Della Vedova, un grido d’amore e d’allarme per il ciclismo giovanile

03.04.2024
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«Ho voluto gettare un sasso nello stagno e capire se si possono smuovere le acque». Il post su Instagram della settimana scorsa di Marco Della Vedova sul ciclismo giovanile ha immediatamente avuto una grande eco nel panorama delle relative categorie e non solo. La causa scatenante era stato accorgersi che, a causa del fine corsa troppo vicino ai vincitori, la maggior parte dei ragazzi venuti da molto lontano non erano riusciti a concludere la gara. Da qui e dalle reazioni ricevute, è nata una denuncia delle problematiche, in termini di sicurezza e sprechi, delle categorie giovanili.

Il concetto è piuttosto chiaro quanto semplice. La base va coltivata adeguatamente se si vogliono avere ancora talenti, ma il rischio di arrivare ad un punto di non ritorno è molto alto per il diesse della Bustese Olonia. C’è una serie di problematiche che riguardano da vicino esordienti ed allievi (in apertura foto Aimi), senza tralasciare gli stessi juniores, in ogni gara. Con Della Vedova abbiamo riavvolto il nastro riprendendo il suo accorato sfogo per provare a vedere se ci possono essere delle soluzioni attuabili o per lo meno mettere sul piatto tanti spunti da approfondire. E’ serenamente consapevole di non avere la verità in mano ed è aperto ad ogni tipo di confronto o suggerimento. Sentiamolo su un argomento a lui sensibile.

Marco Della Vedova, diesse degli juniores della Bustese Olonia. Ex pro’ per sette anni, da venti è anche ispettore di percorso per le gare RCS
Marco Della Vedova, diesse degli juniores della Bustese Olonia. Ex pro’ per sette anni, da venti è anche ispettore di percorso per le gare RCS
Marco, quanto ti è costato scrivere quelle parole?

Tanto, ma mi sono venute spontanee. So che ci sono genitori che partono dalla Val Formazza con i propri figli per andare a correre a Brescia, raggiungendo la propria squadra. Oppure da Potenza Picena per andare in Emilia. Significa farsi 600 chilometri, più di sei ore di viaggio e quindi perdere una intera giornata per una gara di esordienti o allievi che sapete quanto durano. Sono sacrifici che in qualche modo andrebbero ripagati. Però se organizzatori, direttori di corsa e giuria non concedono a tutti i ragazzi di finire la propria gara, vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa. E non da oggi.

Facendo gli avvocati del diavolo, sono situazioni che non si verificano sempre.

E’ vero che non è sempre così, per fortuna. Ma per me non dovrebbe capitare nemmeno una volta. So perfettamente che non si può trovare un rimedio istantaneo con delle parole sui social. So anche che non si possono far partire 280 esordienti e vederne classificati una quarantina tra primo e secondo anno perché li hanno fermati. Negli altri sport a quell’età tutti finiscono le proprie gare. Anzi, nella Mtb, ciclocross o pista si può, mentre non capisco perché nel ciclismo giovanile su strada non si possa.

Qual è il rischio principale?

Ripeto, c’è qualcosa che non va. Continuando a fare in questo modo, perderemo i ragazzi molto presto o sempre prima. La Federazione deve accorgersi che i numeri sono in picchiata. Già gli juniores sono ormai gestiti e considerati come se fossero in team continental e arrivano alla fine di quei due anni esasperati. Adesso questa estremizzazione c’è nei giovanissimi dove vedo tattiche surreali, bici con ruote ad alto profilo o freni a disco. Figuratevi negli esordienti o allievi. Invece a me interessa che dei ragazzini di tredici-quattordici anni finiscano la gara in sicurezza e soddisfatti di averlo fatto.

Radio-corsa è presente quasi ad ogni gara. Della Vedova trova superflua la moto-tv nelle gare giovanili (foto Aimi)
Radio-corsa è presente quasi ad ogni gara. Della Vedova trova superflua la moto-tv nelle gare giovanili (foto Aimi)
A proposito, la sicurezza è un altro tema importante.

Delicato direi, perché strettamente legato a quello del numero di partecipanti. Anche nell’ultimo weekend ho visto e ho saputo di gare con parecchi pericoli sulla strada per i ragazzi. Però non posso essere sempre io a fare casino (dice con un sorriso amaro, ndr). Qualcuno mi ha scritto in privato contestandomi e dicendo che non conosco l’argomento o che dovrei organizzare io se sono più bravo. Questo fa capire che non è stato capito il senso del mio sfogo.

Cos’hai risposto?

Devo dirvi che onestamente mi sono un po’ risentito. Sono nel ciclismo dal 1980, da quando ho iniziato da giovanissimo. Ho corso in bici per ventidue anni, ho fatto il pro’ per sette (con Brescialat, Lampre e Mercatone Uno, ndr), poi sono diventato diesse dei giovani e parallelamente sono vent’anni che lavoro per RCS Sport come ispettore di percorso delle loro gare. Tra tutto avrò più di tremila corse alle spalle vissute sotto ogni punto di vista, quindi, a costo di essere frainteso come un vanitoso, tutto quello che dico lo dico con cognizione di causa. E sono padre pure io. Poi certo, non ho la bacchetta magica per risolvere tutto, però non voglio nemmeno restare immobile davanti a certe cose.

Quali potrebbero essere le eventuali soluzioni?

Ce ne sono tante che si potrebbero valutare e provare a vedere se possono funzionare. Per prima cosa dovrebbero estendere il dispositivo del fine gara di ulteriori cinque minuti. Non possiamo vederlo fissato ad un minuto e mezzo dal vincitore, soprattutto nelle gare in circuito. Poi, laddove fosse possibile, bisognerebbe pensare a percorsi diversi, ma che possano essere completati da tutti. Dove c’è una folta partecipazione, come spesso accade in alcune gare, limitare il numero dei partecipanti oppure fare delle batterie per dorsali pari e dispari, dividendo le squadre equamente, come si fa nei meeting regionali o nazionali dei giovanissimi. L’organizzatore non deve voler fare a tutti i costi più categorie possibili in una giornata.

