Pedersen tris a Matera, ma Zambanini lo ha fatto tremare

14.05.2025
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Cosa c’è in quell’urlo che lo scuote fino a farlo tremare? Quando Edoardo Zambanini taglia il traguardo di Matera e si accorge di non avercela fatta a passare Pedersen, sente come un terremoto dentro. Gli altri soffiano via quel refolo di vita che gli è rimasto, lui ruggisce contro il vento. C’è il rammarico per essere stato toccato al momento di partire. C’è che se avesse potuto sprintare al centro e non sulle transenne, magari si sarebbe lanciato meglio. E c’è la vittoria che ogni volta sembra vicina e invece all’ultimo istante di nuovo si allontana. Era già arrivato quinto a Valona, in una tappa tutto sommato simile. Di quelle in cui i velocisti normali affondano e restano a galla solo quelli con il motore oversize. Come oggi, a ben vedere.

La Puglia ha accolto il Giro e ora lo vede partire. Ceglie Messapica è un abbraccio immenso. E alle 13,35 il gruppo se ne va
La Puglia ha accolto il Giro e ora lo vede partire. Ceglie Messapica è un abbraccio immenso. E alle 13,35 il gruppo se ne va

Un soffio da Pedersen

Matera è dura come le sue pietre e come ogni stradello che dal fondovalle si arrampica in alto. I velocisti se ne rendono conto salendo Montescaglioso e soltanto un Pedersen formato imperiale poteva resistere a certe strappate. Con le gambe e con il cervello, riuscendo a dosare il fuorigiri della salita per trovarne uno superiore in volata. Eppure Zambanini era lì e per un soffio non lo infilava.

«Oggi ho avuto bellissime sensazioni per tutto il giorno – dice il trentino quando il cuore ha smesso di fargli male – ma in generale questo è un periodo che sto molto bene! Abbiamo lavorato tanto anche con la squadra nei ritiri e piano piano si vedono i risultati. L’obiettivo era di non perdere tempo nella generale, così mi sono messo a disposizione della squadra durante la tappa».

Tre italiani in fuga verso Matera. Sono Davide Bais, Lorenzo Milesi e dietro c’è Giosuè Epis, in maglia Arkea, che si staccherà
Tre italiani in fuga verso Matera. Sono Davide Bais, Lorenzo Milesi e dietro c’è Giosuè Epis, in maglia Arkea, che si staccherà

Tiberi-Caruso, luci diverse

Su quello strappo più duro, giurano di aver visto Tiberi in leggero affanno. Antonio si è un po’ sfilato e probabilmente per un diesel come lui, il finale così esplosivo non era il massimo. Tanto che nella volata, il nono posto se l’è preso Caruso, mentre il capitano è rimasto a centro gruppo.

«Una volta finito il mio lavoro – dice ancora Zambanini – ho tenuto duro sullo strappo. Mi sono trovato un po’ indietro all’ultimo chilometro, proprio perché in precedenza avevo aiutato. Ma siccome stavo bene fisicamente, ho dato tutto fino all’arrivo. Forse sarebbero forse bastati 5-10 metri in più, perché ero davvero vicino. Sono davvero contento di queste sensazioni. Ringrazio il team per la fiducia che mi sta dando, stiamo crescendo insieme!».

Matera offre sempre un colpo d’occhio unico, l’Italia è il solito splendido affresco
Matera offre sempre un colpo d’occhio unico, l’Italia è il solito splendido affresco

Venti chilometri infernali

Questa volta Pedersen ha dovuto stringere i denti più che nei giorni scorsi. Se la tappa di Valona l’avevano scandita tutta loro della Lidl-Trek, questa volta le accelerazioni del UAE Team Emirates e poi quella di Roglic hanno costretto la maglia rosa e i suoi scudieri a correre di rimessa. Vacek lo ha preso per mano, aspettandolo quando Mads si è sfilato e poi lanciandolo in volata con il solito rapportone che ha piegato le gambe di tanti.

«Non ero affatto sicuro di aver vinto – dice la maglia rosa – gli ultimi 20 chilometri sono stati incredibilmente duri. Ho sofferto tantissimo. Dopo l’ultima salita ero un po’ indietro e ho dovuto spendere tante energie per rientrare sulla ruota di Vacek. Per fortuna ne avevo ancora abbastanza per lo sprint finale. Vincere con la maglia rosa è pazzesco. E’ molto più di quanto abbia mai sognato. Che Giro e che squadra ho attorno a me… Domani si va a Napoli, lì ho già vinto (nel 2023, battendo Milan oggi suo compagno, ndr), ma adesso penso a godermi questo successo».

Questa volta Pedersen ha lasciato un pezzetto di vita sul manubrio. Ha vinto, ma è piegato e allo stremo delle forze
Questa volta Pedersen ha lasciato un pezzetto di vita sul manubrio. Ha vinto, ma è piegato e allo stremo delle forze

Onore a Vacek

Dopo l’arrivo si è fermato sulla destra con la testa bassa e il sudore che impregnava la maglia. Ha preso da bere dal frigo del massaggiatore. C’è da scommettere che non abbia neppure guardato il computerino, pensando piuttosto a ritrovare il fiato. Quando è arrivato Ciccone, i due si sono abbracciati. Il copione si ripete, ma forse siamo agli ultimi atti e da venerdì a Tagliacozzo le parti si invertiranno. Sperando che il danese a un certo punto non scelga di andarsene a casa.

«Tre vittorie su cinque tappe – dice ancora Pedersen – è un traguardo incredibile. Volevamo partire forte per prendere la maglia rosa in Albania e accumulare successi oltre a punti utili per la ciclamino. Nel finale, quando Roglic ha accelerato, ho detto a Vacek di seguirlo. E’ in grande condizione e aveva diritto di giocarsi le sue carte nel caso mi fossi staccato. Ha dimostrato di essere forte e intelligente, perché ha abbassato il ritmo permettendomi di rientrare. Il suo lavoro è stato fondamentale e spero che possa avere una chance da qui a fine Giro. Quando mi hanno detto che sarei venuto al Giro, ho accettato, perché è la squadra che decide e la squadra che paga gli stipendi. Ma devo dire che sto davvero vivendo un momento eccezionale».

Lidl-Trek, arriva Sangalli: debutto in ammiraglia al Giro

14.05.2025
5 min
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In questi giorni Paolo Sangalli è a casa e morde il freno. Da lunedì sarà al Giro d’Italia, il suo primo Giro d’Italia, sull’ammiraglia della Lidl-Trek e a sentirlo parlarne si coglie l’emozione del debutto. Potrebbe sembrare singolare per un tecnico che ha guidato la nazionale per quattro Olimpiadi e quindici mondiali, ma il Giro è speciale e tutto nelle sue parole lo lascia trasparire.

«Quando mi hanno detto che avrei fatto il Giro – racconta – è stato emozionante, perché comunque per un italiano il Giro d’Italia è il Giro d’Italia. Se ci fosse stato in ballo il Tour, avrei scelto comunque il Giro. Poi è stato tutto un avvicinamento. Dopo la Tirreno, ho fatto il Catalunya, poi il Tour of the Alps e il Romandia. In queste gare trovi quelli che faranno la corsa rosa e cominci a vedere le dinamiche delle squadre, che non conoscevo perché arrivo da un ambiente diverso. E questo mi è stato davvero utile per capire, visto che c’è ancora tanto da imparare».

