EDITORIALE / Vuelta pericolosa o regole inesistenti?

28.08.2023
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Probabilmente Adam Hansen avrà capito (ormai a sue spese) quanto sia ingrato il compito di presidente del CPA su temi come la sicurezza in corsa e le avverse condizioni meteo. Quello che è successo alla Vuelta e in parte anche in Belgio al Renewi Tour (dove i corridori hanno messo piede a terra a 100 chilometri dall’arrivo, in protesta per il finale tortuoso) è la perfetta dimostrazione di come non sia possibile pretendere comportamenti coerenti senza la base di regole condivise e definitive.

La cronosquadre di apertura della Vuelta a Barcellona, che sarebbe dovuta essere una colossale festa di sport, si è trasformata in un bel disastro a causa della pioggia, delle curve e dell’oscurità della partenza serale (foto di apertura).

Laurens De Plus è finito in ospedale con una frattura dell’anca. «Due minuti di spettacolo – ha dichiarato – dopo mesi di duro lavoro in montagna. Non vedevo l’ora di iniziare queste tre settimane di battaglia con tutte quelle superstar. Ma la vita non è sempre giusta e la corsa va sempre avanti».

Adam Hansen, 41 anni, è da quest’anno il nuovo presidente del CPA
Adam Hansen, 41 anni, è da quest’anno il nuovo presidente del CPA

Evenepoel e Vingegaard

Quando si è accorto che anche la seconda tappa sarebbe stata bagnata e nel finale avrebbe avuto curve in abbondanza, anche Evenepoel ha detto la sua.

«Dopo ieri – così ha parlato il belga dopo che una consultazione con la direzione di gara non aveva tolto tutti i dubbi – penso che meritiamo un po’ più di rispetto da parte dell’organizzazione».

Lo stesso vincitore del Tour, Jonas Vingegaard, è stato ripreso mentre entrava sul pullman della Movistar per concordare una linea comune, dopodiché i corridori hanno trovato un accordo con la direzione.

Jonas Vingegaard si è fatto interprete dei malumori del gruppo, cercando condivisione fra i vari team
Jonas Vingegaard si è fatto interprete dei malumori del gruppo, cercando condivisione fra i vari team

Il diritto all’opinione

L’iniziativa è stata efficace. L’organizzazione ha spostato la registrazione del tempo ufficiale a 9 chilometri dall’arrivo e a quel punto la maggior parte dei corridori si è rialzata in modo plateale, con Evenepoel di nuovo in testa. Sono passati sul traguardo più di 6 minuti dopo il vincitore della tappa, con un chiaro messaggio agli organizzatori.

«Le gare sono diventate molto più difficili – ha commentato Marc Sergeant su Het Nieuwsblad – oppure i corridori si fanno sentire di più. I social media hanno anche reso più semplice esprimere la propria opinione, senza rivolgersi direttamente all’organizzatore. Penso che la voglia di dare la propria opinione sia una buona cosa. Ho rispetto per i corridori che fanno così, perché senza protagonisti non c’è gara».

Per Laurens De Plus una Vuelta durata pochi chilometri e conclusa in ospedale
Per Laurens De Plus una Vuelta durata pochi chilometri e conclusa in ospedale

Lezione per il futuro

Contro il meteo si può poco, ma contro i percorsi si può studiare e agire d’anticipo. Ci si è tanto lamentati per il tracciato della cronosquadre ai mondiali di Glasgow, ma ci sono stati sei mesi senza che nessuno abbia provato a metterci mano. Quali sono, tuttavia, i criteri e le regole per cui un percorso è non sicuro, in assenza di un disciplinare cui tutti siano costretti ad attenersi?

«Siamo arrivati ai giorni più difficili – ha detto a Het Nieuwsblad Il direttore del Renewi Tour, Christophe Impens di Golazo – dopo una catena di eventi, in cui i corridori potrebbero non essersi sentiti ascoltati. C’è stato il caos per le moto al Tour, la morte di De Decker e poi quello che è successo sabato alla Vuelta. Non sono arrabbiato, penso solo sia un peccato che questo sia successo durante la gara. I corridori e i team manager possono studiare il percorso con settimane di anticipo tramite un software speciale. Ne possiamo parlare quando vogliono, se necessario, ma non durante la corsa. E’ una lezione per il futuro».

La prima tappa della Vuelta, una cronosquadre a Barcellona, ha destato molte polemiche
La prima tappa della Vuelta, una cronosquadre a Barcellona, ha destato molte polemiche

Siamo sul filo

A volte bisognerebbe ascoltare i corridori, più che chi li guida e che è spinto da interessi che magari con lo sport non c’entrano molto. Lo ha detto chiaramente l’altro giorno Salvatore Puccio: servono regole chiare da applicare senza doverne parlare. In modo che sia chiaro per tutti che certi percorsi non possono essere disegnati. Che serve un percorso alternativo per i tapponi, evitando le scene ridicole dell’ultimo Giro d’Italia. Ma i corridori devono sapere che questo potere non è illimitato. Il ciclismo non è la Formula Uno e non lo sarà mai. Per questo serve un tavolo condiviso per stabilire regole certe: affinché nessuna componente prevalga sull’altra. Siamo sul filo: è un attimo cadere da una parte o l’altra.

Crono col caldo e senza borraccia. Malori spiega come si fa

30.07.2023
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Si è detto tanto della crono di Combloux all’ultimo Tour de France. Dalla super prestazione di Vingegaard che ha aperto la crepa nella condizione di Pogacar, al cambio di bici, fino alla media oraria finale (oltre i 41 chilometri all’ora) considerando la salita conclusiva che portava al traguardo. Tanto, ma non abbastanza o tutto. Un particolare saltato subito all’occhio è che quasi tutti l’hanno disputata senza borraccia (in apertura Van Aert).

La prova contro il tempo misurava poco più di 22 chilometri, ovvero poco più di mezz’ora di sforzo. Tenendo conto che la classica “canicule” francese non ha mai mollato la morsa del caldo, come si può correre la crono decisiva del Tour senza avere nulla da bere? Qual è il limite che può raggiungere un atleta in gare simili senza borraccia? Queste e altre domande le abbiamo rivolte ad Adriano Malori, uno che di crono se ne intende. E come sempre, quando si parla con lui, arrivano tante risposte e considerazioni.

Malori preparava le crono bevendo tanto tra sali, zuccheri e acqua. Un litro e mezzo al mattino poi due borracce nel riscaldamento
Malori preparava le crono bevendo tanto tra sali, zuccheri e acqua. Un litro e mezzo al mattino poi due borracce nel riscaldamento

Conoscere se stessi

«Innanzitutto – premette Malori – il corridore, anzi il cronoman in questo caso, deve imparare a conoscersi. Lo fai prova dopo prova, prendendo dei riferimenti. Quando inizi a capire che atleta sei, allora riesci a capire quale sia la tua autonomia. Anzi, lo devi sapere per forza quando sei ad alto livello. Fra le tante cose che il cronoman deve sapere, ci deve essere anche quella della idratazione pre-gara. E’ una delle componenti che si somma ai watt espressi o da tenere, al restare concentrati o alla posizione.

«Vingegaard, Pogacar, Van Aert, i gemelli Yates, per citare i protagonisti del Tour, ma anche tanti altri, ormai sono abituati a fare crono senza borraccia e il suo supporto. Non lo fanno per una questione aerodinamica perché è stato provato che la presenza di una borraccia anche vuota è sempre più aerodinamica del solo porta borracce. Infatti, se ci fate caso, quando la finiscono non la buttano mai. Diciamo che non la mettono perché sanno che sarebbe una “perdita” di tempo se così possiamo dire. Quando sei in posizione e in trance agonistica, bere può farti perdere il ritmo. Ma ci sono delle distinzioni da fare».

