Il punto con Basso a metà del cammino

29.06.2021
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Nei primi giorni del Giro d’Italia, quando Lorenzo Fortunato era soltanto il numero 115 nell’elenco dei partenti e la Eolo-Kometa faceva fatica a mostrare la sua identità, fra le tante voci che si rincorrevano nel gruppo – peraltro confermate dallo stesso Ivan Basso – c’erano anche quelle per cui si fosse sulle piste di Nibali e Viviani. A distanza di un mese dalla fine della corsa rosa, il punto di vista è cambiato e quella personalità latente è venuta fuori in modo inatteso e importante.

«Avevamo tre step – spiega Basso – e il primo prevedeva in effetti l’innesto di un top rider fra Elia e Vincenzo. Il secondo era continuare nella dimensione attuale, il terzo punto era tenere i gioielli di famiglia e inserire qualche rinforzo. E alla fine abbiamo scelto quest’ultimo, continuando il processo di crescita naturale previsto all’inizio del progetto».

E proprio dall’inizio vogliamo partire con il varesino, avendo vissuto al suo fianco i vari step della nuova squadra, per capire in che modo stiano andando le cose. E anche per parlare della sua voglia di ricreare l’ambiente Liquigas, tirando dentro per il prossimo anno il dottor Corsetti e probabilmente anche un ex compagno di squadra con un ruolo più vicino al marketing. Un punto della situazione dopo i primi mesi di viaggio.

Dopo la vittoria sullo Zoncolan, Fortunato nei 10 anche all’Alpe Motta
Dopo la vittoria sullo Zoncolan, Fortunato nei 10 anche all’Alpe Motta
Insomma, come va?

In proiezione, oltre ogni più rosea aspettativa. Ovvio che le analisi vanno fatte quando le cose vanno male, quando vanno bene e quando vanno più che bene e le abbiamo comunque affrontate. Così come credo che la prima valutazione positiva vada data allo staff coeso che ha messo i corridori nelle condizioni di esprimersi. 

Ecco, i corridori. Tanti dicevano non fossero poi un granché…

Abbiamo iniziato a fare mercato in agosto e abbiamo puntato su ragazzi che per diverse ragioni non si erano ancora espressi. Ma se uno è forte nelle categorie giovanili e poi sparisce, le responsabilità sono da suddividere anche con il contesto in cui si trovava. L’atleta talentuoso difficilmente sparisce. Ma ha bisogno del giusto ambiente.

E torniamo allo staff di poco fa…

Se devo prendermi un merito, è proprio quello di aver messo insieme un gruppo di altissimo livello. L’esperienza di due direttori sportivi come Zanatta e Yates si è vista e la freschezza di Jesus Hernandez ha completato il quadro. E ora la squadra si è rivalutata di parecchio. I corridori ci hanno messo del loro, il gruppo di lavoro li ha supportati.

Nel rilancio (ancora in corso) di Albanese, la mano di Zanatta
Nel rilancio (ancora in corso) di Albanese, la mano di Zanatta
Come va con il grande capo Luca Spada?

Ci assomigliamo, abbiamo lo stesso modo di buttarci nelle cose e Pedranzini, titolare di Kometa, è lo stesso. Spada vive la squadra, come dovrebbero fare i presidenti delle società sportive, per capire in che modo il team possa essere funzionale all’azienda e viceversa. Ha investito. Per la prima volta dai tempi di Pantani, tolta qualche apparizione di Nibali con il turismo delle Marche, un corridore vestito da ciclista è tornato protagonista di uno spot televisivo.

La vittoria ha cambiato la partecipazione di Eolo?

Più che vincere, che ovviamente fa piacere, gli piacciono la progettualità e la costanza. Se vincessimo una corsa e poi sparissimo, non sarebbe una gran cosa. Ma se vinciamo una corsa, siamo protagonisti e poi ne vinciamo un’altra, allora vuol dire che la struttura funziona. E la squadra è andata tanto al di sopra, per cui abbiamo cominciato a pensare al modo migliore per continuare.

Come farete?

Prima cosa, abbiamo scelto di mantenere i talenti migliori. Chiaro che il loro valore sia aumentato e non è neanche servito parlarne tanto con i nostri sponsor, che sanno benissimo che il prezzo di un atleta lo fanno i risultati e il mercato. Dove lo trovi uno scalatore italiano di 25 anni, che vince sullo Zoncolan e sul Grappa e con cui si può pensare di fare una classifica al Giro? Perdere Fortunato significherebbe rinunciare a quella progettualità, per cui siamo vicini a chiudere.

Pensavi che sarebbe sbocciato in questo modo?

Quando è arrivato siamo partiti da zero. Gli ho detto che non credevamo che il suo valore fosse quello che aveva espresso. Gli ho detto quello che mi aspettavo da lui. Lo abbiamo resettato. E i risultati sono venuti.

Il talento a volte si perde anche per l’aspetto psicologico.

Infatti l’allenamento mentale viene prima di tutto il resto, è il primo punto Quando guardi i file dei corridori, a meno che non sei davanti a un lazzarone seriale, hanno sempre numeri buoni. Poi vanno in corsa e non rendono. Il blocco è nella testa. Non puoi essere costantemente 4 chili sopra il peso forma, c’è qualcosa che non va. E’ un corto circuito. Ti sfiduci e si mette in moto un circolo vizioso da cui è difficile venir fuori.

Ottimo Gavazzi, con il secondo posto a Guardia Sanframondi e il ruolo di regista
Ottimo Gavazzi, con il secondo posto a Guardia Sanframondi e il ruolo di regista
Quindi non vedremo grossi nomi?

Vedremo qualche rinforzo, ma nessuno che dia un’accelerazione troppo violenta al gruppo. Non eravamo pronti per supportare uno come Viviani, per fare un esempio. La squadra sarà strutturata allo stesso modo.

E il team under 23?

Ecco, questo è un bel punto e una bella novità. Il team migliorerà: diventerà per metà italiano e per metà spagnolo. Montoli e Piganzoli sono i due fiori all’occhiello. Entrambi hanno fatto la maturità e Piganzoli ugualmente ha fatto un ottimo Giro d’Italia.

Tutto secondo i piani?

