Giulio Pellizzari, Gentili

Pellizzari-Proietti Gagliardoni: cos’hanno in comune, caro Gentili?

28.11.2025
7 min
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Più che dire cosa accomuni Mattia Proietti Gagliardoni, oggi al Team Franco Ballerini, e Giulio Pellizzari, professionista della Red Bull–Bora, sarebbe meglio dire chi. E questo “chi” è Massimiliano Gentili, l’uomo che li ha seguiti sin da quando erano bambini e hanno iniziato a fare sul serio. Allievi prima, juniores poi… e professionisti adesso. Perché Gentili, in qualche modo, per loro c’è sempre.

Pensate che giusto qualche giorno fa il tecnico umbro era a Livigno in altura con Pellizzari. «Una pratica – racconta Max – quella della vacanza in montagna che portano avanti da qualche anno e che ha sempre dato buoni frutti. Alla fine è un’altura vera e propria… anche se ovviamente la bici non la tocca. Ieri mattina, per esempio, alle 7 siamo usciti a camminare a digiuno: c’erano 23 gradi sotto zero. Serve tanta grinta».

Pellizzari, infatti, scia di fondo, cammina, lavora in palestra e certamente farà i rulli. Ma torniamo all’inizio e a ciò che accomuna i due ragazzi.

Giulio Pellizzari, Gentili
Gentili con il primo “figlioccio”, Giulio Pellizzari…
Giulio Pellizzari, Gentili
Gentili con il primo “figlioccio”, Giulio Pellizzari…
Massimiliano, cosa accomuna questi due atleti, Pellizzari e Proietti Gagliardoni?

Prima che due atleti, sono due ragazzi eccezionali: simpatici, brillanti e anche furbi se vogliamo. Ragazzi che in gruppo sanno starci: non sono musoni e si integrano bene nelle varie situazioni.

Proviamo a fare un confronto caratteriale?

Giulio è più sereno, tranquillo e spensierato rispetto a Mattia, che qualche stato “d’ansia” è un parolone se lo mette. Giulio questo aspetto non lo ha mai avuto, nemmeno prima di diventare pro’. E adesso che sta vedendo di avere certezze e sicurezza nei propri mezzi, ancora meno… se possibile. Mattia invece deve lavorare un po’ di più in tal senso.

E’ plausibile. E’ già un’altra generazione rispetto a Pellizzari e ha più informazioni tecniche, quindi più consapevolezza…

Infatti è proprio questo che volevo dire. Anche se non sembra, sono passati cinque anni da quando si è iniziato a parlare del progetto green della Bardiani, nel quale Giulio era coinvolto. E cinque anni oggi sono tantissimi, cambia tutto. Pellizzari questa fase non l’ha dovuta affrontare, Mattia sì. Mattia è nel pieno di quella generazione che “bisogna per forza arrivare a un devo team” e questo crea stress, uno stress che prima non c’era. Oltre alla pressione per finire in quei team, pensiamo anche a come questi ragazzi devono rapportarsi con la scuola.

Gentili, Proietti Gagliardoni
E qui col secondo, Mattia Proietti Gagliardoni. La storia si ripete
Gentili, Proietti Gagliardoni
E qui col secondo, Mattia Proietti Gagliardoni. La storia si ripete
Cioè?

Cioè che per finirla e non perdere l’occasione di un devo team, quasi tutti passano a una scuola privata. Magari all’estero, in molti Paesi, la scuola finisce un anno prima. E questo è uno stress ulteriore. E loro sanno che quando staccano un biglietto per un devo team, se non sono arrivati, di certo hanno una corsia preferenziale verso il professionismo.

Passiamo invece a un confronto dell’uomo-corridore. Com’era Giulio?

Un punto di forza di Giulio è il suo margine. E questo posso dirlo con certezza visto che lo seguo da quando era allievo. Capendo il suo potenziale, ho cercato sin da subito di tutelare il suo talento. Pellizzari sin qui è cresciuto con carichi molto progressivi e proporzionati al suo fisico. Da junior, per dire, non ha mai fatto più di 115 chilometri. Una sola volta, per curiosità, lasciandolo in libertà, è arrivato a 130.

E Mattia?

Lui si è trovato a fare i conti con un’altra realtà. Una realtà in cui i carichi di lavoro per juniores, ma anche per allievi, sono cresciuti in modo esponenziale. Per questo dico che Mattia, rispetto a Giulio alla sua età, si allena di più. Spero vivamente che possa essere un secondo mio ragazzo che ce la farà, un ragazzo per il quale la mia presenza è stata importante. Però, anche su questo fronte, nonostante i tempi siano cambiati, c’è qualcosa che li accomuna.

Mattia passerà dalla Franco Ballerini, dove era seguito anche da Scinto, alla Movistar Team Academy (foto FB team)
Mattia passerà dalla Franco Ballerini, dove era seguito anche da Scinto, alla Movistar Team Academy (foto FB team)
Cosa?

Che entrambi non sono stati sfruttati troppo sino agli juniores. Anche Mattia, che non ha mai fatto una vera stagione completa. Questo per assurdo, al contrario di quello che molti pensano, gli impediva di fare un lavoro aerobico completo, con determinati carichi d’inverno. La prima stagione completa su strada l’ha fatta quest’anno… e i risultati si sono visti. Insomma è meno sfruttato di quel che si possa pensare. E questo è un vantaggio. Tanto più che lui è un motore a benzina.

Questa ci piace: di solito si sente dire motore diesel. Ci spieghi meglio, così magari iniziamo anche un confronto prettamente tecnico?

Certo, Mattia ha il cuore che va a mille. I suoi battiti schizzano anche a 215 pulsazioni al minuto, cosa che vuol dire tanto e non vuol dire nulla. Ma certo, unitamente alle doti di crossista, questo lo rende uno brillante, magari anche veloce in certe situazioni, come potrebbe essere l’arrivo di un gruppetto in cima a una salita. Senza contare che ha anche imparato a guidare bene la bici. Questo gli ha dato un grande cambio di ritmo. Ora speriamo che con il tempo possa migliorare anche la sua resistenza e la sua durability.

Che corridori sono?

Innanzitutto c’è una differenza di stazza fisica. Giulio è sì uno scalatore, ma in generale è più un corridore moderno e completo: è alto 180 centimetri per 67 chili, è leggero ma non leggerissimo come uno scalatore puro. Ha molte fibre rosse, quindi resistenza, e il suo cuore rispetto a quello di Mattia ha più il contagiri. Si ferma a 190 battiti. Attenzione, giusto per chiarire: il dato del cuore può anche non dire nulla riguardo alla forza e alle prestazioni, serve giusto per far capire le differenze fisiche.

Giulio Pellizzari, Gentili Mattia proietti Gagliardoni
Un rarissimo scatto di Pellizzari (ancora in VF Group-Bardiani) e Proietti Gagliardoni… a ruota di Gentili
Un rarissimo scatto di Pellizzari (ancora in VF Group-Bardiani) e Proietti Gagliardoni… a ruota di Gentili
Certo, danno un’idea precisa della differenza tra diesel e benzina…

Mattia infatti ha fibre muscolari leggermente diverse, più esplosive. Posto che lui, ancora più di Giulio, è in piena trasformazione fisica. Tecnicamente, viste le sue misure di 173 centimetri per 58 chilogrammi, potrebbe essere uno scalatore alla Yates. Ma mi sento di dire che è più un Pidcock. Attenzione, anche qui lo dico per far capire le caratteristiche, non per fare accostamenti di altro genere.

Entrambi sono per la salita però, è così?

Sì, Giulio sin da piccolo aveva valori altissimi e anche Mattia va molto bene. Però, come dicevo, è e sarà importante vedere come reagiranno al miglioramento della resistenza e della durability. Al primo anno da pro’, Pellizzari esprimeva ottimi valori, ma nelle prime gare coi grandi, nei finali, faceva molta fatica a replicare quei numeri. Spetta ora a chi li segue farli migliorare sotto questo aspetto.