In stagione Vingegaard ha corso quattro crono. L’unica fatta con borraccia è quella al Delfinato
In stagione Vingegaard ha corso quattro crono. L’unica fatta con borraccia è quella al Delfinato

Idratazione e adattamento

La lunghezza delle crono è un segno del tempo che passa. E quindi delle abitudini o delle predisposizioni dello specialista. Nel 2010 al primo anno da pro’, Malori ha fatto crono da 50 chilometri abbondanti sia al Delfinato che al Tour. Vingegaard e Pogacar finora si sono confrontati con crono di circa 10 chilometri in meno, tuttavia alcune cose non sono cambiate.

«Fare una crono senza borraccia – spiega il 35enne vicecampione del mondo della specialità nel 2015 – si può fare benissimo. Lo facevo spesso anch’io: non c’è un vero e proprio limite. In primavera si possono fare anche 50 minuti senza bere. Però devi averlo fatto in modo abbondante sia nei giorni precedenti sia nel giorno della crono. Devi averlo già provato nei mesi prima, non puoi improvvisare. Si sa che nelle gare a tappe il muscolo ben idratato sviluppa più potenza. Solitamente io bevevo un litro e mezzo al mattino tra acqua, sali, zuccheri e bicarbonato per prevenire i crampi. Poi due borracce un’ora e mezza prima del via durante il warm-up sui rulli: una di sali e una di acqua. I team investono molto sull’idratazione, ma succedeva anche prima. Forse adesso c’è una cassa di risonanza maggiore attraverso i social, anche perché questi sono veramente dei grandissimi campioni».

Crono “a blocco” senza borraccia. Van Aert, terzo all’arrivo e stremato, recupera subito bevendo acqua fresca
Crono “a blocco” senza borraccia. Van Aert, terzo all’arrivo e stremato, recupera subito bevendo acqua fresca

«Possiamo aggiungere altri dettagli non trascurabili», prosegue Malori. «Una delle abitudini del cronoman è il sapersi adattare a vari fattori esterni. Quello che dicevo prima vale al netto delle condizioni meteorologiche. Ovvio che bisogna vedere se fa molto caldo o che temperature ci sono state prima. Oppure se sudi molto durante il riscaldamento. Attenzione però: non bisogna esagerare con i liquidi perché poi c’è il rischio di gonfiarsi troppo. E a quel punto arriva il bisogno fisiologico. Magari ti scappa proprio quando sei già in gara e cosa fai? Oppure c’è una giornata ventosa e ti finisce in bocca un moscerino. Avere una borraccia può aiutarti a sciacquarti. Insomma bisogna vedere tante situazioni».

Crono di Combloux. Per Malori, Pogacar poteva fare la salita finale con la bici da crono evitando di perdere tempo nel cambio
Crono di Combloux. Per Malori, Pogacar poteva fare la salita finale con la bici da crono evitando di perdere tempo nel cambio

Risultato giusto

Il verdetto della crono per Malori è comunque stato giusto. Lui lo aveva previsto. E l’idratazione conta fino a un certo punto.

«Vingegaard ha vinto meritatamente – conclude – e si è certamente adattato meglio di Pogacar alle condizioni pre-crono. Quando ho visto la foto dello sloveno nel giorno di riposo che aveva un principio di herpes, ho capito che non avrebbe potuto competere con la maglia gialla. Vingegaard è più specialista di Pogacar, soprattutto tra gli scalatori. Inoltre c’è stato anche il cambio di bici, non paragonabile a quello che abbiamo visto al Monte Lussari al Giro, che aveva un percorso totalmente diverso. Pogacar è stato l’unico a farlo tra i primi della classifica. Quando fai operazioni del genere, in crono di quel tipo, perdi il ritmo, la tua muscolatura si deve riadattare ad un’altra posizione. La salita finale non era troppo lunga e dura, figuratevi se campioni come loro non sanno farla con una bici da crono. Pogacar avrebbe perso lo stesso, ma lo avrebbe fatto in un altro modo».

San Sebastian, doppio mondiale e Vuelta: è tornato Remco

28.07.2023
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Tirato per la maglia per l’arrivo di Vingegaard alla Vuelta, torna a parlare Remco Evenepoel. Domani correrà a San Sebastian, sulle strade che ha conquistato per due volte. Poi andrà a Glasgow per difendere il titolo mondiale, infine alla Vuelta. Inutile negarlo: ci siamo chiesti tutti che cosa avrebbe potuto fare al Tour contro quei due.

«E’ una domanda molto difficile – risponde nel collegamento voluto dalla Soudal-Quick Step – probabilmente non lo sapremo mai. Forse l’anno prossimo. Per i numeri che ho visto giorno dopo giorno, penso che quest’anno abbiano raggiunto un livello incredibile. Quindi ho davanti un anno di lavoro per fare grandi passi avanti e avvicinarmi».

San Sebastian è il ritorno alle corse dopo i campionati nazionali (foto Soudal-Quick Step)
San Sebastian è il ritorno alle corse dopo i campionati nazionali (foto Soudal-Quick Step)
Intanto si chiude in anticipo il tuo anno in maglia iridata…

L’ho vinta il 25 settembre, la rimetto in palio il 6 agosto. E’ un po’ triste perché è troppo presto. Penso però che domenica prossima ci sarà un bel mondiale. Farò del mio meglio e cercherò di divertirmi il più possibile. Prima però pensiamo a San Sebastian, una gara davvero importante per me. So che posso vincere e diventerei il detentore del record condiviso della gara (per ora l’ha vinta tre volte soltanto Marino Lejarreta, nel 1981, 1982, 1987, ndr). Anche questa è una grande motivazione. In più voglio provare a godermi le ultime ore di gara con la maglia iridata, anche se spero per la mia carriera che non sia l’ultima volta che la indosso.

Che stagione è stata finora?

Buona, con 8 vittorie, alcune delle quali molto belle. La Liegi, ma anche il campionato nazionale in maglia iridata è stato speciale (foto di apertura, ndr). Detto questo, non credo di essere arrivato abbastanza pronto al debutto in Argentina, perché l’inverno è stato molto lungo, fra i vari obblighi. Sono andato bene al Catalunya ed è stata molto bella l’atmosfera delle prime tappe del Giro con la maglia rosa.

Quante possibilità ci sono che tu rivinca il mondiale?

Il percorso è meno difficile di quanto si possa pensare, c’è meno dislivello del 2022, ma la distanza è notevole. Dovremo fare salite brevi, ma ormai penso di poter competere in qualsiasi gara di un giorno, quindi c’è sicuramente una possibilità.

Evenepoel ha vinto il mondiale di Wollongong il 25 settembre del 2022: la maglia torna in palio il 6 agosto
Evenepoel ha vinto il mondiale di Wollongong il 25 settembre del 2022: la maglia torna in palio il 6 agosto
Guardando i percorsi, hai più possibilità di giocarti la strada o la crono?

Penso entrambe. La crono è lunga e non super tecnica e la mia posizione aerodinamica mi sarà di aiuto contro Ganna, che resta il favorito numero uno. La gara su strada invece è piuttosto tecnica e lunghissima. Molte curve, molti saliscendi, saranno circa sette ore di gara. Questo metterà molta fatica nelle gambe, per cui di conseguenza anche andare in fuga potrebbe rivelarsi interessante. Noi abbiamo una nazionale molto forte, con diverse carte, come Philipsen e Van Aert. Speriamo solo di non dover adattare i nostri piani a causa di incidenti o sfortuna. E speriamo anche che non piova.

Che cosa hai pensato leggendo che Vingegaard verrà alla Vuelta?