Paolo Sangalli, classe 1970, da quest’anno è uno dei diesse della Lidl-Trek
Paolo Sangalli, classe 1970, da quest’anno è uno dei diesse della Lidl-Trek

Fino agli ultimi mondiali, Paolo Sangalli è stato il cittì delle donne junior ed elite. E’ subentrato all’amico Dino Salvoldi, quando alla fine del 2021 il bergamasco fu spostato agli juniores, mentre alla fine dello scorso anno, si è trovato d’accordo con Luca Guercilena e ha accettato l’ammiraglia della Lidl-Trek. Tutti si aspettavano che lo avessero preso per guidare le donne, invece è stato assegnato alla squadra WorldTour, pur con qualche apparizione nel devo team e con le donne. E ora arriva il Giro d’Italia: se ci fosse la maglia bianca per i tecnici, Sangalli sarebbe pienamente in lotta.

Coma sta andando questo debutto?

Sono molto, molto contento. Sapevo dal di fuori com’era la squadra, ma posso confermare che non c’è nulla lasciato il caso. Ognuno ha un compito preciso e le cose vengono fatte in modo davvero ultra professionale, sono davvero contento.

In che modo cambia il rapporto con gli atleti?

Dal mio punto di vista, che siano uomini o donne, il rapporto è identico. Chiaramente fra uomini e donne ci sono delle sfumature diverse. In nazionale con le junior ero quasi il papà, mentre con le grandi c’era un altro rapporto. Con i professionisti è ancora un’altra cosa. Ho fatto anche la Roubaix con il devo team e si capisce che sono ancora dei ragazzi. In assoluto il bello in questa squadra è la percezione in tutte le situazioni, che si parli di donne, uomini o under 23, che siamo un solo gruppo.

I mondiali di Zurigo sono stati gli ultimi di Sangalli con le donne, mentre a fine 2024, Elisa Longo Borghini ha lasciato la Lidl-Trek
I mondiali di Zurigo sono stati gli ultimi di Sangalli con le donne, mentre a fine 2024, Elisa Longo Borghini ha lasciato la Lidl-Trek
Secondo te hai provato tante situazioni per prendere le misure e fare esperienza?

Secondo me per farmi entrare nella squadra, in modo da avere una visione complessiva. Tanti di questi direttori sportivi e tanti dello staff ci sono dal 2012, da quando è nata la squadra. Si respira un’atmosfera di squadra vera, consolidata. Quindi il fatto di farmi girare in ogni ambito probabilmente serve per farmi entrare in tutte le dinamiche. E vi assicuro che è una buona scelta, perché adesso ho chiaro come funziona tutto.

Serve anche per legare con i vari membri dello staff?

Certamente, anche se in certe situazioni, vedendo Archetti, Adobati e Cerea, mi sembra di essere ancora in nazionale.

Per il tuo passaggio è stato decisivo il buon rapporto con Luca Guercilena?

E’ stata una cosa nata negli anni. La conoscenza reciproca, anche la frequentazione col capo delle performance Josu Larrazabal. E’ stato un insieme di cose, non è che ci siamo trovati un giorno e l’abbiamo deciso. Ci siamo avvicinati piano piano. In più, io avevo nella testa che dopo quattro Olimpiadi e quindici mondiali, fosse arrivato il momento di cambiare. Non perché stessi male, ma perché probabilmente avevo bisogno di stimoli nuovi. Penso di aver dato tanto in nazionale e tanto ho ricevuto. Sapete come lavoravo, tutta la mia giornata era dedicata a quello. Andavo a vedere le gare delle junior, andavo all’estero a vedere le gare delle grandi. Avevo gli stessi rapporti con le squadre delle piccole e le WorldTour. Avevano la stessa importanza.

La Lidl-Trek è arrivata al Giro con il primo obiettivo di vincere e conquistare la rosa con Pedersen. Ora tocca a Ciccone
La Lidl-Trek è arrivata al Giro con il primo obiettivo di vincere e conquistare la rosa con Pedersen. Ora tocca a Ciccone
Ti capita più di sentire le ragazze della nazionale?

Non come prima, ma le seguo. Domenica c’è stata anche una gara delle junior in Francia, che abbiamo sempre corso anche noi, e ho saputo i risultati in tempo reale. Per le donne ho anche un compito di scouting. Quindi sono molto attento e ci tengo un occhio di riguardo.

Come stai vivendo questa prima settimana di Giro vista in televisione? Stai mordendo il freno?

Non vedo l’ora che venga lunedì e sono contento di cosa hanno fatto sinora. C’è un grande campione che è Pedersen, ma finora c’è stata una grande squadra, non c’è ombra di dubbio. Era un obiettivo chiaro per tutti, ci siamo arrivati pronti e lo abbiamo conseguito. Chiaramente Pedersen non porterà la maglia rosa fino a Roma, ma la terrà il più possibile. Abbiamo visto Ciccone aiutare tutti e Mosca davanti dai primi chilometri. Vedere che c’è la squadra è la cosa più bella (purtroppo ieri la Lidl-Trek ha perso Kragh Andersen per frattura nel polso, ndr). Un po’ mordo il freno, darò il cambio a Kim Andersen e ci presenteremo alla seconda settimana belli freschi anche sull’ammiraglia.

Al Giro con Mosca, viaggio tecnico nel lavoro del gregario

13.05.2025
6 min
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E con la Alberobello-Lecce il Giro d’Italia riparte dalla sua terra. La frazione di oggi è la prima vera tappa per velocisti e tra questi c’è il favorito, la maglia rosa, Mads Pedersen. E per un Pedersen che vince (e riparte in maglia rosa), c’è uno Jacopo Mosca che tira. Di solito almeno è così.

L’immenso gregario della Lidl-Trek in queste prime tappe ha dato l’ennesima prova delle sue qualità: è un corridore solido e concreto, che svolge perfettamente il suo lavoro. E proprio con lui abbiamo parlato da un punto di vista tecnico di cosa significhi tirare per così tanto tempo. Quello di Mosca non è un lavoro “flash” come quello dell’apripista, Mathias Vacek nel caso della Lidl-Trek. No, il suo è un tirare lungo, da lontano.

Jacopo Mosca: si nota la testa già rasata per la scommessa persa con Pedersen dopo la crono di Tirana
Jacopo Mosca: si nota la testa già rasata per la scommessa persa con Pedersen dopo la crono di Tirana
Jacopo, hai tirato tanto, dovrai tirare tanto. Partiamo da questo presupposto: quando parte una tappa sai già quanto dovrai tirare?

Noi partiamo sempre con il nostro piano, con la nostra tattica e se tutto va bene, so esattamente quello che devo fare. A volte può essere un po’ di più, un po’ di meno, ma dipende anche dalla situazione di gara o dalla giornata sì o no. Se riavvolgo le prime due tappe, nella prima dovevo arrivare dopo il chilometro Red Bull, diciamo all’ingresso in Tirana, ed è quello che ho fatto. Quando hai una squadra così forte, sai che tu fai il tuo e poi c’è chi prende il tuo posto. Nella tappa di Valona invece eravamo partiti con l’idea che sarei dovuto arrivare fino allo strappo duro al chilometro 82, ma sono riuscito a passarlo e ho tirato ancora per altri 15-20 chilometri.

E questo cosa comporta?

Che sono riuscito a fare qualcosa in più, magari salvando energie a un mio compagno per il finale. Però generalmente si parte con un’idea. Verso Valona, volevamo arrivare con me sotto la salita lunga e alla fine ce l’abbiamo fatta anche lì. E’ chiaro però che non sempre tutto va come si vorrebbe.

Perché?