Per Della Vedova il dispositivo di fine gara dovrebbe essere esteso di ulteriori cinque minuti per concedere a tutti di finire la propria prova (foto Aimi)
Per Della Vedova il dispositivo di fine gara dovrebbe essere esteso di ulteriori cinque minuti per concedere a tutti di finire la propria prova (foto Aimi)
Cosa intendi?

Ad esempio se negli esordienti hai numeri alti, si fanno più partenze tra primo e secondo anno. Così tutti possono correre e finire la propria gara. Per me non è necessario che si corra per forza ogni weekend. Così come mi sento di dire che non tutte le società sono obbligate ad organizzare gare, anche perché si rischia di andare al risparmio per le cose fondamentali. Proviamo a vedere cosa fanno in altri Paesi, come la Svizzera, e prendere spunto. Da noi spesso ho visto e vedo delle contraddizioni.

Quali ad esempio?

Ci sono gare di esordienti con moto-tv, con radio-corsa da categoria elite e poi magari non hanno transenne adeguate oppure la gente necessaria per la sicurezza del percorso. Personalmente toglierei le premiazioni dai giovanissimi agli allievi o quantomeno non gli darei tutta questa importanza. Si rischia di creare aspettative inutili. Toglierei tutti quelli che sono i costi superflui, specialmente se un organizzatore o un comitato ha dimostrato di non sapere tenere un certo livello di sicurezza e valore sociale. Anche questo è un aspetto che va tenuto in considerazione.

Spiega pure.

Intanto a scuola non si insegna quasi più nulla ad educazione fisica. Si stanno riducendo le ore o sono le prime ad essere tagliate per certi programmi e comunque molti ragazzi le saltano. Non è un bel segnale. In questo senso il ciclismo, come il resto dello sport, deve tenere i ragazzi lontano da cattive situazioni o dalla sedentarietà psicofisica. Ma se il nostro sport non prova a cambiare mentalità a livello giovanile, non avremo più corridori fra qualche anno. Anche perché è faticoso e quando si cade ci si fa male. Oltre a non essere più sicuro per allenarsi. Adesso non mi stupisco se tutti tendono a scegliere tennis o nuoto. Possono praticarli al chiuso o all’aperto, ma in sicurezza. E tutti possono fare o completare le proprie gare.

Spesso ci sono giornate in cui corrono tre categorie con partecipazione alta. Sono pochi gli organizzatori bravi ad allestirle
Spesso ci sono giornate in cui corrono tre categorie con partecipazione alta. Sono pochi gli organizzatori bravi ad allestirle
Sono parole di un Marco Della Vedova pessimista o speranzoso?

Al momento dico pessimista, anche se dovrei dire realista. Guardo le cose come stanno andando e non vedo la voglia di cambiare. Il ciclismo giovanile dovrebbe provare a fare un paio di stagioni più austere come una volta, senza l’arrivismo attuale di certa gente. Venti-trenta anni fa si ambiva a raggiungere un certo tipo di servizi nelle gare giovanili con l’obiettivo comune di fare crescere dei corridori. Ora non è più così. Ora che avremmo tante possibilità di fare le cose fatte bene, abbiamo organizzatori che non si rendono conto di non essere all’altezza. Tutti vogliono fare quello che fa l’altro senza averne le credenziali. Per contro applaudo e faccio i complimenti a chi riesce ad allestire tutto alla perfezione o quasi. Di sicuro vedere il nostro amato sport con tali differenze nel settore giovanile mi fa molto male.

Il primo podio di Santiago: figlio d’arte, ma senza fretta

10.09.2023
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Domenica dall’ordine di arrivo del Trofeo Fiorina a Clusone, classica bergamasca degli juniores vinta da Cristian Calzaferri: dietro il compagno di squadra Alessandro Cattani che è arrivato secondo, è emerso un nome particolare al terzo posto: quello di Santiago Basso, anche lui giovanissimo portacolori della Bustese Olonia che altri non è se non il figlio di Ivan Basso. E’ facile parlare dei figli d’arte quando sono ormai affermati e seguono le orme dei loro genitori, ultimo eclatante caso quello di Ben Wiggins. Ma quando sono solamente agli inizi?

A raccontare chi sia Santiago (nella foto di apertura sul terzo gradino) non è suo padre, estremamente riservato quando si tratta della famiglia, ma Dario Andriotto, ex campione del mondo nella cronometro a squadre da sempre legato al plurivincitore del Giro d’Italia e che ha seguito direttamente l’evoluzione della passione nel “piccolo” della famiglia.

«Bisogna premettere che stiamo parlando davvero di un ragazzino – esordisce Dario – di un corridore che è solamente ai primi passi e lo si capisce anche guardandolo. E’ alto e magrissimo, un po’ nel fisico ricorda Ivan, ma per ora è molto più magro. La sua caratteristica è che è molto curioso, si vede intanto che viene da una famiglia dove si mastica ciclismo da sempre, poi che lo anima una grande passione, è molto orientato verso quello che fa, sapendo che è alle prime armi e deve imparare tanto».

Andriotto segue i giovani della Fundacion Contador sin dai suoi esordi
Andriotto segue i giovani della Fundacion Contador sin dai suoi esordi
Com’è da questo punto di vista il rapporto con il padre?

Ivan ha iniziato a seguirlo solo da poco, prima era completamente estraneo e lo faceva di proposito, non voleva essere come quei tanti papà che opprimono i figli con il loro esempio. Se questo dovrà essere il futuro di Santiago, dovrà esserlo per una sua libera scelta, non influenzata da nessuno.

Quando andate alle gare, che cosa dice la gente, lo riconosce?

Basta che si venga a conoscere l’elenco degli iscritti che tutti chiedono… Non è una situazione facile da gestire per un ragazzino, Santiago ha solo 17 anni. Se va bene, tutti a dire che ricorda il padre. Se qualcosa non va (e ci sta per un ragazzino agli inizi che deve imparare tutto), ecco i commenti negativi. Dimenticando che parliamo di un corridore ancora acerbo.

Ivan Basso con un giovanissimo Santiago. Ora sono alti pressoché uguali…
Ivan Basso con un giovanissimo Santiago. Ora sono alti pressoché uguali…
Tu che lo vedi, che cosa ne pensi?