Dovrebbero essere tutti contenti per questo, dato che ci sarà più spettacolo in una gara che si annuncia super difficile.

Pare infatti che la Vuelta sarà durissima da subito….

Quest’anno ogni tappa potrebbe essere teatro per qualcosa di spettacolare. Bisogna arrivare freschi all’ultima settimana, ma anche essere pronti in avvio, perché non puoi perdere 3-4-5 minuti nella prima tappa di montagna (l’arrivo ad Andorra ci sarà il terzo giorno, ndr). Non è questa l’intenzione, quindi si tratterà di sopravvivere ai momenti difficili.

Se a Glasgow non si confermerà campione del mondo, vedremo Remco vestito così (foto Soudal-Quick Step)
Se a Glasgow non si confermerà campione del mondo, vedremo Remco vestito così (foto Soudal-Quick Step)
Hai cambiato qualcosa nella tua preparazione per la Vuelta?

Ho fatto copia e incolla rispetto all’anno scorso. Oggi ho avuto buone sensazioni, ho provato a forzare ed è andato tutto bene. Ho un buon adattamento quando torno dall’altura, ma so anche che puoi avere la miglior condizione e qualcosa può andare storto.

Si vocifera che tu abbia avuto qualche problema durante le ricognizioni della Vuelta…

Sono andato a provare le tappe 16-17-18: Bejes, Angliru e Cruz de Linares, che ai miei occhi saranno i giorni decisivi dell’ultima settimana. Solo che è cominciata col piede sbagliato. Ad Amsterdam hanno pensato bene di non spedire la valigia, per cui sono arrivato in Spagna con lo zainetto. C’erano 30 gradi e sono dovuto andare in giro con una gabba, ma ugualmente ho fatto un’ottima ricognizione. Ho imparato molto.

Che cosa?

L’Angliru è davvero un mostro, ma quello cruciale è il Cruz de Linares, che non è certamente meno duro. Le percentuali non arrivano al 20 per cento, ma sono attorno al 15-16 e lo dobbiamo scalare per due volte. Non sottovaluterei neppure la tappa 16, dopo il riposo. E’ tutta piatta e con l’arrivo in salita. La tipica salita asturiana di 5-6 chilometri, ma per tutto il tempo al 10-13 per cento.

Dopo la vittoria del campionato nazionale belga, Remco è l’anima della festa (foto Soudal-Quick Step)
Dopo la vittoria del campionato nazionale belga, Remco è l’anima della festa (foto Soudal-Quick Step)
Quali possibilità hai di vincere ancora?

Se pensassi di essere sconfitto, sarebbe meglio non partire. La Jumbo-Visma ha i due corridori più forti, ma con loro ci sono anche io. Credo che alla fine sarà favorito il vincitore del Tour e per me sarà un’utile esperienza per il prossimo anno.

Perché dici così?

Penso che tutto dipenda da come è uscito dal Tour e per me Jonas non era al limite, si vedeva dalla sua faccia nelle ultime tappe di montagna. Come per me l’anno scorso alla Vuelta: non ero affatto stanco, sono andato al mondiale e ha funzionato tutto al meglio. Quindi mi aspetto lo stesso da lui. Forse sarà il 2-3 per cento in meno, ma con una forma del genere, è comunque superiore a tutti gli altri.

E’ giusto dire che puntare ancora alla Vuelta non fosse il piano per quest’anno?

E’ vero, ma abbiamo cercato di adattarci dopo il ritiro dal Giro. Normalmente dopo il Giro avrei fatto il Wallonie e San Sebastian prima dei mondiali.

A Remco è andata male nel campionato belga a crono: 4° all’arrivo, ma con i postumi di una brutta caduta
A Remco è andata male nel campionato belga a crono: 4° all’arrivo, ma con i postumi di una brutta caduta
In Belgio si parla del futuro della squadra, riesci a vivere la situazione serenamente?

Non è troppo difficile, in realtà è divertente perché dall’esterno ne sapete più di me. Leggo di cose che starebbero accadendo di cui non so nulla io, né il mio entourage e la mia famiglia. E’ piuttosto speciale. Penso di essere abbastanza forte per concentrarmi su quello che devo fare nell’estate che sta arrivando e non vedo ragioni per essere infelice. Se posso, le definirei delle piccole cavolate…

Quando Sky fece alzare l’asticella. Pogacar come Nibali?

28.07.2023
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Jonas Vinegaard e la Jumbo-Visma in questo Tour hanno curato ogni aspetto al millimetro, andando oltre il dettaglio. Il danese è un fenomeno, ma se alle prestazioni super si aggiunge la maniacalità, allora le performance assumono dimensioni enormi. L’esempio migliore è stata la crono di Combloux. E chi si è ritrovato a lottare con lui, Tadej Pogacar, ha avuto dei bei grattacapi.

Questa situazione ricorda quella che si verificò quando il Team Sky si rivelò al mondo con i suoi metodi più scientifici, i sopralluoghi ripetuti delle tappe più importanti, l’alimentazione futuristica, aprendo l’era dei marginal gains. Una situazione che ci ricorda anche Vincenzo Nibali. Lo Squalo doveva lottare con queste “macchine”: da Wiggins a Froome, passando per Thomas.

Qualche giorno fa chiamando in causa Sky nell’editoriale avevamo scritto: «Vincenzo si trasformò in una vera macchina da guerra. Non rinunciò alla sua imprevedibilità, ma è certo che si presentò al via tirato e allenato come mai fino a quel punto...». Partendo da questa frase abbiamo coinvolto proprio Nibali.

L’università di Messina ha insignito Nibali della laurea ad honorem in “Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate”
L’università di Messina ha insignito Nibali della laurea ad honorem in “Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate”
Vincenzo, quindi Sky ti fece alzare l’asticella? La situazione di Pogacar e della UAE Emirates ricorda la tua e quella del tuo team?

Io non farei dei paragoni con il passato, anche se non è troppo lontano. Quel che ho visto in questo Tour de France è che è stato dominato da due team, la Jumbo-Visma e la UAE Emirates chiaramente. E in molte occasioni ho visto la UAE più forte della Jumbo.

Più forte la UAE…

Sì, alla fine hanno fatto secondo e terzo. Adam Yates nonostante si sia messo a disposizione, è salito sul podio e questo non può che parlarci di un team che è andato forte e che ha lavorato bene. Mentre dall’altra parte non avevano un Van Aert al livello dell’anno scorso che dominava in ogni tappa. Sì, Wout è andato forte in diverse occasioni, ma l’anno scorso vinceva le volate e quando tirava in salita staccava Pogacar! E poi c’era Vingegaard che si è ripetuto. Rispetto alla passata edizione, Jonas ha avuto più sicurezza. Ha corso con grande intelligenza e con la consapevolezza delle proprie energie.

Consapevolezza delle proprie energie: cosa intendi?

Ogni volta che Pogacar attaccava, lui gli faceva di no con la testa: non gli dava cambi. Gli lasciava appena qualche secondo e gli abbuoni senza sfinirsi troppo, consapevole appunto che con un’azione decisa gli avrebbe rifilato un minuto. Che poi è la stessa cosa che dicevamo con Martinelli quando facevamo i nostri grandi Giri. Oltre alla crono, individuavamo quel paio di tappe chiave… Se poi veniva qualcosa di più, tanto meglio. Ma ci si concentrava su determinate tappe. Sapendo di essere meno esplosivo di Tadej, penso che Vingegaard si sia fatto questo conto: Pogacar in dieci scatti (tra abbuoni e secondi) gli guadagnava un minuto, lui lo faceva con un solo attacco in salita. Io ero come lui, poco esplosivo. E quando lottavo con Contador, Purito, Valverde, il mio obiettivo era arrivare con loro ai 200 metri. A quel punto anche se perdevo erano pochi secondi.