Ogni tanto cambiano le situazioni, specie nelle prime tappe dove c’è tanto stress per le posizioni. Magari dopo 50-60 chilometri arrivano altre squadre a lottare, quindi sei costretto a spingere un po’ di più, se vuoi stare ancora lì, quando invece potresti conservare qualche energia ulteriore.

Dopo che hai finito di lavorare cosa fai? Ti stacchi e vai regolare? Cerchi un gruppetto? Tieni duro?

Dipende dai momenti. Tipo l’altro ieri, quando ho finito di lavorare mi sono subito spostato, sapendo che c’era già un gruppetto dietro. Poi quando mi sono staccato io, si sono staccati anche altri 15 corridori circa e abbiamo fatto un gruppetto nostro. Nella tappa di Tirana invece ho provato a tenere duro perché a ruota si stava molto meglio di quel che sembrava. Sono quasi riuscito a passare la prima salita, ma mi sono staccato a un chilometro e mezzo dalla cima. L’idea era di provare a superarla una volta e tornare davanti.

La tappa di oggi, la quarta di questo Giro, da Alberobello a Lecce: 187 km nei quali Mosca sicuramente sarà chiamato in causa
La tappa di oggi, la quarta di questo Giro, da Alberobello a Lecce: 187 km nei quali Mosca sicuramente sarà chiamato in causa
Avreste avuto un uomo in più per il finale e magari Vacek avrebbe lanciato più forte la volata…

In realtà non è tanto quello. Magari puoi salvare un uomo in più che può poi lavorare meglio o, per esempio, non usare per forza Ciccone. Anche se lui ha fatto una selezione che solo lui poteva fare, quindi l’avremmo usato comunque. Però soprattutto in pianura, anche solo 200 metri in più o in meno possono aiutare un compagno ad avvicinarsi al chilometro finale. Tenere di più non è mai fondamentale, ma può fare la differenza.

Parliamo del ritmo: come lo imposti? Guardi i watt? Te lo indica il capitano?

Siamo sempre diretti bene dalle ammiraglie, ma ci basiamo anche sul feeling nostro e su cosa fa la fuga. Se la fuga va a 40 all’ora, devi andare a 40 all’ora per mantenere il distacco o a 42-45 per chiudere. Se la fuga va forte, devi andare forte anche tu. Ma se va forte, si esaurisce anche prima.

Quindi comanda la fuga e il tempo che avete deciso di lasciargli?

Sì, esatto: comanda la fuga. Verso Valona per esempio avevamo detto che anche con quattro minuti potevamo stare tranquilli. Ma quando in fuga ci sono Tarling, Tonelli, De Bondt, Germani… è un problema. Era una fuga forte e la tappa era corta, il terzo giorno non puoi permetterti di lasciare troppo. E poi bisogna vedere se ci sono altre squadre a darti una mano: domenica eravamo noi e la Red Bull-Bora, quindi fattibile. Se fossi stato da solo, diventava dura tenere quei sei corridori a tre minuti.

Soprattutto per te!

Esatto, e con Gianni Moscon non è stato un tirare semplice ieri, ma ce l’abbiamo fatta. Posso dire che i dati a fine tappa erano alti.

La disposizione degli uomini non è casuale. Prima entra in scena Mosca, poi a seconda del percorso gli scalatori e infine l’apripista per Pedersen
La disposizione degli uomini non è casuale. Prima entra in scena Mosca, poi a seconda del percorso gli scalatori e infine l’apripista per Pedersen
Ce ne puoi dire qualcuno?

Tirando là davanti, ho fatto due ore e mezza a più di 340 watt normalizzati e 305 di media. Circa 5,2 watt per chilo. Niente di impensabile, ma sono bei numeri. Soprattutto perché mantenuti a lungo. E il percorso non era semplice.

Un aspetto affascinante del vostro lavoro è stato il ritmo chirurgico in salita: forte per fare selezione, ma giusto per tenere dentro Pedersen. Come si imposta quel ritmo? E’ Pedersen che comanda?

Sì, è lui che detta il ritmo e ti dice se aumentare o calare in base a come si sente. In quei casi corridori come Verona o Konrad, che ha fatto top 10 nei grandi Giri, ti fanno capire quanto sia alto il livello del team. O Ciccone che fa un’azione simile… E’ chiaro che è Mads che decide. Poi in questo momento sta così bene che probabilmente rimarrebbe con i primi 30 anche in salita.

Cos’altro conta in quei momenti?

La gestione dalla macchina. Loro osservano da dietro e ci dicono: «Okay, ragazzi, si stanno staccando tot corridori», oppure: «A ruota si sta benissimo, non state staccando nessuno». Sono informazioni importanti. E sapere di tirare per uno come Mads, che sta bene e finalizza, dà fiducia.

Quando parte la fuga e mancano 130 chilometri e sai che dovrai tirare per due ore, a cosa pensi?

Dipende. In una tappa come quella di Valona non avevo tempo di pensare, non era facile. Alla Sanremo, che è più lunga e più controllabile, cerco sempre di focalizzarmi sulla gara. Poi magari qualche pensiero ti viene, ma appena arriva il mal di gambe smetti di pensare. Però c’è sempre una canzone che ti gira in testa, cambia ogni volta. Magari è un ritornello sentito il giorno prima.

La messa a fuoco non è ideale, ma questa foto spiega bene quel che dice Mosca: «E’ Pedersen che in salita detta il ritmo» (foto Instagram)
La messa a fuoco non è ideale, ma questa foto spiega bene quel che dice Mosca: «E’ Pedersen che in salita detta il ritmo» (foto Instagram)
Quando tiri devi prendere aria e sappiamo quanto sia importante l’aerodinamica: hai una posizione preferita alla tua velocità di crociera?

Sì, l’aerodinamica oggi conta tantissimo: si vede da abbigliamento, caschi, bici… A volte si vedono cose un po’ troppo estreme. Io non sono estremo. Non mi metto a guardare il calzino, perché i nostri capi di abbigliamento sono già il top. So che il nostro body è veloce, i nostri calzini aero sono veloci. Non ho mai esagerato con le leve girate, per dire…

Chiaro…

Nella mia velocità di crociera tengo le mani alte, ma molto raccolto, con i gomiti ben piegati e la schiena bassa. E ovviamente in discesa mani sotto, con la bici pronta a metterla dove voglio.

Come hai saputo che aveva vinto Pedersen?

Ero con un gruppetto a 7-8 chilometri dall’arrivo e ho sentito l’urlo per radio. In realtà ero già andato dietro alla seconda ammiraglia a chiedere. Poi, quando ho sentito l’urlo per radio e la macchina suonare il clacson per festeggiare, ho capito che avevamo vinto. E’ bello quando hai un capitano deciso e determinato, perché alla fine sai che fai un lavoro che porta a qualcosa.

Pedersen saluta l’Albania e sbarca con la rosa in Italia

11.05.2025
6 min
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VALONA (Albania) – Puoi studiare tutte le altimetrie che vuoi, ma quando poi devi portarci sopra il tuo peso e la tua fatica, non sempre i piani ben congegnati riescono alla perfezione, come invece è andata oggi alla Lidl-Trek. Ma se la prima tappa di questo Giro d’Italia era stata un’esecuzione persino elementare, vincere la terza e riprendere la maglia rosa con Pedersen è costato una fatica molto meno banale. Ammesso che la fatica lo sia mai.

«E’ stato un giorno molto duro sulla bici – ha detto il danese che dopo l’arrivo è parso commosso – ma per come hanno corso oggi i miei compagni, mi sono sentito obbligato a dare tutto me stesso per vincere la tappa e riprendere la maglia rosa. Ora voglio godermela per più tappe possibili, cercando semmai di vincerne altre».