Sei stato chiarissimo Massimiliano. Torniamo un po’ sugli aspetti caratteriali, magari attraverso qualche aneddoto o ricordo concreto. Partiamo da Giulio…

Che dire, entrambi sono determinati. Giulio, per esempio, ci rimase molto male quando De Candido non lo convocò in azzurro. Eravamo a una gara e bastò uno sguardo. Mi precedette nella parola e mi disse: «Lo so, non dire niente». Io stavo per dirgli “facciamogli vedere chi sei” e lui vinse la Colli Recanatesi. Qualche tempo dopo, sempre De Candido gli fece fare una selezione, ma su un percorso che chiaramente non era per lui: un piattone attorno a un capannone industriale, in pratica. Lo stesso Rino mi disse: «Il tuo ragazzo non è andato proprio bene». Per tutta risposta, all’Eroica Pellizzari sfiorò il successo. Fu secondo dietro Svrcek.

La speranza di Gentili è vedere anche Mattia arrivare a questi livelli e a questi successi (qui Pellizzari alla Vuelta)
La speranza di Gentili è vedere anche Mattia arrivare a questi livelli e a questi successi (qui Pellizzari alla Vuelta)
E di Proietti Gagliardoni cosa ci dici?

Direi molto simile a Giulio. Quest’anno, sempre all’Eroica, che ha vinto, mi ha detto: «Vedi, neanche Pellizzari l’aveva vinta. Ho dimostrato di poter competere ad alti livelli». Sono due combattenti, due agonisti. Per dire, a Livigno, con Giulio, giocavamo a bowling. Nei primi tiri non era un granché. Allora gli ho detto: «Ma che, ti devo insegnare anche a giocare a bowling?». Dopo tre colpi ha iniziato a fare strike!

Tra di loro si sentono mai?

Si sentono ogni tanto, si fanno i complimenti a vicenda, si seguono sui social. Sanno che io sono il loro punto d’incontro. Poi, alla fine, tutte queste occasioni per stare insieme non le hanno avute. Chi è da una parte e chi dall’altra. Se posso dire una cosa, io avrei un sogno: vederli lottare in breve tempo nei Grandi Giri. E che tutto questo lavoro, questo sogno, come è diventato realtà per Giulio, possa diventarlo anche per Mattia.

Trofeo Pian Camuno Memorial Angelo Felappi, Montecampione 2025, Mattia Proietti Gagliardoni (foto Instagram/Rodella)

Proietti Gagliardoni, l’altro figlio di Gentili, è pronto per il decollo

03.11.2025
6 min
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Massimiliano Gentili va ripetendo spesso di avere due figlie femmine che portano il suo nome e due figli maschi che si chiamano Giulio Pellizzari e Mattia Proietti Gagliardoni. Li ha cresciuti entrambi con i suoi metodi: di uno ha già fatto un fior di corridore, sull’altro c’è ancora da lavorare, ma le premesse sono eccellenti. Mattia, umbro come il suo mentore, ha corso le ultime due stagioni al Team Franco Ballerini e correrà le prossime due nella neonata Movistar Academy.

La sua stagione è stata perfetta fino al cuore dell’estate, poi si è inceppata su un intervento chirurgico che ha compromesso la sua partecipazione ai pezzi forti della stagione: il mondiale di Kigali e l’europeo in Drome et Ardeche, entrambi adatti a lui. Il suo profilo resta però uno dei più appetiti del recente mercato, al punto che sulle sue tracce si erano messi anche i devo team della Lidl-Trek e della Jayco-AlUla, superati dalla Movistar

«Il finale di stagione non è stato come mi aspettavo – dice – ho dovuto saltare le ultime gare e verso la fine di settembre mi sono operato. Sono stato fermo un mese e dieci giorni e ho ripreso a pedalare il primo novembre. Ho fatto le ferie forzate quando avrei preferito correre, anche se la stagione è stata positiva. Per agosto, quando arrivavano gli impegni più importanti, ad esempio il Lunigiana, sarei stato preparato al meglio e aspettavo di mettere a frutto la condizione. Purtroppo le cose non sono andate come dovevano, ma succede».

Che cosa è successo?

Sono andato in altura con la nazionale, poi però sono venute fuori delle cisti al sottosella. Come prima cosa, sono stato fermo per due settimane e ho dovuto saltare il Lunigiana, quindi a quel punto il mondiale non l’avrei fatto. In ogni caso, ho iniziato ad allenarmi nuovamente, perché avrei dovuto fare gli europei. Sono tornato alle gare al Trofeo Top Automazioni, ma sono caduto e mi sono fatto male a un gomito. Sono stati necessari dei punti e gli antibiotici, per cui ho finito lì la mia stagione.

Come definiresti questi due anni da junior? Anni spinti? Anni di scuola? Oppure anni di maturazione?

Sicuramente sono cresciuto molto. Il primo anno è stato una scoperta. Mi sono subito trovato bene con le nuove distanze e ho fatto dei buoni risultati, come il secondo posto al campionato italiano. Mi sono piazzato bene nelle gare nazionali, ma non sono stato molto costante, perché non ero abituato a fare grandi carichi di lavoro, quindi ci ho messo un po’. Invece quest’anno non sono partito molto bene perché ho avuto un po’ di problemi all’inizio di stagione. Ma quando sono stato bene, nelle gare adatte alle mie caratteristiche come all’Eroica, sono sempre riuscito a stare davanti. Nel mese d’agosto ero arrivato a stare parecchio bene.

Ti brucia non aver corso il Lunigiana?

Visto come è andato, penso che mi sarei potuto giocare benissimo la generale. Mentre a parere mio, penso che sarei riuscito a essere protagonista al mondiale e all’europeo, sicuramente in uno dei due, visto che i percorsi mi si addicevano.

Dopo la vittoria a Montecampione, l'ultima del 2025, con Lucchini e Scinto (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria a Montecampione, Proietti con lo sponsor Lucchini e il diesse Scinto (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria a Montecampione, l'ultima del 2025, con Lucchini e Scinto (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria a Montecampione, Proietti con lo sponsor Lucchini e il diesse Scinto (foto Instagram/Rodella)
Sei entrato negli juniores senza la limitazione dei rapporti, che una volta esisteva per evitare dei lavori troppo pesanti. In che modo avete gestito il salto di categoria?

Diciamo che questo passaggio non l’ho accusato. Io ho sempre avuto tanta agilità, fin da quando ero giovanissimo e allievo, per cui ritrovarla con i rapporti liberi non è stato un problema.

Che tipo di cammino ti ha prospettato la Movistar?

Diciamo innanzitutto due anni di crescita nella squadra devo. Avrò tempo di maturare e fare gare sia a livello professionistico sia le più importanti con gli under 23. Vedremo come sarà impostata la stagione, per ora abbiamo già fatto un ritiro conoscitivo con allenatori, staff e nutrizionisti. Ci hanno dato la bici nuova, che è tanta roba. L’ho avuta a casa per dieci giorni e oggi ci sono uscito per la prima volta. E’ identica alla bici della WorldTour.

Ti attira l’idea di poter fare delle corse tra i professionisti?

Sicuramente non vedo l’ora. Correre con i professionisti è sempre bello, quindi non vedo l’ora di farlo. Però allo stesso modo non vedo l’ora di competere con i miei coetanei per provare a giocarmi qualche corsa a tappe importante, come un Giro d’Italia o magari il Tour de l’Avenir.

Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40" su Galbusera e O'Brien (foto Rodella)
Il Memorial Colò è finito nella bacheca di Proietti Gagliardoni nel 2024 e anche nel 2025 (foto Instagram/Rodella)
Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40" su Galbusera e O'Brien (foto Rodella)
Il Memorial Colò è finito nella bacheca di Proietti Gagliardoni nel 2024 e anche nel 2025 (foto Instagram/Rodella)
Hai parlato dei tuoi coetanei: che effetto fa vedere che state tutti partendo per squadre all’estero?

Con tanti di loro ci conosciamo da quando eravamo piccoli. E ora guardandoci indietro, fa anche un po’ strano pensare che eravamo tutti in squadre regionali e per la maggior parte siamo in team satelliti del WorldTour. Fa un po’ strano, ma penso di parlare a nomi di tutti. Questa è la strada giusta, quindi penso che ognuno darà il massimo, ognuno lavorerà al massimo per cercare di ottenere il meglio.

Su quali strade ti alleni quando sei a Foligno? Hai delle salite su cui fai i tuoi test?

