Caccia ai 5 Monumenti, chi farà prima: Pogacar o Van der Poel?

28.04.2024
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Prima di chiudere definitivamente il capitolo classiche – solo una settimana fa eravamo alla Liegi e sembra passato un secolo – restiamo ancora un po’ sul tema. E lo facciamo con Paolo Slongo, preparatore di lungo corso. Lui ha vinto classiche anche “fuori portata” con i suoi atleti, uno su tutti Nibali alla Sanremo, quindi ha una certa esperienza. La questione in ballo è: chi farà prima a conquistare tutti e cinque i Monumenti, Tadej Pogacar o Mathieu Van der Poel?

Lo sloveno e l’olandese sono stati i mattatori di questa prima parte della stagione. Il corridore della Alpecin-Deceuninck più di quello della UAE Emirates. In ogni caso i due fuoriclasse sono 3 a 3 in questa spettacolare rincorsa ai cinque monumenti che, ricordiamo, nella storia sono riusciti a conquistare solo tre corridori: Eddie Merckx, Rick Van Looy e Roger De Vlaeminck.

Già solo poter tornare a parlarne dopo tanto tempo è un piccolo traguardo. Il ciclismo ci sta regalando dei campioni assoluti e ce li dobbiamo godere. Pogacar ha vinto: Lombardia, Liegi e Fiandre. Van der Poel: Sanremo, Fiandre e Roubaix.

Paolo Slongo è oggi uno dei preparatori della Lidl-Trek
Paolo Slongo è oggi uno dei preparatori della Lidl-Trek
Paolo, dunque, chi dei due potrà arrivarci prima? Ammesso che sia possibile…

La Sanremo è difficile per Pogacar. Non è una corsa impossibile, ma proprio per questo è difficile da vincere… per tutti. Van der Poel già l’ha messa nel sacco, Pogacar no. Due anni fa, ricordo che incontrai Tadej a Cittiglio, era venuto a vedere la sua compagna Urska Zigart al Trofeo Binda. Glielo dissi: «Vincerai la Sanremo quando diverse cose si metteranno insieme, a partire dal clima particolare».

Cioè?

Mi riferisco ad un insieme di cose che potranno agevolarlo. Lui è uomo da corse a tappe, da grandi Giri quindi rispetto ad altri spende di meno, pertanto se incontra una giornata difficile, magari con freddo e pioggia le sue possibilità aumentano. Quando vinse Nibali era freddo, incontrammo due, tre acquazzoni e questo cambiò certi equilibri e il dispendio energetico. E infatti nel finale Vincenzo era più fresco di altri. Per la Sanremo quindi a Tadej, ma anche ad altri, serve anche un pizzico di fortuna e che tutto giri per il verso giusto. Alla fine non la vincemmo con Sagan… ed era la corsa perfetta per lui!

E la Roubaix? Lo stesso Pogacar ha fatto intuire che sente più fattibile la corsa delle pietre che non la Classicissima: perché? E’ questione anche di tecnologia che favorisce uno più leggero come lui?

La tecnologia credo che favorisca tutti, quindi il gap eventualmente resterebbe lo stesso. Piuttosto la Roubaix è una corsa meno aperta. Con meno sorprese. Per certi aspetti somiglia alla Strade Bianche, non tanto per il fondo particolare quanto per i settori, che siano pavè o sterrati appunto, che ti portano ad andare in soglia o fuorisoglia. In più è una corsa lunga, di resistenza, di sfinimento… in cui il dispendio energetico è enorme e uno come lui potrebbe avere meno problemi ad emergere. 

Insomma confermi che la Roubaix è più “facile” per Pogacar?

Sì, da un punto di vista tecnico il suo vero tallone d’Achille è la Sanremo, la Roubaix potrebbe esserlo da un punto di vista della programmazione.

Nella tappa del pavè del Tour 2022 Pogacar si è trovato a suo agio, ma si sa che le pietre della Roubaix sono un’altra cosa
Nella tappa del pavè del Tour 2022 Pogacar si è trovato a suo agio, ma si sa che le pietre della Roubaix sono un’altra cosa
Cosa intendi?

Che lui punta anche ai grandi Giri e la Roubaix è rischiosa. Magari rimanda un anno, rimanda un altro alla fine perde occasioni ed esperienza.

Passiamo a Van der Poel, per lui mancano all’appello Liegi e Lombardia…

Sono due corse simili, ma differenti e in periodi differenti. Sono distanti tra loro pertanto bisogna vedere con che calendario arriva al Lombardia soprattutto. In teoria essendo uomo da mondiale, potrebbe sfruttare la condizione, ma poi lì subentrano anche le strategie di squadra, che priorità danno.

Più Liegi quindi o Lombardia per VdP?

Per la Liegi ha dimostrato di poter lottare, certo è che dovrebbe tralasciare la prima parte di classiche, quella a lui più congeniale (e qui torna il discorso delle priorità del team, ndr) o quantomeno la Roubaix. Quella ti resta nelle gambe ed è vicina alle classiche delle Ardenne si è visto anche come stava all’Amstel. La Liegi è più fattibile del Lombardia.

Perché?

Perché le salite sono più lunghe e può sfruttare un po’ meno le sue caratteristiche di forza ed esplosività.

Sin qui per Van der Poel una sola partecipazione al Lombardia: era il 2020 e arrivò 10°
Sin qui per Van der Poel una sola partecipazione al Lombardia: era il 2020 e arrivò 10°
Quanti chili dovrebbe perdere Van der Poel per queste due classiche?

E’ difficilissimo rispondere, anche perché non ho i suoi dati. Ma poi siamo sicuri che possa dimagrire? Perché un conto è essere grossi e muscolati e un conto è essere “grassi”. Magari lui è già al 4-5 per cento di massa grassa e cosa vai a limare? Van der Poel ha una muscolatura ben definita e e bisognerebbe andarlo a snaturare e abbiamo visto che chi lo ha fatto spesso ci ha rimesso. E’ andare contro natura.

E il discorso dei carboidrati l’ora in teoria dovrebbe agevolare uno come VdP che può “dare da mangiare” ai suoi muscoli di più che in passato. Ci può stare questa teoria?

Non credo, ormai tutti si alimentano bene e con grande cura. E’ un po’ come il discorso della tecnologia e vale per entrambi.

Hanno un limite di tempo per questa assalto ai cinque Monumenti?

Un limite preciso non c’è. Questo dipende soprattutto da loro e dai loro stimoli più che dai loro fisici. E sotto questo aspetto Van der Poel è leggermente avvantaggiato perché lui non è uomo da corse a tappe. Queste ti usurano di più sia durante la gara stessa che nell’avvicinamento. Per Mathieu è più facile prendersi delle pausa nel corso della stagione.

Quindi secondo te ce la possono fare?

Possono senza dubbio invadere l’uno il campo dell’altro, come è già successo al Fiandre. Dico che hanno più o meno le stesse probabilità, tutto sta a quanto sono disposti a trascurare altre corse per raggiungere questi due obiettivi.

Van der Poel si inchina, ma non bacia l’anello

22.04.2024
4 min
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LIEGI (Belgio) – Van der Poel rispolvera un po’ di sano realismo e si arrende con l’onore delle armi. Sul podio c’è salito, sia pure a più di due minuti dal vincitore. E siccome è un ragazzo dotato di cervello fino, il suo bilancio di fine Liegi è lucidissimo.

