Trentin: le volate, Pogacar e… il mondiale

14.01.2022
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La casella delle vittorie nel 2021 segna una sola spunta per Matteo Trentin. Cosa un po’ insolita per questo campione. La gara che ha vinto, il Trofeo Matteotti, quasi era data per scontata. Posto poi che non c’è mai una gara facile.
Ma c’è qualcosa da rivedere è Matteo lo sa bene.

Noi stessi, qualche mese fa, lanciamo l’argomento: come mai Matteo Trentin non riesce più a vincere in volata? Cosa è successo al fortissimo corridore della UAE? I nostri dubbi avevano trovato delle risposte anche da parte di esperti e non solo nei numeri (i numerosi piazzamenti nei primi cinque). Adesso tutto ciò lo abbiamo chiesto direttamente all’interessato.

Trentin vince il Matteotti attaccando in salita (foto Instagram)
Trentin vince il Matteotti attaccando in salita (foto Instagram)

Obiettivo volate 

«Per ora – dice Trentin – l’inverno è andato bene, ho fatto un bello stacco. Sono ripartito con calma, soprattutto sapendo che Australia e Argentina non ci sono. E’ vero, ho perso diverse volate, ho colto molti piazzamenti e voglio tornare ad avere il mio spunto veloce».

«Come ci sto lavorando? Facendole in allenamento. L’anno scorso ho lavorato parecchio in salita, facevo spesso lavori di 10-15 minuti anziché fare le volate. Invece quest’anno almeno due giorni a settimana li dedico appunto agli sprint, senza contare che un paio di volate si fanno ad ogni allenamento.

«E’ importante per mantenere il fisico e la gamba abituati a certi sforzi. Le volate essendo così intense rispetto ad altri allenamenti sono davvero particolari.

«Un’altra cosa che ho ripreso è stata poi la palestra. L’anno scorso con il lockdown ho lavorato a casa, ma non è la stessa cosa».

Con Pogacar poche corse insieme, tra cui lo Slovenia. Eccoli all’europeo, ma da rivali
Con Pogacar poche corse. Eccoli all’europeo da rivali

La convivenza con Pogacar

Ma gli argomenti sul tavolo sono diversi. E una delle cose che più ci incuriosisce del 2022 di Matteo Trentin è la sua condivisione della leadership al Giro delle Fiandre, una condivisione che fino a qualche mese fa era pressoché impensabile. Invece sarà in Belgio a battagliare al fianco di Tadej Pogacar, anche se il fenomeno sloveno ha assicurato che il capitano sarà l’italiano.

D’altra parte, è anche vero che un corridore del calibro di Tadej un minimo di attenzione da parte del suo team ce l’avrà. Possiamo supporre che ci sarà qualcuno a proteggerlo nei punti critici o addetto a portarlo avanti, insomma degli uomini fidati. E se un paio di corridori dovessero andare a Pogacar, Trentin ne avrebbe altrettanti in meno…

«Io – va avanti Trentin – credo che avere in squadra un corridore come Pogacar sia un vantaggio, e non mi stupirei neanche se facesse bene, se arrivasse davanti. Lui, come Valverde, dove va… va forte, magari ha un po’ meno di esperienza però…

«Abbiamo un team di giovani molto forti sia per le classiche che per i grandi Giri. Se poi ha detto che correrà per me, potremmo aiutarci».

Al Giro del Veneto, Matteo è secondo alle spalle di Meurisse. E’ il 16° (e ultimo) piazzamento nei primi cinque del 2021
Al Giro del Veneto, secondo dietro Meurisse: 16° piazzamento nei cinque del 2021

Classiche nel mirino

Dal video Matteo sembra già molto tirato, magro in volto. Ragazzo estremamente diretto e leale va subito al sodo. Le classiche come ha detto saranno quindi i suoi grandi obiettivi di inizio stagione. Abbiamo parlato del Fiandre, ma vale anche per le altre classiche del Nord e per la Sanremo.

«Inizierò a gareggiare già a fine gennaio, il 30, alla Marsigliese, quindi farò Valenciana, Ruta del Sol, le prime corse in Belgio e arriverò alla Sanremo dalla Parigi-Nizza. Questo è il mio cammino della prima parte dell’anno.

«L’ultima stagione è stata buona, ma a fine anno se si contano le vittorie e non sono state numerose come avrei voluto. Quindi l’obiettivo per il 2022 è vincere di più. Ho anche avuto sfortuna in diverse occasioni. Spero di essere più fortunato».

E poi non dimentichiamoci che quest’anno il mondiale è molto adatto ad un corridore come lui. In Australia si annuncia un tracciato molto lungo e abbastanza facile, ammesso che 3.000 e passa metri di dislivello possano ancora classificare l’appuntamento di Wollongong come “facile”. Fatto sta che le ruote veloci (e velocissime) scalpitano.

E forse anche per questo Matteo non ha sciolto le riserve sul grande Giro da fare. Con Pogacar che punta al Tour ci sta che possa non andare in Francia. E il Giro forse è troppo vicino alle classiche di primavera. La Vuelta sembra pertanto la candidata migliore.

Pirelli sale in sella con UAE Team Emirates

22.12.2021
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Nei giorni scorsi Pirelli ha annunciato una nuova importante partnership tecnica per il 2022. A partire dalla prossima stagione le Colnago in dotazione al UAE Team Emirates monteranno gomme Pirelli. L’accordo avrà durata biennale e garantirà a Tadej Pogacar e compagni la possibilità di avere a propria disposizione gomme in grado di garantire prestazioni di alto livello. La nuova partnership interesserà anche il UAE Team ADQ, la neonata formazione femminile che farà il suo debutto ufficiale nel 2022.

La partnership con UAE Team Emirates si affianca alle collaborazioni con Trek-Segafredo e AG2R Citroen. Nel caso della Trek-Segafredo, Pirelli diventerà main partner con la presenza del proprio logo su maglia e pantaloncino.