Secondo me deve mettere su ancora il fisico prima che si possa capire davvero di che corridore potrebbe essere. Rispetto ai suoi coetanei è indietro da questo punto di vista. Io dico sempre che si deve ancora corazzare, da tutti i punti di vista. Ci vorranno almeno un paio d’anni, poi potremo capire che corridore è.

Ma tecnicamente ti sarai fatto un’idea…

Per ora è molto forte in salita, forse anche più del padre alla sua età, ma come detto è difficile valutarlo con un fisico in pieno sviluppo. Anche gli allenamenti devono essere calibrati, proprio perché è in una fase naturale in pieno divenire. Non sembra molto veloce, ma ricordo Petacchi alla sua età: andava forte in salita e non era tanto veloce, guardate poi che cosa è successo… Dal punto di vista tecnico però un parere più chiaro può darlo il diesse Marco Della Vedova, perché lo segue ogni settimana, è lui che lo ha per le mani…

Parola a Della Vedova

E allora passiamo da Della Vedova per capirne qualcosa di più dopo che ha colto il suo primo vero risultato: «Non è da tanto che Santiago corre – spiega il piemontese – essendo un primo anno abbiamo cercato di preservarlo e dosare gli impegni. Anche lui sa ad esempio che non ha ancora la cilindrata per affrontare i migliori della categoria, quindi bisogna anche trovare le gare giuste, dove può competere ad armi pari».

Come carattere che tipo è?

Ci crede molto e si impegna, si vede che ha voglia pur senza essere un “invasato”, senza quegli eccessi che hanno tanti suoi coetanei. E’ uno che accetta i sacrifici che il ciclismo impone, si arrabbia se la corsa non è andata come voleva e se ha sbagliato qualcosa.

Tu che vivi accanto a lui nella sua carriera, gli pesa il cognome?

Tanto, perché nel bene e nel male tutti fanno il paragone. Con un risultato come il suo nessuno si sarebbe interessato, anche questa intervista non avrebbe avuto ragion d’essere. Ha paura di dover dimostrare, ma questo peso di cui parlavamo viene dall’esterno, certamente non in casa.

Il team Bustese Olonia che da sempre ha Basso nelle sue file, Della Vedova è il primo a destra
Il team Bustese Olonia che da sempre ha Basso nelle sue file, Della Vedova è il primo a destra
Ivan quindi lo lascia fare…

Qualche volta si limita ad accompagnarlo, ma si tiene molto all’esterno e si affida in tutto e per tutto a quelle che sono le nostre direttive, non è certo uno di quei padri che vengono sempre lì a chiedere, a dire, a mettere in discussione l’operato dei responsabili.

Quanti giorni di corsa ha fatto?

Finora siamo intorno ai 25, quello di Clusone è il risultato più importante. Piacerebbe buttarlo maggiormente nella mischia, ma bisogna essere cauti. Anche lui ci chiede di correre di più, di avere maggiori chance per andare a caccia del risultato. Con i figli d’arte è un lavoro delicato…

Turconi impara, vince e si diverte in casa Bustese Olonia

19.05.2023
5 min
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Filippo Turconi è uno dei volti giovani di un ciclismo italiano che cresce e matura sulle nostre strade. Il corridore lombardo, 18 anni ancora da compiere, in forza alla Bustese Olonia, ha raccolto nell’ultimo periodo degli ottimi risultati. Tre successi stagionali, tutti di peso: GP Città di Cantù e Gp Liberazione di Massa, entrambi ad aprile. Nel mese di maggio, invece, è arrivata la Piccola Tre Valli Varesine. 

Filippo Turconi corre nella Bustese Olonia da quando era esordiente primo anno
Filippo Turconi corre nella Bustese Olonia da quando era esordiente primo anno

Percorsi duri

Turconi risponde al telefono mentre sta studiando italiano, alla fine della scuola manca sempre meno. In più, come ci racconta, tra qualche giorno inizierà l’alternanza scuola-lavoro e il tempo a disposizione per le ultime interrogazioni sarà ancora meno. Filippo è al quarto anno di Ambiente, Costruzione e Territorio (ex geometri).

«Alla fine della scuola – racconta – manca una settimana praticamente. Dovremmo finire l’8 giugno, ma le ultime tre settimane sarò a fare il progetto di alternanza scuola-lavoro. Le prime due settimane le farò in un ufficio a Gallarate, mentre l’ultima in una scuola edile a Varese. Tra tutte le materie, le mie preferite sono quelle di indirizzo: mi piacciono progettazione e topografia. Nell’ultima andiamo spesso a fare dei rilevamenti in un parco vicino alla scuola, è molto interessante. Se non dovesse andare bene con il ciclismo, mi piacerebbe lavorare in questo campo».

La seconda vittoria stagionale è stata al GP Liberazione di Massa
La seconda vittoria stagionale è arrivata al GP Liberazione di Massa

Tre successi

Il ciclismo invece per il momento va bene e non poco. Il corridore della Bustese Olonia vince e impara, ma senza stress. Vive la bici ancora come una passione e non come qualcosa di più, anche se intorno a lui si è già acceso l’interesse di alcune squadre professionistiche. L’amore verso le due ruote nelle sue parole è evidente…

«La stagione è iniziata bene – dice con voce allegra – nei primi mesi ho ottenuto dei buoni piazzamenti che mi hanno dato fiducia. La prima vittoria è stata quella di Cantù, vicino all’arrivo c’era uno strappo ed ho giocato d’anticipo. Al GP Liberazione di Massa ci tenevo a far bene, la gara mi era piaciuta anche lo scorso anno. Il percorso è uno dei miei preferiti: duro e selettivo. Nel finale siamo arrivati in un gruppetto di tre, nel quale c’eravamo io ed un mio compagno di squadra. Ho attaccato ed abbiamo fatto il buco, così sono riuscito a vincere. L’ultimo successo è quello della Piccola Tre Valli Varesine, gara importante perché è quella di casa, correvo per vincere. Sulla salita finale mi sono buttato sui fuggitivi e li ho raggiunti, a 300 metri dall’arrivo ho lanciato la volata ed ho anticipato il gruppo di un soffio».

