Correre a 40 gradi? Si fa, ma con il caldo non si scherza

23.06.2022
6 min
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C’è Caronte e sulla Puglia domenica si attendono temperature prossime ai 43 gradi. L’ideale per correre il campionato italiano, no? Allo stesso modo in cui sembrò di essere in una fornace lo scorso anno a Imola, con l’aggiunta di un’umidità pazzesca. Poi sarà tempo per il Tour. Magari nei primi giorni danesi l’aria sarà più fresca, ma scendendo verso la Francia, il rischio di caldo torrido tornerà più che mai attuale. Come si fa a salvarsi? Come fanno i corridori?

Nei giorni scorsi abbiamo sentito Evenepoel ammettere di aver sbagliato la scelta del casco e nel non aver voluto il sacchetto col ghiaccio. Ma se volessimo entrare più a fondo nelle strategie dei team, cosa si fa per mantenere l’efficienza atletica e non rischiare la salute?

L’arrivo di Caronte potrebbe portare la Puglia (campionato italiano dei pro’) a sfiorare i 43 gradi (foto il meteo.it)
L’arrivo di Caronte potrebbe portare la Puglia (campionato italiano dei pro’) a sfiorare i 43 gradi (foto il meteo.it)

Lavoro di squadra

Ne abbiamo parlato con Laura Martinelli, nutrizionista del Team Bike Exchange-Jayco, con le valigie quasi pronte per il viaggio francese.

«Condizioni così estreme – spiega – richiedono un approccio multidisciplinare. Se le temperature sono appena più alte, basta qualche accorgimento. Ma quando si parla di casi estremi, serve gioco di squadra fra tutte le componenti team. Se parliamo della gara di un giorno, puoi chiudere un occhio sul recupero, perché sai che l’atleta avrà le 48 ore successive per rimettersi a posto. Se invece ragioniamo di una corsa a tappe, allora il discorso è più complesso».

L’abitudine di bere tanto va coltivata anche durante l’inverno, affinché l’aumento di quantità estivo non risulti eccessivo
L’abitudine di bere tanto va coltivata anche durante l’inverno, affinché l’aumento di quantità estivo non risulti eccessivo
Cosa si fa?

Ci si siede a tavolino e si definisce un protocollo. Con gli atleti che seguo, questo prevede l’adozione di precise metodiche da due settimane prima. Il fisioterapista e il massaggiatore mettono in atto terapie drenanti, il preparatore interviene su vari fattori, tra cui anche il riscaldamento pre-gara. In ogni caso non sono cose che si improvvisano.

In che senso?

Le buone abitudini si prendono d’inverno. L’atleta deve essere abituato a bere tanto, anche quando è freddo. In modo che quando sarà davvero caldo, si tratterà di bere di più, rispetto a un intake già alto. Devono imparare a pesarsi prima e dopo l’allenamento e la gara, anche se questo è più difficile, per avere l’indicazione dei liquidi da reintrodurre entro sera e per capire se hanno bevuto abbastanza. E poi si deve curare la preparazione dei pasti.

La bresaola è tra i cibi più utilizzati in questa fase della stagione per reintegrare il sodio
La bresaola è tra i cibi più utilizzati in questa fase della stagione per reintegrare il sodio
Quando è caldo, è bene stare più leggeri a tavola?

L’assunzione calorica non si mette in discussione, ma si deve puntare all’integrazione degli elettroliti, soprattutto del sodio, poi magnesio e potassio. I cuochi sanno che in questa fase la dieta deve essere più salata per reintegrare il sodio. Per cui si va su alimenti come bresaola e formaggi. E si interviene anche sulla scelta dell’acqua, puntando su marche in cui gli elettroliti siano altamente disponibili.

Si usano acque diverse?

Compriamo alcune qualità di acqua spagnola o francese e la teniamo sul camion aspettando questi eventi straordinari.

Le acque minerali non sono tutte uguali. E quelle troppo lisce possono danneggiare l’atleta
Le acque minerali non sono tutte uguali. E quelle troppo lisce possono danneggiare l’atleta
Ci sono cibi da evitare quando è tanto caldo?

Più che altro si ragiona sulle preparazioni. Meglio evitare temperature troppo elevate, per tenere bassa la temperatura corporea. Non dico che si debbano mangiare piatti freddi, ma non ha senso proporre qualcosa di troppo caldo. Se d’inverno diamo il thè caldo, d’estate si punta sul fresco. Prima di una crono, che richiede uno sforzo breve e intenso, è buona norma ricorrere a una bevanda fresca. Non ghiacciata, ovviamente.

Si può scongiurare il rischio di disidratazione?

E’ un fenomeno inevitabile, a patto che non si salga oltre il 2 per cento del peso corporeo, quando la prestazione inizia a essere inficiata. Mantenere lo stesso peso è impossibile, anche se il tasso di sudorazione è soggettivo. Anche quella è una stima che viene fatta nei mesi precedenti e permette di evidenziare le diverse esigenze dei corridori.

Si suda in modo diverso?

La sudorazione deriva da una commistione di fattori. La composizione del sudore ha una forte componente genetica, poi ci sono i fattori ambientali, le abitudini e il grado di allenamento. Quando si fanno i test, non ci sono le stesse condizioni climatiche, ma si può capire tanto. Per questo chi è in altura fa spesso la sauna, per consentire un miglior adattamento quando scende.

La tappa di Novazzano al Giro di Svizzera ha visto picchi di caldo notevoli. Lui è Marco Haller
La tappa di Novazzano al Giro di Svizzera ha visto picchi di caldo notevoli. Lui è Marco Haller
La disidratazione eccessiva è pericolosa?

Non si deve cadere nell’iponatremia, quando i livelli di sodio nel sangue sono troppo bassi. Succede quando si beve troppa acqua liscia, che non ha un elevato potere idratante. Se bevo troppa acqua povera di elettroliti, rischio di diluire troppo il sudore disperdendo il sodio. L’iponatremia è potenzialmente mortale, ma per fortuna con le formulazioni moderne degli integratori, si riesce a starne alla larga. Anche il gusto deve essere appagante, per togliere il senso della sete. Ci sono gel al mentolo ad esempio che servono proprio per questo.

Ci sono cibi da evitare quando si corre a temperature molto alte?

Va valutata bene la supplementazione. La caffeina, ad esempio, che ha effetto vasocostrittore. Banalmente si può dire che generi crampi, ma gli effetti indesiderati con il caldo possono essere anche altri. Lo stesso caffè, anche se il tema è controverso, va modulato in rapporto alla diuresi. Vanno evitati i supplementi che, al contrario, portano vasodilatazione, soprattutto in chi avesse la pressione bassa. Parlo di shot alla barbabietola e vari nitrati, per il rischio che la pressione scenda troppo. E per quel che si diceva prima, va evitata l’acqua troppo leggera.

La strategia dei rifornimenti va pianificata e strutturata già durante l’inverno perché dia buoni frutti
La strategia dei rifornimenti va pianificata e strutturata già durante l’inverno perché dia buoni frutti
Il corridore riesce a capire che si sta disidratando?

Non è facile, non ci sono strumenti. Il colore e la quantità delle urine, quando si fermano per fare pipì, è una spia importante. Se sono poche e scure, deve suonare l’allarme. Poi si perde coerenza tra la frequenza cardiaca e la potenza nelle varie zone di sforzo. I battiti salgono perché il cuore per compensare spinge di più.

Sappiamo della crisi di fame, cosa sappiamo della crisi di sete?

Che se arriva, puoi al massimo tamponarla, ma non si corregge mai del tutto. La disidratazione seria richiede una terapia medica. In corsa cerchi di arginarla, quando poi arrivi in hotel, la palla passa al medico. Per questo sin dall’inizio ho parlato di lavoro di equipe.