I copertoni Pirelli saranno a disposizione anche del neonato team femminile: UAE Team ADQ
I copertoni Pirelli saranno a disposizione anche del neonato team femminile: UAE Team ADQ

Insieme a Colnago

La partnership con il UAE Team Emirates permetterà a due brand che hanno fatto la storia dello sport italiano di collaborare per la prima volta fra loro. Pirelli e Colnago avranno così l’opportunità di mettere a disposizione del team degli Emirati Arabi il meglio della loro tecnologia. In particolare gli atleti dell’UAE Team Emirates potranno scegliere tra i modelli P Zero Race TLR e P Zero Tube SL.

Una delle scelte per il Team UAE sono i copertoni P Zero Race TLR
Una delle scelte per il Team UAE sono i copertoni P Zero Race TLR

Matteo Barbieri, General Manager di Pirelli Cycling, ha così commentato l’accordo appena raggiunto con Colnago. «L’impegno di Pirelli nel mondo del ciclismo professionistico – ha detto – è oggi ancora più ampio e importante. Con questa nuova partnership non celebriamo solo l’arrivo delle nostre gomme su un nuovo team WorldTour, ma sigliamo un accordo tutto italiano, che ci vedrà sulle bici di uno dei nomi più prestigiosi del ciclismo: Colnago. Per noi è un onore ed un orgoglio. Rappresenta anche una nuova collaborazione tecnica, che ci supporterà nel realizzare prodotti sempre più performanti, per il professionista e per l’amatore».

Alle parole Matteo Barbieri hanno fatto eco quelle di Nicola Rosin, Amministratore Delegato Colnago: «E’ una partnership che ci riempie di orgoglio perché stiamo parlando di Pirelli, il brand di riferimento assoluto nel mondo racing motorsport e che, nel ciclismo, ha intrapreso oramai una via di eccellenza e innovazione sul prodotto. Siamo pronti a vincere insieme».

Di nuovo con Trentin

La collaborazione tecnica con il UAE Team Emirates permetterà a Pirelli di poter fare tesoro dei feedback che arriveranno dagli atleti. Fra questi un ruolo di rilievo potrà sicuramente rivestirlo Matteo Trentin che in passato ha già corso con gomme Pirelli e ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei pneumatici P Zero. Questi ultimi hanno fatto la loro prima apparizione nel WorldTour nel 2018. Proprio quell’anno lo stesso Trentin ottenne la medaglia d’argento ai campionati del mondo di Harrogate.

L’altra scelta a disposizione del team di Tadej Pogacar sono i copertoni P Zero Tube SL
L’altra scelta a disposizione del team di Tadej Pogacar sono i copertoni P Zero Tube SL

Matteo Trentin non ha mancato di sottolineare la sua soddisfazione nel poter tornare a utilizzare gomme Pirelli. Ecco le sue prime parole: «Sono davvero felice di tornare a correre con Pirelli il prossimo anno. E’ significativo per me, perché sono stato uno dei primi corridori a testare e competere con Pirelli da quando sono rientrati nel ciclismo con le gomme da bici. Da allora, in pochi anni sono diventati uno dei leader di mercato e, per me, probabilmente i migliori pneumatici del circuito. Io e la squadra siamo davvero entusiasti di questo nuovo passo».

Pirelli

EDITORIALE / Trentin, Olivo, il ciclocross e le solite rapine

13.12.2021
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Trentin ci sapeva fare. Glielo leggevi anche nello sguardo. Era un misto di tecnica e cattiveria. Poi, come accadeva in quel tempo e ancora adesso se il corridore non si mostra abbastanza convinto, la strada se lo portò via. Malacarne la stessa storia e, guarda caso, fu ugualmente la Quick Step a distoglierlo dai campi del ciclocross, come già successo con Stybar che, se non altro, a differenza dei due azzurri, aveva vinto cinque mondiali e magari ci stava che volesse provarsi a fondo anche su strada.

Davide Malacarne è stato iridato di cross juniores e ha poi continuato a praticarlo con la Zalf
Davide Malacarne è stato iridato di cross juniores e ha poi continuato a praticarlo con la Zalf

Il caso Bryan Olivo

Come quando si va al Tour contro Pogacar, sarebbe ingiusto pretendere dai nostri azzurri che a Vermiglio e in genere nelle competizioni internazionali possano competere contro Van Aert, Van der Poel, Pidcock, Iserbyt e quelli che con il cross si guadagnano lautamente il pane.

Tuttavia resta il fatto che da noi e in altre parti d’Europa la strada continui a mangiarsi talenti con una voracità spesso fine a se stessa.

Negli ultimi due anni, senza andare troppo lontano, abbiamo visto sparire uno junior come De Pretto, molto atteso, e quest’anno Bryan Olivo, campione italiano juniores nel 2021. Le motivazioni che lo riguardano le abbiamo raccontate con dovizia di particolari senza che siano risultate troppo convincenti. Al primo anno da under 23, dicono, è necessario che si concentri sulla strada e semmai sulla pista. Ma proprio perché al primo anno da under 23 le attese dovrebbero essere calmierate (il Cycling Team Friuli dovrebbe essere maestra nel gestirle) che male gli avrebbe fatto correre la stagione invernale, entrando in gara su strada in un secondo momento? Oppure, anche non volendolo ammettere, siamo già lì a cercare il giovane fenomeno, pensando che dedicare due mesi al cross ci priverà di un potenziale Evenepoel tricolore, senza che ad ora ce ne siano state le avvisaglie?

Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo ai tricolori di Lecce 2021: il primo è ancora nel cross, il secondo (che li vinse) non più
Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo, poi vittorioso ai tricolori di Lecce 2021

Cross e Olimpiadi

E’ difficile capire se il ciclocross diventerà mai una disciplina olimpica (invernale). Van Aert ha ragione: la base dei Paesi in cui si corre è ancora troppo stretta e c’è da lavorare affinché si allarghi. In Italia gli anni scorsi hanno visto il moltiplicarsi delle… vocazioni, ma si tratta di ragazzi molto giovani che hanno bisogno di crescere. Allo stesso modo in cui si convogliano le migliori energie sulla pista, sarebbe perciò intelligente da parte della Federazione sostenere il settore e impedire che gli elementi di maggior qualità spariscano in nome di concetti superati.

