Il trionfo della squadra slovena nella gara maschile su strada ai Mondiali di Ciclismo di Zurigo 2024, grazie alla straordinaria prestazione di Tadej Pogacar, ha portato ulteriore lustro alla collaborazione tra il team sloveno e Alé, un marchio noto per la grande qualità produttiva in ambito abbigliamento per il ciclismo. Questa partnership, iniziata nel 2022 tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena (KZS – Kolesarska zveza Slovenije), ha “vestito” alcuni dei più grandi ciclisti del mondo, come appunto Tadej Pogacar, Primoz Roglic e Matej Mohoric, nelle competizioni più prestigiose, tra cui mondiali, europei e Giochi Olimpici.
Pogacar sotto al traguardo di Zurigo diventa campione del mondo e con lui il suo kit Alé CyclingPogacar sotto al traguardo di Zurigo diventa campione del mondo e con lui il suo kit Alé Cycling
Momento storico
E il successo ottenuto ai recentissimi Mondiali di Zurigo rappresenta davvero il culmine di una collaborazione che ha già prodotto risultati di grande rilievo. La vittoria di Pogacar, supportato da un team a dir poco eccezionale, ha segnato un momento storico per il ciclismo sloveno, e Alé non ha tardato a congratularsi con il campione e con tutta la nazionale per la prestazione memorabile.
«E’ stato per noi un onore immenso vedere il logo Alé sul gradino più alto del podio ai mondiali di ciclismo su strada 2024 – ha commentato entusiasta Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG, l’azienda che controlla il brand – collaborare con alcuni dei migliori ciclisti al mondo, grazie alla partnership con la Nazionale slovena di ciclismo, è un vero privilegio. Ringraziamo la KZS per questa grande emozione e ci congratuliamo con il vincitore e con tutto il team».
Alessia Piccolo con Tadej PogacarAlessia Piccolo con Tadej Pogacar
Partnership vincente
La partnership tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena non si limita solo alla fornitura di divise da gara, ma comprende anche l’abbigliamento tecnico sia per la stagione estiva che per quella invernale. I capi, inclusi i body utilizzati nelle competizioni, sono caratterizzati dal verde distintivo della Slovenia, conosciuto come “Slovenian Green”, abbinato a dettagli in blu scuro, creando un look elegante e riconoscibile. Questi capi appartengono alla collezione PR-S di Alé, una linea dedicata alle squadre professionistiche che utilizza le tecnologie più avanzate nel campo tessile per ottimizzare le prestazioni degli atleti. Ogni capo è difatti studiato nei minimi dettagli, con un “fit racing” pensato per migliorare l’aerodinamica e il comfort durante le gare più impegnative.
La collezione PR-S di Alé rappresenta il punto di incontro tra design all’avanguardia e performance, rendendo questi capi ideali per atleti di altissimo livello come quelli della nazionale slovena. La maglia indossata da Tadej Pogacar durante il suo trionfo è l’emblema di questa perfetta sinergia tra tecnologia e sport.
Con il primo posto ottenuto ai Mondiali di Zurigo, la partnership tra Alé e la nazionale slovena ha dimostrato ancora una volta di essere un connubio vincente, capace di portare i suoi atleti a dominare le competizioni più prestigiose del panorama ciclistico internazionale.
Mai come questa volta Ganna è arrivato a toccare la vittoria della Sanremo. Ha resistito alle bordate di Pogacar e Van der Poel. Più di così non poteva fare
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Scatta oggi il Tour de Pologne. Lo scorso anno fu una della corse più entusiasmanti della stagione con quel traguardo volante a decidere l’esito dell’intero giro polacco. Un duello che vide protagonisti Matej Mohoric e Joao Almeidae anche le rispettive squadre.
A distanza di un anno torniamo a parlare del Tour de Pologne proprio con Mohoric. L’alfiere della Bahrain-Victorious ci fa un po’ da Cicerone per quel che concerne il percorso. Sarà una gara di altissimo livello. Al via anche Vingegaard, Pello Bilbao (compagno di Mohoric), e poi Gregoire, Majka…
Lo sloveno (classe 1994) ha fatto un bel po’ di fatica al Tour. Ora spera di aver recuperatoLo sloveno (classe 1994) ha fatto un bel po’ di fatica al Tour. Ora spera di aver recuperato
Matej, come ci si sente a presentarsi ad un corsa come campione uscente?
Bene dai! Ho dei bei ricordi dell’anno scorso. Il Giro di Polonia era più vicino alla fine del Tour dal quale uscii molto bene. Mi ritrovai con una gamba molto buona. Avevo sensazioni super e forse è stato uno dei periodi in cui sono andato più forte in assoluto.
Una gara al limite in effetti. E fu divertente viverla da dentro…
In generale il Tour de Pologne è una gara adatta alle mie caratteristiche. Nel 2019 vinsi una tappa, nel 2021 arrivai secondo nella generale e l’anno scorso l’ho vinta. Propone salite brevi e spesso intense. Ogni volta che torno qui so che posso fare bene. E questo conta molto mi dà fiducia e motivazione.
Hai studiato il percorso?
Direi che è simile a quello degli anni scorsi, quel che cambia di più è la crono, che quest’anno è parecchio impegnativa: in pratica ripercorre il finale della prima tappa. Prima è pianeggiante, poi ci si immette in una valle e s’inizia a salire. Magari è più adatta a scalatori come Majka, Vingegaard… e meno a corridori come me. A Katowice l’anno scorso era una crono più tecnica, con curve strette, tratti in pavé. Alla fine dipenderà molto dalla condizione.
In effetti le difficoltà sono concentrate quasi tutte nelle prime tre tappe…
Già dopo le prime due tappe la classifica generale sarà molto chiara, poi restano insidiose la terza e la sesta tappa, ma non saprei dire quale di queste due potrà essere più decisiva. Mi verrebbe da dire la terza, più che altro perché solo due corridori per squadra avranno le radioline. C’è da fare un circuito due volte con una salita abbastanza lunga e l’arrivo è su uno strappo di 1,8 chilometri con 300 metri al 12 per cento. E sono tre tappe difficili consecutive.