L’alimentazione chirurgica di Sobrero a Verona

04.06.2022
5 min
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Riallacciandoci alla cronometro di Matteo Sobrero, c’è un altro aspetto fondamentale dietro la sua prestazione ed è l’alimentazione. Il protocollo che c’è dietro ci fa capire in modo concreto il livello a cui si è arrivati. E a svelarci questo protocollo è la nutrizionista della BikeExchange-Jayco, Laura Martinelli.

Una prestazione del genere non si ottiene solo con le gambe. Tutto deve essere a posto e non è un caso che per certi aspetti la prova contro il tempo di Sobrero sia iniziata già sulla linea d’arrivo della Marmolada.

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli è arrivata quest’anno alla BikeExchange, prima aveva avuto molte esperienze in altri team
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli è arrivata quest’anno alla BikeExchange, prima aveva avuto molte esperienze in altri team
Laura, come vi siete regolati con Matteo?

La situazione era particolare in quanto c’era una crono dopo un tappone. Per di più una crono abbastanza breve. Pertanto, da un lato c’era la necessità di far recuperare bene il corridore, dall’altro di non appesantirlo. Un equilibrio non facile da trovare.

Pinotti ci accennava che siete partiti dalla parte idrica, se così si può dire…

Il recupero avviene reintegrando le scorte di glicogeno che è legato all’acqua, ma doveva essere un recupero “senza esagerare”, non un recupero pieno. Faccio un esempio: se il giorno dopo ci fosse stato un altro tappone avremmo fatto una supercompensazione, reintegrando il 110% delle scorte di glicogeno spese, ma vista la tappa che lo attendeva abbiamo deciso di non andare oltre il 100%.

In senso pratico in cosa si traduce tutto ciò?

Abbiamo, ci metto anche Marco Pinotti, comunicato molto con il corridore per conoscere le sue sensazioni e questo è importante, credetemi. Matteo dopo la Marmolada chiaramente aveva fame, ma è stato razionale, sapendo che non avrebbe dovuto mangiare troppo, mentre l’istinto in quel momento avrebbe richiesto più cibo. Ma in questo devo dire che Sobrero è un maestro. Sapeva che se si fosse appesantito avrebbe compromesso la tappa del giorno dopo. 

Concetto chiaro…

Per questo motivo abbiamo iniziato il recupero subito, vale a dire già sul bus. Nel trasferimento verso l’hotel ha iniziato il protocollo. Matteo ha mangiato un po’ di più del solito, per essere più leggero a cena e anche al mattino successivo per la colazione. Questo è un protocollo che abbiamo messo a punto questo inverno e che abbiamo affinato fra Tirreno, Romandia e la prima crono di Budapest.

Tra i cibi mangiati da Sobrero a colazione anche l’omelette
Tra i cibi mangiati da Sobrero a colazione anche l’omelette
Cosa significa affinare un protocollo?

Tutto è partito da dicembre, quando lui è arrivato in BikeExchange. Ci siamo seduti ad un tavolino e mi ha detto come era abituato a fare. Io gli ho proposto delle modifiche, alcune hanno subito funzionato, altre no. Da qui, abbiamo elaborato un primo protocollo. Abbiamo fatto anche dei test a casa, facendo delle simulazioni. 

Cosa non ha funzionato?

Alcuni supplementi non li tollerava di pancia. Magari erano utili alla prestazione, ma se poi non stava bene perché si sentiva gonfio o faceva fatica a digerire non aveva senso. Individuati i cibi, dal Romandia abbiamo modificato le quantità soprattutto quelle del pasto precorsa, quello delle tre ore prima. Mentre le tempistiche erano già okay. In più abbiamo limato qualche dettaglio sulla colazione.

E tornando alla crono di Verona?

Abbiamo ragionato come un countdown, dalla sveglia allo start: -4 ore, -3 ore… Matteo ormai sa cosa mangiare e cosa bere. Ha poche variabili. E avere poche variabili lo aiuta. Gli dà certezze, sa come muoversi e soprattutto rende il tutto ripetibile e modificabile in caso di necessità. Insomma siamo molto chirurgici.

Per Sobrero, qui in azzurro, oltre al protocollo del riscaldamento c’è quello dell’alimentazione (notare la borraccia sempre pronta)
Per Sobrero, qui in azzurro, oltre al protocollo del riscaldamento c’è quello dell’alimentazione (notare la borraccia sempre pronta)
Anche nelle quantità di acqua?

Sì, conteggiamo anche i sorsi. Questo come ho detto ci è davvero utile perché sia ripetibile.

Laura, facciamo la “tabella del pasto” dal termine della tappa Marmolada?

Sul bus, Sobrero ha preso una porzione di riso e delle proteine liquide. La sera ha fatto una cena molto essenziale. Niente fibre, quindi niente verdure. Ha mangiato pasta (che lui preferisce al riso) e una fetta di carne bianca senza pane. A colazione, ha assunto gli stessi cibi di sempre, ma in minori quantità. Quindi pane, marmellata, porridge, omelette con prosciutto.

E prima del via?

Come per ogni nostro corridore c’era il “pacchetto del bus”, la scatola del cibo “tipo Tupperware”. Ognuno aveva le sue razioni personalizzate. Una porzione di pasta o di riso e una proteina magra. Nel caso di Sobrero, lui ha assunto pasta e una frittata di albumi. Il problema in questa fase è quasi il contrario del giorno prima e cioè farlo mangiare. Matteo non mangerebbe nulla. Però è bravo e professionale e alla fine sforzandosi prende tutto quello che deve. Anche se nel caso di Verona l’ho visto più tranquillo del solito.

Il pasto sul bus quando lo ha consumato?

Alle 12,15 più o meno, appena dopo la ricognizione. Tre ore prima della sua prova. Quello è stato l’ultimo pasto solido.

L’entrata trionfante di Sobrero nell’Arena di Verona, merito anche dell’alimentazione chirurgica, come l’ha definita Laura Martinelli
L’entrata trionfante di Sobrero nell’Arena di Verona, merito anche dell’alimentazione chirurgica, come l’ha definita Laura Martinelli
Perché poi c’è dell’altro?

Sì, dopo c’è un mix di acqua e sali e anche due gel, uno con caffeina e uno senza. In questa fase ha ingerito tre borracce: due di acqua e una di sali. Ha assunto un gel ad un’ora e mezza dal via e un altro, quello con la caffeina, 30′ prima, durante il riscaldamento. In questa fase dico sempre che deve mangiare spesso ma poco, per partire con la pancia vuota e le gambe piene!

Ci siete riusciti bene a riempirgli le gambe!

Sì! Merito di Matteo, ma anche di Marco Pinotti. Ci tengo a dire che con lui lavoro spalla a spalla e c’è una sinergia totale, soprattutto per quel che riguarda la cronometro. Con Marco facciamo davvero squadra. E anche quando ci sono stati dei problemi, sono stati sempre affrontati in modo positivo, mai polemico. Per risolverli e non per lamentarsi.

Chiudiamo con un piccolo dettaglio. Il piemontese ha corso senza borraccia. In questo modo ha risparmiato qualcosina in termini di peso e di aerodinamica. Si è trattato davvero di poca cosa. In più, la temperatura che c’era a Verona domenica scorsa (ben al di sotto dei 20°) ha agevolato questa scelta.

Adesso sappiamo anche perché ha potuto lasciare a terra la borraccia. Ogni goccia di acqua e ogni grammo di cibo erano stati studiati alla perfezione e calibrati sui 22′-23′ di sforzo previsti.

La spesa per il Giro. Parla Martinelli, nutrizionista BikeExchange

07.05.2022
5 min
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Parte il Giro, sono andata a fare la spesa. Laura Martinelli, nel suo ruolo di nutrizionista del Team BikeExchange, accetta di buon grado il discorso. Soprattutto quest’anno, con il Giro che parte dall’Ungheria, a rendere più complicati i dettagli logistici.

