorrente rispetto a quello che accade in molti sport in cui l’atleta è poco “pensante” ed è solo concentrato sulla performance.

Hai pensato a cosa farai dalla prossima settimana?

Stavolta vorrei concedermi una vacanza, cosa che non ho fatto nel 2023 perché, nel pieno dell’adrenalina, mi sono buttata in mille eventi. Poi mi dedicherò alla famiglia, perché quando ci sono progetti così grossi, le priorità cambiano. Poi si riparte.

In sella?

Come atleta agonista direi che è arrivato il momento di fermarmi, ma sicuramente il ritiro sarà più graduale. Lo scorso anno mi ero privata della bici da un giorno all’altro e questo mi aveva fatto molto male. Mi piacerebbe tornare alle origini, con un po’ di corsa in montagna, ma senza nessun tentativo di record del mondo.

I gemelli Dematteis possono dormire sonni tranquilli?

Direi proprio di sì, loro me li ricordo bene (sono i due italiani più famosi nella corsa in montagna, ndr) perché sono della mia età e quando correvo erano già strabilianti. 

Ancora su Del Toro: stavolta parla Rodriguez, il suo mentore

28.03.2024
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Isaac Del Toro è la rivelazione di questo inizio di stagione. Anche Marino Amadori ce ne ha parlato l’altro ieri e prima di lui i tecnici che gli sono attorno, ma il discorso si può allargare ancora. E tra questi tecnici c’è anche Alejandro Rodriguez.

Rodriguez è il tecnico e lo scopritore di Del Toro. Segue il progetto giovani del Messico. Al contrario dei tecnici che in UAE Emirates ora gli sono vicini, lui Del Toro lo ha lasciato andare, un po’ come fa un padre quando vede che il figlio inizia a camminare da solo. «Giusto così – dice Rodriguez – è ora che Isaac faccia le sue esperienze. Tanto lui è un bravo ragazzo e non si scorda dei vecchi amici».

Dal Messico a San Marino

Rodriguez è in Italia. O meglio, a San Marino. E’ lì che porta avanti i suoi ragazzi. Nel pieno della stagione ciclistica, lasciano il Messico e vengono in Europa. I suoi atleti, come fu per Del Toro, corrono vestendo i colori del MoneX Pro Cycling Team.

«Siamo a San Marino già da 3-4 settimane – dice Rodriguez – il progetto va avanti e anzi siamo cresciuti. Abbiamo 12 under 23, 8 juniores e anche 9 donne, tutte under 23. Tanto che abbiamo preso due grandi case. In una ci vivono le ragazze e nell’altra i ragazzi». Anche Isaac faceva parte di questa schiera fino a pochi mesi fa. 

Tour Down Under: terzo giorno di gara tra i pro’ e prima vittoria nel WorldTour per Del Toro (classe 2003)
Tour Down Under: terzo giorno di gara tra i pro’ e prima vittoria nel WorldTour per Del Toro (classe 2003)

Stupore a metà

Ora la rivelazione della UAE Emirates vive sempre a San Marino, ma in una casa tutta sua. Ogni tanto esce ancora con i suoi vecchi compagni. E il rapporto con Rodriguez è rimasto forte.

«Qualche tempo fa – racconta Rodriguez – siamo andati a mangiare una pizza insieme. Ormai ha poco tempo per stare qui, tra Australia, Algarve, Tirreno… c’è stato davvero poco».

Rodriguez e Del Toro si sentono, ma Alejandro non è pressante. Non sta lì per ogni cosa. E’ consapevole che adesso Isaac è nelle mani di uno dei team più all’avanguardia e ha fatto un passo di lato. Ciò non toglie che continua a seguirlo.

«L’ho trovato e lo vedo molto motivato – racconta Rodriguez – se sono sorpreso dei suoi risultati? Non troppo visto come andava l’anno scorso. Sarà che lo conosco da più anni, ma queste sue prestazioni non mi hanno colpito del tutto. Semmai mi ha colpito più la rapidità con cui si è adattato. Ma come ho detto essendo motivato e forte, ci può stare».

«Quando facemmo i test da ragazzino si vedeva che aveva qualcosa in più. Gli altri finivano e lui ancora doveva iniziare a faticare. Uno come Isaac non lo trovi tutti i giorni».