Anche meglio. La squadra si è rivalutata di un 30 per cento e faremo di tutto per proseguire così. E poi la stagione non è mica finita…

Elicotteri, moto, tifosi, auricolari: cosa sentono i corridori?

29.06.2021
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A ben guardare, i soli a fare festa ieri al Tour sono stati i ragazzi della Alpecin-Fenix, mentre tutti gli altri hanno passato la serata a leccarsi le ferite e confrontarsi sul tema della sicurezza, che questa volta è arrivato anche al Tour. Caleb Ewan oggi non ripartirà per una clavicola rotta, Roglic invece non ha fratture e prenderà il via. Ma la domanda che ci si pone oggi nel gruppo dei tecnici più accorti riguarda la capacità stessa dei corridori di essere lucidi, nel frastuono degli elicotteri, delle moto attorno, degli auricolari nelle orecchie, dei tifosi che urlano e si sporgono…

Secondo giorno di brindisi per Vdp e i suoi compagni
Secondo giorno di brindisi per Vdp e i suoi compagni

«Gli ultimi 50 chilometri sono stati pericolosi – ha commentato Van der Poel, primo sul traguardo di domenicaero davanti per evitare di cadere. Mi sentivo molto bene. Avevo detto che se avessi potuto avrei aiutato i miei compagni, ma dovevo stare attento a non dare tutto perché sapevo che Alaphilippe avrebbe potuto approfittarne. Il primo giorno con la maglia gialla è stato speciale e speciale è anche quello che abbiamo fatto con la nostra squadra».

Merlier sogna

Merlier al settimo cielo lo ha ringraziato per non aver tirato come l’anno scorso alla Tirreno-Adriatico nella tappa di Senigallia, quando Mathieu lanciò lo sprint con così tanta veemenza, che passarlo fu davvero difficile. E considerando che nel 2019 ebbe problemi nel trovare squadra, al punto da passare per un anno in una continental (la Pauwels), si capisce la sua leggerezza nel raccontare la vittoria e nello stare alla larga dal tema sicurezza che finalmente è diventata motivo di discussione anche in Francia.

Transenne basse e cellulari ad altezza testa: altro fattore di rischio
Transenne basse e cellulari ad altezza testa: altro fattore di rischio

«Avevo già vinto al Giro quest’anno – ha detto – ma il Tour de France è la corsa più grande del mondo e sono molto felice. E’ incredibile quanto nervosismo ci fosse, pensavo che visti i primi giorni e le prime cadute, sarebbe stato tutto più tranquillo, ma alla fine no. Con due tappe vinte, qualunque cosa accada d’ora in avanti, il nostro Tour è già positivo. Sto vivendo un sogno di cui forse non mi rendo ancora conto, ma non credo che lotterò per la maglia verde».

Gouvenou spiega

Chi non ha passato un bella serata è Thierry Gouvenou, 52 anni, professionista dal 1990 al 2002, che dal 2004 lavora con Aso ed è l’incaricato al percorso del Tour de France.

Marc Madiot ha sollevato un allarme molto importante: bisogna cambiare
Marc Madiot ha sollevato un allarme molto importante: bisogna cambiare

«E’ facile dire che il finale fosse pericoloso – ha detto – ma bisogna rendersi conto che è sempre più difficile trovare punti di arrivo. Per questa tappa abbiamo dovuto togliere dalla lista le città di Lorient, Lanester, Hennebont e Plouay, che ci sembravano troppo pericolose. Non abbiamo più una città di medie dimensioni senza rotonde o restringimenti. Nel Tour de France di 10 anni fa, contammo 1.100 punti pericolosi, quest’anno siamo a 2.300».

Sindacato respinto

Ma questa volta il problema non sono state rotonde e spartitraffico, ma il disegno stesso del finale di tappa, con la discesa che catapultava il gruppo a velocità folle in un toboga di stradine strette. Tanto che il Cpa, il sindacato dei corridori, ha provato a dire qualcosa, ma è stato rimandato al mittente.

Nella caduta in cui si è infortunato Haig, anche Demare e Clarke
Nella caduta in cui si è infortunato Haig, anche Demare e Clarke

«Vista la pericolosità del finale – ha spiegato il vicepresidente Chanteur – e a seguito della richiesta di un certo numero di corridori, abbiamo chiesto che la neutralizzazione venisse ampliata fino ai 5 chilometri dall’arrivo. L’ho proposto a Gouvenou che è parso favorevole, ma quando al mattino sono andato a parlare con i commissari della Giuria, loro si sono impuntati. Hanno che la regola era la regola e che non potevano esserci deroghe».

L’allarme di Madiot

Il più netto di tutti è Marc Madiot, team manager della Groupama-Fdj. Perché è vero che le strade sono strette, ma va anche considerato che è ormai sparito dal vocabolario dei corridori il termine prudenza. Si legge che non sono pagati per vincere e che un solo secondo perso può essere decisivo, ma se sommiamo questa determinazione… satanica ai rumori ambientali (elicottero, moto, pubblico che urla e auricolari nelle orecchie) si capisce che per un corridore non è affatto facile mantenere la necessaria lucidità nei finali.

Vincenzo Nibali in salvo al traguardo, nel giorno della convocazione olimpica
Vincenzo Nibali in salvo al traguardo, nel giorno della convocazione olimpica

«Capisco che le famiglie che guardano il Tour in televisione – ha detto Madiot – non vogliono che i loro figli vadano in bicicletta. Sono un padre e non vorrei vedere mio figlio fare il ciclista professionista dopo quello che abbiamo visto ieri. Non è più ciclismo, non possiamo continuare così. Dobbiamo cambiare le cose, sia in termini di attrezzature, di formazione, uso degli auricolari. Dobbiamo cambiare, perché le cose non stanno andando bene. Se non lo facciamo, avremo delle morti e questo non è degno del nostro sport. La responsabilità è di tutti. Il ciclismo sta cambiando, sta a noi decidere fino a dove vogliamo spingerci».

Tappa e maglia, storia di un successo nato dal dolore

27.06.2021
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Immenso Van der Poel, cos’altro vuoi dire? E immenso ancora di più alla luce delle cose successe ieri. Dell’insuccesso e delle critiche, che a volte sono troppo frettolose. Ma si diceva anche stamattina, Mathieu impara in fretta e in quello scatto rabbioso e nella tattica di tutta la giornata c’è stato tanto dei ragionamenti della serata scorsa, davanti al dolore dei suoi compagni e quello che lo scavava nell’animo.