«Rischiava di essere un bel problema – sorride Laura Martinelli – dato che abbiamo un solo furgone cucina. L’idea era di mandarlo in Sicilia, poi prendendo contatti con gli hotel ungheresi, ci siamo resi conto che non avrebbero permesso l’ingresso del cuoco esterno in cucina e tantomeno di consumare nel ristorante dei pasti preparati fuori. Così alla fine siamo stati costretti a procurarci un secondo camion cucina e spedirlo in Ungheria. Il fatto di non far entrare i cuochi in cucina è legato alla legge. Succede la stessa cosa nei Paesi Baschi».

E quindi il cuoco ha dovuto fare la spesa anche in Ungheria?

E’ partito con quello che serve, ma il mezzo ha dentro un frigo di casa, non ha potuto portare quel che serve per cinque giorni, per cui ha dovuto fare la spesa anche qui. Soprattutto per il fresco. Ha un elenco di categorie di verdure da preferire, ma poi va all’occhio, come si fa a casa. Insomma, se le zucchine sono meglio dei peperoni, prenderà le zucchine.

Che cosa si porta dall’Italia?

Gli alimenti che non si trovano. La pasta, ad esempio, perché anche a parità di marca, la varietà che trovi all’estero è diversa. Il parmigiano 36 mesi. Alimenti come il riso nero o la quinoa, grano saraceno e polenta. Cose fresche come la mozzarella di bufala che ovviamente hanno usato subito.

Il caffè Miscela d’Oro arriva dall’Italia in grani e con il dosaggio di caffeina idoneo ai corridori
Il caffè Miscela d’Oro arriva dall’Italia in grani e con il dosaggio di caffeina idoneo ai corridori
L’olio?

Ogni cuoco ha il suo, l’olio parte dall’Italia, come pure il caffè in grani Miscela d’Oro. Lo abbiamo selezionato ad hoc in base al contenuto di caffeina, che sia adeguato alle varie fasi della giornata del corridore.

Si fa la spesa andando in avanscoperta o sapendo già dove andare?

Cerchiamo di avere le idee chiare. Ad esempio alla Novo Nordisk avevamo un corridore ungherese e l’ho chiamato per sapere dove andare e se ci siano prodotti equivalenti, che magari in Ungheria hanno un altro nome. Come la bresaola, per fare un esempio. E poi c’è il problema di decifrare le etichette. Ho già seguito una corsa in Ungheria, ma ci si informa sempre prima.

Dalla Sicilia si torna alla normalità?

In Italia siamo più rilassati. A volte si fa la spesa tramite i fornitori degli hotel, anche per ingredienti come avocado e uova. Il cuoco sa di poter togliere dalla spesa gli ingredienti che troverà in hotel, per il resto serve muoversi col necessario tempismo: noi abbiamo una ragazza che fa proprio questo. Se contattati in anticipo, gli alberghi sono sempre più disponibili e ci permettono di contenere gli extra. Non dimentichiamo che l’organizzazione paga la mezza pensione, per cui poter entrare nelle cucine è il modo di non dover ricomprare tutto.

La scelta della carne per i corridori è italiana e Grass Feed, cioè nutrita con erba
La scelta della carne per i corridori è italiana e Grass Feed, cioè nutrita con erba
Parliamo della carne: si va al supermercato o in macelleria?

Per la carne uniamo le forze, fra teoria e pratica, fra le esigenze del nutrizionista e quello che si trova. Si guarda a come viene nutrita la mucca. Le mucche che scegliamo sono Grass Fed, che significa cresciute al pascolo (alimentate ad erba, in maniera naturale). Privilegiamo carne italiana e non quella che magari proviene dall’America, che potrebbe esporci al rischio di contaminazione con sostanze dopanti. Chiaramente si va in macelleria e il cuoco sceglie i tagli più magri, che poi affina nella selezione. Se la fa tagliare e mettere sotto vuoto. Di solito la carne che si compra dura per una settimana e poi ci si organizza di nuovo. Anche in questo caso, a volte si ricorre ai fornitori degli hotel, anche se si spende qualcosa di più.

Si ricorre a carne surgelata?

Cerchiamo di mantenere il fresco. A volte surgeliamo le monoporzioni di emergenza. Se magari un corridore sta male di stomaco e ha bisogno di pollo o tacchino, si prende la porzione surgelata. Il congelatore si usa solo per poco.

Per l’acquisto del fresco, spiega Martinelli, sta al cuoco scegliere, seguendo le linee dettate dalla nutrizionista
Per l’acquisto del fresco, spiega Martinelli, sta al cuoco scegliere, seguendo le linee dettate dalla nutrizionista
Prima hai citato la marca del caffè: ci sono sponsorizzazioni anche sul fronte della nutrizione?

E’ un processo che sta iniziando. Ci appoggiamo a So.Group e a Polo Ristorazione. Questo ci permette di fare ordinazioni di qualità su tutto e di avere una buona scontistica. Devo dire che in squadra su questi aspetti ho piena collaborazione, ho trovato grande sensibililtà.

Proprio pensando al viaggio in Ungheria e alla difficoltà a volte di trovare gli ingredienti, quanto è rigido il menù dei corridori?

Il menù non è una linea, ma ha due binari. Io realizzo le linee guida, ad esempio per i sughi, i condimenti e il dessert. Il cuoco si trova scritto la tipologia di piatto per i nutrienti che deve contenere, non l’alimento. Se ci sono esigenze, ci si adatta. Il menù è specifico nelle linee più importanti, i cuochi sanno di avere una certa libertà ma anche che la responsabilità della nutrizione è mia. E comunque le migliori sentinelle sono i corridori.

Qui Budapest, Laura Martinelli ed Eros Stangherlin
Qui Budapest, Laura Martinelli ed Eros Stangherlin
In che senso?

Nel senso che sono sempre più attenti e se per caso un sugo è troppo unto, mi arrivano i loro messaggi. Si fa gioco di squadra anche con loro. Ogni modifica viene concordata, non sta a me dire come si preparano i piatti. Ma una cosa è sicura. Rispetto a un tempo quando si mangiava e basta, adesso la nutrizione è uno degli aspetti tecnici di maggior rilievo. Uno di quelli che ti fa andar forte. Ormai i corridori lo hanno capito.

Rivoluzione Martinelli: dai programmi alla tavola

08.01.2022
5 min
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Il racconto di Kevin Colleoni sul fatto che Laura Martinelli abbia capovolto le abitudini alimentari della BikeExchange-Jayco in cui è approdata quest’anno non ci ha stupito affatto. La nutrizionista veneta, richiamata dal team manager Brent Copeland con cui aveva lavorato nei primi anni del Team Bahrain-Merida, aveva esattamente questa missione. Mettere ordine. E fare in modo che ciascun atleta possa tirare fuori il meglio da sé anche grazie al miglior regime alimentare.

«Laura ha stravolto tutto – ha detto Colleoni – in senso buono ovviamente. Credo che sarà difficile starci dentro soprattutto per gli australiani. Ha dato un’impostazione più rigida. C’era l’abitudine di un buffet in cui tutti prendevano quel che volevano, adesso ognuno ha il suo pasto in base al consumo calorico, al tipo di corsa, al dispendio energetico. Inizialmente magari è difficile prendere il ritmo, ma sono sicuro che alla lunga darà ottimi risultati».

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla BikeExchange-Jayco (foto BEX Media)
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Dopo il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla BikeExchange-Jayco (foto BEX Media)

Area performance

Come ha lavorato Laura Martinelli per arrivare alla sua rivoluzione? E in che modo si lavora per assumere un ruolo così importante in una squadra in cui si è appena arrivati?

«Premettiamo – sorride, perché lei sorride sempre – che non è un ruolo convenzionale, ma nel ciclismo piuttosto moderno. Non esistono ambiti definiti, per cui va interpretato. I primi passi che ho fatto perciò sono state le relazioni con i vari dipartimenti coinvolti nella performance. Medici, sto lavorando sin dall’inizio spalla a spalla con Matteo Beltemacchi. Preparatori. Direttori sportivi.  Poi ho cominciato anche a pensare alla logistica dei cuochi, che sono ben cinque, ma per questo ci si interfaccia con l’amministrazione».

