Consonni fra il Tour e il primo inverno (quasi) senza pista

11.09.2025
5 min
Salva

Ho vinto un viaggio in Cina? Cosa, un viaggio in Cile? «Hanno cominciato ad ammalarsi tutti – dice Consonni – e a un certo punto ho avuto la sensazione che sarebbe toccato a me. Infatti l’altro giorno è arrivata una mail che lo confermava. In Cina, non in Cile. Quello mi sarebbe piaciuto». In Cile si svolgeranno i mondiali della pista in ottobre, ma Consonni non ci sarà. Della vecchia guardia ci sarà forse Viviani, mentre per il resto si darà spazio al nuovo che avanza. Fa uno strano effetto, ma tutti erano al corrente e il programma sarà rispettato.

Ganna e Consonni, come pure Milan: per il primo inverno da 5 anni non correrano in pista
Ganna e Consonni, come pure Milan: per il primo inverno da 5 anni non correrano in pista
Che effetto fa sapere di non essere nel gruppo del mondiale?

Mi hanno tagliato perché sono troppo vecchio (scoppia a ridere, ndr). E’ strano, molto strano e dispiace, però in questo modo riusciamo a prendere un po’ d’aria. Non dico che s’è cominciato da Rio, ma quasi. Ogni anno si è tirato dritto. Questo probabilmente è il primo anno che abbiamo un quadriennio pieno tra un’Olimpiade e l’altra, quindi vediamolo come il meritato riposo dopo anni di dedizione.

Combattuto fra sentimento e ragione?

La verità è che il mio cuore appartiene alla pista. Se dovessi scegliere tra pista e strada, pochi dubbi. La pista è dove mi sono tolto le emozioni più forti, dove ho sempre vissuto con i miei amici, dove c’è un gruppo che non è solo un gruppo di atleti. Il dispiacere è legato a questo, per il resto va bene così.

Durante l’anno sei andato qualche volta a girare a Montichiari?

Sono andato un paio di volte. Dovevo passarci anche prima nel Tour, però la pista è stata chiusa per dei lavori e quindi la preparazione indoor è stata un po’ un po’ a singhiozzo. Ma visto che siamo sul discorso, questa settimana sono tornato a girare e a fine mese dovrei debuttare in gara a Aigle. La pista non si molla mai.

Dopo la caduta di Carcassonne, il Tour di Consonni è diventato fortemente in salita
Dopo la caduta di Carcassonne, il Tour di Consonni è diventato fortemente in salita
Tua sorella Chiara ha detto di aver avuto difficoltà su strada avendo perso tante giornate in pista.

Qualche giorno fa ho parlato con Manlio Moro, che dieci giorni fa è andato in pista ad allenarsi. Mi ha detto che da una parte gli mancava l’idea di girare, ma non gli mancava il lavoro. Nel senso che quando stai tanto senza girare, senti proprio che ti mancano lo sforzo e il lavoro che fai in pista.

Fine stagione, tempo di pagelle: che voto dai al 2025?

Un bell’otto pieno. I due o tre obiettivi che ci eravamo prefissati li abbiamo raggiunti. Normale che se guardi indietro, qualcosa abbiamo sbagliato o lasciato per strada. Però gli obiettivi grandi li abbiamo centrati e siamo contenti, la squadra è contenta e questo è importante.

La fetta più grande ruota attorno al Tour: quali ricordi risveglia?

Come tutte le grandi corse a tappe, il Tour è stato una montagna russa di emozioni. Siamo partiti male, perché la prima tappa è andata come è andata per una serie di motivi. Poi la prima vittoria con Johnny, la maglia verde sempre presente, la seconda vittoria. Per me personalmente le prime due settimane sono state positive anche come sensazioni, come recupero, come feeling in corsa. Poi invece, a partire dalla doppia caduta prima del secondo giorno di riposo, nell’ultima settimana ho dato poco aiuto in corsa. Ero devastato e i ragazzi sono stati bravi a sopperire alle mie mancanze e ad aiutarmi anche nelle giornate dure.

Del resto la compattezza della Lidl-Trek quest’anno è stata sottolineata più volte.

Questo è il nostro sport e la forza e la grandezza del nostro gruppo è che quando c’è qualcuno più in sofferenza, l’altro riesce a sopperire e aiutarlo sia fisicamente sia mentalmente.

La scorsa settimana, Consonni è stato ospite di Italian Bike Festival a Misano Adriatico
La scorsa settimana, Consonni è stato ospite di Italian Bike Festival a Misano Adriatico
Nel frattempo da un lato la squadra si sta rinforzando e dall’altro il tuo contratto, come quello di Milan e di Mosca, è stato rinnovato.

In qualsiasi corsa siamo partiti, la squadra è stata pronta a tirare dal chilometro zero per il capitano di giornata. La Lidl-Trek è in continua crescita, con l’ingresso di grandi sponsor come Lidl un anno fa e come Unbroken al Tour. Penso che stiamo diventando una delle potenze del ciclismo e aver ricevuto fiducia per altri due anni è motivo di grande orgoglio. Mi definisco sempre un bel corridore, ma non un corridore da grandi numeri e quindi questa attenzione mi fa molto piacere.

Una squadra che ha diversi leader, ma due che si staccano sopra la media. Ci sono punti in comune fra Pedersen e Milan?

Sì, entrambi vogliono vincere, questa è la loro forza più grande e il motivo per il quale li vedete correre poco insieme. Quando partono hanno una sola cosa in testa, cioè vincere. Ed entrambi stanno portando tutta la squadra ad un altro livello. Non si pongono limiti. Questo lo notano tutti, i corridori e lo staff, e ne traggono forza e morale per migliorare e progredire ogni volta.

Diventano di stimolo per gli altri?

Ti costringono a stare al loro passo. Un po’ come nel quartetto, quando si mettono davanti Pippo e Johnny e devi solo chiudere gli occhi e cercare di stare al loro ritmo.

Il super Tour di Milan e Consonni era stato anticipato dalla 1ª tappa al Delfinato, con tanto di conquista della maglia di leader
Il super Tour di Milan e Consonni era stato anticipato dalla 1ª tappa al Delfinato, con tanto di conquista della maglia di leader
Peccato che Stuyven abbia scelto di non farne più parte e andrà alla Soudal…

Jasper che va via è una perdita molto importante per tutto il team e anche per la lunga storia che hanno vissuto insieme (il belga è in questo gruppo da 14 stagioni, ndr). Sono scelte. So che si sono lasciati in buoni rapporti e mi spiace perché penso che tutto dipenda da un fatto di spazi. Ci sono tanti innesti e poi con Mads e Johnny che vuole progredire anche nelle classiche, penso che la scelta di Stuyven sia stata –  tra virgolette – anche un po’ forzata. E’ stata accolta da tutti con dispiacere, però. Di certo, personalmente, sarà brutto ritrovarselo come avversario l’anno prossimo.

Dal Canada alla maglia gialla. La Holmgren non si ferma mai

10.09.2025
5 min
Salva

Di Isabella Holmgren, vincitrice dell’ultimo Tour de l’Avenir Femmes (in apertura, foto @lewiscatel), si parla da molto prima del suo trionfo francese. Tanto che a molti osservatori ha riportato alla memoria una campionessa a cavallo del secolo, Alison Sydor, canadese come lei e come lei capace di vincere sia su strada che in mountain bike, essendo al tempo la grande rivale di Paola Pezzo sui sentieri in giro per il mondo.