«Anche con le gambe migliori non avrei potuto seguire Tadej – dice – non so davvero come sono riuscito a salire sul podio. Ora capisco perché dicono che la Liegi-Bastogne-Liegi sia difficile da abbinare alle classiche del pavé. Il recupero dopo il Fiandre e la Roubaix si è rivelato più complicato del previsto e ciò fornisce spunti di riflessione per il futuro. Vincere qui, se al via ci sarà anche Tadej, sarà molto difficile e forse addirittura impossibile».

Quando arriva per raccontarsi, l’olandese iridato è straordinariamente rilassato, come chiunque abbia vinto Fiandre e Roubaix e volendo potrebbe andarsene in vacanza e nessuno gli chiederebbe altro.

Van der Poel prima del via è stato accolto da una salva di applausi e si è concesso ai tifosi
Van der Poel prima del via è stato accolto da una salva di applausi e si è concesso ai tifosi
Sei felice o pensi ti sia mancato qualcosa?

Sono felice. Fino a cinque chilometri dalla fine, non credevo nel podio. Penso che tutti abbiano capito che oggi (ieri, ndr) era il massimo possibile per me. Rientrare è stato un grande sforzo. Ero dietro per togliermi gambali e guanti, quando davanti c’è stata la caduta e la strada si è bloccata. Pensavo che non avremmo mai rivisto la parte anteriore della corsa, quindi ero già felice che dopo un lungo inseguimento fossimo rientrati. Già sentivo che le mie gambe erano un po’ stanche, ma credo che anche con gambe migliori non avrei potuto fare niente di meglio.

Un terzo a Liegi chiude un’ottima stagione delle classiche…

Penso che la mia stagione sia già più che soddisfacente, ma sono davvero felice di essere salito sul podio anche oggi. E’ stata una decisione attentamente ponderata quella di far durare il mio picco di forma così a lungo e non vedo perché sarebbe impossibile non farlo di nuovo nei prossimi anni. Dalla Sanremo alla Liegi. E’ qualcosa che conosco da quando gareggio in inverno nel ciclocross e poi passo su strada. Mi regala lunghi periodi di competizione ad alto livello. L’unico dettaglio che forse ho sottovalutato è stato il calo di tutta la squadra dopo Roubaix. Avevamo vinto i primi tre Monumenti, è stato difficile per tutti rimanere così concentrati e motivati per il quarto. Non c’è vergogna nell’ammettere che siamo stati battuti da atleti migliori di noi.

Tanto è potente e perfetto in pianura, per quanto appare quasi fuori posto in salita
Tanto è potente e perfetto in pianura, per quanto appare quasi fuori posto in salita
Si è sempre detto che la Liegi sia una gara per scalatori.

Vero, ci sono stati scalatori migliori di me, ma alla fine mi sono trovato a sprintare contro altri scalatori e ho avuto io la meglio.

Ti pesa pensare che potresti non vincere mai una Liegi?

E’ una domanda che non mi pongo, siete voi giornalisti a farvela. Sono una persona abbastanza realistica, so che se Pogacar avrà una buona giornata, non potrò mai seguirlo nemmeno con le mie gambe migliori. Ho solo una cosa da sperare e cioè che un giorno non stia bene, altrimenti sarà sempre difficile vincere qui.

Non dipende da te in nessun modo?

Per pensare di vincere dovrei forse rinunciare ad altre corse e magari perdere qualche chilo. Preferisco andare per gradi. Come ho sempre fatto, mi concentro sulle cose che so fare meglio e questo per me significa fare Fiandre e Roubaix, che mi si addicono di più. Se per vincere la Liegi dovrò cambiare tutto, allora non sarà per i prossimi anni.

Chiamato sul podio peril terzo posto, Mathieu non sa ancora se essere felice o deluso
Chiamato sul podio peril terzo posto, Mathieu non sa ancora se essere felice o deluso
Arriva l’estate e arrivano le Olimpiadi: hai deciso fra strada e mountain bike?

Penso che la prossima settimana sarà tempo di vedere come riempiremo quest’estate, ma non ne ho ancora idea, altrimenti lo direi. Non so ancora cosa farò, tranne che adesso andrò a prendere un po’ di sole. Adoro ancora la mountain bike, ma è un anno speciale con le Olimpiadi. Posso vincere la strada e come ho già detto, non voglio scommettere due cavalli e poi magari fallire con entrambi. Quindi vedremo dove porta l’estate.

L’ago della bilancia si va spostando verso la strada, ma forse gli scoccia anche ammetterlo. La lezione di Glasgow è stata chiara: dopo la vittoria del mondiale su strada, quello in mountain bike contro Pidcock è sembrato un brutto sogno. E va bene che inseguirli fa restare giovani, ma siamo certi che abbia senso rinunciare a un oro olimpico su strada per inseguirne uno anche più improbabile sulla Mtb?

Niente di facile, ma tutto secondo copione: la Liegi è di Pogacar

21.04.2024
6 min
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LIEGI (Belgio) – Facile come una lezione imparata così bene da non ammettere repliche. Tadej Pogacar ha fatto quello che si era proposto e agli altri non è restato che il podio. Una giornata fredda. Due gradi al mattino a Baraque de la Fraiture, la neve sugli alberi. Pioggia a scrosci a rendere davvero crudele una domenica già dura di per sé. Poi lentamente il sole si è fatto largo e la corsa è entrata nel vivo. La UAE Emirates ha scandito la marcia su ogni salita in direzione di Liegi, lasciando intuire una strategia chiara e condivisa. Lo spauracchio Van der Poel non si è mai visto se non alla fine, costretto a inseguire dopo una caduta, ma mai realmente in gara. Se la sua presenza era dovuta al voler omaggiare la corsa, la maglia che indossa e il suo grande rivale, l’applauso sarà ampiamente meritato.

L’attacco è arrivato sulla Redoute, dopo che Novak ha dato l’ennesima tirata di una giornata per lui memorabile. A quel punto non restava che andare e Tadej è andato. E’ partito nella parte bassa della salita: presto rispetto al solito, ma se avesse aspettato magari qualcun altro avrebbe avuto la stessa idea. Ci ha provato Carapaz a stargli dietro, poi anche il campione olimpico di Tokyo ha perso il conto dei battiti e si è rimesso a sedere.

Nella prima fuga della Liegi, anche Christian Scaroni: il gruppetto è arrivato fino a Stavelot
Nella prima fuga della Liegi, anche Christian Scaroni: il gruppetto è arrivato fino a Stavelot

Il copione perfetto

Da quel punto, la Liegi-Bastogne-Liegi si è trasformata in un assolo. Un copione cui dovremmo ormai essere abituati, dato l’andamento recente delle grandi classiche, ma che ci lascia ogni volta senza fiato. Elegante come chi non è davvero al limite, cattivo come chi non ha bisogno di mettersi strane espressioni sulla faccia. Pogacar ha spinto duro per 34 chilometri con la guarnitura 55-38 che ha scelto dente dopo dente e gli è stata consegnata a tempo di record, perché aveva in mente un’azione simile e ha voluto avere gli strumenti giusti.