Non ho una salita di riferimento, però ho dei tempi di riferimento su diverse salite e su quelle mi regolo. Di solito salgo sempre verso Colfiorito, verso le Marche. Da quelle parti ci sono parecchie salite nel giro di pochi chilometri: salite da 20 minuti, da 15 minuti, da 10 e anche da 5, quindi è una zona veramente top per allenarsi.

Ti capita mai di allenarti con Pellizzari?

Ci siamo incontrati a inizio anno. Io ero uscito una mattina che non ero andato a scuola e l’ho incontrato mentre lui faceva sei ore. Giulio tornava a casa, si è girato per un pezzo e abbiamo parlato un po’. Altrimenti le altre volte in cui usciamo insieme è quando c’è anche Massimiliano, che parla con entrambi.

Dopo la vittoria del 15 agosto, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria del 15 agosto a Montecampione, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria del 15 agosto a Montecampione, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria del 15 agosto, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Quest’anno c’è da fare la maturità?

Sì, ma per scelta mia, ho deciso di passare a una scuola privata. Ho fatto quattro anni di liceo scientifico ed è stata sempre tosta, non sono mai stato agevolato dai professori. Quindi abbiamo deciso così di passare a una scuola privata. Posso seguire tutto online, così la mattina ho tempo per allenarmi e il pomeriggio si studia. Penso che farò base a casa, ad eccezione di quando ci sono i ritiri. Ne faremo uno dall’11 al 22 dicembre  in Spagna, vicino ad Alicante. Poi avremo la presentazione della squadra a Madrid prima di Natale. In ritiro saremo con la WorldTour, anche di questo non vedo l’ora…

Proietti Gagliardoni, in nazionale col contratto in tasca

10.08.2025
5 min
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Mattia Proietti Gagliardoni continua a essere protagonista della stagione juniores, l’oggetto del desiderio di molte squadre anche estere, il perno della costruenda nazionale per le gare titolate. Ma soprattutto il corridore umbro continua ad avere una grande costanza di rendimento, tanto che il successo di domenica scorsa al Memorial Antonio Colò è il suo quinto centro stagionale il che per uno scalatore, non è davvero poco.

Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40″ su Galbusera e O’Brien (foto Fruzzetti)
Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40″ su Galbusera e O’Brien (foto Fruzzetti)

Di carne che bolle in pentola ce n’è tanta, soprattutto ora che Mattia ha messo da parte la scuola per le vacanze estive. Il bilancio è decisamente in attivo e il corridore del Team Franco Ballerini lo sa bene.

«Sono partito un po’ così – dice – ma adesso va meglio e credo di avere una buona media di risultati. Considerando che ho fatto quasi sempre corse nazionali e internazionali. La vittoria di domenica mi ha dato molta soddisfazione perché una gara che conoscevo e che avevo già vinto lo scorso anno».

Che corsa era?

Il tracciato era un po’ cambiato rispetto allo scorso anno. Invece della salita finale si faceva due volte una salita lontana dal traguardo, lì devo dire che la squadra è stata essenziale nel tenere la corsa. Ho fatto fare il ritmo a un compagno di squadra, poi a 2 chilometri dalla vetta ho attaccato e sono riuscito a togliermi di ruota anche Galbusera che mi aveva seguito. In discesa sono andato forte, in pianura ho finito per guadagnare e alla fine sono arrivato con circa 45 secondi di vantaggio.

Al GP Neri Sottoli, Proietti Gagliardoni ha aiutato Pascarella nel suo successo (foto FB team)
Al GP Neri Sottoli, Proietti Gagliardoni ha aiutato Pascarella nel suo successo (foto FB team)
Stessa vittoria a un anno di distanza, ma non è lo stesso Mattia dello scorso anno. Hai un’altra autorità anche nella gestione della squadra…

Sono cresciuto molto sia a livello mentale che anche fisico. I wattaggi sono molto più alti, quindi diciamo che è un buon periodo, soprattutto dopo. Con la squadra siamo riusciti a fare 10 giorni di altura grazie al nostro sponsor Lucchini che ha messo a disposizione il suo hotel. Io dopo sono andato anche una settimana con la mia famiglia a Livigno, quindi l’ho continuata completando un bel blocco di lavoro.

Per la seconda parte di stagione quali obiettivi ti sei posto?

Dal 22 agosto al 2 settembre tornerò a Livigno con la nazionale, dovrebbe essere il gruppo di europei e mondiali, ma intanto l’obiettivo principale sarà il Lunigiana dove appunto il CT deciderà le convocazioni per queste gare. Io voglio farmi trovare pronto e disputare un Lunigiana da protagonista perché è uno degli obiettivi principali della stagione.

Per i ragazzi del team un lungo raduno in altura all’Hotel di Lucchini (foto FB team)
Per i ragazzi del team un lungo raduno in altura all’Hotel di Lucchini (foto FB team)
Alla fine della quale cambi di categoria.  Ci sono tante squadre anche internazionali che sono sulle tue tracce. Sappiamo che hai già scelto ma che sta alla squadra, appartenente al WorldTour, ufficializzarlo. Come sei arrivato alla decisione?

Il mio procuratore inizialmente mi aveva dato una destinazione – specifica Proietti Gagliardoni – ma non era convinto a farmi rimanere in quella realtà. Io ho appoggiato la sua decisione. Poi ci sono state altre due squadre che mi hanno proposto un contratto. Io ne ho parlato con lui ma anche con la mia famiglia e anche con il mio preparatore Massimiliano Gentili per capire quale poteva essere la scelta più adatta al mio futuro. Soprattutto in base alle mie caratteristiche. Ma la decisione alla fine l’ho presa io.

Quali fattori avete considerato, e soprattutto l’aspetto tecnico, quello economico, quello della nazione e della presenza di altri italiani?

Partiamo dal fatto che non ho ancora un inglese molto fluente, quindi ho pensato a una squadra con la cultura molto più vicina a quella italiana, in un ambiente più vicino al nostro. L’aspetto economico sinceramente lo guardo, ma so che i veri guadagni si fanno quando si passa professionista. Ora è solo un momento per crescere, per imparare.

Il Team Franco Ballerini è stato fondamentale nella sua crescita in questo biennio (foto FB team)
Il Team Franco Ballerini è stato fondamentale nella sua crescita in questo biennio (foto FB team)
E’ contato anche il fatto che ci fossero già altri italiani?

Sinceramente non ci ho badato, magari ci si può trovare un po’ meglio perché trovi un compagno di squadra della tua Nazione, la comunicazione è sempre migliore, ma comunque è una squadra straniera e quindi è giusto che sia io ad adeguarmi.

Quanto è importante il rapporto con il procuratore alla tua età, tu che sei giovanissimo e che stai entrando adesso in questo mondo ti fidi ciecamente della sua esperienza?

Da allievo ero in contatto con Andrea Noè, parlavo spesso con lui delle gare, finché lo scorso anno ho conosciuto i Carera, sono venuti a casa mia. Abbiamo fatto un pranzo e abbiamo parlato un po’ e nel sentire la loro esperienza, i loro contatti in questo lavoro, la loro professionalità mi sono convinto subito.

Partenza lenta e mente al 2026, le scelte di Proietti Gagliardoni

01.04.2025
5 min
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Non solo Fedrizzi. Anche Mattia Proietti Gagliardoni sta correndo con in tasca il contratto che gli permetterà di entrare nel devo team della Wanty Nippo ReUs. Anzi, il corridore umbro lo farà un anno prima del suo avversario, in quanto è già alla seconda stagione da junior e non vede l’ora di affrontare quel che il destino gli metterà dinnanzi: senza paura, ma con grande curiosità.

