Un corso per neopro. Salvato racconta una scuola un po’ speciale

Un corso per neopro. Salvato racconta una scuola un po’ speciale

30.11.2025
6 min
Salva

Milano ha ospitato nei giorni scorsi un corso accelerato per illustrare ai neoprofessionisti italiani che cosa li aspetta. L’iniziativa è ormai un appuntamento tradizionale che coinvolge tutte le parti principali del movimento nazionale, dalla Federazione alla Lega. Quest’anno l’evento allestito al Palazzo del Coni dall’ACCPI ha coinvolto un numero maggiore di ragazzi rispetto al solito, ben 22 new entry grazie anche al passaggio fra le Professional dell’MBH Bank. Con loro anche la neopro Matilde Vitillo, approdata alla LIV AlUla Jayco, mentre erano assenti Francesca Pellegrini (Uno-X Mobility) e Federica Venturelli (UAE Team ADQ).

A raccontare l’iniziativa è il presidente dell’ACCPI Cristian Salvato, che ha subito fortemente creduto nella sua importanza, ancor di più oggi che il ciclismo sembra immerso in un frullatore da dove emergono continue novità: «Tutto è nato anni fa, se non ricordo male la prima edizione risale al 2010. E’ curiosa la storia della genesi di quest’iniziativa: l’idea è nata perché avevo visto un articolo su Danilo Gallinari, quando è approdato all’NBA. Era già un giocatore professionista, ma appena approdato lo hanno portato in un albergo per fargli fare una full immersion di 3-4 giorni dove gli hanno spiegato tutte le regole di quel mondo, dalla circonferenza del pallone a come gestire i soldi del post carriera. Noi certo non siamo l’NBA, ma abbiamo pensato a questo corso per dar loro spiegazioni sui diritti e i doveri del corridore».

Al corso hanno partecipato 22 ragazzi, fra cui 6 dei Devo Team. Presente anche Matilde Vitillo approdata alla Liv Jayco AlUla
Al corso hanno partecipato 22 ragazzi, fra cui 6 dei Devo Team. Presente anche Matilde Vitillo approdata alla Liv Jayco AlUla
Al corso hanno partecipato 22 ragazzi, fra cui 6 dei Devo Team. Presente anche Matilde Vitillo approdata alla Liv Jayco AlUla
Al corso hanno partecipato 22 ragazzi, fra cui 6 dei Devo Team. Presente anche Matilde Vitillo approdata alla Liv Jayco AlUla
Il corso si è evoluto negli anni?

Moltissimo. Siamo cresciuti, abbiamo aggiunto sempre più cose e contributi. Vediamo che ha un buon successo, è apprezzato dai ragazzi. Ad esempio quest’anno abbiamo dedicato uno spazio particolare alla spiegazione del Protocollo Adams per l’antidoping. Ai ragazzi spiegavo che nel corso degli anni potranno cambiare squadra, amicizie, morose, ma quel che non cambierà sarà proprio il Protocollo finché saranno professionisti…

Ti sarebbe servito un corso simile quando sei passato professionista tu, nel 1995?

Altroché… Quando sono passato, nessuno mi ha spiegato niente tranne il classico compagno di camera che ti accennava qualcosa. Erano altri tempi, sicuramente. C’erano anche manager da Far West e aver avuto un’istruzione sarebbe stato molto importante per quanto riguarda i diritti contrattuali. I contratti erano dei lenzuoli e i pagamenti erano un po’ più… a maglie larghe, diciamo che erano più “creativi”.

Cristian Salvato, presidente ACCPI, ha tenuto un intervento spiegando diritti e doveri del corridore
Cristian Salvato, presidente ACCPI, ha tenuto un intervento spiegando diritti e doveri del corridore
Cristian Salvato, presidente ACCPI, ha tenuto un intervento spiegando diritti e doveri del corridore
Cristian Salvato, presidente ACCPI, ha tenuto un intervento spiegando diritti e doveri del corridore
La situazione relativa è migliorata?

Sicuramente. A parte che i contratti sono di anno in anno, di contestazioni ne trovo veramente poche, anche perché ci sono le fidejussioni, i diritti. Ma c’è un altro aspetto che mi colpisce ed è l’età media sempre più giovane. Io quando sono passato professionista ero al quinto anno da dilettante, ma era abbastanza normale, anche perché c’era il blocco olimpico. A 21 anni passavano i fenomeni. Adesso invece un ragazzo al primo anno è già qui.

Com’era strutturato il corso?

Avevamo numerosi contributi, ognuno con un team specifico: del Protocollo Adams hanno parlato Martino Pezzetta dell’UCI Lega Anti-doping Service e Carmel Chabloz dell’agenzia ITA. Altri argomenti erano Contratti e Istituzioni dei Team Professionistici. Benessere e salute mentale dell’atleta. Premi, diritti e doveri del corridore. Rapporto con i media e utilizzo dei social. I ragazzi hanno seguito tutto con grande interesse, emozionandosi quando da Gand si è videocollegato Elia Viviani, in una pausa della Sei Giorni.

In videocollegamento da Gand erano presenti anche il cittì Marco Villa e Elia Viviani
In videocollegamento da Gand erano presenti anche il cittì Marco Villa e Elia Viviani
In videocollegamento da Gand erano presenti anche il cittì Marco Villa e Elia Viviani
In videocollegamento da Gand erano presenti anche il cittì Marco Villa e Elia Viviani
Un segno della maturità diversa che hanno i ragazzi?

Per certi versi sì, secondo me per loro è anche più complicato orientarsi per ragazzi così giovani che hanno anche un riferimento in più nei procuratori e nei loro interessi non sempre coincidenti con quelli dei loro protetti. Io l’esempio che faccio sempre è quello di Lorenzo Finn, un talento assoluto, vincitore del titolo mondiale da junior e subito dopo anche da Under 23. Poteva passare direttamente, invece ha scelto di fare due anni da dilettante, perché sa che quelle esperienze che accumulerà gli verranno utili. Io credo che sia proprio l’esempio perfetto da portare di come bisognerebbe passare professionista.

Come giudichi una presenza così massiccia di corridori?

Certamente il gruppo MBH Bank aggiungeva presenze, ben 8 solo di quel gruppo, ma ce n’erano anche 6 di devo team del WorldTour con unico assente Agostinacchio perché in gara nel ciclocross. Tutti ragazzi, quello un po’ più grande era Gaffuri.

Mattia Gaffuri era il più grande d'età presente al corso con i suoi 26 anni
Mattia Gaffuri era il più grande d’età presente al corso con i suoi 26 anni
Mattia Gaffuri era il più grande d'età presente al corso con i suoi 26 anni
Mattia Gaffuri era il più grande d’età presente al corso con i suoi 26 anni
Che segnale è?

Io credo sempre a un rinascimento del ciclismo italiano. E’ un bene che abbiamo quattro squadre Professional, purtroppo non sono di altissimo livello per il budget a disposizione, non per la qualità degli sponsor e anche dei manager che le seguono. Ma il dio denaro comanda sempre di più.

Una cosa che sta emergendo sempre più è che molti ragazzi lasciano la scuola per seguire il loro sogno ciclistico. Avveniva anche ai tempi tuoi?