«C’era una strategia – spiega il diesse Hauptman, che blocchiamo appena scende dall’ammiraglia – ma la teoria è una cosa e la corsa un’altra. Bax ha tirato quasi 160 chilometri, ha fatto un gran lavoro. Poi Novak, con Finn e Diego (Ulissi, ndr), hanno fatto un ritmo forte in salita per far soffrire gli altri. Il nostro programma era che Tadej partisse sulla Redoute e abbiamo lavorato per questo. Quando Van der Poel è caduto, noi eravamo già davanti a tirare, ma abbiamo fatto un passo normale, visto che sono rientrati pur avendo già un minuto e mezzo.

«Cosa ho pensato quando Tadej è partito?  Ho incrociato le dita (sorride, alzando gli occhi al cielo, ndr), perché non sai mai. Dopo una classica così, se vai in crisi negli ultimi 10 chilometri, puoi avere un grande vantaggio, ma perdi tutto. Per cui, finché non siamo arrivati all’ultimo rettilineo, ero un po’ teso. Guidare uno come Tadej è un orgoglio, una responsabilità e anche una preoccupazione. Però mi piace…».

Sullo Stockeu, come su tutte le salite della Liegi, il UAE Team Emirates ha scandito un ritmo alto
Sullo Stockeu, come su tutte le salite della Liegi, il UAE Team Emirates ha scandito un ritmo alto

La forza del gruppo

La zona dell’arrivo è un ribollire di birre e tifosi, attirati dalla tregua del maltempo. Davanti al pullman della UAE Emirates, in attesa di parlare con Pogacar, c’è Matxin che ne descrive la grandezza, la perfezione, l’ineffabilità. E così dopo questa lunga teoria di lodi, ci viene la curiosità di chiedergli se in realtà non sia difficile essere così perfetti. E lui risponde con un sorriso.

«Secondo me – dice – la cosa più difficile è creare un gruppo, quando ci sono corridori dal livello di Hirschi, Almeida e Ulissi. Come lo convinci uno come Diego, con il palmares che ha, che deve tirare quando mancano tanti chilometri perché consideriamo che è la cosa giusta da fare? Sono orgoglioso di avere creato l’atmosfera giusta. E credo che la squadra abbia funzionato bene anche quando Tadej era solo. Quando hanno visto che Hirschi e Almeida facevano buona guardia, quelli dietro hanno capito che non si sarebbero potuti organizzare e contro un Pogacar in condizione così perfetta hanno perso la speranza».

Attacco sulla Redoute: ci siamo. Pogacar fa il vuoto e se ne va
Attacco sulla Redoute: ci siamo. Pogacar fa il vuoto e se ne va

La dedica speciale

Pogacar arriva riguardandosi l’arrivo nel cellulare. Fende la sala stampa e va a sedersi sulla sedia della cattedra. Oggi la Permanence si trova all’interno di un polo universitario e tutto fa pensare di essere tornati a scuola, a cominciare dai bagni. Il berretto di lana in testa e lo sguardo normale, come se non avesse appena vinto la Liegi. In realtà la scarica delle emozioni le ha tenute dentro sul traguardo, con quelle dita al cielo che ora spiega con un filo di commozione.

«Due anni fa – dice – in questo stesso giorno, la madre di Urska morì poco prima della Liegi e io rinunciai a correre e corsi a casa. Anche l’anno scorso qui sono caduto e ho rovinato la mia stagione. Oggi è stata una corsa piuttosto emozionante e ho pensato molto a Daria, la mamma di Urska. E penso che questo mi abbia dato la forza anche per venire e arrivare da solo fino al traguardo. Ho attaccato davvero forte, a tutto gas dalla base della Redoute fino alla cima. Novak ha fatto un ottimo lavoro tirando per le prime centinaia di metri e poi è toccato a me. Serviva tanta forza e l’ho avuta».

Normalità disarmante

Lo guardi e pensi a quella che per lui è normalità e fai anche fatica a trovare qualcosa da chiedergli, vista l’assenza di pathos in una vittoria così grande da non aver aperto neanche una crepa nella sua corazza.

«In realtà è stata piuttosto dura – ci smentisce – con il vento contrario dopo 230 di gara e con questo freddo. Non è bello e non è scontato, ma una volta che senti che il divario è di un minuto, allora ti sembra più facile. Oddio, facile proprio no. Diciamo che ti dà una motivazione in più (sorride, ndr). Sono azioni che si progettano, in cui credi, ma che non prepari a casa. Non sono cose che alleni, non avrebbe senso. Ma per me le corse sono così: devi provarci. Può andare bene o anche male, ma devi provarci. Cosa vorrei fare adesso? Ci starebbe bene una bella settimana di vacanze, come ha detto Mathieu (lancia lo sguardo a Van der Poel seduto accanto, che ride, ndr) che sta per andare a Dubai. E’ una bella scelta, non dispiacerebbe neanche a me, ma ho un lavoro da fare in Italia».

Liegi, domani si corre e Van der Poel ha pronta la sorpresa

20.04.2024
5 min
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LIEGI (Belgio) – «Ci proverò, ma sarà difficile. Non ho il terreno giusto – dice Van der Poel – e davanti questa volta c’è Pogacar, che è davvero forte in questo tipo di gare. Penso che la stagione sia già stata molto buona e penso che le gare passate fossero le più adatte a me, ma sono qui per provare a vincere».

Il campione del mondo risponde quasi annoiato alle domande che lo speaker deve necessariamente fargli, altrimenti come la scalda la poca gente accorsa sotto al palco? Piove a sprazzi e a sprazzi viene fuori un timido sole, di base però fa ancora freddo. E fredda è pure la presentazione delle squadre, la terza lungo l’argine dell’Ourthe, in un viale senza poesia né nobiltà, ai margini della città. Dopo la Sanremo scacciata da Milano, la Liegi fuori dal centro della città in cui era accolta come una regina lascia un sapore sempre più strano.

Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)
Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)

La ciliegina sulla torta

Siamo quasi certi che Van der Poel abbia in mente qualcosa di veramente grande per domani. Il suo pullman è l’ultimo in attesa di ripartire, in questa sorta di passerella meccanica in cui i corridori vengono scaricati, presentati, applauditi, intervistati e riportati in hotel. A costo di sembrare vecchi, ricordiamo che fino a prima del Covid, gli atleti passavano fra il pubblico, firmavano autografi e posavano per foto. Oggi c’è distacco e chissà quanto sia positivo.

«Ho ricaricato le batterie – dice il campione del mondo – sono andato in Spagna e sono riuscito a fare qualche buon allenamento al caldo. Sono tornato in Belgio giovedì sera per fare la recon del percorso con i miei compagni di venerdì, ma alla fine ho deciso di farne a meno. Diluviava e anche se non partecipo dal 2020, credo di conoscere queste strade a memoria. Non credo che l’Amstel significhi che sono in calo di forma: non avevo gambe, ma non ero neppure tanto male. Certo però Pogacar sarà un rivale difficile da sorprendere: è un corridore di classe purissima che correrà sul suo percorso preferito. Però penso che posso vincere. Se non ne fossi convinto, non parteciperei nemmeno. Ma tutto dovrà essere perfetto. E se dovesse andare bene, sarebbe anche più della ciliegina sulla torta».

Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)
Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)

Il malumore di Madiot

Hanno presentato le donne insieme agli uomini: le stesse squadre sullo stesso palco. E mentre il meccanismo andava avanti, abbiamo trovato il modo di fare due domande a Marc Madiot. Il team manager spesso ribelle della Groupama-FDJ ha espresso nei giorni scorsi una serie di valutazioni molto chiare sulla sicurezza delle corse.

«E’ tutto il sistema che non funziona – dice – a cominciare da chi valuta i percorsi. Dopo la caduta nei Paesi Baschi, sono stati accusati gli organizzatori, ma credo sia tempo che le valutazioni vengano fatte con qualche mese di anticipo da persone davvero indipendenti. E questa è la minima parte, perché dobbiamo parlare anche dei corridori.

«Avete fatto caso che la prima cosa dopo l’arrivo è spingere un tasto sul manubrio? Sono delle macchine che producono watt, in corsa come a casa. Dalla macchina gli dicono come è fatta la curva, poi però succede che il gps non ti segnala che ci sono anche i tombini e il corridore cade. E così passiamo alle radio, che dovrebbero essere uguali per tutti e solo con informazioni di servizio. E poi alle biciclette, che sono sempre più al limite. L’UCI potrebbe mettere mano a tanti aspetti per rendere questo ambiente più sicuro, ma si batte per la lunghezza dei calzini. Perciò domani andrò in corsa e i dimenticherò di tutto. Perché la Liegi è la Liegi e quando si comincia comanda l’istinto».

Pidcock alza il tiro

Quelli della Ineos Grenadiers sono venuti con Pidcock e Bernal, il primo per fare la corsa, il secondo per continuare a migliorare sulla strada di un pieno recupero. E Pidcock, che ha vinto l’Amstel poi si è congelato alla Freccia Vallone, ha lasciato intendere di aver recuperato.

«Sicuramente mi sono riscaldato – sorride – e non posso dire di essere orgoglioso della mia prestazione di mercoledì, ma ho preferito prevenire che curare. Per domani mi sento veramente bene. Questa è una delle mie gare preferite: so quanto sarà difficile, ma sono pronto per affrontare la sofferenza che certamente ci sarà. L’anno scorso arrivai secondo dietro Remco e se ci penso, dico che la feci molto bene. Tatticamente e anche fisicamente tirai fuori il massimo di quello che avevo, ma questa volta ci arrivo meglio. Il podio va bene, ma vincere una Monumento avrebbe un altro sapore».

Pogacar è passato e ha ripetuto quello che ha detto ieri. La sua presenza, al pari di quella di Van der Poel alla Roubaix, è il fattore con cui fare di conto. Eppure non deve essere facile sentire tutti gli occhi puntati e sapere che sono tutti lì ad aspettare una tua mossa. Lui se la ride e strizza l’occhio, probabilmente il segreto è tutto nella leggerezza.

Van der Poel tra Roubaix e Amstel: l’analisi di Zanini

20.04.2024
5 min
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Ancora 24 ore, o poco più, e sarà Liegi-Bastogne-Liegi. Già pregustiamo lo scontro fra Tadej Pogacar e Mathieu Van der Poel. Certo, il percorso vallone gioca a favore dello sloveno, ma se l’olandese avesse di nuovo (o ancora) la gamba della Roubaix allora vedremmo scintille.

Ed è proprio su questo punto che vogliamo insistere. Se ieri in ricognizione abbiamo visto un Pogacar pimpante, ci si chiede come stia davvero Van der Poel. Com’è la sua gamba? E’ di nuovo o ancora fortissima come a Roubaix o è in fase di stallo come abbiamo visto all’Amstel Gold Race (sbuffante nella foto di apertura)?

Abbiamo fatto un’analisi insieme a Stefano Zanini. Oggi “Zazà” è uno dei tecnici dell’Astana-Qazaqstan, ma più che come direttore sportivo lo abbiamo tirato in ballo in quanto ex corridore. Ex corridore che sapeva andare forte alla Roubaix e fortissimo, tanto vincerne anche una, all’Amstel Gold Race.

Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Instagram)
Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Pinterest)
Stefano, com’è dunque possibile che Van der Poel passi dalla gamba “fotonica”, che ha mostrato e dichiarato di aver avuto alla Roubaix, alla “non gamba” dell’Amstel in appena sette giorni? 

E’ possibile che la situazione cambi così nettamente anche in pochi giorni. Ed è possibile proprio perché come ha detto lui stesso, alla Roubaix era in giornata di grazia, quindi ha pescato un picco eccezionale. Magari in quel momento non pensava di sprecare tante energie… ma le spendeva eccome. E poi non bisogna considerare solo la Roubaix e l’avvicinamento alla Roubaix, ma bisogna inquadrare il tutto, nella sua Campagna del Nord.

Spiegaci meglio.

Nel senso che l’olandese ha fatto tutte classiche importanti. Ed erano tutte corse in cui puntava a vincere: queste alla fine lasciano il segno. Quindi questo calo per me ci sta.

Tu hai corso la Roubaix e sai cosa significhi a livello muscolare. Quei sobbalzi, quegli “urti” continui possono incidere più del previsto? Posto che VdP sul pavé ci danza senza guanti.

Anche se è fortissimo, parliamo sempre di un umano. E’ normale che paghi dazio anche lui. La Roubaix in qualche modo ti esce fuori dopo qualche giorno, a chi di più a chi di meno, ma esce. Come ho detto queste gare, le classiche, vanno valutate tutte insieme e sono gare esigenti. Riguardo ai guanti, ce ne sono in tanti senza.Io anche non avevo le piaghe alle mani. Idem Boonen e Museeuw. Dipende molto da come stai sulla bici e da quanto stringi i comandi e il manubrio, ma quella è una conseguenza di come affronti il pavé.

Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Tu cosa facevi nei giorni post Roubaix? VdP per esempio dopo il Fiandre è tornato in Spagna, ma è la stessa cosa farlo dopo la corsa fiamminga e farlo dopo quella francese?

Ai nostri tempi il calendario era diverso. Dopo la Roubaix non c’era l’Amstel, ma c’erano la Freccia Vallone e il Gp Escaut, quindi Liegi e infine Amstel. Io all’epoca non tornavo a casa, ma restavo in Belgio. Facevo Freccia e Liegi in appoggio ai capitani, mentre Escaut e Amstel come leader. Restando su in Belgio cosa succedeva? Che prima di tutto non ti allenavi, ma uscivi in bici solo per scioglierti, per recuperare quell’ora e mezza, due al massimo tra una corsa e l’altra. Avevi sempre il tuo massaggiatore che tra sgambate e massaggio ti aiutava moltissimo nel recupero. E terzo se stavi lassù per tutta la Campagna vuol dire che stavi bene, che eri in forma e quindi recuperavi in fretta. Il massaggio post Roubaix era importante per le gambe ovviamente, ma anche per le braccia e la schiena.

In Spagna VdP ha scelto di rilassarsi giocando a golf e di allenarsi al sole…

Sì, ma credo che a quel livello abbia avuto di certo il suo massaggiatore di fiducia con sé. E se non aveva proprio il suo, avrà avuto un referente in Spagna visto che ci va spesso. Non posso immaginare che non abbia fatto i massaggi… dopo la Roubaix servono.

