La grande festa di Medellin per l’addio di Uran

05.11.2024
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Non vedremo più Rigoberto Uran nel gruppo. Il simpatico… bresciano di Urrao, arrivato in Italia nel 2006 per correre con la Tenax e avviare così una carriera da professionista lunga 19 stagioni, ha salutato domenica ottomila tifosi allo stadio Atanasio Girardot di Medellin. Qui il sindaco gli ha consegnato la Medaglia Categoria d’Oro, massima onorificenza della città (in apertura Uran con il presentatore Mario Sabato, foto El Giro de Rigo).

Alla cena inaugurale, con Uran i campioni di ieri e quelli di oggi (foto El Giro de Rigo)
Alla cena inaugurale, con Uran i campioni di ieri e quelli di oggi (foto El Giro de Rigo)

Grazie bicicletta

Una giornata allegra, come da par suo, ma questa volta insieme toccante, inaugurata in mattinata con El Giro de Rigo, la gran fondo scelta da tempo come gara per l’addio. Al suo fianco sono arrivati due campioni molto speciali che lo hanno scortato al passo d’addio: Joaquim Purito Rodriguez e Alejandro Valverde. Due giganti spagnoli che non si sono mai amati troppo, ma concordi nell’onorare il grande Rigo. E poi anche corridori in attività, da Dani Martínez e Sergio Higuita, Santiago Buitrago e Fernando Gaviria.

«Questo è un momento molto speciale per ogni ciclista – ha detto commosso Uran – e io non ho potuto farlo alla Vuelta a España, a causa della frattura dell’anca. Ma Dio conosce il perché delle sue scelte. E oggi a Medellín, davanti a tutta la mia gente e ai partecipanti al Giro de Rigo, do l’addio al ciclismo professionistico. Voglio solo dire: grazie, bicicletta. Grazie a te ho potuto ottenere molto, ho potuto sostenere la mia famiglia, ho potuto lottare e ispirare un intero Paese».

Tifosi e appassionati si sono accalcati per salutare il campione (foto El Giro de Rigo)
Tifosi e appassionati si sono accalcati per salutare il campione (foto El Giro de Rigo)

Felicità contagiosa

Valverde e Purito hanno condiviso con Uran i colori della Caisse d’Epargne nel 2008 e nel 2009. «E’ stato un orgoglio – ha detto Rodriguez – aver corso nella stessa squadra con Rigo. Non immaginavo che fosse possibile una corsa come El Giro de Rigo, sei davvero un fenomeno in tutto. Sapevamo tutti che ci avrebbe reso felici quando ti avessimo incontrato nel gruppo».

Un concetto simile a quello espresso da Rodriguez è arrivato anche da Valverde: «Stare con lui – ha detto – è sempre stata una gioia. In più ha fatto davvero tantissimo per il ciclismo del suo Paese».

L’oro di Medellin

Tra gli ospiti di lusso c’era anche la ciclista Mariana Pajón, tre volte medaglia olimpica della BMX, che aveva ospitato Uran e anche Bernal pochi giorni prima in occasione della sua Gran Fondito per bambini. E proprio lei, che ha toccato più volte con mano l’entusiasmo della sua gente, ha detto parole molto vere.

«La città è in festa – ha notato – e anche l’America Latina ti abbraccia. Siamo venuti per celebrare quello che è Rigo: non solo la sua carriera ma il suo modo di essere».

E lui dall’alto del palco su cui lo hanno intervistato, al momento di accettare il premio dal Sindaco Federico Gutierrez, ha commentato la sua carriera con una battuta. «Abbiamo perso l’oro a Londra, ma abbiamo vinto l’oro a Medellín», commentando così l’affetto che la sua gente gli ha sempre tributato.