E alla fine per Mathieu è arrivata la maglia gialla promessa a suo nonno Poulidor
E alla fine per Mathieu è arrivata la maglia gialla promessa a suo nonno Poulidor

Eroico “Sbara”

Kristian Sbaragli divide la stanza con l’olandese e quando ieri sera si sono ritrovati a commentare la tappa andata male, non c’è stato bisogno di troppe parole. Mathieu l’ha guardato e ha visto il compagno che avrebbe dovuto tenerlo davanti nel finale con 4 punti sul mento, le labbra aperte internamente perché nella caduta ha battuto i denti (e per fortuna non li ha rotti) e contusioni al costato e al ginocchio. Un quadro di dolore. Kristian non ha neppure cenato se non con qualcosa di liquido, eppure stamattina alla partenza ha messo nei pedali tutto quello che gli restava in corpo, resistendo alla tentazione di mollare.

L’idea della fuga

La Alpecin-Fenix sta tornando in pullman verso l’hotel e le parole di Sbaragli sono le prime, perché lo sforzo della tappa gli ha decongestionato le labbra e adesso riesce a parlare.

«Stamane – dice – siamo partiti per vincere. Come squadra avevamo il compito di fare il massimo perché Mathieu prendesse il muro nella posizione giusta. Poi negli ultimi chilometri, quando sta bene… lui è lui. Per come è andata ieri avevamo solo tanto rammarico, così stamattina s’è parlato di fare quel che poi s’è fatto. L’attacco al primo passaggio doveva servire a portare via un gruppettino e inventarsi una tappa diversa, ma alla fine sono venuti quei secondi di abbuono ed è andata bene lo stesso».

Oltre il dolore

Lui è lui. In queste sette lettere c’è la devozione del gregario e insieme il riconoscimento di una forza e una classe che tutto il gruppo è andato a tributare a Van der Poel dopo l’arrivo. Alaphilippe si è fermato. E come ieri Mathieu si era congratulato con lui, oggi il francese è andato a riconoscergli la superiorità di giornata. Poi è arrivato Pogacar, che l’ha abbracciato a lungo, come si fa con un grande avversario nei cui confronti hai anche e soprattutto stima.

Sul traguardo Pogacar si volta. Roglic è in scia, Alaphilippe poco dietro
Sul traguardo Pogacar si volta. Roglic è in scia, Alaphilippe poco dietro

«Non stavo bene per niente – riprende Sbaragli – avevo dolore da tutte le parti, ma toccava nuovamente a me e così sono partito con l’idea di vedere per strada come stavo. La squadra mi ha chiesto di fare il massimo. Non ho avuto grandissime gambe, ma ho dato tutto e anche altro. La pressione in questi giorni s’è sentita, anche se come squadra non abbiamo più tantissimo da dimostrare. Siamo concentrati, perché il Tour è lungo, ma siamo anche ben preparati, perché chi è qui ci sta lavorando da gennaio. L’obiettivo era vincere una tappa, la maglia gialla è stata la ciliegina sulla torta. Certo che Mathieu sentiva questo fatto di suo nonno Poulidor e ha sentito anche le critiche. Hanno parlato di fallimento, ma ieri è pur sempre arrivato a 8 secondi, avendo perso i compagni per una caduta. I campioni si riconoscono anche per queste reazioni. Invece le critiche per noi sono diventate benzina».

Sera di festa

Mathieu raggiungerà l’hotel più tardi in ammiraglia, essendo rimasto fermo con il protocollo, le interviste in zona mista e poi l’antidoping. Vederlo indicare il cielo e crollare in lacrime ha dato la misura di quanto siano grandi e potenti le motivazioni che animano un atleta e di come dietro certe imprese ci siano ancora il bambino, la famiglia, il nonno, le parole e i racconti di una vita.

«E allora stasera un po’ si farà festa – dice Sbaragli – niente di clamoroso, ma il brindisi ce lo siamo proprio meritato. Domani proveremo a vincere ancora con Merlier in volata, dovremo essere concentrati, ma la tappa e la maglia gialla valgono un festeggiamento. Io per fortuna non ho niente di rotto e adesso spero che il dolore passi e di riprendermi bene nei prossimi due, tre giorni. Non è iniziato bene questo Tour, ma sono convinto che possa cambiare. E giornate come questa aiutano parecchio».

E mentre Sbaragli raccontava e Van der Poel si sottoponeva a rituali e controlli, Alaphilippe molto deluso lasciava a bocca asciutti i cronisti in attesa, con tanto di scuse del suo addetto stampa che è riuscito provvidenzialmente a registrarne alcune battute. Tanto è dolce e toccante la vittoria, per quanto può essere beffarda la resa. E’ la storia del Tour, una delle tante maestose storie del ciclismo. Domani, potete scommetterci, saranno di nuovo qui per provarci ancora.

Van der Poel si brucia alla fiamma del Tour, ma oggi ci riprova

27.06.2021
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Ha poggiato la mano sulla spalla di Alaphilippe, poi è franato sul manubrio. Mathieu Van der Poel non ci gira intorno, per cui le sue prime parole sono state nette: «Non avevo gambe, la storia è semplice».

Un’eredità scomoda

Sembrava tutto perfetto. La Fosse aux Loups era un insolito Qwaremont da assalire per arrivare a giocarsi il Fiandre. Invece la magia non si è ripetuta e la favola della vittoria e della maglia gialla da dedicare a suo nonno Raymond Poulidor, per la quale l’Uci aveva consentito il cambio di maglia, si è infranta su quell’ultima salita. Come se la maledizione del nonno si fosse abbattuta anche sule spalle del nipote. C’è poesia anche in questo. Poesia e le necessarie analisi, perché non accada di nuovo.

Il primo Tour è una centrifuga, con pressioni e trappole che non si vedono. Come nella prima Roubaix, come in ogni posto in cui i segreti sono più delle evidenze. Però una certezza c’è: Mathieu impara molto in fretta e ieri sera avrà già capito il suo errore.