La canadese prima a Valais nella prova iridata U23 di short track. Domenica gareggerà nell’XCO (foto UCI)
La canadese prima a Valais nella prova iridata U23 di short track. Domenica gareggerà nell’XCO (foto UCI)

Un titolo mondiale fresco fresco…

La Holmgren, laureatasi ieri campionessa mondiale U23 di short track MTB, però va oltre, perché fa davvero di tutto: è stata iridata junior nel ciclocross, lo stesso dicasi per le ruote grasse e ora sta emergendo in maniera prepotente anche su strada, tanto che ci si chiede se la sua multidisciplinarietà potrà continuare nel tempo o gli impegni sottoscritti con il team la porteranno a dover scegliere. D’altronde, se si considera che insieme a lei c’è anche la sua sorella gemella Ava, forse meno vincente ma essenziale per lei come sostegno in corsa e fuori, c’è un ventaglio ampio di chance che dicono che ci troviamo di fronte a una campionessa del futuro. Se non del presente.

E’ chiaro che il successo nella corsa a tappe transalpina, battendo la campionessa uscente Marion Bunel, è il suo acuto finora più importante: «Penso che sia sicuramente una vittoria davvero speciale, soprattutto perché non è stata solo mia, ma costruita insieme all’intera squadra. Le ragazze hanno lavorato duramente ogni giorno per aiutarmi e assicurarsi che avessi abbastanza energia per l’ultimo giorno, perché si sapeva bene che quella sarebbe stata la giornata decisiva per capire chi avrebbe vinto. Quindi significa sicuramente molto e spero che abbia un impatto positivo sulla mia carriera. Ho appena firmato un contratto triennale con Lidl-Trek e sono davvero felice per dove sono».

Isabella insieme alla sua gemella Ava, con cui condivide tutte le sue attività ciclistiche
Isabella insieme alla sua gemella Ava, con cui condivide tutte le sue attività ciclistiche
Com’è nata la tua passione per il ciclismo, considerando che anche tuo fratello e la tua gemella lo fanno?

Non avrebbe potuto essere altrimenti, visto che i miei genitori si sono conosciuti proprio andando in bici. E’ un’attività che ci coinvolge tutti in famiglia. Tanto che al mercoledì sera c’era il nostro appuntamento settimanale con le gare fra noi ed eravamo molto competitivi… Ma era il nostro momento in famiglia. Poi, crescendo, alcuni dei miei fratelli hanno smesso di andare in bici, ma Ava, Gunnar e io abbiamo continuato e abbiamo preso la cosa un po’ più seriamente.

Ti vedi come specialista delle corse a tappe o anche altro, competitiva nelle prove d’un giorno?

Mi piacerebbe poter fare un po’ di tutto, ma mi piacciono molto le corse a tappe perché bisogna combattere la fatica e, proprio perché a volte ci si stanca di più, mi piace di più. Quando tutti soffrono, emerge chi ha maggiore resilienza, quindi mi piacciono sicuramente le corse a tappe.

La maglia gialla del Tour de l’Avenir è la sua consacrazione a grandi livelli (foto @lewiscatel)
La maglia gialla del Tour de l’Avenir è la sua consacrazione a grandi livelli (foto @lewiscatel)
Tu hai vinto mondiali di categoria nel ciclocross e, poche ore fa, nella mtb, pensi ora dopo i risultati di quest’anno di dedicarti più alla strada?

Al momento cerco di non pormi il problema, mi piace molto unire la strada alla mountain bike. Penso che forse il ciclocross potrebbe essere un po’ più difficile, perché in inverno è complicato allenarsi da me dove fa molto freddo e poi devo considerare che è difficile per me stare a casa durante la stagione della bici da strada e della mountain bike. Quindi quando finiscono le gare ho anche il forte desiderio di tornare in Canada con la mia famiglia. Per questo forse il ciclocross verrà messo in secondo piano ora.

Facendo più discipline gareggi tutto l’anno: come riesci a gestirti?

E’ sicuramente importante riposarsi bene quando possibile, dare la priorità ai giorni di riposo e assicurarsi di recuperare davvero. Dopo il Tour de l’Avenir ho staccato completamente per qualche giorno, ma non è la stessa cosa che passare un po’ di tempo a casa.

Alla Lidl-Trek le danno grande libertà di scelta, ma è probabile che il ciclocross sarà messo da parte
Alla Lidl-Trek le danno grande libertà di scelta, ma è probabile che il ciclocross sarà messo da parte
Dopo il Tour si è un po’ discusso sulla struttura fisica molto esile. Influisce maggiormente nella mountain bike o nel ciclismo su strada?

Onestamente non lo so. Il mio corpo è fatto così. Ognuno ha un corpo diverso e può dare il meglio di sé con quello che ha. Io non credo che abbia un effetto particolare né su una disciplina né sull’altra.

La tua abitudine alle gare offroad pensi sia più utile per le corse in salita o a cronometro?

Penso che con la mountain bike ci voglia un’ora e mezza o poco più di un’ora di sforzo a tutto gas, dove si va sempre al massimo. Quindi penso che questo sia sicuramente un vantaggio per le cronometro e per le gare in montagna più lunghe, dove è necessario avere molta potenza per molto tempo. Anche per questo voglio sfruttare le mie capacità acquisite nell’offroad per emergere nelle corse a tappe.

Le capacità acquisite nell’offroad le danno una marcia in più anche a cronometro (foto DirectVelo)
Le capacità acquisite nell’offroad le danno una marcia in più anche a cronometro (foto DirectVelo)
Capita mai che con tua sorella ci sia rivalità visto che fate la stessa attività?

Diciamo che siamo per natura molto competitive, questo si vede soprattutto quando giochiamo a carte oppure ci alleniamo nella vita di tutti i giorni. Ma quando si tratta di gare, ci sosteniamo a vicenda, ci rispettiamo. Corriamo per la stessa squadra, posso assicurare che fra noi non c’è rivalità, ognuna pensa a svolgere i compiti che gli sono assegnati. Vogliamo solo che l’altra faccia il meglio che può.

Sinceramente, tra la maglia gialla del Tour de France e l’oro olimpico, che cosa preferiresti?

Penso che mi piacerebbero molto entrambe, come si fa a scegliere? E magari non è neanche necessario…

La stagione (solida) di Balsamo. L’analisi tecnica di Larrazabal

08.09.2025
6 min
Salva

Anche ieri al Simac Ladies Tour Elisa Balsamo ha strappato un podio, anzi due. Uno nella generale e uno nella tappa. Rispettivamente è arrivata seconda e terza. Questo ennesimo buon piazzamento, ma non ancora una vittoria, ci porta ad analizzare la sua stagione. Una stagione che non si può non scomporre senza tenere presente un punto cruciale: l’incidente occorsole la passata stagione, quella della terribile caduta che mise in discussione persino le Olimpiadi. Il rientro rapido, il Giro Women e poi Parigi… Ma da lì in avanti non è stato facile. Oggi è comprovato che un atleta di vertice impiega oltre una stagione intera e senza intoppi per tornare al proprio livello.