A dispetto dei suoi 17 anni, Mattia è già da qualche tempo sulla cresta dell’onda, tanto che lo scorso anno la sua preparazione fu oggetto di un dibattito acceso con protagonisti Daniele Pontoni, cittì della nazionale di ciclocross che lo ha sempre voluto fra i suoi portacolori e Massimiliano Gentili, l’ex professionista che ancora oggi è il suo preparatore. L’attenzione che il team belga ha riversato su di lui cambia però un po’ la situazione

Per Proietti Gagliardoni quest’anno un 8° posto alla Piccola Liegi delle Bregonze
Per Proietti Gagliardoni quest’anno un 8° posto alla Piccola Liegi delle Bregonze

«E’ stata una sequenza molto veloce – racconta Mattia – a novembre ho contattato Carera come procuratore e già a dicembre mi ha chiamato proponendomi due settimane di ritiro con loro. Io non ero sicurissimo anche perché ero ancora nel pieno della stagione di ciclocross. Poi, visto che ai tricolori non sono andato come mi aspettavo e sapevo di non rientrare nella selezione per i mondiali, ho deciso di accettare e di partire per la Spagna. Da lì è venuto tutto naturale».

Nel tuo caso la domanda viene subito spontanea conoscendo il tuo valore in due discipline: con i dirigenti belgi hai già parlato se continuerai a fare ciclocross?

Ancora non ho affrontato il discorso. Mi atterrò comunque alle loro decisioni, qualsiasi esse siano. Io vorrei continuare, ma non mi dispiacerebbe neanche dedicare tutto l’inverno alla preparazione considerando quello che mi aspetta. Io non mi distaccherò dalle loro decisioni, intanto so che mi faranno avere a breve la bici da crono con la quale affronterò la Corsa della Pace.

Per il diciassettenne già pronta una maglia azzurra per la prossima Corsa della Pace (Photors)
Per il diciassettenne già pronta una maglia azzurra per la prossima Corsa della Pace (Photors)
Come sei d’accordo con loro, anche tu come Fedrizzi sei già seguito da loro? Hai il loro materiale?

No, per ora continuo con Gentili che mi segue da quand’ero allievo secondo anno e con il quale mi trovo benissimo, anche dal punto di vista umano oltre che professionale. La bici da strada resta quella del Team Franco Ballerini-Lucchini-Energy anche perché hanno un contratto con la Ktm per tutti i loro tesserati.

La chiamata del team belga ti ha sorpreso?

Più che sorpreso, per me rappresenta il raggiungimento di un obiettivo che mi ero posto sin dall’inizio della mia avventura. Volevo fortemente entrare in un devo team perché penso che sia decisivo per la mia crescita. Quando l’ho saputo, ero strafelice e chiaramente ho subito detto di sì, quasi a scatola chiusa.

L’esperienza ai tricolori di ciclocross a Faé di Oderzo, guastata da una caduta iniziale (foto Billiani)
L’esperienza ai tricolori di ciclocross a Faé di Oderzo, guastata da una caduta iniziale (foto Billiani)
Una notizia che ha addolcito anche il tuo inverno sui prati, non proprio felicissimo…

Sì, mi ha lasciato molto l’amaro in bocca perché non sono riuscito a centrare gli obiettivi che mi ero posto. Il problema principale è stato un edema al sottosella che mi ha tenuto fuori addirittura un mese, poi ho avuto un incidente stradale in allenamento e mi sono dovuto fermare altri 5 giorni, insomma riprendersi non è stato semplice. Durante le feste natalizie avevo anche recuperato la condizione, sono persino riuscito a centrare un podio in Belgio, che non è certamente cosa comune. Sapevo però che mi giocavo tanto ai tricolori, lì sono caduto nelle prime battute e ho corso tutta la gara in rimonta finendo quinto. Non è bastato…

Finora hai gareggiato abbastanza poco…

Ho affrontato solamente due gare, ma la cosa non mi dispiace. Mi concentro soprattutto sull’allenamento in vista della parte della stagione che più mi interessa, quella centrale dove ci sono gare più adatte alle mie caratteristiche. Io voglio essere pronto da maggio in poi, anche perché si comincerà a ragionare anche per le gare titolate. Alla Piccola Liegi delle Bregonze ho ottenuto un 8° posto correndo soprattutto in difesa.

Il podio del ciclocross di Dendermonde con l’umbro secondo dietro il tedesco Benz (Lucvdlphotography)
Il podio del ciclocross di Dendermonde con l’umbro secondo dietro il tedesco Benz (Lucvdlphotography)
Su quali gare hai messo gli occhi?

Non c’è un appuntamento specifico, diciamo che mi interessano soprattutto le prove a tappe perché amo gli arrivi in salita e credo che, considerando le mie caratteristiche di recupero, sono le corse più adatte a me. Considerando anche che sono molto sotto l’occhio degli osservatori esteri, ci tengo a far bene lì.

Che impressione ti fa andare a correre all’estero?

Mi fa estremamente piacere soprattutto come crescita personale, immergermi in una nuova cultura, con ragazzi di altre nazioni, trovando un linguaggio comune per confrontarci. Credo che sia  un’esperienza di vita importante e questo a prescindere dal discorso ciclistico.

Il corridore del Team Franco Ballerini-Lucchini-Energy ha già militato in nazionale all’Eroica 2024 (Photors)
Il corridore del Team Franco Ballerini-Lucchini-Energy ha già militato in nazionale all’Eroica 2024 (Photors)
Prima accennavi al discorso azzurro: tu dovresti essere già nel giro per le prove di Nations Cup, ma quest’anno sia europei che mondiali sono per scalatori. Che cosa ne pensi?

A dir la verità Salvoldi me ne ha già parlato, so che sono percorsi adatti alle mie caratteristiche e anche per quello sto un po’ “nicchiando” per avere energie tra primavera ed estate. La strada è tracciata, io voglio farmi trovare pronto quando servirà. Anche perché in vista dell’approdo nel team multinazionale, vorrei avere dalla mia risultati di un certo peso da presentare al mio ingresso.

A Camerino con Pellizzari: un giorno di emozioni forti

30.05.2024
10 min
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CAMERINO – Lo sguardo abbraccia il mondo. La mattina si rischiara, dopo che l’alba ha coperto la campagna di un’insolita nebbia in quest’angolo silenzioso delle Marche. Pellizzari guarda giù, dopo aver raccontato la storia di un tunnel che collegherebbe la Rocca dei Borgia in cui ci troviamo con il castello dei Varano. Dice che quando erano bambini hanno provato a percorrerlo, ma di aver trovato una grata.

Si fanno quattro passi. Siete mai stati a Camerino negli ultimi otto anni? Era una città universitaria piena di vita, dopo il terremoto del 2016 è una città fantasma. Il centro è deserto, puntellato, ingabbiato, sfregiato. Fatti salvi pochi cantieri, è come se il tempo si sia fermato ai giorni del sisma. Tanta gente vive ancora nelle casette, altri se ne sono andati. Per questo quando Giulio ha attaccato sulle salite del Giro, è stato come se portasse nel petto anche il battito dei loro cuori. Glielo hanno detto martedì sera nella festa di bentornato, con una spinta d’animo che veniva da piangere. Erano quasi in 700 nell’Auditorium Benedetto XIII, intitolato al Papa che nel 1727 fondò l’Università di Camerino. E’ stato un incontro emotivo e dignitoso, con l’orgoglio marchigiano che si è sollevato sopra la difficile quotidianità.

Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez
Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez

Sveglia all’alba

Casa Pellizzari è una villetta divisa in due, che nell’altra metà ospitava il bed&breakfast di famiglia, ora occupato da una zia. Quando abbiamo mandato il messaggio per dire che eravamo arrivati, Giulio è sceso ad aprire con gli occhi di chi si è svegliato presto. Infatti alle 6,30 hanno suonato anche gli ispettori della Wada: quando entri nel gruppo di chi va forte, anche i controlli diventano più assidui. Un caffè farà bene ad entrambi. Il Giro d’Italia si è concluso da due giorni. Quando nella tappa di Roma abbiamo saputo che il martedì sera lo avrebbero accolto nella sua città, gli abbiamo chiesto di assistere e poi di fare due parole l’indomani. E’ tutto nuovo, aver incontrato la sua gente è stato un’esperienza inattesa.

«Beh, è stato emozionante – dice – non pensavo che fossero così tanti. Qua a Camerino ci conosciamo tutti, perché il paese è piccolino e tanti mi ricordano come il ragazzino che girava sempre in bici intorno alla città con gli amici. E ieri me l’hanno detto in tanti: “Allora era una cosa seria!”. E’ stato bello anche sentire questo…».

Il ragazzino che girava con la bici: eri così?