Giro di Svizzera al top, non c’è partita fra Vdp e Alaphilippe
Giro di Svizzera al top, non c’è partita fra Vdp e Alaphilippe

Posizione sbagliata

Che cosa ha sbagliato Van der Poel? Basta riguardare il film della corsa e incrociarlo con le sue parole dopo l’arrivo. Il segreto del finale di tappa lo aveva raccontato ieri Hirschi, anche se pure allo svizzero è andata piuttosto male. Si arrivava all’attacco della salita della Fosse aux Loups dopo una discesa piuttosto veloce da una località di nome Le Stum. Da quel punto e fino alle prime rampe del finale, serviva avere accanto dei compagni in grado di tenerti davanti e poi di lanciarti. Una strategia che Alaphilippe ha attuato alla perfezione. Tanto che in fondo alla discesa, il francese era già in terza ruota con Asgreen e Devenyns pronti a fare la loro parte. Van der Poel invece era intorno alla 30ª posizione.

Alla partenza della prima tappa, tutti gli occhi su Mathieu
Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step

Recupero prodigioso

Il ragazzo è un portento, non c’è molto altro da dire. Scorrendo le immagini si vede infatti che in una ventina di secondi riesce a risalire in quinta posizione, ma non osiamo immaginare a prezzo di quali energie. Da quel momento e fino all’arrivo, la corsa diventa una prova di apnea e se il cuore pompa già al doppio dei battiti, non sono i circa 30 secondi di recupero che Van der Poel riesce a concedersi a dargli il tempo di recuperare.

«Alaphilippe ha attaccato nella parte più ripida – racconta – il punto perfetto per lui, esattamente dove me lo aspettavo. Il piano era di seguirlo, ma le mie gambe erano sparite. Sono scoppiato, impossibile seguire Julian».

Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step
Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step

Doppio fuorigiri

Il ragazzo è un portento, lo ribadiamo. E piuttosto che arrendersi, decide di scoppiare un’altra volta. Se sei abituato alle strappate del cross, cosa vuoi che sia un altro fuorigiri nel giro di così poco tempo? Succede infatti che alle spalle di Alaphilippe si muovano le due star del Tour, Pogacar e Roglic, evidentemente intenzionati a lottare anche per le briciole. E Van der Poel ci riprova, ma ancora una volta le gambe e il cuore, soprattutto il grande cuore che nei giorni scorsi si era caricato di sentimenti e di pressioni invisibili e infide, gli dice basta.

«Ha pensato tanto a suo nonno – dice il suo addetto stampa – non so quanto sia stato pesante. Ha detto che oggi cercherà di farlo il meno possibile. Se ieri è stata una giornata condizionata dai nervi, allora oggi proviamo a essere più leggeri. Se sono state le gambe, allora per Mathieu il favorito sarà nuovamente Alaphilippe. Le tappe si somigliano molto».

Van der Poel a caccia della gialla per suo nonno Poulidor

25.06.2021
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Presentate le squadre, il Tour de France 2021 inizia a muovere i primi passi. E fra le dichiarazioni di… guerra più esplicite, quella di Mathieu Van der Poel non lascia adito a dubbi. Mathieu vuole vincere domani la prima tappa, per conquistare la maglia gialla e dedicarla a suo nonno Raymond Poulidor.

Ovviamente, come tutto ciò che riguarda il professionismo e uno dei suoi personaggi più mediatici, la dichiarazione di intenti è supportata anche da una campagna a metà fra il marketing e la beneficienza, battezzata “MerciPoupou”.

Così in occasione della presentazione di ieri sera a Brest, la Alpecin-Fenix ha indossato una divisa ispirata ai colori indossati da Raymond Poulidor durante tutta la sua carriera, con la francese Mercier.

Il testimone

Tra il 1962 e il 1976, Poulidor ha partecipato per 14 volte al Tour de France e per 8 lo ha concluso sul podio di Parigi, senza aver indossato per un solo giorno la maglia gialla. E’ successo anche in occasione del suo ultimo arrivo sugli Champs Elysées nel luglio del 1976, quando conquistò il terzo posto dietro Van Impe e Zoetemelk.

Oggi, 45 anni dopo, suo nipote Mathieu Van der Poel ne raccoglie il testimone e sta per fare il suo debutto al Tour de France. Se c’è un motivo che ha convinto l’olandese (tutto proiettato verso le Olimpiadi della mountain bike) ad accettare la sfida, c’è proprio la possibilità di rendere omaggio al nonno scomparso nel novembre del 2019.

Ora tocca a lui inseguire il sogno giallo e raccogliere l’eredità che suo nonno ha lasciato a lui e all’intero mondo del ciclismo. Le generazioni si susseguono, ma le aspirazioni rimangono identiche. 

Una lunga storia

Gli sponsor della Alpecin-Fenix hanno aderito all’istante alla campagna. «Non potevamo lasciarci sfuggire questa opportunità – ha raccontato il team manager Philip Roodhooft – per tanti motivi. A 45 anni dalla fine dell’incredibile carriera di Raymond Poulidor, suo nipote Mathieu inizia per la prima volta al Tour de France. Questa è un’occasione unica per lui e il suo team per rendere omaggio a suo nonno e a uno dei ciclisti più iconici che il mondo del ciclismo abbia avuto.

«Il fatto che i nostri partner supportino “Merci Poupou” dimostra il loro impegno a lungo termine. Alpecin è lo sponsor ciclistico più storico con una storia di 75 anni, mentre Fenix e Canyon non cercano solo un ritorno commerciale sul loro investimento. Vogliono principalmente supportare la squadra e i corridori che inseguono i loro sogni. Sogni che hanno trovato la loro origine nel patrimonio ciclistico a cui tutti siamo stati presentati dai nostri (nonni) genitori».

Qualche scatto fotografico di una parte del team, alla vigilia della presentazione (foto Alpecin-Fenix)
Qualche scatto fotografico di una parte del team, alla vigilia della presentazione (foto Alpecin-Fenix)

Per beneficienza

L’inziativa, si diceva, ha finalità benefiche. E’ stato infatti sviluppato un sito completamente dedicato allo scopo. Su www.mercipoupou.com i fan potranno infatti acquistare una maglia replica MerciPoupou o un cappellino. Il ricavato della vendita online sarà devoluto a organizzazioni e progetti di beneficenza che sostengono bambini e adolescenti nello sport: i dettagli saranno svelati in pillole durante il Tour de France, per tenere alta l’attenzione sul progetto..