Altro aspetto che può essere fuorviante: da sempre la carriera di Balsamo è accostata in parallelo a quella di Lorena Wiebes. E il fatto che l’olandese si trovi in stato di grazia può portare a un giudizio distorto. Per questo, per avere il quadro reale della situazione, ne abbiamo parlato con il capo dei coach della Lidl-Trek, Josu Larrazabal.

Josu Larrazabal è il capo dei preparatori in casa Lidl-Trek
Josu Larrazabal è il capo dei preparatori in casa Lidl-Trek
E quindi, Josu, partiamo facendo un quadro generale di Elisa Balsamo…

Alla fine la crescita di Elisa è costante e direi anche più solida. E’ più forte anche in salita. Come avete già accennato voi, non bisogna dimenticare l’incidente della passata stagione, che qualche intoppo poi lo ha portato nel corso dei mesi. No, no… per me la stagione di Elisa è solida.

E ieri ha concluso il Simac Ladies Tour al secondo posto…

Ecco, prendiamo proprio il Simac Ladies Tour: vedendo la classifica e gli ordini d’arrivo delle tappe, vinte quasi tutte dalla Wiebes, può sembrare sia stata una corsa di sole velociste e invece non è stato affatto così. Sì, alcune tappe erano veloci, ma non sono mancati strappi, brevi salite, ventagli, cronometro. Posso dirvi che Elisa non ha sbagliato un ventaglio. E’ sempre stata nel vivo della corsa.

Volendo fare la parte del diavolo, però la vittoria manca da un po’. E siamo abituati a vederla vincere con maggior frequenza…

La stagione è iniziata bene. La Balsamo ha vinto subito un paio di tappe e nella stagione delle classiche è stata bravissima. Ha vinto il Trofeo Binda, che non è affatto una corsa facile. E’ arrivata settima alla Milano-Sanremo, ha fatto podio a De Panne, Gand-Wevelgem e ha vinto la Scheldeprijs. Chiaro, non è a livello di vittorie del 2022, ma quella fu una stagione da record. Nel mezzo c’è stato un incidente importante, è di nuovo caduta al Tour de France Femmes e contestualmente c’è stato un grande salto di livello della Wiebes. E non è tutto.

Al Simac una Balsamo di grande sostanza, competitiva anche a crono
Al Simac una Balsamo di grande sostanza, competitiva anche a crono
A cosa ti riferisci?

Anche in squadra abbiamo avuto cambiamenti importanti, che non sono affatto da trascurare quando devi battere la Wiebes e la sua squadra, che è formidabile. Mi riferisco al fatto che abbiamo un treno nuovo, che deve ancora essere messo a punto. Sta anche a noi riuscire a darle il giusto supporto. Non siamo ancora al massimo sotto questo punto di vista, ma ci stiamo lavorando. Se una sprinter non vince uno sprint sembra sempre che manchi qualcosa, mentre noi tecnici valutiamo tutto anche sotto altri aspetti. Sappiamo che lei può ancora crescere. La Wiebes non so, altrimenti vince il Tour Femmes!

Prima hai accennato al fatto che Balsamo sia più forte anche in salita. C’è in corso una trasformazione fisica dovuta anche al fatto che quest’anno non ha fatto pista?

Dal momento che cambi approccio perché non fai pista è chiaro che qualcosina cambia. Se parliamo di trasformazione fisica nel senso che è più leggera, direi di no: il peso è più o meno quello. Ma con il coach e marito Davide Plebani stiamo facendo un ottimo lavoro. Il problema è che anche la Wiebes è più forte in salita e lo si è visto per come ha superato il Poggio e gli strappi di tante altre classiche.

Chiaro, è riduttivo ormai parlare “solo” di velociste…

In certi momenti diventa uno scontro uno a uno, devi stare al vento ma su questo vedo che Elisa è pronta. Vincere tre volte il Binda, che è una gara dura, non è cosa da semplici sprinter. Lo stesso fare seconda alla Parigi-Roubaix Femmes. Per questo sono convinto che arriverà anche il giorno in cui vincerà la Sanremo. Lo dico perché stiamo andando in quella direzione. Poi ripeto, se parliamo di vittorie aggiungo che in certi sprint non puoi fare tutto da sola: il supporto della squadra è vitale.

Balsamo è sempre più una leader del team e questo contribuisce alla sua crescita (foto Instagram)
Balsamo è sempre più una leader del team e questo contribuisce alla sua crescita (foto Instagram)
E’ previsto un ritorno in pista per Balsamo da qui a breve, a fine anno?

Non ne abbiamo parlato. I piani si fanno a dicembre anche con la federazione. Per quest’anno posso dire che non farà gare. Poi per i prossimi anni ci tornerà sicuramente, anche a noi fa piacere. Siamo abituati anche con altri atleti a stendere programmi misti, sono progetti importanti, ma ci sono certe pause da rispettare. Anche perché non si tratta solo di fare questa o quella gara, ma di programmare tutto: fasi di preparazione, gare su strada e su pista, ritiri, altura, fasi di recupero.

Quindi quale sarà il programma di Elisa Balsamo da qui a fine stagione?

Correrà fino alle ultime gare WorldTour in Cina. Prima farà Stoccarda, GP Wallonie, Tre Valli ed è in lista per il Giro dell’Emilia anche se in ogni caso non sarebbe al via per puntare, ma come avvicinamento alla Tour of Chongming Island che è una corsa a tappe sempre in Cina prima del Tour of Guangxi. Fare tante corse, specie WorldTour, per noi quest’anno è importante, non solo per il ranking a squadre, dove siamo quarte.

Con Copponi (in maglia verde) e Norsgaard un treno valido ma da migliorare ancora secondo Larrazzabal
Con Copponi (in maglia verde) e Norsgaard un treno valido ma da migliorare ancora secondo Larrazzabal
E anche per cos’altro?

Perché come detto siamo in una fase di transizione. Per il treno dobbiamo lavorare su certi automatismi. Emma Norsgaard, Clara Copponi e poi Balsamo. Ma in generale lo scorso anno avevamo due atlete come Gaia Realini, che quest’anno si è dovuta riprendere, e una certa Elisa Longo Borghini che in determinate corse facevano un certo lavoro. Non sono due atlete banali. E per dire quanto sia cresciuta Elisa: a Durango, corsa molto dura, ha aiutato molto il team. Una gara del genere nel 2024 con Longo e Realini l’avremmo controllata più facilmente.

Chiaro…

Elisa è stata la chiave della vittoria anche se personalmente, guardando l’ordine d’arrivo, non era davanti. Una vera donna-squadra. Si staccava, rientrava, tirava… Per questo dico che è solida. Alla fine le vittorie sono le stesse dell’anno scorso ma con tanti secondi posti in più. Basta che tre di quei secondi posti fossero vittorie e già sarebbe cambiato tutto.

