Wilier a gonfie vele. E si studia un modello urban

19.02.2021
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Andrea Gastaldello racconta il momento della Wilier Triestina dalla sede di Rossano Veneto, aggiungendo così una voce all’inchiesta di bici.PRO tra i produttori delle biciclette che equipaggiano i team del WorldTour. Come stanno andando le cose dopo il lockdown? Anche per il prestigioso marchio veneto, che fornisce le sue bici all’Astana-Premier Tech, si è registrato un boom di vendite al pari di quello che ha coinvolto i suoi competitor? E in che modo hanno fatto fronte alla penuria di componenti?

«Prima del lockdown di marzo 2020 – spiega – avevamo un buon magazzino, per cui nei 2-3 mesi successivi alla riapertura abbiamo avuto un fatturato storico. Un vero record di richieste, un’esplosione, come tutti in questo periodo possono testimoniare».

Felline e la sua Wilier 0 SLR in azione all’ultimo Giro
La Wilier 0 SLR all’ultimo Giro: bici per scalatori
Il grosso punto di domanda era legato alla durata dell’onda straordinaria, che però al momento parrebbe intenzionata a restare in alto.

Si pensava che dopo l’estate la situazione si normalizzasse, invece le richieste continuano e le consegne cominciano ad avere tempi abbastanza lunghi. Ormai abbiamo bloccato gli ordini per il 2021, perché la coda delle prenotazioni già fatte copre i prossimi 5-6 mesi. Per questo, a breve apriremo la presentazione dei modelli 2022 per consentire ordini a scadenza più lunga.

Quindi riuscite a consegnare ugualmente?

Avevamo fatto gli ordini a Shimano e ai telaisti con un bell’anticipo, per cui la nostra merce esiste. Non ne riceviamo meno, anzi di sicuro viaggiamo su numeri superiori a prima. Il fatturato è in aumento. La produzione è superiore di un buon 20 per cento, ma lo stesso non riusciamo ad avere tempi di consegna veloci.

Questo rosso ramato è un passaporto universale
Questo rosso ramato è un passaporto universale
Da chi è composto questo pubblico così numeroso?

Ci sono più fattori, un mix di persone che negli anni passati magari usavano la bici, poi avevano smesso. Quando però si sono resi conto che il ciclismo era l’unico sport praticabile, sono tornati al primo amore. A questo si aggiunga un dettaglio che magari hanno scoperto subito dopo e cioè che sul fronte del benessere fisico, la bici non teme concorrenza con nessuna altra disciplina.

Quindi non parliamo necessariamente di corridori…

Parliamo di tante anime diverse. Quelli che avevano la bici scassate e ne hanno cercata una migliore, ma anche i nuclei familiari che nel weekend andavano e vanno ancora a farsi qualche girata. C’è stato un cambiamento di cultura che speriamo possa durare anche quando la bolla inizierà a sgonfiarsi. Se siamo bravi, dobbiamo trasformare tutto questo in un volano che continui a girare. Si continua a parlare di mobilità dolce nelle città, seguendo l’orientamento europeo.

I tre fratelli Gastaldello, pilastri della Wilier Triestina
I fratelli Gastaldello, pilastri di Wilier Triestina
Tutto questo parlare di città e mobilità dolce fa pensare a un target diverso, però, rispetto al classico cliente di Wilier…

E’ chiaro che nel nostro caso è difficile immaginare di produrre bici da città. Quello che però abbiamo fatto è stato sposare l’elettrico sul lato sportivo, ma ammetto che stiamo mettendo su strada un modello urban che ha già avuto qualche piccolo riscontro. A tutto questo, si è aggiunta la gravel che viene usata per fare sport, ma anche per andare in giro in città. Il mercato si è molto allargato.

Pensi che il bonus bici sia stato d’aiuto anche per un marchio importante come il vostro?

Ne abbiamo avuto un ritorno anche noi sui modelli fra 1.000 e 3.000 euro. Sul momento fu una buona idea, perché diede fiducia e innescò il volano. Fu come se il Governo spingesse a comprare le biciclette. E devo dire che nell’idearlo si sono mossi in fretta.

La Jena è la nuova gravel con cui Wilier Triestina apre a un mercato meno corsaiolo
Jena, la gravel per aprire a un mercato meno corsaiolo
Elettrico, bici di gamma media, in che modo avere una squadra come l’Astana e una professional importante come la Total Direct Energie spinge il vostro prodotto?

E’ il richiamo fondamentale per dare appeal al prodotto sportivo di vertice. Parliamo di beni voluttuari, probabilmente non necessari, che si comprano per le emozioni che sanno trasmettere. La squadra e l’immagine del campione che corre su una Wilier crea attaccamento al brand e dell’altro serve anche a noi per testare i prodotti.

Come se la passano allora i vostri rivenditori?

Non so che cosa abbiano risposto gli altri, ma i nostri attraversano davvero un momento di grazia. C’era quello che navigava in cattive acque, che invece ora ha avuto un’iniezione di liquidità. Hanno tutti affrontato e scavalcato l’inverno a velocità doppia. Non si sa quanto durerà, ma di sicuro chi vende bicicletta ha vissuto un periodo molto gratificante.

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Il coraggio di Bianchi sta dando i suoi frutti

Il coraggio di Bianchi sta dando i suoi frutti

13.02.2021
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Bianchi cambia passo. Anzi, l’ha cambiato prima che il Covid prendesse forma e ora benedice la scelta. Nell’inchiesta che bici.PRO sta conducendo per raccontare il mercato della bicicletta nel post lockdown, la sua esperienza assume tratti molto interessanti. Ne parla Fabrizio Scalzotto, Ceo dell’azienda, che nel 2020 la rivista Forbes ha inserito fra i 100 manager più influenti d’Italia.

