Mollema, parole mai scontate e qualche consiglio ai giovani

18.08.2025
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RYBNIK (Polonia) – Ci sono sempre curiosità per raccontare ed amare un corridore a tratti anticonformista come Bauke Mollema nel ciclismo di oggi. Facciamo un salto indietro di due settimane tornando alla prima tappa del Tour de Pologne con un simpatico retroscena.

«Quando è stata ripresa la fuga, forse troppo presto – ci aveva confidato Jacopo Mosca – abbiamo spinto moralmente Bauke a tentare un’azione smuovendo nuovamente le acque in vista del primo e unico “gpm” della giornata. Lui è stato al gioco, scollinando per primo e andando a prendersi la maglia a pois azzurri. Solo dopo la cerimonia delle premiazioni, abbiamo scoperto con sorpresa che era la prima volta che indossava una maglia da miglior scalatore. Se pensate a tutto quello che ha vinto e che è uno scalatore, è davvero strano che non gli fosse mai successo in passato».

Nelle frazioni successive l’olandese della Lidl-Trek non è riuscito a conservare la leadership nella speciale classifica, ma in Polonia, malgrado abbia dovuto abbandonare per motivi di forza maggiore, stava cercando di trovare la migliore condizione per la parte finale della stagione. Mollema il prossimo 26 novembre compirà 39 anni e sente che ha ancora voglia di restare in gruppo. Con lui è stata l’occasione di parlare anche di altro e come sempre le sue risposte non sono state scontate.

Com’è stata la tua stagione finora?

E’ stata abbastanza corta, non ho corso molto, facendo pochissime gare tra giugno e luglio. Diciamo pure che più o meno la mia stagione è iniziata proprio in Polonia. Per la verità sia l’anno scorso che quest’anno non ho fatto alcuna grande gara a tappe. A maggio avrei dovuto correre il Giro, ho cercato di arrivare con una forma buona, ma la squadra ha deciso di portare altri compagni. Non è stato un problema. Ora sono pronto e fresco per questa ultima parte di stagione.

Cosa prevede il tuo calendario agonistico?

Il mio grande obiettivo sarà il mondiale in Rwanda. Con ogni probabilità dovrei correrlo, ne avevo parlato col cittì. Come avvicinamento farò il Tour of Britain (ad inizio settembre, ndr) e poi vedremo come sarà il mio programma. Vado alle prossime gare molto motivato.

Il tuo contratto scade a fine 2026 e si dice che ti ritirerai a fine della prossima stagione. Puoi dirci qualcosa di più preciso?

Sì, è vero. O meglio, non è ufficiale, ma molto probabile. Al momento non ho ancora pensato a cosa farò dopo il ritiro. Per il momento mi piace ancora pedalare e correre ed è normale che per andare avanti ci vogliano degli obiettivi da perseguire. Anzi, mi sono mancati negli ultimi due anni questi obiettivi. Mi è mancato allenarmi e soffrire in allenamento per raggiungerli. Credo che penserò a cosa farò dopo col passare dei prossimi mesi. Di sicuro fino a quando correrò, lo farò senza stress come ho sempre fatto.

Secondo Mollema i giovani di adesso sono troppo concentrati sul ciclismo. Dovrebbero viverlo con più distanza e relax
Secondo Mollema i giovani di adesso sono troppo concentrati sul ciclismo. Dovrebbero viverlo con più distanza e relax
Ti vedi come diesse in ammiraglia?

Onestamente no (dice sorridendo, ndr), ma neanche in altri ruoli nel ciclismo. Quando smetterò, starò a casa a trascorrere del tempo con la mia famiglia, visto che in tutti questi anni non l’ho potuto fare. Poi mai dire mai, però sono convinto di questa mia scelta.

Hai vinto tante gare importanti in carriera e ottenuto molti risultati di prestigio, ma Bauke Mollema che tipo di corridore è stato veramente?