Isaac con i giganti, il messicano è in terza ruota tra Vingegaard e Ayuso
Isaac con i giganti, il messicano è in terza ruota tra Vingegaard e Ayuso

Programma giusto

Rodriguez parla di un Del Toro in buone mani. La UAE Emirates non manca certo di bravi tecnici. Il tecnico messicano ha apprezzato l’approccio che hanno avuto e che continuano ad aver col suo pupillo.

«Okay la Sanremo, che Isaac non doveva fare, glielo hanno detto all’ultimo in sostituzione di McNulty, ma per il resto hanno un approccio di crescita graduale. In UAE lo fanno crescere bene, sia con i carichi di lavoro che con il programma. Lo scorso anno, Avenir a parte, Del Toro ha fatto  7-8 corse a tappe di 3-4 giorni, ora gli fanno fare quelle di una settimana. Condivido questo programma».

C’è però un aspetto che abbiamo notato in Del Toro. Alla Tirreno-Adriatico nelle due occasioni di salite lunghe, entrambe le volte le ha prese un po’ dietro. Si è persino staccato un po’, salvo poi rimontare ferocemente. Sembrava quasi si fosse fatto sorprendere, visto che poi nel corso della scalata era il più veloce, cedendo solo all’inarrivabile Vingegaard.

Qualcosa di simile era accaduto anche l’estate passata al Giro della Valle d’Aosta. Fu sorpreso dall’attacco di Rafferty salvo poi mangiargli 5′. E’ questo un punto da migliorare?

«Difficile – dice Rodriguez – dare una risposta precisa, ci sono molti aspetti in ballo. Bisogna anche vedere quali erano le indicazioni dei direttori sportivi. Sappiamo che Isaac ama andare di passo (è anche un ottimo cronoman, ndr) ma in gare di quel livello è tutto più difficile, specie per un giovane, anche solo mantenere un certo ritmo».

Tour de l’Avenir, il ciclismo è un fenomeno mondiale

04.09.2023
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Il Tour de l’Avenir ha confermato la sempre più grande internazionalizzazione del ciclismo. La maglia gialla è stata addosso a diverse nazioni, ma quando le tappe si sono fatte impegnative il simbolo del primato è rimbalzato dagli Stati Uniti al Messico. Isaac Del Toro (in apertura la vittoria nella tappa del Col de la Loze, foto Tour de l’Avenir) si è aggiudicato questa edizione, confrontandosi con gli amici e rivali Piganzoli, Pellizzari e Riccitello. Quest’ultimo ha perso la maglia proprio l’ultimo giorno a vantaggio del messicano. 

L’occhio del cittì

Marino Amadori, storico cittì della nazionale under 23 ha guidato i suoi ragazzi a due posti sul podio. Un risultato promettente e ottenuto con prestazioni solide, solamente Del Toro si è dimostrato superiore. Ma in queste otto tappe cos’ha visto Amadori, che livello ha percepito del ciclismo italiano e di quello estero?

«Il Tour de l’Avenir – ci dice – è il campionato del mondo delle corse a tappe. Qui si sfidano i giovani corridori più forti al mondo, è sempre un bel banco di prova per capire il livello generale. In contesti del genere bisogna arrivare pronti, ormai ogni dettaglio conta, ci stiamo avvicinando sempre più al professionismo. Considerando anche che alcuni ragazzi già corrono tra i grandi (Riccitello, Piganzoli e Christen che dall’1 agosto è alla UAE Emirates, solo per fare alcuni nomi, ndr). I primi dieci della classifica generale sono tutti corridori importanti e per di più giovani: 2002 e 2003. Molti ragazzi passano professionisti direttamente dalla categoria juniores, il mondo va così, lo si diceva e l’Avenir è stata una conferma».

Mondializzazione

Il ciclismo come detto ha aperto le porte a tutto il mondo, non ci sono più limiti o confini che reggono. E il mondo dei giovani è quello dove questo si vede maggiormente, la bici non è più solamente “europea”. 