Diciamo ai tempi miei eravamo di più che sacrificavamo la scuola per il ciclismo. Adesso la scuola è un po’ cambiata, io mi ricordo che ai tempi miei c’erano dei professori che mi guardavano male quando chiedevo un permesso per andare a fare una gara o per un ritiro. Adesso i ragazzi hanno delle facilitazioni e molta più comprensione, è molto meglio. Tra i ragazzi avevamo Gaffuri che ha già una laurea e altri 2-3 ragazzi che seguono corsi universitari, quindi la situazione è migliore di quanto si pensi.

I ragazzi hanno mostrato grande attenzione per tutta la durata del corso, concentrato in una giornata
I ragazzi hanno mostrato grande attenzione per tutta la durata del corso, concentrato in una giornata
I ragazzi hanno mostrato grande attenzione per tutta la durata del corso, concentrato in una giornata
I ragazzi hanno mostrato grande attenzione per tutta la durata del corso, concentrato in una giornata
I ragazzi come si sono comportati?

Meglio di quanto pensassi. Parliamo di ragazzi giovani, tenerli chiusi per un giorno dentro una sala è quasi una tortura. Eppure ho visto che i telefonini li tenevano in tasca ed erano interessati a quel che veniva detto, anche perché negli anni abbiamo raffinato sempre di più quello che gli proponiamo. Ad esempio l’intervento di Marco Velo sui dispositivi di sicurezza, su com’è costruita la carovana sulla strada. Faceva delle domande e la maggior parte non sapeva come muoversi al suo interno e dove sono posizionate le varie parti.  Li vedevo attenti.

Hai avuto la sensazione della consapevolezza di dove sono, di quello che li aspetta?

Questa è una bella domanda. Dipende molto dalla persona. Rispetto a una volta il salto da professionista è molto più grande, io vedevo un professionista come una star. Adesso i ragazzi sono già a contatto con i pro’ nelle corse open, c’è una contaminazione diversa, quindi sono più preparati, abituati.

La favola di Gaffuri, pro’ a tempo quasi scaduto

La favola di Gaffuri, pro’ a tempo quasi scaduto

17.11.2025
5 min
Salva

Quella di Mattia Gaffuri, nel ciclismo moderno, è una favola fuori dal tempo. Quella di un corridore che corona il suo inseguimento al professionismo a 26 anni, dopo essere passato per varie strade, credendoci sempre e realizzando il suo sogno a un’età che viene ritenuta estremamente tardiva per il ciclismo che realmente conta.

Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto

Tante strade per realizzare un sogno

Gaffuri ha seguito ogni strada per realizzare il suo sogno. Per due volte ha sfiorato il contratto professionistico alla Zwift Academy, ha corso in varie squadre, fra gli under 23, era stato anche il più prolifico in quanto a risultati. Non ha avuto paura nell’accettare le proposte di un club facendo anche attività amatoriale. Nel frattempo si è specializzato come preparatore, guadagnandosi anche una certa fama. Finché finalmente non è arrivato l’agognato contratto alla Picnic PostNL. Cogliendo tutti di sorpresa.

Gaffuri sarà l’unico italiano nel team olandese e la scelta lo ha anche sorpreso: «Non so precisamente come sia nato questo contatto: loro hanno un processo di scouting molto dettagliato, che è uno dei loro punti di forza negli anni e credo che fossero già interessati sulla base dei valori che avevano visto nelle varie gare o anche attraverso app come Strava. Dopo il campionato italiano e le performance che avevo fatto a maggio si sono interessati e hanno contattato il mio procuratore».

Per il corridore di Erba 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 Top 10
Per il corridore di Erba, 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 top 10
Per il corridore di Erba 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 Top 10
Per il corridore di Erba, 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 top 10
Potrebbero essere state anche le tue prestazioni alla Zwift Academy a influire, visto che anche altre squadre guardano quello che succede nel concorso?

Può essere, ma credo che in realtà sia stato più il mio rendimento di quest’anno a convincerli, quello che è stato fatto durante i mesi estivi. Partendo da una semplice squadra di club, ma con la quale sono riuscito a mettermi in luce.

La tua doppia valenza, il fatto che sei molto apprezzato come preparatore può avere pesato, pensare a un Gaffuri che un domani potrebbe entrare anche nello staff con un’altra veste?

Al momento non abbiamo parlato di questo, si è discusso solamente del mio sviluppo come atleta e penso che loro abbiano le caratteristiche giuste come squadra per cercare di farmi fare il massimo come ciclista, perché comunque hanno un ottimo programma di sviluppo, sono molto meticolosi ed è esattamente quello di cui penso di aver bisogno.

Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Questo contratto professionistico l’hai inseguito per anni seguendo varie strade…

Il segreto è stato alla fine cercare sempre di migliorarmi senza seguire necessariamente l’obiettivo di passare professionista, perché altrimenti avrei già mollato tempo fa. L’ho fatto soprattutto perché mi piace molto pedalare, mi piace allenarmi e quindi cercare di migliorarmi nel tempo. Poi quest’anno ho visto che ero in una posizione dove potevo ancora avere delle chance e volevo provare a giocarmi di nuovo il tutto per tutto nelle gare UCI e quindi ho detto: «Proviamo a fare un ultimo anno, vediamo come va». Ma la parte fondamentale è stata prima, quando ho comunque continuato a allenarmi senza mai mollare il colpo.

Che cosa hai pensato quando hai firmato il contratto, dopo tutto quello che era successo e i tanti cambi di squadra proprio per trovare poi la porta giusta?

Sicuramente è stata una grande soddisfazione, ma io preferisco vederla come un punto di partenza, nel senso che già mi sono reso conto anche durante lo stage con la Polti dei punti dove si può lavorare e qual è il gap da colmare e quindi diciamo che sono già focalizzato verso il cercare di migliorarmi. Mi è stato dato un pass per entrare in questo magico mondo e adesso devo cercare di giocarmelo bene.

Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all'inseguimento di Pogacar
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all’inseguimento di Pogacar
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all'inseguimento di Pogacar
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all’inseguimento di Pogacar
Come giudichi questa stagione e quale pensi sia stato il momento più alto?

Una stagione sicuramente bellissima come risultati, ma anche come gruppo che siamo riusciti a creare con la nostra squadra, con lo Swatt Club e il momento più alto senza dubbio l’italiano su strada. Quella è stata una giornata storica per noi e per me individualmente. Ma anche lo stage in Polti con la partecipazione alla Tre Valli Varesine, dove sono riuscito comunque ad arrivare nel gruppetto dietro Pogacar. E’ stata una delle emozioni più forti, essere lì in mezzo a tante stelle, se confrontata alla prima parte della stagione dove non mi aspettavo nulla, è stato qualcosa di inaspettato.

Alla Picnic avete già parlato di quello che potrà essere il tuo ruolo e i tuoi obiettivi?

No, se ne parlerà al training di dicembre. Spero di poter essere innanzitutto un uomo importante per la squadra, magari come gregario per la salita. Il team è già attrezzato con ottimi uomini di classifica e poi pian piano cercare di imparare da loro in qualche gara provare anch’io a giocarmi le mie carte. Ma dipenderà chiaramente dal tipo di calendario che farò.

Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Il tuo è un esempio che si stacca dalla normalità del ciclismo di oggi. Che cosa diresti adesso a un corridore che sta diventando elite?