«Rispetto a quello che avete raccontato finora – dice – qui lo scenario è dissimile, grazie al fatto che da un certo punto in poi, siamo partiti con due stili diversi. Da un lato il Reparto Corse in cui vive l’alta gamma sportiva, dall’altro Life-E che rilegge il ciclismo attraverso l’uso quotidiano e che in questo periodo è fortemente sotto pressione. Se dicessi che avevamo previsto tutto, ovviamente mentirei. Ma lo abbiamo fatto e siamo molto contenti».

Fabrizio Scalzotto è il Ceo di Bianchi (foto Bianchi)
Fabrizio Scalzotto, Ceo di Bianchi (foto Bianchi)
Questo vi ha permesso indubbiamente di gestire meglio la criticità.

Ci ha permesso di dare risposte diverse. Il muscolare ha avuto un’esplosione iniziale nel basso di gamma. Gruppi come il Tiagra e il 105 sono introvabili ed è impossibile per questo fare pianificazione. L’alto di gamma è ugualmente in sold out a causa dei componenti che non arrivano, ma è più gestibile. Sono saltati fuori clienti da ogni angolo del mondo e la nostra fortuna è stata il fatto che fossimo in fase crescente e abbiamo avuto il coraggio di non bloccare niente quando il mondo si è fermato. Avevamo i magazzini pieni, quindi i ritardi nelle consegne non ci hanno toccato e non ci toccano come sta accadendo ad altri.

Tornando per un istante al basso di gamma, qualcuno dice che i clienti della prima ora dopo l’estate abbiano già acquistato bici di livello superiore.

Credo sia difficile poter fare una statistica, è ancora presto. Diverso invece con le e-Bike, dove il consumatore sta diventando più sofisticato. In questo senso abbiamo richiesta crescente.

Dal 2021, Bianchi equipaggia il Team Bike Exchange (foto @greenedgecycling)
Dal 2021, Bianchi con il Team Bike Exchange (foto @greenedgecycling)
E’ possibile dividere le quote di mercato fra elettrico e bici tradizionale?

Bianchi è ancora fortemente legata alla sua base road, per cui si può dire che siamo 60-40 a favore delle bici tradizionali, ma l’elettrico si sta avvicinando.

Avere la squadra WorldTour, quest’anno la Bike Exchange, a cosa serve?

Il discorso ha due facce. Da un lato ci serve per avere i feedback dei professionisti sui nostri prodotti. Le bici hanno bisogno di essere collaudate al massimo livello per mettere alla prova le innovazioni. Contestualmente c’è il ritorno di immagine, che è molto potente e varia da Paese a Paese, in base alle sensibilità. Il fatto di aver puntato su un team australiano ovviamente ha alle spalle motivazioni commerciali, per il tipo di espansione che stiamo vivendo laggiù.

Il professionista è un buon veicolo anche per promuovere l’elettrico?

Si può provare a mettere un campione su una di queste bici per far vedere che la usa, ma di base non è un personaggio troppo adatto. Diverso in Nord Europa, dove si vince facile. Siamo brand di riferimento e per il lancio di e-Omnia abbiamo scelto Rosberg. Il fascino del pilota di Formula Uno, oltre al fatto che Nico è imprenditore e consulente nel settore della sostenibilità e della mobilità elettrica, ha dato ottimi frutti.

Per il lancio di e-Omnia, testimonial di eccezione è stato Nico Rosberg (foto Bianchi)
Per il lancio di e-Omnia, testimonial di eccezione è stato Nico Rosberg (foto Bianchi)
In Nord Europa si vince facile…

L’Italia invece è immatura, non gli italiani. Mancano totalmente le infrastrutture, altrimenti lo scenario sarebbe differente.

Il Bonus Bici è stato in qualche modo vantaggioso?

Di sicuro per i nostri punti vendita, dove ha portato gente e momenti di panico. Il click-day è stato a suo modo un evento.

A proposito di punti vendita, c’è chi auspica che il negozio di bici diventi un punto di aggregazione. In tempi non sospetti avete lanciato i Bianchi Cafè, ma…

Siamo stati visionari con quel tipo di operazione, ma è stato prematuro per il mercato italiano. Non siamo riusciti a far cogliere la portata del vivere la bicicletta in quel modo, il parlarne che di fatto nei negozi c’è sempre stato. Così prima abbiamo scisso gli ambienti, poi abbiamo parcheggiato l’iniziativa. Era un’operazione di marketing, che riprenderà.

Qual è quindi ad ora il quadro dei negozi?

E’ molto complesso. Si sta scavando la selezione fra l’imprenditore con investimenti, strumenti finanziari e capacità di rischio e il meccanico all’antica, che è in sofferenza e non riesce ad adeguarsi. Paradossalmente vanno meglio quelli entrati dopo. Ma la bottega non è condannata, semmai è destinata a specializzarsi. Ci saranno punti vendita e punti di servizio, con il piccolo indipendente che dovrà fare della riparazione il suo business. In questo momento di carenza di pezzi di ricambio, chi è capace di riparare fa la differenza.

Ai corridori del team, la Oltre Xr4 e la Specialissima (foto @greenedgecycling)
Al team, la Oltre Xr4 e la Specialissima (foto @greenedgecycling)
Un passo indietro: come mai la scissione fra Reparto Corse e Life-E?

Una soluzione caduta al momento giusto. Non volevamo inquinare il marchio Bianchi con l’elettrico. Quando si parla di noi, il primo riflesso è citare Coppi e Gimondi: la bici celeste. Pur restando legatissimo a quella storia, il nostro lavoro oggi è smantellare l’hard core del brand puntando alla modernità. Per questo, Reparto Corse Bianchi non poteva convivere con la spinta del nuovo mercato, perché il solo nome è un valore storico. Oggi come oggi siamo l’azienda che ha aderito ad Ancma da più anni. Forse quello che ci manca è la capacità di trasmettere il nostro valore. Non abbiamo niente da invidiare a Specialized, il nostro bacino a livello mondiale è superiore, siamo un brand radicato.