«Il ciclismo giovanile – riprende Amadori – si è aperto totalmente, l’UCI ha lanciato la mondializzazione del ciclismo. E’ uno sport che ormai si evolve a 360 gradi e ti trovi questi ragazzi ovunque. Del Toro stesso si è preparato al Sestriere, nello stesso periodo in cui eravamo su noi. I messicani hanno fatto altura per 30 giorni, sono andati a visionare tutte le tappe. Hanno fatto, più o meno, quello che abbiamo fatto noi. Non ci sono più differenze tra europei e non, ma è giusto che sia così. Molte nazioni extra Europa lavorano come dei team WorldTour, arrivano agli appuntamenti importanti, come l’Avenir, al 100 per cento.

«A livello di rose – continua Amadori – le differenze rimangono, alla fine nelle tappe dure Del Toro rimaneva abbastanza isolato. Quando il gruppo era composto da una ventina di corridori i messicani rimanevano in due. Noi come Italia avevamo una squadra molto forte, nata anche dal fatto che abbiamo molti atleti forti, che però vanno tutelati».

Tutte le formazioni si preparano al meglio per gli appuntamenti più importanti (foto Tour de l’Avenir)
Tutte le formazioni si preparano al meglio per gli appuntamenti più importanti (foto Tour de l’Avenir)

Gli europei

Anche le nazioni europee sono andate forte, sia chiaro, con l’Italia in grande spolvero. Molte nazioni hanno ben figurato, a partire dalla Danimarca, non nuova al ciclismo di alto livello, visto che hanno vinto gli ultimi due Tour de France. E’ stato proprio un danese, Foldager, a soffiare la prima maglia gialla al nostro Giacomo Villa, suo compagno di squadra alla Biesse-Carrera. 

«Foldager – aggiunge il cittì – andava come un missile, lui come tutta la Danimarca, che infatti ha vinto la cronometro a squadre. Le squadre europee però si sono messe in mostra tutte più o meno, le tappe erano così dure che ognuno ha avuto la sua occasione. Da sottolineare c’è l’incidente che ha messo fuori gioco Staune-Mittet, uno di quelli che avrebbe potuto dire la sua per la classifica finale. Nonostante questa sfortuna la Norvegia ha comunque piazzato due corridori nei primi dieci: Svestad e Kulset. A testimonianza di quanto detto prima.

«Quando si viene a correre in questi grandi appuntamenti – conclude Amadori – bisogna guardare l’età dei corridori e non da dove vengono. Sono tutti pronti, i nostri ragazzi devono essere preparati a loro volta. Il calendario è diverso ma non così tanto, Del Toro ad esempio ha corso il Giro della Valle d’Aosta e il Sibiu Tour. Sono le stesse gare che corrono i nostri ragazzi che militano nelle migliori continental e professional. L’ho detto spesso ai miei corridori in questi giorni “se hai qualità e dote non ci sono scusanti” e non ne hanno trovate».

Idee chiare e tanto studio: Rodriguez svela un altro lato di Del Toro

02.09.2023
5 min
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«Un punto di forza di Isaac Del Toro? La sua testa, senza ombra di dubbio». Alejandro Rodriguez (al fianco di Isaac nella foto di apertura), è il team manager del team messicano AR Monex. Non è la prima volta che parliamo con lui. Ex biker, ha preso in mano questo progetto e di fatto lo sta portando avanti per i giovani messicani.

Se con  Piotr Ugrumov, che fa parte del progetto, abbiamo analizzato il Del Toro corridore, con Rodriguez scopriamo questo giovane atleta, re del Tour de l’Avenir, da un lato più umano. 

E partiamo proprio dalla forza mentale, mostrata sin da bambino, che non solo ha aperto questo articolo, ma si rifà anche alle parole di Ugrumov stesso.

Rodriguez ci dice di un ragazzo meticoloso. Eccolo ingerire un gel prima del via e ripassare le info sull’attacco manubrio
Alejandro, dicevamo della sua forza mentale

Isaac ha sempre avuto le idee chiare: per questo Avenir, ma anche quando era più piccolo. E’ partito per questa gara convinto di poter fare bene.

C’è stato un momento di difficoltà? Un momento in cui lo hai visto preoccupato?

Sì, e proprio all’inizio quando ha perso oltre due minuti nella cronosquadre. Ha visto che le cose in quel momento non andavano bene. A quel punto sapeva che doveva recuperare e così ha fatto piano, piano… E’ sempre stato aggressivo nel suo modo di correre. Dalla crono individuale soprattutto.