Wroclaw – Karpacz: prima tappa di 156,1 kmMyslakowice – Karpacz: seconda tappa di 15,4 km (crono individuale)Walbrzych – Duszniki-Zdrój: terza tappa di 156,5 kmKudowa-Zdrój – Prudnik: quarta tappa di 195,3 kmKatowice – Katowice: quinta tappa di 187,6 kmWadowice – Bukovina Resort: sesta tappa di 183,2 kmWieliczka – Kraków: settima tappa di 142,1 kmWroclaw – Karpacz: prima tappa di 156,1 kmMyslakowice – Karpacz: seconda tappa di 15,4 km (crono individuale)Walbrzych – Duszniki-Zdrój: terza tappa di 156,5 kmKudowa-Zdrój – Prudnik: quarta tappa di 195,3 kmKatowice – Katowice: quinta tappa di 187,6 kmWadowice – Bukovina Resort: sesta tappa di 183,2 kmWieliczka – Kraków: settima tappa di 142,1 km
A proposito di radioline, tu l’avrai?
Non so, dipenderà anche dalla classifica. La porteranno il leader e il road capitan. Ma sarà interessante anche perché non è complicato solo il finale della terza tappa, ma anche l’avvio.
Quarta e quinta invece dovrebbero essere in volata…
Esatto, mentre la sesta, quella di Bukovina è sì impegnativa, si arriva su uno strappo, ma non sarà poi così difficile. Alla fine immagino sarà il solito Tour de Pologne con distacchi minimi e grande importanza degli abbuoni. Si giocherà sul filo dei secondi.
Prima, Matej, hai accennato alla tua condizione, ebbene come stai?
Non sono proprio convinto della mia condizione. Al Tour non stavo bene, mi sono ammalato, speravo di migliorare nell’ultima settimana, ma ci sono arrivato davvero stanco. Anche nell’ultima settimana ci ho messo un po’ a sentirmi bene. Ed anche alle Olimpiadi non ero super in più ho anche rotto la bici. Insomma brancolo un po’ nel buio: mi è difficile intuire come sto.
Mohoric nella tappa dello sterrato al Tour. Matej è iridato gravel in carica e vuole difendere il titolo in Belgio il prossimo 5 ottobreMohoric nella tappa dello sterrato al Tour. Matej è iridato gravel in carica e vuole difendere il titolo in Belgio il prossimo 5 ottobre
Al Tour hai avuto il Covid?
A Firenze e nelle prime tappe stavo ancora bene, poi ho preso un virus, ho avuto anche la febbre una notte, speravo e spero solo di recuperare il prima possibile, perché ho una grande voglia di tornare a sentirmi bene. Correre così non è stato piacevole.
In effetti è stato il Tour che ti ha portato giù, perché prima avevi vinto il titolo nazionale a crono…
Sì stavo bene prima, ma dopo il Tour, come detto, non sono stato bene. Non avevo recuperato. E lo stesso a Parigi. Per esempio quando ho rotto la bici io, anche Pedersen l’aveva rotta, solo che lui è riuscito a rientrare e io no.
E allora come si riprende una situazione simile: ti alleni di più o al contrario cerchi di recuperare il più possibile?
Mi alleno normalmente e prima o poi il fisico si riprenderà. Una cosa è certa: se sto male non insisto troppo. Mentre se sto bene mi allenato forte e mi piace spingere. Dopo Parigi ho iniziato a stare meglio e mi sono allenato di più. Ma come detto prima, non so di preciso a che punto sono.
Quale sarà il tuo programma da qui a fine stagione?
Dopo il Tour de Pologne farò il Renewi Tour e quindi mondiale gravel, prima di questo anche un’altra gara gravel, e il mondiale su strada. Mentre non so se farò la trasferta canadese.
Merida celebra l’iride gravel 2023 di Matej Mohoric realizzando una Silex personalizzata appositamente per il forte corridore sloveno. Una bici che di fatto è un pezzo unico e in quanto tale ha un valore che solo il proprietario, Mohoric appunto, può comprendere… Unica come gli elementi grafici che caratterizzano questa bicicletta, che raccontano tutta l’essenza di un grande atleta e della sua splendida vittoria iridata al mondiale gravel dello scorso anno.
Il successo di Matej Mohoric è stato colto proprio in sella ad una Merida Silex. Ispirata al “bikepacking” e “all’adventure riding”, la Silex si è dimostrata in tutta la sua versatilità, e questa speciale rivisitazione, accompagnata dalla vittoria iridata di Matej, ha fatto emergere tutte le peculiarità di questa bicicletta. E con un successo così importante sulle spalle, Merida non poteva non creare un esemplare unico di Silex per celebrarlo.
Sul tubo orizzontale il simbolo del gufo e dei libri (foto Merida Bikes)Sulla forcella anteriore il soprannome “Moho” (foto Merida BIikes)Sul tubo orizzontale il simbolo del gufo e dei libri (foto Merida Bikes)Sulla forcella anteriore il soprannome “Moho” (foto Merida BIikes)
Una grafica… d’autore
La World Championship Silex – questo il nome della bici – presenta i cinque colori iridati in una forma a spirale posizionata sul tubo orizzontale e all’interno della forcella, un elemento grafico che presenta spigoli vivi e linee rette, riflettendone il design moderno e deciso. La parte posteriore della bicicletta, inoltre, mette in mostra una finitura simile alla pietra, che rappresenta il significato della parola Silex: un termine latino per indicare appunto pietra, ciottolo o selce.
Sul lato esterno della forcella è ripreso il soprannome di Matej (Moho), mentre sul tubo orizzontale è raffigurato un gufo insieme ad alcuni strumenti: un libro, un rastrello e un bastone da passeggio. Per Matej, infatti, non sono tre semplici oggetti, ma sono portatori di un messaggio importante. Il gufo e il libro di testo simboleggiano lo studio e la scienza, elementi che gli stanno molto a cuore. Il rastrello fa riferimento alle origini e all’educazione di Matej, cresciuto in una fattoria, mentre l’elegante bastone da passeggio allude alla sua passione per la moda e lo stile.
Appena sopra il movimento centrale, infine, la bicicletta riporta il nome completo di Matej, il luogo e la distanza della sua vittoria: il Lago Le Bandie/Pieve di Soligo, 8 ottobre 2023, 167,7 km e 4:53”56’, ovvero il tempo finale della sua cavalcata mondiale. Ultimo, ma non certo per importanza, l’hashtag #rideforgino: un messaggio chiave per Matej e per tutto il Team Bahrain Victorious in ricordo di Gino Mader.