Quanto conta saperlo trasmettere nel mondo social?

Conta per il 99% di ogni campagna. Sui social affianchiamo alla comunicazione sui prodotti anche spunti di lifestyle, a livello di visibilità non siamo secondi a nessuno. Abbiamo creato un team di marketing che va ad intercettare un bacino enorme, in un momento in cui si deve prevalere ai più alti livelli. Ed è questo il motivo per cui stiamo incrementando la produzione italiana. Perché è vero che la proprietà è svedese, ma lo stesso Salvatore Grimaldi (titolare di Bianchi, ndr) vuole che il marchio resti ancorato all’eccellenza italiana e a Treviglio. Nel nuovo stabilimento produrremo centinaia di migliaia di nuove biciclette. Davvero questa fase non ci ha fatto tremare poi molto.

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Fornaciari, Bonanomi, cosa fa Merida Italy?

Fornaciari-Bonanomi: cosa fa Merida Italy?

10.02.2021
6 min
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Oggi la nostra call ci mette davanti a Paolo Fornaciari e Gianluca Bonanomi di Merida Italy. Il quadro del mercato post lockdown si va componendo con tratti comuni e criticità personalizzate, un po’ come accade quando si va a comprare una bicicletta davanti alle specifiche delle singole aziende. Dopo Ermanno Leonardi, Cristiano De Rosa e Simone Maltagliati, ecco Merida. La casa madre è un vero colosso, per cui capire in che modo si sia mossa e si stia muovendo farà luce anche sulle realtà minori. Il focus di partenza è lo stesso: che cosa sarà di quest’onda così alta di mercato nelle aziende che hanno nel WorldTour la vetrina principale?

«Andrà a crescere – comincia Bonanomi, Sales Director di Merida Italy – soprattutto per i marchi importanti. C’è più richiesta di tutto, componenti e biciclette. E aziende come la nostra ne avranno certamente vantaggi a lungo termine».

«Eppure all’inizio – gli fa eco Fornaciari, Presidente e Ceo di Merida Italyla tentazione di fermarsi c’è stata. Se avessimo mantenuto i programmi com’erano, ora avremmo più merce da vendere. Ci siamo resi conto della situazione dopo qualche mese e ora è chiaro: non si tratta di una bolla».

Paolo Fornaciari è Presidente e Ceo di Merida Italy
Paolo Fornaciari è Presidente e Ceo di Merida Italy

Andiamo avanti a tre voci per un viaggio che si annuncia molto interessante: la carne al fuoco è davvero tanta.

bici.PRO: L’elettrico recita davvero la parte del padrone?

Bonanomi: «E’ in crescita esponenziale e durerà a lungo, si parla di un trend di 10 anni. Le city bike sono in grande crescita e anche Merida ha iniziato a mandare fuori nuovi modelli. Di fatto la Mtb elettrica sta sottraendo quote di mercato alla bici tradizionale. E quando fra tre anni, peseranno 3-4 chili in meno e avranno batterie più durevoli, a quel punto il sorpasso sarà inevitabile».

La messa a punto delle bici al training camp del team Bahrain Victorious
Messa a punto al training camp Bahrain Victorious
bici.PRO: Il nuovo cliente va in cerca della bici a buon mercato?

Fornaciari: «Il nostro parco bici parte da gamme già piuttosto alte. Una bici da corsa non costa meno di 3.500 euro. Certo, se ne producessimo di più economiche, faremmo certo volumi maggiori, perché verrebbe fuori la massa. Ma ogni azienda fa la sua politica: la nostra punta alla qualità».

Bonanomi: «E’ vero, target alto. Però ad esempio per l’elettrico, a fronte delle grandi richieste, sta arrivando una city bike elettrica con la batteria esterna, che costerà 2.600 euro. I rivenditori la richiedono e Merida in questo ha ritenuto di accontentarli».

bici.PRO: Dicono che i clienti della prima ora sono passati alla svelta dalla bici a buon mercato a quella di gamma superiore.

Fornaciari: «La bici per questo è una… droga. Cominci, senti che ti fa stare bene e ti viene il tarlo di migliorare».

Sponsorizzare il Team Bahrain Victorious è una vetrina molto importante
Sponsorizzare il Team Bahrain resta importante
bici.PRO: Succede anche nell’elettrico?

Fornaciari: «C’è una ricerca esasperata delle prestazioni. Nessuno vuole più la batteria da 500, sembra di parlare di moto. Peso. Durata della batteria. Potenza. Gente che si è documentata, un pubblico completamente diverso. Chi prima arriva a garantire certe prestazioni farà bingo. E non saranno i 500 euro in più a fare la differenza. Non la comprano perché l’elettrica è a zero emissioni, ma per le prestazioni. Da questo punto di vista, il mercato è cambiato molto e temo che i piccoli player non reggeranno l’urto. La bici elettrica costa molto di più».

bici.PRO: Il ritardo nell’arrivo dei gruppi da Taiwan frena anche voi, che siete la casa madre?

Bonanomi: «Abbiamo ritardi di 3-4 mesi. Abbiamo fatto da poco una riunione con Taiwan e ci hanno assicurato che da marzo dovrebbe andare meglio».

Fornaciari: «Semplicemente, a Shimano manca la manodopera a fronte di richieste quattro volte superiori. Merida ha con loro un legame molto forte, per i motori e per i gruppi. Lavoriamo davvero in minima parte con Sram».