«Per mio nonno»

Le parole di Van der Poel, che ricordiamo nelle immagini toccanti al funerale di suo nonno, sono di grande ispirazione.

«Mio nonno – dice – ha riconosciuto presto la mia gioia per il ciclismo e ha sempre detto che io e mio fratello David avevamo più talento di lui. Oggi vorrei che potesse essere qui e vivere questo momento insieme alla nostra famiglia. Lo sognava da tempo, ma sono sicuro che è orgoglioso come sempre. Sono lieto di potergli rendere un omaggio definitivo in modo così emozionante e che potremo dire tutti insieme: MerciPoupou!».

Celestino e i nuovi equilibri dell’eterna sfida tra Vdp e Pidcock

11.06.2021
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L’incidente di Tom Pidcock mescola le carte in vista dei Giochi di Tokyo. Lui e Van der Poel hanno puntato la medaglia d’oro nella Mtb e i riflettori sono ormai sparati a mille su questo evento, su questa sfida. Nell’ultimo mese le situazioni si sono capovolte e nel mezzo sono cambiate ancora.

Con Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb, facciamo il punto sullo stato attuale di questi due fenomeni.

Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb dal 2017
Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb dal 2017

Nuovi equilibri

Van der Poel vince in Svizzera e Pidcock è a casa a leccarsi le ferite. Solo qualche settimana fa la “frittata” era al contrario. L’inglese volava nelle gare di Coppa e l’olandese pagava dazio.

«Adesso invece le cose cambiano – dice Celestino – E spero che cambino in meglio soprattutto per noi! Scherzi a parte, questo incidente non ci voleva per Pidcock, sia perché influirà comunque sulla sua preparazione sia perché un po’ di paura te la porti dentro poi. Era in un ottimo stato di forma. Tom fa un piccolo salto indietro, mentre l’altro, rifinendo la preparazione al Giro di Svizzera, ne fa uno avanti».

«Sinceramente non mi aspettavo un Pidcock così superiore in Coppa del mondo. Mi ha colpito soprattutto ad Albstadt. Quel percorso è molto stretto: partire centesimo e arrivare quinto è un “numerone” pazzesco. A quel punto me lo aspettavo forte anche a Nove Mesto e infatti ha vinto. Che dire, Tom e Mathieu sono abituati a vivere le grandi pressioni, a stare sotto i grandi riflettori a far convivere la preparazione con quello che si aspetta la gente, gli sponsor e tutto il resto… Nella Mtb questo riguarda soprattuto Nino Schurter e posso dirvi, anche per esperienza diretta, che non è facile. A me piaceva certa pressione e rendevo anche di più, ma non per tutti è così. Guardiamo Gerhard Kerschbaumer per esempio: come gli metti “due paletti” inizia a vacillare, se invece lo lasci tranquillo va fortissimo».

Tom Pidcock è tornato in sella su strada pochissimi giorni fa (da Instagram)
Tom Pidcock è tornato in sella su strada pochissimi giorni fa (da Instagram)

Borsa valori in movimento

Quindi Pidcock in calo e Van der Poel in crescita. Anche Celestino condivide l’idea che nei primi appuntamenti di Coppa l’olandese sia arrivato un po’ “ingolfato” o comunque con altri stimoli e magari con molto lavoro nelle gambe.

«Pidcock – riprende il cittì – era più brillante perché doveva guadagnarsi l’ufficialità del posto olimpico e doveva fare punti per non partire troppo indietro. Mentre l’altro aveva meno stress addosso. Van der Poel li sta preparando molto bene questi Giochi, ha un suo percorso. In certi momenti sembrava che lui, ma anche Tom, giocassero. Di contro, dico che Mathieu un po’ questa presenza così forte di Pidcock la accusa. Forse neanche lui se lo aspettava così competitivo e così vincente».

E questa visione può avere un doppio risvolto: far lavorare ancora di più Mathieu o magari indurlo in qualche errore durante la gara per cercare di seguirlo o staccarlo. 

Per Van der Poel la rifinitura per Tokyo passa anche dalle vittorie al Giro di Svizzera
Per Van der Poel la rifinitura per Tokyo passa anche dalle vittorie al Giro di Svizzera

E i nostri?

In tutto ciò un breve sguardo va dato anche in casa azzurri e le news non sono super confortanti.

«Domenica – conclude Celestino – ci sarà la Coppa a Leogang, in Austria, e lì deciderò la mia rosa finale, che poi sostanzialmente è il terzo uomo (Kerschbaumer e Luca Braidot sono praticamente certi di andare a Tokyo, ndr). Ci sono Nadir Colledani, Daniele Braidot che però ha avuto seri problemi alla schiena, e c’è questo giovane, Simone Avondetto che ha mostrato belle cose.

«Kersch si è fatto vedere finalmente la scorsa domenica vincendo gli Internazionali d’Italia in Val Casies. Ha detto di essere un po’ troppo magro e di aver perso un po’ di forza. Io gli ho risposto che a Tokyo manca un mese e mezzo e che ha tutto il tempo per riordinare le cose. E poi quei due là (Van der Poel e Pidcock) vanno forte già da due mesi e sarà dura anche per loro tenere questa condizione per un altro mese e mezzo, o no? Io sono fiducioso!».

L’occhio di Fontana su Pidcock e Van der Poel

24.05.2021
4 min
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“Fonzie” non è mai banale. Marco Aurelio Fontana, ex grande biker azzurro, oggi commenta le gare di Coppa del mondo per RedBull Tv e il suo occhio è stato “al servizio per noi”. Con il bronzo di Londra 2012 vogliamo tornare ad analizzare quei due fenomeni che corrispondono ai nomi di Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel. 

Marco Aurelio Fontana (37 anni), oggi e-biker e commentatore per RedBull Tv
Marco Aurelio Fontana (37 anni), oggi e-biker e commentatore per RedBull Tv
Marco, Tom e Mathieu: come li ha visti?