Avrebbe voluto salutare alla Vuelta, ma ha dovuto ritirarsi e ora Uran saluta a Medellin (foto El Giro de Rigo)
Avrebbe voluto salutare alla Vuelta, ma ha dovuto ritirarsi e ora Uran saluta a Medellin (foto El Giro de Rigo)

Una storia difficile

Tra le vittorie più importanti di Uran si ricordano due tappe al Giro, una al Tour e una alla Vuelta. Il Gp Quebec. Il secondo posto alle Olimpiadi di Londra e la doppia piazza d’onore a Giro d’Italia: nel 2013 dietro Vincenzo Nibali e nel 2014 dietro Nairo Quintana. Anche il Tour de France del 2017 lo vide secondo dietro Froome, ad appena 54 secondi.

La sua storia di emancipazione dalla povertà attraverso la bici dopo l’uccisione del padre resta uno dei capitoli più toccanti del ciclismo contemporaneo. Le sue risate restano la colonna sonora di decine di interviste. E anche se negli ultimi tempi la sua presenza in gruppo è stata meno incisiva, siamo certi che davvero in gruppo se ne sentirà la mancanza.

In Colombia si rivede Bernal, fra ricordi, progetti e… Pogacar

18.10.2024
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Cosa ci facesse Egan Bernal in mezzo a 2.000 bambini nel Parque Norte di Medellin è presto detto. Il vincitore del Giro 2021, assieme a Rigoberto Uran, ha partecipato come ospite a un evento chiamato Gran Fondito e organizzato per la seconda volta da Mariana Pajon. Lei è un’atleta di 34 anni da 56 medaglie d’oro in carriera, 9 argenti e 10 bronzi nella BMX. E’ anche l’unica colombiana vincitrice di tre medaglie olimpiche: due d’oro (Londra e Rio) e una d’argento (Tokyo). Bambini dai 2 ai 14 anni, accompagnati da 6.000 persone che hanno trasformato i dintorni in un ribollire di voci, entusiasmi e colori. Lo scopo, come dichiarato dagli organizzatori, era incoraggiare lo sport fin dalla prima infanzia, aiutando i bambini a sviluppare le loro capacità motorie, migliorare l’equilibrio ed esplorare il loro ambiente in modo indipendente.

«Sono molto contenta – ha detto Mariana Pajon, in apertura con Uran e Bernal nella foto dell’organizzazione – di questa seconda edizione di Gran Fondito. Dico sempre ai genitori di portare i loro figli a divertirsi, di incoraggiarli, di sostenerli in modo che ottengano il meglio da loro, ma senza ulteriore pressione. Quello che vorrei è che tutti sognassero in grande. Pochi diventano atleti professionisti, ma finché hai sogni e fiducia in te stesso, puoi ottenere ciò che desideri. E se anche non ci riusciranno, lungo quel percorso diventeranno grandi persone, con i valori che lo sport avrà trasmesso loro».

Il ricordo di Bernal

Bernal ha assistito allo spettacolo rapito dai tanti bambini, con il suo solito sorriso. In Colombia questo è il periodo delle gran fondo. E come Medellin ha chiamato a raccolta i più piccoli, il 3 novembre ospiterà anche il classico Giro de Rigo, prova del ritiro di Uran, che per questo lo ha chiamato Edicion La Despedida. Mentre il 17 novembre a Bogotà, per la prima volta la Capitale sarà chiusa per un evento ciclistico di massa

«Questo evento è unico – ha detto Bernal in questa intervista – penso che Mariana stia facendo una cosa molto importante. L’ho detto più volte, penso che da una gara come questa un giorno uscirà il prossimo campione del Tour de France o il prossimo campione olimpico. Sono molto emozionato, mi commuove vedere tutti questi bambini super eccitati. Feci la mia prima gara a cinque anni e ovviamente era molto più piccola di questa. Ricordo la sensazione che ho provato il giorno prima e poi l’indomani, quando ho tagliato il traguardo. Quando sono andato alla cerimonia di premiazione e quando mi sono sentito come un supercampione, perché avevo vinto. Fu l’inizio di una carriera più grande, ma iniziata a cinque anni, in una gara simile a questa».