Lanciato da Vacek, Pedersen ha vinto anche la terza tappa del Giro d’Italia e ripreso la maglia rosa
Lanciato da Vacek, Pedersen ha vinto anche la terza tappa del Giro d’Italia e ripreso la maglia rosa

La forma della vita?

Si conclude a Valona la tre giorni albanese del Giro. Era iniziata in salita, con quel contratto che non si firmava e il ritardo di una presentazione annunciata e poi cancellata. Siamo volati quaggiù con qualche riserva e qualche pregiudizio di troppo, invece abbiamo trovato un Paese che certamente ha tanta strada da fare, ma che vuole fortemente farla. E quando ieri dopo il lavoro ci siamo ritrovati a camminare nel cuore di Tirana per andare a riprendere l’auto parcheggiata a un chilometro dal Quartier Tappa, ci siamo sorpresi per le tante bici, le famiglie e i bambini nei viali del centro. Mentre oggi, su strade meno frequentate, a colpire è stata la natura selvaggia di un posto che meriterebbe di essere scoperto più a fondo. Basti pensare che per tracciare i sentieri sulle montagne alle spalle di Tirana sono stai chiamati gli uomini del CAI e hanno raccontato solo meraviglie.

«Le prime tre tappe del Giro in Albania – ha sottolineato Pedersen – erano perfette per me. E’ stato più facile mostrare quello che so fare. Vi sento dire che sono nella forma della vita, semplicemente penso di essere in una buona condizione, che siamo riusciti a mantenere dalle Classiche fino ad ora. Oggi avevo qualche dubbio, ma siamo riusciti a correre come volevamo. Vacek è stato straordinario, questo ragazzo ha un grande futuro. Farò tutto il possibile perché riesca a vincere una tappa. E’ una macchina, ha lavorato tantissimo per me durante le Classiche. Sono orgoglioso di avere un corridore così al mio fianco».

Il piano di Guercilena

Primoz Roglic ha onorato la maglia rosa. La Red Bull-Bora ha tirato per non lasciar andare la fuga oltre il limite di guardia e offerto un lancio molto gradito alla Lidl-Trek. Per più di metà tappa il team americano ha vivacchiato sulle spalle di Jacopo Mosca che li ha portati tutti a spasso fino alle ultime due salite. A quel punto, mentre davanti si notavano incoraggianti lampi di azzurro con Germani e Tonelli nella prima fuga, poi Fortunato e Garofoli nel contrattacco, la squadra di Luca Guercilena ha inserito il pilota automatico e gestito la salita di Oafa E Llogarase al ritmo migliore per Pedersen. E il danese, che è campione nella testa prima che nelle gambe, ha ceduto soltanto quando davanti hanno mostrato i muscoli Pidcock e pochi altri. Azioni di assaggio e nulla più, perché una salita così lunga e impegnativa a 40 chilometri dal traguardo non autorizza a dire che ci si potesse aspettare di più.

«Avevamo puntato sia la prima sia la terza tappa – racconta Luca Guercilena – ma in questa credevamo un po’ meno, perché la salita era veramente dura. I ragazzi però stanno andando forte e la squadra è molto coesa e questo vuol dire che stiamo lavorando bene. Con Ciccone, che oggi è stato ancora esemplare, continueremo a vivere questo Giro alla giornata e dopo la crono di Pisa faremo un primo punto».

Il solito immenso lavoro di Jacopo Mosco nella prima parte di tappa ha tenuto la Lidl-Trek al coperto
Il solito immenso lavoro di Jacopo Mosco nella prima parte di tappa ha tenuto la Lidl-Trek al coperto

La calma di Ciccone

Il diretto interessato dopo l’arrivo ha ricevuto l’abbraccio della maglia rosa (foto di apertura), poi ha ripreso fiato, ha bevuto e reintegrato i primi zuccheri e poi ha parlato con la solidità che lo contraddistingue da qualche tempo a questa parte. Merito, come dice Guercilena, di sua moglie, ma anche della maturazione atletica e del vivere le corse senza apparente pressione.

«Oggi il piano prevedeva quello che poi abbiamo fatto – ha detto – ma non è stato facile, perché non era una tappa semplice da gestire. Abbiamo fatto un altro grande lavoro, ma sapevamo che Mads avrebbe potuto reggere quella salita. Quando sta bene, in certe tappe si diverte. Ieri non mi è parso tanto dispiaciuto per aver perso la maglia, quanto piuttosto molto motivato a riprendersela».

Il simbolo del primato è stato consegnato a Pedersen da Enrico Della Casa, presidente della UEC
Il simbolo del primato è stato consegnato a Pedersen da Enrico Della Casa, presidente della UEC

Il nuovo ciclismo

Mentre la carovana sta per prendere la via dell’Italia e domani vivrà il primo riposo in Puglia, un’osservazione meritano le volate parallele di Marcellusi e Fiorelli, entrambi corridori del VF Group-Bardiani, finiti all’ottavo e nono posto (anche se il primo è stato poi retrocesso dall’ottava alla 85ª posizione e all’ottavo posto si è ritrovato il compagno). In altri tempi avremmo gridato all’errore e sostenuto che, se si fossero aiutati, avrebbero portato a casa qualcosa di meglio. Oggi probabilmente non è più così e lo diciamo dopo averne parlato a lungo alla partenza di Durazzo con Roberto Damiani.

Il tecnico della Cofidis ha dovuto ammettere che la necessità di fare punti e curare il ranking sta portando anche i direttori sportivi più vincenti, quelli che avrebbero ragionato come nella nostra premessa, a tapparsi il naso e chiedere ai corridori di fare la volata tutti insieme per fare più punti possibile. Al di là della retrocessione di Marcellusi, portare a casa due piazzamenti nei primi 10, essendo consapevoli di non poter vincere, sarebbe stato per la VF Group un bottino interessante.

Lidl-Trek con tubeless da 28 mm: le ragioni della scelta

11.05.2025
6 min
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TIRANA (Albania) – Lo avevamo notato sul camion dei meccanici mentre Ciccone metteva a posto le misure della sua bici, così dopo la prima tappa del Giro siamo tornati in casa Lidl-Trek per fare il punto sulle gomme. Ci aveva colpito la scelta di tenere per l’Albania e poi per le strade bianche di Siena le ruote delle classiche. Così abbiamo chiesto di parlarne con Glen Leven, che per la squadra americana è il responsabile dei materiali. E’ lui a trattare con gli sponsor e a fare il punto con i corridori sulle scelte tecniche. In che modo si scelgono le gomme in questo ciclismo così veloce? E perché corrono solo con tubeless da 28 mm? La sensazione ormai è che l’unica corsa che imponga di cambiare qualcosa sia la Roubaix, ma forse è sbagliato pensare che per il resto tutto rimanga uguale. Ad esempio si lavora sulle pressioni e le sezioni, da quando il tubeless ha riscritto le abitudini e le tecnologie.

«Se guardiamo a 10 anni fa – spiega il lussemburghese che è stato corridore – io usavo i tubolari. Avevo una misura unica, la gonfiavano la mattina prima di partire e tutti avevamo la stessa pressione. Il ciclismo moderno è cambiato. Non guardiamo solo al peso del corridore, guardiamo anche all’aerodinamica, alla resistenza al rotolamento e al peso. La sezione degli pneumatici ha un impatto importante in questo momento, sia in termini di aerodinamica che di resistenza al rotolamento. Gli pneumatici sono la prima parte della bici a colpire il vento. Quindi sono i primi a dover indirizzare il vento nella giusta direzione».