Ho visto che vanno fortissimo. E’ vero però che la stagione degli stradisti è stata più corposa. Loro due hanno corso tanto e da tanto tempo. I biker no. In Francia non avevano gare, in Svizzera ne hanno fatte tre in croce, Avancini che viene dal Brasile poco o niente. Ci sta che vanno molto più forte adesso e che abbiano un altro ritmo. Poi che siano forti si sa. Inoltre sono giovani e sono più avvantaggiati da questa situazione.

Cioè?

Cioè che hanno poco più di 20 anni, sono soli, quando sei giovane passi meglio i problemi, come il Covid – fa una pausa Fontana – Penso a Schurter, 35 anni, la famiglia, il contratto da rivedere, un calo (anche se minimo) della sua parabola agonistica… Tutte queste cose incidono. Pidcock ha 15 anni meno di lui. Penso che una volta che Koretzky e Andreassen, giovani anche loro, trovano il ritmo possano fare bene lo stesso.

Analizziamo questi ragazzi. Partiamo da Pidcock…

E’ un fenomeno, gli piace quello che fa e quando è così ti spuntano le ali. Ha vinto in Svizzera la prima gara a cui ha partecipato e poi ha vinto a Nove Mesto, una gara così lenta, con così tanti tratti a piedi non si vedeva da Spa del 2007. In queste situazioni i crossisti come lui e Van der Poel sono avvantaggiati. In più Pidcock pesa poco. E vedere Van der Poel che si lamenta perché uno di lui è più leggero credo sia stata la prima volta. Ma sapete cosa mi colpisce?

Cosa?

Che due anni fa si diceva: ecco, Van der Poel, il numero uno in assoluto, un fenomeno che scalza Schurter. Poi arriva questo inglesino di 5 anni, 15 chili e 20 centimetri in meno dell’olandese e lo mette all’angolo. VdP fortissimo su strada punta alle Olimpiadi in Mtb e Tom dopo Nove Mesto ha detto: sono nato per la Mtb. Ecco, mi stupisce quanto cambi velocemente oggi lo sport.

Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel: per Fontana i favoriti a Tokyo
Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel: per Fontana i favoriti a Tokyo
Absalon ci ha detto che Pidcock guida molto forte in discesa. Che vada forte ad Albstadt, tracciato tra i meno tecnici, ci sta, ma che vinca nella super tecnica Nove Mesto il discorso cambia…

Vero. Guida forte e per avere 20 anni è molto calmo, rischia il giusto. Sentivo gli enduristi che mi dicevano: va piano. No, dico io, è composto. Questo significa che va per gradi.

E Van der Poel, come lo hai visto?

Tecnicamente è bravo anche lui. Semplicemente adesso non ha quel super ritmo. C’era chi andava più forte e lui non teneva i primi. Sì, faceva delle variazioni di ritmo molto nette su un tratto, ma nel giro era più lento. Tra il suo best lap e quello di Pidcock c’erano quasi 30”.

Pidcock era “costretto” a partire forte perché non aveva punti e doveva farne per non partire troppo indietro a Tokyo, mentre Van der Poel aveva già un posto nelle prime posizioni: magari l’olandese è più imballato perché sta seguendo un altro percorso, forse è in una fase di carico di lavoro. Ci può stare?

Sì, ci può stare. Questo è uno che ad ottobre volava sul Koppenberg, a gennaio dominava a Koksijde e in primavera vinceva la Strade Bianche. lui quando va, va… Mathieu è “on-off”. E’ difficile leggere in lui un percorso di avvicinamento verso un picco di forma. Insomma vince quando è il più forte.

Van der Poel più potente di Pidcock, ma meno brillante nelle prime gare di Coppa
Van der Poel più potente di Pidcock, ma meno brillante nelle prime gare di Coppa
Il percorso di Tokyo chi avvantaggia?

Ammetto che non so molto sul tracciato giapponese, ma Van der Poel è super esplosivo, anche Pid lo è. Se ripenso alla volata che ha fatto (sbagliando) nello short track di Nove Mesto fa paura. Però se proprio dovessi scommettere, a Tokyo punterei su Van der Poel. Di certo sarà una gara più aperta di Nove Mesto.

E invece parlando dei biker puri, chi può contrastarli?

Bella domanda. A Nino manca l’occhio della tigre e infatti vederlo arrabbiato dopo Nove Mesto è stato bello. Koretzky ha fatto una bella gara e se questo lo porti all’ultimo giro non lo togli così. Un conto è una gara di 300 chilometri come la Sanremo e un conto un cross country che dura un’ora e mezza. Però Tom e Mathieu non sono “intelligenti” (occhio a non fraintendermi, specifica Fontana): nel senso che non risparmiano, non limano, non seguono gli altri. No, dai, non ce l’ho un nome oltre loro due tra i biker puri. I favoriti sono Tom e Mathieu.

Pidcock Coppa Mondo 2021

Pidcock e la vittoria nel “suo” regno preferito

17.05.2021
4 min
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Certe volte viene da pensare che Tom Pidcock sia un grande talento “prestato” al ciclismo su strada. Il perché lo si capisce da come ha reagito alla sua vittoria nella seconda tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, in quella Nove Mesto na Morave (CZE) dove già aveva conquistato ben 2 successi lo scorso anno fra gli under 23, su un percorso che evidentemente gli si addice come un guanto, sia che ci si gareggi in piena estate come nella strana stagione scorsa sia in quest’occasione, su un tracciato ancora intriso d’acqua piovana.

Le sue dichiarazioni del dopo gara dicono molto del suo pensiero: «Penso di essere nato per la mountain bike, è la specialità che pratico sin da quando ero piccolo e sinceramente è quella che mi diverte di più. La scelta di concentrarmi su di essa fino alle Olimpiadi è quella giusta e lo sto dimostrando».

Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)
Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)

Un dominatore assoluto

A Nove Mesto Pidcock non ha vinto, ha dominato, come era abituato a fare lo Schurter dei tempi migliori. Il campionissimo elvetico non ha potuto far altro che guardare da lontano l’impresa del britannico, non riuscendo mai ad avvicinarsi. Il suo settimo posto finale a 3’04” ha quasi il sapore di un passaggio di consegne, anche se dare il re per morto, a 70 giorni dalle Olimpiadi, è quantomeno azzardato…

Raramente un secondo posto ha un sapore così amaro. Mathieu Van Der Poel ha fatto fatica a digerirlo e questo traspare anche fra le righe del suo profilo Facebook: «Io amo questo percorso, sono andato forte ma non abbastanza perché Tom Pidcock ha volato». Inizialmente VDP ha messo in pratica la sua solita tattica, partendo a bomba per scrollarsi di dosso gli avversari, ma il rivale britannico era lì, incollato come neanche nelle prove di ciclocross era solito fare, poi intorno a metà gara, quando si stava avvicinando il pericoloso svizzero Matthias Fluckiger, Pidcock ha aperto il gas e la partita si è chiusa.

VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)
VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)

Quant’è amaro questo podio…

VDP lo ha visto andare via a un ritmo insostenibile, qualcosa che, nel mondo del fuoristrada, non era abituato a subire. Gli avversari, l’olandese dell’Alpecin Fenix ha continuato a tenerli dietro, finendo secondo a un minuto esatto da Pidcock, ma per uno che punta senza mezzi termini all’oro olimpico, per il quale ha sacrificato gran parte della stagione su strada, non è un bel segnale.

Un capitolo a parte lo merita il ceko Ondrej Cink (Kross Orlen) che ha chiuso 4° a due minuti, perché la sua storia è quella di un biker andato controcorrente. Considerato un campione sin da giovanissimo, destinato a raccogliere l’eredità di Jaroslav Kuhlavy olimpionico a Londra 2012 proprio davanti a Schurter, dopo aver conquistato podi mondiali ed europei, nel 2017 decise che era tempo di passare alla strada, come molti suoi colleghi.

Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)
Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)

Cink, professionista solo per poco

Ingaggiato dalla Bahrain Merida, Cink si è accorto presto di quanta differenza ci sia fra un mondo dove sei un riferimento e un altro dove invece sei uno dei tanti: un “lavoratore” per gli altri, dove il miglior risultato portato a casa è il 9° posto alla Vuelta Andalucia. Poco, troppo poco. L’anno dopo Cink ha fatto il passo indietro. Quel mondo non gli era piaciuto, ma per tornare quello di prima c’è voluto tanto tempo. Nel 2020 stava vincendo nella tappa di Coppa a Vallnord, ma all’improvviso fu costretto a fermarsi.

Il cuore batteva a 233 battiti al minuto. Riprese a correre, finì 10° ma quel problema andava scoperto e risolto. Neanche un intervento chirurgico ha però scoperto la causa dell’aritmia e Cink ha ripreso a gareggiare con la spada di Damocle sempre su di lui. Per questo un quarto posto è stato bello come un raggio di sole. Eppure è arrivato dietro Van Der Poel, ma lo stato d’animo era esattamente l’opposto…

I due Merckx della Mtb su Van der Poel e Pidcock

11.05.2021
7 min
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Per chi non li conoscesse Julien Absalon sta alla Mtb come Eddy Merckx sta alla strada. E Nino Schurter… anche! Julien oggi dirige la sua squadra, l’Absolute Absalon, mentre Nino è ancora in attività e corre con il Team Scott-Sram.

A loro, che con le Olimpiadi hanno un certo feeling, abbiamo chiesto dei due grandi fenomeni della strada che fanno rotta su Tokyo per la Mtb, Tom Pidcock e Mathieu Van der Poel. Le Roi, vanta due Olimpiadi. E un terzo oro, lo ha perso mentre si stava recando al via di Londra 2012, quando subì una impercettibile foratura. Julien si accorse di aver bucato sul count down. Nino invece a Rio 2016 si è preso il titolo a cui teneva di più.

Ricognizione di Rio 2016. Sagan si affida all’esperienza di Absalon (a sinistra)
Ricognizione di Rio 2016. Sagan si affida all’esperienza di Absalon (a sinistra)

Absalon: due fenomeni

Non è la prima volta che uno stradista partecipa alle gare di Mtb persino a quella olimpica, lo aveva già fatto Sagan a Rio 2016, ma lo slovacco non aveva le carte in regola per pensare ad una medaglia. Tom e Mathieu invece non solo aspirano alla medaglia, ma anche al metallo più pregiato.

«Per me questi personaggi possono vincere – dice Absalon – si tratta di due  fuoriclasse. VdP può vincere tutto: su strada, in Mtb e nel cross. E – aggiunge – anche contro Schurter. Il rischio per lui è il Tour. Ha detto che ci andrà ma se lo farà tutto rischia di arrivare stanco, di sprecare troppo, se invece farà dieci tappe allora andrà fortissimo.

«Ma c’è una cosa per me che lo ha avvantaggiato: il Covid. Se non ci fosse stata la pandemia avrebbe corso ininterrottamente, non si sarebbe “rigenerato” e sarebbe arrivato stanco. Così invece Vdp ha potuto programmare bene i suoi impegni e ha curato anche la parte tecnica in Mtb».

Ma Absalon non dimentica l’inglese.

«Tom invece è più acerbo di Mathieu. Ha vinto il mondiale U23, l’ho visto guidare in più di qualche occasione in Coppa e devo dire che in discesa è velocissimo, guida alla grande. Esce da questa prima parte di stagione su strada più forte di prima e più consapevole dei suoi mezzi. Potrebbe avere solo il problema di essersi stancato un po’ troppo. Lui ha già annunciato un avvicinamento diverso (ed ha esordito nelle gare di Mtb con una vittoria in Swiss Cup, ndr). Vedremo…».

Tom Pidcock ad Albstadt. Domenica si replica Nove Mesto. Il percorso sarà molto più tecnico
Pidcock ad Albstadt. Domenica si replica Nove Mesto. Il percorso sarà molto più tecnico

Adattamento rapido

Ma come si può passare da una disciplina all’altra con così poco adattamento? Anche perché poi bisogna farlo a livelli siderali. Non è un cross country di provincia.

«Bisogna considerare che stiamo parlando di fenomeni – ricorda Absalon – sono pochissime le persone al mondo che sono in grado di passare da una bici all’altra con questa naturalezza. Tra le donne ci riusciva Pauline (Ferrand-Prevot, ex iridata su strada nonché attuale compagna dello stesso Absalon, ndr). Loro riescono ad adattarsi in tempo reale».