I numeri della cavalcata iridata e una dedica per Gino Mader (foto Merida Bikes)I numeri della cavalcata iridata e una dedica per Gino Mader (foto Merida Bikes)
Gravel è divertimento
«Sono sincero – ha commentato Mohoric – adoro la mia nuova Silex. Ogni volta che la uso, mi ricorda perché ho iniziato a pedalare e quanto mi rende felice. Ovviamente amo anche la mia Merida Reacto, ma a volte la guardo quasi come uno strumento di lavoro. La Silex è diversa. Con lei vado in bici soprattutto per divertimento e per il senso di avventura: lei è in grado di regalarmi nuove emozioni…
«La Silex rappresenta non solo la concentrazione e l’impegno per l’alta prestazione, ma anche la pura gioia di pedalare e di sentirmi vivo e connesso con la natura. Sono davvero orgoglioso ed emozionato di essere l’attuale campione del mondo, e non vedo l’ora di sfoggiare la splendida verniciatura alle gare gravel di quest’anno».
ALTEA (Spagna) – Vince su strada.Classiche e tappe. Da solo e al colpo di reni. Nel memorabile attacco in discesa dal Poggio e persino nel gravel. Per conquistare il Giro di Polonia ha dovuto difendersi in un traguardo volante e nella crono aveva lavorato sui centesimi di secondo per mantenere il primato. Fa ogni cosa con cognizione di causa, ogni cosa con la massima intelligenza: è Matej Mohoric.
Lo sloveno della Bahrain-Victorious è in Spagna con i compagni. Si sta avvicinando alla sua undicesima stagione da professionista. Sempre con la stessa voglia, la stessa serietà e la stessa grinta. Anche se magari non lo lascia vedere, quella in lui non manca mai.
Matej Mohoric (classe 1994) con l’addetta stampa del suo team, Simona MazzoleniMohoric (classe 1994) con l’addetta stampa del suo team, Simona Mazzoleni
Matej cos’è per te il ciclismo?
E’ la mia passione, soprattutto… E lo è da quando ero piccolo. Adesso è anche il mio lavoro e ogni giorno sono grato di poter dire che la mia passione è anche il mio lavoro.
Sei sempre molto meticoloso, su ogni cosa, preciso in ogni aspetto: ma c’è una parte che curi di più?
Presto molta attenzione ai dettagli, perché magari fisicamente ci sono atleti un pelino più forti di me. Però il nostro sport sta diventando sempre più tecnico, uno sport in cui i dettagli assumono maggior peso e non mi riferisco solo ai materiali, ma anche alle strategie, al modo di correre, all’efficienza durante una gara. Io sono forse più bravo degli altri a curare questi aspetti che influiscono sulla performance.
Ed è proprio qui che volevamo arrivare. Perché, come detto, Mohoric vince al colpo di reni al Tour, gesto che non tutti sanno fare così bene? Perché Mohoric vince un Polonia con un traguardo volante, curando alla perfezione quella volata?
Come detto, curo gli aspetti tecnici e tattici, ma anche quelli della bici e quelli psicologici. Sapete, non tutti sono sicuri di se stessi al 100 per cento. Nel corso di questi anni, ho capito che non riesco a fare di più del mio massimo, quindi ogni giorno provo a dare il meglio di me stesso e cerco di sfruttare al meglio tutto il resto. Sono stato battuto tante volte e mi va anche bene… Ma mi va bene finché sono convinto che ho fatto tutto il possibile. Pertanto cerco di restare concentrato su me stesso. Di essere sicuro. Magari altri hanno delle “fisse”, sono meno sicuri e commettono degli errori.
A “fionda” giù dal Poggio con il reggisella telescopico. Un tipico colpo alla Mohoric: gambe, coraggio, intelligenza, furbizia. La Sanremo 2022 è suaA “fionda” giù dal Poggio con il reggisella telescopico. Un tipico colpo alla Mohoric: la Sanremo 2022 è sua
Hai parlato anche di aspetti psicologici, cosa pensi quando sei in bici? Sia quando ti alleni che quando invece sei in corsa…
Sento la felicità di poter fare questo lavoro. Ma cerco sempre di migliorare ogni aspetto della mia performance. Non guardo tanto gli altri, anche perché so che alcuni sono molto più forti, quindi non è quella la mia motivazione. La mia motivazione è migliorare me stesso. E credo che prendere le decisioni giuste aiuti molto più di quel che si possa pensare. E questo vale anche come squadra. Spesso non siamo i favoriti, ma siamo pronti a sfruttare gli errori dei numeri uno e in qualche occasione siamo riusciti a batterli.
C’è un posto del gruppo che preferisci? Che senti il “tuo”?
Sì c’è ed è correre sempre davanti, nel posto che credo essere meno pericoloso. Voglio sempre vedere la strada, anche se spreco qualcosa in più. Ma preferisco così, preferisco avere il controllo che non averlo e risparmiare qualcosa. E poi è sempre meglio che essere dietro e dover inseguire.
Hai parlato di dettagli e materiali: hai cambiato qualcosa sulla bici? Stai lavorando su qualcosa in particolare?
Lo sta facendo la squadra. Abbiamo grande supporto dai partner. Oggi quando si parla di migliorare c’è sempre un lavoro di squadra, non è mai personale, ed è così in ogni cosa. Sì, io do parecchi feedback delle cose nuove che stiamo provando, ma poi il lavoro concreto spetta a loro.
A Pieve di Soligo, lo sloveno ha conquistato il mondiale gravel. Anche quel giorno se l’era studiata beneA Pieve di Soligo, lo sloveno ha conquistato il mondiale gravel. Anche quel giorno se l’era studiata bene
Quest’anno al Polonia, ci dicevi delle ore che passavi sulla bici da crono. Pensi di incrementare ancora il monte delle ore?
No, perché vorrei essere più efficiente possibile sulla bici da strada. Ho dei grandi obiettivi nella primavera. Prima e dopo il Tour… e non sono obiettivi a crono. Quello che dissi al Polonia fu una constatazione relativa a quel momento. Se io passassi più ore sulla bici da crono, chiaramente migliorerei contro il tempo, ma non su sulla bici da strada. Ed è lì invece che voglio essere efficiente. Quindi: 110 per cento sulla bici da strada.
Quali sono questi grandi obiettivi di Matej Mohoric?