L’elettrico vale per lo sport, ma anche per le city bike, in forte aumento (foto Merida)
L’elettrico spopola anche per le city bike (foto Merida)
bici.PRO: Però intanto si annunciano i nuovi gruppi e i vecchi devono ancora arrivare…

Bonanomi: «Abbiamo proprio cominciato da poco a discutere dei nuovi modelli. A ottobre avremmo dovuto fare l’ordine della gamma 2022, ma abbiamo aspettato per lasciare tempo ai negozi. Dal 17 febbraio però partiremo con il 2022 rispettando i tempi che ci hanno dato da Taiwan. Il guaio è che abbiamo ricevuto da poco le conferme per gli ordini 2021. E’ saltato il banco e stanno riprogrammando i montaggi, con l’inevitabile ritardo».

Il mondo elettrico più spinto ha le stesse prerogative del settore moto
Il mondo elettrico più spinto ha le stesse prerogative del settore moto
bici.PRO: Come se la passano secondo voi i negozianti?

Bonanomi: «Fanno fatica. Quelli che hanno fatto programmi e hanno ordinato 100 bici, non possono sperare di averne di più. Per questo è fondamentale uscire con la programmazione 2022, per potersi mettere a posto, ma non è facile non avendo ancora ultimato le consegne 2021».

Fornaciari: «E’ brutto da dire, ma la sensazione è che i piccoli negozi spariranno. Non riescono a reggere le programmazioni che vogliamo noi. Il piccolo non serve dal punto di vista strategico, perché l’asticella si sta alzando verso l’alto. E adesso neanche possono salvarsi con l’officina, perché non ci sono pezzi di ricambio sul mercato. Avevamo delle bici ferme nei cartoni, per ordini sbagliati. E’ arrivato un grosso rivenditore e se le è comprate tutte, anche per recuperare i pezzi».

Gianluca Bonanomi è Sales Director di Merida Italy
Gianluca Bonanomi è Sales Director di Merida Italy
bici.PRO: Da un certo punto di vista, il quadro è inquietante. Motori e cavalli. Botteghe artigianali destinate a chiudere. Avere una squadra WorldTour serve ancora?

Fornaciari: «E’ fondamentale, direi essenziale. Se non ci fosse, perderemmo completamente visibilità nel mercato della strada».

bici.PRO: Seguendo le vostre indicazioni, è un mercato che ha futuro?

Bonanomi: «L’elettrico tira molto, l’anno prossimo ci saranno altri modelli e ci aspettiamo che il settore aumenti ancora. Tutte le aziende sono allineate su questa politica, ma noi stiamo puntando molto anche sulla bici tradizionale, la muscolare. Per il 2022 abbiamo fatto un grosso sforzo. Abbiamo tirato fuori la nuova Reacto e arriverà anche la Scultura con i cavi interni e il manubrio integrato. Il pubblico degli appassionati ci sarà sempre. E del resto la bici muscolare è quella su cui si può lavorare di più nell’innovazione. L’elettrica è solo un fatto di motore e batteria».

Maltagliati: bene i pro’, ma puntiamo sull’urban

08.02.2021
5 min
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Dice Simone Maltagliati, Brand Manager di Cannondale, che il fatto di avere la produzione in Olanda sta permettendo al marchio americano di passare a gonfie vele attraverso questa concitata fase del mercato. La produzione, aggiunge, e il magazzino.

«Pertanto se ci si rende conto che mancano i gruppi per i modelli in ordine – dice – e la prospettiva di consegna è troppo lunga per aspettarsi che il cliente tenga duro, si smontano i gruppi dalle bici non richieste e si completano gli ordini. Se invece devi aspettare di ricevere la bici completa, questo tipo di flessibilità puoi scordartela».

Simone Maltagliati è Brand Manager di Cannondale Italia
Simone Maltagliati, Brand Manager di Cannondale Italia

Prosegue dunque con Cannondale (marchio che con Schwinn, Gt e Caloi fa parte del gruppo Dorel, quotato alla Borsa di New York), la serie degli incontri, inaugurata con Ermanno Leonardi di Specialized e Cristiano De Rosa, per capire in che modo i principali brand del mercato ciclistico – quelli che forniscono le bici ai team WorldTour – stiano gestendo il boom post lockdown. Va bene l’euforia del momento. Va bene l’aver raddrizzato in due mesi lo stallo dovuto alla chiusura totale. Ma se ad oggi non si riesce ad assecondare le tante richieste, qual è la prospettiva a lungo termine? Si esauriranno gli ordini già presi e poi si tornerà a un livello normale, oppure si andrà avanti a macinare record?

«Credo che questo livello di mercato – prosegue Maltagliati – andrà avanti per anni, perché non c’è solo il settore corsa e per contro si è avviato un processo legato alla mobilità urbana. Su questo in Italia eravamo parecchio indietro, dal punto di vista delle bici e delle infrastrutture. Non so se vi sia mai capitato di viaggiare in treno in Olanda e nei Paesi del Nord Europa. Bene, quando uscite dalla stazione, vi trovate davanti quegli immensi parcheggi di biciclette. Il termine di questa situazione lo avremo quando avremo riempito di bici i parcheggi delle nostre stazioni. Che magari nel frattempo saranno stati costruiti…».

Al Giro d’Italia 2020, la Ef Pro Cycling ha sfoggiato su Cannondale nuove grafiche
Al Giro 2020, Ef Pro Cycling su Cannondale
Come dire che il mondo Cannondale non si limita al corsa ma esplora anche gli altri ambiti?

E’ sotto gli occhi di tutti che siano entrati ed entreranno nuovi consumatori, il processo non si è esaurito. Servirà ancora un paio di anni per soddisfare le richieste attuali e nel frattempo ci stiamo attrezzando per aumentare la capacità produttiva. E questo è un segnale che dice molto. Se Cannondale fosse certa che si tratti di una fiammata, non farebbe un investimento di questo tipo.

Parliamo di produzione europea?

Certamente, anche se adesso è frenata dalla componentistica che non arriva. E non parlo solo dei gruppi, sebbene sia risaputo che Shimano e Sram siano in affanno. Abbiamo i telai, ma basta un pezzo che manca e la catena si ferma. Possiamo aspettare, abbiamo il tipo di flessibilità di cui si parlava prima. Cerchiamo di reagire così.