Sì, sempre. Facevamo le gare, partivamo da casa del mio amico Mirco, a 500 metri da qui. Andavamo in centro, ma qualcuno imbrogliava e prendeva le scale mobili. Poi scendevamo dalla Rocca e ritornavamo. Facevamo sempre lo stesso giro, sempre la gara: è stata così dai 7 ai 15 anni. In casa c’era una mountain bike, il mezzo più veloce per muoverci. Poi ogni tanto, quando finivamo giù in basso, le caricavamo nelle navette. Però solo quando c’era l’autista buono…

Massimiliano Gentili, il tuo padrino ciclistico, racconta che nella prima uscita con lui, a 16 anni, lo guardasti in faccia e poi scattasti…

E’ vero (sorride, e abbassa lo sguardo, ndr), è successo sulla salita di Trevi, vicino Foligno. Questa cosa di arrivare primo in salita ce l’ho sempre avuta, anche quando ero più piccolo e mi allenavo qua a Matelica. Volevo sempre fare la salita per scattare. La salita è quello che mi piace, il simbolo del ciclismo. Da bambino guardavo il Giro d’Italia, soprattutto con mio nonno Mario e con il mio amico Mirco. Mi ricordo il Giro del 2015 con Aru in maglia bianca, infatti i suoi cani si chiamavano Aru e Contador.

Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Martedì ti sei commosso al ricordo di tuo nonno…

Mario, detto Mariuccio (annuisce, ndr). Un signore accanto a me ha fatto un racconto su di lui: non volevo piangere, ma non ce l’ho fatta. Adesso gli anziani mi riconoscono come il nipote di Mariuccio e dicono che sarebbe orgoglioso di me. Ho scoperto al bar tramite amici che fosse un grande tifoso di ciclismo e suo padre anche più di lui. Gli assomiglio tanto. Quando nonna morì, andavo a dormire da lui e anche a tavola mangiavamo allo stesso modo. Strappavamo la carne col pane e mangiavamo pane e ciauscolo la mattina. Nonno se ne è andato nel 2015, l’anno prima del terremoto.

La gente, i tuoi compagni sanno che qui c’è stato il terremoto?

Ricordo che 3-4 mesi dopo, a mia madre è capitato di incontrare gente che le chiedeva dove si andasse per il centro. E lei doveva rispondere che il centro non c’era più. Erano passate poche settimane e nel telegiornale se ne era parlato anche parecchio…

Quei giorni ti hanno cambiato?

Se ci penso ora, magari non mi hanno cambiato, però mi dispiace non aver vissuto da grande lo splendore di Camerino prima che crollasse tutto. Il centro delle mie sfide in bici non c’è più. E allora penso alle nuove generazioni. Io potevo lasciare la bici per due giorni poggiata a un muro e trovarla ancora, oggi nel quartiere dei negozi che hanno costruito a valle non so se sia ancora così. Nel centro storico non passavano le auto, sotto ora c’è il traffico e non so se i bambini possono fare quello che facevamo noi.

Cosa ricordi di quei giorni?

Era mercoledì e io ero a casa di Mirco, praticamente ci ho passato l’infanzia. Stava venendo il temporale, così ho preso la bici per tornare che già cominciava a piovere. Nel parcheggio meccanizzato, quello con le scale mobili, le luci si accendevano e si spegnevano, c’erano tuoni e lampi. La sera eravamo qua e di colpo tutto ha iniziato a ballare. Due sono usciti da quella porta, uno si è messo sotto il tavolo, che era la cosa giusta da fare. In due siamo usciti dall’altra parte. Vedo diverse scene, una è quella delle coppe che cadono e si rompono. Subito dopo, la domenica, siamo andati con mia nonna a Bassano da amici di mio padre, però solo noi tre figli. Mamma e papà sono rimasti qui, perché giravano anche i ladri.

Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino
Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino

Il viaggio nel ciclismo

Il suo viaggio è iniziato a 16 anni, quando Massimiliano Gentili ebbe una visione e lo indicò come possibile corridore da corse a tappe. Glielo affidarono, riconoscendogli grande fiducia. «Suo padre Achille – raccontava l’altra sera l’umbro – è sempre stato presente, ma rigorosamente un passo indietro». Achille sorride e ringrazia, discreto e per questo elegante. Sa che i genitori possono essere un peso, così ha preferito lasciar fare, tenendo l’occhio vigile. Ed è stato così che crescendo, Giulio Pellizzari si è trovato catapultato fuori dalla dimensione ovattata e protetta di Camerino, per andare a scoprire il mondo.

I tuoi coetanei erano qui con la solita vita, mentre tu a 18 anni giravi già per aeroporti. Hai mai avuto paura?

Sì! Più che altro a 18 anni non avevo mai preso un aereo, per cui finché si girava con la squadra, non avevo problemi. Ma da solo era un’altra cosa, ho avuto le mie ansie. Oltre a tutte le esperienze, anche questa mi ha fatto crescere. Mi sono ritrovato da solo dall’altra parte del mondo, in un aeroporto immenso, con la borsa della bici e l’inglese un po’ così. Un po’ d’ansia ti prende. Però adesso ho imparato a gestire anche quello. I miei amici mi dicono: “Beato te che sei sempre in giro!”. E io gli rispondo: “Beati voi perché state a casa!”. Non c’è una via di mezzo. Girare il mondo fa tanto, fa crescere, però in certi momenti la vita di casa mi manca davvero.

Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Finalmente però sei arrivato a fare il Giro d’Italia…

E’ stato bello. Dopo il Tour of the Alps che è andato bene, il Giro diventava un banco di prova. Non volevo solo fare esperienza, volevo fare bene. All’inizio ero inquieto, perché tre settimane sono lunghe. Poi ho scoperto che diventa una routine e perdi anche il conto dei giorni. Solo a 3-4 tappe dalla fine, inizi a capire che sta per finire.

Hai vissuto giorni esaltanti e altri duri: come è stato correre per tre giorni con gli antibiotici in corpo?

Pesante, ti senti fiacco. Non riesci a spingere. Stare in gruppo non è mai facile, perché si va ogni giorno a tutta. Per fortuna l’unica partenza tranquilla del Giro è stata quella verso Francavilla in cui io stavo peggio e quindi mi sono salvato. Continuavo ad andare dietro e rientrare, andare dietro e rientrare. Per fortuna il giorno dopo si arrivava nelle Marche e mi sono ripreso, ma arrivare a Francavilla è stato davvero duro. Volevo mollare, ma mi hanno convinto a non farlo e devo dire grazie per questo. Una cosa che non ho mai raccontato è che nel riposo di Livigno, il giorno prima di fare secondo a Monte Pana, ho sognato che mi ero ritirato e il giorno dopo piangevo, pregando Roberto Reverberi che mi facesse rientrare in gara.

Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Il tuo amico Pogacar?

Prima del Giro, il sogno era correre con lui, adesso il sogno è staccarlo. Con calma, ovviamente, però alla fine se stacchi lui, vinci la corsa. La differenza fra me e lui è che lui è proprio un fenomeno, però un po’ mi rivedo nel suo modo di fare. Se avessi il suo motore, correrei allo stesso modo. Sempre per vincere. Alla fine, se uno ha le gambe… Corriamo per vincere, no? Ho letto un’intervista a Gianetti, ha detto che ci pagano per vincere ed è vero…

Come hai fatto a rientrare sulla fuga nel giorno del Grappa proprio a 100 metri dal GPM e prendere i punti per la maglia azzurra?

Ero partito per fare la gara, la squadra voleva che andassi in fuga. Io mi sentivo bene e sapevo che la fuga non sarebbe arrivata, quindi non volevo buttare via tutto. Però non ero certo che se mi fossi ritrovato con i primi venti, avrei avuto le gambe per attaccarli. Non sentivo bene la radio, perché prendeva poco e c’era tanta gente. Non sapevo quanto mancasse e nel dubbio sono partito a 3 chilometri dalla vetta. Alla fine tutti mi hanno chiesto come abbia fatto a riprenderli a 100 metri dal GPM, ma davvero penso che sia stato anche per fortuna.

Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Serve motivazione per andare in fuga sapendo che Pogacar punta alla stessa tappa?