La Bustese Olonia

Turconi è cresciuto nella Bustese Olonia, sia ciclisticamente che umanamente, una certezza per lui. I rapporti umani valgono tanto, soprattutto quando si deve crescere e maturare, in bici come nella vita. 

«Sono alla Bustese Olonia da quando corro negli esordienti – spiega Turconi – mi trovo benissimo. E’ la squadra della mia città, da quando sono qui non sono mai andato via e non mi è passato nemmeno per la mente. Le persone che ci seguono, come Della Vedova, lo fanno con passione. Il rapporto con lui è bellissimo, ci sentiamo spesso, anche al di fuori dell’ambito ciclistico. Quello che c’è alla Bustese è un modo davvero bello di vivere il ciclismo, spesso capita che dopo la gara ci troviamo a mangiare una torta tutti insieme. Anche le trasferte hanno un sapore diverso, quando dormiamo fuori capita di stare tutto il tempo nella camera di qualcuno a parlare per ore. E’ anche il vantaggio di avere compagni che conosco da tantissimo tempo, alcuni di loro li ho accanto da quando ero G4».

«Il giorno che ci alleniamo insieme – continua – è il mercoledì, tra i vari impegni scolastici è quello più comodo per tutti. Ci troviamo ad una ventina di chilometri da casa mia e facciamo distanza, solitamente ci segue anche l’ammiraglia». 

Prima di vincere, il lombardo ha ottenuto tanti piazzamenti, tra cui un secondo posto a San Vendemiano
Prima di vincere, il lombardo ha ottenuto tanti piazzamenti, tra cui un secondo posto a San Vendemiano

Nazionale e tempo libero

Il classe 2005 ha già avuto modo di indossare i colori azzurri, assaporando l’emozione di vestire la maglia della propria Nazione. 

«Ho gareggiato alla Corsa della Pace – dice – una decina di giorni fa. Erano cinque tappe e a me le gare di più giorni piacciono, peccato che in Italia non ce ne siano molte però. Correre all’estero ti mette alla prova, ti confronti con ragazzi davvero forti dei quali hai già sentito parlare. In queste corse si parte forte fin da subito, i corridori non hanno paura di attaccare e si vede che alcuni di loro sono abituati a fare sforzi prolungati e ravvicinati. Cosa che puoi imparare a fare solo nelle gare a tappe. Vestire la maglia della nazionale è una cosa bellissima, è diverso dalle gare normali. Guardarsi allo specchio con la divisa azzurra fa strano, di solito indossi quella della società di appartenenza, è una bella soddisfazione».

Filippo ha ancora 17 anni, la maggiore età arriverà ad ottobre, il lombardo si gode ancora la gioventù. E come ogni coetaneo cerca di fare nel tempo libero ciò che lo appassiona. 

«Devo ammettere – replica – che durante la stagione non ho molto tempo libero. Tra scuola, allenamenti e gare, fatico a trovare dei momenti in cui non ho nulla fare. Però d’estate, con lo studio alle spalle, mi piace godermi la bici per quello che è. Spesso faccio dei giri con la mountain bike, vado a salutare i nonni oppure pedalo con mio fratello o mio cugino. Entrambi hanno un paio d’anni in meno di me. Mio fratello va anche lui in bici, sempre alla Bustese Olonia: è la squadra di famiglia (conclude con una risata, ndr)».

Piccolo team, grandi risultati. Della Vedova fa il bilancio

07.10.2022
5 min
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Uno degli elementi emersi dalla stagione degli junior che si va a concludere è stata la difficoltà per molti team nel trovare spazio in un movimento dove ci sono colossi come la Borgo Molino, che fanno un po’ da riferimento come Jumbo Visma e Quick Step Alpha Vynil possono esserlo nel WorldTour. Un dato che non è detto sia negativo: la concorrenza aggiunge sapore alle vittorie quando queste arrivano e permette a ragazzi in piena formazione da ogni punto di vista di crescere. Marco Della Vedova, responsabile della Bustese Olonia, lo sa bene.

L’ultimo weekend è stato decisamente positivo, prima con la piazza d’onore nel campionato italiano di cronosquadre per soli 2” dietro la Borgo Molino (i due Bessega, Turconi e Cattani insieme al diesse nella foto di apertura), poi con il trionfo di Tommaso Bessega nel Giro delle 3 Province a Sirmione. Un fine settimana che accresce la soddisfazione per una stagione sempre in prima linea: «Non possiamo che essere soddisfatti – sentenzia Della Vedova – Il nostro è un team che lavora con mezzi limitati, ma portiamo avanti il nostro programma con ottimi riscontri, lavorando con una decina di junior».

Il trionfo solitario di Tommaso Bessega al Giro delle 3 Province (foto Photobicicailotto)
Il trionfo solitario di Tommaso Bessega al Giro delle 3 Province (foto Photobicicailotto)
La squadra ha sempre avuto un livello costante e soprattutto ha fatto in modo che ognuno dei ragazzi potesse emergere…

E’ una nostra precipua caratteristica, per loro questo è un periodo di passaggio e apprendimento. Noi per scelta lavoriamo un po’ all’antica, non abbiamo nutrizionista, massaggiatore, rinunciamo a molti elementi oggi ritenuti fondamentali proprio perché vogliamo che i ragazzi vivano il ciclismo di base, poi avranno tempo per crescere anche da quel punto di vista. Non esasperiamo la preparazione, non cerchiamo picchi particolari di forma nel corso dell’anno. Abbiamo Marco Giannelli che ci aiuta nella preparazione puntando sulla regolarità che per gli junior è la cosa principale.

Ti è dispiaciuto non avere tuoi atleti ai mondiali?

Non posso negarlo. Certe convocazioni nel corso dell’anno hanno lasciato un po’ interdetti, anche se abbiamo avuto 4 ragazzi in nazionale nelle prove di Nations Cup. Su 10 atleti del team, in 6 hanno vinto almeno una volta. Per noi è tanto, rispecchia la filosofia di base del team e forse questo penalizza perché non c’è la punta che spicca. Nessuno dei nostri parte in una gara per fare il gregario, poi è la corsa a dire chi quel giorno punta al risultato e chi deve aiutarlo.