Simili a quelli dell’anno scorso (quindi classiche del Nord, Tour e finale di stagione, ndr) con la differenza che è l’anno olimpico. Penso di andare a Parigi. In più al calendario su strada aggiungerò anche qualche corsa di gravel. Questa è una disciplina che, oltre a piacermi, secondo me ha tanto, tanto potenziale. E anche i nostri partner spingono per farla diventare ancora più importante.
Al netto del risultato, mi sa che ti sei divertito parecchio al mondiale gravel… Hai guidato come un leone!
Sì, mi sono divertito, anche perché eravamo lì in quelle zone d’Italia. Da bambino sono cresciuto su quelle strade. Io da piccolo volevo iniziare a correre in mtb, però da noi in Slovenia non era sviluppata e così sono rimasto sulla strada, ma l’offroad è una passione che ho ancora. Mi piace andare fuoristrada anche negli allenamenti. Spero proprio che in futuro il gravel possa diventare più importante.
Dall’altra parte del mondo, in Giappone, molti corridori hanno corso l’ultima gara della stagione. Tra questi c’era anche Nicolò Buratti, il friulano ha chiuso una stagione che lo ha visto passare dal CTF Friuli alla Bahrain Victorious. Un salto nella dimensione del WorldTour arrivato nel mese di aprile: Buratti è passato a correre dal Trofeo Piva alla Freccia del Brabante in appena dieci giorni.
«Passare a metà anno nel WorldTour non è semplice – dice – si tratta di un mondo nuovo, anche se lo staff della squadra un po’ lo conoscevo, visto che molti di loro lavorano anche con il CTF. Tuttavia un mesetto, anzi due di adattamento ci sono voluti, ma mi sono inserito bene».
Buratti ha trovato la fuga al primo colpo: ritmi alti fin da subito in garaBuratti ha trovato la fuga al primo colpo: ritmi alti fin da subito in gara
Un bel finale
Un inizio non semplice, poi però l’adattamento è avvenuto con i giusti tempi, e Buratti si è ritrovato catapultato al Giro di Lombardia. Un premio per questo finale di stagione in crescendo ed un’iniezione di fiducia per quella che sarà la prima stagione interamente tra i professionisti, la prossima.
«Ho saputo che sarei andato al Giro di Lombardia dopo le gare in Canada – racconta Buratti dal Giappone prima della Japan Cup Cycle Road Race – quindi un mese prima. Ho avuto modo di prepararmi, anche se la mattina alla partenza di Como un po’ di tensione c’era comunque».
Routine post-tappa. Asciugamano e giacca pesante forniti dai massaggiatori…Routine post-tappa. Asciugamano e giacca pesante forniti dai massaggiatori…
E’ stata la tua prima monumento della carriera…
Ero davvero felice di poter prendere parte ad una corsa così prestigiosa, sono andato subito in fuga, è stato emozionante. Alla fine, a modo mio, sono stato protagonista in una corsa che è un simbolo del ciclismo. Sulle strade c’era tantissimo tifo, non avevo mai provato una cosa del genere. La cosa più bella, probabilmente è stata concluderla, arrivare a Bergamo.
Avere accanto tanti campioni come ti ha fatto sentire?
Ogni corsa che ho fatto mi sono trovato accanto un campione diverso, certo che al Lombardia c’era un exploit. Anche questa è un’emozione, in realtà fa un po’ strano perché è gente che ammiravi da fuori ed ora sei lì accanto a loro. Devo ammettere che è stato abbastanza bello e gratificante, capisci di essere arrivato dove volevi, con la consapevolezza che sia solo l’inizio.
I primi risultati sono arrivati alla CRO Race, con quattro piazzamenti su sei in top 10 I primi risultati sono arrivati alla CRO Race, con quattro piazzamenti su sei in top 10
Com’è stato vivere da davanti il Giro di Lombardia, la fuga era un obiettivo prefissato?
Sì. Il fatto che io prendessi parte alla fuga di giornata era nel piano del team. Sono stato fortunato perché il gruppetto giusto è andato via praticamente al primo scatto, cosa che non succede spesso. Anche se poi il gruppo ci ha tenuti a 30 secondi per tanto tempo ed abbiamo spinto al massimo. Durante tutta la giornata non ci hanno mai lasciato tanto margine, quindi i ritmi erano sempre elevati.
Ti sei staccato dopo 150 chilometri a causa dei ritmi elevati?
Ho sofferto di crampi sulla penultima salita (il Passo della Crocetta, ndr) così mi sono gestito e staccato. Il gruppo mi ha ripreso proprio sullo scollinamento, così ho fatto la discesa con loro e sul Passo di Ganda mi sono staccato definitivamente. Il fatto di aver anticipato il gruppo entrando nella fuga mi ha aiutato a prendere il margine per poi finire la corsa.
La prima stagione da professionista di Buratti si è conclusa in Giappone, alla Japan Cup Cycle Road RaceLa prima stagione da professionista di Buratti si è conclusa in Giappone, alla Japan Cup Cycle Road Race
Gli ultimi chilometri come sono stati?
Dopo l’ultima salita mi sono tranquillizzato un po’, il peggio era alle spalle. Per fortuna mi sono trovato in un gruppetto numeroso con altri 20 corridori, così l’ultima parte è stata meno dura. Non avevo mai fatto così tanti chilometri (238, ndr) in gara.
Com’è stato?
In realtà stavo bene, chiaramente competere con i primi è qualcosa di diverso, però ho visto che se ti gestisci e ti alimenti nella maniera giusta non è un problema arrivare in fondo.
E’ cambiata tanto la tua alimentazione in corsa dopo il passaggio alla Bahrain Victorious?
No, con il CTF lavoravamo bene in tutti i campi. Sicuramente qui sono più controllato ed è molto più semplice imparare perché tutto è preciso e curato nei minimi dettagli. La cosa che è cambiata maggiormente sono gli allenamenti, faccio molte più ore rispetto a prima.
Buratti (a sinistra) ha corso spesso con Mohoric (a destra) dal quale ha imparato tantoBuratti (a sinistra) ha corso spesso con Mohoric (a destra) dal quale ha imparato tanto
Un anno di apprendimento che ti sarà utile per il futuro.
Nel 2023 ho imparato tanto, soprattutto guardando i miei compagni di squadra. Solamente osservarli mi ha permesso di capire molte cose. La prossima stagione farò tutto insieme a loro, a partire dal ritiro invernale. Fare una preparazione completa mi aiuterà a crescere ancora, conosco meglio lo staff ed i corridori. Nel mio piccolo posso pormi degli obiettivi: qualche top 10 o dei podi.