Alla fine è una guerra persa, però ci provi: non sai mai come va. Se avessi preso un minuto in più, mi avrebbe ripreso un pezzettino dopo. Forse mi avrebbe staccato sullo strappo, ma rinunciare non mi appartiene. E’ stato bello correre a Roma con la maglia azzurra della montagna, il sogno però è arrivarci con un colore diverso. Alla fine ci siamo salutati, gli ho fatto i complimenti e in bocca al lupo per il Tour.

Com’è quando il giorno dopo si spengono le luci?

Un po’ mi manca. Quando c’è tanta gente che fa il tifo, i paesi in rosa, respiri l’aria di festa. Alla fine ti ci abitui, però è sempre emozionante. Negli ultimi giorni, ho capito che stava per finire, ma al contempo sono stanco, è giusto recuperare. Per cui farò lo Slovenia, il campionato italiano e poi si stacca per un po’ la spina.

Lo lasciamo alla sua casa, al suo cielo, alla famiglia e agli amici e andiamo a fare un giro in centro. Nella serata per Giulio abbiamo toccato con mano l’orgoglio. Ce ne andiamo con la speranza che la sua voce continui a raccontare la storia di Camerino e della sua gente. Basta che continui ad essere se stesso, il Giulio di sempre. Forse allora per queste strade l’oblio smetterà di essere l’unico destino possibile.

Voleva ritirarsi, per poco vinceva: Pellizzari ricomincia da qui

21.05.2024
7 min
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MONTE PANA – Quando si capisce che Pogacar l’ha messo nel mirino, le speranze che Giulio Pellizzari vinca la tappa si riducono al minimo. Per la logica secondo cui è giusto che la maglia rosa vinca quando può, non possiamo che toglierci il cappello. Ma in questa giornata nata male e finita meteorologicamente non troppo meglio, la resurrezione del marchigiano del VF Group-Bardiani è la conferma di un talento che cresce e si affaccia sulla terza settimana con la testa alta e lo sguardo fiero. Il gruppo ha raggiunto il traguardo dopo una tappa accorciata a causa della neve che ha bloccato i grandi passi e che dopo un po’ ha iniziato a fioccare anche su Livigno. La decisione di lasciare la Valtellina percorrendo la galleria La Schera era l’unica da prendere, senza il tentennare che ancora una volta ha trascinato il Giro in una dimensione che non merita. «Noi siamo pronti – ha detto Pogacar prima di prendere il via – non so se lo è anche l’organizzazione».

Altri atleti hanno scritto parole di troppo, ma è stato imbarazzante dover attendere l’orario della partenza senza alcun aggiornamento e trovarsi poi davanti alla proposta di fare una sfilata per Livigno sotto la neve. Bene hanno fatto i corridori a rifiutare, non avrebbe avuto alcun senso, se non essere riconoscenti all’Amministrazione cittadina che ha pagato anche per una partenza che di fatto non c’è stata.

Un’ombra rosa

Pellizzari esce dalla tenda in cui si è riparato Pogacar con una mantellina rosa e gli occhiali dello sloveno in una mano. Tossisce. Si piega sulla bici accanto alla transenna. Poi quando riconosce la voce, si solleva, sorride e stringe la mano. Voleva ritirarsi, stava per vincere. Solo che a un certo punto si è voltato e ha visto arrivare Pogacar. Cosa hai pensato, Giulio, in quel momento?

«Bastardo! Ancora?», poi fa una risata a sottolineare l’ironia e la rassegnazione contenute nella parola. Qualcosa del genere gli era già successo a Torino, ma se tutti sapessero quello che ha passato per arrivare sin qui, forse anche per loro questo secondo posto avrebbe il sapore della vittoria.

L’azione di Pellizzari è stata esplosiva e in crescendo: il marchigiano ha recuperato
L’azione di Pellizzari è stata esplosiva e in crescendo: il marchigiano ha recuperato

La forza giusta

Il giorno di riposo ha fatto il miracolo, coronando un recupero per certi versi insperato. Si era pensato che fosse meglio fermarlo per evitare che la fatica fosse superiore ai suoi mezzi, invece il giorno senza corsa a Livigno ha completato la sua risalita.

«Ieri stavo molto bene – racconta mentre continua a piovere – infatti la mia paura era che oggi non stessi come ieri, però sono contento. Sentivo di avere la forza giusta ed è bello esserci riuscito all’inizio della terza settimana. Cinque giorni fa ero a casa più che in gara. Ho avuto tosse, raffreddore, mal di gola e… Ero più di là che di qua, però grazie alla mia famiglia, a Massimiliano Gentili, a Leonardo Piepoli e alla mia fidanzata Andrea, sono rimasto e oggi non ho vinto, però va bene così».

Per un po’ si è riformata la coppia Alaphilippe-Maestri, ma presto il francese è rimasto da solo
Per un po’ si è riformata la coppia Alaphilippe-Maestri, ma presto il francese è rimasto da solo

Un secondo padre

Se lo conosciamo, pensiamo, Massimiliano Gentili sarà da qualche parte da solo a piangere. Così dopo aver parlato con Pellizzari e prima di iniziare a scrivere questo articolo, pensiamo di chiamarlo.

«Sono fermo in autostrada – conferma l’umbro con la voce ancora scossa – è una giornata che mi ricorderò per sempre. Ero a Bologna per un intervento al ginocchio di mia figlia e avevo addosso la tensione per questo e per tutto quello che abbiamo fatto nei giorni scorsi con Giulio. Ha detto che mi dedica questa tappa che per me è come una vittoria e questo mi commuove. Mi sono fermato per vederlo.

«Giulio è il mio orgoglio da quando è un bambino, da quando ho smesso di correre e ha dato un senso agli anni dopo la carriera da corridore. L’ho visto, l’ho capito e gli ho promesso che lo avrei portato dov’è ora. E’ un figlio che condivido col suo vero padre e posso dire che arrivare sin qui non è stato semplice».

Scaroni anche oggi all’attacco, ha chiuso al quarto posto
Scaroni anche oggi all’attacco, ha chiuso al quarto posto

Antibiotici al Giro

Abbiamo fatto bene a chiamarlo, pensiamo. E con l’ex professionista umbro ci avventuriamo nelle disavventure di Pellizzari che hanno rischiato di farlo andare via dal Giro e la sua spiegazione è davvero illuminante.

«Prima ha avuto problemi di stomaco – dice – poi deve aver preso freddo dopo la crono, perché andando verso Napoli ha cominciato ad avere raffreddore e mal di gola. La sera mi chiamava e mi diceva: “Sono vuoto come un calzino”. Allora mi sono sentito con Leonardo Piepoli, che lo allena, e abbiamo deciso di rischiare gli antibiotici durante il Giro. Gli ho detto di tenere duro, perché una volta che li avesse finiti e poi smaltiti, avrebbe potuto fare il Giro che avevamo sempre sognato. Li ha finiti a Francavilla ed era distrutto. Aveva visto andare via Uijtdebroeks, voleva mollare. E allora gli ho detto di non farlo, di non andare via dal Giro con il rimpianto di averlo abbandonato. Di non fare come me quando mi sono ritirato senza lottare. “Deve uscire fuori il corridore che sei”.

«Giulio nasce per la terza settimana. Ha 20 anni, è ancora immaturo per certi ritmi, ma geneticamente è predisposto per queste cose. Il nostro è un film, anche se io non posso apparire. Però mi piace che parli sempre al plurale. E domani sono certo che andrà ancora in fuga e anche dopo. Restano tre tappe di montagna, non le lascerà passare a vuoto. Era già andato bene sul Mortirolo ed è stato intelligente a farsi riprendere, ma oggi ho visto il suo colpo di pedale…».

La maglia e gli occhiali

La magia di quello che è successo sotto la tenda è immortalata da un meraviglioso video su Instagram girato da Gabriele Reverberi. Pellizzari è entrato e si è parato al cospetto di Pogacar. Gli ha chiesto gli occhiali e la maglia rosa e Tadej, con un sorriso stupendo e stupito, gli ha passato i primi e si è sfilato la seconda. Poi, dopo che Giulio gli ha poggiato la mano sul casco, i due si sono abbracciati. Se non ci fosse stato dietro Martinez, magari Pogacar non avrebbe accelerato. Ma tutto sommato la vittoria, quando arriverà, sarà vera e avrà un sapore ancora più dolce.