Della Vedova con i suoi ragazzi. Nel 2023 4 passeranno di categoria: i Bessega, Giancristofaro e Bernasconi
Della Vedova con i suoi ragazzi. Nel 2023 4 passeranno di categoria: i Bessega, Giancristofaro e Bernasconi
Siete collegati a qualche squadra professionistica?

C’è un legame con la Eolo Kometa nato più che altro per la vicinanza geografica. Andriotto e Basso, che tra l’altro ha suo figlio da noi, vedono spesso i ragazzi e da loro c’è una corsia preferenziale per farli salire di categoria, ma sempre in base al loro giudizio.

Veniamo allora all’analisi della stagione dei singoli partendo proprio da chi ha appena vinto, Tommaso Bessega che ha in squadra anche il suo gemello Gabriele.

Volete sapere una cosa? Faccio davvero fatica a riconoscerli… Al campionato italiano un giudice era talmente disperato che ha fatto scrivere una lettera sul braccio di uno per distinguerli. Io dico che hanno entrambi un motore esagerato, ma peccano ancora un po’ di testa, non sono coinvolti al 100 per cento e in questo devono ancora crescere. Ma i mezzi ce l’hanno: domenica Tommaso si è fatto 100 chilometri di fuga chiudendo con 1’20” di vantaggio, cose del genere non le fai se non hai qualcosa dentro.

E il fratello?

Per certi versi è più sul pezzo, infatti ha raccolto più punti nel ranking e un numero maggiore di piazzamenti. Sono entrambi molto validi, il prossimo anno approderanno alla Eolo Kometa e credo che cresceranno molto di più.

Il gruppo degli junior è di una decina di unità, tutti sempre protagonisti da inizio a fine stagione
Il gruppo degli junior è di una decina di unità, tutti sempre protagonisti da inizio a fine stagione
Un altro che si è messo in luce è Filippo Turconi…

E’ molto costante, lavora bene in allenamento, a differenza dei fratelli è fortemente concentrato sulla sua attività. La particolarità è che si allena senza misuratore di potenza, va molto a sensazione come si faceva ai miei tempi. E’ uno scalatore forte che ha ampi margini di miglioramento.

A tal proposito, si parla spesso dei giovanissimi come corridori che sanno fare un po’ tutto senza però avere picchi in qualche specialità. E’ anche il caso dei tuoi?

No, noi cerchiamo di costruire specialisti perché sono quelli che le squadre professionistiche vanno a cercare e quindi i ragazzi hanno più possibilità per affermarsi. Turconi è uno scalatore puro, con i suoi 63 chili di peso e Riccardo Archetti è un altro. Noi vogliamo che crescano puntando su quelle specifiche caratteristiche, considerando sempre che comunque devi partire da quel che madre natura ti ha dato.

Giovanni Bisoni, primo al Trofeo Cassa Rurale di Cantù, è uno dei 6 ragazzi vittoriosi nel 2022
Giovanni Bisoni, primo al Trofeo Cassa Rurale di Cantù, è uno dei 6 ragazzi vittoriosi nel 2022
Tenendo anche presente che si tratta di ragazzi in piena fase evolutiva, anche fisicamente…

E questo cambia anche le prospettive. Ganna ad esempio che io ho avuto come corridore a quell’età faceva tempi strepitosi in salita, ma poi ha messo altra muscolatura, è chiaro che diventa più difficile emergere. Il peso è un valore importante: se a quest’età sei già a 65-68 chili poi farai fatica. Io ho avuto un inglese che era uno scricciolo di 52 chili, leggerissimo e in salita volava.

Com’è lavorare con ragazzi di quest’età?

Bellissimo e impegnativo. I ragazzi di oggi hanno tante distrazioni, se fisicamente hanno i mezzi, non sempre la testa li supporta. Io spesso mi arrabbio, li richiamo, spiego loro che se vogliono andare avanti sono loro i primi che devono crederci e lavorarci sopra. Mi arrabbio perché so quanto valgono, so che sono tra i migliori.

Con Della Vedova, ragionando di juniores e deviazioni

29.09.2021
6 min
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«Qualche anno fa – dice Marco Della Vedova dalla Sicilia – anche un’intervista come questa non ci sarebbe stata. Quando ho cominciato a fare il tecnico non c’erano ancora i social ed era tutto più semplice. Ogni volta che oggi vedo i genitori di qualche esordiente fare post e stories parlando del proprio campione, mi metto le mani sulla testa. Il ciclismo giovanile sta cambiando parecchio e velocemente».

Marco Della Vedova (in apertura nella foto scattata da Carlotta Ganna), oggi ispettore di percorso di Rcs Sport e direttore sportivo della Bustese Olonia, risponde da Selinunte dopo la tappa di ieri vinta da Molano. Nel viaggio fra gli juniores, la sua voce non poteva mancare. E’ il colpo d’occhio di un direttore sportivo che è stato professionista per sette anni, che in seguito ha portato fra gli under 23 corridori come Felline, Sobrero e Ganna e che oggi, pur guidando gli juniores, vive a strettissimo contatto con i professionisti.

AI mondiali di Leuven, Oioli settimo al traguardo
AI mondiali di Leuven, Oioli settimo al traguardo
Sta cambiando velocemente.

I social hanno un peso decisivo, per quello che mettono in movimento. Ci sono ragazzi che pensano già di essere campioni e non ne hanno le basi. Ugualmente hanno dietro i procuratori, chi gli fa le foto e i video. Ne ho visti tanti che si sono prima illusi e poi si sono smarriti. Puoi credere di essere arrivato, ma non sei neanche all’inizio. Due giorni fa leggevo sulla Gazzetta quel pezzo di Ullrich paragonato a Pantani. Con i soldi vale lo stesso discorso. Se non hai le basi non sai gestirli e arrivano i problemi seri.

Da cosa si capisce che il sistema è andato avanti?

Dalle squadre che si fanno sotto con offerte per corridori giovanissimi e famiglie che magari non sanno e le assecondano. Si stanno facendo dei disastri. Mentre questa è l’età in cui dovresti passargli dei valori diversi.

Di quali valori parliamo?