Si sta affermando una nuova categoria di ciclisti urbani che ha bisogno di infrastrutture (foto Cannondale)
Sta nascendo una nuova leva di ciclisti urbani (foto Cannondale)
Ci si poteva aspettare che da qualche parte si creasse una strozzatura?

Forse sì. I fornitori di componentistica sono fermi, ma non si può dire che sia tutta colpa loro. Si sono trovati con meno lavoratori e con tanti punti di domanda. Le aziende all’inizio hanno avuto paura. Non avevano idea di come avrebbe reagito la gente, che invece ha cominciato a fare ogni tipo di sport outdoor. E la bicicletta è finita nuovamente al centro del discorso, sia per l’aspetto sportivo, sia per quello della mobilità urbana.

Sul primo forse eravate più ferrati, la Ef Education-Nippo è un bel veicolo promozionale. Sul secondo invece?

E’ stata ampliata la gamma urban, con il prezioso riferimento dei Paesi del Nord Europa, registrando nel frattempo una prima risposta anche in Italia. Il consumatore ha capito che la bicicletta per spostarsi ogni giorno deve essere ben fatta, comoda e funzionante, affinché andare al lavoro e anche a passeggio sia una bella esperienza. Inevitabilmente questo significa che parliamo di biciclette costose, in un Paese in cui mancano totalmente le infrastrutture e i furti sono all’ordine del giorno.

La stazione di Amsterdam e il suo deposito bici coperto sono un riferimento (foto Bike Italy)
La stazione di Amsterdam e il suo deposito coperto (foto Bike Italy)
Triste verità…

I parcheggi delle stazioni di cui abbiamo già detto sono una provocazione, ma fino a un certo punto. Voi lascereste una bici di valore incatenata per strada sotto l’ufficio, esposta alla pioggia e ai furti? Nelle nostre città le rubano. E rubano anche quelle di poco valore, c’è un giro di bici rubate a 50 euro. Per cui mancano le ciclabili, mancano i depositi sicuri e chi ha investito su una bici, magari anche una e-Bike è scoraggiato dall’usarla.

L’identikit è quello di un ciclista tutto nuovo, giusto?

Ci sono quelli con una lunga tradizione alle spalle che hanno avuto la conferma delle loro abitudini e magari hanno aggiunto la bici per spostarsi in città. E poi c’è gente che si è avvicinata dopo il lockdown, un potenziale che ha fatto crescere il mercato attuale e sta formando la base per quello del futuro.

Sul fronte corsa, il mondo dei pro’ resta comunque trainante
Sul fronte corsa, il mondo dei pro’ resta trainante
Fra le voci di mercato, a un certo punto sembrava si parlasse soltanto di e-Bike e gravel…

Il gravel è stato ed è ancora un gran bel boom. Dà stimoli diversi a persone che per dieci anni hanno vissuto il ciclismo sempre allo stesso modo e magari, non potendo più uscire in gruppo, hanno scoperto una dimensione diversa, fatta di altri spazi, di natura, addirittura di bike packing. L’estate scorsa, c’è stato un notevole aumento di vacanze in autonomia.

Non solo corsa, dunque, conferma?

Lo spirito agonistico in Italia è notevole, i professionisti sono ancora un riferimento. Ma se le Gran Fondo non ripartono e le stesse corse fanno fatica a trovare continuità, ecco che la pandemia ha aperto nuovi orizzonti sui quali vale la pena investire. Anzi, sarebbe miope non farlo.

Bene le aziende, ma i negozi? Sentiamo Francesconi…

06.02.2021
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Quando Ermanno Leonardi di Specialized ci ha parlato di negozi troppo piccoli per reggere l’impennata del mercato e di altri che invece si sono allargati destinando addirittura all’elettrico uno spazio autonomo, ci è scattata la curiosità di capire di chi stesse parlando e tirando il filo siamo arrivati da Cicli Francesconi di Salvirola, in provincia di Cremona (in apertura l’inaugurazione del novembre 2018). Qui il professionismo sta nella scelta dei marchi e dei relativi modelli, tutti livellati verso l’alto. Tanto che con un po’ di fantasia e guardando le bici esposte, si ha la sensazione di un raduno di partenza WorldTour.

Il signor Pierluigi è il comandante della nave e per parlarci è necessario aspettare l’orario di chiusura e semmai quello della riapertura dell’indomani alle 7 del mattino, altrimenti è davvero difficile strapparlo ai clienti che fanno la fila per avere il suo consiglio.

Cicli Francesconi: l’architettura di una cascina della Pianura Padana, per il tempio della bici
Per Cicli Francesconi, l’architettura di una cascina
Che cosa chiedono?

Di questi tempi chiedono se abbiamo la bici per accontentarli, poi se c’è lo sconto, infine quanto tempo serve per la consegna. Finora siamo riusciti ad accontentarli quasi tutti. E il quasi dipende da dettagli come la colorazione. Arrivano che sanno già quale modello vogliono, sul colore c’è da vedere.

Siete ancora in pieno boom post lockdown?

Decisamente e ci salviamo perché abbiamo programmato bene gli acquisti. Altri colleghi che allo scoppiare della pandemia hanno avuto paura, ora sono a inseguire, ma è difficile. Come in corsa, quando va via la fuga…

Voi non avete avuto paura?

Quando si è cominciato a parlare di lockdown, io ero alle Canarie in bicicletta. Avremmo potuto chiuderci a riccio e sarebbe stato legittimo, ma abbiamo scelto di continuare con gli ordini fatti e la scelta ora sta pagando.

La selezione da Francesconi avviene puntando su marchi e modelli di alta gamma
Francesconi fa selezione sull’alta gamma
Sono davvero spuntati clienti nuovi come funghi?