Una grande festa e un bel raduno di campioni (foto Gran Fondito)
Una grande festa e un bel raduno di campioni (foto Gran Fondito)

Un ritorno faticoso

Il discorso è passato in un attimo dalle sue vittorie di bambino e dal sottofondo chiassoso di Medellin alla sua situazione di atleta. Bernal si è fermato dopo il Tour de France per fare un altro intervento, nel 2024 che lo ha visto sul podio del Catalunya e del Gran Camino, con prestazioni molto migliori rispetto al 2023.

«Ovviamente – ha detto – si vuole sempre vincere, almeno io sono super competitivo. Ogni volta che arrivo sul podio e anche più indietro, mi ritrovo a pensare: perché non ho vinto? Si vuole sempre di più, ma al momento bisogna pensare al prossimo anno e cercare di migliorare e continuare a provare, a lottare e non arrendersi mai. Penso che la mia carriera sportiva, anche prima di vincere il Tour de France e il Giro d’Italia, sia stata piena di alti e bassi. Ogni gara che sono riuscito a vincere è stata molto faticosa. E anche se quest’anno sono salito su diversi podi, in gare anche molto importanti, il giorno in cui vincerò di nuovo, sperando che sia presto, dovrò sudarmela per tre volte».

Bernal ha concluso il Tour in 29ª posizione, dopo una serie di buone prove nell’avvicinamento
Bernal ha concluso il Tour in 29ª posizione, dopo una serie di buone prove nell’avvicinamento

I sogni di Egan

Il Tour lo ha visto lottare, soffrire, resistere e staccarsi. E’ chiaro che qualcosa ancora manchi e non è dato di sapere se mai tornerà.

«La stagione è finita – ha spiegato Bernal – quindi stiamo già pensando al prossimo anno, ma bisogna aspettare. Mi piacerebbe poter dire che farò questa o quella gara, ma dipenderà prima di tutto dalla squadra e anche dal percorso delle gare. Si decide di fare il Giro, il Tour o la Vuelta, a seconda del percorso, delle tappe. Ma quelle non escono prima di dicembre o gennaio, per cui c’è da aspettare. Però intanto mi preparo per la Gran Fondo di Bogotà che faremo il 17 novembre. Sarà la prima grande fondo nella Capitale e sarà molto importante, un fatto storico. Per la prima volta la città sarà chiusa alle auto e bisogna dire grazie al sindaco».

L’edizione di quest’anno ha visto al via 2.000 bambini (foto Gran Fondito)
L’edizione di quest’anno ha visto al via 2.000 bambini (foto Gran Fondito)

La forza di Pogacar

L’ultima annotazione Bernal l’ha fatta su Pogacar, dato che l’appuntamento di Medellin si è svolto all’indomani del Lombardia

«Sui social scrivono che è noioso vederlo dominare così tanto – ha detto – io invece penso che il corridore più forte debba sempre vincere. E se il corridore più forte vince ogni gara è perché se lo merita. A volte si guarda solo il risultato e Tadej obiettivamente vince tutte le gare, ma bisogna vedere il lavoro che c’è dietro. Forse prima o poi anche io vincerò di nuovo una gara e i tifosi mi vedranno quando salirò sul podio. Ma non potranno mai rendersi conto di tutto il lavoro che ho fatto negli ultimi anni per arrivare a quella posizione. Quindi sicuramente Tadej è lì perché se lo merita, perché ha lavorato duramente. Nessuna gara è facile: lui le fa sembrare facili, ma vuol dire si è allenato molto duramente e ha un grande talento. Questo è il senso dello sport, il più forte vince».