L’uso del tubeless e le pressioni più basse consentono una tenuta di strada superiore. Qui Ciccone nella 1ª tappa
L’uso del tubeless e le pressioni più basse consentono una tenuta di strada superiore. Qui Ciccone nella 1ª tappa
Questo orienta nella scelta degli pneumatici?

Sì, per questo usiamo pneumatici da 28 millimetri sulle nostre ruote. Sono il compromesso migliore fra 28 e 30. Sul piano del rotolamento non c’è una grande differenza, mentre è notevole in termini di aerodinamica. Per questo scegliamo quelli da 28.

Hai parlato di pressioni uguali per tutti 10 anni fa.

E’ chiaro che la direzione intrapresa in passato, con un corridore di 90 chili e uno di 45 “gonfiati” alla stessa pressione, fosse sbagliata e la realtà lo dimostra. Quindi insieme a Pirelli abbiamo fatto molti test negli ultimi anni per personalizzare la pressione in intervalli di 5 chili per ciascun punto di pressione. Questo è il valore ottimale per ottenere il miglior rotolamento e la miglior superficie di appoggio sulla strada per ogni corridore.

Gli atleti non hanno voce in capitolo in queste scelte?

Siamo una squadra aperta, ma ci piace istruire i nostri corridori. Per questo mostriamo loro i dati e tutto quello che ci ha spinto a fare le scelte e difficilmente chiedono cose diverse. Nelle classiche, studiamo il percorso e cerchiamo soluzioni che diano più resistenza alle forature, più comfort e quello che serve. Nelle corse su strada siamo convinti e anche tutti i nostri corridori sono convinti che il 28 sia la miglior opzione.

Le ruote delle classiche con tubeless da 30 mm portate al Giro in previsioni di strade dissestate e per la tappa sterrata di Siena
Le ruote delle classiche con tubeless da 30 mm portate al Giro in previsioni di strade dissestate e per la tappa sterrata di Siena
Il tubeless ha cambiato di tanto le cose?

E’ stato una rivoluzione. Il tubolare era la scelta dei corridori della vecchia generazione e per loro, soprattutto mentalmente, è stato un passaggio difficile passare dalle 8,5 atmosfere alle 5 del tubeless. Ci è voluto un po’ per convincerli ad accettare questa pressione così bassa, ma ora penso che tutti ne siano contenti.

E’ stato difficile convincerli?

E’ stata una sfida. Devi mostrargli i dati. Devi passare del tempo con loro in modo che possano provarlo e convincersene. Non importa cosa fai oggi, è importante cosa farai domani. I ciclisti di nuova generazione sono cresciuti con il tubeless e non torneranno mai al tubolare. Ma con i ciclisti della vecchia generazione, abbiamo avuto molti problemi. Inoltre il tubolare era completamente libero, poteva muoversi in tutte le direzioni, al punto che il copertoncino teneva di più. Tutto questo, messo insieme, ci ha permesso di convincerli.

Che tipo di collaborazione avete con gli sponsor alla luce di tutto questo?

Tra noi e Pirelli per questo c’è un rapporto molto stretto. Ascoltano le nostre esigenze e noi ascoltiamo la loro esperienza, perché ne hanno una notevole nel motociclismo. Sviluppiamo insieme gli pneumatici, in base alle esigenze dei corridori e in questo modo cresciamo entrambi.

Sul camion dei meccanici, oltre alle ruote montate, un cassetto contiene i tubeless di scorta
Sul camion dei meccanici, oltre alle ruote montate, un cassetto contiene i tubeless di scorta
Come è stata fatta la valutazione fra il 28 e il 30?

Li abbiamo testati in galleria del vento, per ottenere il dato più preciso. Li abbiamo testati in velodromo e poi all’aperto con il nostro Aerosensor, dove abbiamo potuto avere il riscontro per l’osservazione più scientifica. Nella galleria del vento, la resistenza ha una sola direzione. Nella vita reale ce ne sono almeno cinque. Da tutto questo, abbiamo concluso che il pneumatico da 28 è migliore di quello da 30 per una sola questione aerodinamica.

Nelle cronometro funziona allo stesso modo o il discorso è diverso?

Le cronometro sono un ciclismo completamente diverso, l’aerodinamica sta arrivando a livelli ancora più estremi. Abbiamo fatto molti test e concluso che anche lì il 28 è la scelta migliore, perché la forma del cerchio è la stessa. La vera differenza rispetto al ciclismo su strada è che, fatta questa valutazione, la bici da crono – il carro e la forcella – è stata sviluppata per pneumatici da 28.

La bici disegnata in base alla misura delle gomme?

Il discorso è davvero globale, non si tratta semplicemente di scegliere quale pneumatico montare. L’opzione più veloce sarebbe comprare un set di ruote standard e montarci uno pneumatico da 28 mm. Ma dipende anche dalla forma del telaio, dagli spazi tra ruota e pneumatico. Per questo serve ragionare sul pacchetto completo.

Nei giorni di Tirana, la Lidl-Trek ha alloggiato in un hotel accanto all’aeroporto, con Ineos e Team Polti
Nei giorni di Tirana, la Lidl-Trek ha alloggiato in un hotel accanto all’aeroporto, con Ineos e Team Polti
Parlavamo di 10 anni fa e quando pioveva, dovevi abbassare la pressione. E’ lo stesso anche adesso, nonostante queste sezioni così grandi?

Sì, è ancora così. Abbassando la pressione aumenta la superficie di contatto, che riduce le possibilità di scivolare. Anche se hai pneumatici più grandi.

Ultima cosa, avete valutato di usare cerchi e pneumatici hookless?

Ne abbiamo testati alcuni in galleria del vento e abbiamo fatto dei test di guida con i piloti. Ma la sicurezza è la prima cosa, soprattutto per noi che siamo un team americano. Quindi la discussione sull’hookless è sempre aperta, può essere un’apertura possibile, ma al momento per noi è fuori discussione.

Tirana incorona Pedersen: la tappa e la prima maglia rosa

09.05.2025
6 min
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TIRANA (Albania) – Avevate un piano ed è andata alla perfezione? Pedersen sorride, fasciato della maglia rosa ed è di ottimo umore. «Sai, quando vinci – dice – è il piano che funziona alla perfezione. Quindi sì, oggi avevamo un piano chiaro, volevamo fare la gara dura e tutto ha funzionato. La squadra ha lavorato bene ed è bello dare loro la vittoria».

Mads vs Wout

Il danese della Lidl-Trek ha vinto la prima tappa del Giro d’Italia, partita dalla spiaggia di Durazzo e arrivata nel cuore di Tirana. La sua squadra ha fatto un forcing notevole sull’ultima salita del circuito, con il contributo eccellente di Ciccone. E nella volata che lo ha visto protagonista, Pedersen ha anticipato di mezza ruota Van Aert. Ha cercato di staccarlo (vanamente) in ogni modo. In cima alla salita si è voltato per due volte, perché Vacek gli aveva dipinto il belga in difficoltà. Ma Wout è stato furbo e si è gestito bene per arrivare fresco alla volata. Solo che la freschezza non è stata sufficiente per battere il danese.