Oioli è tornato dai mondiali di venerdì e la domenica c’era la corsa del Ghisallo, che per gli juniores è importante. Ci siamo sentiti e non sapeva se doveva andarci. Gli ho chiesto se avrebbe preferito riposare e ha risposto di sì, che era un po’ stanco. Così gli ho detto che poteva non correre. Lo ha fatto, ma siccome aveva voglia di stare con i compagni e di divertirsi con loro, l’ha seguita sull’ammiraglia. Se con Ganna al sabato si faceva una cronometro, la domenica stavamo a casa. Alla Lvf era diverso. La Bustese Olonia invece è una società storica, un circolo. Ci sono i pensionati che si informano del risultato e magari aprono il portafogli e versano 100 euro per la squadra. Ma ce ne sono alcune che fanno solo gli juniores, hanno un budget e lo spendono facendo offerte ai corridori.

Che accettano sempre?

Noi siamo fortunati perché Oioli non ha abboccato. Ma ci sono famiglie cui quei 200 euro in più dati al figlio fanno comodo e firmano.

Ganna e Sobrero nel 2015 al primo anno da U23 dopo un cammino ragionato fra gli juniores (foto Instagram)
Ganna e Sobrero nel 2015 al primo anno da U23 dopo un cammino ragionato fra gli juniores (foto Instagram)
Parlavi dei procuratori.

Che ci sono, è un dato di fatto. Una volta ho provato a chiedergli in cambio dei materiali, per un certo… Filippo Ganna. Ci servivano scarpe numero 46 e anche il casco, perché di testa ha la 61. E poi anche la bici. Uno promise mari e monti e poi non lo abbiamo più visto, mentre adesso per vestire Filippo le aziende fanno la coda.

Cosa può fare la Federazione?

Credo che in primis si debba ragionare sulle categorie ancora inferiori. E poi la Fci si deve chiedere che cosa vuole dagli juniores. Se le medaglie o che facciano esperienza. Il sistema non lo cambi più, però magari puoi trovare il modo di starci dentro.

Torniamo ai social?

Guardano cosa fanno i pro’ e li imitano. Per questo mi dà fastidio quando questo o quel campione pubblica che è al pub a bere o a fare baldoria. Come glielo spieghi a dei ragazzini che quando si corre, si corre e basta? Vanno forte e non sono come noi, che non avevamo tutti questi mezzi. Noi avevamo al massimo il papà del Mori che era stato professionista e ci consigliava di andare più agili. Ora invece hanno accesso a un mondo di informazioni su cui devi aggiornarti, altrimenti perdi credibilità. Io invece a questo livello sarei più per un sistema artigianale

Vale a dire?

Se vedo uno un po’ grassotto, non mi serve fargli la plicometria. Quest’anno non l’abbiamo fatta a nessuno. Non abbiamo il massaggiatore a casa, per me possono farne uno a settimana, oppure uno ogni due, mentre so di squadre che ce l’hanno fisso. E magari hanno anche il nutrizionista.

Marco Della Vedova con Gabriele Bessega e Tommaso Bessega, i gemelli della Bustese Olonia di cui abbiamo scritto ieri
Marco Della Vedova con Gabriele Bessega e Tommaso Bessega, i gemelli della Bustese Olonia di cui abbiamo scritto ieri
Argomenti che funzionano?

Trovi il ragazzo flippato, con il padre flippato e cambia squadra. Come glielo fai capire che a 17 anni non serve? E’ difficile invertire la rotta, si dovrebbe ragionare a livello mondiale, dove però i francesi vanno in corsa con l’11. L’unica soluzione è calibrare le cose e avere la fortuna di trovare un ragazzo come Oioli che in questa fase vuole soprattutto divertirsi. Secondo me fino ai 17 anni dovrebbero davvero provare tutti gli sport. Uno come Evenepoel che giocava a calcio e faceva la mezza maratona con ottimi tempi, è per forza un grande atleta. Invece da noi si sceglie uno sport e c’è solo quello.

La logistica in Italia non aiuta…

Vero, dalle nostre parti il territorio ci aiuta, se pensate alla Longo Borghini, alla Barale, a Ganna. Non abbiamo la pista, ma si riesce a lavorare bene lo stesso. Non abbiamo tante discoteche. Uno come Sobrero che abita in vigna, come distrazione aveva la bici. Tutto per dire che bisogna avere una visione a lungo termine.

Parole sacrosante.

La corsa del Ghisallo che ora ti sembra quella della vita, fra dieci anni magari neanche la ricordi più. Sono i discorsi che cerco di fare perché ho visto quello che c’è dopo. Altri che non sono mai usciti da questa categoria magari passano altri messaggi. Piuttosto ho letto che alcuni miei colleghi si sono schierati contro De Candido…

La collaborazione di Marco Della Vedova con Ganna non si è mai interrotta. Qui negli anni da U23 alla Colpack
La collaborazione di Marco Della Vedova con Ganna non si è mai interrotta. Qui negli anni da U23 alla Colpack
Vuoi aggiungere qualcosa?

De Candido ha sempre fatto così, dando i nomi alla fine e pretendendo sempre delle conferme. Un anno volle che portassi Ganna a fare una crono, altrimenti non lo avrebbe convocato. Certo, Bessega ha saputo all’ultimo che avrebbe fatto il mondiale. Poteva prepararsi meglio? Forse, ma ho chiesto a Villa di fargli fare la corsa a tutta e vedere quale fosse il suo limite. Per un primo anno va bene così. Cerchiamo insomma di tenere d’occhio le proporzioni, questo vorrei dire…

Andiamo a scoprire i gemelli Bessega, gli Yates d’Italia

28.09.2021
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Se corri in bici e frequenti l’indirizzo sportivo del Liceo Scientifico “Marco Pantani” può darsi che il ciclismo sia davvero nel tuo destino. Aspettando però che solo il tempo lo dica, la storia che vi racconteremo va raddoppiata e in modo parallelo, perché i protagonisti sono due fratelli gemelli. I gemelli Bessega.

Debutto da esordienti

Gabriele e Tommaso Bessega – nati il 18 febbraio 2004 – sono juniores al primo anno nella Bustese Olonia e studiano a Busto Arsizio presso l’istituto superiore paritario intitolato ad Olga Fiorini (fondatrice della scuola stessa) e all’indimenticato campione di Cesenatico. Curiosamente – e neanche tanto – lo stesso liceo il prossimo 5 ottobre sarà sponsor e coinvolto direttamente nell’organizzazione della Tre Valli Varesine Women, neonata gara del calendario femminile ed allestita, al pari della corsa maschile, dalla S.C. Binda.