Che Vingegaard avesse ben preparato la crono si vedeva anche da come guidava in curva e in discesa
Che Vingegaard avesse ben preparato la crono si vedeva anche da come guidava in curva e in discesa
Cosa dovrà fare Pogacar per invertire questa rotta? Più sopralluoghi, peso più al limite…

Più che questo, deve iniziare a rivedere la sua esuberanza, che però fa parte di lui. Ma deve cambiare in gara. Si sapeva che il vero rivale sarebbe stato Vingegaard, che forse è anche più forte in quel tipo di gara, quindi io avrei lasciato a lui la prima mossa. L’avrei aspettato, studiato… Insomma mi sarei dato un ruolo diverso. Poi è anche vero che la caduta della Liegi lo ha rallentato.

Lo sloveno è stato anche altalenante nelle prestazioni…

E questo mi ha lasciato perplesso, soprattutto nel giorno in cui ha pagato tantissimo (sul Col de La Loze, ndr), poi è andato di nuovo forte. Non è mica scontato che dopo certe crisi torni ad andare bene. Lui invece ha persino vinto una tappa. Magari nel giorno della crisi ha pagato anche l’aspetto mentale dopo la crono. E comunque non era la prima volta che Vingegaard andava fortissimo a crono, anche l’anno scorso fu strepitoso.

Il modo di correre di Pogacar è fantastico, ma forse almeno contro certi avversari va rivisto
Il modo di correre di Pogacar è fantastico, ma forse almeno contro certi avversari va rivisto
Quel giorno Pogacar non stava bene, ma anche la testa ha influito. In effetti qualche informazione sul morale basso dopo la crono è trapelato dal suo staff…

Pogacar sa che ha di fronte un avversario molto forte. Per me Tadej è più completo e se vogliamo mi piace anche di più, ma Vingegaard in salita è leggermente più forte, anche in virtù delle sue caratteristiche fisiche, è più piccolo. Jonas è più “killer”, è meno espansivo, anche sui social. Un po’ come me. Io pubblicavo poco, anche per non far sapere come stavo, non amavo magari mettere un sorriso di circostanza. Non si trattava di essere scontrosi o meno: Vingegaard è così. Così come non significa che Pogacar non si sappia focalizzare su un obiettivo perché è espansivo.

Van Dongen, diesse della Jumbo, ha detto che una crono così si prepara mesi prima, che bisogna arrivarci con le idee chiare e le scelte già fatte. Il tecnico aveva visto gli UAE fare le prove dei cambi bici durante le ricognizione del mattino. Anche da parte di Pogacar servirà lo stesso approccio?

Ogni team, specie a quel livello, ha del personale qualificato che sa quali scelte fare. Le uniche condizioni per cambiare sul momento, nel caso della crono, sono quelle meteo e del vento in particolare. Ognuno ha un suo protocollo. Per me il discorso non è tanto questo, quanto il fatto che sin qui Pogacar ha vinto con spensieratezza, mentre ora questo Vingegaard gli mette confusione mentale. Ma a lui e alla sua squadra non mancano le qualità e le dotazioni tecniche per vincere anche questa sfida.

Il Team Sky ha dominato la scena schierando formazioni monster tra il 2012 e il 2019. Solo Nibali nel 2014 ha rotto il loro dominio
Il Team Sky ha dominato la scena schierando formazioni monster tra il 2012 e il 2019. Solo Nibali nel 2014 ha rotto il loro dominio
Quindi questa situazione non ti ricorda un po’ la tua con Sky? Loro indirettamente non avevano fatto alzare l’asticella anche a te?

Io direi di no… Sapete qual era la vera differenza di Sky e perché era il riferimento? Il budget. Noi avevamo un budget alto, loro di almeno 10 milioni di euro in più. E questo comportava che avevano dieci corridori più forti. Corridori che ti sostengono e con i quali potevi interpretare la corsa in un certo modo: prendevano la testa del gruppo e tiravano per te e ti tenevano fuori da ogni rischio su ogni terreno. Sei più tranquillo. E quando hai dei compagni così forti, anche in allenamento cambiano le cose. E’ lì che semmai alzi l’asticella.

Insomma tu avevi dei gregari e loro erano nove capitani…

Sia chiaro, non dico che non avevo compagni all’altezza. Ho avuto gente come Scarponi, Agnoli, Vanotti… Ma quando hai dieci top rider, dieci corridori che vincono una Parigi-Nizza, una Liegi, una Tirreno che tirano per te, le cose cambiano. Loro avevano il miglior Boasson Hagen, Kwiatkowski, Poels… (Froome e Thomas che all’inizio tiravano per Wiggins, ndr). Noi, prima in Liquigas e poi in Astana, non eravamo a quel livello. Sì, c’era gente che poi è diventata fortissima, penso a Sagan o a Colbrelli quando ero in Bahrain, ma non erano i corridori che sono diventati poi. Quindi se parliamo di dettagli, dei sopralluoghi come dicevamo, è chiaro che contano, ma prima ci sono altre cose. E poi fare un sopralluogo a febbraio o a dicembre è anche rischioso per me. Non hai la stessa condizione che avrai poi a luglio e rischi di farti un’idea sbagliata.

La resa di Courchevel: l’analisi del dottor Magni

27.07.2023
4 min
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“I’m gone” (sono andato/finito) così Tadej Pogacar ha alzato bandiera bianca contro Jonas Vingegaard, mentre la strada saliva sotto le sue ruote in direzione Courchevel. Una frase semplice, ma che dentro di sé racchiude tante sfumature. Lo sloveno ha tirato troppo la corda in questo Tour de France. I primi scricchiolii sono arrivati nella cronometro di Combloux, mentre il suo vaso di Pandora è stato scoperchiato definitivamente poche ore dopo

La crisi che ha colpito il due volte vincitore della Grande Boucle ci ha fatto scaturire tante domande. Abbiamo così interpellato il dottor Emilio Magni, così da avere un parere autorevole in merito. 

Con Emilio Magni, dottore dell’Astana, abbiamo analizzato la crisi di Pogacar a Courchevel
Con Emilio Magni, dottore dell’Astana, abbiamo analizzato la crisi di Pogacar a Courchevel
Dottore, cosa succede in una crisi del genere?

Questi momenti di crisi sono multifattoriali, Pogacar ha detto di aver sentito maggiormente il problema dell’alimentazione. Mangiava ma non riusciva ad integrare, ritrovandosi con le gambe vuote. Ma questo è solo un aspetto di una crisi più o meno improvvisa. 

In che senso più o meno?

Queste situazioni derivano da uno stato di affaticamento acuto. Si tratta di una risposta adattiva dell’organismo, il quale prende provvedimenti per salvaguardarsi. E’ un allarme per far sì che la situazione non peggiori ulteriormente. 

Cosa succede?

La prestazione si abbassa, il corpo riduce le prestazioni, in medicina si chiama meccanismo omeostatico. E’ la tendenza dell’organismo a mantenere le condizioni di partenza. 

Nonostante la grande prova, i primi segnali di cedimento sono arrivati nella cronometro di Combloux, lo sloveno ha pagato 1’38”
Nonostante la grande prova, i primi segnali di cedimento sono arrivati nella cronometro di Combloux, lo sloveno ha pagato 1’38”
Una causa potrebbe essere la preparazione non adeguata?

Come detto è una situazione multifattoriale, la preparazione non adeguata potrebbe essere una causa. Un altro fattore importante è il carico di prestazione che nel caso di Pogacar, magari, è stato eccessivo. Lo sloveno potrebbe averne risentito dal punto di vista muscolare, metabolico ed energetico. 