Le parole di Van Aert a Vermiglio su ciclocross e Giochi sono state chiarissime
Le parole di Van Aert a Vermiglio su ciclocross e Giochi sono state chiarissime

La scelta di Lorenzo

Masciarelli sta in Belgio, anche lui al primo anno da under 23, con una stagione di anticipo rispetto a Olivo. E lassù, dove sono nati Van Aert e Iserbyt, Van der Poel e Vanthourenhout, gli hanno fatto il discorso opposto e un contratto di due anni.

«Prima ci prendiamo un paio di stagioni – gli ha detto il grande capo Mario De Clercq – per vedere se nel cross potrai arrivare al livello dei migliori. E se così non fosse, potrai cambiare a cuor leggero, sapendo di averci provato».

Nel frattempo però, Lorenzo correrà anche su strada con la continental della Pauwels. Allo stesso modo in cui Olivo, assecondando il suo estro, potrebbe capire il suo livello nel cross, facendo durante l’estate l’attività su strada che lo farà maturare e crescere. Perché in certi casi il volere del ragazzo viene calpestato?

Matteo Trentin, San Fior 2016
Matteo Trentin, qui a San Fior 2016, sparì dal ciclocross per il quale avrebbe avuto abilità e motore
Matteo Trentin, qui a San Fior 2016, sparì dal ciclocross per il quale avrebbe avuto abilità e motore

Gap di potenza

Perché una cosa si nota guardando gli azzurrini che ogni domenica vanno a scontrarsi contro i mostri: gli mancano i cavalli, quelli che vengono quando durante l’estate metti nelle gambe un paio di corse a tappe. Hanno pure le abilità tecniche, ma non riescono a trovare qualcuno che creda in loro in quanto ciclocrossisti e li faccia correre d’estate. Senza i tanto vituperati watt che derivano dall’attività e dalla necessaria maturazione fisica, non si va avanti. Portate Dorigoni (foto di apertura) al Giro d’Italia e al Val d’Aosta e poi ne riparliamo.

Piuttosto, come accade per Olivo, li mandano su pista. E se quest’ultima ha trovato il suo binario, con l’evidente lacuna del settore velocità, il cross merita di avere una chance. Sarebbe bello che se non ci penserà la Federazione (che tuttavia sostiene la Arvedi perché faccia correre i pistard), siano i tecnici dei club ad aprire gli occhi. Siamo tutti lì a cercare i nuovi Pogacar ed Evenepoel, ci farebbe proprio schifo trovare i nuovi Van Aert e Van der Poel?

Quando la sconfitta fa male. Viaggio nella mente dell’atleta

30.10.2021
6 min
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Hanno lo stesso sguardo. Ballerini che si incammina verso il podio di Roubaix nel 1993 (foto di apertura), sconfitto al fotofinish da Duclos Lassalle, dopo aver creduto per mezz’ora di aver vinto. Fignon sul traguardo di Parigi dopo il Tour del 1989 perso per 8 secondi. Trentin sul podio dei mondiali di Harrogate, vinti da Pedersen in quell’indimenticabile volata a due. Che cosa succede nella mente di un atleta davanti a colpi così duri?

Di Trentin e del fatto che da quel giorno abbia problemi nei finali ristretti, abbiamo parlato nei giorni scorsi con il diretto interessato e con Paolo Bettini.

«Una volata brutta, fatta male – ha detto il toscano, campione olimpico ad Atene – ti rimane addosso. La superi facilmente se riesci a ricredere in te stesso e a rivincere. A volte ci vuole poco, a volte invece te la porti dietro. Di sicuro che quella volata lì, per il peso specifico che aveva, secondo me Matteo ce l’ha ancora addosso. Lui era già convinto di avere la maglia e abbiamo visto com’è andata a finire».

Un discorso complesso

Il discorso è profondo, richiede voci più qualificate. Ed è per questo che ci siamo rivolti di nuovo alla dottoressa Erika Giambarresi, Psicologa dello Sport, con la quale approfondimmo in tempi non sospetti l’approccio fra Evenepoel e la paura, dopo il terribile incidente al Lombardia 2020. Remco non era ancora rientrato alle corse e i fatti successivi dimostrarono che l’aspetto psicologico legato a un trauma è ben più profondo di quanto si pensi.

Come in questo caso. Che cosa resta nella mente di un atleta dopo una sconfitta inattesa e brutale? Una cosa è certa, si tratta di un trauma al pari di una caduta. In testa si può rompere qualcosa e capirlo non è sempre così facile.

«Sono casi delicati – spiega Erika – per i quali si lavora ovviamente sulla componente mentale, sulla gestione dell’errore. Bisogna fare in modo di lasciarselo alle spalle, perché non condizioni le prestazioni del giorno (qualora ad esempio si svolga durante una partita di calcio, ndr) e quelle future come nel nostro caso. C’è tanto da dire…».

Torniamo a parlare con Erika Giambarresi, Psicologa dello Sport
Torniamo a parlare con Erika Giambarresi, Psicologa dello Sport
E allora partiamo. L’errore che condiziona subito e anche nelle gare a venire. Come può reagire l’atleta?

Si lavora preventivamente. Si crea una routine molto specifica di reazione all’errore. E’ una sfera molto personale. Una strategia che l’atleta deve sentire sua, per adattarla al modo di reagire. Si uniscono le azioni alla parte mentale, andando a pescare pensieri funzionali positivi, tramite visualizzazioni molto brevi.

Visualizzazioni?

Una volta un atleta mi raccontò di sé e del fatto che dopo aver commesso un errore o subito una sconfitta, vedeva gli occhi della tigre e questa visualizzazione lo aiutava a ripartire. La visualizzazione è una delle chiavi.

In che modo?

Il cervello lavora al 70 per cento su immagini e parliamo davvero di tantissime immagini. Quello che si fa in caso di errori molto grandi che possono condizionare il futuro è lavorare sulle immagini prima dell’errore, poi non visualizzare l’errore, bensì la soluzione.

Una sorta di analisi del momento negativo?