La Vuelta a Colombia di Lopez e la pace ritrovata

30.06.2023
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C’è una nuova favola nella vita di Miguel Angel Lopez. Una sorta di vendetta. Un nuovo modo di percepire e godersi il ciclismo. Ha appena vinto e fatto la storia del Giro di Colombia: 9 vittorie su 10 tappe. Classifica generale, a punti, miglior squadra e montagna. Un capolavoro. L’impresa di Superman è stata una miscela fra il ciclismo antico, selvaggio ed epico, con il ciclismo moderno, quello dei dati, dei materiali sofisticati e del marketing allo stato puro. Il corridore di Boyaca (in apertura sul podio finale con i figli Jeronimo e Guillermo, ndr) si è mosso a cavallo tra quei due mondi e ci ha fatto rivivere i tempi leggendari che a molti di noi colombiani sono stati raccontati, che sono nelle foto e negli articoli, ma che non abbiamo potuto vedere dal vivo.

La vittoria di Manizales, in casa di un grande del passato: Cacaito Rodriguez (foto Federazione Colombia)
La vittoria di Manizales, in casa di un grande del passato: Cacaito Rodriguez (foto Federazione Colombia)

Fra esaltazione e nausea

Ogni vittoria ha riscritto una statistica. Ogni vittoria indossando la maglia gialla è stata un viaggio indietro nel tempo. Il suo predominio travolgente ha risvegliato nomi illustri del ciclismo colombiano e ha dato alla Vuelta un fascino speciale. Miguel Angel non ha corso per vincere, lo ha fatto per entrare nell’olimpo dell’evento e dello sport che gli ha dato tutto, ma gli ha portato anche innumerevoli episodi di incertezza, sventura e in alcune occasioni di nausea.

Il salvagente Medellin

Il risultato è notevole e davanti agli occhi di tutti. Quello che difficilmente si conosce è il contesto e perché un atleta della sua levatura abbia voluto fare di questa corsa un capitolo indimenticabile.

Questa versione di Superman (così chiamato perché respinse un delinquente armato di coltello che voleva rubargli la bici) ha cominciato a prendere forma il 28 dicembre a Medellin. Si era nel mezzo di un quadro oscuro, lasciato a metà a causa dell’allontanamento dall’Astana nel mezzo del controverso caso del dottor Maynar, quando José Julián Velásquez, direttore generale del Team Medellin, si fece avanti senza pregiudizi.

Lo aveva sempre ammirato, ma non lo conosceva. Non si erano mai parlati di persona, ma sono bastate due frasi perché l’approccio spontaneo diventasse un legame professionale e di amicizia.

«Voglio solo un’opportunità e un obiettivo chiaro», gli disse Miguel senza parlare di soldi o contratti.

«Va bene – gli rispose subito il direttore noto come “El Chivo” – il 18 gennaio partiamo per San Juan».

Josè Julian Velazquez ha accolto Lopez al Team Medellin senza pensarci due volte
Josè Julian Velazquez ha accolto Lopez al Team Medellin senza pensarci due volte

L’idea del ritiro

Una scommessa inaspettata, incerta, ma ricca di argomenti e sincerità. E così, senza averlo pianificato, tutto è cambiato.

«In quel dicembre ricordo che stavo prendendo un caffè con te a Medellín – ricorda Lopez – e pensavo addirittura che fosse la fine della mia carriera. Volevo andare in pensione. Pensavo di non aver bisogno di continuare e di potermi ritirare in pace dopo aver fatto cose belle nel ciclismo».

Si era recato nella capitale della regioni di Antioquia per partecipare al matrimonio di Harold Tejada con la sua famiglia.

Nove tappe vinte su dieci: Lopez ha conquistato le montagne e anche la crono (foto Eder Carces)
Nove tappe vinte su dieci: Lopez ha conquistato le montagne e anche la crono (foto Eder Carces)

Le persone giuste

«Invece sono comparse le persone giuste – dice sorridendo – perché potessi continuare a combattere. Nella vita accadono situazioni difficili e forse non si riesce a guardare oltre e non si tiene conto dell’opinione degli altri. Invece è apparso il Team Medellín ed è grazie a loro che sono qui a godermi ogni giorno e ogni momento che abbiamo vissuto. Mi diverto più di un bambino quando apre un giocattolo. Nei miei otto anni da ciclista, non mi ero sentito così supportato e così coccolato».