E’ importante cercare secondo me di correre da elite. Anche se magari giustamente uno inizia a studiare o trova un secondo lavoro per costruirsi una vita al di fuori del ciclismo, può però trovare un compromesso per riuscire comunque a continuare a gareggiare a livello agonistico, come ho fatto io con lo Swatt Club. Non è detto che tutti si sviluppino allo stesso momento, quindi magari uno che a 23 anni molla, in realtà magari potrebbe essere ancora a due anni di distanza dalla sua maturità fisica. Secondo me è importante che si cerchi di sdoganare questa cosa, capire che ci si può ancora provare.

Il tuo impegno come preparatore lo metti in stand-by?

Per ora sì. Magari continuerò a dare qualche consulenza ai ragazzi dello Swatt, ma sicuramente voglio dedicarmi al 100 per cento al lavoro come atleta.

Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025

Basso e l’elogio totale di Gaffuri: «Un’occasione per lui e per noi»

29.09.2025
6 min
Salva

L’approdo di Mattia Gaffuri alla Polti-VisitMalta non è frutto del caso. Il corridore comasco, una delle perle dello Swatt Club che tanto ha rotto gli schemi al campionato italiano a Gorizia lo scorso giugno, ha attirato l’attenzione di Ivan Basso e dello staff della squadra. E lo ha fatto per via dei suoi numeri, prima, e per un approccio basato su metodo, disciplina e generosità che tanto stanno piacendo alla squadra del varesino.

Per la Polti-VisitMalta, che negli ultimi anni ha avviato un processo di scouting avanzato basato su analisi dei dati e algoritmi, come ci ha detto Basso stesso, Gaffuri rappresenta un profilo in linea con la filosofia di crescita e valorizzazione di giovani talenti.

Abbiamo parlato con Basso per capire perché abbia deciso di dargli questa opportunità, che qualità abbia riscontrato e cosa ci si può attendere dal ragazzo nelle prossime stagioni.

Ivan Basso (classe 1977) è uno dei dirigenti della Polti-VisitMalta
Ivan Basso (classe 1977) è uno dei dirigenti della Polti-VisitMalta

Trattativa anticipata

«L’aver preso Gaffuri – attacca Basso – è stata una scelta maturata nel tempo. Da mesi diversi informatori e collaboratori mi segnalavano il profilo di Gaffuri. Non mi sono limitato ad ascoltare: lo abbiamo seguito con attenzione attraverso il nostro sistema di analisi, un progetto che stiamo portando avanti negli ultimi anni con algoritmi e strumenti tecnologici. I suoi dati hanno mostrato indicatori estremamente positivi, tanto da convincermi a contattarlo a fine maggio, quindi prima del famoso campionato italiano di Gorizia».

«L’ho incontrato nel mio ufficio e ho trovato un ragazzo serio, preparato, con un’educazione di alto livello. Mi ha raccontato il suo percorso, la passione con cui si è formato, la cura dei dettagli. Ho avuto la sensazione che la nostra squadra fosse il tassello mancante per permettergli di compiere il definitivo salto di qualità. Così abbiamo deciso di offrirgli questa chance».

Basso spiega come Gaffuri sin da subito abbia risposto bene al team, mostrando un atteggiamento positivo e un rendimento concreto. Non era scontato: Gaffuri si è inserito in un calendario intenso, ha affrontato corse nuove e si è messo a disposizione del team.

«Già altre squadre avevano preso nota delle sue prestazioni, ma la mia volontà è stata chiara: vorrei tenerlo con noi. Se però sceglierà altre strade, resterà comunque la soddisfazione di aver contribuito al lancio di un corridore promettente».

Gaffuri e i compagni dello Swatt Club (con gli ormai mitici body bianchi) al tricolore di Gorizia, vinto dal compagno Conca e con lui al quinto posto
Gaffuri e i compagni dello Swatt Club (con gli ormai mitici body bianchi) al tricolore di Gorizia, vinto dal compagno Conca e con lui al quinto posto

Gaffuri e il lavoro

Basso, come è noto, era uno stakanovista del lavoro e la cosa che lo ha colpito di Gaffuri è stata proprio la sua cultura del lavoro.

«Gaffuri – riprende Ivan – è un atleta capace di esprimere in allenamento valori vicini, se non superiori, a quelli delle competizioni. Questo non è comune: la maggior parte dei corridori tocca i picchi solo in gara, mentre lui riesce a prepararli con costanza durante la settimana. E’ un cultore del metodo, cura il gesto tecnico, la posizione in sella, la cadenza, la respirazione. Ha l’abitudine di guardare al dettaglio e di pretendere molto da se stesso. Da tecnico e manager, io apprezzo moltissimo questo approccio, perché coincide con la mia visione del ciclismo professionistico: allenarsi non vuol dire solo accumulare ore, ma lavorare sulla qualità di ogni colpo di pedale».

Dal punto di vista fisico, Gaffuri è un corridore che va forte in salita, con margini di crescita evidenti. Non è facile incasellarlo già ora: potrà essere uno scalatore di riferimento o un uomo da corse a tappe di medio-alta difficoltà. La sua versatilità e la determinazione gli permettono di non porsi limiti. In questa fase della carriera, parliamo comunque di un classe 1999, il messaggio più importante è crederci, sognare in grande e costruire passo dopo passo la propria identità di atleta.

Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025
Gaffuri in azione al Matteotti. Mattia quel giorno è stato protagonista nella fuga di giornata, tra strappi e… arrosticini (foto Instagram)
Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025
Gaffuri in azione al Matteotti. Mattia quel giorno è stato protagonista nella fuga di giornata, tra strappi e… arrosticini (foto Instagram)

Non solo gregario

Il suo essere anche preparatore lo ha aiutato a maturare una conoscenza approfondita del lavoro. Sa cosa vuol dire soffrire in allenamento, sa come replicare le situazioni di gara con costanza e intensità. Questo è un valore aggiunto enorme, che si traduce in professionalità e consapevolezza.

«E’ raro – spiega Basso – trovare corridori capaci di alzare l’asticella negli allenamenti, di trattarli come un laboratorio di crescita. Gaffuri, invece, ha dimostrato di avere questa attitudine, ed è anche per questo che mi sono trovato in sintonia con lui. Io stesso ho un debole per il dipartimento performance della squadra: mi piace osservare i ragazzi mentre lavorano, seguirne i dettagli, correggere i gesti. Vedere in lui la stessa cura e la stessa passione è stato come riconoscere un’affinità naturale.

«Nelle prime gare con la Polti-VisitMalta Mattia ha già dimostrato mestiere. Nonostante fosse nella situazione di dover emergere per conquistare una riconferma, ha scelto di mettersi al servizio della squadra. In Toscana, alla sua prima corsa sotto la pioggia, ha chiuso quindicesimo dopo aver aiutato i compagni. E’ stato un segnale forte: non ha pensato solo a sé, ma al bene del gruppo. Questo, unito al metodo con cui affronta il lavoro, fa capire che è pronto per stare in questo ambiente. Può stare nel ciclismo di alto livello. Da qui a fine stagione è chiamato a fare molte gare e in alcune sarà leader».

Mattia Gaffuri, ha esordito con la maglia della Polti il 31 agosto al Gp Kranj, ha poi corso in Italia
Mattia Gaffuri, ha esordito con la maglia della Polti il 31 agosto al Gp Kranj, ha poi corso in Italia

Provare a tenerlo

Una cosa che ci ha incuriosioto è come il gruppo ha accolto Gaffuri. In fin dei conti non capita spesso che l’ultimo arrivato, tanto più che si è formato secondo un percorso non tradizionale, arrivi e faccia il leader.