Capito tutto, nessuno basta a se stesso e tutti collaborano per lo stesso fine. Così anche il nutrizionista va a incasellarsi nel mosaico: il quadro finale è il miglior ambiente affinché l’atleta possa esprimere il suo potenziale.

Prima dunque bisogna conoscersi?

Ci si presenta di persona, anche per capire le modalità di comunicazione della squadra. Non sono tutte uguali. Ho cercato di capire come erano abituati per entrare nel loro meccanismo. Mi piace partire da quello che c’è già. Si parte da lì e si va ad aggiustare. Non si tira una linea per ricominciare da zero.

Quindi si può anche non cambiare?

Esatto. Se la squadra ha abitudini che funzionano, non servono rivoluzioni. Ci sono molti modi per ottenere lo stesso risultato, bisogna essere elastici e coglierli. Di solito i custodi di queste abitudini sono i massaggiatori. Per cui si parte da loro. Ho avuto poco tempo, ma volevo essere pronta per il primo ritiro.

La vera svolta nei team sta nel passare dall’alimentazione generica a quella specifica
La vera svolta nei team sta nel passare dall’alimentazione generica a quella specifica
Poco tempo?

Mi piace iniziare la stagione avendo almeno l’80 per cento dei protocolli pronti. In questo modo, vedendo tutto insieme, abbiamo potuto approvare le strategie di preparazione e di nutrizione, per renderle operative da gennaio. Il grosso del lavoro, il segreto della riuscita sta nella programmazione, cercando di prevedere il più possibile.

Il nutrizionista sta a casa e manda in giro le tabelle?

Per come lavoro io, si tratta di un ruolo sul campo. Bisogna dare indicazioni pratiche che devono essere prese nel modo giusto. Sul campo, stando a contatto con gli atleti e avendo i riscontri di tutti i settori coinvolti, hai modo di rifinire rapidamente il tuo lavoro.

Anche per far passare al meglio i concetti, probabilmente…

Con Brent si lavora bene, ha capito le varie sfaccettature del discorso. Ma in tanti casi è un lavoro non ben compreso, che per molti serve soltanto per tenere il peso forma. Brent è un passo avanti, in questa squadra le richieste spaziano in ogni ambito della nutrizione e della supplementazione. Si torna a pianificare. C’è tantissimo lavoro, pur con l’aiuto dei cuochi.

Abbiamo parlato con Mirko Sut della Trek-Segafredo di come le teorie diventino menù, ma chi è ad esempio che in squadra si preoccupa di fare la spesa?

A parte farla praticamente, sta a me curare i rapporti con i fornitori di prodotti e la loro formulazione, se si tratta di integratori: e qui si sconfina nella chimica farmaceutica. Allo stesso modo mi occupo del lavoro e della logistica dei cuochi. Poi ovviamente c’è il lavoro individuale con i corridori. E siccome questa è l’ultima fase, si capisce perché tutto il resto debba essere anticipato. E non stupitevi se mi troverete a lavorare fino alle due di notte. Soprattutto all’inizio è così.

Parlano della tua rivoluzione, come ti hanno accolto in squadra?

Con un’apertura meravigliosa. Abbiamo cominciato con 12 ore di meeting, abbiamo messo in chiaro tutto quello che si poteva chiarire e ho ricevuto ottimo supporto.

Laura Martinelli seguirà gli uomini (qui Matthews) e anche le ragazze (foto BEX Media)
Laura Martinelli seguirà gli uomini (qui Matthews) e anche le ragazze (foto BEX Media)
Quindi non c’è solo la nutrizione: fai tutto da sola?

No, per fortuna ci sarà una ragazza che mi darà una mano, Carmen Pérez Ruiz, allo stesso modo in cui alla Bahrain avevo Moschetti che si preoccupava di contattare i vari hotel e di tutta la parte amministrativa. Un aspetto molto positivo di lavorare con Brent è che, fidandosi, mi ha dato carta bianca. Per cui potrò fare i miei programmi nel segno della massima flessibilità, anche per seguire il lavoro a casa. E poi c’è un’altra cosa…

Quale?

Gestirò anche la squadra femminile!

Sorride, la immaginiamo che si rimbocca le maniche e riparte. E’ tanto lavoro, probabilmente ben oltre quello fatto fino allo scorso anno con la Novo Nordisk, ma quando a spingerti è una passione esagerata come la sua, anche quando si è stanchi non si vede l’ora di rimettersi al lavoro. Rivoluzione o no, i corridori sono fortunati ad averla incontrata sulla loro strada. Lei e tutti quelli che, come lei, ci mettono studio e cuore.

Colleoni 2022, l’argento vivo e un posto al sole

04.01.2022
5 min
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Kevin Colleoni è di buon umore e si sente. Il 2021 gli ha lasciato un buon sapore in bocca. E anche se le cose possono sempre andar meglio, aver capito che questo può essere davvero il suo lavoro gli ha messo addosso l’argento vivo e tanta voglia di fare. Le vacanze sono ormai alle spalle. Un po’ ha staccato, racconta, ma dal 21 dicembre (data di rientro dal ritiro spagnolo) la bici c’è stata sempre.

«Diciamo che il primo anno è stato molto difficile all’inizio – spiega – per capire i ritmi e come comportarsi con i compagni. Poi è andata sempre meglio. Sono aumentati i carichi di lavoro e anche in questo mi sento migliorato. Dopo l’estate fare sei ore a buon ritmo ha smesso di essere una croce. Non è mai facile, ma adesso le gestisco meglio. Al Lombardia ho impiegato 6 ore 20’ a un ritmo che a inizio anno non avrei mai pensato di poter reggere. Aver corso con continuità ha dato i suoi frutti».

Colleoni inizia la seconda stagione da pro’. E’ passato dopo 3 anni da U23 (foto BEX Media)
Colleoni inizia la seconda stagione da pro’. E’ passato dopo 3 anni da U23 (foto BEX Media)
Proprio parlando con il tuo… gemello Conca, si ragionava sul fatto che doversi fermare spesso per problemi sia un grosso guaio…

Lo confermo. Ho avuto un paio di problemi intestinali al Delfinato e al Sazka Tour in Repubblica Ceca che mi hanno un po’ rallentato. Però per il resto è andata bene. Ha ragione Filippo, serve continuità. Finire corse a tappe in serie, anche solo di una settimana, dà un’ottima condizione.

Hai lavorato su corse o aspetti specifici?

E’ stato un lavorare in generale, per la squadra e di riflesso per me. Ho fatto sette corse a tappe e fra inizio e fine stagione ho visto che il recupero è migliorato molto. Quest’anno potremo capire dove concentrarci di più. In questo momento mi sento a mio agio su durate di 5-6 giorni. Rispetto ai primi mesi, non sono più stato ogni giorno al limite.

Da dove riparti?

Da Mallorca, non so ancora a quali prove prenderò parte. Poi Oman e un primo stacco di due settimane per andare in altura. Da lì ci saranno la Milano-Torino, Per Sempre Alfredo e la Settimana Coppi e Bartali.

Al Gp Indurain di aprile, Colleoni ha lottato su ogni salita, chiudendo 22°
Al Gp Indurain di aprile ha lottato su ogni salita, chiudendo 22°
Come va con questo andirivieni dalle alte quote?

Mi trovo bene in genere con i ritiri, anche quello di dicembre e quello della settimana prossima in Spagna. In altura si va divisi in piccoli gruppi. Sei o sette corridori con un obiettivo in comune. L’allenamento in quota funziona, non so ancora se andremo a Sierra Nevada oppure Andorra. Sono 10-12 giorni, poi si scende e si corre. Mi riadatto abbastanza facilmente, ho bisogno di un paio di corse di rodaggio. Ad esempio la Milano-Torino e la corsa di Martini serviranno per il primo obiettivo che sarà la Coppi e Bartali.