Ci credeva a questo obiettivo dunque?

Sì, sì, aveva le idee chiare anche in questo senso. Già dal primo giorno in linea ha visto che davanti non c’era qualche possibile uomo di classifica e questo gli ha fatto capire che aumentavano le sua possibilità. Tanto più dopo il terzo posto al Valle d’Aosta.

Del Toro (classe 2003) conquista il Col de la Loze
Del Toro (classe 2003) conquista il Col de la Loze
Ha influito quel podio?

Assolutamente sì. E’ stato una bella iniezione di fiducia in più. Ma anche rispetto a quanto aveva fatto l’anno scorso, sempre al Valle d’Aosta. In quel caso era stato quinto ed è migliorato. Ed era migliorato anche dopo, almeno fino alla rottura del femore – tra l’altro proprio all’Avenir 2022 – ma è tutto l’anno che andava bene. Dopo un buon inverno si è piazzato alla Corsa della Pace e persino al Sibiu Tour, dove ci sono molti pro’. Ma le prestazioni del Valle d’Aosta sono state importanti.

Perché?

Perché lì ci sono salite lunghe e c’erano avversari che hanno corso parecchio con i professionisti come per esempio i ragazzi della Bora-Hansgrohe. Isaac vedeva che riusciva a tenerli bene sulle salite più dure e anche a staccarli in qualche caso. In realtà voleva fare di più e nella seconda tappa aveva attaccato, ma poi lo hanno messo in difficoltà. Si è ripreso dando spettacolo nel tappone lungo partendo da lontano: tutti segnali importanti. In più anche dopo avevamo un progetto chiaro e siamo saliti in altura al Sestriere, per recuperare bene.

Com’è in corsa Del Toro? Prima hai detto che già nella prima tappa in linea si era accorto che mancava qualche big all’appello…

Lui in corsa pensa moltissimo. E poi è uno che studia tutto e tutti. E’ sempre molto concentrato durante la settimana di gara. Sa bene chi va e chi non va e anche perché non va. S’informa parecchio e tutto ciò gli fa capire tante cose.

Isaac Del Toro, il Giro della Valle d’Aosta passaggio cruciale per gambe e mente (foto Monex Team)
Isaac Del Toro, il Giro della Valle d’Aosta passaggio cruciale per gambe e mente (foto Monex Team)
Lo conosci da diversi anni, che ragazzo è?

E’ un ragazzo semplice, umile, tranquillo, sa sfruttare il momento. Adesso è un po’ scioccato da questa “onda”. «Mamma mia, ora tutti mi parlano come un corridore vero, ma sono un ragazzo»: mi dice. Certo, è consapevole che ha qualcosa in più degli altri.

Ha altre passioni oltre al ciclismo? Per esempio in Messico amate molto gli eroi del wrestling… O magari segue la Formula1…

No, io lo vedo sempre sul ciclismo. E se non è alle gare… vede le gare! Non ha testa per altro. Non so, ma io sul Col de la Loze ho visto un Isaac che aveva un desiderio molto forte. Un ragazzo che inseguiva il suo sogno, il suo obiettivo.

Quando lo hai conosciuto?

Era il 2019, quando iniziammo il programma di scouting in Messico. Lui faceva parte di questo gruppo di 106 ragazzini. E man mano è emerso. Ma da subito, e torno al discorso delle idee chiare, voleva venire in Italia. Voleva fare certe corse…

A Sainte-Foy-Tarentaise la sfida finale con Pellizzari: a Giulio la tappa, ad Isaac la maglia (foto Avenir)
A Sainte-Foy-Tarentaise la sfida finale con Pellizzari: a Giulio la tappa, ad Isaac la maglia (foto Avenir)
A te, Alejandro, c’è stato un momento particolare che ti ha colpito? Che ti ha emozionato?

Le emozioni sono tante, ho difficoltà a dirne una che mi ha colpito. Sapete, io non sono molto espressivo e non so festeggiare. Sarà che le cose che facciamo le studiamo, le programmiamo così al dettaglio che poi quando accadono sembrano un libro scritto. Siamo dietro ai numeri e cerchiamo di svilupparli. Per sfortuna quando alle cose pensi troppo non è più una sorpresa.