La Trek Madone di Simone Consonni: posizione e setup

07.09.2025
6 min
Salva

MISANO ADRIATICO – E’ una delle bici più iconiche del gruppo e uno dei modelli di punta di Trek: la Madone. Sotto le gambe di Simone Consonni, velocista del Lidl-Trek, questo mezzo assume un valore particolare. Aerodinamica, guidabilità e sicurezza sono i pilastri di una bici pensata per correre a tutta velocità, ma anche per garantire stabilità nei tratti più tecnici.

In questa intervista, Consonni ci racconta i dettagli della sua Madone, dalle scelte di posizione ai materiali, dalle ruote alle coperture fino alle preferenze per rapporti e pedali. Un viaggio dentro la bici di un professionista (con il professionista) fatto di piccoli accorgimenti che possono fare la differenza quando la vittoria si gioca su pochi watt.

La Trek Madone di Consonni. Qui quella da allenamento con borracce tradizionali e anche la videocamera posteriore montata per l’occasione dell’IBF
La Trek Madone di Consonni. Qui quella da allenamento con borracce tradizionali e anche la videocamera posteriore montata per l’occasione dell’IBF
Simone, qual è la prima cosa che vuoi dalla tua bici?

Sicuramente la sicurezza. E’ un tema molto discusso ultimamente e con questo modello il miglioramento è evidente. A livello di guida e tenuta, anche in discesa, la bici è incredibilmente ferma e facile da utilizzare, soprattutto quando bisogna spingere forte. Noi la portiamo all’estremo, ma questo si riflette anche per chi la usa tutti i giorni sulle strade, che purtroppo sono sempre più pericolose. Per me questa è la caratteristica principale.

Da velocista, immaginiamo che il secondo punto cardine sia l’aerodinamica…

Esatto. Già la “vecchia” Madone era ottima, ma con questa abbiamo fatto un passo avanti. In più le borracce aerodinamiche sono una chicca che dà un vantaggio reale e grazie a Trek e agli altri componenti abbiamo una delle bici più veloci del gruppo. In un ciclismo che va sempre più forte, avere un mezzo così è fondamentale.

Per quanto riguarda la posizione, hai cambiato qualcosa negli ultimi anni?

Non ho stravolto molto a dire il vero. Ho solo accorciato leggermente le pedivelle: da 172,5 sono passato a 170. Il manubrio è da 37, abbastanza stretto, l’attacco da 120 negativo. La mia posizione è rimasta simile, ma mi sono leggermente avanzato e negli ultimi anni ho inclinato sempre di più la sella, anche questa in negativo per avere più stabilità quando spingo. Sono piccoli accorgimenti che aiutano a cercare quel watt in più.

Le selle inclinate, Simone, sono una tendenza che notiamo sempre di più ma la domanda è: non si scivola in avanti?

Secondo me dipende da persona a persona. Io devo dire che non ho troppo questa problematica e penso che sia un discorso legato non solo alla bici e alla posizione ma a tutto il “pacchetto” dei materiali. Mi spiego: con la sella Bontrager e i pantaloncini Santini non ho mai avuto problemi di stabilità di scivolamenti in avanti. Il materiale che abbiamo a disposizione è davvero al top, quindi posso permettermi un’inclinazione più decisa, più racing senza inconvenienti.

Più o meno qual è l’inclinazione della tua sella?

Meno 5°. E’ abbastanza inclinata, ma solo da un anno circa: prima la tenevo a meno 2°. Mi dà la sensazione di avere il bacino più libero. Sono dettagli che scopri anno dopo anno, cercando sempre di perfezionare la posizione. Lo ammetto però: i meccanici soffrono un po’, perché sono molto pignolo! Il mio meccanico di riferimento è Mauro Adobati e sono il suo incubo. Pensate che quando viaggio, nelle trasferte, mi porto sempre reggisella e sella da casa.

Il lombardo in azione nelle fasi che precedono lo sprint. La Trek Madone si adatta perfettamente anche alle sue doti di pistard
Il lombardo in azione nelle fasi che precedono lo sprint. La Trek Madone si adatta perfettamente anche alle sue doti di pistard
Parliamo di ruote: qual è il tuo setup preferito?

Fino all’anno scorso usavo quasi sempre le 51, perché il vecchio telaio Madone era più massiccio. Con questa nuova mi piace alternare le 51 con le 62, soprattutto nelle corse più veloci e con poco dislivello. Sui percorsi misti le 51 vanno benissimo, ma le 62 possono dare quel watt in più che fa la differenza. In questi ciclismo bisogna limare su tutto!

E per le coperture?

Uso quasi sempre le Pirelli da 28 millimetri. Quest’anno non ho fatto molto Nord, ma abbiamo a disposizione anche i 30 millimetri che si usano soprattutto per quelle corse. Con i 28 millimetri però copri la maggior parte delle situazioni, direi il 95 per cento delle gare. Per una Roubaix, chiaramente, serve un setup più particolare.

Cosa ci dici dei rapporti?

Grazie a SRAM uso la cassetta 10-36 con il monocorona. Mi piace molto il 54 denti davanti: con il 10-36 vai dappertutto. Anni fa le corse si affrontavano diversamente e nelle prime ore potevi risparmiarti con il “rampichino” per esagerare il concetto. Oggi se provi a salvare la gamba sei già fuori. Con questo setup invece hai sempre margine.

Le più utilizzate? Le gomme da 28 millimetri
Le più utilizzate? Le gomme da 28 millimetri
Capitolo pedali: da velocista prediligi un attacco molto stretto?

Sì, abbiamo i Time aero (gli XPRO 12 SL, ndr) ed uso la tacchetta fissa. Voglio il piede ben fermo sul pedale, per me è fondamentale. E’ una questione di feeling, di dispersione di energia ma anche si sicurezza.

Molti professionisti oggi prendono la bici con l’impugnatura alta sulle leve. Vale anche per te, Simone?

Sì, ormai mani alte per il 90 per cento del tempo. Si è visto che è anche più aerodinamico anche quando si spinge. Anche per questo si mette un attacco un po’ più lungo e puoi “simulare” tra virgolette la posizione da crono. La presa bassa ormai si usa solo nelle volate e in discesa.

Però con i tanti dossi che ormai s’incontrano soprattutto negli attraversamenti dei centri abitati non rischi di perdere la presa e di scivolare in avanti?

In parte è vero, ma con le nuove leve SRAM la situazione è migliorata molto. Sono più ergonomiche, rialzate in avanti e ti permettono di stare ore in comodità e in sicurezza in posizione aerodinamica.

Lidl-Trek, l’anno dei punti. Con Bennati fra Giro, Tour e Vuelta

03.09.2025
5 min
Salva

Pedersen al Giro, poi Milan al Tour e ora di nuovo Pedersen, che guida la classifica a punti della Vuelta con 9 lunghezze di vantaggio su Vernon (in apertura Mads con la sua maglia verde, accanto a Vingegaard in rosso). Per la Lidl-Trek non sarà ancora la stagione dei record, ma la prospettiva di portare a casa le tre maglie è certo interessante. E allora ci siamo chiesti quali differenze ci siano nella lotta per la classifica punti fra Giro, Tour e Vuelta. E ci è venuto in mente di chiederlo a Daniele Bennati, che ha vinto la maglia verde spagnola nel 2007, la ciclamino del Giro nel 2008. Era invece terzo nella classifica a punti al Tour del 2006, dietro McEwen e Freire, quando una caduta lo rispedì a casa a cinque tappe dalla fine. In aggiunta, Bennati fu uno dei primi corridori nel 2011 a firmare per l’allora Leopard Trek di Luca Guercilena, restandoci per due stagioni con 7 vittorie, che anni dopo sarebbe diventata l’attuale Lidl-Trek.