Si parla di debuttare in un grande Giro?

Quest’anno sì. Sono riserva al Giro, per il quale c’è una lista più ampia, mentre per la Vuelta c’è il mio posto pronto. Bisognerà vedere come va la stagione.

Ti senti a tuo agio in corse di 5-6 giorni, come si vive l’idea di tre settimane di gara?

Come una sfida. Ho parlato con altri corridori e con i tecnici. Un grande Giro è quello che serve per cambiare il motore. L’obiettivo è finirlo, lavorare per la squadra, arrivare in fondo.

Per le nuove maglie, il team australiano è passato all’azzurro (foto BEX Media)
Per le nuove maglie, il team australiano è passato all’azzurro (foto BEX Media)
C’è chi passa da junior, tu pensi di aver avuto il giusto avvicinamento?

Credo di aver fatto i passi giusti, con i miei tre anni da U23, anche se il 2020 è stato turbolento e si è corso poco per il Covid (Kevin si è piazzato al 3° posto al Giro U23, ndr). Rifarei tutto. Potevo passare a fine 2019, ma sarebbe stato presto. I tre anni sono serviti per passare e non soffrire troppo. E resterà la domanda se avrei avuto un miglior adattamento con un 2020 normale.

La squadra sta cambiando, Brent Copeland sta dando il suo tocco…

Si vede abbastanza nettamente. Nello staff ci sono stati parecchi inserimenti interessanti. C’è più attenzione su alcuni aspetti e credo che alla lunga se ne vedranno i risultati.

L’arrivo di Laura Martinelli come nutrizionista ha aggiunto qualcosa?

Laura ha stravolto tutto, in senso buono ovviamente. Credo che sarà difficile starci dentro soprattutto per gli australiani. Ha dato un’impostazione più rigida. C’era l’abitudine di un buffet in cui tutti prendevano quel che volevano, adesso ognuno ha il suo pasto in base al consumo calorico, al tipo di corsa, al dispendio energetico. Inizialmente magari è difficile prendere il ritmo, ma sono sicuro che alla lunga darà ottimi risultati.

L’ultima corsa del 2021 per Colleoni è stata la Veneto Classic, chiusa in 37ª posizione
L’ultima corsa del 2021 è stata la Veneto Classic, chiusa in 37ª posizione
E’ cambiata anche la bici: cosa ti sembra della Giant?

Sensazioni tanto diverse dalla Bianchi. Mi trovo bene, qualche misura è cambiata perché le geometrie sono diverse, ma mi sembra ottima per correre. In attesa delle corse, più di tanto non si può dire. Mentre a dicembre abbiamo provato quella da crono e a gennaio può darsi che andremo in pista a Valencia per fare qualche prova e mettere a punto la posizione.

Sembri motivato…

Lo sono molto, è vero. Vorrei fare bene, ritagliarmi il mio angolo, anche se già qualche occasione l’ho avuta. Ci sono stati giorni come il Lombardia in cui mi sono sentito bene, in cui ero sopra alla mia media stagionale. Dico di aver visto i miglioramenti perché in allenamento i numeri sono migliorati e in corsa, forse anche grazie all’adrenalina, si riesce a dare di più

Piano con gli spritz. Il fegato ha bisogno di disintossicarsi

19.11.2021
5 min
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A ciascuno il suo peso, anche quello in eccesso che si mette su durante l’inverno, quando un po’ si mollano i freni e soprattutto si concede al corpo di respirare dopo un anno di sali, barrette e gel. Però c’è un però. Esiste una soglia oltre la quale i chili d’inverno diventano un problema? E soprattutto, i chili d’inverno sono tutti uguali? Banalizzandola al massimo, tre chili messi su a forza di spritz (foto giallozafferano.it in apertura) sono uguali a tre chili messi su mangiando pasta alla carbonara? Quali conseguenze hanno sugli organi dell’atleta, ad esempio sul fegato?

Lo abbiamo chiesto a Laura Martinelli, che in questi giorni sta ultimando il suo… insediamento come nutrizionista del Team Bike Exchange.

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, dal 2022 sarà alla Bike Exchange
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, dal 2022 sarà alla Bike Exchange

«I chili di troppo – dice andando subito al sodo – dipendono da dove arrivi e dove vuoi arrivare. Se ci si limita ad analizzare il periodo del riposo, si ha una visione incompleta. Si deve valutare il modo in cui è finita la stagione e quando e come si dovrà ripartire. Qualche chilo in più ci sta. Quando lascio i miei atleti dopo l’ultima corsa, dico loro che alla ripresa li voglio trovare con i valori sballati, in modo da avere il margine su cui lavorare».

Attenzione però, non si tratta di un invito alla sregolatezza: come ci spiegherà a breve, la vita di un atleta deve essere una continua progressione. Per cui quei valori sballati devono poggiare su una situazione di base che ogni anno deve essere migliore rispetto a quella dell’anno precedente.

Perché qualche chilo in più ci sta?

Perché devo riattivare il metabolismo. A stare tirati per sei mesi all’anno, il metabolismo rallenta e di conseguenza si tende a prendere peso più facilmente. Ci sono due fattori di cui tenere conto.

Quali?

Il primo è che se non ho continuità lavorativa, alla ripresa vado a confrontare le pliche rispetto all’anno precedente. Parlando di professionisti, mi aspetto che la composizione corporea sia comunque migliore. Durante la carriera deve esserci un miglioramento costante, se alla ripresa invece mi ritrovo con i valori dell’anno precedente, allora qualcosa non va.

Oltre alla plicometria la percentuale di grasso e la composizione corporea si possono misurare con l’impedenza bioelettrica
Oltre alla plicometria la percentuale di grasso e la composizione corporea si possono misurare con l’impedenza bioelettrica
Quindi puoi prendere peso, ma comunque in un quadro di progressione graduale?

Esattamente. Non si può certo tornare indietro. Mi prendono in giro, perché salutandoli dico loro: «Ci vediamo a dicembre, più forti e più felici!».

Si dice che un noto medico salutasse i suoi corridori dicendo di volerli ritrovare a dicembre con lo stesso peso di fine stagione.

Non so quanto ci sia di razionale dietro certi consigli. Chiaro che non devono lasciarsi andare, ma tenere lo stesso peso significa non permettere al corpo di ritrovare il suo equilibrio. Quando poi ci sarà da tirare il vero deficit calorico durante l’anno, potrebbe non rispondere come ci si aspetta.

C’è anche un secondo fattore?

Gli obiettivi di stagione. Chiaramente cambia se devi correre subito in Australia o se il primo obiettivo vero è il Giro d’Italia. Resta il fatto che la composizione corporea deve essere migliore dell’anno prima, ma possiamo gestire diversamente il rientro nel peso.

Staccare un po’ d’inverno è una necessità anche per il fegato dopo 11 mesi passando fra barrette, zuccheri e sali
Staccare un po’ d’inverno è una necessità anche per il fegato
Il metabolismo rallenta durante la stagione, ma anche con il passare degli anni. L’atleta più anziano faticherà più del giovane a perdere peso?

Con l’età non ci sono variazioni, perché di base siamo fatti di abitudini. E se fino a 36 anni ti sei attenuto alle stesse prassi e hai dei valori di un certo tipo, quindi se sei un corridore ben gestito, il corpo mantiene i suoi standard. Anzi, a volte ha dei vantaggi…

Su quale versante?

Con gli anni l’efficienza lipidica migliora (la quantità grassi consumati nell’unità di tempo per produrre energia, ndr). Tanto che se andate a guardare i risultati nelle gare di endurance, i tempi migliori li fanno i quarantenni. Ovviamente, tutto quello che si è detto finora è riferito ad atleti già formati e non ad atleti in via di sviluppo.

Quanto alla differenza fra chili da spritz e chili da carbonara?