Si può e si deve lavorare molto. L’errore in una gara molto importante influenza l’autoefficacia, che è diversa dall’autostima. Qui si parla della percezione di essere competenti rispetto a un compito specifico, nel caso di Trentin la volata, che di colpo viene messa in crisi: «Non sono più capace». Per questo dico che l’analisi tecnica dell’errore va fatta subito, approfittando di un occhio esterno. Non qualcuno che ti consoli, ma ti permetta di capire dove hai sbagliato. Se dopo un anno e mezzo le cose ancora non ingranano, allora ricorro certamente alla visualizzazione.

Come si fa?

E’ importante che si lavori in ambiente protetto, quindi una seduta oppure a casa, per cercare e possibilmente trovare i possibili fattori che intervengono durante la prestazione. E’ importante farlo, altrimenti ogni volta l’atleta non saprebbe come gestire la stessa situazione che si ripresentasse.

Viene quasi da pensare che sia un meccanismo mentale da allenare…

E’ esattamente così. Avere una buona routine personale di reazione all’errore è il modo per alzare l’asticella, ma devi essere molto consapevole e lucido su ogni aspetto. Se l’atleta è molto motivato, permettetemi di usare per una volta il termine «cazzuto», ci riesce.

Che cosa significa che deve essere consapevole?

Il lavoro sulla consapevolezza è la base perché l’allenamento mentale di cui abbiamo parlato sia efficace. Se l’atleta non è consapevole di quello che sta accadendo nel suo inconscio, allora corre il rischio di allontanare la causa e di auto-sabotarsi, cercando spiegazioni diverse. Per lui plausibili, ma non veritiere. Come dice benissimo Bettini nel vostro articolo precedente.

Autoconsapevolezza, bel concetto…

E’ alla base. Si deve essere consapevoli che il problema potrebbe essere nella parte emotiva e non in quella tecnica o atletica. Le emozioni si possono mettere da parte e fingere che non ci siano, ma ti condizionano. Vedere i tuoi affetti in lacrime dopo che hai sbagliato un mondiale è difficile da gestire. E’ pesante. Il primo step perciò è concentrarsi e capire che cosa ci diciamo nel dialogo interiore. Noi ci parliamo in continuazione, ma siamo i soli a sapere in che modo.

In effetti l’atleta in quei momenti è solo, con un peso bestiale sulle spalle…

Ci sono le aspettative personali, che sono la motivazione principale. Le aspettative degli sponsor. Quelle dei media che poi scriveranno di te. Le attese dei fan. La famiglia. Sono cose che si fa fatica a capire, perché lo sport di vertice è un mondo a parte. Certo, si potrebbero vedere analogie con lo stress di un top manager d’azienda, spesso la psicologia del lavoro è parallela a quella dello sport. Il manager deve rendere conto di altrettante aspettative, ma in quei casi manca la componente ambientale, perché spesso il tutto si svolge in un ufficio, che è un ambiente più protetto. L’atleta è solo in mezzo alla strada, magari anche con pioggia e freddo. Per questo la sua psicologia è un mondo a parte.

Quindi non tutti gli psicologi riescono a fare questi ragionamenti?

Quelli con Master in Psicologia dello Sport studiano tutto questo. Gli altri, quelli che seguono la psicologia clinica, certi meccanismi non li approfondiscono e quindi non saprebbero come affrontarli e gestirli. L’atleta ha dentro un mondo, indagarlo è davvero molto interessante.

Trentin e le volate ristrette: che cosa si è inceppato?

26.10.2021
5 min
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E’ possibile che una volata, nello specifico quella di Harrogate del 2019, ti rimanga nella testa e ti condizioni al punto da sbagliare le successive? Ce lo siamo chiesti parlando di Matteo Trentin, che da quel 29 settembre del 2019 non è più riuscito a vincerne una e per alzare le braccia è dovuto arrivare da solo al Matteotti dello scorso 19 settembre.

Quarto a Kuurne. Terzo alla Gand. Secondo nella 13ª tappa della Vuelta dietro Senechal, sprint a due. Secondo all’Agostoni dietro Lutsenko, sprint a due. Secondo al Giro del Veneto dietro Meurisse.

Secondo qualcuno – Paolo Bettini, ad esempio – il collegamento con quello sprint di due anni fa ha fondamento. Secondo altri, più semplicemente, Trentin spende troppo e arriva stanco alle volate. Allora partiamo da lui, dal trentino del UAE Team Emirates e sentiamo cosa dice.

L’esplosività perduta

Ieri è stato il suo primo giorno di vacanza e l’ha passato… lavorando. Tornato dal ritiro negli emirati, Matteo si è infatti dedicato con sua moglie Claudia all’organizzazione del criterium Be King che si svolgerà a Monaco il 28 novembre, con amatori accanto ai campioni e la raccolta fondi per due associazioni benefiche. Ma il tema è un altro e Matteo risponde.

«Ho perso qualcosa come esplosività – dice – è un po’ che ci ragiono su quelle sconfitte. Sono migliorato sui percorsi più duri, come ad esempio l’Agostoni, ma bisognerà mettersi a tavolino e fare una riflessione approfondita. Con l’età perdi sempre qualcosa, ma credo che una bella fetta di responsabilità ce l’abbiano avuta la pandemia e il fatto che le palestre siano rimaste a lungo chiuse. A casa puoi fare qualcosa, ma è diverso».

Manca la base?

Il discorso regge, anche se altri come ad esempio Colbrelli hanno lavorato in palestra per tutto l’anno e non hanno avuto questi problemi.

«Concentrarsi sulle volate va bene – dice – però mi è mancata la base di partenza. E poi quest’anno sono arrivato a farle solo nella seconda parte di stagione e ho trovato sulla mia strada sempre squadre piene di uomini veloci. La Deceuninck-Quick Step, ad esempio, e la Alpecin. Meurisse che mi ha battuto al Giro del Veneto è un signor corridore, ma di sicuro è al mio livello. Ci dovremo ragionare. Perché arrivo dove devo essere e a fine anno mi ritrovo 25° nella classifica Uci. Non male, considerati tutti i punti che ho buttato. Nella volata con Lutsenko, è stato bravo lui a mettermi al gancio e quando è partito io ero girato dalla parte sbagliata. Mi manca qualcosa, ma non la serenità. Quella è la stessa di sempre.