Anche in questo caso, Basso non ha dubbi: «Mattia si è presentato con intelligenza e umiltà alla squadra, guadagnandosi la fiducia e l’amicizia dei compagni. Alla Polti-VisitMalta scegliamo le persone prima ancora che i corridori e lui si è integrato perfettamente nello spirito della squadra».

A questo punto viene da già da interrogarsi sul futuro, tanto più che in apertura lo stesso Basso ci ha detto che alti team erano (o sono) su Gaffuri. Insomma, resterà alla Polti-VisitMalta? E che margini ha?

«Non ho la bacchetta magica – replica Basso – ma credo che un atleta così determinato non debba porsi limiti. Potrà crescere ancora molto, soprattutto imparando a gestire le salite in corsa e sfruttando al meglio il calendario che affronterà. E’ un ragazzo che ha già fatto tanta strada per arrivare dove si trova oggi: se continuerà a crederci, potrà togliersi soddisfazioni importanti.

«Per noi, comunque vada, questa è già un’operazione di successo. Se resterà, avremo gettato le basi di una bella storia. Se invece deciderà di cambiare, resterà la consapevolezza di aver contribuito alla sua crescita e al suo ingresso tra i professionisti. Per me e per i miei collaboratori è una soddisfazione, e lo è anche per i nostri sponsor: significa che il nostro lavoro di scouting funziona. In ogni caso, Gaffuri ha già lasciato un segno. E questa, nel ciclismo di oggi, è forse la cosa più importante».

L’europeo dell’altro Mads, cronoman convertito al gravel

24.09.2025
4 min
Salva

AVEZZANO – Dei campionati europei gravel e della vittoria di Erica Magnaldi abbiamo detto già domenica e ieri ne abbiamo riparlato con il cittì Pontoni. Qualche parola di approfondimento merita però anche Mads Wurz Schmidt, l’atleta che ha conquistato il titolo elite, nella gara che ha visto a lungo Gaffuri fra i protagonisti e poi finire al quinto posto.

Non c’è solo Pedersen: il nome Mads evidentemente ben si sposa ai ciclisti che vanno forte. Il danese, che è stato professionista dal 2017 al 2024, vivendo il passaggio della licenza e degli uomini dalla Katusha alla Israel-Premiertech, ha un palmares di tutto rispetto. Una tappa alla Tirreno-Adriatico e prima il doppio mondiale a crono: da junior nel 2011 a Copenhagen e poi da U23 nel 2015 a Richmond. Un metro e 76 per 70 chili, quando non ha più trovato posto su strada, si è convertito al gravel. E la sua azione di Avezzano, con due giri da solo, ha messo in risalto le doti che fecero di lui un grande talento contro il tempo. Quest’anno ha già vinto quattro tappe della UCI World Series cui ha aggiunto anche The Traka 200, gara spagnola di immenso fascino.

Lo abbiamo incontrato dopo l’arrivo degli europei. Dopo aver sollevato la bici al cielo, se ne stava fermo sul lato dell’arrivo guardando un punto fisso all’infinito. Aspettando forse qualche compagno di squadra o semplicemente mettendo in ordine i pensieri.

Si può dire che sia stata come una lunga cronometro?

Sì, volevo aspettare un po’, ma Gaffuri stava tenendo un ritmo sostenuto. Per un po’ l’ho seguito e poi in un tratto di discesa ho attaccato. Su questo percorso si faceva più velocità andando da soli. E’ dura, ma se hai le gambe vai meglio da solo. Così ho deciso di provarci e  per fortuna sono stato abbastanza forte da tenere il ritmo alto.

Hai trovato un percorso che ti si addiceva?

Era un percorso perfetto per me. La salita era dura, ma ho avuto abbastanza potenza per fare ugualmente velocità. Mi si addiceva molto. Le discese erano tecniche e io non sono il corridore con la tecnica migliore, ma non sono nemmeno il peggiore. Quindi si trattava di sopravvivere e continuare a spingere per tutto il giorno. Sapevo dalle gare precedenti che quando attacco da solo, posso tenere il passo e resistere fino alla fine. Quindi sono partito, ho dovuto credere in me stesso e sono felice che abbia funzionato.

Hai vinto gare importanti su strada quando eri più giovane. Cosa significa questa vittoria oggi?

E’ importante. Sono super orgoglioso di me stesso, vincere questo campionato europeo significa molto ed essere stato campione europeo sarà qualcosa che varrà la pena ricordare. Come vincere The Traka e fare bene nella Unbound, è difficile da descrivere a parole. Sono davvero orgoglioso del percorso che sto seguendo da inizio luglio.

Il mondiale di ottobre è uno dei prossimi obiettivi.

Certamente. Ho lavorato duramente per essere al top della forma in questo momento, con il supporto della mia squadra, della mia famiglia e del mio allenatore. E’ stato un percorso molto bello e sono felice di poter ripagare loro e me stesso con un buon risultato.

Campionati europei gravel 2025, Avezzano, Mattia Gaffuri controlla l'inclinazione della sella

Gaffuri, l’emozione del debutto e il viaggio che continua

23.09.2025
4 min
Salva

AVEZZANO – Un post su Instagram nella serata del 10 settembre. «Giro di Toscana – scrive Mattia Gaffuri – prima vera corsa fra i big, un’emozione pazzesca. 15esimo posto con una startlist di un livello che qualche mese fa potevo solo sognarmi o guardare in tv, in una giornata resa ancora più tosta dalla pioggia. Grazie Team Polti VisitMalta ❤️ e grazie a tutti per il tifo».

Gaffuri ha corso il campionato europeo gravel, chiudendo al quinto posto. Alla fine la sua chance di fare il professionista l’ha trovata grazie a Ivan Basso, che gli ha offerto una maglia e una bici per questo scorcio di stagione. Ha corso il GP Kranj, il Toscana e il Matteotti e ancora ne ha altre da fare. E non si è certo fatto pregare.

Le ha provate tutte, dai vari concorsi su Zwift all’acclamazione popolare, e ha diviso la platea. Da una parte i detrattori delle nuove vie di accesso al professionismo, dall’altra i possibilisti: quelli che partendo dall’esperienza di Vine e Vergallito si sono chiesti a lungo perché non potesse provare anche Gaffuri. Sembrava strano che un atleta capace di andare così forte non interessasse ad alcun team. Nel frattempo Mattia ha continuato a occuparsi di allenamento per sé e per gli altri. E alla fine, complice la grande prestazione ai campionati italiani e la necessità di punti, il Team Polti gli ha dato la chance che cercava.

Trofeo Maatteotti 2025, Mattia Gaffuri pedala in salita
Il debutto tra i professionisti glielo ha offerto il Team Polti Visit Malta. Qui Gaffuri in azione al Matteotti
Trofeo Maatteotti 2025, Mattia Gaffuri pedala in salita
Il debutto tra i professionisti glielo ha offerto il Team Polti Visit Malta. Qui Gaffuri in azione al Matteotti
Partiamo da quel post…

Sicuramente è stata un’emozione forte. Non voglio vederlo come un punto d’arrivo, più come un punto di partenza. Il mio obiettivo è cercare di fare bene anche di là. Sicuramente ci saranno un po’ di step da fare, però nelle prime gare ho visto che ho un buon livello. Quando si fa la corsa, riesco a stare davanti e questa è la cosa più importante, poi ci vorrà un po’ di esperienza.