C’è tanta gente nuova. Magari non ciclisti improvvisati con la bici tirata fuori dalla cantina, ma ad esempio le persone cui hanno chiuso le palestre. C’è anche gente che ha cominciato a usare gli attrezzi in casa, ma dopo un po’ si è stancata. Come quando hai la piscina, ma non riesce a fare le vasche che faresti con un allenatore. Si sono tutti accorti che i ciclisti sulle strade c’erano ancora, sia pure isolati e non più in gruppi. E si sono chiesti: come sarà andare in bicicletta?

Come è fatto il nuovo cliente che viene da voi?

Per i marchi che abbiamo e il target dei prodotti, abbiamo fatto una selezione in partenza. Per noi la bici da corsa parte da 2.700 euro e la mountain bike, che ha più variabili, dai 600. Non abbiamo l’economico a tutti i costi. Chi viene qua sa di dover spendere e ha bisogno di tutto, dalla bici all’abbigliamento. E avendo soltanto Castelli e Assos, anche per vestirsi c’è da investire.

Li vedete una volta e poi più?

No, no, tornano sempre. Hanno scoperto la bici. L’hanno comprata per la curiosità di cui abbiamo detto e forse non erano neppure troppo convinti. Invece la bici è contagiosa, lo sappiamo bene. Così sono tornati per prendere la seconda, quella più bella. La prima, quella da 2.700 euro, la tengono a casa sui rulli. Il ciclismo fa star bene, si capisce subito.

A proposito di rulli, la richiesta è calata o sono ancora richiestissimi?

Si vendono ancora. Abbiamo fatto la scelta di tre marchi e anche se meno rispetto alla primavera, li chiedono ancora.

Anche per abbigliamento e accessori, da Francesconi soltanto il top di gamma
Anche per abbigliamento e accessori, soltanto il top di gamma
Diciamo che al netto del dramma, la situazione per voi appare florida.

Il dramma c’è stato e qui vicino lo abbiamo toccato con mano. Ma a un certo punto dipende da come vedi il problema. Puoi fartene schiacciare o cogliere l’opportunità.

Il bonus biciclette vi ha aiutato?

Abbiamo aderito alla prima ondata, non alla seconda in cui davano il voucher. Siamo in provincia di Cremona, lontani dai giri delle grandi città. Gli abitanti non sono tantissimi e non avendo comunque bici economiche, il flusso sarebbe stato minimo.

Prima ha parlato di negozi che hanno avuto paura.

E ho detto che era legittimo. Più o meno ormai sono ripartiti tutti, hanno preso quello che veniva e venduto tutto quello che avevano. Anche bici per le quali non avevano le necessarie competenze. Il problema alcuni lo avranno nei prossimi mesi, perché le aziende non riescono a consegnare e si ricorderanno di quelli che inizialmente hanno respinto gli ordini o non hanno pagato.

Francesconi, una famiglia numerosa e unita
Francesconi, una famiglia numerosa e unita
In che modo l’elettrico si è inserito in questo movimento?

Ha fatto e sta facendo la differenza. Anche per questo settore, abbiamo scelto di trattare soltanto l’alta gamma. Non abbiamo preso modelli e marchi economici. Abbiamo aperto il primo Turbo Store d’Italia, in quell’intervista Leonardi parlava di noi: un punto vendita e l’officina dedicate soltanto alle e-Bike Specialized. Le altre invece sono nel negozio principale.

E’ vero che Shimano sta per uscire con i nuovi gruppi e si rischia che le bici con quelli vecchi vengano respinte dalla clientela?

Non se ne sa nulla. Siamo Shimano Service, sappiamo che c’è qualcosa nell’aria, ma non si sa niente dei tempi. Magari per loro sarà il segreto di Pulcinella, ma ad ora sappiamo che il Dura Ace è quello che c’è in catalogo e lo stesso per l’Ultegra.

De Rosa, come si conquistano i ciclisti post lockdown?

04.02.2021
5 min
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Quello che è successo negli ultimi mesi, il lockdown e l’impossibilità di fare programmi attendibili è servito a schiodare un meccanismo e un modo di pianificare il lavoro che secondo Cristiano De Rosa non apparteneva alla cultura italiana.

«A marzo si presentava la collezione – dice – a giugno si facevano gli ordini e a settembre eravamo nei negozi. Un cliché molto americano o tedesco, che risente del fatto che per i telai in carbonio c’è bisogno di una pianificazione più lunga. Ma per noi che abbiamo anche quelli di metallo e li costruiamo in casa, significava avere le mani legate. Per cui è stata una soddisfazione poter presentare qualche modello al di fuori da questi schemi. Parlo dell’Hera Gravel in titanio e l’Anima. Quanto durerà? Non credo si possa parlare di un’onda destinata a calare. Piuttosto, vista la quantità di persone che hanno scoperto la bicicletta dal lockdown in avanti, parlerei di un mercato in crescita».

Cristiano De Rosa con suo padre Ugo, che fondò l’azienda nel 1953
Cristiano De Rosa con suo padre Ugo, che fondò l’azienda nel 1953

Seconda puntata

Prosegue la galleria di incontri che bici.PRO dedica agli attori protagonisti nel mercato delle biciclette del WorldTour. Nel post lockdown si sono trovati a fronteggiare una situazione certamente inattesa, che ha proposto loro una sfida estremamente stimolante. Quella di allargare subito e in modo quasi violento il proprio bacino di utenti, cercando di accontentare tutti senza venir meno al proprio ruolo di riferimento. Dopo aver parlato ieri con Ermanno Leonardi di Specialized, è oggi la volta di Cristiano De Rosa dell’omonima azienda milanese, che equipaggia la francese Cofidis.