Però avete festeggiato, hai detto… 

Sì dai, alla fine della gara dopo tre ore di sala stampa, lo abbiamo aspettato tutti insieme con lo spumante. E poi tutti a casa. Mentre noi siamo rimasti qui per l’Avenir delle donne. Quando finirà questa corsa faremo festa davanti ad un bella pizza!

In Messico i media ne hanno parlato? Il presidente Federale, magari, si è fatto sentire?

Ne hanno parlato i telegiornali, quelli generalisti, non quelli specifici. E’ stato descritto come un giovane eroe… come quelli che poi vogliamo sviluppare: ragazzi che siano dei simboli. Eroi di sport e lavoro. Per fortuna Isaac e i gli altri sono ragazzi bravi, che hanno voglia di fare, e di fare ciclismo. Per quanto riguarda il presidente federale, come sapete, non c’è. La Federazione del Messico ad oggi non è riconosciuta dall’Uci, per fortuna a San Marino abbiamo trovato chi, come Valdiserra, ci ha aiutato. Però sì, Isaac Del Toro adesso è un simbolo. Sui social è passato da 4.000 ad oltre 21.000 follower. E’ una figura pubblica e speriamo che possa essere uno stimolo per altri ragazzini.

Del Toro? Ha valori speciali, parola di Ugrumov

31.08.2023
5 min
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«La vittoria al Tour de l’Avenir? Non mi ha sorpreso minimamente, è da quando l’ho conosciuto che so di avere fra le mani un campione». Piotre Ugrumov, il tecnico della nazionale messicana è quasi sorpreso dalla grande attenzione che si è scatenata intorno al suo pupillo, d’altronde già lo scorso anno aveva sottolineato le qualità del corridore diciannovenne che ha sbancato la più importante corsa per under 23.

Una vittoria che non è certo arrivata per caso: «Al Tour pensavamo sin dall’inizio di stagione – spiega l’ex corridore lettone, uno dei grandi rivali di Pantani al Giro e al Tour – ci eravamo programmati per essere al massimo in questo periodo, per questo nella prima parte dell’anno si è un po’ risparmiato, anche perché veniva da un 2022 complicato».

L’abbraccio del giovane messicano a Ugrumov, suo tecnico e mentore
L’abbraccio del giovane messicano a Ugrumov, suo tecnico e mentore
In quale misura?

Isaac voleva essere protagonista in Francia già lo scorso anno, ma una caduta prima della corsa lo aveva fatto sbattere con violenza contro un guardrail con conseguente rottura del femore. La sua stagione è finita a metà luglio, così abbiamo deciso di prendercela comoda. E’ tornato a casa e si è allenato d’inverno pensando già a quel che doveva fare.

Qual è la caratteristica che ti colpisce di più di Del Toro?

E’ un ragazzo molto sensibile e curioso, che prende questo mestiere estremamente sul serio e non vuole farsi sfuggire nulla. Per certi versi imita un po’ il suo idolo Pogacar, ha un’attenzione quasi maniacale per questo sport tanto che l’Avenir era diventato non solo un obiettivo ma quasi un’ossessione. Il nostro Tour è cominciato molto prima della partenza…

Del Toro in classifica ha preceduto i nostri Pellizzari di 1’13” e Piganzoli di 1’42”
Del Toro in classifica ha preceduto i nostri Pellizzari di 1’13” e Piganzoli di 1’42”
Racconta…

Intanto abbiamo sfruttato il periodo di allenamento in altura per andare a visionare le tappe principali della corsa. Le abbiamo studiate metro per metro e poi le abbiamo ripassate più e più volte al computer. Una settimana prima del via eravamo già in Francia per allenarci sugli stessi percorsi. Posso dire a conti fatti che la corsa è andata quasi interamente nella stessa maniera di come l’avevamo immaginata e programmata.

Com’è il tuo rapporto con Isaac?

E’ un ragazzo molto attento a qualsiasi cosa e soprattutto che nutre una grandissima fiducia in noi che lo guidiamo. Tanto che chiede scusa se poi in corsa qualcosa non va com’era stato previsto. Io dal canto mio cerco di parlarci molto, soprattutto quando è nervoso per qualche ragione.