O ancora?

Un’altra causa si può trovare nell’insufficiente tempo di recupero. Quest’ultima causa in particolare impedisce al muscolo di ristabilire il livello di glicogeno, che è la sua benzina principale. A volte non bastano 24 ore, i ciclisti non hanno nemmeno quelle, visto che finiscono la tappa alle 18 e ripartono alle 12 del giorno dopo. 

Quindi la mancanza di una gara di avvicinamento, come il Delfinato, è un fattore?

Ci vuole una base di preparazione così che l’organismo si possa abituare ed incrementare la performance. Ci sono anche altri “campanelli” d’allarme. 

La maglia gialla se ne va, Pogacar arranca: il vaso di Pandora è stato scoperchiato
La maglia gialla se ne va, Pogacar arranca: il vaso di Pandora è stato scoperchiato
Quali?

Dal punto di vista sintomatologico vi sono dei segnali soggettivi come: la perdita di forza, di resistenza, il mal di gambe e dolori muscolari. Sono tutte cose che l’atleta avverte e che possono portare anche a dei sintomi mentali: difficoltà di concentrazione, mancanza di appetito e condizioni di sonno peggiori. 

Anche se poi nella tappa di Le Markstein Pogacar ha vinto, come lo spiega?

Si tratta di un corridore di qualità assoluta. Anche in una situazione di crisi mantiene delle prestazioni alte, anche più elevate di altri atleti che in realtà sono in forma. Pogacar ha fatto uno sforzo di testa, a mio modo di vedere. Le Markstein era l’ultima tappa, ha dato tutto, considerando che Vingegaard aveva un vantaggio rassicurante. 

Ci sono anche dei dati oggettivi che possono anticipare queste crisi?

Assolutamente. Uno di questi è la frequenza cardiaca a riposo, la quale quando si è stanchi tende ad essere più alta. Un esempio: se un atleta a riposo, appena sveglio, ha 40 battiti, magari passa a 48. La cosa si trasferisce anche una volta in sella, ma al contrario. Si riscontra una difficoltà ad aumentare la frequenza cardiaca sotto sforzo. Questo perché il muscolo rende di meno, dando meno forza, di conseguenza il cuore non sale di frequenza. C’è anche da considerare la variabilità cardiaca.

Pogacar si è allenato molto in altura, sono mancati i giorni di corsa persi a causa dell’infortunio? (foto Matteo Secci)
Pogacar si è allenato in altura, sono mancati i giorni di corsa persi a causa dell’infortunio? (foto Matteo Secci)
Ovvero?

La variabilità cardiaca offre ottimi riscontri dal punto di vista del recupero. Praticamente si controlla la variabilità tra un battito e l’altro. Dovete sapere che i battiti non sono ugualmente distanti a livello di tempo l’uno dall’altro, il tempo cambia. Ad esempio: una volta passano 1,2 secondi, quello dopo 0,8 e così via. Se la variabilità è alta vuol dire che il cuore è reattivo e “brillante”. 

Lo staff della UAE Emirates, con grande probabilità, era a conoscenza di questi dati…

Penso proprio di sì. Però a volte i dati si prendono ed analizzano, senza parlarne al corridore, per non condizionarlo psicologicamente.

Il piano segreto di Vingegaard? Vanotti l’aveva capito

27.07.2023
6 min
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Questo scambio di idee con Alessandro Vanotti è iniziato a metà Tour, dopo l’attacco di Pogacar sul Grand Colombier, ed è andato avanti tappa dopo tappa. Ogni giorno un pezzetto, dalla condotta dello sloveno a quella del danese.

«Avete fatto caso – chiese il bergamasco, al Tour con Santini di cui è testimonial – che quando Pogacar scatta, l’altro arriva a un certo punto di watt e poi non lo segue? Si mette al suo ritmo, non lo molla, ma evita il fuorigiri di tornargli sotto…».

Il giorno dopo, Pogacar attaccò sul Col de Joux Plane e Vingegaard fece proprio questo. Lo tenne davanti a 50 metri e sulla cima, complice il fattaccio delle moto, gli prese anche l’abbuono al GPM.

Vanotti ha scortato Nibali alla magia gialla del 2014. Qui alla partenza con Miguel Indurain, 5 Tour vinti
Vanotti ha scortato Nibali alla magia gialla del 2014. Qui alla partenza con Miguel Indurain, 5 Tour vinti
Alessandro, il Tour si costruisce un pezzetto per volta. Non puoi lasciare indietro niente…

Il Tour è la corsa più importante e difficile al mondo. Partecipano i corridori più forti, non lo dico io, ma le statistiche. Le tattiche diventano più complicate. Ci sono squadre forti che riescono a tenere la corsa e impostare il ritmo per renderla dura e gestire le fughe. Hanno uomini per ogni situazione. Tra loro si innesca una competizione, in cui qualcuno si espone troppo e qualcuno sta nascosto e non sai mai se sta soffrendo oppure non vuole mostrare le carte.

Pogacar non si è certo nascosto…

E quando lui attaccava, io guardavo Vingegaard. Non riuscivo a capire se fosse al limite, perché lui maschera bene la fatica. E’ sempre lì, con quel mezzo sorrisino. Quando scattava Pogacar, Jonas correva sulle ruote e per me quella è la tattica che hanno impostato dall’inizio. Ha cominciato a farlo dopo il minuto di vantaggio che ha preso sul Marie Blanque.

Perché?

Perché quel vantaggio gli ha permesso di avere un approccio differente alla corsa e di esporsi il meno possibile. Ha sempre fatto degli sforzi gestiti, senza andare al limite. Pogacar è un fuoriclasse e ha delle accelerazioni che nessuno ha. Ti porta completamente fuori giri, ti distrugge. Se rispondi alle sue 20 accelerazioni, sei finito. Con quel margine in tasca, Vingegaard ha potuto gestirsi: ha ammortizzato i suoi piccoli ritardi in quel minuto ed è arrivato alla crono con più forze rispetto a Pogacar.

Il piano di Vingegaard? Secondo Vanotti non rispondere a tutti gli attacchi di Pogacar, evitando pericolosi fuori giri
Il piano di Vingegaard? Secondo Vanotti non rispondere a tutti gli attacchi di Pogacar, evitando pericolosi fuori giri
Non sarà che il famoso piano mai spiegato era proprio questo?

Esatto, è stato intelligente e freddo. Non è facile, perché ogni giorno la stampa ti chiede perché non lo segui. Come mai non sei in condizione, invece era una tattica prestabilita. A maggior ragione la sua crono è stata così superiore. A mio avviso, Pogacar ha avuto quelle 2-3 giornate no, causate da tutto quello che ha speso, altrimenti il divario alla fine non sarebbe stato così ampio.

Sulla crono sono stati avanzati dei sospetti…

Io non so se la storia dirà cose diverse, ma penso che questo sia un altro ciclismo e loro sono campioni fuori categoria. Perché per forza pensare male? E mi chiedo anche perché a tirare fuori certi sospetti siano sempre degli ex corridori, cui piace così tanto farsi del male. Fino a poco tempo prima sospettavano di Pogacar. E allora? Vingegaard è andato forte, ma se poi sentiamo tutto il lavoro che hanno fatto e il modo in cui ci sono arrivati, dico che vorrei altri dieci Pogacar per il modo in cui corre, ma l’altro non ha sbagliato nulla, nonostante quest’anno avesse anche una squadra meno forte.

Perché meno forte?