Sarebbe un’ingenuità insomma. E sul piano mentale? Di fatto Van der Poel  i suoi due maggiori goal li ha centrati (Fiandre e Roubaix, appunto): questo può incidere sull’approccio psicologico?

Può starci anche questo punto di vista, certo. L’Amstel, anche se era la corsa di casa, già ce l’aveva in bacheca. E poi è umano anche lui, magari pensava più alla Liegi. Mathieu ha passato un inverno senza corse su strada. Ha esordito con la Sanremo e poi ha fatto le sue gare tutte con l’obiettivo di vincere. Aveva perciò le sue pressioni.

Dici possa essere un fatto di pressione?

Dico che si può essere più o meno motivati. A lui magari la pressione piace pure, ci si motiva e la gestisce bene. Anche perché se vinci le gare che ti sei prefissato significa che la pressione la reggi.

VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
E allora forse questo duello con Pogacar gli può ridare lo stimolo giusto?

Van der Poel è fortissimo, ma ha vinto gare dove non ci sono salite lunghe, corse con strappi brevi che richiedono sforzi esplosivi tipo quelli che fa nel cross. Al massimo ha vinto la Strade Bianche, ma è una corsa particolare, e comunque le salite restano brevi. La Liegi invece è un’altra gara. Sì, forse VdP avrà avuto un calo mentale all’Amstel, ma sul piano fisico sono convinto che stia ancora bene. Alla fine ha iniziato a correre alla Sanremo. La forma è ad alto livello ancora.

Nella sua unica apparizione alla Liegi, VdP vanta un sesto posto. Ma va detto che era quella della particolare annata del Covid…

Il problema per lui è che Pogacar è difficile da battere su un terreno così. Ci può stare che arrivi davanti, ma sulle salite lunghe lo sloveno può fare la differenza. Poi dipenderà anche da come andrà la corsa.  E’ una sfida interessante senza dubbio. Se vogliono togliersi Van der Poel devono rendere la corsa dura dal chilometro 150, da Vielsam da dove poi inizia la sequenza delle cotes di: Monte le Soie, Wanne e Stockeu.

Un giorno con Pogacar, fra bici, interviste, sogni e paure

19.04.2024
7 min
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BILZEN (Belgio) – L’hotel dove Tadej Pogacar incontra i giornalisti nel pomeriggio è un vecchio castello rimesso a nuovo, con mura in mattoncini fuori e vetrate scure che affacciano su prati verdi a perdita d’occhio. Si fa presto a capire perché mai il Belgio sia tanto verde, dato che anche oggi ha piovuto ininterrottamente dal mattino e soltanto alle 16 ha deciso di smettere.

Quando stamattina lo sloveno e i suoi compagni hanno arrestato il pullman sulla strada fra Trois Ponts e Stavelot, è servita tutta la loro grinta per vestirsi e partire lungo gli ultimi 100 chilometri della Liegi. Ulissi, che mercoledì si è sciroppato la Freccia Vallone, guardava il cielo poco convinto, ma Tadej è arrivato ieri sera e i compagni lo hanno aspettato per la “recon”. Si sono coperti con guanti in neoprene degni di un sub, hanno chiuso ogni possibile spiffero e sono spariti alla volta della Cote da Wanne, prima salita di giornata.

«Abbiamo fatto una bella ricognizione – dice Pogacar – mi piace sempre ripassare le strade di una delle mie corse preferite. Sta diventando una tradizione, da sei anni facciamo più o meno sempre gli stessi allenamenti e oggi non ha fatto eccezione. Siamo andati e abbiamo spinto forte per non avere freddo. Così la distanza è passata molto velocemente».

Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio
Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio

La Freccia Vallone è rimasta negli occhi di tutti i corridori e se ne fa ancora un gran parlare. Anche Pogacar l’ha seguita in televisione e ammette di aver sofferto per i suoi compagni. Il ragazzo ha la solita faccia pulita e gli occhi stanchi, ma come al solito appare molto ben disposto, per cui le domande arrivano e spaziano. Non solo la Liegi, ma anche le cadute e tutto quello che per un motivo o per l’altro popola la fantasia di venti giornalisti venuti da tutte le parti soltanto per lui.

Domenica scontro con Van der Poel: chi di voi due secondo te è fisicamente più attrezzato per queste gare?

Non vedo l’ora di affrontare di nuovo Mathieu, ma non penso che ci sia solo lui da tenere d’occhio. La Liegi è adatta agli scalatori più che ai corridori più pesanti come Mathieu, ma sappiamo che lui può fare tutto. Penso che domenica sarà una gara abbastanza aperta, con molti attacchi da lontano e tutto può succedere. E’ una gara molto lunga, una delle più lunghe dell’anno, con tanti metri di dislivello in salita. Si adatta meglio ai ciclisti un po’ più leggeri, ma comunque incisivi.

Che cosa pensi di quello che ha fatto Mathieu in questa primavera?

Ogni anno, ormai. Quello che fa ogni anno è fantastico, anche se questa volta si riconosce di più con la maglia di campione del mondo. Sta scegliendo le sue gare e si esibisce ogni volta ad altissimo livello. Per questo è anche divertente correre contro di lui, anche se forse divertente non è la parola giusta.

La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
Cambiando discorso, che cosa ti è parso delle cadute che si sono viste di recente?

Penso che quest’anno ho visto uno dei due incidenti più orribili di sempre mentre guardavo la televisione. Non è stato bello vedere queste enormi cadute, in cui i corridori a terra non si muovevano nemmeno. Erano sdraiati e fermi e da casa ero lì a sperare che qualcuno venisse a prenderli velocemente e ad aiutarli. Purtroppo non ci si può fare nulla, è già successo. Gli incidenti accadono continuamente e altri ne accadranno. Il ciclismo è uno sport molto pericoloso, spero che tutti lo sappiano. Ogni anno andiamo sempre più veloci. Abbiamo attrezzature più veloci. Superiamo i limiti dei nostri corpi e delle bici. Ovviamente non possiamo provare tutte le tappe, tutte le strade. Hai le mappe per studiarle. Puoi farlo con Google Maps, Earth View, qualunque cosa. Puoi vedere la strada, ma non è la stessa cosa se la conosci. Per cui andiamo e basta.

Pensi che ci sia un po’ di responsabilità anche dei corridori?

Certamente sì. Molti corridori incolpano gli organizzatori, ma a volte è solo colpa nostra. Andiamo troppo veloci. Non sempre le cadute sono dovute a buche o crateri, ma certo non abbiamo la fortuna di correre sempre su asfalto nuovo. Andiamo più veloci in ogni discesa, in ogni salita, in ogni tratto pianeggiante. Poi si somma la stanchezza dei corpi e normalmente ci sono cadute. Anche io sono caduto alla scorsa Liegi, ma la colpa fu soltanto mia. Mi stavo concentrando per risparmiare quanta più energia possibile. Ero dietro al mio compagno Vegard, che è piuttosto grande e non vedevo niente. Così, quando Michael Honoré è caduto, non ho potuto evitarlo

E comunque domenica si torna alla Liegi, nella stagione del Giro e del Tour: in che modo la Doyenne si inserisce nel programma?