Isaac ha preparato l’Avenir al Giro della Valle d’Aosta, finendo al terzo posto
Isaac ha preparato l’Avenir al Giro della Valle d’Aosta, finendo al terzo posto
Tecnicamente ti assomiglia?

Non direi, è un corridore a sé anche perché i corridori di oggi, ma direi proprio il ciclismo nel suo insieme è molto diverso da quello che affrontavamo noi. Lui è il corridore del futuro.

Stupisce però che venga da un Paese, il Messico che ha avuto pochi campioni nel suo insieme, vengono in mente i nomi di Alcala e Perez Cuapio…

Campioni veri, Alcala è stato mio avversario, ma come detto è davvero difficile fare un paragone. Ho capito subito che Isaac aveva qualcosa di diverso vedendo i suoi dati. Io sono abituato a lavorare molto in base ai numeri, ai valori che un corridore esprime e si vedeva che i suoi erano molto diversi da quelli di tutti i suoi compagni. Soprattutto ho notato che sapeva gestirsi, arrivava al traguardo che non aveva dato tutto, che aveva delle riserve e questo conta molto in prospettiva. Ti faccio un esempio…

Del Toro festeggiato dai tifosi messicani sulle strade francesi
Del Toro festeggiato dai tifosi messicani sulle strade francesi
Prego…

Il Tour non era iniziato bene, sapevamo che nella cronosquadre avremmo perso molto ma un componente del team è caduto e ha rotto la bici. Contavamo di perdere un minuto invece ne abbiamo incassati più di due. Isaac però non si è scomposto, ha detto solo che ci sarebbe stato da lavorare di più e così è stato.

E’ facile immaginare che le sue prestazioni abbiano scatenato le attenzioni dei grandi team intorno a lui…

Ce ne sono almeno 4 che gli fanno una corte serrata. Sui media è già uscita qualche anticipazione, ma per ora non ha preso ancora una decisione né tantomeno ha firmato nulla. Vuole pensarci bene, per scegliere la soluzione migliore per continuare a crescere.

Per il messicano si è aperta ora una vera asta tra squadre WorldTour
Per il messicano si è aperta ora una vera asta tra squadre WorldTour
Il Messico è solo Del Toro?

Intorno a lui si sta ridestando nel suo Paese l’attenzione per il ciclismo e posso già anticipare un altro nome del quale si sentirà parlare. Si chiama Carlos Garcia, è molto forte, solo che è completamente diverso da Isaac, è uno molto veloce, un vero sprinter. Anche nel suo caso sono i valori a dirmelo…

Messico 2022

Ugrumov, ma cosa ci fai in mezzo ai messicani?

09.06.2022
5 min
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Fra le varie rappresentative al via della Corsa della Pace Under 23 c’era anche il Messico. A dirigere la formazione centroamericana una vecchia conoscenza del ciclismo italiano, quel Piotr Ugrumov che ormai da tanti anni vive e lavora in Romagna, tanto che il suo accento della terra d’origine ormai si è mischiato con quello del posto. Vederlo nel nuovo ruolo è stata una sorpresa e dietro questo suo incarico c’è una storia che vale la pena di raccontare.

Ugrumov è stato contattato nell’estate scorsa da Alejandro Rodriguez, presidente dell’A.R.Monex, una formazione con un buon peso specifico soprattutto nella mountain bike per gestire i ragazzi di quella che può essere a buon diritto considerata la principale squadra messicana su due ruote. E parliamo di due ruote non a caso, perché il primo compito che è stato dato a Ugrumov è stato quello di far fare ai ragazzi ogni esperienza: «Quest’inverno hanno gareggiato anche nel ciclocross, io non lo avevo mai provato né mai visto, eppure ci siamo ritrovati non solo a fare le gare italiane ma a competere anche in Repubblica Ceka e in Belgio, in Coppa del Mondo. Una grandissima esperienza».

Ugrumov 2022
Ugrumov, lettone di 61 anni, da molto tempo in Italia, è stato sul podio al Giro e al Tour
Ugrumov 2022
Ugrumov, lettone di 61 anni, da molto tempo in Italia, è stato sul podio al Giro e al Tour
Come è nato questo contatto?