Forse non meno forte, ma certo più bilanciata. Non hanno fatto gli errori dell’anno scorso, dove pure avevano Roglic, Kruijswijk e un Van Aert più incisivo. Noto intanto che la UAE Emirates è cresciuta come squadra, come gruppo di lavoro, quindi nei prossimi anni sicuramente avrà ottime possibilità.

Vingegaard è arrivato alla crono spendendo molto meno rispetto al rivale: Vanotti non ha dubbi
Vingegaard è arrivato alla crono spendendo molto meno rispetto al rivale: Vanotti non ha dubbi
Pogacar si trova in una posizione simile a quella di Nibali, che per contrastare Sky, nel 2014 fu costretto a sacrificare molto per il Tour.

Il Tour va preparato nei dettagli, ma Pogacar è un fenomeno e questo piace. Come detto, magari averne altri… Tadej avvicina i giovani al ciclismo, quindi benvenga uno che ha questa mentalità. Battaglia dalla Strade Bianche alla Sanremo, dal Fiandre alla Liegi. Vincenzo il Fiandre l’ha fatto a fine carriera, però anche lui correva le classiche e come Pogacar ci metteva la faccia. Tadej è uno che si espone, affronta tutto subito col sorriso e ti dice quello che pensa. «Sono morto, non stavo bene, ho dato tutto». E’ uno che si espone con i suoi scatti, si fa vedere, ma questa volta ha trovato un rivale vero. Quindi, dopo il secondo Tour andato storto, forse dovrà analizzare qualche dettaglio.

Di che tipo?

Dovranno chiedersi come fare per vincere. Deve diventare più meticoloso, fare un programma strutturato, nascondersi di più. Quando ci ritrovammo davanti al Team Sky, prima con Wiggins e poi con Froome, a un certo punto ci guardammo in faccia. «Invece di lamentarci – dicemmo – dobbiamo metterci sotto e lavorare nel modo giusto». Quando devi battere un avversario così forte, non devi lasciare nulla al caso. E Nibali in quel Tour fu perfetto, lo fummo tutti. Così forse anche Pogacar dovrà rivedere qualcosa nell’avvicinamento, perché ha trovato Vingegaard e la Jumbo-Visma.

A costo lasciar perdere gli altri obiettivi?

A quanto ho capito, lui non vuole snaturare il suo calendario e il modo di correre. Non vorrei che poi si andasse a toccare il suo modo di correre, com’era con Vincenzo che partiva, attaccava e spesso vinceva. Però anche lui piano piano si è aggiustato. Ha preso le misure e invece di fare 20 scatti, ne faceva 7-8 giusti. Per Pogacar non sarà facile, perché stiamo parlando di un fenomeno. Ha il suo istinto e il suo modo di correre. Visto come ha esultato quando ha vinto sabato? Immaginate cosa avesse dentro? Modificare questa cosa non è semplice, però forse limitatamente al Tour potrebbe essere necessario. Vingegaard non fa sconti, ma non dimentichiamo che aveva davanti un Pogacar reduce da infortunio.

Pogacar è arrivato al Tour senza aver corso per due mesi e ha sprecato molte energie con i suoi scatti
Pogacar è arrivato al Tour senza aver corso per due mesi e ha sprecato molte energie con i suoi scatti
Si è detto che potesse correre lo Slovenia per non arrivare al Tour digiuno dalle corse.

Però considerate che nell’incidente, oltre all’osso, si rompe anche qualche equilibrio. La paura di cadere non ti molla. Quando ho rotto il gomito, nelle prime gare niente era come prima. E allora forse, se hai davanti una gara, la salti volentieri perché non vuoi rischiare. E’ umano anche lui e per vincere il Tour, visti i mille dettagli di cui stiamo parlando, l’infortunio è un grosso guaio. Magari corri sulle scalinate, anch’io l’ho fatto. Ma intanto il corpo reagisce all’anestesia… Metti dentro tutto, ha fatto ugualmente un grande Tour. E’ arrivato secondo. Ma a mio avviso, se non avesse avuto quell’infortunio, lo sarebbe stato ancor di più. Magari non vinceva, ma se lo giocavano sino alla fine.

Vingegaard alla Vuelta, cosa pensano Roglic ed Evenepoel?

26.07.2023
5 min
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Sarà rimasto peggio Roglic o Evenepoel? Garzelli sogghigna, per rispondere c’è comunque bisogno di sbilanciarsi. «Entrambi – dice – secondo me il fatto che alla Vuelta arrivi anche Vingegaard, per motivi diversi dà fastidio a entrambi».

Il Tour è finito da tre giorni. In Belgio impazzano i criterium, gli inviati resettano il cervello ed entrano in clima mondiali, ma la prospettiva della Vuelta con Roglic, Vingegaard ed Evenepoel tiene già alta la fiamma sotto la pentola. Probabilmente sono cose che capisci a fondo soltanto quando ci passi, ma non è difficile immaginare che l’annuncio del danese abbia colto di sorpresa i due campioni attesi alla sfida spagnola.

Garzelli ha commentato il Tour assieme ad Andrea De Luca. Il 16 luglio ha festeggiato i 50 anni (foto Instagram)
Garzelli ha commentato il Tour assieme ad Andrea De Luca. Il 16 luglio ha festeggiato i 50 anni (foto Instagram)

Motivazioni diverse

Magari il discorso di Remco è diverso: lui non è contento perché pensava di avere rivali già noti e… misurati, invece gli arriva fra capo e collo il vincitore del Tour. Mentre Roglic, che da giugno lavora per essere leader nella corsa già vinta per tre volte, si ritroverà allo stesso tavolo un ex gregario, ormai diventato capitano. Come successe a Simoni con l’arrivo di Cunego. Come quando Armstrong piombò in casa di Contador. E come quando al Giro del 2000 di Garzelli capitano, all’improvviso saltò fuori Pantani.

Stefano, qual è la ricetta perché la coppia funzioni?

E’ difficile che funzioni. Io sono sempre stato dell’idea che se vuoi vincere un grande Giro, devi andare con un capitano, altrimenti ogni volta si creano situazioni particolari. Nel mio caso, Marco arrivò all’ultimo momento. Insomma, era Marco Pantani e io ero un ragazzo giovane. Poi strada facendo la situazione si andò delineando, ma neppure allora fu troppo facile. Alla fine io sapevo bene che con Marco in corsa, non sarebbe stata la stessa cosa. Sia per me, sia per tutta la squadra. Non sarà facile per Roglic e Vingegaard.

Al Giro del 2000, Garzelli era il capitano, poi arrivò Pantani. Non fu facile, ma alla fine vinse Stefano
Al Giro del 2000, Garzelli era il capitano, poi arrivò Pantani. Non fu facile, ma alla fine vinse Stefano
Perché?

Perché nel ciclismo moderno è cambiato il modo di correre, si sta sempre tutti molto vicini. Però se ci sono situazioni particolari, devi stare vicino a due capitani, che magari per qualche necessità corrono in modo differente. Penso al Tour del 2022 nella tappa del pavé quando Vingegaard rimase senza bici e Roglic cadde. Insomma, la gestione si fa difficile. Diciamo che sarà bello vederli, sarà divertente…

Di solito in questi casi si dice che il polso della situazione deve averlo l’ammiraglia.

In teoria è così. Però se guardate, l’inizio del Tour per la Jumbo-Visma non è iniziato benissimo. C’erano anche lì due capitani – Vingegaard e Van Aert – sia pure con obiettivi differenti e già il secondo giorno Van Aert si è ritrovato senza appoggi. La situazione era complicata, Wout non era contentissimo. E anche se sono due corridori diversissimi, hanno rischiato comunque una piccola rottura iniziale, che per fortuna è stata subito chiarita.