Sono abbastanza in forma. Vengo dal ritiro di Sierra Nevada e sono già concentrato sul Giro e sul Tour, ma credo di essermi preparato abbastanza bene anche per domenica. Mi piace molto questo programma. Non è troppo pesante e mi lascia molto tempo per allenamento e riposo fra una corsa e l’altra. Al contempo mi aiuta a trovare motivazioni nelle gare che faccio. Quando guardo il Fiandre, l’Amstel o la Freccia vorrei correrle anche io, ma so anche che devo essere più fresco per il Giro e poi per il Tour. Quindi la motivazione arriva con ogni gara che vedo in tivù.

La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La caduta dei Baschi ha colpito tre dei pretendenti al Tour, cosa hai pensato quando te ne sei reso conto?

So per esperienza che ci vuole molto tempo per recuperare. Il corpo ha bisogno di tempo, anche se la mente è pronta per andare sulla bici. Vorresti spingere, ma il corpo ha bisogno di riprendersi, qualsiasi sia la frattura o il danno. Un infortunio così influisce sulla preparazione e anche sulla parte mentale, quindi spero che tutti possano recuperare il più velocemente possibile. Che possano andare ad allenarsi in altura più velocemente possibile. So quanto sia importante avere più tempo possibile e penso che ne abbiano ancora abbastanza per il Tour.

Vorresti che Vingegaard fosse al Tour, dunque?

Sì, di sicuro. Sono il tipo di persona che vuole sempre gareggiare contro i migliori e Jonas è probabilmente il miglior scalatore del mondo. Mi auguro che torni allo stesso livello di prima e che possiamo creare ancora una volta un buono spettacolo. E spero che nessuno pensi che sia felice del suo infortunio, altrimenti dovrei pensare che qualcuno lo scorso anno lo sia stato per il mio e non vorrei pensarci.

Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Cosa ti aspetti dalla sfida Giro-Tour?

Ci saranno degli alti e bassi in questo programma, ma adoro correre in Italia. Ho corso in Italia per tutta la mia vita e voglio arrivare a Roma con buone sensazioni e vivere bene quelle tre settimane. Poi ovviamente voglio passare una bella settimana dopo il Giro e iniziare il lavoro per il Tour e prepararmi a soffrire in Francia. L’importante sarà finire il Giro bene mentalmente e anche fisicamente, non essere del tutto distrutto. Non servirà fare chissà cosa, in quel mese non servirà sfinirsi. Il corpo sarà ancora in forma, servirà seguire le sensazioni per arrivare al Tour de France non cotti.

Tornando alla Liegi, dopo gli 80 chilometri di fuga alla Strade Bianche e i 60 di Van der Poel alla Roubaix, cosa dobbiamo aspettarci per domenica?

Attaccherò ai meno 100 (ride ndr). Perché no? Si fa per ridere, ragazzi. Penso che questa non sia la Roubaix e neanche la Strade Bianche. Le salite più dure della Liegi si affrontano nel finale, quindi penso che sia piuttosto difficile andare via troppo presto. Vi dirò anche che mi manca Remco nella lista dei partenti, lo ammetto. Perché ha vinto le ultime due edizioni, in cui io non sono stato nei finali. Speravo dall’inizio dell’anno che ci saremmo scontrati qui alla Liegi, perché lui ama questa corsa e la adoro anch’io. Sarebbe stato interessante. Il ciclismo a volte fa schifo, quando succedono queste cose. Quando in gara ci sono tutti quelli del massimo livello e ugualmente riesco a vincere, mi sento sicuramente più soddisfatto.

Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Pensi che domenica potresti perdere?

Non penso a perdere. Voglio dire che in questa gara ci sono così tante salite ed è una gara così lunga, che puoi essere sorpreso da un gruppetto che va via e devi avere una buona squadra per controllare. Penso che ci siano parecchi altri contendenti. Quindi guai sentirsi già vincitori, dovremo essere molto attenti nel finale.

Ci pensi davvero a vincere i cinque Monumenti?

La Sanremo si avvicina ogni anno di più, ma è una delle gare più difficili da vincere. E la Parigi-Roubaix, vedendo come si è corsa negli ultimi due anni, potrebbe essere adatta a me. Potrei vedermi lì dentro. Non è la soluzione migliore per i piani della squadra, ma di certo proverò a vincerla. Non serve neanche parlarne tanto, la squadra lo sa. Penso che sia abbastanza chiaro che cerco di vincere il più possibile e che non mi piacciono i programmi copia e incolla.

La sicurezza di ABUS per Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck

17.04.2024
3 min
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Il brand tedesco ABUS è quest’anno il partner per quanto riguarda la sicurezza dei pro team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck. E proprio in virtù del ruolo di partner ufficiale per la sicurezza di entrambe le squadre, sia la maschile quanto la femminile, ABUS garantisce che sia le biciclette che le maglie di Mathieu Van der Poel, Jasper Philipsen, Puck Pieterse e tutti i membri del team siano sempre al… sicuro! 

In virtù del proprio “status”, ovvero quello di essere uno dei produttori leader a livello mondiale di tecnologie di sicurezza e soluzioni personalizzate in questo campo, ABUS protegge le proprietà delle squadre sia sul percorso di assistenza che durante le gare e gli stage di allenamento. Oltre a dotarli delle più moderne attrezzature di sicurezza, ABUS svolge anche un vero e proprio servizio di formazione a tutti i membri del team. 

Un partner affidabile

«Noi di ABUS – ha dichiarato Christian Rothe, membro del comitato esecutivo di ABUS – siamo estremamente lieti di poter supportare i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck e i loro sostenitori in qualità di Partner ufficiale per la sicurezza. Sono soprattutto le squadre di alto livello ad avere un enorme bisogno di sicurezza. Mettere in sicurezza la bici di Mathieu Van der Poel durante una pausa caffè, oppure durante un giro di allenamento è una cosa, mettere in sicurezza in modo efficace un intero percorso di assistenza, compresa una flotta di veicoli utilizzati in tutto il mondo, è una sfida molto speciale e completa»

«Questa che ci si presenta – continua – è una grande opportunità per ABUS di dimostrare che i nostri due settori di business, Mobile Security e Home Security, sono perfettamente collegati tra loro e che sono in grado di offrire un concetto globale a tutto tondo per la sicurezza sia mobile che fissa».

Anche Alessandro Ballan, qui in versione… Eroico, è testimonial del brand
Anche Alessandro Ballan, qui in versione… Eroico, è testimonial del brand

«ABUS è per noi un partner molto importante – hanno ribattuto i dirigenti del team Philip e Christoph Roodhooft – ed in ogni passo che facciamo, la sicurezza delle piattaforme ricopre un ruolo vitale. Con loro siamo sicuri di lavorare con un partner che può supportarci in qualsiasi passo, con grande esperienza e storia nel mondo della sicurezza. Abbiamo esigenze diverse, nel nostro magazzino e durante i viaggi, ma con ABUS abbiamo trovato un alleato che può guidarci e supportarci in qualsiasi specifica situazione».

ABUS

Van der Poel a Liegi? Bartoli e Bettini dicono di no

16.04.2024
5 min
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Due che la Liegi la conoscono come le strade di casa, per averne conquistata una coppia ciascuno: Michele Bartoli e Paolo Bettini. Il maestro e l’allievo, esperti di Ardenne come pochi altri al mondo. Li abbiamo interpellati sul tema che inizia a tenere banco nei bar: Van der Poel può vincere la Liegi, scalzando Pogacar?