«Senza dubbio la maglia verde al Tour – dice il toscano – è quella più difficile da conquistare. Devo essere sincero, nel 2006 ero abbastanza vicino a McEwen. Probabilmente non l’avrei vinta, però me la sarei giocata. Caddi nella discesa del Telegraphe dopo aver scalato il Galibier e dovetti tornare a casa prima. In termini di difficoltà la maglia verde al Tour è molto più complicata rispetto al Giro e alla Vuelta, ma è inevitabile che per vincerle bisogna andare super forte in tutti e tre».

Bennati ha vinto la maglia a punti di Giro e Vuelta. Nel 2006, secondo dietro Boonen in giallo, indossò la verde per un giorno
Bennati ha vinto la maglia a punti di Giro e Vuelta. Nel 2006, secondo dietro Boonen in giallo, indossò la verde per un giorno
A parte la caduta del 2006, nel 2007 hai vinto due tappe al Tour, ma arrivasti sesto nella classifica a punti. Come mai la verde era così ostica per te?

Ero una vera frana nei traguardi volanti, penso di non averne mai vinto uno in vita mia e di aver perso anche contro corridori che sulla carta erano molto meno veloci di me. Questo mi ha penalizzato molto al Tour, perché gli sprint intermedi sono sempre molto importanti per conquistare la maglia verde, oltre al vincere le tappe e fare tanti piazzamenti. Io vinsi due tappe e poi feci un sesto e un quarto posto. Petacchi ad esempio conquistò la maglia nel 2010, vinse due tappe, ma per cinque volte entrò nei primi tre. Quando va così, sei avvantaggiato, perché un po’ puoi disinteressarti dei traguardi volanti.

Puoi tornare sul tuo essere una frana negli sprint intermedi?

Non avevo la capacità di fare la volata a metà tappa. Forse un problema di motivazione, ma non riuscivo a dare tutto me stesso nei traguardi volanti. Per vincere la maglia verde al Tour devi avere anche la capacità di sprintare dopo 20 chilometri oppure dopo 80 e questo sicuramente Milan ce l’ha nelle sue corde. Ne ha vinti diversi e questo è sicuramente un valore aggiunto, forse perché, essendo un pistard, ha la capacità di andare fuori giri anche dopo pochi chilometri.

Al primo Tour, dopo due ciclamino al Giro, Milan ha vinto due tappe e la maglia verde
Al primo Tour, dopo due ciclamino al Giro, Milan ha vinto due tappe e la maglia verde
C’è differenza nella lotta per la classifica a punti fra i percorsi dei tre Grandi Giri?

Quando ho vinto la maglia a punti della Vuelta, fino all’ultima tappa non l’avevo ancora indosso. Negli anni il regolamento è cambiato. In quel 2007, le tappe di montagna e quelle di pianura davano lo stesso punteggio. Per noi velocisti diventava ancora più complicato. Io avevo vinto tre tappe, però mi ricordo che in quella finale di Madrid la maglia verde ce l’aveva Samuel Sanchez. Anche lui aveva vinto tre tappe, quindi era più avanti di me. Riuscii a conquistare la maglia a punti battendo Petacchi su quell’ultimo arrivo.

Invece al Giro?

Nel 2008 davano gli stessi punti per le tappe pianeggianti rispetto a quelle di montagna. Ricordo che Emanuele Sella aveva vinto anche lui tre tappe e un giorno venne a dirmi: «Stai attento, Benna, perché ti rubo la maglia ciclamino!». Infatti arrivò secondo nella cronoscalata di Plan de Corones e ci ritrovammo molto vicini nella classifica a punti (51 punti, ndr). Per fortuna nelle ultime tappe feci anche qualche altro piazzamento in tappe intermedie e mi salvai. Ma il fatto di avere per tutte le tappe lo stesso punteggio faceva sì che dovessimo lottare contro quelli di classifica e chi vinceva le tappe di montagna. Magari dalla mia c’era il fatto che essendo più veloce rispetto a quelli di classifica, qualche traguardo volante andando in fuga potevo vincerlo e comunque portare a casa un po’ di punti.

Dopo la maglia a punti alla Vuelta del 2022, Pedersen ha conquistato la ciclamino all’ultimo Giro
Dopo la maglia a punti alla Vuelta del 2022, Pedersen ha conquistato la ciclamino all’ultimo Giro
Quindi, che si tratti del Giro, del Tour o della Vuelta, la maglia a punti non viene per caso, ma c’è da studiare il modo per conquistarla?

Esatto. Dosando il lavoro dei compagni in rapporto al percorso della tappa. Giusto la UAE Emirates fa eccezione, ma solo perché hanno Pogacar e quando c’è lui, non portano il velocista. Anche perché Tadej volendo potrebbe vincere anche la maglia a punti. Per il resto si studiano i percorsi e si mette a punto la miglior strategia per portare a casa la maglia a punti. 

La Lidl-Trek al Tour aveva soltanto Milan, data la caduta di Skjelmose. Al Giro e alla Vuelta ha Pedersen e Ciccone, dovendo aiutarli entrambi. Un super lavoro?

Se in squadra c’è l’uomo di classifica, il velocista deve accontentarsi di un paio di compagni. Ormai le squadre sono attrezzate e possono reggere insieme l’uomo di classifica e il velocista. Poi, come per Pogacar, dipende anche dal livello dell’uomo di classifica. Quando a fine carriera ho corso per Contador, non c’era maglia a punti che reggesse: si tirava per lui e basta.

Ciccone-Pedersen: Moser, due sconfitte tanto diverse?

26.08.2025
5 min
Salva

Se il commentatore è acuto, spaccare il capello in due può risultare un gioco molto stimolante. Per cui quando raggiungiamo Moreno Moser e gli proponiamo di confrontare i due secondi posti di Ciccone e Pedersen nella seconda e nella terza tappa della Vuelta, il gioco riesce subito alla grande. Il trentino sta affiancando Gregorio e Magrini nelle dirette integrali della corsa su Eurosport, mentre dalla prossima settimana il posto di Magrini sarà preso da Wladimir Belli.

Ciccone è stato battuto da Vingegaard a Limone Piemonte, quando credeva di avere ormai vinto. Pedersen è stato infilzato da Gaudu ieri a Ceres, quando anche lui credeva di averla portata a casa. Ci sono dei punti in comune, secondo Moser?

«Secondo me entrambi non hanno sbagliato nulla – riflette Moser – semplicemente ogni tanto ti battono. Ciccone sicuramente è partito un po’ lungo, ma non lunghissimo. Se non fosse partito lui, sarebbe andato Vingegaard. Jonas, semplicemente, l’ha battuto. Abbiamo visto più volte anche al Tour che in questi arrivi Vingegaard è diventato pericolosissimo. Dopo Tadej, c’è lui. E ovviamente, mancando l’imperatore… Quella di Ciccone mi sembra una sconfitta onorevole».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Facciamo un appunto nato guardando la televisione, che quindi può lasciare il tempo che trova. Ciccone sembra troppo duro (lo ha detto anche lui) e forse perde una pedalata voltandosi a guardare indietro.