Appare felice, con un’aria così fresca che fra le sue preoccupazioni non ci sono più la risoluzione dei suoi problemi o il ritorno in Europa a breve termine.

Sul podio finale con Contreras (un tempo anche lui all’Astana) e Wilson Peña (foto Eder Carces)
Sul podio finale con Contreras (un tempo anche lui all’Astana) e Wilson Peña (foto Eder Carces)

Pace e forza

Quel che ha trovato dopo la sua firma inattesa è la pace e con essa una versione ancora più potente della sua essenza di ciclista. Ha vinto allo sprint, a cronometro e ovviamente in montagna.

«Sto scoprendo nuove sfaccettature che non avevo sperimentato. Ho ascoltato un uomo saggio dirmi che avrei vinto tappa dopo tappa, quello che non pensavo era che avrei vinto quasi tutte le tappe (a Gachancipá è arrivato secondo dietro a Jonathan Guatibonza, ndr). Hanno deciso di scommettere su di me e darmi questa bellissima opportunità. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il supporto e la gentilezza dei miei compagni di squadra», afferma Miguel, già vincitore della Vuelta a San Juan, Vuelta a Catamarca e ora Vuelta a Colombia.

In totale, finora in questa stagione sono 19 vittorie, più di qualsiasi altro ciclista al mondo. Non importa se fanno parte del calendario nazionale o internazionale, vuole solo vincere e onorare ogni chilometro con un messaggio diretto di forza e fame al livello dei migliori corridori del panorama ciclistico.

Tour de France 2020: si corse prima del Giro, Lopez vinse al Col de la Loze
Tour de France 2020: si corse prima del Giro, Lopez vinse al Col de la Loze

Obiettivo iridato

«E’ uno dei migliori ciclisti al mondo», dice senza esitazione Oscar Sevilla, che dal 14 gennaio, quando il corridore di Boyacá vinse con forza nella Villeta Clásica, completando da solo 13 giri su 15, disse che si sarebbero divertiti.

La sua esperienza gli ha dato ragione. Oggi Miguel Angel Lopez è un corridore nuovo, più forte. Una fuoriserie che avrà come prossima sfida i Giochi Centroamericani e dei Caraibi con la squadra colombiana, e che a fine stagione aspetta di tornare in Europa. Prima ai mondiali di Glasgow, poi con il Team Medellín al Giro di Turchia, dall’8 al 15 ottobre. E la sua favola potrà così continuare.

La pulce Higuita, prima il Tour e poi Tokyo

13.02.2021
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Un anno fa, prima della quarantena generale in tutto il mondo, Sergio Andrés Higuita ha confermato il suo status di ciclista d’elite mondiale. L’antioqueño, nato nel cuore del quartiere Castilla di Medellín – uno dei settori più popolari della città, dove è nato anche il mitico portiere della nazionale colombiana, René Higuita (non sono parenti, sono uguali solo per il quartiere e il cognome) – ha mostrato le sue abilità tra i più forti della spedizione colombiana, brillando nel circuito di Tunja fino a conquistare la maglia tricolore di campione nazionale e, successivamente, la vittoria del Tour Colombia che si era concluso a Bogotá il 16 febbraio.