Un passaggio del test event (femminile) di Tokyo che rende bene il tasso tecnico del percorso
Un passaggio del test event (femminile) di Tokyo che rende bene il tasso tecnico del percorso

Il percorso di Tokyo

Nella Mtb rispetto alla strada non contano “solo” le gambe, la tecnica di guida incide molto e questa è legata alla tipologia di percorso. Né Pidcock, né Tom hanno provato quello di Tokyo. Absalon parla di un tracciato molto esplosivo, con tante salite brevi ma ripidissime, un percorso che ricorda molto le caratteristiche fisiche che si devono avere in un ciclocross.

«Un percorso da biker veri in cui è avvantaggiato chi ha una grande partenza, perché a mio avviso non è così facile rimontare. E per questo serve potenza». Stando a queste parole emerge l’identikit perfetto di VdP e si capisce perché abbia scelto di puntare sulla Mtb.

«Un favorito? Difficile dirlo. Avancini sta andando molto forte, ma anche Koretzky e Carod stanno crescendo e sono bravi tecnicamente. E poi chiaramente c’è Nino. Sarà molto interessante vede “Pid” e VdP con loro, pensando anche al fatto che non partiranno nelle primissime posizioni».

Van der Poel ad Albstadt è partito molto forte, ma poi è calato giungendo 7°
Van der Poel ad Albstadt è partito molto forte, ma poi è calato giungendo 7°

Un bene per la Mtb

Però se due stradisti o comunque due atleti polivalenti dovessero arrivare e battere gli specialisti non sarebbe una bella cosa per il circus della Mtb.

«Per me – conclude Absalon – la loro presenza porta ad una buona esposizione mediatica il nostro sport. Entrambi muovono sponsor e grande appeal. I mei ragazzi, per esempio, sono orgogliosi di scontrarsi con loro e anzi sono stimolati a fare ancora di più. Si sono allenati ancora meglio sui loro punti di forza: guida, tecnica e tanta Mtb. Non si sono lasciati influenzare».

VdP in testa e Pidcock a centro gruppo. Queste sfide su ogni terreno esaltano anche i media
VdP in testa e Pidcock a centro gruppo. Queste sfide su ogni terreno esaltano anche i media

Parola a Nino

E dopo aver ascoltato Absalon, passiamo al campione olimpico in carica, Nino Schurter. Lo svizzero è l’erede naturale del francese. Per anni i due hanno dato vita a duelli epici, spartendosi tutto. Nino e Julien da una parte e il resto del mondo dall’altra. 

Quel che è interessante è che è stato proprio Van der Poel a incrinare l’assoluto dominio di Schurter dopo il ritiro di Julien. Una volta riusciva a tenerlo a bada con la tecnica, ma da quando Vdp è migliorato anche sotto quell’aspetto le cose sono cambiate.

«Come tutti, anche io ho dovuto riadattarmi un po’ al passato – dice Schurter – Di solito facevamo la Cape Epic a marzo (il Tour de France della mtb, una gara a tappe, ndr) invece sono stato sì in Sud Africa, ma per un training camp. Le prime due gare che ho fatto sono state buone, ho vinto. E questo mi rende ottimista per il resto della stagione.

«L’obiettivo principale sono sicuramente le Olimpiadi, ma questo non significa che andrò ai mondiali non ben preparato. Tutte le gare sono molto importanti. Anche dal punto di vista psicologico. Ai Giochi si affilano i coltelli anche per i mondiali».

Schurter in Germania ha chiuso secondo superato in volata da Koretzky alle sue spalle
Schurter in Germania ha chiuso secondo superato in volata da Koretzky alle sue spalle

Vecchio ma tosto

La concorrenza aumenta: Sarrou (iridato in carica), Avancini, Koretzky, che ha vinto domenica ad Albstadt proprio davanti a lui, e appunto i due fenomeni: questo di certo gli mette pressione e magari al tempo stesso gli toglie qualche certezza.

«Il fatto che sto invecchiando è un dato di fatto così come la concorrenza che sta aumentando. Ma ho ancora molti anni di esperienza a cui aggrapparmi – dice Nino – mi concentro su me stesso e cerco di fare il meglio possibile. Se poi questo è ancora abbastanza buono per resistere ai più giovani lo vedremo strada facendo. Una cosa è certa, non ho paura di nessuno.

«Il percorso di Tokyo è frenetico con salite molto ripide. Non sono troppo lunghe ma con il passare dei giri faranno la differenza. È anche abbastanza tecnico con salti e drop che mi piacciono molto. Credo che questo sia adatto a me e non solo a Tom o a Mathieu. E detta tra noi, non penso che loro abbiano alcun vantaggio. Una gara di Mtb dura 90′ ed è molto diversa da qualsiasi corsa su strada. Personalmente non vedo l’ora di correre la mia quarta Olimpiade».

Nino accoglie sul traguardo di una gara del 2018 un giovanissimo Van der Poel
Nino accoglie sul traguardo di una gara del 2018 un giovanissimo Van der Poel

Concentrato su VdP

A “preoccupare” di più Schurter sembra essere Van der Poel, forse perché con Pidcock ancora non ha avuto un vero scontro diretto essendo stato l’inglese U23 fino alla passata stagione.

«Sì sì, seguo le loro gesta e con interesse. Lo spettacolo di Van der Poel è stato impressionante. A partire dal mondiale di ciclocross fino alle classiche. Ormai è uno dei migliori professionisti su strada e cross. Mi chiedo solo se non abbia mai bisogno di una pausa o non si stanchi mai di tutte queste gare! Rispetto molto quello che fa e gli dò il benvenuto nella Mtb. La sua presenza è un valore aggiunto per la nostra disciplina.

Sagan è arrivato a Rio2016 sapendo di non poter vincere, VdP e Pidcock invece puntano decisamente al podio: cosa pensa Schurter degli stradisti che arrivano e possono trionfare?

«Il passato di Peter come biker era piuttosto lontano e non aveva abbastanza gare per essere competitivo per le medaglie a Rio. Per VdP e Pidcock invece il discorso cambia, eccome. Hanno dimostrato di avere tutte le carte in regola per essere tra i pretendenti per il podio alle Olimpiadi. Non so quante reali possibilità abbiamo loro due di vincere perché non sono sicuro di quante gare faranno prima delle Olimpiadi».