Si è girato, sì. Ci sta che in quel momento abbia perso qualcosa. Probabilmente non pensava che ci fosse ancora qualcuno con la forza per poterlo passare. A mio avviso, se avesse saputo che Vingegaard era già così vicino, non si sarebbe girato. Pensava di averli a ruota, non di averne uno già al fianco, che stava venendo su.

Si può dire che gli abbia quasi tirato la volata?

Sicuramente gli ha tirato la volata, però c’è sempre qualcuno che parte prima e non vuol dire che per questo la perda. Gli sono mancate un po’ di gambe. Anche lui ha parlato del rapporto, però ha anche detto che non vuole cercare scuse. Secondo me è assolutamente onorevole come secondo posto. Ovvio che quando ci arrivi così vicino, con la possibilità di fare tappa e maglia, brucia di più. Però erano i due favoriti e se la sono giocata. Ovviamente a Cicco manca una vittoria, però in questo momento Giulio non mi delude in nessun modo.

Dici che Vingegaard è diventato pericoloso su questi arrivi: ci ha lavorato per duellare con Pogacar?

Secondo me sì, è diventato più esplosivo e si era già visto al Delfinato. L’ha detto lui stesso di aver messo più massa rispetto all’anno scorso e in fin dei conti la massa serve esattamente a questo.

A ben vedere, al Tour del 2024 aveva già battuto Pogacar in un testa a testa a Le Lioran…

Effettivamente aveva già fatto quel numero. Forse l’abbiamo semplicemente sempre sottovalutato anche da questo punto di vista. Avendo di fronte uno come Tadej, che ti fucila sempre con facilità, dai per scontato che Vingegaard non sia adatto per questi arrivi. Se ci fosse stato Pogacar, avrebbe vinto con 20-30 metri. E probabilmente avrebbe vinto anche ieri a Ceres.

Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ieri però non abbiamo visto il super Pedersen del Giro, altrimenti non avrebbe vinto Gaudu…

Infatti anche secondo me non è il solito Pedersen. L’ho detto anche facendo la prediction prima della cronaca: non mi sembra Pedersen al suo massimo splendore. Nella prima volata s’era perso. Ieri nello sprint intermedio ha perso la ruota del suo compagno. Non so cos’abbia, perché in realtà arrivava dal Danimarca in grandissima condizione.

Di sicuro non si aspettava che a batterlo fosse Gaudu.

L’ha detto anche Vingegaard che il francese ha fatto un’entrata un po’ assassina in quell’ultima curva, però è il ciclismo e va bene. E’ entrato a quel modo perché veniva su molto forte prima della curva, mentre tutti gli altri erano un po’ piantati. S’è buttato in curva, ma nessuno ha frenato, perché si arrivava forti. Quindi Gaudu sta bene, l’aveva dimostrato già il giorno prima. Ma il Pedersen in forma, secondo me, sarebbe entrato in curva molto più forte e poi non lo avrebbe passato nessuno. Avrebbe iniziato la volata già prima della curva, invece era un po’ seduto.

Tu dici che era un arrivo adatto a lui, che pesa 13 chili più di Gaudu? Forse avrebbero dovuto tirare per lui fino alla curva?

Forse se Cicco avesse avuto le gambe per portarlo più avanti, a quel punto avrebbe vinto Mads, ma erano tutti a tutta. Forse era un arrivo al limite per lui e per le sue caratteristiche. Se vai a vedere, oltre a lui sono tutti scalatori.

Pedersen ha vinto la tappa di Vicenza al Giro, ma era un muro stile classiche…

Quel Pedersen ieri avrebbe dominato, avevo quasi dimenticato quel numero. Fece una roba stratosferica, però è anche vero che batté Van Aert. Era un finale da classiche, più che una vera salita, anche se terzo arrivò poi Del Toro. Per questo motivo non me la sento di affiancare i due secondi posti, per tornare alla domanda di partenza. Alla fine sono due cose diverse. Ciccone si è fatto battere da un super campione ed è stata una mezza beffa, che però ti tocca accettare.

La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
Dici che Pedersen non l’ha vissuta come una beffa?

Si è fatto battere da un nome a sorpresa, perché probabilmente non è al cento per cento. Però è vero che ci è rimasto malissimo. Anche perché quando ci arrivi così vicino, ci rimani sempre male. Peggio ancora quando ti batte uno che non ti aspetti. Secondo me sono due secondi posti che sembrano simili, due mezze beffe, che però sono nati in modi diversi. Quando fai secondo per 10 centimetri, in fin dei conti rientra quasi nell’ambito della casualità.

Oppure, parlando di arrivi in salita, significa che c’è un livellamento incredibile verso l’alto e 10 centimetri diventano un vuoto incolmabile?

Anche quello, sì. Ma quel metro che ti manca non è fra le cose che puoi calcolare quando parti. E comunque, sempre una grande Lidl-Trek. Al Giro gli è andato tutto bene. Qui magari fanno le stesse cose, ma invece di fare primi, sono secondi. Quei 10 centimetri non bastano per dire che uno è andato più forte, diventa quasi un errore di misura. Anche se in entrambi i casi un po’ di gambe sono mancate.

Fermi tutti, per le tappe (e la classifica) c’è anche Ciccone

23.08.2025
4 min
Salva

Giulio Ciccone alla Vuelta per la classifica o le tappe? Probabilmente per entrambe, se la prima dovesse diventare conseguenza delle seconde. Lo ha spiegato Pedersen: l’idea di replicare quello che non è stato compiuto al Giro sarà completa solo se “Cicco” salirà sul podio di Madrid. Nel catalogo della squadra americana, che dal prossimo anno sarà tedesca ed è ben dotata di uomini veloci e per le classiche, con Tao Geoghegan Hart che non ha mai ingranato, manca l’uomo della sicurezza nei Grandi Giri. La sfida di Ciccone intriga proprio per questo ed è il motivo per cui accanto all’azzurro si concentrano tutti i compagni.

Saranno voci, infatti, ma intorno alla Lidl-Trek si respira aria di clamorose novità. Parlando con Pedersen due giorni fa, è emerso il fatto che la partenza di Stuyven e Declercq che smette (passano entrambi, con ruoli diversi, alla Soudal-Quick Step) sembrano indebolire il reparto delle classiche. Il danese non ha approfondito il discorso. Ha detto che altri verranno e ha lasciato sul tappeto una frase sibillina circa la sua partecipazione ai prossimi Tour. Un riferimento alla possibilità che la squadra decida di specializzarsi nelle classifiche generali e potrebbe non avere più spazio per i velocisti nella corsa (cosiddetta) più importante al mondo. Contemporaneamente si è diffusa la voce del probabile arrivo di Juan Ayuso, da poco corridore di Giovanni Lombardi, che sembrava promesso alla Movistar. I soldi freschi di Lidl potrebbero aver riaperto il discorso. In questo scenario di lavori in corso senza altri riferimenti, Ciccone si avvia alla partenza della Vuelta da Torino con ambizioni niente affatto ridimensionate. Si vive oggi per oggi e domani si vedrà.

Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Si parla di un tuo possibile attacco già domani nella tappa che arriva a Limone Piemonte, è una salita che già può fare un po’ di selezione?

E’ una salita che onestamente non conosco. Ho visto il profilo altimetrico e non sembra durissima, quindi onestamente non ci aspettiamo una grandissima selezione. Però sicuramente sarà fatta forte e per questo resta adatta a me che sono anche abbastanza esplosivo e veloce. Quindi domani può essere una giornata buona, per iniziare questa Vuelta col piede giusto. Diciamo che nella seconda tappa non si vince la Vuelta, però forse si può perdere.

La condizione è buona?

E’ molto buona, quindi vediamo. Non è la stessa che avevo prima del Giro, alla Liegi o all’inizio della stagione. Non ho cambiato niente. Ho solo avuto un buon recupero dopo l’incidente e mi sono allenato molto in altura per migliorare.

Il recupero è stato più difficile mentalmente o fisicamente?

Non è stato un periodo facile per me dopo la caduta al Giro. Certo, c’è stata molta delusione, ma una volta superata quella e vista la luce in fondo al tunnel, mi sono sentito motivato a tornare a correre più forte di prima. Non mi sarei mai aspettato di vincere subito, ma la vittoria a San Sebastian è stata davvero incredibile. Il fatto che poi sia venuta anche la tappa alla Vuelta a Burgos mi ha semplicemente confermato che la mia forma fisica è quella che voglio.

Fabio Aru, che giusto dieci anni fa ha vinto la sua Vuelta, ti ha consigliato di puntare alle tappe e lasciar stare la classifica.

In una corsa così dura, le tappe sono una priorità. Ma è anche vero che se sei in grado di vincere le tappe con degli arrivi così impegnativi, probabilmente la classifica può arrivare di conseguenza. Come ho detto già, la priorità è quella di vincere, senza altro assillo, ma senza chiudermi la porta sulla classifica prima ancora di essere partiti.

Pedersen propone di ripetere lo schema del Giro…

E io sono d’accordo con lui. Abbiamo tutto quello che serve e siamo complementari. A fine stagione non è mai facile come all’inizio, ma entrambi, per un motivo o per l’altro, abbiamo grandi motivazioni.

Quindi pensi di aver messo in valigia tutto ciò che serve?

Sono davvero felice e parto con piena fiducia in me stesso e nella squadra. Questa corsa è sempre una sfida speciale, con un terreno difficile, ma il mio obiettivo è continuare a migliorare. Sappiamo che la Vuelta può essere imprevedibile, ma sono determinato a correre al massimo livello possibile e a sfruttare al meglio ogni opportunità in questo viaggio verso Madrid.

Il Tour non è tutto. E ora Pedersen si avventa sulla Vuelta

22.08.2025
5 min
Salva

Che il 2025 sarebbe stato per lui un anno giusto si era capito sin dalle prime corse di stagione. E se le vittorie e il buon umore del Giro d’Italia avevano offerto di Mads Pedersen un’immagine burlona e più solare del solito, non c’è dubbio che lo strapotere messo in mostra nel Giro della sua Danimarca lo proietti sulla Vuelta con credenziali d’eccezione. Il danese della Lidl-Trek sarà l’uomo da battere sin da domani sul traguardo di Novara.

Ieri Mads ha incontrato la stampa e la sensazione di solidità e serenità che ha… raccontato per tutto il tempo conferma un livello che anno dopo anno si fa più solido. Se ne è accorto Jasper Stuyven, che per scavarsi un po’ di spazio, alla fine dell’anno passerà alla Soudal-Quick Step. Fra Pedersen e Milan, per lui si stavano chiudendo troppe porte. 

Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Sei d’accordo sul fatto che al Danimarca hai messo in mostra doti e numeri al livello del Giro?

Sto bene e i numeri sono abbastanza buoni. Non sarebbe possibile vincere come abbiamo fatto, senza avere i numeri tutti a posto. E’ stato un buon test per la Vuelta, ho capito di essere nella forma giusta e sono pronto per le prossime tre settimane.

Viviani ha raccontato di aver lavorato tanto in salita, viste le tappe che vi attendono. Tu hai cambiato qualcosa?

No, non ho fatto niente di diverso. Mi sono allenato normalmente, ho affrontato lo stesso numero di salite e così via. La preparazione non è stata incentrata sulla montagna, ma sull’essere in ottima forma ed essere in grado di spingere al massimo per il tempo necessario.

Cosa ha significato per te l’aggiunta di Jasper Phillipsen alla lista di partenza?

Non è un segreto che vorrei la maglia roja di leader nella prima tappa e la presenza di Philipsen lo renderà più difficile. E’ uno dei migliori velocisti al mondo e lo ha dimostrato al Tour vincendo la prima tappa e vestendo la maglia gialla. Sarà più difficile, ma niente è impossibile. Ho corso contro di lui in Danimarca e in passato l’ho anche battuto in uno sprint di gruppo. Questo mi dà fiducia in me stesso e nella squadra. Spero che possiamo iniziare questa corsa con un buon risultato.

Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Hai già un’idea di treno?

Guardando solo gli ultimi ad entrare in azione, ci sarebbe Sergeant davanti a me e Dan Hoole davanti a lui. Ma tutto cambierà di giorno in giorno e ovviamente anche da come verrà fatta la tappa. Quindi non so elencare il treno completo, ma spero che questi due ragazzi saranno lì tutte le volte che dovremo fare uno sprint. Ma non siamo qui soltanto per me. Puntiamo anche alla classifica con Ciccone e alla maglia a punti con me.

La squadra ha dato delle priorità fra questi due obiettivi?

Penso che possiamo gestire le due priorità e condividere il lavoro, la pressione e i risultati. Lo stavamo dimostrando al Giro, dove abbiamo fatto un lavoro quasi perfetto. Fino alla caduta di Ciccone eravamo in un’ottima posizione e crediamo di poter fare lo stesso, altrimenti uno di noi sarebbe rimasto a casa. Giulio ed io pensiamo davvero che insieme potremo aiutarci a vicenda.

Hai detto che il Giro è stato quasi perfetto, cosa servirebbe perché la Vuelta lo fosse completamente?

Cicco sul podio di Madrid, facile!

Cosa puoi dirci del tuo programma di quest’anno, con Giro e Vuelta e niente Tour?

Mi ha fatto capire che il Tour de France non è tutto. Abbiamo tante gare in calendario e se il Tour de France è l’obiettivo principale, allora potresti non rendere al 100 per cento nelle altre. All’inizio di questa stagione, non sono stato selezionato per il Tour perché volevamo andare con Johnny (Milan, ndr) per i suoi sprint. Io da parte mia volevo ottenere il massimo da ogni opportunità che mi si presentava, comprese le classiche. Ho voluto mettermi subito pressione, iniziare a vincere e ottenere il maggior numero di vittorie possibile. Poi è venuto il Giro e ora la Vuelta. E mi sono chiesto: perché non affrontarla con le stesse ambizioni che avevamo al Giro? Anche perché metà della squadra è la stessa di due mesi e mezzo fa. Così abbiamo alzato la posta per ottenere il massimo.

Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Sembra di capire che dietro ci sia anche un ragionamento molto approfondito sulla preparazione…

In realtà, faccio solo quello che mi dice il mio allenatore, è un tipo intelligente: dovreste parlarne con lui. Quando corro, cerco solo di avere la mente lucida per cercare di vincere quando è possibile e finora ha funzionato. Se anche la Vuelta dovesse andare a rotoli, penso che la stagione sia stata comunque positiva.

Questo significa che comunque vorresti tornare al Tour?

E’ la gara più importante, non ho ancora finito con il Tour. Il mio obiettivo è vincere un giorno la maglia verde. E poi perché dovrei metterlo da parte? Solo perché non lo faccio per una stagione? Non sto ancora pensando al ritiro o cose del genere, quindi le squadre possono avere piani diversi che l’anno successivo magari cambiano. E allora magari al Tour ci tornerò l’anno prossimo, chi può dirlo?

Pista, strada, scuola. L’intensa giovinezza di Chantal Pegolo

21.08.2025
5 min
Salva

In queste ore Chantal Pegolo è impegnata ad Apeldoorn con la nazionale su pista per i mondiali juniores e si fa molto affidamento su di lei viste le sue caratteristiche di perno della squadra, non a caso inserita sin dallo scorso anno nel quartetto. Questa peculiarità sta emergendo in maniera sempre più prepotente anche su strada e d’altronde ha sempre fatto parte della sua essenza, anche quando era allieva e non per niente è stata inserita nella nazionale italiana per gli Eyof.

Mettiamo da parte la pista per un attimo. In questa stagione su strada la veneta ha disputato 17 corse e solamente in un’occasione ha mancato la top 10, con le due vittorie al Giro delle Marche in Rosa e al GP Industria e Commercio. Ma al di là delle vittorie è proprio la sua costanza di rendimento ad alti livelli a colpire.

La veneta è impegnata in questi giorno ai mondiali juniores di Apeldoorn. Oggi per lei la gara a eliminazione (foto UEC)
La veneta è impegnata in questi giorno ai mondiali juniores di Apeldoorn. Oggi per lei la gara a eliminazione (foto UEC)

«Molto dipende dal fatto che quest’anno ho cambiato preparatore, ora sono con Luca Quinti. Sono subito partita abbastanza bene e forte perché puntavo al Trofeo Binda, dove volevo far bene, invece proprio lì per alcuni problemi ho mancato completamente. Anch’io però mi sono accorta di questa costanza che si traduce in grande facilità nel fare ogni cosa, anche se ammetto che prima dei mondiali ho dovuto staccare un po’ perché ero stanca e questo si è sentito anche in qualche seduta di allenamento in pista, non stavo bene».

Tante volte voi juniores gareggiate insieme alle elite in una classifica a parte, ma a te è capitato anche di vincere nel confronto. Quelle vittorie hanno lo stesso sapore, lo stesso effetto di quando correte solo fra voi?

Eh sì, sicuramente, anzi valgono anche di più perché sono gare completamente diverse. Specialmente quando ci troviamo in salita perché loro sono molto più esperte, sono più formate soprattutto, più strutturate. Alcune di loro hanno fatto il Giro d’Italia e tante altre gare all’estero, hanno un bacino d’esperienza molto superiore. Quindi anche piazzarmi tra di loro fa molto piacere, significa che sto imparando velocemente.

Agli europei juniores, Pegolo ha vinto la corsa a punti. Argento nel quartetto e nella madison (foto UEC)
Agli europei juniores, Pegolo ha vinto la corsa a punti. Argento nel quartetto e nella madison (foto UEC)
Due anni fa, quando hai partecipato agli Eyof, Silvia Epis, la selezionatrice azzurra diceva che tu eri la classica ragazza fulcro della squadra, quella che sapeva fare gruppo e questa cosa sta riemergendo adesso…

Diciamo che è una cosa spontanea, fa parte del mio carattere. E’ una cosa che non si impara, è una dote che cerco di sfruttare anche in pista. Il quartetto si basa moltissimo sull’armonia, quando c’è accordo e legame fuori dall’anello, anche tutti i meccanismi tecnici che fanno andare avanti il quartetto funzionano meglio. L’anno scorso eravamo abbastanza staccate fra noi perché non eravamo molto amiche. Ora le cose sono cambiate, abbiamo lavorato molto per cercare di avere l’armonia giusta per poter affrontare le gare nel modo migliore. Se sbagliamo un qualcosa non dobbiamo rimproverarci di niente, ma solo capire che siamo qua per fare esperienza e per imparare. E questa armonia si sente.

Tra strada e pista che cosa preferisci e su quale poni più speranze, anche magari per un futuro olimpico?

Bella domanda, allora diciamo che la disciplina che mi piace di più in assoluto è la strada perché mi piace fare fatica, soprattutto mi piace la salita, ma anche la volata mi dà molta adrenalina. In pista invece mi piace molto il fatto che si deve usare più testa che gambe nelle prove endurance singole, quindi bisogna ragionare ed è molto più bello secondo me.

Chantal insieme alle compagne azzurre, con cui c’è un forte legame di amicizia
Chantal insieme alle compagne azzurre, con cui c’è un forte legame di amicizia
Tu adesso sei al secondo anno, quindi passi di categoria. Che opzioni stai valutando, tra entrare in un gruppo militare per garantirti un futuro e puntare sulla pista oppure cercare un contratto importante su strada?

Diciamo che mi tengo aperte entrambe le possibilità. Io ho già firmato un contratto per il 2027 con la Lidl-Trek, il prossimo anno invece non so ancora che cosa farò e per questo ho già fatto il concorso per entrare nelle Fiamme Azzurre e a settembre mi diranno se sono dentro o no.

Ti pesa avere tanti appuntamenti ravvicinati fra pista e strada?

Il calendario è intenso, ma con discipline abbastanza diverse. Ora c’è la pista che richiede intensità e brillantezza, poi andrò in ritiro con la nazionale su strada, in altura per due settimane. Io spero di fare i mondiali e gli europei su strada, che sono quelli a cui tengo. Devo dire grazie a Diego Bragato che mi ha permesso di conciliare i lavori in entrambe le discipline per tirare fuori il meglio.

Uno dei tanti podi 2025, il 3° posto al Trofeo Madonna del Boden vinto da Giada Silo (foto Facebook)
Uno dei tanti podi 2025, il 3° posto al Trofeo Madonna del Boden vinto da Giada Silo (foto Facebook)
Tu hai 18 anni, a scuola devi fare ancora l’ultimo anno, vero?

Sì, quest’anno sono passata anche con buoni voti, il prossimo mi attende la maturità e poi voglio continuare gli studi all’università di scienze motorie. In proposito sento che molti ragazzi della mia età, per dedicarsi interamente al ciclismo lasciano la scuola. Secondo me è sbagliatissimo, perché una volta finito lo sport devi avere qualcosa in mano se non sei all’interno di un gruppo militare. Io prima di ogni cosa voglio un titolo di studio, la scuola non la lascerei mai anche se costringe a fare grandi sacrifici.