Grazie alle analisi che facciamo, riusciamo a vedere in modo accurato da cosa sono composti quei tre chili di troppo. Di sicuro, se sono legati alla massa grassa, non vengono da un eccessivo consumo di verdure… (sorride, ndr). Se però parliamo di alcol e di consumo acuto, c’è da fare attenzione.

Attraverso l’analisi della composizione corporea, si può capire da dove provengano i chili di troppo
Attraverso l’analisi della composizione corporea, si può capire da dove provengano i chili di troppo
Perché?

Perché il fegato di un atleta non è abituato a gestirlo e può averne un impatto negativo. Il metabolismo dell’alcol è legato alla massa grassa e visto che sono mediamente soggetti magri, tengono meno. Perciò quando dico che possono “staccare” non contemplo il consumo di alcol, parlo di alimentazione. L’uso di alcol incide sul recupero del fegato, che invece durante il periodo di stacco ha bisogno di respirare dopo 11 mesi di supplementazione. E personalmente per disintossicarlo preferisco che stiano per un mese senza prendere niente.

Niente alcol?

ll bicchiere di vino ci sta, ma non troppo. Sono però abitudini che approfondisco con gli atleti nella fase del lavoro individuale, che richiedono tempo. Allo stesso modo, nel mese di stacco c’è bisogno di un ciclo di rigenerazione della flora batterica. Diciamolo chiaramente ai corridori e a chiunque faccia attività intensa: è un periodo prezioso, poi si ricomincerà con la supplementazione e bisogna essere pronti per sostenerla.

L’altura fa vincere, ma bisogna usarla bene. Anche a tavola…

09.09.2021
5 min
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E’ un continuo saliscendi. In altura e alle corse. Ancora in altura e ancora alle corse. Ganna è maestro, con i suoi stage al rifugio Oberto Maroli a 2.800 metri sopra Macugnaga. E’ andato su anche dopo Tokyo e ieri a Trento è sembrato un treno in corsa. Colbrelli è anche lui bravissimo, perché appena sceso da Livigno, si è pappato il Benelux Tour. Eppure giorni fa, parlando di alimentazione con Sobrero, una sua frase ci è rimasta nella memoria.

«Sento spesso la nutrizionista anche quando si tratta di andare in altura – ha detto il campione italiano della crono e da ieri campione d’Europa del Team Relay – dove si lavora tanto e l’alimentazione è decisiva per non buttare a mare il lavoro fatto».

Come si mangia in altura? Quali sono le differenze? E si corre davvero il rischio di buttare via tutto se non si mangia nel modo giusto?

Per rispondere a queste domande, abbiamo suonato alla porta di Laura Martinelli, attualmente nutrizionista del Team Novo Nordisk, ma in procinto di tornare nel WorldTour.

«L’altura – dice – è un luogo magico. A parità di sforzo, ottieni doppio risultato. Ma perché le cose funzionino a dovere, considerando il periodo classico di due settimane, è necessario curare benissimo l’acclimatazione. I primi 3-4 giorni, fatti nel modo giusto, sono necessari per poter raggiungere la qualità voluta nei restanti dieci».

alimentazione
Nei primi 3-4 giorni di altura, immaginando uno stage di 14 giorni, si aumenta il carico di carboidrati
alimentazione
Nei primi 3-4 giorni di altura, immaginando uno stage di 14 giorni, si aumenta il carico di carboidrati
In cosa consiste il modo giusto?

Bisogna vincere la resistenza degli atleti, spingendoli a mangiare. In quei primi giorni, i preparatori di solito non danno tabelle, ma raccomandano di fare appena delle sgambate per abituarsi alla quota. Di riflesso i corridori pensano di non dover mangiare, visto che bruciano poco. Invece è l’esatto contrario. Proprio in quei giorni va aumentato l’apporto calorico e glucidico, per assecondare l’adattamento all’altura. Si tratta di aumentare la quota carboidrati fino al 20 per cento, perché lassù aumenta il consumo. Devono mangiare il primo a pranzo e a cena, mentre di solito tendono a non farlo. Con gli uomini va così, con le donne è il contrario, perché la donna è in grado di utilizzare meglio il grasso corporeo, per cui non c’è bisogno di aumentare i carboidrati.

Come si gestiscono quei giorni, con tabelle generiche o diete personalizzate?

Se non conosci l’atleta, si dà una tabella generica, poi si personalizza. Il primo anno si va più a braccio, cercando di intuire le risposte all’altura ed entrare in sintonia con l’atleta.

Da cosa si capisce se un atleta si è acclimatato?

Dalla disidratazione, la perdita di peso, le sensazioni in bici e la gestione del giorno di riposo. Si parla tanto. Nel caso ad esempio del Teide, ci sono quelli che nel giorno di riposo vogliono scendere a Las Americas per mangiare una pizza e quelli che restano in alto. Bisogna osservare la pressione a riposo, quelli che ce l’hanno bassa sono favoriti. E poi bisogna stare attenti all’idratazione, soprattutto con quei soggetti che già normalmente hanno resistenza al bere.

Par di capire che comunque l’altura sia una bella fonte di stress…

Infatti do per scontato che il corridore prima di andare lassù faccia un check completo del sangue e sia a posto. Altrimenti, se c’è qualche parametro sballato, si rischia l’overtraining e in quel caso l’altura diventa negativa. Sono accortezze che si dovrebbero sempre avere, ma che a volte si dimenticano.

Conclusa la fase di adattamento, l’alimentazione dei vari giorni prosegue normalmente?

Si avvicina molto di più al solito, sì. Si dosano carboidrati e proteine in funzione del programma di lavoro.

Una delle attenzioni del nutrizionista in altura è legata alla corretta idratazione dell’atleta
Una delle attenzioni del nutrizionista in altura è legata alla corretta idratazione dell’atleta
In altura si dimagrisce?

Capita, anzi spesso è uno degli obiettivi che si vogliono perseguire. Andare in altura per perdere massa grassa si può, così dopo la fase di adattamento puoi ridurre l’intake, il quantitativo di alimenti. Però si deve stare attenti. C’è chi prova a dimagrire improvvisando. Riduce i carboidrati come farebbe a casa, ma è uno schema che in altura non funziona. Se togli i carboidrati, ti ritrovi con uno sbilanciamento verso le proteine e rischi di mettere in atto dei processi catabolici che vanificano tutto il lavoro fatto. Non si tratta in quel caso di aver preso troppe proteine, ma di non aver preso abbastanza carboidrati per sostenere quel carico proteico.

La presenza del nutrizionista in ritiro è dunque importante?

Il ritiro è una delle fasi più importanti. Tutte le volte che sono andata sul Teide, ho visto molto valorizzato il mio ruolo. Altrimenti è necessario che il nutrizionista si colleghi con il preparatore, sperando sia uno della nuova scuola. Quelli un po’ meno aggiornati vedono male l’aumento della quota carboidrati.

Un panino con Bettiol a Livigno. Colbrelli ha ormai imparato a gestire bene l’alimentazione in altura
Un panino con Bettiol a Livigno. Colbrelli ha ormai imparato a gestire bene l’alimentazione in altura
Con le donne è tutto così diverso?

L’aumento di carboidrati va evitato e si deve lavorare al contrario, creando stress perché la risposta porti a un miglioramento delle prestazioni. Non valgono gli stessi criteri e anche la letteratura medica riferita all’altura per le donne è scarsissima. A parità di stimolo, la risposta delle donne è diversa.

Al ritorno dall’altura cosa si fa?

Si tiene conto della temperatura e semmai del jetlag. Non è il cambiamento di quota che incide, ma il cambio di clima. Si deve andare un po’ cauti, sapendo che il beneficio può esserci subito o dopo una settimana.