Lo scorso anno ha vinto il Tour Colombia, lasciandosi dietro Martinez e Caicedo
Nel 2020 ha vinto il Tour Colombia

Scalatore di città

Higuita, che non aveva mai vinto una gara nel suo Paese, ha inaugurato infatti il suo palmares nei due eventi più importanti e, a sua volta, è diventato il primo ciclista colombiano a raggiungere la prestigiosa doppietta. Negli altopiani della regione cundiboyacense (a metà fra Cundinamarca e Boyaca), il ciclista forgiato sull’asfalto della città e lontano dalle innumerevoli storie di campagna, ha realizzato il sogno che ha sempre inseguito, sin dagli esordi nelle squadre Ramguiflex Risaltex e 4-72. Tuttavia, la dura realtà della pandemia, che è peggiorata un mese dopo le sue vittorie, non ha lasciato al talentuoso corridore della EF Pro Cycling il tempo di assaporare il gusto della vittoria.

Si allena nei dintorni di Medellin, salendo verso Rionegro
Si allena nei dintorni di Medellin (foto Fedeciclismo)

Covid e stop

Ha avuto appena il tempo di mostrare il suo tricolore alla Parigi-Nizza e affascinare il mondo del ciclismo con una splendida presentazione (miglior giovane e podio con il tedesco Schachmann e il belga Benoot). Poi sono arrivati la quarantena e il vuoto agonistico. Una trance di cinque mesi tormentata dall’incertezza, con l’unica sicurezza di avere il supporto della sua squadra e l’allenamento sui rulli che prevedeva la partecipazione ad alcune gare virtuali.

Il ritiro di Huiguita dal primo Tour per una caduta causata involontariamente da Jungels
Il primo Tour di Higuita si è concluso con il ritiro

Il primo Tour

La rinascita è arrivata al Delfinato e la sua prima partecipazione al Tour de France, conclusasi nella 15ª tappa per l’imprudenza (non intenzionale) di Bob Jungels, durante la tappa che si concludeva al Grand Colombier. Poi, sebbene avesse ancora i segni dell’incidente, ha partecipato ai mondiali di Imola, ha rappresentato il Paese e ha concluso la sua stagione nella Freccia Vallone.

Per Hguita, Uran è insieme amico, capitano e idolo
Per Hguita, Uran è insieme amico, capitano e idolo

Debutto in Uae

Il 2020 è passato, ma la pandemia è continuata. Il tricolore gli rimarrà sul petto e il Tour Colombia lo conserverà come ultimo vincitore. Si stava preparando per il campionato nazionale a Pereira, ma i piani sono cambiati. Aprirà l’anno allo UAE Tour con Daniel Arroyave e Rigoberto Urán.

«Con il rinvio dei campionati nazionali i piani sono cambiati completamente. Ma abbiamo già l’esperienza di quello che abbiamo vissuto l’anno scorso (con la pandemia) e sappiamo come prepararci fisicamente e mentalmente. L’UAE Tour è una gara molto importante, stiamo andando a dare il nostro meglio con una preparazione molto buona», ha detto il 23enne colombiano, che dovrà affrontare, prima del Tour de France e delle Olimpiadi, gare prestigiose come Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, Paesi Baschi e Classiche delle Ardenne: Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi.

Salite lunghissime che partono dalla città e si perdono nelle campagne (foto Fedeciclismo)
Salite lunghissime che partono dalla città (foto Fedeciclismo)

Tokyo chiama

«Penso che abbiamo una chiara opportunità di essere campioni in queste Olimpiadi. La Colombia ha sempre fatto molto bene su strada, con Rigo (Rigoberto Uran, argento a Londra 2012, ndr) e Sergio Luis (Henao, ndr) che ha avuto la sfortuna di cadere, ma aveva fatto tutto alla perfezione. Anche a Tokyo abbiamo una grande opportunità», ha sottolineato Higuita, che andrà al Tour per sostenere il suo leader e amico Rigoberto Uran.

«La squadra mi darà l’opportunità di andare in cerca di tappe, che è quello che voglio. Ma sarò anche lì per Rigo in tutto ciò di cui avrà bisogno», ha detto Sergio. Il corridore che sogna di regalare al Paese il primo oro olimpico su strada.