«Ieri mi ha scritto mio fratello – dice – e mi ha detto di trovare il modo per rimediare gli occhiali di Pogacar. Così sono entrato e glieli ho chiesti e lui mi ha dato anche la maglia rosa. Gli auguro tutto il meglio, è il migliore della storia».

Quindi si continua? «Si continua? Scherzi? Il mio Giro è appena cominciato!».

Proietti Gagliardoni e quel dato che fa discutere

14.03.2024
5 min
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Di Mattia Proietti Gagliardoni si fa davvero un gran parlare. Dopo i buoni risultati internazionali nel ciclocross sono arrivate la piazza d’onore al GP Baronti e le parole lusinghiere del cittì Pontoni, che su di lui confida molto per il “dopo Viezzi”. Una sua affermazione però ha suscitato clamore nell’ambiente, tanto che Luca Scinto, il direttore sportivo del Team Franco Ballerini (dove l’umbro corre da quest’anno) ha fatto sentire la sua voce tramite Facebook. Abbiamo voluto allora andare direttamente alla fonte per capirne di più.

«Il cittì è stato molto preciso nella definizione di Mattia – dice Scinto – salvo che per un passaggio, quando parla delle sue ore di allenamento. Dire che si allena per 25 ore settimanali è esagerato, non siamo di fronte a un professionista e so che il suo preparatore Massimiliano Gentili è molto attento nel dosare la sua crescita. Condivide con me le tabelle e i lavori, so che siamo intorno alle 13-14 ore settimanali e d’inverno, quando preparava il cross, andavamo dalle 9 alle 11 ore.

Proietti Gagliardoni in gara al GP Baronti, in 2ª posizione, battuto dal solo Enea Sambinello (foto Team Ballerini)
Proietti Gagliardoni in gara al GP Baronti, in 2ª posizione, battuto dal solo Enea Sambinello (foto Team Ballerini)

Il talento e la pazienza

«Certamente l’attività degli juniores – prosegue Scinto – non è quella dei miei tempi. I corridori arrivano già svezzati e praticamente quando ancora non sono maggiorenni si giocano il loro futuro come professionisti. Ma non bisogna precorrere i tempi, noi siamo abituati a coltivare i talenti con attenzione e parsimonia, facendoli crescere con calma».

Scinto ne fa una questione di rapporto tra quantità e qualità: «Dire che pedala tante ore è sbagliato perché non fa parte del nostro concetto di lavoro. Sia io che Massimiliano guardiamo alla qualità dei lavori, è su quella che facciamo leva. Le 25 ore sono un numero che di per sé dice poco. Mattia ci arriverà, con il tempo. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un ragazzo che va ancora a scuola…».

In nazionale con il cittì Pontoni. Per l’umbro due piazzamenti in Coppa del Mondo entro i primi 20 (foto Fci)
In nazionale con il cittì Pontoni. Per l’umbro due piazzamenti in Coppa del Mondo entro i primi 20 (foto Fci)

Valori da corridore vero

Come si sono incrociate le strade di Proietti Gagliardoni e di Scinto? «Lui viene dal ciclocross perché lì lo ha portato il padre che era un praticante e un appassionato. So che poi all’Uc Foligno ha lavorato con Gentili che me ne ha parlato molto bene ed effettivamente ho potuto constatare che ha numeri eccezionali, come ho potuto raramente constatare nell’ambiente e proprio per questo bisogna lavorarci con calma».

Il tecnico toscano, anche se ha potuto lavorare ancora poco con il giovane appena approdato al suo team e alla categoria, si è già fatto un’idea sulle sue caratteristiche.

«Ha valori da corridore vero, che va forte in salita e che riesce a essere presente nelle corse dure, proprio com’era il GP Baronti, in quelle occasioni allora può essere anche veloce e giocarsi la vittoria. C’è però tanto da fare, perché il ciclocross può darti la brillantezza, ma ora c’è da riabilitare il suo fisico sul piano della resistenza e del fondo. Si deve abituare alla categoria, ai carichi di lavoro. Quando avrà finito la scuola potrà lavorare con più calma e assiduità, anche aumentare un po’ i carichi, ma sempre senza esagerare».

Per Proietti Gagliardoni tanti risultati d’inverno. Qui secondo a Osoppo al Giro d’Italia (foto Billiani)
Per Proietti Gagliardoni tanti risultati d’inverno. Qui secondo a Osoppo al Giro d’Italia (foto Billiani)

Attesa per la crono

La piazza d’onore al Baronti è stata una sorpresa, considerando la sua relativa esperienza? «Un po’ sì, ma so che se un ragazzo ha talento si vede subito, sa emergere anche se non è al massimo e quel giorno Mattia non era certo al 100 per cento».

Va forte in salita, si difende bene in volata, ha grandi capacità sul passo. Ma a cronometro? «Non ci ha ancora lavorato, per questo aspetto che ci sia il tempo per farlo. Non puoi scendere da una bici e salire sull’altra aspettandoti chissà che cosa. Io dico che ha i mezzi per far bene anche lì, ma dovrà intanto essere dotato di una bici adeguata e so che gli sta per arrivare la Corratec da crono della squadra pro’, poi deve imparare a lavorarci. Ci vogliono almeno 20 giorni, cronoman non ci s’improvvisa…».

Mattia e Massimiliano Gentili: il corridore ha voluto l’ex pro’ al suo fianco
Mattia e Massimiliano Gentili: il corridore ha voluto l’ex pro’ al suo fianco

Il legame con Gentili

Chiamato in causa anche da Scinto, lo stesso Massimiliano Gentili ha voluto dire la sua, partendo dalla propria storia personale.

«Io avevo interrotto i contatti con il suo team, Uc Foligno alla fine del 2022. Nei primi mesi dello scorso anno – spiega – Mattia era un po’ sbalestrato e stava perdendo gusto per quest’attività. Ricordiamo che si parlava di un allievo: io dico sempre che fino al primo anno, il ciclismo è un gioco, poi al secondo si comincia a fare sul serio, più che altro per non trovarsi impreparati all’approccio con la categoria juniores, diventata ormai il vero serbatoio del professionismo. Mattia mi ha contattato per chiedermi se potevo tornare ad allenarlo e così è stato. Per me è come un figlio, lo seguo con enorme passione e piano piano è tornato a essere il campioncino che conosco, infatti ha conquistato due vittorie e tanti piazzamenti.

«Mattia sta imparando come allenarsi per la nuova categoria. Voglio che cresca con calma, fa parte della mia filosofia: l’allenamento è un percorso graduale. Non ho problemi a fornire i suoi dati: dal 2 gennaio a oggi non ha mai superato le 14 ore settimanali, fino al 12 marzo ha fatto 72 uscite per 4.200 chilometri totali con una media mensile di 1.200 chilometri. La mia ottica non è quella di farlo vincere prima di tutti e più di tutti ora, ma di vederlo crescere costantemente, nei valori, nel rendimento».

Con la medaglia d’argento Magagnotto all’Eyof 2023, dove l’umbro ha chiuso al 6° posto
Con la medaglia d’argento Magagnotto all’Eyof 2023, dove l’umbro ha chiuso al 6° posto

25 ore settimanali? Con il tempo…

Sulle parole di Pontoni, Gentili aggiunge: «Ringrazio il cittì perché ha espresso giudizi lusinghieri sul ragazzo, ma era giusto puntualizzare le cose. Altrimenti si potrebbe pensare che emerge solo perché lavora come un pro’ e questo non è assolutamente vero. Alle 25 ore ci arriverà, con il tempo, ma io non guardo a quello, preferisco privilegiare l’intensità. Diamogli tempi e vedrete che ci darà belle soddisfazioni».

La squadra parallela di Pellizzari e il “libro scritto” di Gentili

01.09.2023
6 min
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«Questa è la storia di un libro già scritto. Anzi, che stiamo scrivendo», esordisce così Massimiliano Gentili, ex professionista e direttore sportivo di Giulio Pellizzari quando era uno junior all’UC Foligno. Tra i due c’è stato e c’è tuttora un legame forte.