Singolare e un po’ triste che per lanciare così forte la bici sia servito un periodo così buio…

E’ quello che stavo per dire, cerchiamo almeno di prendere il buono. Negli ultimi sei mesi, abbiamo consegnato quello che normalmente era previsto fino a metà 2021. Quello che è poco simpatico è trovarsi a consegnare a 6 mesi perché mancano ad esempio i componenti. Non è rispettoso nei confronti del cliente.

In che modo questo nuovo mercato incide sulla vita di De Rosa?

Il lato della mobilità dolce non ci compete, ma il bello dell’andare in bici è affar nostro. Dipenderà da come sapremo organizzarci anche sul piano della comunicazione. Dovremo essere bravi a dare sempre il prodotto giusto senza farci prendere dall’entusiasmo di cavalcare l’onda. Lontani da dichiarazioni che sembrino un po’ ridondanti. Ieri per la prima volta da tempo sono andato a farmi una salita di 20 chilometri. E il piacere di uscire dopo il periodo in zona rossa è qualcosa che dobbiamo essere capaci di trasmettere.

Il neofita post lockdown, prima va da Decathlon e poi semmai arriva nella vostra boutique…

Sicuramente, si sta componendo una base di praticanti che va osservata. Ci saranno sicuramente quelli che vorranno fare il passo successivo, perché magari avranno apprezzato la bici bella in mano a un compagno di uscita, oppure il gusto della velocità. Di sicuro, proprio in riferimento alle belle bici e alla velocità, non ci meritiamo le brutte strade su cui pedaliamo.

Christophe Laporte ha vinto con De Rosa la prima tappa dell’Etoile de Besseges a Bellegarde
Laporte ha vinto su De Rosa la 1ª tappa dell’Etoile de Besseges
Come si fa a intercettare il nuovo pubblico?

Ci sono due modi, a mio avviso. I social, di cui si deve fare un uso accorto. E poi i negozi, che devono sempre più convertirsi in una community. Luoghi in cui si facciano interventi meccanici, ma dove i meno esperti possano entrare in contatto con chi va in bici da più anni e può raccontare di percorsi, strumenti, metodi di allenamento, come vestirsi, quali rapporti scegliere. Il ciclismo è passato dall’essere uno sport di sola fatica a essere figo e contemporaneo. Se si riesce a portare questa percezione nei negozi, ecco il secondo canale di cui parlavamo.

Eppure De Rosa sta riducendo i punti vendita sul territorio italiano, come mai?

La rete vendita si è molto assottigliata, perché ci piace interagire direttamente con i consumatori. Nel nuovo sito c’è la possibilità di dialogare quotidianamente con noi, creare anche appuntamenti virtuali. Parlare con l’utilizzatore è il modo più giusto, poi tutto passa alla rete vendita. La nostra Newsletter ha 45 mila iscritti e questo ci permette di valutare l’impatto delle azioni che facciamo, che cosa vogliono sapere, che cosa possiamo dire e con quali persone farlo. Ieri ero con il direttore di un grande negozio e mi diceva che arrivano persone confuse, che fanno domande che ti spiazzano. Il negoziante deve essere bravo a gestirle.

L’Anima (nella foto) e la Hera gravel in titanio sono state presentate al di fuori delle fiere
L’Anima in titanio è stata presentata al di fuori delle fiere
La mobilità dolce non è affar vostro, ma siete arrivati anche voi sull’e-bike.

All’inizio non ero troppo favorevole, ma ci siamo tutti resi conto che la pedalata assistita ha portato un gran numero di persone nuove, soprattutto dopo il lockdown, meritevoli di attenzione come tutti gli altri. Lo stesso si può dire ad esempio per la Gravel. Bisogna essere sul pezzo, la durata di questo fenomeno dipende da noi.

Come la mettiamo con la fornitura di gruppi dall’Oriente?

E’ ancora pesante, con un’aggravante supplementare. Shimano sta per uscire con i nuovi modelli e la gente fra un po’ vorrà il nuovo Dura Ace e non saprà cosa farsene del vecchio. Sono componenti costosi, per cui non si può prendere in giro il cliente, proponendo i gruppi vecchi. Anche le nostre bici costano parecchio ed è facilmente immaginabile che se qualcuno riesce ad affrontare il sacrificio per comprarne una, ha il diritto ad avere tutto il meglio.

Leonardi, quale futuro per il mercato della bici?

03.02.2021
5 min
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Durante il lockdown, nella fase più buia in cui si faceva fatica a vederne l’uscita, Mike Sinyard aprì il collegamento del giovedì con un concetto che ad Ermanno Leonardi, il grande capo di Specialized Italia, sembrò fin troppo ottimistico.

«Appena calerà questa tensione – disse il fondatore del brand americano – la gente non andrà in palestra, perché non avranno voglia di sudarsi addosso e comunque le palestre saranno chiuse. Non andrà in piscina, perché l’acqua è un veicolo di contagio e comunque anche le piscine saranno chiuse. Non andrà in vacanza o comunque si sposterà molto meno, per la paura di prendere treni o aerei. Il running non è per tutti. State tranquilli, perché la gente correrà a comprarsi una bicicletta».

Ermanno Leonardi con Peter Sagan, uno dei volti più potenti e noti del brand americano
Leonardi con Sagan, testimonial del brand americano

Nuova gente

Iniziamo con questo articolo un viaggio fra gli operatori del settore e i produttori per capire in quale direzione stia filando il mercato della bicicletta. Ci siamo effettivamente resi conto che sulle strade sono spuntati soggetti di ogni forma e preparazione. Con biciclette tirate fuori da scantinati, comprate nella grande distribuzione o acquistate in negozio con l’istinto iniziale di spendere poco. Quando li incontri, fanno domande su tutto: dalla bici all’abbigliamento, passando per l’alimentazione e i materiali. Sono i neofiti figli del lockdown, che si sono riversati sulle strade e sul mercato con entusiasmo e curiosità. Come si stanno attrezzando le aziende che fino ad oggi avevano la loro forza nell’agonismo più spinto? In che modo pensano di intercettare la domanda di un popolo a pedali che magari non sa ancora chi siano Sagan e Alaphilippe e forse ha sentito parlare di Nibali, avendolo visto in tivù da Fazio e poco altro?