Mi ha chiamato direttamente Alejandro, ha messo in piedi questa realtà insieme ai fratelli Luis, che poi ha passato la mano e Roberto. Dietro c’è la Monex che è una banca messicana il cui presidente è un grande appassionato di ciclismo. Il mio compito è far crescere questi ragazzi facendo fare tutto ma tenendo sempre presente che la strada è quella che può dare loro un futuro, se mostreranno qualità e secondo me qualcuno di loro le qualità ce l’ha.

Come è nata la partecipazione alla Corsa della Pace? Quella è una manifestazione per nazionali…

Un giorno Alejandro mi ha detto che conosceva l’organizzatrice e poteva farci partecipare come nazionale messicana. Io non ero del tutto propenso, perché non avevamo preparato la gara e sapevo bene di che livello si trattava, parliamo di uno dei principali eventi mondiali di categoria. Era però un’occasione davvero imperdibile così ci siamo armati di coraggio e siamo andati.

Messico Corsa Pace 2022
Il miglior messicano alla Corsa della Pace è stato Del Toro, 44° a 13’43” dal vincitore Van Eetvelt (BEL) – Foto A.R.Monex
Messico Corsa Pace 2022
Il miglior messicano alla Corsa della Pace è stato Del Toro, 44° a 13’43” dal vincitore Van Eetvelt (BEL) – Foto A.R.Monex
Che riscontri hai avuto?

Nel complesso i ragazzi se la sono cavata bene, Del Toro ha chiuso una tappa al 16° posto, mentre Garcia è stato 15° in un’altra tappa. E’ chiaro che il livello era eccelso, tanto è vero che i ragazzi sono usciti davvero molto provati dalla corsa, ma è stato qualcosa che gli resterà dentro e servirà a farli crescere. Ora, dopo l’ultimo impegno in questa settimana a Riolo Terme, tireranno un po’ il fiato e andranno a ricaricare le batterie a Livigno.

Insieme a una formazione regionale ceka eravate l’unica formazione “privata” al via…

Eravamo una nazionale a tutti gli effetti. A questo proposito va detta una cosa: in questo momento la Federazione ciclistica messicana non c’è, l’Uci ha tolto la licenza e si attende ora di cambiare i vertici dell’ente. Resta però l’ordinaria amministrazione e la possibilità di farci gareggiare a livello ufficiale, ad esempio stiamo verificando la possibilità di prendere parte ai mondiali di mountain bike in Svizzera, i ragazzi hanno già ottenuto i punti necessari per iscriversi. Più difficile sarà andare a quelli su strada in Australia visti i costi, ma una speranza c’è…

Del Toro 2022
Isaac Del Toro ha 18 anni, è stato 13° a San Vendemiano ed è già qualificato per i mondiali di mtb (foto Elvigia.net)
Del Toro 2022
Isaac Del Toro ha 18 anni, è stato 13° a San Vendemiano ed è già qualificato per i mondiali di mtb (foto Elvigia.net)
Come si trovano in questa esperienza?

Sono in tutto 9 ragazzi, due juniores e gli altri tutti Under 23. Vivono insieme in una casa a San Marino, sono estremamente gentili ed educati ma soprattutto sono molto responsabili a dispetto della giovane età e della distanza dal loro Paese d’origine. Fanno tutto da soli, ognuno ha i suoi compiti, perfetti esempi di economia domestica.

Come se la cavano con l’italiano?

Vanno una volta alla settimana a scuola e piano piano cominciano a imparare, chiaramente vivendo insieme non hanno molte occasioni di esercitarsi. Io ho corso due anni in Spagna e così ho rispolverato un po’ il mio spagnolo…

Garcia 2022
Carlos Alfonso Garcia, 18 anni, è considerato un passista molto promettente (foto Twitter)
Garcia 2022
Carlos Alfonso Garcia, 18 anni, è considerato un passista molto promettente (foto Twitter)
Secondo te fra questi ragazzi c’è qualcuno che può proseguire nella propria carriera?

Io dico di sì, soprattutto visto come stanno imparando velocemente e stanno migliorando di conseguenza. Del Toro ad esempio è uno che in salita va forte, Garcia invece è un bel passista veloce. Parlando di loro bisogna anche avere chiaro un concetto: non è e non sarà mai la Colombia, dove c’è una vera cultura ciclistica. In Messico a fronte di 125 milioni di abitanti sì e no ci saranno 12 gare in tutto…