Sul podio della Agostoni, il pensiero di un’altra volata persa traspare nello sguardo
Sul podio della Agostoni, il pensiero di un’altra volata persa traspare nello sguardo

«E sul fatto che spendo troppo… Adesso lo dicono anche di Van der Poel perché hanno capito come fregarlo e non vince più. Prima quando vinceva era un fenomeno. E’ tutto relativo, questione di punti di vista…».

Bettini non è d’accordo

E proprio perché si tratta di punti di vista, Paolo Bettini ha una diversa visione del problema, partendo dall’esperienza personale.

«Vedete – dice – che trova già la scusa di non aver lavorato bene in inverno? Calato di potenza… Sì, ci può stare che magari ti manchi qualcosa a febbraio, marzo, aprile. Ma diciamo che poi arriva un certo punto che ti rimetti in pari. Non credo che sia quello. Anche perché vai forte e se poi arrivi lì e sei in due/tre e normalmente sei veloce, ci sta che ne sbagli una. Che ne sbagli due ci sta un po’ meno, ma è possibile. Se però ne sbagli tre su tre, dagli indizi si passa alle prove».

Pochi giorni dopo l’Agostoni, per Trentin battuta d’arresto al Veneto contro Meurisse
Pochi giorni dopo l’Agostoni, per Trentin battuta d’arresto al Veneto contro Meurisse

Quella volta con Riccò

Solita franchezza, ancor più credibile perché appoggiata sull’esperienza personale che, almeno quella, poco si presta a interpretazioni.

«E’ capitato anche a me – dice – personalmente. Una volata brutta, fatta male, ti rimane addosso. La superi facilmente se riesci a ricredere in te stesso e a rivincere. A volte ci vuole poco, a volte invece te la porti dietro. Di sicuro che quella volata lì, per il peso specifico che aveva, secondo me ce l’ha ancora addosso. Lui era già convinto di avere la maglia e abbiamo visto com’è andata a finire.

«Una che mi sta veramente sulle scatole è una volata in una tappa del Coppi e Bartali del 2006 a Sassuolo, pertanto si capisce che perdere una volata in quella situazione non pesa come perderla in un mondiale… Mi girarono abbastanza le scatole perché mi fregò un giovane di nome Riccò, che sottovalutai. Attaccai io, feci selezione. Questo ragazzino sempre a ruota. Feci la volata convinto di averla vinta e invece mi passò».

Dopo quella volata, Paolo arrivò secondo alla Liegi dietro Valverde, fece tre podi in altrettante volate del Giro e si sbloccò a Brescia, nella 14ª tappa, vincendo proprio in volata. E certo conveniamo sul fatto che una tappa alla Coppi e Bartali pesi meno dell’arrivo di un mondiale…

Europei, quattro anni di successi azzurri

13.09.2021
5 min
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Il primo si sarebbe dovuto correre a Nizza, ma a 40 giorni dall’attentato sul lungomare, il sindaco della città francese ritenne che non fosse opportuno far svolgere il campionato europeo di ciclismo su quella stessa strada. Così il presidente Lappartient, allora a capo dell’Unione Europea di Ciclismo che tanto aveva voluto la nascita della rassegna continentale per professionisti, portò la gara sulle strade di casa. I primi europei si corsero a Plouay e vinse Sagan su Alaphilippe. Primo italiano Diego Ulissi. La storia iniziò così.

Che all’Italia i nuovi europei piacessero si cominciò a capirlo dall’anno successivo, nel 2017 di Alexander Kristoff. Nell’edizione di 241 chilometri, prima che si decidesse per il taglio del chilometraggio, il norvegese ebbe il suo da fare per battere Elia Viviani che aveva appena iniziato la sua scalata ai vertici dopo l’oro di Rio. Era solo l’inizio e nel 2018 a Glasgow si aprì il ciclo azzurro che ieri a Trento con Colbrelli ha scolpito nel porfido trentino un poker senza precedenti.

Nel 2018 Cimolai tira la volata a Trentin che diventa campione europeo
Nel 2018 Cimolai tira la volata a Trentin che diventa campione europeo

L’urlo di “Cimo”

Era il 12 agosto quando si capì che nella nazionale italiana dei professionisti battesse ancora il cuore azzurro inaugurato da Ballerini e ripreso da Cassani. In quella giornata fredda e fradicia, un commovente Davide Cimolai ancora senza squadra, che con un podio avrebbe dato probabilmente una svolta alla carriera, prese per mano Matteo Trentin e lo lanciò nella volata vincente.

«E’ incredibile, dopo tutto quello che ho passato – spiegò il trentino – come nazionale ci siamo comportati in maniera perfetta. Volevo ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini, niente era andato dritto in questi ultimi mesi. Non voglio dimenticare nessuno, è una grandissima giornata. Ci eravamo parlati con Cimolai, doveva attaccare per portare i migliori allo scoperto. La caduta nel finale ci ha semplificato le cose. E’ stata una Italia spettacolare».

Cimolai riassunse benissimo su Instagram la sua scelta da uomo, prima che da atleta.

«Non ci sono parole per descrivere certe emozioni – scrisse – vanno solo vissute. Sono un ragazzo cresciuto con dei valori che per me vanno al di sopra di tutto come l’onestà e la generosità e che vive ancora di emozioni. Ieri è stata una delle giornate più belle della mia carriera, ha vinto l’amico Matteo Trentin, ma ad esultare per primo ed a commuovermi sono stato io».

Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince gli europei su strada ad Alkmaar
Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince gli europei su strada ad Alkmaar

Un Viviani inedito

Ancora il 12 agosto, ma l’anno successivo e sui 176 chilometri voluti dalla Uec per provare a rendere più frizzante la corsa, sulle strade di Alkmaar tocca a Elia Viviani. La crescita del veronese è sotto gli occhi di tutti. Ha già vinto il campionato italiano correndo in modo sbarazzino. Tuttavia il suo atteggiamento sulle strade olandesi spiazza tifosi, rivali e addetti ai lavori. Il veronese attacca, dimentica di essere un velocista e vince per distacco. Alle sue spalle per un solo secondo arriva Lampaert, poi Ackermann a nove. Kristoff che lo aveva castigato nel 2017 vince a 33 secondi la volata dei velocisti battuti.