Oggi Pellizzari è una delle speranze più concrete che abbiamo per le corse a tappe. Il secondo posto al Tour de l’Avenir è stato la conferma di un processo di crescita che era sotto gli occhi di tutti, ma che per un motivo o per un altro non riusciva a fiorire del tutto. Adesso gli scenari cambiano.

Pellizzari, junior con la maglia dell’UC Foligno
Pellizzari, junior con la maglia dell’UC Foligno

In famiglia…

«Negli ultimi quattro anni – dice Gentili, nella foto di apertura vicino a Pellizzari – in pratica ho vissuto per lui o quasi. Sono arrivato a Giulio perché prima di lui avevo in squadra suo fratello Gabriele, col quale tra l’altro ci sentiamo ancora. L’altro giorno l’ho preso in giro perché era in Francia a tifare Giulio ed è rientrato a casa dopo il via della tappa che ha vinto. Che poi è la stessa cosa che fece il papà Achille al Tour of the Alps. Lui andò via e il giorno dopo Giulio fece quel tappone!».

La prima volta che Gentili incontrò Pellizzari, Giulio era un esordiente. Racconta di un ragazzino piccolo, anzi piccolissimo… magro che forse non non arrivava a 40 chili.

«Quel giorno andammo in bici insieme e su un circuitino dalle nostre parti, appena arrivò una salita, partì come un sassata… Gli dissi di stare calmo. Però mostrò subito un certo carattere».

Giulio Pellizzari (classe 2003) è cresciuto moltissimo in questa stagione
Giulio Pellizzari (classe 2003) è cresciuto moltissimo in questa stagione

Niente under 23

Gentili lo vede crescere. Capisce che può esserci parecchio di buono in quel ragazzo che oltre ad essere un buon atleta è una persona educata ed umile.

«Da allievo – racconta Gentili – Giulio vinse una sola corsa. Ma più che altro in quel periodo, capendo che poteva essere bravo veramente, iniziai a fargli dei test. Ma questi erano mirati non a spingerlo verso i suoi limiti, ma a tutelarlo. 

«Io ho la fortuna di essermi sempre tenuto in buona forma, anche dopo aver concluso la mia carriera. In bici ci vado e qualche ora a buon livello la faccio ancora. So capire, so valutare e il mal di gambe me lo ricordo ancora. Uscivo con i ragazzi e vedevo che c’era qualcosa di buono per davvero».

Giulio va sempre meglio. Quando passa junior però ecco il Covid. Come i suoi coetanei perde una stagione o quasi. Però andava forte. Gentili gli ripeteva che poteva anche perdere, che poteva anche trovare uno più forte di lui, ma con quelle gambe non poteva scendere al di sotto del terzo posto.

E così dopo quell’annata cambiarono registro. Pellizzari fece un bell’inverno, ma sempre considerando che di mezzo c’era la scuola, e migliorò ancora. Diciamo che smise di “giocare” in bici come aveva fatto fino a quel momento.

«Per lui – prosegue Gentili – ho fatto una cosa che mai avevo fatto prima: ho iniziato ad alzare il telefono e a farmi sentire, anche dai tecnici in nazionale…

«E a Giulio dicevo: “Se va come dico io, tu salti i dilettanti e diventi professionista”. Avevo questa idea sia perché iniziavo a vedere di questi progetti giovani che nascevano nei team dei pro’, sia perché la vera tutela per lui era quella». 

Max infatti fa un discorso tecnico sul non aver mandato Pellizzari fra gli under 23. Giulio infatti non è veloce e neanche è un drago in bici… anche se sta migliorando.

«Buttarlo tra i classici under 23 – spiega – significava bruciarlo, o quanto meno non valorizzarlo. Magari lo avremmo anche perso. Per lui doveva esserci un periodo di crescita. “Tu sei da corse a tappe e io devo traghettarti”, gli ripetevo. Ancora oggi, nonostante l’Avenir e tutto il resto, se lo portassi a correre alla gara di Castiglion Fibocchi di turno, Giulio avrebbe le sue difficoltà».

Al prologo del Giro, poco prima di doversi ritirare: la crono è un terreno da esplorare bene (foto Green Project-Bardiani)
Al prologo del Giro, poco prima di doversi ritirare: la crono è un terreno da esplorare bene (foto Green Project-Bardiani)

La squadra

Le cose vanno avanti, anche oltre il ciclismo degli allenamenti ed è così che di fatto nasce una squadra: Gentili, Giulio e il papà Achille. E poi anche il coach, Leonardo Piepoli.

Gentili sa che a certi livelli, vanno bene la squadra e il personale, ma serve soprattutto qualche punto fisso,:qualcuno che ti stia vicino anche e soprattutto nei momenti più difficili. Un po’ come fece Nibali nel tempo: con Pallini, Magni, Agnoli, Vanotti… Un piccolo team, all’interno del team. Pellizzari non è ancora arrivato a tanto, ma il concetto è quello.

«Tutelarlo è la mia parola d’ordine – spiega Gentili – non voglio che commetta gli errori che ho fatto io e che si ritrovi da solo di fronte alle difficoltà che verranno. Ricordo per esempio la storia del ritiro dal Giro Next Gen.

«Lo aveva preparato con meticolosità: si puntava forte sullo Stelvio e anche di più. A pochi giorni dal via gli viene la febbre. Tutti insieme (anche con la Green Project, ndr) decidiamo di non fargli fare nulla. Il giovedì una sgambata. Sembra che le cose vadano meglio fino alla presentazione delle squadre. Quella sera sto per chiamarlo. Il Giro iniziava con una crono e volevo sapere quando partiva. Prendo il telefono in mano e mi chiama lui in lacrime: “Mi è tornata la febbre e ho anche problemi intestinali”. Si prova a partire, ma ormai la frittata era fatta. Lo consolai un quarto d’ora al telefono. Ecco a cosa serve la squadra che dico io.

«Perché da quel supporto poi piano piano ci si rialza più forti. Oggi la testa, che prima era un suo punto debole, è diventata un punto di forza».

La vittoria al Medio Brenta, Pellizzari l’ha ottenuta di rabbia e non di gambe. E lo stesso le critiche dopo Capodarco, che per Giulio è quasi la corsa di casa, andavano vagliate. In tanti si aspettavano qualcosa da lui.

«Siamo a Capodarco – racconta Gentili – se mi giro c’è il mare e queste sulla collinetta sono olive. Ecco, Giulio non è tipo da mare né da ulivi, ma da vette e abeti. E forse neanche quelli per le quote dove va forte lui».

Giulio in fuga alle alte quote di cui parla Gentili con il re dell’Avenir: Del Toro (foto Tour Avenir)
Giulio in fuga alle alte quote di cui parla Gentili con il re dell’Avenir: Del Toro (foto Tour Avenir)

Come Kuss

Piepoli lo ha chiamato in causa Gentili. Non che Max non sapesse il fatto suo, ma per certi livelli serve una figura professionale e che stia nel mondo dei pro’. I due si conoscevano da anni. C’era fiducia. Il confronto tra papà, Max e Leonardo è costante.

Il passaggio alla Green Project-Bardiani in parte dell’entourage del ragazzo fece storcere il naso a più di qualcuno. Non per la squadra di destinazione, sia chiaro, ma perché specie nel Centro Italia si era usciti dagli schemi: juniores, under 23, pro’.

«Giulio ha dei valori fisiologici eccezionali – conferma – eppure da junior ha vinto solo tre gare. Ma non era quello l’importante. Gli dicevo che passando pro’ e lavorando in un certo modo, già al secondo anno sarebbe andato più forte… e così è stato. Che si sarebbe ritrovato dapprima fianco a fianco con i colleghi più forti in squadra negli allenamenti e poi avrebbe messo il naso davanti nelle corse. Una pagina già scritta del nostro libro. Lo dico sempre ad Achille, Giulio è il figlio maschio che non ho avuto!

«Gli è stato chiesto quale fosse il suo sogno e lui ha risposto vincere il Tour de France. Io non so se ci riuscirà, non si conoscono ancora i suoi limiti, ma se con i valori che ha, con il suo recupero, già diventasse un Sepp Kuss non sarebbe male. Ma questi poi sono sogni e per i sogni c’è un altro libro».