«Non ero sicuro che avrei vinto – dice Pedersen – non è mai scontato. Ci sono tanti corridori forti in questo gruppo e sono tutti qui in ottima forma. Quindi, potrebbe essere controproducente sentirsi sicuri di vincere al via della corsa. Devi affrontarla con rispetto, credere in te stesso e poi credere nella tua squadra. Ed è quello che ho fatto oggi. Volevamo mantenere un ritmo molto elevato perché nessuno scattasse ed è per questo che “Cicco” ha preso il comando. Perché quando lui va così forte, bisognerebbe togliersi il cappello di fronte a chiunque volesse attaccare. In più, i corridori della generale non avrebbero vinto il Giro oggi, per cui hanno lasciato fare. Ma davvero sarei stato sorpreso se qualcuno fosse riuscito ad attaccare».

Il lavoro di Ciccone in salita ha sfiancato i velocisti, mentre Pedersen stava bene a ruota
Il lavoro di Ciccone in salita ha sfiancato i velocisti, mentre Pedersen stava bene a ruota

La grinta di Ciccone

L’Albania ha accolto il Giro con inatteso calore, anche se a Tirana il traffico è impazzito. Ci hanno chiesto la differenza fra il pubblico italiano e quello di qui. Ci siamo guardati intorno e abbiamo risposto che i tifosi italiani, al passaggio chiamano i corridori per nome. Qui invece urlavano, incuriositi dall’evento. Stamattina alla partenza Paolo Mei intratteneva il pubblico spiegando come funzioni il Giro d’Italia, segno che si sta seminando in un terreno ancora incolto. Eppure anche il pubblico albanese ha applaudito quando in testa al gruppo è passato Giulio Ciccone e si è messo a fare il forcing.

L’abruzzese l’abbiamo fermato dopo il controllo sulla sua bicicletta. Un bel sorriso e il tono soddisfatto di quando le cose vanno nel modo giusto. La sensazione che abbia dovuto lavorare più del necessario resta nell’aria, ma era la prima tappa del Giro e le energie erano per tutti fresche e desiderose di esplodere.

«E’ stata tosta – ha detto pieno di orgoglio – però abbiamo visto subito che Mads oggi aveva una gamba super. E quando lui sta bene in salita, più la facciamo forte e più è contento perché i suoi avversari fanno fatica. Con Mads c’è un rapporto speciale, tante volte è lui il primo a mettersi a disposizione, per cui aiutarlo è stato il minimo. Quando ha smesso di tirare Carlos (Verona, ndr), sapevo che bisognava fare una progressione a tutta, fino in cima. Come ho detto non sono qui per nascondermi. La mia condizione è buona e vogliamo ottimizzare ogni tappa. Oggi eravamo qui con un obiettivo e l’obiettivo l’abbiamo raggiunto. Domani c’è la crono e voglio farla bene per testarmi un po’ e poi vedremo giorno per giorno».

Pedersen e la rosa

Mads Pedersen è uno tosto ed è un grande corridore. Ieri pomeriggio, poco prima della conferenza stampa dei migliori, Stefano Diciatteo – coordinatore dell’ufficio stampa del Giro – si è lasciato scappare una battuta: «Manca proprio quello che vincerà la tappa e prenderà la maglia rosa. Ma ci hanno detto di chiamare un corridore per squadra e abbiamo preferito portare Ciccone». Scelta giustificata, però mai previsione fu più azzeccata e oggi Pedersen ha presentato il conto.

«Quando inizi con una vittoria nella prima tappa – sorride – non puoi stare lì a goderti i 20 giorni successivi. Quindi siamo qui per continuare a impegnarci e vincere il più possibile. Abbiamo fame di altro e se mi chiedete chi ci sarà domani qui dopo la crono, vi rispondo che potrei esserci nuovamente io. Farò di tutto per onorare la maglia. Abbiamo lavorato duramente per essere in forma in questa gara, per cui una sola vittoria non ci basta. Non ero esattamente un bambino che guardava le gare in televisione, ma so che questa maglia rosa è speciale. Il Giro è una delle corse più importanti al mondo e per me essere qui è la ciliegina sulla torta».

Dopo l’arrivo, Ciccone soddisfatto per la vittoria del compagno e ambizioso per quanto riguarda sé
Dopo l’arrivo, Ciccone soddisfatto per la vittoria del compagno e ambizioso per quanto riguarda sé

Giorno per giorno

Anche Ciccone, come detto, vuole fare una bella cronometro e quando gli abbiamo chiesto in che modo si aspetta che continui il suo Giro, ha risposto con la solidità del campione navigato. Quello che di fatto ormai è.

«La mia condizione è buona – ha detto – era il primo giorno ed è difficile trovare subito le buone sensazioni, però devo dire che è andata bene. Non mi nascondo, l’ho già detto ieri che voglio fare quello che mi riesce meglio. Cioè vivere alla giornata, divertirmi, attaccare e vincere. E farò questo giorno per giorno, non voglio tirarmi indietro. Quando c’è da lavorare come oggi, lo faccio. E quando c’è da provare a vincere, ci proverò. Mads è un leader eccezionale, tra noi c’è molta intesa. Basta uno sguardo e sappiamo quello che dobbiamo fare».

Quarto nella volata, Francesco Busatto ha conquistato la maglia bianca. Un bell’incentivo, al primo Giro
Quarto nella volata, Francesco Busatto ha conquistato la maglia bianca. Un bell’incentivo, al primo Giro

Nibali non ha cent’anni

Il cuore, dice Pedersen, batte al Nord. Per cui il fatto di aver vinto la tappa e preso la maglia non è paragonabile alla gioia per aver vinto la terza Gand-Wevelgem. Eppure il rispetto che mostra nel parlare del Giro dipinge la sua umiltà e la sua concretezza.

«Le classiche sono qualcosa di completamente diverso – dice – e sapete che il mio cuore è lassù. Ma anche vincere in un Grande Giro è speciale e, come ho detto, quando indossi una maglia come questa, diventa ancora più bello. Quindi non starò qui a fare paragoni: sono due cose diverse e mi rendono entrambe orgoglioso».

E quando gli viene chiesto se la maglia rosa evochi in lui immagini del ciclismo del passato, che ha più volte ammesso di non conoscere, Pedersen risponde con l’arguzia che spesso mette in mostra nelle sue interviste.

«Non ho grandi ricordi di maglie rosa del passato – sorride – ho qualche memoria con Nibali, ma non è passato così tanto. Vincenzo non ha ancora 100 anni, quindi era ancora ai miei tempi. Ho anche corso con lui e non ricordo che sia accaduto così tanto tempo fa…».

La corsa rosa, la numero 108 della serie, deve salutare Mikel Landa, caduto in una curva a 5 chilometri dall’arrivo, e Bouchard. Il basco della Soudal-Quick Step è stato portato all’ospedale per accertamenti. Domani la crono, il Giro d’Italia è finalmente iniziato.

Ciccone e quel millimetro che può cambiare la testa

08.05.2025
5 min
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TIRANA (Albania) – Sono in un angolo in disparte rispetto al pullman e al resto dei meccanici. Li notiamo quasi per caso mentre stiamo parlando con Giuseppe Campanella e ci avviciniamo con discrezione. Ciccone sorride e saluta, Archetti molla la classica battuta di quando ci si incontra alle corse, ma in fondo anche lui è contento di vederci. Sono le nove del mattino, i corridori usciranno alle 10,30 e l’abruzzese approfitta del tempo libero per verificare la posizione della sella sulla sua Madone.

Archetti sta lavorando sull’avanzamento e gli chiede se vada bene. Ciccone prende il metro e misura dalla punta della sella al centro del manubrio. Poi lo fissa con lo sguardo impertinente e gli chiede se sia possibile spostarla avanti di mezzo millimetro. Mezzo millimetro?