«Credo che oggi abbiate conosciuto un Elia nuovo – dichiara – un Viviani che non ha paura di fare una gara dura e che corre anche qualche rischio. Quando ci sono le gambe, però, è giusto farlo».

Nella squadra della doppietta italiana corrono ancora Trentin e Cimolai, con l’aggiunta di Consonni, il cui legame con Viviani affonda le radici in pista.

Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Agosto 2020, Giacomo Nizzolo vince gli europei di Plouay
Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Agosto 2020, Giacomo Nizzolo vince gli europei di Plouay

L’anno del Covid

Si corre d’agosto anche nel 2020, nella stagione balorda del Covid in cui il ciclismo riesce a mettere in strada le sue corse più belle. L’europeo si sarebbe dovuto correre a Trento. La città trentina ha avuto l’assegnazione e punta forte sulla rassegna continentale, ma quando ci si rende conto che le restrizioni, i DPCM e i rischi oggettivi renderebbero ingestibile la situazione, si preferisce fare un passo indietro. E’ ancora una volta Lappartient a salvare l’europeo, che nella conferenza stampa tenuta sabato a Trento ha definito «i miei figli». La corsa si svolge a Plouay, ancora Francia, sulle strade del Gp Ouest France e sfruttandone la logistica.

Dall’Italia, gli ultimi azzurri arrivano in auto e in quella di Cassani viaggia Giacomo Nizzolo, fresco, come Viviani l’anno precedente, della vittoria nel campionato italiano.

Per la tripletta azzurra, il corridore dell’allora Ntt Pro Cycling si lascia indietro l’eroe di casa Demare con una grande volata.

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
A Plouay, Cassani centra con Nizzolo il terzo titolo europeo
Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
A Plouay, Cassani centra con Nizzolo il terzo titolo europeo

«Una giornata incredibile – commenta il milanese dopo il traguardo – la squadra mi ha lanciato alla perfezione, al termine di un grande lavoro da parte di tutti i miei compagni. Sinceramente nella volata non pensavo di aver avuto un buon colpo di reni, ma alla fine è bastato e sono molto felice così. Avevamo un piano preciso, che se nell’ultimo giro la corsa era ancora chiusa, avremmo lavorato per lo sprint e così abbiamo fatto».

E adesso i mondiali

Nella squadra del fantastico tris azzurro, corrono ancora Trentin e Cimolai. Il gruppo di Cassani ha un’anima forte che ruota attorno a un manipolo di campioni e veri uomini. Quel che manca ai mondiali, i cui percorsi sono disegnati per scalatori, è l’atleta di punta che possa giocarsela con Alaphilippe, Pogacar e Roglic. Si va per cicli, questo è quello degli uomini da classiche veloci, in passato abbiamo avuto quelli per le corse più dure. Il poker di Trento parla nuovamente di un campione italiano divenuto campione d’Europa. Ai mondiali di Leuven 2021 troveremo strade più adatte ai nostri uomini. E chissà che dopo la vittoria di Fourmies, non torni in ballo anche Viviani…

Fierezza Trentin: «E adesso vediamo i sapientoni…»

12.09.2021
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Trentin ha la faccia scura, la maglia sudata, gli occhi che fiammeggiano di fierezza, il volto scavato e un sorriso che non glielo togli neanche a ceffoni. Per il quarto europeo di fila, Cassani si è affidato a lui come regista e la missione è riuscita perfettamente. Quando nel finale si sono sganciati Evenepoel, Colbrelli e Cosnefroy, il bresciano del Team Bahrain Victorious aveva in tasca la benedizione di Matteo, che lo aveva già battezzato come il più in forma dei nostri.

«Abbiamo corso come sempre alla grande – dice – poi alla fine, all’attacco del penultimo giro chi aveva le gambe era lì e chi non le aveva non c’era. Punto! Peccato per il terzo posto, ma avendo Sonny davanti non potevo rischiare di menare le danze per riprendere Cosnefroy. Ho vinto la volata con un chilometro di vantaggio, potevo portare a casa una medaglietta che non era male».

Trentin è stato il regista di Cassani in corsa: un ruolo svolto con precisione e fierezza
Trentin è stato il regista di Cassani in corsa: un ruolo svolto con precisione e fierezza

In sottofondo si capisce che sul palco stiano per suonare l’Inno di Mameli, ma qui intanto si ragiona ancora. E Trentin è già alla fase dei sassolini nelle scarpe.

Cosa si è visto oggi?

Per l’ennesima volta si è vista l’Italia. Nonostante tutti i sapientoni che ci sono in giro a dire non ci sono i corridori – rivendica con fierezza – oggi i corridori c’erano e abbiamo vinto lo stesso. Domani voglio vedere chi dice che non siamo bravi. Abbiamo vinto il quarto europeo di fila. Mancavano solo Van Aert e Alaphilippe.

Su un percorso comunque duro, no?

Penso che ho fatto poche gare così dure. Bastava vedere l’altimetria, la brevità della corsa e i corridori che erano presenti. La nostra tattica era di riuscire a tenere la corsa insieme e attaccare nella discesa del Bondone, per sgretolare un po’ il gruppo e mettere in difficoltà Evenepoel.

Obiettivo non raggiunto…

Bisogna fargli i complimenti perché è venuto giù proprio bene, non lo abbiamo messo in difficoltà proprio per niente. E da lì però ci sono stati un grande Ulissi e un grande Ganna, ma sono stati grandi tutti. E quando si corre così, si porta a casa un grande risultato.

Sei riuscito a parlare con Sonny prima degli ultimi attacchi?

Avevo visto che aveva una bella gamba. Noi eravamo fuori in cinque. Di quelli che sono rientrati, c’erano Evenepoel, Ben Hermans e lui. Si è visto che le possibilità di andare con il belga le aveva. E così gli ho detto che lui aveva solo Remco da curare e io avrei pensato agli altri. Giro dopo giro si andava sempre più piano. La salita che hanno attaccato è forse quella che si è fatta più lentamente. Eravamo tutti finiti.