Tokyo, la parte più difficile sarà l’acclimatazione

20.07.2021
7 min
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A voler fare le cose per bene, si sarebbe dovuti partire per il Giappone con due settimane di anticipo, proprio come ha fatto Evenepoel. Poi un po’ il Covid e un po’ gli impegni delle squadre lo hanno impedito e la fase di acclimatazione degli azzurri in Giappone sarà il meglio che il poco tempo a disposizione renderà possibile.

Ma il tema c’è ed è vasto, come conferma Laura Martinelli, nutrizionista del Team Novo Nordisk e nostra guida per tanti ragionamenti su corse e dintorni.

«Si prospettano come le Olimpiadi più calde di sempre – dice – con tutto quello che ciò comporta per la fisiologia dell’atleta».

Con Laura Martinelli, nutrizionista veneta del Team Novo Nordisk, parliamo di acclimatazione
Con Laura Martinelli, nutrizionista veneta del Team Novo Nordisk, parliamo di acclimatazione

La temperatura corporea

Poi, sorridendo e quasi scusandosi come ogni volta in cui c’è da fare una digressione, entra in argomento tracciando uno spaccato in cui potrebbe riconoscersi chiunque abbia fatto sport.

«La temperatura a riposo di un individuo – dice – è sui 37 gradi. Se la temperatura esterna è intorno ai 20 gradi, essa salirà fino ai 38,5, mentre se fa caldo davvero si arriva fino ai 41,5 gradi. E’ un valore cui si arriva per il lavoro metabolico legato all’intensità dell’esercizio e a fattori ambientali, su cui non possiamo intervenire. Quello che però possiamo fare è intervenire sul piano nutrizionale, studiando il modo in cui l’organismo può adattarsi all’ambiente, iniziando 2-3 settimane prima».

L’ambiente giapponese sarà caldo per i tifosi, che a causa del Covid saranno al minimo, ma anche e soprattutto per il clima
L’ambiente giapponese sarà caldo per i tifosi, che a causa del Covid saranno al minimo, ma anche e soprattutto per il clima
Cosa si fa?

Si può lavorare per una sudorazione più efficace, sulle tecniche di idratazione, sulla resistenza al calore e sulla stabilità cardiovascolare. Si può fare abbinando nel modo giusto allenamento e alimentazione.

Serve tempo, che i nostri appena arrivati laggiù però non hanno…

Servono 6-7 allenamenti, che però non si possono fare consecutivamente. Si fa un’ora e mezza di esposizione al calore, in cui l’allenatore lavora per il miglior adattamento, mentre il nutrizionista studia l’alimentazione per il giorno della gara. Attraverso questi allenamenti, il cui numero si determina di caso in caso, si riesce ad acclimatare l’atleta.

Hai parlato del lavoro del nutrizionista in questa fase.

Si studia la nutrizione per il giorno di gara, ma si può fare anche altro. Ad esempio si calcola il volume della sudorazione prima e dopo l’allenamento, per determinare la caratteristica soggettiva di quanti litri di sudore un atleta produce con certe condizioni ambientali e in un determinato intervallo di tempo. Volendo andare oltre, si può anche analizzare la composizione del sudore. Si usano dei cerotti che lo assorbono e in base alla sua composizione, valutando quali sostanze l’organismo espelle, si possono elaborare i drink più efficaci per la gara. Un discorso, questo, ancora più complicato per gli atleti paralimpici.

Perché?

Perché ad esempio negli allenamenti di esposizione al calore, bisogna stare attenti al tipo di disabilità che condiziona la sudorazione, l’esposizione ai raggi solari. Un atleta amputato avrà meno superficie corporea attraverso cui sudare, ad esempio.

Gli atleti sono arrivati da poco, come si gestisce l’acclimatazione al fuso orario?

Non so se abbiano iniziato a farlo da prima. La prassi è modulare le ore di esposizione alla luce, modificando gli orari di sonno e veglia. Sul piano nutrizionale, si interviene nella pianificazione durante il viaggio. Quando i miei atleti hanno un volo così lungo, guardo le cartine degli aeroporti in cui faranno scalo, per trovare i ristoranti in cui possano mangiare il cibo di qualità che più gli serve ed evitare che mangino quello degli aerei, che solitamente è di pessima qualità. Si lavora anche sugli orari di digiuno, una metodica molto diffusa al di fuori del ciclismo, ragionando già da prima su quelli del Giappone. Tutto ciò aiuta nell’adattamento.

L’atleta in volo dovrebbe evitare il cibo dell’aereo, di qualità spesso scadente
L’atleta in volo dovrebbe evitare il cibo dell’aereo, di qualità spesso scadente
Leggendo il ruolino di marcia degli azzurri, non sembra che abbiano seguito queste prassi.

Se non lo hanno fatto come nazionale e a meno che i singoli non abbiano avuto il supporto di nutrizionisti esterni, possono provare a recuperare il tempo perso, lavorando sul posto. Provando l’acqua giapponese, monitorando l’idratazione, senza restringere a livello energetico… Ci sono tutti gli strumenti per farlo. Si sono trovati subito nel caldo, quindi è necessario modulare la temperatura fra l’esterno e l’aria condizionata delle varie strutture.

Come si fa?

Sembra strano, ma può essere molto utile ricorrere alla sauna per cercare di velocizzare l’acclimatazione. Mentre per rendere più sopportabile il caldo in bici, ci sono in commercio tanti prodotti, come dei gel al mentolo. L’ambiente giapponese si potrebbe quasi definire ostile.

Gli atleti usciti dal Tour, se hanno ben integrato, hanno un ottima base di partenza per la miglior acclimatazione
Gli atleti usciti dal Tour, se hanno ben integrato, hanno un ottima base di partenza
Oltre che di caldo, si parla di umidità.

Esiste un indice che si chiama WBGT (Wet Bulb Globe Temperature, ndr) che si usa per determinare il rischio connesso con lo stress termico dei lavoratori, quindi anche degli atleti, nel caso di microclima troppo caldo e il Giappone è su livelli di guardia (proprio ricorrendo a questo indice, uno studio della rivista Micron aveva stabilito dopo Rio 2016 che Tokyo fosse troppo calda per garantire la sicurezza degli atleti, ndr). Il riflesso dell’umidità incide direttamente sulla potenza. La potenza di un’atleta, sia pure a parità di temperatura, passando da un ambiente mediamente umido a uno molto umido, può scendere anche del 15 per cento. L’umidità intacca lo scambio di calore e la conseguenza finale è l’abbassamento del massimo consumo di ossigeno.

Si comincia 2-3 settimane prima e poi?

Si continua nei giorni che portano alla gara. Nelle 24-48 ore prima è fondamentale lavorare bene su alimentazione e supplementazione. Non si usa niente di nuovo, pur uscendo parzialmente dai soliti schemi. Si deve bere di più, va curata la distribuzione d’acqua durante la giornata e agli atleti andrebbero date delle borracce saline anche durante il giorno per essere certi che non perdano elettroliti importanti. Abitudini che si dovrebbero considerare assodate, che spesso però vengono sottovalutate.

E in corsa?

Le esigenze in termini calorici e glucidici sono le stesse, ma si arriva a fornire lo stesso contributo in maniera diversa. Si passa al semi liquido, perché a causa del caldo e dell’umidità l’irrorazione dell’intestino è minore e di conseguenza la digestione diventa faticosa. Quindi si privilegiano gel e liquidi, con un superiore apporto di elettroliti.

Chi esce dal Tour è avvantaggiato o penalizzato?

Dipende dalla bravura del suo staff. Se il Tour stesso è stato gestito in modo accorto, senza problemi di disidratazioni o altro, può essere davvero un ottimo banco di prova.

Tappone dolomitico, come mangiano i corridori?

03.05.2021
7 min
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Sedicesimo giorno del Giro d’Italia, lunedì 24 maggio, tappone dolomitico. 212 chilometri, 4 gran premi della montagna, 5.700 metri di dislivello. Il via da Sacile, l’arrivo a Cortina. Il giorno prima la tappa nervosa di Gorizia giusto all’indomani dello Zoncolan, il giorno dopo il secondo riposo. I corridori l’hanno cerchiata di rosso, ma non è un giorno cruciale soltanto per loro. In una giornata come questa, tutto il team è chiamato a raccolta. Se fosse possibile montare un video sovrapponendo ciò che concorre al buon esito di un giorno come questo, molti rimarrebbero senza fiato.