Quale dei tuoi compagni ti ha seguito maggiormente?
Ho corso tanto con Mohoric, è un corridore che qualcosa ha fatto – dice ridendo – è molto preciso e metodico su tante cose: le tattiche in corsa, l’aerodinamica, la bici e l’alimentazione. Guardarlo muoversi in gruppo mi ha aiutato tanto, poi lui parla benissimo l’italiano.
Poi è un ragazzo che parla spesso e volentieri.
E’ proprio adatto per il ruolo da “chioccia”, perché non si stanca mai di spiegare e di farti vedere le cose.
Il successo iridato di Matej Mohoric, centrato in occasione dei recenti campionati del mondo gravel, ha letteralmente trascinato sul gradino più alto del podio anche Northwave, il brand di calzature italiano utilizzato dal fortissimo corridore sloveno. Per Mohoric, trionfatore solitario sul traguardo di Pieve di Soligo, quello del mondiale gravel è un successo che va ad arricchire un palmares sempre più prestigioso. Per Northwave, azienda trevigiana che da ben due anni “pedala” insieme a Mohoric, la conquista dell’iride rappresenta una vittoria speciale, perché ottenuta sui (bellissimi) percorsi di casa, quelli delle Colline del Prosecco.
In oltre trent’anni anni di storia vissuta al fianco di numerosi e grandi campioni del ciclismo mondiale, Northwave è stata in grado di conquistare la maglia iridata in ciascuna disciplina: dalla strada alla Mtb, dal ciclocross alla pista… Ed oggi ecco arrivare il titolo nel gravel, un successo che si aggiunge a questa incredibile collezione di allori a dimostrazione dell’approccio globale al ciclismo che ha sempre caratterizzato l’operato di Northwave.
Mohoric ha regalato a Northwave il titolo iridato al mondiale gravel a Pieve di SoligoMohoric ha regalato a Northwave il titolo iridato al mondiale gravel a Pieve di Soligo
Extreme Pro 3 iridate
Domenica scorsa Mohoric ha conquistato la propria terza maglia iridata, dopo il successo del 2012 fra gli juniores e del 2013 fra gli under 23 (ancora in Italia, a Firenze). Assieme a Northwave, Mohoric ha centrato anche la vittoria alla Milano-Sanremo 2022. Inoltre, vincitore di tappa in tutti e tre i grandi Giri, il 28enne di Kranj ha conquistato quest’anno anche la classifica generale del Tour de Pologne.
Matej Mohoric ha affrontato il mondiale gravel affidandosi alle Extreme Pro 3, le scarpe top di gamma della collezione “road” di Northwave. Le Extreme Pro 3 si caratterizzano per la propria suola ergonomica Powershape, oltre ad essere dotate della tecnologia ARS (Anatomic Reticular Support): un esoscheletro che fascia e si adatta al piede così da distribuire in modo uniforme e controllato gli sforzi durante la pedalata.
Il campione sloveno ha indossato le Extreme Pro 3Il campione sloveno ha indossato le Extreme Pro 3
In vista della prossima stagione estiva 2024, l’ampia gamma di prodotti Northwave per il gravel si arricchirà anche grazie all’avvento delle nuove Hammer, “sbirciate” in anteprima all’Italian Bike Festival, calzature caratterizzate dalla nuova suola Jaws Evo di NW e capaci di offrire reattività sui pedali e una flessibilità inedita nella fase di camminata, grazie ad ampi inserti gommati che garantiscono sicurezza e stabilità una volta scesi di sella.
Il secondo campionato del mondo gravel, corso il fine settimana scorso, ha chiuso la breve parentesi su questa disciplina. Aperta in occasione del primo campionato europeo, disputato in Belgio il primo ottobre. Il gravel cresce, accoglie sempre più appassionati, sia tra i ciclisti quanto tra i tifosi. La provincia di Treviso, tra sabato e domenica, ha potuto godere di nomi illustri del panorama del ciclismo mondiale e di un pubblico da classiche.
Ma dove potrà arrivare questa disciplina? Piace a tanti atleti, grazie a percorsi sempre nuovi e diversi tra di loro. La differenza tra il campionato europeo e quello del mondo era estremamente profonda. Scelte tecniche che portano anche ai vari cittì a dover fare delle selezioni, così da portare in gara la miglior squadra possibile. La stessa Italia di Pontoni tra uomini e donne è variata tanto, costruendo quattro squadre (due per gara tra europeo e mondiale) tanto diverse tra di loro.
Le due prove elite del mondiale gravel 2023 hanno visto protagonisti di primo piano (foto Bolgan)Le due prove elite del mondiale gravel 2023 hanno visto protagonisti di primo piano (foto Bolgan)
I due percorsi tra europeo e mondiale ci hanno detto che il gravel cresce e cambia nei percorsi, questo comporta scelte diverse per la selezione dei corridori?
Assolutamente, devi schierare il miglior atleta possibile in base alle caratteristiche del percorso. Quello degli europei mi ha spinto a scegliere atleti molto più veloci e a puntare quindi su di loro. Per esempio nelle donne ho portato Elena Cecchini in tutte e due le prove, ma all’europeo era l’atleta di punta, mentre al mondiale ha dato supporto alle altre.
Cittì, tra europeo e mondiale hai cambiato tanto, soprattutto nella corsa delle donne.
Avevo più scelta, anzi ora posso dirlo: avremmo dovuto avere anche la Longo-Borghini, ma a causa dell’infortunio non è stato possibile. Con gli uomini ho lasciato più spazio agli under 23 all’europeo ma al mondiale non me la sono sentita, anche perché è venuta fuori una gara da cinque ore.
Nella gara delle donne l’Italia si è messa la corsa sulle spalle conducendo le danze per tanti chilometri (foto Bolgan)Nella gara delle donne l’Italia si è messa la corsa sulle spalle conducendo le danze per tanti chilometri (foto Bolgan)
Il livello degli atleti si è alzato, lo si è visto sia tra le donne che tra gli uomini…
Si è alzato e molto. Sia come nomi che come qualità dello sforzo da parte degli atleti. Troviamo team professionisti, che fanno di mestiere questa specialità. Credo che nel giro di 2-3 anni avremo squadre dedicate a questa disciplina con professionisti del settore sempre più competitivi. Soprattutto nel campo femminile abbiamo visto il meglio, mancava la Ferrand-Prevot e qualche atleta della mtb, però se si guarda alla strada c’erano tutte.