Fierezza sul traguardo per la volata vinta facilmente: se avessero ripreso Cosnefroy, c’era il bronzo
Fierezza sul traguardo per la volata vinta facilmente: se avessero ripreso Cosnefroy, c’era il bronzo
Che vigilia è stata?

Bella. Si sono un po’ rilassati gli animi post Olimpiadi e il gruppo c’è. Quando è così, è un piacere venire a correre.

Poi alza lo sguardo e strilla: «Claudia, guarda che sono qua…». Sua moglie è passata di gran carriera con Jacopo al collo, mentre Giovanni lo porta Quinziato, prima amico e poi procuratore. Gli chiede quanto pesi e il bimbo risponde che sono 22 chili, che però a Monaco sono 20.

«Ci credo – risponde Claudia – qua in Trentino ci sono i salumi e i formaggi, mentre a Monaco quando c’è Matteo, dobbiamo stare tutti attenti…».

Moscon ha fatto la sua parte, rintuzzando gli attacchi sul Bondone
Moscon ha fatto la sua parte, rintuzzando gli attacchi sul Bondone

Percorso da mondiale

Intanto è arrivato Moscon, sfinito e sorridente. Magari non sarà stato risolutivo, ma si è mosso anche lui dietro alcuni attacchi importanti e adesso fa rotta verso i mondiali e percorsi che più gli sorridono.

«Agli altri è mancato il gruppo che abbiamo noi – dice – il nostro obiettivo era non trovarci ad inseguire e ci siamo riusciti. Anche i leader delle altre squadre hanno dovuto muoversi in prima persona, perché eravamo in tutti i movimenti. Il circuito si è rivelato molto bello, un percorso durissimo che andrebbe benissimo per un campionato del mondo. E’ stato bello correre in casa. Avevo già vissuto questa esperienza a Innsbruck, che è la mia casa adottiva, però qui è stato qualcosa di speciale. Non avevo la condizione per esaltare i miei tifosi, ma speriamo di trovarla per i mondiali».

Cassani, vittoria figlia dei programmi (e dell’orgoglio)

12.09.2021
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Cassani ha raggiunto la zona del podio camminando tra la gente con un sorriso mai visto prima. Aveva gli occhi che splendevano, come avendo raggiunto il suo traguardo o avendo dimostrato qualcosa. Facile intuire cosa. Il cittì è un uomo dotato di orgoglio. E al netto di ogni considerazione tecnica più o meno condivisibile, quando ti mettono pesantemente in discussione e riesci a vincere, la gioia è doppia. Per questo, magari sbagliando e volendo ugualmente scommettere un euro bucato, crediamo che alla fine non accetterà le offerte federali, sulla cui entità ci sarà da ragionare: saranno fatte perché rimanga? Questo ovviamente lo dirà lui dopo aver parlato con il presidente Dagnoni.

Prima del via, Cassani ha parlato con orgoglio della compattezza del suo gruppo agli ordini di Trentin
Prima del via, Cassani ha parlato con orgoglio della compattezza del suo gruppo
Perché ridevi?

E’ stata un’emozione, una gioia. Perché sapevo che potevamo vincere. Non è una vittoria nata ieri, è nata cinque mesi fa, è nata in primavera. A dispetto di tutte le critiche che si facevano, queste vittorie si programmano. Con Sonny, Trentin e le loro squadra abbiamo detto: vogliamo puntare ai mondiali? Loro hanno accettato e abbiamo individuato il percorso. Ci hanno creduto. Per questo resto sbalordito quando qualcuno diceva che bisognava portare Colbrelli alle Olimpiadi, sono discorsi da bar. Così alla fine ho costruito una squadra che ha funzionato. Abbiamo battuto un fenomeno come Evenepoel. E’ una vittoria dei ragazzi, della federazione, di noi, che siamo andati avanti su questa strada.

Con quale spirito l’hai vissuta?

L’unica cosa che posso dire è che una settimana fa ho sentito Pioli e gli ho detto che avevo pensato spesso a lui in questi giorni e avrei voluto fare come lui. Anche se io al 30 settembre finirò. Però sai, sapere di andare via e avere i miei ragazzi al mio fianco è stata una bella soddisfazione. Ma ribadisco, è stata una vittoria della federazione, perché fino al 30 sono il cittì. E devo dire che il presidente e Amadio mi hanno messo nelle condizioni di fare bene il mio mestiere.

Per il quarto anno di seguito, il campionato europeo parla azzurro. Motivo d’orgoglio per Cassani
Per il quarto anno di seguito, il campionato europeo parla azzurro. Motivo d’orgoglio per Cassani
Sei sparito dalla circolazione nei giorni scorsi…

Volevo stare con i miei ragazzi, per condividere con loro. Decifrare il loro sentimento, creare quel gruppo che era necessario. Quindi isolarmi dal mondo esterno per concentrarmi su quello che dovevamo fare oggi. E’ stata una vigilia veramente bella, perché l’ho vissuta meglio che in altre occasioni. Sereno, tranquillo, con un grande gruppo. Parti con Trentin come regista, Sonny che sta bene e tutti gli altri che hanno corso in modo impeccabile.

Trentin come Cassani con Martini?

Quando c’è lui in gruppo, sono tranquillo. Gli do le indicazioni e lui gestisce al meglio. Remco aveva dimostrato di stare bene, ma lo abbiamo ingabbiato a dovere. Sonny è cresciuto ancora. Tenere Evenepoel su quell’ultima salita era complicato.

Stasera si brinda?

La vittoria svanisce nello stesso istante che la conquisti. E comunque stasera non si brinda (sorride, ndr), perché vanno via tutti. Per i mondiali partiamo il mercoledì sera, perché giovedì ci sarà la possibilità di visionare il percorso. Sonny farà il Matteotti con me, altri correranno in Toscana, poi ognuno va a casa. I cronoman invece partono giovedì con Velo e Villa.