Le tensioni fra Van Aert e Vingegaard al Tour si sono sciolte a Cauterets. La vittoria di Pogacar ha unito la Jumbo-Visma
Le tensioni fra Van Aert e Vingegaard al Tour si sono sciolte a Cauterets. La vittoria di Pogacar ha unito la Jumbo-Visma
Sono bocconi faticosi da mandare giù…

Infatti alla fine rimane sempre qualche piccola spina. Non è semplice, ci sono otto corridori, due fanno i capitani… Vedremo alla Vuelta! Chiaramente loro sono superiori. Io penso che Vingegaard, anche con una condizione inferiore a quella del Tour, può vincere la Vuelta.

C’è da capire quanto la sua presenza possa infastidire Roglic…

Io penso che un po’ sia scocciato. Loro vogliono entrare nella storia, vincere Giro, Tour e Vuelta nella stessa stagione, quindi forse per questo motivo hanno deciso di portare anche Vingegaard. E Jonas è coraggioso, è bello vedere che viene alla Vuelta e si mette in gioco nuovamente. Ha solo da perdere. Ha già fatto una stagione straordinaria: tranne la Parigi-Nizza, in cui è arrivato secondo, ha vinto tutte le corse cui è andato. Io credo che il suo obiettivo sia diventare il numero uno al mondo a fine 2023 e con la Vuelta e magari il Lombardia, potrebbe riuscirci. 

Alla Vuelta Roglic ritroverà Thomas e la sorpresa inaspettata del compagno Vingegaard (foto Instagram/Ineos Grenadiers)
Alla Vuelta Roglic ritroverà Thomas e la sorpresa inaspettata del compagno Vingegaard (foto Instagram/Ineos Grenadiers)
Anche perché ha detto: vado in Spagna a fare il capitano…

Assolutamente. Roglic ha vinto il Giro, lo ha gestito bene, però sarà una Vuelta durissima, la più dura degli ultimi quarant’anni. Gli organizzatori hanno approfittato del fatto che i mondiali ci saranno già stati, per disegnare una Vuelta spettacolare, per scalatori. Gli altri anni avevano un occhio di riguardo nei confronti degli uomini per il mondiale, questa volta invece nessuna pietà. E Vingegaard, come pure Pogacar, sono di un altro pianeta.

Pensi che Roglic pretenderà che Vingegaard lo aiuti?

Ora il capitano è Jonas, poco da dire: ha vinto il Tour. Il livello del Giro era più basso rispetto al Tour e la dimostrazione è stata comunque anche il Tour dell’anno scorso. Erano partiti alla pari e alla fine ha vinto Vingegaard, anche per la caduta di Roglic. Il danese va in Spagna da capitano, poi sarà la strada semmai a dire cose diverse.

Evenepoel ha vinto la Vuelta 2022, su un percorso non particolarmente impegnativo. Quest’anno sarà molto più dura
Evenepoel ha vinto la Vuelta 2022, su un percorso non particolarmente impegnativo. Quest’anno sarà molto più dura
Invece con Evenepoel come la mettiamo?

L’anno corso ha vinto la Vuelta, ma una Vuelta di due settimane, perché la terza era veramente facile. Dopo Sierra Nevada, che era la quindicesima tappa, il resto scorreva via facile, con Navacerrada e salite pedalabili. Lui ha vinto la crono di Alicante, però a Sierra de la Pandera è andato in crisi, anche perché era caduto due giorni prima. Insomma, eravamo tutti a chiederci quando incontrerà Pogacar al Tour e si ritrova con Vingegaard alla Vuelta. Quest’anno sarà un bel banco di prova.

Giro, Tour e adesso la Vuelta. Prosegue il viaggio di Kuss

25.07.2023
5 min
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Adesso la Vuelta. In un certo senso, al di là della sua voglia di esserci, Sepp Kuss lo stanno tirando per la manica. Da una parte Roglic, che lo aspetta dal Giro d’Italia. Dall’altra Vingegaard, cui ha cavato le castagne dal fuoco più d’una volta al Tour de France. E adesso che l’americano ha ufficializzato la sua presenza alla Vuelta al fianco dei due capitani, resta il dubbio di chi dovrà aiutare e per chi invece, chissà, preferirebbe farlo.

Quasi mezz’ora a parlare di sé: così Kuss si è concesso nel secondo giorno di riposo
Quasi mezz’ora a parlare di sé: così Kuss si è concesso nel secondo giorno di riposo

La seconda parte

Questa è la seconda parte di un’intervista fatta con Kuss nel secondo giorno di riposo del Tour. Nella prima ci ha raccontato di sé e dei suoi capitani. Dei pensieri al momento di infliggere fatica ai rivali. Del suo apporto alla Jumbo-Visma e la sua aspirazione di esserne semmai un giorno il capitano. Dovevano ancora andare in scena la crono e il giorno di Courchevel. Vingegaard si aggirava nel ristorante dell’hotel, raggiungendo a tratti la tavola del team e a tratti quella di sua moglie e sua figlia. Fra lui e Pogacar c’erano ancora 10 secondi, chissà se in cuor suo il danese era sicuro di poter scavare il solco.

«Penso che Jonas vincerà sulle montagne – diceva Kuss – non so dire però con quale distacco. Anche un secondo sarebbe abbastanza, giusto? Sì, un secondo basterebbe, ma io penso che sarà molto di più e a quel punto faremo parte della storia. Già l’anno scorso è stato super memorabile, emozionante da guardare e farne parte. Anche quest’anno è stato davvero eccitante, i percorsi sono stati ben progettati e c’è stata molta azione ogni giorno. Anche grazie ai corridori che ci sono in gara e al modo in cui stanno correndo. Forse le altre squadre non capiscono bene cosa stia succedendo, ma è bello farne parte».

Ci hai detto che vivi ad Andorra, passi molto tempo negli Stati Uniti?

Non così tanto. Soltanto un mese o due all’anno, di solito fuori stagione. In estate è difficile tornare, per cui la mia vita si svolge sempre più in Europa.

In America il ciclismo professionistico ha un suo seguito?

Penso che stia diventando uno sport di moda anche negli Stati Uniti. Conosco persone di quando ero più giovane che non sarebbero mai andate in bicicletta, mentre ora pensano che sia davvero uno sport superlativo. Puoi vestirti bene e avere una bici fantastica. E’ uno sport per la classe più istruita, che guarda il Tour. Magari non c’è una base di fan per guardare le classiche, ma il Tour sì…

L’effetto Armstrong sta diminuendo?

Penso che tanti negli Stati Uniti ritengano che siccome Armstrong si drogava, di riflesso anche tutti gli altri lo facciano ancora. Questa è la loro opinione ed è difficile cambiarla, ma io penso che sono passati parecchi anni da quello che è successo. Le persone vanno avanti, il ciclismo va avanti.

Al Tour of Utah 2018 vince tre tappe e la classifica finale: è appena arrivato alla Jumbo, ha 24 anni
Al Tour of Utah 2018 vince tre tappe e la classifica finale: è appena arrivato alla Jumbo, ha 24 anni
Lance era il tuo campione preferito?

Ero un suo fan, ma non era il mio preferito. Mi sono sempre piaciuti di più Contador, Valverde oppure Pantani, anche se lui è stato prima della mia generazione. Erano più spettacolari, mi piaceva il loro modo di correre, era emozionante da guardare.

Quali sono stati i tuoi primi ricordi guardando il Tour de France? 

Sicuramente gli anni di Armstrong, ma il ricordo più vivo è di quanto vinse Cadel Evans. All’epoca ero un ciclista di mountain bike e anche lui lo era stato. Per questo tifavo Cadel.

Tutto questo accadeva a Durango?

Sì, con la mia famiglia intorno. Guardavamo il Tour a colazione prima di uscire.