Quanto è stata faticosa questa tua rincorsa al professionismo?

Era quasi più la gente, i miei tifosi e più in generale il pubblico del ciclismo, che pensava che avessi questo sogno, cioè l’obiettivo finale di passare professionista. In realtà per me è sempre stato cercare di migliorare e di fare il massimo possibile a tutti i livelli in cui ho corso. Alla fine è arrivata un po’ da sé, nel senso che quest’anno come Swatt Club abbiamo corso finalmente a livello UCI e quindi sono riuscito ad avere questa opportunità. Ora cercherò di mantenere la stessa traiettoria.

All’europeo gravel corso domenica ad Avezzano, il quinto posto finale è parso una beffa
Trofeo Maatteotti 2025, Mattia Gaffuri pedala in salita
All’europeo gravel corso domenica ad Avezzano, il quinto posto finale è parso una beffa
Il campionato italiano vinto da Conca e il tuo quinto posto possono aver influito?

Sì, anche mentalmente quel risultato è stato una bella svolta. Finalmente abbiamo visto che potevamo dire la nostra in un gruppo di professionisti e anche dall’esterno ci siamo guadagnati un po’ di rispetto. Nelle gare successive ci hanno accolto diversamente.

Di Gaffuri si dice che sia anche un ottimo preparatore. Come convivono le due figure?

Direi che è complicato, ma si impara tanto, sia a livello professionale da preparatore sia come atleta. Sei sempre in connessione con quello che senti. A volte è un po’ stressante, ma anche molto formativo.

Hai vinto l’italiano gravel, ma ora si apre la porta della strada. Che cosa ha rappresentato per te questa specialità?

Direi che per me è stata fondamentale. All’inizio era nata come piano B, poi però è stato fondamentale per migliorare a livello tecnico. Quindi vorrei mantenerla il più possibile e integrare le due cose. Il gravel e la strada. Chiaramente se l’anno prossimo dovessi fare un’attività da professionista, non ci sarebbe molto spazio per le gare gravel. Però è una cosa che in futuro vorrei tenere, anche perché è un mondo che ha più margini di crescita rispetto alla strada che vive nella sua bolla.

Campionati europei gravel 2025, Avezzano, Mattia Gaffuri posa con dei tifosi per una fotografia
Lo Swatt Club ha ormai grande popolarità e Gaffuri ne è la bandiera. Diversi tifosi gli hanno chiesto di fare una foto
Campionati europei gravel 2025, Avezzano, Mattia Gaffuri posa con dei tifosi per una fotografia
Lo Swatt Club ha ormai grande popolarità e Gaffuri ne è la bandiera. Diversi tifosi gli hanno chiesto di fare una foto
Prossime gare?

Per ora so che andrò alla CRO Race a tappe, poi la Tre Valli Varesine e il Gran Piemonte.

Colpisce l’attenzione dei tifosi, anche in quest’angolo d’Abruzzo. Gli chiedono di fare la foto insieme e lo incitano a darci dentro. Anche i social avranno la loro parte, ma certo vederlo arrivare davanti è la conferma che hanno fatto bene a battersi per lui. Gaffuri ringrazia, non è uno sbruffone e davanti a tanto interesse è quasi in imbarazzo. Al di là delle fazioni e dei partiti che ha smosso, è semplicemente un corridore alle prime armi che vuole farsi strada e sa che il solo modo per riuscirsi è andare forte.

Guerriera Magnaldi: ferita, cocciuta e regina d’Europa

21.09.2025
7 min
Salva

AVEZZANO – Quando ha tagliato il traguardo, Erica Magnaldi ha cacciato un urlo così prolungato e selvaggio da scuotere anche noi che le correvamo dietro per immortalare la prima gioia dopo la vittoria del campionato europeo gravel. La piemontese del UAE Team Adq sarebbe potuta partire domani con le ragazze del mondiale su strada per supportare Elisa Longo Borghini, ma la chiamata non è arrivata. Così si è riboccata le maniche accettando la convocazione del cittì Pontoni, con lo sguardo semmai agli altri europei – quelli della strada – che si correranno in Francia il 4 ottobre.

«Sinceramente non mi aspettavo di vincere – dice quando i pensieri hanno preso il sopravvento sulle emozioni – ma non nascondo che dopo aver vinto la Monsterrato Gravel e guardando l’altimetria di questo percorso, ho pensato che potesse essere adatto a me. Poi sono arrivata qua e l’ho provato. E la fiducia è stata offuscata dalla preoccupazione, perché la salita in realtà non era molto dura e la discesa invece era molto, molto tecnica. Io ho appena iniziato col gravel, quindi mi rendo conto di non avere ancora l’abilità tecnica di altre ragazze. Non mi restava che andare forte in salita e gestire il margine che avessi preso…».

Prima del via, Pontoni (di spalle) ha ripassato punti tecnici e motivato fortemente gli azzurri
Prima del via, Pontoni (di spalle) ha ripassato punti tecnici e motivato fortemente gli azzurri

L’ordine di Pontoni

Avezzano ha accolto il gruppo degli europei gravel con un bel freschino e il percorso selettivo che li ha tenuti tutti in apprensione. Alle nove del mattino c’erano 12 gradi, ma la pacchia è durata poco. Il tempo che il sole si alzasse e si è arrivati a sfiorare i 30 gradi, con il sale ben evidente sui pantaloncini più scuri e improvvise crisi di crampi per tanti dei corridori arrivati. Nel box dell’Italia e prima di lasciarli andare al via, Daniele Pontoni ha fatto un breve ripasso dei punti di assistenza. Dove avrebbero trovato le ruote, le scarpe di scorta e persino il casco. E poi l’ordine delle borracce: prima l’acqua e poi le malto dal secondo massaggiatore. La sua ultima disposizione è stata perentoria: «Non si molla mai!».

Nel giorno in cui a Kigali si sono aperti i mondiali con le prime crono e la vittoria schiacciante di Evenepoel, la vittoria di Erica Magnaldi ha portato un soffio di aria positiva in Federazione. Domani il presidente Dagnoni e il segretario generale Tolu voleranno in Rwanda, in un incrocio pazzesco di sovrapposizioni del calendario che non concedono scampo e non si fermano certo qui. Nei giorni degli europei su strada, il Giro dell’Emilia dirotterà su Bologna corridori forti come Ciccone. E nel giorno del mondiale gravel, il Giro di Lombardia ne distrarrà certamente degli altri.

La volata della vita

Magnaldi ha tagliato il traguardo con la gamba destra ferita, perché è caduta e nonostante tutto è riuscita a tenere il passo della Kloser. La tedesca però si è avvantaggiata e sarebbe stata probabilmente imprendibile se una foratura (la vera piaga di questi europei) non l’avesse fermata.

«La gara stava andando molto bene – racconta Magnaldi – ero rimasta insieme a Kloser e Wright ed ero rassegnata a fare terza, perché erano palesemente più veloci di me in discesa. Allora nel secondo giro (le donne elite ne facevano 3 per un totale di 88,8 chilometri, ndr) ho provato a staccarle in salita: Wright ha ceduto, con Kloser non sono riuscita. Per rilanciare, ha fatto la discesa molto forte. Io ho provato a tenerla e probabilmente sono andata oltre il mio limite e sono caduta, tanto da essere ripresa anche da Wright. L’ho staccata ancora nel giro successivo pensando che non avrei mai raggiunto quella davanti.