Si sa, quando ti restano negli occhi grandi imprese come quella dell’olandese alla Roubaix, ti sembra che per lui sia tutto possibile. Però poi si torna con i piedi per terra e si capisce che l’impossibile in realtà non esiste.

«Un bel duello fra Pogacar e Remco – dice Bartoli – quello sì che me lo sarei goduto! Ma stavolta è toccato a Evenepoel infortunarsi e per il secondo anno consecutivo, non riusciremo a vederlo. Ma ditemi una cosa: siete anche voi fra quelli che pensano che Van der Poel possa vincere la Liegi? Io non ci credo».

«Anche io sto dalla parte di quelli che indicano Van der Poel fuori dai giochi per la Liegi – dice Bettini – secondo me non può insidiare Pogacar, che su quel tipo di salita se lo toglie di torno quando vuole. Abbiamo già visto come in un’Amstel possa essere messo in difficoltà e la Liegi è un’altra cosa».

Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due
Bartoli e Bettini hanno corso insieme dal 1997 al 2001, vincendo 4 Liegi in due

Le salite delle Ardenne

Michele Bartoli, che accanto ad Adrie Van der Poel ha vissuto il primo anno da professionista e ne fu tenuto a battesimo proprio sulle strade del Nord, all’ipotesi che il campione del mondo possa vincere la Liegi non ci crede proprio. E come già in passato con lui avevamo commentato le imprese dell’olandese e del rivale Van Aert, arrivando a paragonare il primo a un cecchino e l’altro uno che spara a pallettoni, anche questa volta l’analisi è lucida.

«Fa bene a provarci – dice il toscano che la Liegi l’ha vinta per due volte – ma le salite delle Ardenne non sono paragonabili ai muri del Fiandre. Sento dire che potrebbe vincerla, perché ha vinto il mondiale di Glasgow che sarebbe stato uno dei più impegnativi di sempre, ma evidentemente non ho visto la stessa corsa. Glasgow era un Fiandre senza pavé, salite che duravano poche decine di secondi. Alla Liegi alcune durano qualche minuto. E quand’è così, le cose cambiano».

La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio
La Liegi non è una corsa semplice: le sue salite non sono pedalabili come il Poggio

Analisi sballate

Lo sguardo si fissa prima di tutto sugli avversari e non soltanto su Pogacar che di certo avrà addosso tanti riflettori. La selezione che Van der Poel ha attuato alla Roubaix, anche alla luce delle doti atletiche ben evidenziate da Pino Toni, non sarà replicabile. Il percorso della Liegi non è adatto alle sue caratteristiche e questo potrebbe far accendere la riserva ben prima che la corsa si decida.

«Dipende molto dallo sviluppo della corsa – prosegue Bartoli – perché è chiaro che se lo portano col gruppo compatto e al piccolo trotto sino all’ultima salita, poi non lo staccano di certo. Ma credo che se la corsa si farà come al solito, avversari come Skjelmose, Pello Bilbao, Vlasov, Carapaz e altri scalatori potrebbero metterlo in croce. Starei attento a pensare che possa vincere tutto, ci sono corridori più forti di lui su percorsi di salita. Mi viene in mente l’anno che Petacchi vinse nove tappe al Giro d’Italia e cominciarono a dire che forse avrebbe potuto fare classifica. Oppure quando qualcuno decise che Ganna potrebbe puntare a un Giro d’Italia, senza tenere in considerazione le sue caratteristiche fisiche. Quando leggo certe cose, mi verrebbe di prendere il telefono e chiamare, ma ho imparato a lasciar correre».

Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo
Tom Pidcock ha vinto l’Amstel costringendo Van der Poel a un fuorigiri di troppo

Occhio a Pidcock

Fra coloro che potrebbero dire la loro anche in barba a un gigante come Pogacar, Bettini vede il vincitore dell’Amstel Gold Race, che ha dimostrato di essere fra gli scalatori più in forma del momento.

«Non credo a Van der Poel per la Liegi – dice il livornese, che ha vinto anche due mondiali – mentre penso che un nome da seguire sia quello di Pidcock. Lui ha dimostrato che su quei percorsi sa anche vincere. Forse può essere proprio lui quello che può insidiare Pogacar. Ma di certo non sarà Van der Poel, questo mi sento di escluderlo abbastanza nettamente. Lo vedremo domenica alla Doyenne…».

Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita
Van Aert ha altre caratteristiche che gli permettono di andare forte anche in salita

Van Aert è un altro corridore

L’argomento da cui si prende spunto per dire che Van der Poel in realtà potrebbe davvero centrare la Liegi è legato al fatto che nel 2022 Van Aert, che atleticamente potrebbe ricordare il rivale di sempre, arrivò terzo dopo Evenepoel e Quinten Hermans. E che anche Mathieu nel 2020 conquistò il sesto posto, vincendo la volata alle spalle del gruppetto di Roglic, Hirshi, Pogacar, Mohoric e Alaphilippe.

«Van Aert è diverso – dice secco Bartoli – lui alla Liegi è già arrivato terzo, ma è soprattutto un corridore che ha vinto da solo dopo aver superato il Mont Ventoux. Ed è anche quello che, tirando per Vingegaard sui Pirenei, ha staccato Pogacar. Van Aert ha una predisposizione diversa per la salita, tanto che si parlava di lui come di uno che avrebbe potuto vincere il Tour. Non ci ho mai creduto, ma qualcuno lo ha detto. Bisogna anche ricordarsi che il ciclismo non è il terreno in cui si va per dimostrare le proprie teorie. A conoscerlo si capisce come tutto rientri in una logica precisa. Volete sapere quante possibilità darei a Van der Poel di vincere la Liegi? Direi un 10 per cento. Abbiamo visto vincerla anche da Gerrans, che era un velocista, ma onestamente non credo che sia l’anno delle grandi sorprese».

Nel salotto di Gasparotto con due Amstel sul tavolo

14.04.2024
6 min
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Amstel Gold Race, la più giovane delle classiche del Nord, ma anche una delle più affascinanti. Nata nel 1966 per far sì che anche l’Olanda avesse la sua perla della “Campagna del Nord”, l’Amstel Gold Race a partire dagli anni ’90 è stata anche un buon terreno di caccia per gli italiani. Il primo a vincerla fu Stefano Zanini, oggi diesse dell’Astana-Qazaqstan, nel 1996 e a seguire Michele Bartoli, Davide Rebellin, Danilo Di Luca, Damiano Cunego, e due volte Enrico Gasparotto.

E proprio l’attuale direttore sportivo della Bora-Hansgrohe ci accompagna nel presentare l’Amstel che prenderà il via fra poche ore. Sarà la 58ª edizione della corsa della birra, l’Amstel appunto: 253 chilometri da Maastricht a Berg en Terblijt con tante cotes (qui il dettaglio del percorso).

E quindi con questa ipotetica birra sul tavolo, tuffiamoci nella corsa dell’oro… da bere.

Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2016
Amstel 2016, Gasparotto mette a segno una vittoria memorabile. Precede Valgren e dedica la vittoria al compianto Demoitié
Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2016
Amstel 2016, Gasparotto mette a segno una vittoria memorabile. Precede Valgren e dedica la vittoria al compianto Demoitié
Enrico, due vittorie memorabili 2012 (nella foto di apertura) e 2016. Se chiudi gli occhi qual è la prima che ti viene in mente?