Dopo i mondiali, Cassani parlerà con Cordiano Dagnoni per scoprire quale potrebbe essere il suo ruolo in Fci
Dopo i mondiali, Cassani parlerà con Cordiano Dagnoni per scoprire quale potrebbe essere il suo ruolo in Fci
Rimarrai in federazione?

Non è sicuro. Con il presidente dobbiamo parlare dei contenuti, sono quelle le cose importanti. A me piace fare. Non sarò più il commissario tecnico anche se vincessi tre medaglie d’oro in Belgio. Però bisogna vedere quali sarebbero i miei ambiti in federazione, se posso essere utile. Ambassador cosa vuol dire? Io voglio fare, mi sento ancora giovane per fare qualcosa. Se il presidente ritiene che posso essere utile, dobbiamo parlare.

Era proprio necessario cambiare il cittì?

Dopo otto anni, ritengo sia anche giusto. Poi bisogna vedere i modi e le forme. Io sono rimasto zitto negli ultimi tempi. Ho la maglia azzurra, la voglio onorare e dare onore a chi mi ha dato la possibilità di fare questi europei e questi mondiali.

Colbrelli, queste lacrime portano al paradiso. E ora il mondiale

12.09.2021
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Se potesse mettersi a saltare, Colbrelli rimbalzerebbe da Trento fino a casa. I tifosi con le sue bandiere hanno preso il podio d’assedio e quando Evenepoel lo manda a quel paese, il campione d’Europa un po’ accusa il colpo, poi però si lascia trasportare dalla gioia e se ne infischia. Rivede il Tour. Il male al ginocchio. Lo stop forzato. Livigno a rincorrere la condizione. Rivede le speranze e poi guarda la medaglia. Cosa vuole Evenepoel? Da che mondo è mondo, il più veloce non dà cambi al più forte in salita. Anche il ragazzino, crescendo, se ne farà una ragione. Quando arriva a portata di taccuino, l’Inno è già suonato, Colbrelli ha già versato le sue lacrime e ora indossa la maglia candida e azzurra d’Europa, con l’oro che squilla sulla pancia.

Con Cosnefroy ed Evenepoel, entrambi più scalatori di lui
Con Cosnefroy ed Evenepoel, entrambi più scalatori di lui
Racconta, dai…

Sono davvero contento, non è mai semplice partire da favorito. Correvamo in casa, non ero nella super condizione, perché un po’ di pressione me la sono messa. La nazionale girava alla grande e volevo ricambiarli.

Evenepoel avrebbe gradito un po’ di aiuto…

Non potevo dargli cambi. Anche lui sta andando forte e vuol dire che stavamo salendo a un passo importante. Io non avevo più la gamba fresca, però sapevo che dovevo tenerlo e non dovevo lasciarlo. Perché finita la salita, potevamo arrivare in volata.

S’è un po’ offeso…

Lui ha giocato le sue carte, io ho giocato le mie. E anche se sono più veloce, ho voluto andare sul sicuro. Non dargli tanti cambi, non ero fresco. E’ stata una giornata impegnativa, ricordiamo il mondiale di Trentin. Anche lui era il favorito con Pedersen e abbiamo visto come è andata a finire. Non volevo cascarci. Mi ha mandato a quel paese, ma io gli ho detto che avevo un po’ di crampi ed era anche vero (sorride, ndr).

Cosa c’era in quelle lacrime dopo l’arrivo?

La pressione di questa gara. Perché me la sono messa da me, volevo fare bene. C’erano la mia famiglia e i miei fans. Non capita tutti i giorni di vincere un europeo da professionisti. Quando sto bene così, posso competere ad alto livello. Non è il mondiale, ma un tassello molto importante della mia carriera.

Dopo l’arrivo, il bresciano è scoppiato in lacrime
Dopo l’arrivo, il bresciano è scoppiato in lacrime
A chi la dedichi?

La dedico a Cassani che ci ha creduto fino alla fine, anche se è il suo ultimo anno. Penso che possa lasciare il suo ruolo ancora da vincitore. E comunque c’è ancora il mondiale, siamo una squadra molto forte. Però intanto godiamoci questo giorno.

L’ultima curva?

Volevo passare per primo. L’ho fatta un po’ forte e anche se ero concentrato, ho sentito il grandissimo boato della gente. Vincere qua è stata davvero un’emozione doppia. Ho sprintato con un 54×14.

Quali sono stati i momenti decisivi?

Sicuramente la salita del Bondone, dove sono iniziati gli scatti. Poi la discesa perché l’abbiamo fatta davvero forte. Matteo (Trentin, ndr) è rientrato sui primi e il gruppo si è frazionato. Abbiamo fatto inseguire Mohoric che era uno dei favoriti e dovevamo farlo fuori. E da quel momento è stata una gara tirata, un po’ per i belgi e un po’ per i francesi. Scatti e controscatti, siamo rimasti in otto corridori e Remco metteva sempre il compagno a tirare e fare l’andatura. Finché all’ultimo giro ha dato una botta e l’ho tenuto bene.

Perché è speciale?

Perché ho vinto da favorito, sono davvero contento. Vuol dire che ho fatto un altro step importante. Ti metti tanta pressione e anche se c’è la gamba, rischi di complicarti la vita, invece è andato tutto bene.

Sul podio con Sonny, anche i figli Vittoria e Tommaso
Sul podio con Sonny, anche i figli Vittoria e Tommaso
E adesso si cambia maglia…

Mi dispiace coprire quella tricolore, perché l’avevo fatta disegnare così per me. Ma adesso ne indosso una ancora più importante.

La folla lo inghiotte sulla strada che porta in sala stampa, dove nella conferenza di rito ripeterà più o meno le stesse cose. Quando affianca e supera Evenepoel, non si scambiano nemmeno uno sguardo. Il giovane belga ha la faccia livida e probabilmente avrà bisogno di tempo per digerire la sconfitta. Anche questo lo farà crescere. Non si poteva andare avanti a suon di vittorie. Noi lo sapevamo, lui lo sta scoprendo. Ma l’atleta non si discute. E’ davvero fortissimo.