«Invece a 500 metri dall’attivo – sorride – mi hanno detto che la prima aveva bucato. Nel frattempo Wright mi aveva ripreso in discesa e allora ho tirato a tutta fino ai 200 metri, poi ho lanciato lo sprint. Da almeno due chilometri avevo i crampi, ma quando ho visto l’arrivo mi è passato tutto e ho fatto la migliore volata di sempre. Ancora non ci credo. Sono davvero contenta, perché non me l’aspettavo. E questo insegna che non bisogna mai mollare, fino a quando si taglia il traguardo. Come ci ha detto Pontoni prima di partire».

Gaffuri saluta il gravel

Anche Gaffuri si è trovato in un folle rimescolamento di posizioni. In tutti gli ultimi 20 chilometri, il corridore dello Swatt Club in maglia azzurra, che ha appena firmato per il 2025 con il Team Polti-Visit Malta, ha viaggiato con il francese Drechou all’inseguimento del fuggitivo (poi vittorioso) Mads Wurtz Schmidt. Sembrava ci fosse solo da scegliere il colore della medaglia, quando su di lui sono tornati Anton Stensby e il suo compagno di club Matteo Fontana. Il quinto posto ha il sapore della beffa. E anche nel suo caso è stata la discesa a fare la differenza.

«La salita non era abbastanza dura per fare la selezione – dice – e loro sono più forti in discesa. Nel primo giro sono caduto e ho dovuto fare tutto il secondo a inseguire. Credo che non sarebbe andata diversamente, ho dato il massimo che avevo oggi e per questo sono contento. Qualche rammarico ce l’ho, però il livello era molto alto. Per quest’anno il mio gravel finisce qui. Adesso farò la CRO Race con la Polti, poi Tre Valli e Gran Piemonte e finirò la stagione in Italia. Niente mondiale gravel quindi, perché in quei giorni sarò in Croazia».

Il bilancio del cittì

E ora che la vittoria di Erica Magnaldi e il quarto posto di Gaffuri fra gli uomini confermano il buon lavoro svolto, Pontoni traccia un primo bilancio. E’ solo l’inizio di un discorso che riprenderemo, perché i nuovi assetti del ciclismo su strada incidono anche sulle scelte del fuoristrada.

«Il bilancio è buono – dice Pontoni – e chiaramente quando vinci, è ancora meglio. Eravamo qui con due belle nazionali e anche con i maschi siamo stati in lotta per una medaglia sino alla fine. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto e di quello che potremo fare anche fra tre settimane ai mondiali. Il livello è altissimo e facciamo fatica a trovare atleti disponibili, perché le squadre lottano per i punti UCI. Però alla fine con un po’ di slalom e con un po’ di telefonate ai vecchi amici, si cerca di risolvere. Anche oggi, subito dopo la gara, ho chiamato il team manager di una WorldTour. Quindi adesso ci godiamo questo momento e da domani cominceremo a pensare anche al mondiale».

Il giorno della gloria di Conca. Il racconto di Gaffuri

03.07.2025
5 min
Salva

Sono passati quattro giorni dalla vittoria di Filippo Conca ai campionati italiani ma la sua eco non accenna spegnersi. E ancora se ne parlerà a lungo, perché la vittoria di un dilettante (senza nulla togliere al campione tricolore e al suo importante passato da pro’) non è certo cosa da tutti i giorni. La sua figura e quella dello Swatt Club sono state passate al microscopio da media e addetti ai lavori, poco però ci si è soffermati su come si è arrivati a quel clamoroso risultato, su che cosa hanno fatto i ragazzi del team per stravolgere ogni pronostico. A cominciare da Mattia Gaffuri.

Torniamo allora a quel weekend per saperne un po’ di più, per scavare nelle azioni ma prima ancora nelle speranze della squadra e soprattutto di colui che a detta di tutti è il principale artefice della vittoria di Conca, perché la collaborazione che nel finale gli ha dato Gaffuri è stata probabilmente decisiva.

Conca è lanciato verso la vittoria, Gaffuri guarda da dietro dopo aver lanciato lo sprint del compagno
Conca è lanciato verso la vittoria, Gaffuri guarda da dietro dopo aver lanciato lo sprint del compagno
Partiamo dalla vigilia, si era partiti verso Trieste con quali ambizioni?

Filippo aveva delle aspettative molto alte perché lui aveva puntato tutto su questa gara, non essendo parte del team strada, ma essendosi prevalentemente dedicato al gravel. Voleva ottenere un risultato importante. Noi del team non avevamo le stesse certezze. Non avevamo mai gareggiato con le WorldTour e quindi non sapevamo bene cosa aspettarci. Io andavo con l’idea di stare davanti il più possibile, magari farmi notare un po’, ma non pensavo a un epilogo del genere.

Che cosa vi eravate detti alla vigilia, che strategia avevate pensato?

Il diesse Brambilla si era raccomandato di mettere qualcuno nella fuga iniziale, di farci vedere. Agli altri di stare tranquilli, pensando che l’Astana con 10 uomini avrebbe controllato la corsa.  Poi nel circuito finale dovevamo stare davanti. Su un circuito del genere succede tutto molto in fretta perché si entra con già 170 chilometri nelle gambe. Alla prima tornata forte già siamo rimasti praticamente 10 a giocarci la corsa, quindi non c’è stata molta tattica.

Il neocampione italiano è a terra, tra fatica e incredulità, Mattia è davanti, felice per l’impresa
Il neocampione italiano è a terra, tra fatica e incredulità, Mattia è davanti, felice per l’impresa
Quando vi siete svegliati e avete visto che clima c’era, che considerazioni avete fatto?

Sapevamo che sarebbe stata una giornata caldissima come era stata già tutta la settimana, quindi abbiamo fatto tutto il possibile in allenamento per adattarci. Sicuramente quello è stato fondamentale perché comunque nella gara non abbiamo mai visto temperature sotto i 38 gradi, quindi era importante cercare di prendere più acqua possibile dalla macchina, dai rifornimenti.

Quando vi siete accorti che la corsa stava prendendo la piega che poi ha preso e quindi mancava quel controllo previsto?

Personalmente quello che mi ha fatto suonare un po’ il campanello d’allarme è stato quando a circa 70 chilometri dall’arrivo hanno iniziato a muoversi nomi grossi come Bettiol e Ulissi. Se i nomi grossi si muovono così da lontano o fanno un’azione che decide subito la corsa, oppure è una mossa che significa che non hanno grandi gambe e sperano in uno sviluppo diverso. Ho capito che c’era probabilmente molta più stanchezza rispetto a quella che io mi aspettavo.

Gaffuri aveva compiuto un’impresa all’ultimo giro riagguantando il quartetto in fuga (foto Michele Palvarini)
Gaffuri aveva compiuto un’impresa all’ultimo giro riagguantando il quartetto in fuga (foto Michele Palvarini)
Davanti c’era Conca con pochissimi corridori e tu dietro. Cosa ti è scattato nella mente per andare a riprenderli?