Il Lombardia il giorno prima della prova maschile ha un po’ precluso le scelte?
Alessandro De Marchi e Simone Velasco hanno comunque partecipato, certo la loro presenza va di pari passo con le esigenze dei team. Forse slittando la prova avanti di una settimana rispetto al Lombardia avremmo avuto differenti atleti, ma non scordiamo chi ha vinto (Mohoric, ndr) e il fatto che ci fosse un corridore come Van Aert.
Elena Cecchini è stata il punto di riferimento della nazionale di Pontoni sia all’europeo che al mondialeNella prova iridata Silvia Persico ha portato a casa un argento di un valore immenso per lei e per il movimento azzurroElena Cecchini è stata il punto di riferimento della nazionale di Pontoni sia all’europeo che al mondialeNella prova iridata Silvia Persico ha portato a casa un argento di un valore immenso per lei e per il movimento azzurro
Com’è il rapporto con le squadre dei vari corridori?
Non è semplice, siamo una specialità emergente, però già dall’anno scorso ad oggi si nota una voglia maggiore di partecipare. Una voglia che è anche delle aziende. Gli atleti, fosse per loro, ne avremmo tanti di più a disposizione. Credo che questi due mondiali e il prossimo, che si svolgerà nelle Fiandre, daranno il “la” definitivo a questa specialità.
Ci si riesce a coordinare in maniera costruttiva?
Molte squadre in questi due giorni post mondiale mi hanno contattato mostrando un grande interesse, così come i costruttori. Basta pensare a quali tipologie di bici vengono vendute maggiormente ora: le gravel occupano una buona fetta di mercato.
Tra le protagoniste della gara femminile c’era anche Demi Vollering, vincitrice dell’ultimo Tour de France FemmesTra le protagoniste della gara femminile c’era anche Demi Vollering, vincitrice dell’ultimo Tour de France Femmes
Che crescita si immagina per il gravel in futuro?
Quella che c’è stata per la mountain bike negli anni ‘90. Pensiamo che le Olimpiadi del 2028 si svolgeranno negli Stati Uniti e questa è una specialità che nasce lì. Il gravel si afferma come terza disciplina del fuoristrada, considerando che hanno assegnato i mondiali fino al 2028. Si è partiti con due edizioni in Italia, poi ci sposteremo in Belgio, Australia, Francia, ancora Belgio e poi Emirati Arabi ad AlUla. Ripeto, non mi stupirei se questa specialità potesse avere un futuro sempre più radioso.
Arrivare dal fuoristrada aiuta, ma le distanze poi diventano molto impegnative…
Chi ha già corso nel ciclocross o nella mtb a livello di guida è estremamente avvantaggiato. Già solo fare le curve in maniera corretta dà una grande mano, però poi entra in gioco la distanza. Entrambe le gare sono state sulle 5 ore, è chiaro dunque che la resistenza conta eccome. E quella la alleni solamente su strada. Pensiamo per esempio alla Cecchini che non ha mai fatto nulla in fuoristrada e si è comportata alla grande.
Il pubblico di Pieve di Soligo si è riversato in strada nella due giorni iridata, una prova di quanto il gravel sia ormai popolareIl pubblico di Pieve di Soligo si è riversato in strada nella due giorni iridata, una prova di quanto il gravel sia ormai popolare
Il pubblico poi ha risposto in maniera incredibile, sia sabato che domenica…
Ho visto tantissima passione e secondo me chi era a bordo strada torna a casa con uno stupore negli occhi non indifferente. Il gravel è tanto entusiasmante, non si ha assistenza e il corridore ci mette tanto del suo, è un tornare indietro nel tempo. Bisogna saper sfruttare i piccoli momenti e noi cittì dobbiamo riuscire a far sentire il nostro appoggio in ogni istante.
A lei che è rimasto di questa esperienza?
Mi ha lasciato un’altra medaglia oltre a quella della Persico, le persone e lo staff ci hanno davvero messo il cuore e questo per me è un premio enorme. Devo ringraziare tutti per questa seconda esperienza fantastica.
Parliamo di Gaia Realini con Azzolini, il suo allenatore. Cosa ha capito alla fine del primo anno con la Lidl-Trek? E' forte in salita, ma anche in pianura
PIEVE DI SOLIGO – A pochi minuti dal via della prova iridata, tutti sono d’accordo su una cosa: la corsa sarà davvero dura. Si parte dal Lago Le Bandie e si arriva a Pieve di Soligo, dopo 169 chilometri di fatiche. Il tracciato è lungo, forse troppo lungo, come sottolinea anche Francesco Moser, che lo avrebbe accorciato di qualche chilometro. In palio c’è un titolo mondiale ambitissimo. Quello gravel.
I pretendenti sono agguerriti: al via infatti ci sono Wout Van Aert, che arriva sorridente ma anche molto concentrato, non concedendo foto o autografi, Alejandro Valverde, che si prende l’applauso del pubblico a braccia alzate, e Matej Mohoric.
Dal Lago Le Bandie parte il mondiale gravel: 169 km e 1.900 m di dislivello. Saranno quasi 5 ore di gara (per i primi)Giornata (ma si può dire annata) sfortunata per Van Aert. Bravo comunque a recuperare e a chiudere 8°Mohoric elegante e sicuro anche sullo sterratoDal Lago Le Bandie parte il mondiale gravel: 169 km e 1.900 m di dislivello. Saranno quasi 5 ore di gara (per i primi)Giornata (ma si può dire annata) sfortunata per Van Aert. Bravo comunque a recuperare e a chiudere 8°Mohoric elegante e sicuro anche sullo sterrato
Pellizotti profeta
Franco Pellizotti, direttore sportivo della Bahrain-Victorious, ci aiuta ad capire cosa potrebbe succedere durante la corsa: «È un percorso bellissimo ma anche molto tecnico. Sarà importante non perdere di vista nessuno, perché ogni punto del tracciato potrebbe essere quello buono per l’attacco vincente. Inutile dire che l’attenzione sarà su Van Aert anche se, sinceramente, ultimamente non l’ho visto poi così brillante sulle salite. Rimane sicuramente molto quotato, ma anche altri, come Mohoric, potrebbero dire la loro».