«Oggi si fa tutto al limite – dice Giulio – comprese le misure. Andiamo sempre a tutta. E io so come funziona la mia testa. Se quando sono veramente a tutta, inizio a pensare di avere la posizione meno che al massimo, finisce che ne risento e non do davvero tutto. Lo so che è una mia malattia, ma sono così da sempre. I meccanici mi odiano…».

Una sella alla settimana

Archetti sorride e intanto lavora. Ciccone non sa che nella sua carriera il meccanico bresciano ha avuto a che fare con corridori ben più assillanti e meno educati di lui. Per questo lo asseconda e gli dice che non deve scusarsi e che anche questo fa parte del processo.

La sella della Madone è montata su un piccolo reggisella integrato che si infila nello svettamento del piantone. Si tratta di un segmento breve di tubo di carbonio, che forma un tutt’uno con la sella abbinata.

«Sai che facciamo? Ne cambio una ogni sette giorni – dice Ciccone – così evitiamo che ci siano dei cedimenti della sella che mi facciano abbassare troppo. Le abbiamo tre selle per fare il Giro? Non mi piace quando la sella perde la forma. E’ una questione mia personale. Per cui nelle tre settimane del Giro, cambieremo tre selle».

Archetti annuisce e per scrupolo gli chiede se voglia riscontrare le misure appena stabilite con un’altra sella, in modo da essere certo di avere due bici identiche. Ciccone acconsente, probabilmente non gli sembra vero. Il meccanico fa un segno sul piccolo reggisella e poi ci infila l’altro.

Ecco i porta borraccia che usano i massaggiatori della Lidl-Trek per preparare le borracce
Ecco i porta borraccia che usano i massaggiatori della Lidl-Trek per preparare le borracce

Il tesoro dei meccanici

Nello spazio di fronte, tra il pullman e il camion dei meccanici, i massaggiatori stanno preparando le borracce per l’allenamento e si servono di uno strumento che rende tutto più agevole. E’ una sorta di gabbia in cui le borracce vengono disposte una accanto all’altra senza il rischio che versandoci i sali e poi l’acqua si corra il rischio che cadano o che bagnino la superficie.

L’interno del camion è una sorta di paradiso della meccanica, con le dotazioni che farebbero la gioia di qualunque amatore. Ruote pronte, gomme da montare, pignoni, dischi. Glen Leven, che dopo essere stato meccanico è ora la figura di raccordo fra gli sponsor tecnici e la squadra, ci mostra la parete piena di ruote delle classiche. Sono già pronte per la tappa degli sterrati e perché devono ancora valutare cosa montare per le strade albanesi su cui ci sono ancora degli interrogativi.

«Credo che non tutti ci rendiamo conto del valore di questi materiali – ammette – perché semplicemente ne abbiamo bisogno, li chiediamo e arrivano. Una volta ho fatto dei test con Milan e c’era da cambiare delle pastiglie dei freni. Quando ho visto su internet il loro valore di mercato, mi è quasi venuto un colpo».

Il più pignolo

Nel frattempo Ciccone e Archetti hanno finito le loro verifiche. Giulio è lì che osserva la bici e poi approfittando della presenza di Glen, gli chiede informazioni sulle tacchette per gli scarpini.

«Sai cosa faccio?», dice Archetti rivolto verso il corridore che intanto fa per allontanarsi. «Ti monto la seconda sella sulla bici di scorta. Così siamo certi che siano identiche». Ciccone annuisce e si dirige verso l’hotel. Gli camminiamo accanto e il discorso prosegue.

«Sono super fissato e preciso su tutte le misure – dice – anche perché sono super sensibile, quindi in bici riesco a sentire anche il mezzo millimetro. Perciò il grosso del lavoro di biomeccanica lo faccio a inizio anno, però cambiando tantissimi materiali come le selle, prima di ogni gara preferisco ricontrollare tutto. Le tacchette invece, una volta messe, non le tocco più. Le cambio se si consumano o si rompono e anche bisogna ritrovare la posizione perfetta e precisa».

«E’ di gran lunga il più meticoloso della squadra – ha sorriso Archetti – ma almeno c’è una ragione e per questo lo aiutiamo volentieri. Ci sono quelli che sono pignoli senza motivo, solo per il gusto di fare e disfare le cose a oltranza e magari a loro vogliamo meno bene».

Ci allontaniamo, passando a salutare lo staff della Ineos e poi quello della UAE Emirates. Il grosso albergo si trova proprio di fronte all’aeroporto. Dicono che allenarsi qui sia davvero complicato. Domani si comincia a correre, ormai non resta che l’ultimo allenamento.

Ciccone: il cuore dice classifica, il cervello dice le tappe

07.05.2025
5 min
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Si fa presto a dire che vai al Giro per fare classifica. Se poi lo dicono e lo ripetono in televisione giorno dopo giorno, la gente potrebbe pensare che sia facile. Ecco perché spesso tanti si sono scottati: si era creata così tanta attesa, che l’insuccesso è diventato una sentenza inappellabile. Nello sport è così, nel ciclismo che cerca con assillo un nuovo Nibali è anche peggio. Per questo sentir dire in continuazione che se Ciccone non farà classifica quest’anno non potrà farlo mai più, inizialmente è parso un suono stonato. Poi però, volendo vederci chiaro, abbiamo intercettato Luca Guercilena che di Ciccone è il datore di lavoro e, da preparatore e direttore sportivo di lungo corso, è in grado di andare oltre i facili entusiasmi.

Luca Guercilena, classe 1973, è il general manager della Lidl-Trek
Luca Guercilena, classe 1973, è il general manager della Lidl-Trek
Ciccone farà classifica al Giro: adesso o mai più?

Secondo me, facendo un’analisi molto fredda, da ottobre a oggi Giulio ha dimostrato di essere molto competitivo nelle tappe e nelle corse di un giorno. Sappiamo tutti che vincere tappe o portare a casa la maglia della montagna per noi ha un valore importante. E’ anche chiaro che con questa conformazione di Giro, con delle belle tappe già all’inizio, nella nostra testa e anche nel cuore l’idea di riuscire a fare qualcosa in classifica c’è. Però è ovvio che stiamo parlando di una classifica da top 5, sennò non ha alcun senso. Le tappe sono molto più importanti e per come sta andando Giulio, per la condizione che ha, secondo me è fondamentale che come prima attenzione guardi a quelle.

Il podio del Lombardia dello scorso anno ha cambiato la sua dimensione?

Purtroppo ha avuto degli infortuni e delle malattie piuttosto pesantucce, che hanno sempre minato la preparazione dei Grandi Giri. Quest’anno invece Giulio è riuscito a fare un avvicinamento molto lineare e sicuramente ha una stabilità personale importante. Per questo è riuscito a raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissati. E’ chiaro che il Giro è tutto un altro discorso. Da ottobre scorso ha dato una certa solidità a tutte le prestazioni, per cui sappiamo che siamo arrivati al Giro nella condizione giusta. Detto questo, lo vivremo tappa per tappa.

La squadra è forte, ma non sembra disegnata unicamente per supportare un leader.

E’ chiaro che, senza ipocrisia, andiamo con un occhio principale per le tappe. Questo è abbastanza evidente, però abbiamo cercato di pareggiare nel modo opportuno le opportunità per le tappe miste piuttosto che per le tappe di salita. Per cui abbiamo la possibilità che la squadra lo supporti, sia che punti alle tappe, sia che si trovi in classifica. Anche un corridore come Mads Pedersen al Tour ha dimostrato di essere importante quando c’era in ballo la maglia a pois e lo stesso Giulio ha lavorato per lui quando è servito. Come sempre siamo abbastanza bilanciati e compatti nell’aiutarci, credo al Giro ci sarà la stessa situazione.