La salita dove si faceva la selezione era molto breve, sui due minuti. In tutte le tornate facevo sempre fatica a seguire le accelerazioni dei corridori più esplosivi, come Aleotti, ma dopo la cima c’era un po’ di falsopiano, dove riuscivo sempre a ricucire senza problemi. Quindi anche quel giro ho perso metri, ma ero abbastanza fiducioso che sarei riuscito a rientrare. C’era qualche curva tecnica, ma per la maggior parte bisognava spingere. Quindi nel momento in cui mi sono staccato non sono andato in panico, ma sapevo che sarei potuto rientrare perché solitamente davanti ci si controlla e non si spinge subito, c’era spazio per riagganciarsi.

Quando sei rientrato hai parlato con Filippo?

No, anche perché è stata una fase molto concitata. Venendo da dietro potevo provare il colpo a sorpresa, ma era un rettilineo molto lungo e mi hanno visto arrivare. A quel punto un attacco lì sarebbe stato più che altro inutile e ci avrebbe fatto fermare perché poi ci saremmo aperti sulla strada, facendo rientrare Milan che era molto vicino. In quel momento la cosa più intelligente da fare mi è sembrata quella di andare davanti, tirare per Conca perché ero sicuro che quantomeno il podio lo prendeva.

Le maglie bianche dello Swatt Club hanno caratterizzato la corsa esaltando i tanti supporter presenti (foto Michele Palvarini)
Le maglie bianche dello Swatt Club hanno caratterizzato la corsa esaltando i tanti supporter presenti (foto Michele Palvarini)
E cosa hai pensato quando hai visto che ha vinto lui, hai sentito che fosse anche un po’ tua quella vittoria?

Sicuramente sono contento di aver contribuito e penso che come squadra siamo stati i più rappresentati davanti in tutte le fasi della corsa. Quindi non penso ci sia il dubbio che la squadra non abbia meritato. Alla fine ero anch’io incredulo del fatto che fossimo davanti a fare la corsa in un campionato italiano. Forse ancora adesso faccio fatica a realizzare quello che è successo…

Tu hai chiuso due volte secondo al concorso Zwift, hai inseguito tanto il ciclismo professionistico, pensi che adesso personalmente verrai visto in maniera un po’ diversa?

Io spero di sì, perché credo di aver dimostrato non solo in questa gara, ma anche in tutte le altre gare che ho fatto durante l’anno di esserci. Ho fatto diversi piazzamenti nel calendario UCI. Penso di aver dimostrato di meritare un posto. Il campionato italiano è una corsa a sé, questo è notorio, ma credo che ora sia chiaro che su di me si può investire.

Il progetto Swatt Club, una squadra diversa dalle altre

05.02.2025
5 min
Salva

Due corridori lo scorso anno, ora sono 8, ma il cammino dello Swatt Club è appena iniziato. E piano piano nell’ambiente ciclistico si parla sempre più del team lombardo, che pur non essendo neanche continental sta scalando rapidamente le gerarchie. Nel team c’è chi il WorldTour l’ha anche assaggiato come Filippo Conca e chi ha vestito la maglia di campione continentale come il danese Kasper Andersen (oro junior nel 2020) correndo per breve periodo anche al fianco di Pogacar.

Carlo Beretta, ex azzurro di sci alpino, che ha lanciato il progetto Swatt Club con grandi ambizioni
Carlo Beretta, ex azzurro di sci alpino, che ha lanciato il progetto Swatt Club con grandi ambizioni

Dal blog alla strada

A gestire il tutto è un giovane imprenditore, Carlo Beretta, con un passato azzurro nello sci alpino, che ha iniziato con il progetto svariati anni fa.

«Inizialmente era un semplice blog, Solowattaggio – racconta – poi nel 2017 abbiamo lanciato il club ciclistico trovando fra coloro che ci seguivano sui social un riscontro enorme, superando i 900 affiliati provenienti da tutta Europa. Ci siamo dedicati alle gran fondo con ottimi risultati, ma volevamo di più. Così lo scorso anno abbiamo iscritto la squadra con soli due corridori: Mattia Gaffuri e il danese Asbjorn Hellemose, approdato quest’anno al team Jayco Alula. Mattia nelle GF vinceva a ripetizione, ma non era quella la sua dimensione, mentre Asbjorn ha ritrovato la verve giusta per risalire dopo le due stagioni alla Trek».

Mattia Gaffuri, corridore del team e preparatore per i suoi compagni, tornato in finale alla Zwift Academy
Mattia Gaffuri, corridore del team e preparatore per i suoi compagni, tornato in finale alla Zwift Academy
Guardando la carta d’identità dei vostri corridori, non è un club di under 23…

Noi guardiamo oltre, vogliamo dare a chi lo merita una seconda chance, l’opportunità di guadagnarsi il ciclismo che conta anche avendo superato l’età che oggi viene ritenuta imprescindibile, quella della categoria juniores o i primi anni da U23. Vogliamo dare spazio a chi non trova un’occasione, un contratto, ma non siamo noi a cercarli e su questo punto vorrei mettere l’accento. Ci sono arrivate oltre 200 richieste dopo che abbiamo dato diffusione al nostro progetto.

Come vi state muovendo per entrare nel ciclismo che conta, pur non essendo neanche continental?

Il ciclismo deve essere di alto livello a prescindere da queste che sono etichette. Noi ad esempio abbiamo messo insieme partner tecnici di livello assoluto, degni del WorldTour, ma vogliamo procedere per gradi, consolidandoci e seguendo la nostra filosofia. Ad esempio il nostro calendario sarà per il suo 90 per cento estero. Abbiamo già ottenuto molti inviti, saremo in Norvegia per due Grand Prix a maggio e a giugno andremo addirittura oltre Atlantico, correndo a New York e il Giro del Canada. Forse saremo anche all’Oberosterreich. Di corse potrebbero essercene tantissime, ma noi vogliamo anche arrivarci preparati, fare la nostra figura, non partecipare tanto per esserci. Inoltre c’è la componente gravel…

Farete quindi la doppia attività?

Diciamo che alla squadra per la strada sarà affiancato un gruppo più ristretto che seguirà il calendario gravel, con 4 corridori. E’ un progetto diverso. Sarebbe stato scontato fare una squadra continental, ma avremmo dovuto avere il 50 per cento dei corridori di categoria U23 e non è quello il nostro scopo. I nostri corridori hanno ruoli ben definiti: Conca e Garavaglia sono gli elementi più esperti, saranno i nostri leader a rotazione, mentre Gaffuri unirà il suo ruolo di corridore a quello di preparatore dandogli modo di proseguire in questa attività che gli sta dando molte soddisfazioni.

Conca è un elemento di spicco, uscire dall’ambiente WorldTour/professional non è semplice. Come lo avete convinto?

Filippo è il prototipo del ciclista cui ci rivolgiamo. Uno che è arrivato nella top 10 di tappa alla Vuelta non può non avere qualità, io credo che con noi avrà modo di rimetterle in mostra e tenere vivo il suo sogno. Inoltre so che tiene a far bene al campionato italiano e noi gli daremo tutto il supporto necessario.

Filippo Conca è il nome di spicco del club, in cerca di rilancio dopo un approccio difficile con i pro’
Filippo Conca è il nome di spicco del club, in cerca di rilancio dopo un approccio difficile con i pro’
Perché tante gare all’estero?

Perché sono esperienze fondamentali. La maggior parte dei nostri corridori ha corso raramente fuori, ma il ciclismo vero è quello, lì si impara davvero. Io voglio gente motivata, è stato questo concetto alla base delle nostre scelte, analizzando le richieste che ci arrivavano, vogliamo corridori affamati non solo di risultati, ma di esperienze nuove, di vita. Il calendario italiano non fa crescere, i ragazzi hanno bisogno di altro. Noi comunque alcune gare le faremo, soprattutto daremo modo a chi non è in trasferta di non rimanere fermo.