Apriamo ad esempio il file dell’alimentazione. Cosa si mangia in un giorno come questo? Ci siamo rivolti a Laura Martinelli, oggi al team Novo Nordisk e nostra ricorrente compagna di viaggio nelle complesse scelte alimentari dei corridori. E il punto di partenza conferma il mondo che c’è dietro.

«La preparazione alimentare – dice – va studiata da ben prima che il Giro cominci. La tappa di cui parliamo arriva a cavallo fra la seconda e la terza settimana, in una fase di compromissione del sistema gastrointestinale. I corridori sono stanchi. Sapendo questo e per farvi fronte, con alcuni miei atleti abbiamo varato il piano alimentare del Giro per un buon 80%. Il resto, legato a meteo e sensazioni, si andrà affinando con il passare dei giorni».

Lei è Laura Martinelli, nutrizionista del Team Novo Nordisk
Lei è Laura Martinelli, nutrizionista del Team Novo Nordisk
Allora partiamo, con una bella salita di quasi 15 chilometri già in avvio…

Tipica partenza che taglia le gambe e la… pancia! Bisogna cominciare da prima, sfruttando il fatto che il via alle 10,50 sia abbastanza comodo. I miei atleti sanno che la gestione alimentare di qualsiasi tappa inizia dal recupero della precedente. Per cui si comincia con il carico di carboidrati, un concetto ormai ridondante. C’è tutto il tempo per fare bene, dato che la tappa di Gorizia non è troppo dura. Invece per quanto riguarda la colazione, va alleggerita non nei grammi di carboidrati, ma in termini di fibre. Si punta sui carboidrati più facili da digerire. Non pasta, ma riso. Non porridge con avena integrale, ma raffinata.

Di solito in queste situazioni, la partenza rischia di essere rapida. Dovranno certamente scaldarsi…

Se si prevede una partenza a tutta, servirà un pre-start in forma non solida. Se di solito prima di partire si prende una barretta o una banana, quel mattino sarà meglio puntare su un gel a lento rilascio oppure una borraccia di maltodestrine.

Ogni integrazione lungo la strada sarà pianificata?

Si deve lavorare da prima per avere la miglior copertura. Già dopo la prima salita dovranno mangiare per portarsi avanti rispetto a quello che li aspetta. Dallo scollinamento ad Agordo, dove si ricomincia a salire, ci sono circa 65 chilometri, quindi il tempo per mangiare c’è. La teoria a questo punto vorrebbe che si mangiasse poco e spesso, ma in tappe come questa capita che le strategie di gara non lo permettano. Per cui va individuato un range all’interno del quale bisogna aver mangiato. Anche perché c’è da fare una considerazione importante.

Vale a dire?

Li aspettano parecchi chilometri in quota: circa 37 sopra i 1.500 metri e circa 10 chilometri sopra quota 2.000. E’ un fattore che va considerato in termini di dispendio glucidico superiore. Un ulteriore carico a livello metabolico.

Vista la prima salita alla partenza del tappone di Cortina, i corridori dovranno anche riscaldarsi
Vista la prima salita in partenza, i corridori dovranno anche riscaldarsi
Ha parlato di range entro il quale mangiare, ma a parte i corridori, qualcuno sulle ammiraglie è al corrente di questi aspetti?

Dipende dal modus operandi del nutrizionista. Io ad esempio condivido con i diesse la strategia alimentare corridore per corridore. Hanno tutto in un pdf che possono consultare nello smartphone. Quel che conta comunque è che il singolo corridore sia consapevole di quello che lo attende e come deve alimentarsi. E per evitare che presi dalla foga dimentichino di mangiare, ci sono dei computerini in cui puoi caricare la tua strategia nutrizionale e vibrano in prossimità delle… scadenze. Anche perché non si può pretendere che i direttori sportivi gestiscano anche questo, soprattutto se con l’ammiraglia e con la radio magari non sono nel raggio utile.

Come si gestiscono dal punto di vista nutrizionale il passo Fedaia, il Pordoi e il Giau che i corridori troveranno in successione?

Eliminando il superfluo, quindi concentrandosi sui carboidrati. Ovviamente le salite andranno anticipate con bevande isotoniche, gel, sciottini alla caffeina. Non devono avere paura di assumerne troppo presto. Lungo la salita si fa quel che si può, il settore per mangiare è dallo scollinamento in poi. Al corridore si suggerisce di mangiare prima e dopo la salita, non per caso i massaggiatori coni rifornimenti sono sempre al Gpm, in cui il consiglio è subito quello di prendere un gel. In salita devono pedalare, mangiare diventa faticoso.

rice cake
Soprattutto nelle prime due ore del tappone, l’alimentazione solida va preferita: ecco la rice cake
Soprattutto nelle prime 2 ore, l’alimentazione solida va preferita: ecco la rice cake
Nel vivo della corsa si passa a un’alimentazione liquida o si resta al solido?

Ci sono corridori che mangiano solido fino all’ultimo chilometro. Per dare una linea, va fatta un’analisi glicemica. Nella prima parte di gara – diciamo un’ora e mezza, due ore – l’insulina è molto attiva, per cui se prendo solo dei gel, rischio di ritrovarmi con la glicemia troppo alta. Per questo in avvio è bene mangiare solido. Superata questa finestra temporale, via libera ai gel. In alternativa, vanno molto bene le tortine di riso artigianali, rispetto alle barrette che con il caldo si sciolgono e con il freddo non si scartano bene, che si possono prendere in qualunque condizione di tempo.

Cosa mettiamo nelle borracce?

E’ molto soggettivo. E dove si va nello specifico, ognuno di noi ha le sue idee e ce le teniamo ben strette. Se vogliamo stare nel generale, diciamo che ci sono tre tipi di borraccia. Quella con acqua e sali, che serve per l’idratazione. Quella con le malto, energizzante, con 40 grammi di maltodestrine. E quella che chiamano “malto plus”, ancora più energizzante, in cui si disciolgono 80 grammi di maltodestrine, l’equivalente dei 2/3 dell’apporto di carboidrati in un’ora. Ha una densità incredibile, ma riscuote parecchio successo. Anche questo rientra comunque nella pianificazione, concordata con il corridore, quando si valuta la distribuzione degli alimenti lungo il percorso e quando si organizza il necessario supporto per la strategia di gara.

Borracce di 3 tipi nel tappone: acqua e sali per idratare, malto e malto plus come energizzanti
Borracce di 3 tipi: acqua e sali, malto e malto plus
Ad eccezione della tortina di riso, si tratta di un’alimentazione molto… tecnologica. C’è un po’ di spazio per il gusto nel menù del tappone?

Secondo la mia concezione, c’è spazio per qualunque cosa li faccia stare bene. Anche per questo nei sacchetti del rifornimento la Coca Cola non manca mai. Ha la caffeina, i carboidrati rapidi, il gusto della bevanda frizzante e la peptina, che agevola la digestione. Non dimentichiamo che in pieno sforzo infatti, il sangue si sposta a livello periferico e l’apparato digestivo va in sofferenza.

Cos’altro c’è nel sacchetto?

Fonti immediate di energia. In Novo Nordisk abbiamo delle ampolline con zuccheri a rapido rilascio, nelle altre squadre ci sono booster con taurina, gingseng… qualsiasi cosa possa dare un po’ di sprint.

Ovviamente abbiamo parlato di un tappone con il sole. E se piove?

Paradossalmente se piovesse, si avrebbero meno problemi e meno rischio di disidratazione. Cambia lo scenario, ma per ora farei il tifo affinché questo bellissimo tappone si corra con il sole…