Global call

Leonardi sorride, il capo aveva visto giusto. Ancora una volta la sua visione si è rivelata vincente, malgrado lo scetticismo dei primi sguardi.

«Si era inventato una cosa chiamata Global Call – spiega – in cui tutti i giovedì avevamo il nostro link e ci trovavamo tutti nella stessa stanza virtuale. In tutto il mondo siamo 1.500 dipendenti, una sera ho visto che eravamo connessi in 1.342. Parlava lui per cinque minuti, in una sorta di piccola introduzione, poi toccava a noi. E quel giorno onestamente anche a me sembrò una previsione troppo ottimistica, ma non lo era affatto…».

E adesso pensi che l’onda sia destinata ad afflosciarsi?

Faccio fatica a pensarlo, non fosse altro per la coda di attesa del prodotto. Credo che ci sia almeno un anno di respiro, se non addirittura due. E se a noi le cose vanno particolarmente bene, c’è un motivo preciso.

Non farti pregare…

Non abbiamo fatto togliere nulla dalla produzione e abbiamo dovuto prendere un magazzino doganale a Linate, in cui entravano direttamente i treni in arrivo dal porto di Genova, perché quello storico di Specialized era pieno di accessori. Scaricano in continuazione e si paga il dazio ogni volta che la merce entra in Italia. Bene, noi chiudiamo l’anno fiscale a giugno come in America. E sebbene siamo stati chiusi a marzo e aprile, riaprendo a maggio come i negozi, fra maggio e giugno abbiamo recuperato in abbondanza quello che avevamo perso nei due mesi di ferma. Chiudendo soltanto in quei due mesi (maggio e giugno) con un fatturato di 22 milioni di euro.

Alla mentalità race italiana si va unendo una spinta all’uso della bici come modello di benessere
La bici è race, ma anche benessere
Un magazzino più grande, ma la rete vendita si lamenta che non ci sono bici…

Lo dicono, ma non dicono tutta la verità. Abbiamo consegnato un 35% di bici più del solito e ne hanno venduto il 50% in più. Gliene mancano 15 su 100, ma si tratta comunque di molto più di quanto avrebbero venduto a cose normali. Sinyard in questo è stato bravo una volta di più, non cancellando gli ordini dei componenti.

Quindi l’imbuto è ancora in Oriente?

Il problema è che la manodopera di Taiwan ormai costa come da noi. Ci lavorano filippini e indiani che, allo scoppiare della pandemia, sono stati rispediti a casa e non li hanno più fatti rientrare. Il risultato è che stanno lavorando a dire tanto con il 70% della forza lavoro, quando per stare dietro a tutti gli ordini ne servirebbe il 150%. La coda nelle consegne durerà almeno un altro anno, anche perché nessun negozio nel frattempo ha cancellato gli ordini. E l’elettrico, venuto fuori nel frattempo, ha aiutato a coinvolgere nel discorso persone di mezza età che altrimenti non si sarebbero mai avvicinate a una bicicletta.

In pratica si può dire che il mercato sia esploso?

E’ proprio così, nel segno della tecnologia e del benessere. Prima la bicicletta era fra le terapie suggerite dai medici, adesso è praticamente l’unica, visto che le palestre e le piscine sono effettivamente chiuse. E la corsa a piedi, se non l’hai mai fatta, porta acciacchi e dolori che non vi dico. La bici è entrata nella cultura fitness, non è più solo un mezzo da gara. E’ diventata un oggetto che piace.

E’ stato o sarà necessario ampliare la rete vendita?

Abbiamo rivenditori che stanno vivendo un ottimo momento. Vorremmo fare qualcosa di più, ma il momento lo impedisce. Abbiamo un 40% in più con la stessa rete, eppure siamo al punto che i negozi ci chiedono di mandare quello che abbiamo, perché riescono a venderlo ugualmente. I nuovi praticanti parlano fra loro, si scambiano informazioni, escono in gruppo. Sta diventando un fenomeno sociale più di prima, perché coinvolge gente che ne era totalmente all’oscuro. E consideriamo che il settore ciclo non ha mai conosciuto la vera crisi.

I punti vendita hanno bisogno secondo Leonardi di una ristrutturazione
Secondo Leonardi i negozi andrebbero ripensati
Sei soddisfatto dei negozi che avete in giro?

Quelli sufficientemente attrezzati sono pochi, se comprassero quello accanto e si allargassero, farebbero un favore prima a se stessi e poi a noi. Per questo abbiamo un progetto che si chiama Retail Service, con cui mettiamo a disposizione architetti e materiali perché i nostri punti vendita raggiungano un target sempre più alto. Non vorrei vedere più negozi polverosi, in cui non posso cambiarmi o appendere la giacca mentre provo qualcosa. Ma ci sono segnali positivi. C’è chi ha creato un punto vendita a parte per l’elettrico, ad esempio, e chi si è attrezzato per il noleggio. Anche se non ci sono le bici.

Cosa significa?

Che anche quelle destinate al noleggio sono in lista di attesa, ma arriveranno. E allora in tutte le località di montagna, come con gli sci d’inverno, ci saranno e ci sono già i punti di noleggi bici che faranno affari d’oro. E’ triste che per vivere questo momento si sia dovuta soffrire una pandemia così, mentre intorno ci sono settori davvero in crisi. Quello che possiamo fare è non sciupare una simile fortuna. Durante il lockdown abbiamo assunto cinque persone e altre sette dovremo prenderne presto. Siamo in 30 ormai, ma è giusto che se c’è il lavoro, il lavoro venga dato.