Lo sloveno è molto conciso nel dire come affronterà la sua gara: semplicemente «a tutta», esclama. E indovinate com’è andata? La corsa parte, il ritmo è altissimo e in testa si forma un gruppetto di tre elementi: Matej Mohoric, Florian Vermeesch e Connor Swift. Terzetto che poi andrà a ricoprire i gradini del podio nello stesso nell’ordine.
Non pervenuto, a sorpresa, Wout Van Aert. Sul muro di Ca’ del Poggio aveva già un distacco di oltre dieci minuti, complici anche diversi problemi meccanici e una scivolata.
La corsa la fanno quei tre davanti: scatenati e sicuri in ogni passaggio. Il ritmo aumenta, le tattiche diventano sempre meno efficaci e la fatica quasi insostenibile. Dal terzetto si sfila prima Swift e poi Vermeesch, sotto le “trenate” dello sloveno.
Matej rimane solo al comando, senza alcun punto di riferimento e correndo qualunque rischio possibile pur di aggiudicarsi l’iridata. «Ogni tanto ci davano qualche riferimento circa il nostro vantaggio, ma non c’era da credergli», ha spiegato Mohoric.
Rischi che si concretizzano quando all’arrivo mancano appena tre chilometri: la piazza di Pieve di Soligo per un attimo sussulta. Matej è scivolato. Però riparte e si gode ugualmente il chilometro finale, che si trasforma in una lunga passerella.
La nuova Silex (di Merida) con cui Mohoric ha vinto il mondiale. Niente potenziometro per luiI punti chiave dei rifornimenti sull’attacco manubrio. Da notare la leva destra piegata in seguito alla scivolata finaleLo sloveno ha optato per un gruppo da strada (Shimano Dura Ace) e coperture Continental da 40 mmLa nuova Silex (di Merida) con cui Mohoric ha vinto il mondiale. Niente potenziometro per luiI punti chiave dei rifornimenti sull’attacco manubrio. Da notare la leva destra piegata in seguito alla scivolata finaleLo sloveno ha optato per un gruppo da strada (Shimano Dura Ace) e coperture Continental da 40 mm
Mohoric iridato
Lo sloveno non vince, trionfa. Alla sua prima corsa gravel, mette subito le cose in chiaro: «Mi sono divertito moltissimo. Il percorso era bellissimo e conoscevo molte di queste strade, in quanto ci gareggiavo da bambino. Tra i partenti c’erano molti nomi interessanti e questo rendeva la corsa ancora più elettrizzante».
All’arrivo Matej è visibilmente divertito, abbraccia subito il suo diesse, Pellizotti, che gioisce quasi più di lui. Si ferma ogni qual volta una mano gli porge una penna per un autografo o un telefono per una foto. Dire che Mohoric si aspettasse questa vittoria non è esatto, però la desiderava tanto. Dopo il ritiro al Croazia, voleva dare il meglio di sé.
Ma lo sloveno è così. Gentile, forte, educato, intelligente e meticoloso. Uno come lui, anche se a questo mondiale gravel non ha potuto dedicare troppo tempo, si è certamente informato bene su percorso, scelte tecniche, meteo… Ricordiamoci di come ha vinto la Sanremo lo scorso anno, con “l’invenzione” del reggisella telescopico.
Matej chiude così il suo 2023 con un’altra vittoria, sei in tutto. E continua il suo feeling con la maglia iridata: era stato campione del mondo juniores nel 2012 e under 23 l’anno successivo, su strada ovviamente.
Matej Mohoric (classe 1994) arriva con la bici in mano a Pieve di Soligo e conquista la sua terza maglia iridata UCISul podio lo sloveno Mohoric, il belga Vermeersch e l’inglese Connor SwiftVelasco, campione italiano ed ex biker, è stato il primo azzurro: 7° a 7’51 da Mohoric. Ieri l’elbano era al LombardiaMatej Mohoric (classe 1994) arriva con la bici in mano a Pieve di Soligo e conquista la sua terza maglia iridata UCISul podio lo sloveno Mohoric, il belga Vermeersch e l’inglese Connor SwiftVelasco, campione italiano ed ex biker, è stato il primo azzurro: 7° a 7’51 da Mohoric. Ieri l’elbano era al Lombardia
Iridato in locanda…
E il suo meglio lo dà vivendo la corsa, più che preparandola. Lo sloveno ha infatti gareggiato senza potenziometro. Ha saputo della potenza media da Swift e Vermeesch e ammette che anche se l’avesse avuto, avrebbe creduto fosse rotto, tanto andavano forte.
«Sapevo che tutti eravamo a tutta – aggiunge Mohoric – ma non dovevo finirmi del tutto. Ho dovuto gestire le mie energie molto bene, grazie anche al supporto della squadra. Ogni ora mi assicuravo di mangiare almeno 120 grammi di carboidrati e ai rifornimenti prendevo gel e borracce che la squadra mi passava».
Scivolone a parte la corsa di Mohoric è stata “tranquilla”. Certo, litigata con elicottero esclusa: «In cima ad una salita ho cercato di mandare via l’elicottero perché stava alzando troppa polvere. No, non era una mosca quel gesto».
La corsa gli è piaciuta così tanto che Mohoric ci tornerebbe: «Il mio programma su strada è molto fitto, sarebbe difficile partecipare spesso anche alle gare gravel, ma sicuramente non abbandonerò la disciplina. Poi con i panorami che abbiamo visto oggi ci tornerei anche in vacanza. Magari fermandomi a bere del buon vino e a mangiare il prosciutto di questa parte di Veneto!».
Se dunque vedrete un ragazzo in maglia iridata fermo in qualche locanda della zona, probabilmente sarà lui.
PIEVE DI SOLIGO –Le ore che mancano all’inizio del secondo campionato del mondo gravelsono sempre meno. Ieri le strade di questo paesino si sono colorate delle maglie dei vari corridori che da oggi si daranno battaglia per la maglia iridata. Tanta polvere, tanti sorrisi ed altrettante salite aspettano i più di 1.000 iscritti tra master ed elite.