Con sua moglie ai piedi del palco del Giro in Via dei Fori Imperiali. Il ciclismo esalta i posti belli (foto Bram Berkien)
Con sua moglie ai piedi del palco del Giro in Via dei Fori Imperiali. Il ciclismo esalta i posti belli (foto Bram Berkien)
Il fatto che tu sia così forte in salita dipende dal fatto che arrivi da Durango?

Certo. Lì intorno ci sono un sacco di montagne davvero alte e soprattutto con la mountain bike si riesce ad arrivare proprio in cima. In Colorado non ci sono molte strade pianeggianti. A Durango invece è come se metà fosse davvero piatta e metà fosse veramente alta montagna. Quindi c’è un po’ di tutto.

Hai un messaggio per i fan americani?

Grazie per il supporto. Anche i miei genitori sono dall’altra parte dell’Oceano a guardare, ma posso sentire la loro energia. Ho anche letto tutti i messaggi di supporto che le persone inviano dagli Stati Uniti e penso che sia davvero bello rendermene conto.

Che tipo di messaggi?

Un signore mi ha scritto che non guardava il Tour da dieci anni, ma ora con tanti corridori americani che si fanno vedere, era davvero eccitato. Cosa dire? Sono orgoglioso di farne parte.

L’annuncio della partecipazione alla Vuelta è stato fatto sul podio finale del Tour, a margine delle feste, delle sfilate e delle passerelle. E Kuss, ancora incerottato, ha sfoggiato il suo sorriso gentile ed ha annuito. «Due settimane per riprendermi – ha detto – e poi sarò prontissimo».

EDITORIALE / Per Tadej è arrivato il tempo delle scelte?

24.07.2023
5 min
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Difficile dire se Tadej Pogacar abbia trovato in Jonas Vinegaard la sua bestia nera. I segnali ci sono, ma lo sloveno scherzando ha raccomandato di non avere troppa fretta. Ha ragione, ma crediamo che nel suo team si dovrà fare un’attenta valutazione dei margini su cui intervenire per rendere lo sloveno ancora più incisivo.

Il 27 luglio del 2014, Nibali vince il Tour. La preparazione fu perfetta, ma anche molto impegnativa
Il 27 luglio del 2014, Nibali vince il Tour. La preparazione fu perfetta, ma anche molto impegnativa

Come Nibali contro Sky

Pogacar è un talento straordinario, bello da veder correre, entusiasmante negli scatti e nelle volate, ma gli è arrivato fra le ruote un bel bastone nocchiuto e spesso. Un avversario che riesce a imporsi sacrifici quasi monacali, che ha numeri da grande scalatore e alle spalle una squadra che vive le sfide allo stesso modo. Per Pogacar non è semplice staccare in salita un corridore costruito nei dettagli come il danese. C’è bisogno di lavori specifici, probabilmente servirà scendere di peso, forse cambiando in parte le sue caratteristiche.

In qualche misura sembra di rivivere il dilemma di Nibali, quando decise di puntare con decisione sul Tour de France. Non che prima non lo avesse fatto, ma la legge di Sky era inesorabile. E quando nel 2012 Vincenzo arrivò terzo a quasi 7 minuti da Wiggins e Froome, si capì che per sfidarli sul loro terreno sarebbe stato necessario avere la loro stessa maniacalità. Il Tour del 2014 nacque in questo modo. Vincenzo si trasformò in una vera macchina da guerra. Non rinunciò alla sua imprevedibilità, ma è certo che si presentò al via tirato e allenato come mai fino a quel punto e come mai sarebbe tornato negli anni successivi.

Prima del Tour, Vingegaard e Pogacar si sono incontrati alla Parigi-Nizza, poi strade diverse
Prima del Tour, Vingegaard e Pogacar si sono incontrati alla Parigi-Nizza, poi strade diverse

Obiettivi da scegliere

Non crediamo che il problema di Pogacar sia tanto nelle troppe corse di primavera. Conteggiando anche i giorni del Tour, Tadej ha 42 giorni di gara contro i 46 di Vinegaard. Tadej ha partecipato a 2 corse a tappe prima del Tour e le ha vinte entrambe. Vingegaard ne ha corse 4 e solo in una è finito secondo (dietro Pogacar alla Parigi-Nizza) e le altre le ha vinte.

Quel che c’è di diverso forse è il recupero fra una gara e l’altra e il tempo per costruire la forma del Tour. Quante giornate ha dedicato Vingegaard ai sopralluoghi delle tappe? Tante, a sentire i suoi racconti. Probabilmente più di quelli dedicati da Pogacar. E’ chiaro che il danese ha potuto farlo avendo nel Tour il suo obiettivo primario, un po’ come Froome a suo tempo, che vinceva le gare a tappe WorldTour (dal Catalunya al Delfinato), ma solo come passaggi verso il traguardo superiore.

Pogacar dovrà rinunciare a giocarsi il Fiandre e la Liegi? Questa è sicuramente la sfida che dovrà raccogliere e affrontare.

Quando corre Pogacar, il resto della UAE Emirates può solo tirare
Quando corre Pogacar, il resto della UAE Emirates può solo tirare

Un solo capitano

Il Tour è fatto di una costruzione maniacale. Se tutti seguissero lo stesso calendario, allora forse il talento sarebbe sufficiente per fare la differenza. Ma così non è e anche il talento immenso di Pogacar rischia di non bastare se messo al confronto con l’approccio metodico della Jumbo-Visma. E qui il discorso segue un’altra ansa.

Crediamo che anche Vingegaard potrebbe essere protagonista alla Liegi o alla Freccia Vallone, ne ha tutte le qualità. Però ha scelto (finora) di concentrarsi sul Tour e la squadra ha dirottato verso le classiche altri atleti che si chiamano Van Aert, Laporte, Benoot e a volte anche Roglic. Alla UAE Emirates invece questo non succede. I corridori ci sarebbero, ma quando corre Pogacar, agli altri tocca tirare. Lo sanno, lo accettano, difficilmente potrebbero fare altrimenti. Ma tutto questo va a favore di Pogacar?

Mentre Vingegaard lavora per il Tour, alle classiche pensano Van Aert e gli altri
Mentre Vingegaard lavora per il Tour, alle classiche pensano Van Aert e gli altri

Strade diverse

Certo il suo palmares è da stella assoluta e può di certo bastargli. Ha vinto due Tour, il Fiandre, la Liegi, la Freccia Vallone. Ma gli sta bene arrivare secondo al Tour, dietro uno che nella Grande Boucle ha scelto di specializzarsi? La scelta da fare è questa e deve farla Pogacar, non certo i suoi capi. Anche perché, visto il suo approccio meraviglioso al ciclismo, viene da chiedersi se Tadej sarebbe effettivamente capace di imporsi quello stile di vita così schematico nel nome della grande conquista. O se invece questo finirebbe con il logorarlo.

Già pochi mesi fa, Tadej ammise che una carriera non può durare tanto correndo sempre al 100 per cento e questa è una considerazione applicabile più a lui che al rivale. I più esperti dicono che la fine dipenda più dall’usura mentale che dal logorio atletico. E se il rischio è che Tadej, svuotato del divertimento, molli improvvisamente tutto, allora vale la pena fare un supplemento di riflessione. Vale la pena snaturarsi per inseguire Vingegaard al Tour?

Forse no, ma diventa necessario se quello è l’obiettivo. Se invece l’obiettivo è dare spettacolo, divertirsi e far appassionare ancora più tifosi, allora qualcuno potrebbe proporgli strade alternative. Esistono anche il Giro d’Italia o la Vuelta, restando lontani dall’ossessione del Tour, che già troppi talenti ha stremato per amore di quel giallo così squillante.