Fra Ciccone e Pedersen c’è sempre stata un’ottima collaborazione: qui al Tour del 2023, difendendo la maglia a pois
Fra Ciccone e Pedersen c’è sempre stata un’ottima collaborazione: qui al Tour del 2023, difendendo la maglia a pois
Apriamo una parentesi italiana sull’assenza di Milan, che in questa squadra sarebbe stato bene, non trovi?

A livello di performance pura, probabilmente avrebbe potuto fare anche il Giro. Ma essendo partiti con l’idea del Tour, abbiamo preferito focalizzarci nel modo migliore. Dobbiamo arrivarci preparati nel modo giusto, anche perché non sarà un tentativo di vedere come andrà in Francia. Dobbiamo andare e fare risultato, quindi la preparazione dovrà essere assolutamente mirata. Al Giro ci sarà Pedersen, è giusto che ci sia un bilanciamento. Se vogliamo essere competitivi davvero, dobbiamo esserlo su tutti i fronti, quindi concentrare tutti nella stessa corsa sarebbe un rischio.

Con il tuo passato da allenatore, pensi che Ciccone arrivi al Giro con una condizione troppo avanzata o c’è ancora margine?

Vi dirò, se facciamo una valutazione attenta della performance, Giulio al Tour of the Alps è andato bene, ma era evidente che non avesse una condizione al 100 per cento. Alla Liegi ha fatto un altro passo, ma siamo consapevoli che la gara di un giorno e un’altra cosa. Siamo convinti che al Giro possa mantenere la condizione, perché si sta seguendo un avvicinamento molto mirato.

Come vivrete le due cronometro del programma?

Quest’anno nelle cronometro che ha fatto, Giulio è andato in modo molto solido. Chiaramente non è un cronoman rispetto a certi altri uomini di classifica, magari pagherà qualcosina. Però diciamo che il suo trend di miglioramento nella cronometro è abbastanza solido, per cui ci aspettiamo che sarà più competitivo e meno fragile degli anni passati.

I miglioramenti di Ciccone a crono si sono visti. Alla Tirreno ha pagato una trentina di secondi da Ayuso e Tiberi
I miglioramenti di Ciccone a crono si sono visti. Alla Tirreno ha pagato una trentina di secondi da Ayuso e Tiberi
Ciccone è l’uomo degli attacchi imprevisti: credi che l’assenza di un faro come Pogacar renderà la corsa più aperta?

Credo che sarà una corsa lineare, controllata da un paio di squadroni che ne hanno l’interesse. Penso alla Red Bull e anche la UAE Emirates, che ha il gruppo giusto per controllare i colpi di mano. Queste due squadre la faranno da padrone. Sulla strategia generale di gara, essendo in un ciclismo dove le sorprese arrivano abbastanza di frequente, proprio perché parecchi corridori hanno come unica chance quella di attaccare, bisognerà stare molto attenti.

Quindi, riepilogando, si parte per vincere le tappe e se poi la classifica dovesse venire di conseguenza, si proverà a difenderla?

Esatto, non sarebbe corretto dichiarare che partiamo per fare una top 5 e poi per puntare alle tappe. A mio parere in questo momento abbiamo la dimostrazione chiara e lampante che su un certo tipo di percorsi Ciccone può far bene. Dopodiché la classifica può anche diventare la conseguenza di giornate positive in serie. Il nostro approccio sarà questo qui.

Kamna è tornato: «Dopo il dolore c’è la voglia di ripartire»

03.05.2025
4 min
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LIENZ (Austria) – Nemmeno il tempo di godersi la fine del Tour of the Alps, nel quale si è conclusa la seconda corsa a tappe di questa stagione, che Lennard Kamna ha già attaccato nuovamente il numero alla schiena e ora si trova al Tour de Romandie. Il tedesco nato a Wedel, una cittadina a pochi minuti da Amburgo e affacciata sul fiume Elba, è tornato in gruppo dopo un anno.

La scorsa stagione, quando ancora vestiva la maglia della Red Bull-Bora-hansgrohe, fu coinvolto in un grave incidente stradale mentre si trovava a Tenerife. Kamna stava lavorando in vista del Giro d’Italia e proprio il Tour of the Alps sarebbe stata la tappa conclusiva di quel cammino.

Il rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a Catalunya
Il rientro alle corse per Kamna è avvenuto alla Volta a Catalunya

Primi feedback

Ritrovare Kamna al foglio firma ci ha fatto un grande piacere, come rivedere qualcuno di caro dopo tanti mesi. La corsa a tappe dell’Euregio non era uno step in vista di grandi obiettivi futuri, ma ha rappresentato un altro passo in una rincorsa per ritrovare se stesso

«Sto bene, in realtà – ci ha raccontato nella mixed zone di Lienz alle spalle del foglio firma – finalmente direi. E’ bello essere tornati in gara, devo dire che ho fatto tanta fatica in questi cinque giorni. Non è semplice tornare in gruppo e avere la giusta condizione, soprattutto dopo uno stop così lungo, però sento di migliorare volta per volta. A dire il vero non vedo l’ora che arrivino le prossime gare. La Lidl-Trek mi ha contattato nel mese di novembre».

Il TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizione
Il TotA ha rappresentato un altro mattoncino nella ricostruzione della forma e della condizione

Lenta ripresa

Lennard Kamna compirà 29 anni il prossimo 9 settembre e in carriera è stato in grado di vincere tre tappe in tutti i Grandi Giri. Una prova di forza non da poco, ma quando tutto si è fermato un anno fa la paura di non ripartire si è impossessata di lui. Questo pensiero gli ha occupato la mente durante tutto l’inverno e anche nei mesi precedenti. Alla fine è arrivata la Lidl-Trek, una squadra nuova pronta a fargli riallacciare il filo con il ciclismo ad alti livelli. 

«Non è facile tornare indietro con il pensiero e la memoria – ha spiegato Kamna – si è trattato di un lungo periodo in cui sono stato lontano dalla bici. Non potevo allenarmi correttamente e mi ci è voluto parecchio tempo per tornare ad un livello accettabile e riprendere i lavori che prima erano la base della mia preparazione. Ora sono tornato a poter correre nel WorldTour e ne sono felice, ma non sono di certo al punto in cui ero prima dell’incidente. Penso ci vorrà ancora un po’ di tempo per questo. Essere in corsa però per me è un ottimo segnale, devo solo continuare ad andare avanti».

L’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorie
L’affetto dei tifosi è rimasto invariato, d’altronde Kamna ha conquistato la simpatia di tutti con le sue vittorie

Vincere ancora

Quando entri nel ristretto club di corridori in grado di vincere una tappa al Giro, al Tour e alla Vuelta vuol dire che i numeri sono quelli di un grande atleta. Ma per vincere in certe gare non bastano i valori che si leggono sul ciclocomputer, il primo alleato è la testa e Kamna dimostra di non aver perso lo spirito che lo ha sempre contraddistinto. 

«E’ stato parecchio difficile riprendere – ha detto ancora – perché ero al punto in cui facevo fatica a pedalare due ore a 180 watt. La squadra mi ha dato tutto il tempo necessario e mi ha supportato alla grande e di questo sono davvero felice. L’obiettivo in questa stagione è tornare a vincere una gara, credo che ogni ciclista professionista debba avere una mentalità vincente. Chiaramente prima di farlo devo tornare al mio livello ma non nascondo che ci penso molto».