Il primo ottobre Lorena Wiebes (al centro) ha conquistato l’europeo gravel. Terza Cecchini (foto UEC)Il primo ottobre Lorena Wiebes (al centro) ha conquistato l’europeo gravel. Terza Cecchini (foto UEC)
La maglia della Wiebes
Si comincerà alle 10,30 con la prova femminile, che prenderà il via dalle Bandie. Le sfidanti sono numerose ed il parterre è di alta qualità, con la campionessa europea gravel, Lorena Wiebes, a guidare il gruppo con il suo nuovo simbolo del primato.
«Mi sono organizzata – spiega la neo campionessa europea di specialità – per lasciare spazio a queste corse nel mio calendario stagionale. Sono partita dalle qualificazioni e devo dire che è una disciplina che mi piace molto. Ho usato per qualche volta in allenamento la bici da gravel ed è stato diverso, più divertente. Arrivo dalla strada e sono due modi di correre diversi. In corsa mi aspetto una partenza al massimo, saremo tante e non ci sarà spazio per tutte, quindi la lotta sarà serrata. Il finale di gara, invece, sarà molto selettivo con tante salite a fare da giudice».
Demi Vollering e compagne durante la ricognizione sul percorso del mondiale gravelDemi Vollering e compagne durante la ricognizione sul percorso del mondiale gravel
Vollering guida la caccia
Lorena Wiebes non è la sola atleta che dalla strada è passata in prestito al mondo del gravel. Infatti oggi al via c’era anche Demi Vollering, un nome che nel campo femminile attira sempre tante attenzioni. L’olandese della SD Worx, vincitrice del Tour de France Femmes, arriva con tante aspettative. Il suo palmares su strada, nel 2023, conta: Strade Bianche, Liegi-Bastogne-Liegi, Freccia Vallone e Amstel Gold Race. Vollering ha fatto anche incetta di corse a tappe, oltre alla Grande Boucle femminile ha vinto la Vuelta a Burgos e Tour de Romandie.
«Penso che sia il finale perfetto di stagione – dice in sala stampa – era il 2019 quando ho preso in mano per la prima volta una bici gravel. La uso per allenarmi in alcune situazione e anche per fare qualche viaggio. Anche io mi aspetto una gara tosta, ma sono qui anche per godermi un modo diverso di correre».
Come detto la starting tlist femminile è ricca di tante atlete interessanti, su tutte Kasia Niewiadoma. Un mondiale gravel che si apre, come giusto che sia, anche alle esperte del fuoristrada, come Emma Norsgaard, Ashleig Moolman-Pasio e la campionessa austriaca gravel Sabine Sommer. Tra le italiane spiccano il nome di Persico e Realini: ragazze cresciute nel ciclocross, che ora sperimentano questa nuova disciplina.
Gianni VermeerscheGianni Vermeersch rimetterà in palio la maglia di campione del mondo, conquistata nel 2022 sempre in Veneto
Il titolo di Vermeersch
Il belga Gianni Vermeersch metterà in palio domani la maglia iridata, conquistata un anno fa sempre in Veneto. I pretendenti sono tanti, su tutti il nome del gigante della Jumbo-Visma Wout Van Aert (foto di apertura Houffa Gravel): tre volte campione del mondo nel ciclocross.
«Il gravel, di fatto, lo pratico sin da piccolo – racconta Van Aert – quando con la mia bicicletta da ciclocross facevo uscite di lunghi chilometraggi. Ho cominciato però ad apprezzarlo nell’anno del Covid, mi ha permesso di fare percorsi e strade nuove in allenamento e ho seguito con curiosità la sua rapida ascesa. Quest’anno cercavo un bell’obiettivo per il finale di stagione e il Mondiale Gravel UCI mi è sembrato quello più interessante, così ho chiesto alla squadra il permesso di correrlo».
Il belga alla sua prima apparizione nel gravel ha stracciato la concorrenza, ma domenica dovrà far ben più attenzione.
Valverde ha terminato la carriera su strada ma non ha perso la fame di vittorieQuesto mondiale vedrà al via anche Sacha Modolo, ex professionista e corridore di casa (foto Instagram)A Pieve di Soligo gareggerà Niki Terpstra grande amante del gravel (foto Instagram)Valverde ha terminato la carriera su strada ma non ha perso la fame di vittorieQuesto mondiale vedrà al via anche Sacha Modolo, ex professionista e corridore di casa (foto Instagram)A Pieve di Soligo gareggerà Niki Terpstra grande amante del gravel (foto Instagram)
Pro’, ex pro’ e specialisti
Non mancheranno i nomi di spicco nemmeno nella gara maschile riservata agli elite. Fin da inizio 2023 quella di Alejandro Valverde era una presenza quasi certa. L’embatido ha salutato il mondo dei professionisti al termine della scorsa stagione e si è lanciato nel gravel con la stessa fame di vincere. Oltre allo spagnolo ci saranno tanti ex professionisti, come Niki Terpstra, vincitore di una Parigi-Roubaix e un Giro delle Fiandre. Senza tralasciare il padrone di casa Sacha Modolo, o altri nomi di spicco del calibro di Nicholas Roche e Laurens Ten Dam.
Tra i protagonisti della stagione su strada che si cimenteranno in questo secondo mondiale gravel c’è Matej Mohoric. Dopo una stagione che gli ha regalato anche una vittoria di tappa al Tour de France, lo sloveno si metterà alla prova fuoristrada.
«Questo mondiale – dice Mohoric – era un mio obiettivo fin dall’inizio della stagione. E’ il modo migliore per finire il 2023, non sento alcuna pressione per performance o risultati. Il percorso disegnato è davvero bello e tecnico, ha tratti simili a quelli che si possono trovare su strada, ma anche sezioni impegnative. Chi è abituato a gareggiare in queste corse potrebbe essere avvantaggiato, anche se non credo che Wout (Van Aert, ndr) avrà tante difficoltà a staccare tutti (ride, ndr). Torno a correre in una regione che mi ha dato tanto fin da quando ero junior e ne sono super felice, perché mi tornano alla mente molti ricordi».
La giusta dose di esperienza in conferenza stampa, la porta Mattia De Marchi che tra polvere e strade bianche ha tanto da dire.
«Pedalo tutti i giorni su queste strade – spiega – conosco il territorio a menadito. Ho tanti amici che praticano il gravel e tutti sono rimasti piacevolmente sorpresi dal percorso. In questa specialità conta la forza, ma anche tanto il saper reagire alle sfortune, ci sono molte zone “nere” dove un guasto può compromettere l’intera corsa. Il gravel non è una corsa di tattica, ma un all-in».