Come avete scelto i corridori?

Abbiamo anche chiesto in giro, a contatti dei quali ci fidiamo. Sui due danesi, ad esempio, abbiamo sentito Hellemose che li conosce e ha garantito per loro. Uno come Petitti, ad esempio, ha già vinto una classica U23 come quella di Poggiana, ora deve crescere e come lui Carollo. Intorno a loro stiamo costruendo la struttura, ci sarà ad esempio un meccanico fisso, poi a sostegno di tutto abbiamo anche fatto qualcosa di innovativo.

Il successo di Nicolò Petitti al GP Sportivi di Poggiana nel 2023
Il successo di Nicolò Petitti al GP Sportivi di Poggiana nel 2023
Spiegati meglio…

Noi ci affidiamo anche alla vendita di abbigliamento e materiale sportivo attraverso il nostro sito, questo sostiene anche il progetto insieme agli sponsor. Abbiamo chiesto a Giorgio Brambilla, voce e volto di GCN Italia, di seguire i nostri ragazzi all’estero come direttore sportivo e ci ha detto di sì compatibilmente con altri impegni, ma avremo anche un altro paio di ragazzi già avvezzi al ruolo, tra cui uno danese. Poi ci sarò anche io. Andremo avanti accumulando esperienze, correggendo il tiro, perché abbiamo intenzione di compiere un cammino lungo e fruttuoso.

La Parigi-Nizza di Vergallito: «Una vera faticaccia…»

13.03.2024
5 min
Salva

Per Luca Vergallito la prima stagione nel WorldTour diventa più impegnativa ogni giorno che passa. Prima la trasferta australiana, poi le altre corse a tappe fino alla Parigi-Nizza, dove con il suo 36° posto è stato il terzo degli italiani in classifica dopo Cattaneo e Battistella. Per il milanese l’impatto con la corsa francese è stato duro, perché non parliamo di una gara a tappe come le altre, è l’ideale spartitraffico fra le tante del calendario e i tre grandi Giri.

Tornato a casa e in attesa di rimettersi in viaggio tra qualche settimana (lo attende il Giro dei Paesi Baschi a inizio aprile per poi dirigersi verso le Classiche delle Ardenne), Vergallito traccia il bilancio non focalizzandosi sull’ultima gara.

«Ho iniziato subito con l’Australia cominciando ad assaggiare il massimo circuito – spiega il milanese – poi le prime gare a tappe europee, ma non sono la stessa cosa. Lì, anche agli antipodi, trovi sì le squadre del WorldTour ma anche quelle Professional e Continental. Alla Parigi-Nizza cambia tutto: ci sono i massimi team, solo qualche altra squadra a invito, si vede che il livello è più alto».

Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Da che cosa te ne sei accorto?

La startlist diceva sin dal via che tutti i team portavano i grossi calibri e in gara lo percepisci, lo vivi. C’è molto più nervosismo in gruppo, il ritmo è più alto, tutti cercano di mettersi in luce. Poi c’è un fattore che emerge: la lunghezza, sono ben 8 tappe, rispetto alle altre corse di più giorni è un’altra cosa. Finita la gara la senti nelle gambe che non è come tutte le altre.

Tu come l’hai vissuta?

E’ stata abbastanza tranquilla perché la squadra non mi ha messo pressione, né me la sono messa io. Sapevo che era un impegno diverso dal solito, una corsa più lunga e con una concorrenza della massima qualità. E’ chiaro che dentro senti sempre la voglia di arrivare davanti, fare risultato, ma non ci arrivi dall’oggi al domani.

La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
Quali erano i tuoi compiti?

Inizialmente tutta la squadra era votata al supporto di Kaden Groves per le volate, poi nella terza frazione, una cronosquadre, sapevamo di essere svantaggiati rispetto agli altri team, non siamo specializzati e potevamo solamente difenderci. La quarta tappa era forse la più dura: io ero nel primo gruppo, ma quando è caduto Gaudu ho perso l’aggancio con i primi e non sono più riuscito a recuperare. Poi sono andato avanti pressoché allo stesso livello. Non ho ottenuto risultati eccezionali, ma sono soddisfatto perché credo di aver imparato più in questa settimana che in tutte le altre gare dell’anno.

Che c’è che cambia in una corsa del massimo livello?

La tensione che si respira. L’aspetto tattico della corsa diventa essenziale, il posizionamento in gara per ogni singolo chilometro. Non puoi davvero sbagliare nulla. Il fatto di avere vissuto tutto ciò, di avere visto piccoli miglioramenti proprio nella condotta di gara lo reputo come una vittoria personale.

Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Questo è il tuo primo anno nella squadra maggiore. Anche alla Parigi-Nizza hai affrontato grossi calibri, anche corridori come Evenepoel e Roglic, due di quelli considerati fra i “magnifici 5” che stanno cambiando il ciclismo contemporaneo. Che cosa significa correrci contro?

In questo senso la Parigi-Nizza mi ha detto molto. Si capisce che hanno qualcosa in più sia dal punto di vista fisico che tattico. Vedi corridori del genere e vedi gli altri: il 95 per cento di loro cerca di stare al passo mettendoci tutto quel che ha, ma poi quelli fanno la differenza. Non vedi in loro alti e bassi, segni di chiaro cedimento. A prescindere dalla condizione, fanno risultato. Però ho anche capito che con il sacrificio, crescendo piano piano ci si può arrivare a competere: la vittoria di Jorgenson in questo senso è un messaggio di speranza per me perché anche chi non è baciato dal talento puro può farcela.

Ora ti attendono Paesi Baschi, le Classiche e il Romandia. L’impressione è che la squadra creda fortemente in te al punto di aver portato il tuo calendario quasi all’estremo…

E’ vero e so che in corse simili, fare risultato è molto difficile. Ma è solo così che si cresce, dando il massimo e analizzando i propri errori, per questo dico che l’esito della Parigi-Nizza è stato un’ispirazione. L’Alpecin Deceuninck non è una squadra di scalatori, quindi ho spazi nelle corse più difficili, spero piano piano di poterli sfruttare.

Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Tutti sanno che tu vieni dall’esperienza della Zwift Academy, dove poche settimane fa Mattia Gaffuri ha sfiorato l’ottenimento del contratto. Tu che ci sei passato che cosa ti senti di consigliargli?

Se vuole diventare professionista deve insistere, tenere i rapporti con l’ambiente e sperare nel colpo di fortuna. La logica vorrebbe che chi da una selezione di decine di migliaia in tutto il mondo è emerso fino alla finale, all’ideale podio, dovrebbe avere una chance in questo mondo, ma è difficile che gli altri team vengano a cercarti. La ragione è semplice: il mondo dei professionisti è ristretto, c’è un ricambio continuo, guardate quanti corridori in carovana lo scorso anno sono rimasti senza contratto… Anche se ha talento – e lui ne ha da vendere – questo non basta. Io lo so bene: con Chiara Doni sapevo che aveva perso la finale di pochissimo: ho contattato mari e monti, alla fine è saltato fuori solo un breve stage a fine stagione. Chissà, potrebbe capitare anche a lui, mai rassegnarsi.