I gemelli varesini, rispetto a tanti loro colleghi, hanno iniziato relativamente tardi a correre (da esordienti primo anno), ma crescendo sono riusciti a togliersi diverse soddisfazioni, anche in questa stagione da debuttanti tra gli junior dove la concorrenza è tutt’altro che bassa.

Parla papà Roberto

Gabriele ha conquistato una vittoria (a Calvagese lo scorso 29 agosto) e quattro piazzamenti nei dieci. Tommaso invece ha ottenuto due successi (il primo maggio nel cuneese e il 17 luglio a Motta di Livenza in una cronometro), il secondo posto al campionato italiano (il 26 giugno a Romanengo dietro a Bonetto) e altri tre piazzamenti nelle top ten. E recentemente ha vissuto un’altra giornata importante avendo disputato il 21 settembre la prova contro il tempo iridata (chiusa al 24ª posto).

Per i Bessega, che devono completare il processo di formazione ciclistica, c’è già un piccolo traguardo che potrebbe diventare un punto di partenza per la loro carriera sotto la supervisione di quattro ex pro’. Sei mesi fa infatti la Eolo-Kometa, che ha anche un team under 23, ha firmato un accordo di filiera proprio con la Bustese Olonia (guidata dal diesse Marco Della Vedova, i tre sono insieme nella foto di apertura) grazie ad un programma di scouting curato da Dario Andriotto, uno dei tecnici della squadra di Alberto Contador e Ivan Basso.

Non sono poi molti i casi di gemelli nel ciclismo. I primi italiani che ricordiamo sono i biker Luca e Daniele Braidot, mentre all’estero accanto ai più famosi Simon e Adam Yates si stanno facendo strada i portoghesi Oliveira, gli olandesi Van Dijke e i norvegesi Johannesen. Per conoscere meglio i due gemelli ciclisti, abbiamo chiesto a papà Roberto di descriverceli.

Come sono arrivati al ciclismo?

Io sono appassionato, ma non li ho mai forzati, tant’è che giocavano a calcio. Inizialmente da giovanissimi con gli amici all’oratorio, poi sono stati tesserati in una squadra locale fino ai pulcini. Forse non faceva per loro, così hanno smesso. Ma visto che sia noi genitori sia loro due volevamo che restassero in attività, hanno fatto anche un anno di atletica, nel quale hanno vinto alcune campestri. Si sono sempre divertiti, però ad un certo punto hanno voluto provare anche la bicicletta. Ed ora eccoli qua.

Senza sport non sapevano stare insomma e ne hanno provati diversi. Dicono sia un bene.

Secondo me sì. Per il benessere fisico e mentale. Perché crea aggregazione. Perché quando sono bambini è giusto che si divertano facendo lo sport che gli piace di più. E senza pressioni.

Appunto, voi che tipo di genitori siete da questo punto di vista?

Assolutamente discreti, quasi invisibili. Io ho sbagliato quando giocavano a calcio, perché gli ero stato un po’ addosso. Ho capito la lezione e col ciclismo non ho fatto pressioni. Anche perché bisogna starne fuori per l’equilibrio di tutti. Naturalmente siamo genitori presenti, ma in certe cose ci siamo solo quando c’è bisogno e ce lo chiedono i ragazzi. Rispettiamo molto i loro tempi.

E con i loro tecnici come va?

Uguale, non facciamo interferenze. Ovviamente il rapporto è buono, ci conosciamo ormai da tempo (i gemelli correvano già nella Bustese Olonia da allievi, ndr) e ci fidiamo dei loro insegnamenti. 

Tommaso ha partecipato ai mondiali crono di Bruges, chiudendo in 24ª posizione
Tommaso ha partecipato ai mondiali crono di Bruges, chiudendo in 24ª posizione
Che tipo di corridori sono? Partiamo da Tommaso.

E’ un ragazzo caratterialmente tranquillo, non si lamenta praticamente mai. I risultati dicono che va bene a crono. Gli piace molto la pista. Diciamo che è un passista veloce che soffre ancora un po’ la salita, anche se però ha iniziato a difendersi meglio.

Gabriele invece?

In bici ha le stesse caratteristiche di Tommaso. Ma rispetto a lui ha un carattere decisamente più impulsivo. Questa forse al momento è l’unica differenza. D’altronde è ancora presto per capire che corridori siano o diventeranno.

Si confrontano fra loro?

Sono in eterna competizione come normale che sia tra due gemelli, ma si parlano e si consigliano spesso quando sono in bici e dopo le gare.

Immaginiamo sia stato un piacere la convocazione in nazionale di Tommaso e sapere della collaborazione tra Bustese ed Eolo. 

Eravamo tutti molto contenti. Siamo andati in Belgio per la crono mondiale con tutta la famiglia, è stata una bella occasione per fare un viaggio assieme. E siamo anche felici di questo accordo e del loro interessamento, è una soddisfazione anche per noi genitori. Però restiamo molto con i piedi per terra. I ragazzi devono dimostrare ancora tanto e come dicevo prima è ancora presto per capire cosa diventeranno.

Mastro Della Vedova, profeta del ciclismo piemontese

08.07.2021
6 min
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E’ il momento d’oro del ciclismo piemontese. Negli ultimi mesi sono fioccati i sigilli dei talenti di questa regione, in cui brilla la stella di Filippo Ganna, trascinatore del movimento insieme a Elisa Longo Borghini tra le donne. Alle spalle dei due assi che macinano successi già da qualche stagione, sono arrivate le zampate di Matteo Sobrero, al primo titolo tricolore assoluto nella cronometro di Faenza e quelle di Francesca Barale, figlia di Florido, capace di indossare la seconda maglia di campionessa italiana nel giro di sette mesi tra le junior. Dopo la prova su strada della scorsa annata, ecco quella nella gara contro le lancette a fine giugno.