La seconda chiaramente. Correvo con la Wanty all’epoca, squadra professional e dopo anni di WorldTour era come se fossi “retrocesso”. Tra l’altro il team non era organizzato come oggi. Ma soprattutto due settimane prima alla Gand avevamo perso Antoine Demoitié. Un nostro compagno aveva perso la vita in corsa, vi rendete conto. Tagliare quel traguardo, ma anche semplicemente correre, fu da brividi. E i brividi ancora mi vengono ogni volta che ci ripenso.

E’ comprensibile, Gaspa…

Tutti questi eventi hanno segnato il mio modo di essere attuale. Di come interpreto il ciclismo e la vita. Fu un vero shock, una giornata, una corsa… un incidente che può accadere a tutti. Fu una presa di coscienza, uno scossone anche sul come essere, nel rapportarmi con gli altri. Se oggi sono più calmo e più professionale fu anche grazie a quel momento. Prima spesso ero stato scontroso. Chiedetelo a “Martino” (Giuseppe Martinelli, ndr) quando ero in Astana. Dico che quel giorno è nato il Gaspa 2.0.

Enrico, hai vinto due Amstel e altre due volte sei arrivato terzo. Come nasce il feeling con questa corsa? Quando e perché hai capito che era adatta a te?

L’ho capito nel 2009 quando feci le Ardenne per la prima volta. Sin lì avevo sempre fatto la parte delle pietre. Tranne che a De Panne, non ero mai andato troppo forte. Non avevo mai finito un Fiandre, per dire… E così nel 2009 mi resi conto che questa poteva essere la mia corsa e dal 2010 è diventata il focus della mia preparazione.

Una caratteristica della corsa olandese sono le sue strade strette, oltre alle tante svolte e alle cotes in successione
Una caratteristica della corsa olandese sono le sue strade strette, oltre alle tante svolte e alle cotes in successione
Bello! Racconta…

Allenamenti, ritiri, gare erano finalizzate all’Amstel. Certe volte ero sul Teide e mi chiudevo in me stesso, mi concentravo su questa corsa. Cercavo di visualizzare le situazioni che avrei ritrovato in gara, sul quel percorso. L’ultima settimana prima dell’Amstel facevo il Brabante. In alternativa, a casa, il giovedì facevo tre ore di dietro motore e al termine dell’allenamento partivo per l’Olanda. Lo facevo con mia moglie che è davvero brava o con un mio amico che dal Friuli veniva in Svizzera appositamente per farmelo fare.

Addirittura dal Friuli…

Sì, loro mi motivavano. Era una responsabilità in qualche modo averli a disposizione.

Analizziamo questa corsa da un punto di vista tecnico. E’ più dura di un Fiandre (altimetricamente) ma meno di una Liegi…

Esatto, è una via di mezzo tra Fiandre e Liegi. Le salite sono lunghe al massimo 1,5 chilometri e non c’è pavé: alla fine diventa una gara veloce. Oggi poi ancora di più. E’ una corsa di posizione. Devi essere concentrato per sei ore, non devi mai farti trovare nel posto sbagliato. Se ci finisci nel momento poco opportuno è la fine dei giochi. E anche nel finale è questione di posizione… e di gamba ovviamente.

Esatto di gamba. Una volta si finiva sul falsopiano in cima al Cauberg, ora l’ultimo muro è il Bemelerberg. Tu adottasti la tattica di fare il tratto duro col 39 e poi di mettere il 53 non appena calava la pendenza.

Esatto, fu così per entrambe le volte: 39 prima, 53 poi. Oggi però è imparagonabile tutto ciò. Altre velocità, altre potenze e altri rapporti. Oggi ci sono il 52 o il 54 davanti e il 12 velocità e non il 10 dietro. In quegli anni al massimo la differenza era fra 54×11 e 53×11.

Gasparotto sul Cauberg nel 2016. Ha ancora il 39 e il tratto duro sta per finire. Lui è in spinta, gli altri arrancano
Gasparotto sul Cauberg nel 2016. Ha ancora il 39 e il tratto duro sta per finire. Lui è in spinta, gli altri arrancano
Questo utilizzo dei rapporti era una scelta ponderata a monte?

Sì, sì… sul Cauberg la vera differenza la si fa nel tratto finale, nel passaggio dal segmento duro al falsopiano. Io usavo il 39 per sfruttare la cadenza, il mio punto di forza. In questo modo riuscivo a preservare i muscoli quel po’ per spingere forte il 53. Era la mia tattica studiata e ponderata: mi dovevo arrangiare in qualche modo, non avevo il motore di Van Aert o di Van der Poel!

C’è il classico aneddoto che potresti raccontare?

Non in particolare. Però ricordo che quando feci terzo nel 2010 forai. Nel 2012 quando ottenni la prima vittoria forai lo stesso e pensai: «Beh, quella volta andò bene, magari sarà così anche stavolta».

Enrico, hai parlato di corsa di posizione, di grande concentrazione, come trasmetterai tutto ciò ai tuoi ragazzi?

Cercherò di spiegargli che bisogna essere concentrati appunto, ma anche che nei primi 100 chilometri ci sono dei punti in cui ci si può “rilassare” un po’. Mentre negli ultimi 75 chilometri se si è fuori dai primi 30, o primi 20 in certi precisi momenti, si è fuori dai giochi. Cercherò di fargli capire che non possono sbagliare. Non sono VdP.

Pogacar è il campione uscente. Quest’anno non ci sarà. Ma ci sarà Pidcock, a ruota dello sloveno. Sarà lui il principale sfidante di VdP?
Pogacar è il campione uscente. Quest’anno non ci sarà. Ma ci sarà Pidcock, a ruota dello sloveno. Sarà lui il principale sfidante di VdP?
Cioè?

Mathieu ha un motore talmente più grande degli altri che anche se sbaglia può recuperare. Loro no e proprio per questo per loro la posizione è ancora più importante.

Hai parlato di Van der Poel. E’ lui ancora il favorito indiscusso?

Direi che nelle ultime gare ha dimostrato di stare bene! Oltre ad essere forte ha grandi abilità di guida che in queste corse gli torna molto utile. Pensate una cosa: Mathieu corre la Roubaix senza guanti e al termine non ha neanche una vescica. Vuol dire che è sciolto, che ha feeling. E poi è massiccio. Non lo sposti facilmente. Quindi sì: credo che sia il favorito numero uno. Inoltre è olandese e immagino abbia voglia di vincere anche entro i suoi confini, visto che tra le altre cose si è sorbito lanci e grida poco gentili nelle altre corse.

Qualche outsider?

Pidcock può essere pericoloso, ma non è del livello di Van der Poel chiaramente. Però per come è andato alla Roubaix, uno leggero come lui, credo stia bene. Poi c’è il blocco UAE Emirates che sta dimostrando di essere ad alto livello con più corridori e dappertutto. Ecco, loro potrebbero sfruttare l’effetto della superiorità numerica. E’ così che potrebbero stanare Van der Poel. Insomma sono questi tre soggetti che produrranno la corsa, che non la subiranno.