Per farci raccontare qualche retroscena, abbiamo chiesto a chi di talenti piemontesi se ne intende come Marco Della Vedova, ex pro’ salito in ammiraglia. E’ stato lui a plasmare alcuni dei campioni sopracitati. L’abbiamo raggiunto mentre è al lavoro con Rcs Sport per studiare il percorso di due classiche d’autunno come la Milano-Torino e il Giro del Piemonte.

Marco, che ne pensi di questi campioni tuoi conterranei che hai visto crescere sin da ragazzini?

Sono felicissimo perché davvero li ho seguiti da vicino nella loro crescita, a parte Elisa Longo Borghini, con cui avevo fatto soltanto qualche test quando era esordiente. Anche lei comunque, l’ho vista sfrecciare tante volte sin da piccolina davanti a casa mia, perché siamo originari di due paesi vicini: io sono di Mergozzo e lei di Ornavasso, per cui ci divide soltanto il fiume Toce.

C’è un risultato che ti sta a cuore nello specifico?

Quello di Sobrero, perché è uno dei pochi corridori per cui penso di averci messo un po’ del mio. I vari Felline, Alafaci, Ganna e Piccolo sono tutti corridori che avevano già un certo pedigree, per cui era più facile farli andar piano che forte. Sobrero, invece, arrivava senza grandi exploit tra gli allievi, per cui l’abbiamo preso quasi per scommessa attraverso un mio amico sponsor, Donini, un po’ anche perché il papà faceva il vino. 

Un Ganna in erba, nel 2014, prima del passaggio fra gli under 23 (foto Scanferla)
Un Ganna in erba, nel 2014, prima del passaggio fra gli under 23 (foto Scanferla)
E poi?

E’ cresciuto e gli ho messo subito in testa la crono perché ho visto che andava forte in salita. Durante il primo anno da junior, nella Crono Sbirro, a Biella, aveva fatto una prova strepitosa, arrivando a 20” da Ganna, che non era in super forma in quel momento. Però è stata una gara che ci ha dato fiducia per proseguire su questa strada. Anche perché prima di partire non andava bene la bici da crono e così gliene ho data una che avevo di riserva e che in passato aveva utilizzato Felline. 

Come avete costruito questa maglia tricolore?

Matteo è cresciuto avendo davanti Ganna e Affini, per cui essendo un corridore di 60 chili da junior faceva un po’ fatica, però ci ha sempre creduto. Tant’è vero che il secondo anno ha vinto il Giro del Veneto proprio con una cronometro.

Ci sono margini per vederlo crescere ancora?

La cronometro non è la sua specialità al 100 per cento, però se il percorso è mosso come quella degli italiani, gli si addice. Poi lui è molto bravo a guidare la bici, davvero un funambolo: si butta dentro e sa quello che fa. E’ ovvio che Ganna, essendo un metro e 90, fa più fatica, anche se pure lui è migliorato parecchio nel controllo del mezzo.

Da junior Sobrero, piemontese di Alba, aveva già un’ottima predisposizione per le crono: qui nel 2014 (foto Scanferla)
Da junior Sobrero, piemontese di Alba, aveva già un’ottima predisposizione per le crono: qui nel 2014 (foto Scanferla)
Filippo lo segui ancora da vicino?

Adesso ci vediamo un po’ meno, anche perché lui è di base in Svizzera e al giorno d’oggi i corridori passano davvero pochissimo tempo a casa. Però quando è qui, ci incrociamo e due parole le scambiamo sempre. Siamo in contatto, non quotidianamente come quando era uno junior, ma il rapporto tra di noi è sempre ottimo.

Come lo vedi in ottica olimpica?

Sono convinto che abbia delle ottime possibilità, sia nella crono sia nell’inseguimento. In pista ha dei compagni non proprio alla sua altezza, ma penso che sarebbe difficile trovarli su scala mondiale visto il livello che ha raggiunto. Però basta che gli diano quei quattro cambi giusti e possono portare a casa tutti insieme qualcosa di eccezionale. So che il ct Marco Villa li sta motivando al massimo e che i ragazzi ci credono, per cui si può ambire a molto.

E su strada?

Non bisogna lasciarsi influenzare dal risultato di Faenza: quando prende una sberla, Filippo ne dà una più forte. L’ha sempre fatto anche da junior e lo si è visto anche quest’anno al Giro d’Italia che, dopo aver preso due scoppole nelle gare di preparazione, ne ha rifiliate due agli altri quando più contava nella Corsa Rosa. La sconfitta al campionato italiano sarà uno stimolo per l’Olimpiade. Ovviamente non è il percorso cucito su di lui, però se la giocherà. Se fosse stato un tracciato tutto piatto, sarebbe stato iper favorito, ma Pippo al 100 per cento è una “carogna” e in salita va come un treno: già da junior volava.

Prima del campionato italiano di Faenza, la piemontese Francesca Barale ha vinto la Euganissima Flandres (foto Scanferla)
Prima del campionato italiano di Faenza, la piemontese Francesca Barale ha vinto la Euganissima Flandres (foto Scanferla)
Dove può migliorare ancora?

Il prossimo step, dopo le Olimpiadi, per me è di puntare alla Milano-Sanremo e alle classiche del Belgio per crescere ancora. E’ nella squadra giusta e ha davanti 5 o 6 anni in cui può fare classiche o anche brevi corse a tappe non troppo dure, magari lasciando un po’ da parte il lavoro a crono per qualche tempo.

Anche tra le donne si parla tanto piemontese…

Non conosco tanto bene Elisa Balsamo, che speriamo ci faccia sognare a Tokyo. Mentre, grazie anche al papà che sento ogni giorno, seguo da vicino Francesca Barale. E’ una diciottenne molto seria, che è cresciuta un passo alla volta, ma soprattutto che ha una passione incredibile. Quando hai questa voglia di far fatica e di arrivare in alto, puoi davvero fare grandi cose e io ci scommetterei al buio su di lei. Ai miei ragazzi dico sempre: se date 100 alla bici, ricevete 100. La “Baralina” è così e ha un futuro radioso davanti perché va forte su tutti i terreni, diciamo che il Dna aiuta visti il papà e il nonno che correvano. Potrebbe raccogliere il testimone di Elisa Longo Borghini, intanto però godiamoci questo momento d’oro per il ciclismo piemontese e per il Verbano Cusio Ossola.