Ho iniziato la mia carriera focalizzandomi principalmente sulle classifiche generali delle gare a tappe e sulle frazioni di salita. Quando ero veramente in forma potevo puntare a questi obiettivi e qualcosa sono riuscito a fare. Col passare delle stagioni, sono diventato un corridore da classiche o da singole tappe. Ho seguito il mio corpo che cambiava e che mi dava dei segnali, quanto meno dal punto di vista degli sforzi. Vedevo che ero più competitivo ad esempio su salite di massimo 10/15 minuti anziché in quelle da 30/40 minuti o più. E questo lo capivo anche all’inizio di una stagione. Ripeto, quando stai bene sei capace di fare tutto, però in generale io sono stato un corridore da gare di un giorno o per le tappe di un Grande Giro.

Invece ti senti di dare dei consigli ai giovani corridori?

Ci sono veramente tantissimi giovani e forti atleti, non solo tra i pro’. Li vedo però un po’ troppo concentrati su ogni gara. Vogliono fare il massimo in ogni corsa e se non ci riescono per loro diventa un problema. Naturalmente questi ragazzi sono professionali in tutto, tra allenamento e nutrizione, ma forse troppo. Secondo me sono anche troppo dentro al ciclismo. E questo non ti permette di vivere con tranquillità quello che stai facendo.

Dopo il ritiro Mollema non si vede su una ammiraglia come diesse. Più importante trascorrere il tempo con la famiglia
Dopo il ritiro Mollema non si vede su una ammiraglia come diesse. Più importante trascorrere il tempo con la famiglia
C’è una ricetta per questo problema?

Dovrebbero prendere il ciclismo con più… relax o prendere un po’ più di distanza da questo tipo di ciclismo. Anche perché c’è il rischio che la carriera diventi più corta del previsto se non trovi il tempo di divertirti o goderti la vita con più serenità. Ho visto ragazzi che hanno avuto e fatto capricci o gesti pazzi per la bici. Attenzione, è bellissimo il lavoro che facciamo, ma non bisogna esagerare. I giovani di oggi dovrebbero concentrarsi sugli obiettivi veramente più importanti per non finirsi e correre più tempo possibile.

Sfreccia Brennan, ancora terzo Bagioli con lo zampino di Mosca

08.08.2025
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ZAKOPANE (Polonia) – Una volata lanciata per sbaglio ai 300 metri si trasforma in una vittoria ineccepibile per Matthew Brennan sul traguardo della quinta frazione del Tour de Pologne, la più lunga della corsa con i suoi 206 chilometri.

«Sono stato un po’ avventato a lanciare una volata così lunga, ma ho dovuto tirare dritto fino alla fine rischiando qualcosa», ha affermato l’inglese della Visma Lease a Bike che ha compiuto 20 anni due giorni fa e che oggi ha conquistato il nono successo nella sua prima stagione da pro’. Mentre il francese Lapeira zitto zitto non perde un colpo e mantiene ancora la leadership della gara, dietro Brennan sono finiti Turner e Bagioli, senza poter prendere la sua ruota.

Bagioli (ancora terzo in volata) ora vuole centrare una top 10 nella generale (foto Tour de Pologne)
Bagioli (ancora terzo in volata) ora vuole centrare una top 10 nella generale (foto Tour de Pologne)

Mosca apripista

I finali di tappa in Polonia hanno sempre regalato emozioni e tentativi da finisseur. Quando sull’ultima salita posta a 10 chilometri vengono ripresi in sequenza Plotwright e Artz, fuggitivi superstiti, nella successiva discesa partono i contrattacchi. Quello più convinto scatta ai -8 per merito di Bettiol che porta con sé Christen. Il toscano della XDS-Astana mena a tutta per lasciare il segnale che gli chiedeva la squadra e Shefer. Non ha troppa collaborazione e poco prima dei duemila metri il gruppo torna su di loro. Bettiol chiuderà ottavo e contrariato.

Chi invece sorride è Bagioli che trova il secondo podio in tre giorni. A tirargli la volata è Jacopo Mosca che ci racconta gli ultimi attimi.

«Il nostro piano di oggi – dice il piemontese della Lidl-Trek – prevedeva di portare allo sprint Teutenberg. Sull’ultima salita era rientrato dopo essersi staccato, così a 2 chilometri dalla fine Oomen ha preso la testa per noi tirando fino ai 700 metri. Lì sono entrato in azione io pensando poi di lasciare il posto a Bagioli per Teutenberg. Invece Tim non aveva buone gambe e così “Bagio” si è dovuto arrangiare. Peccato perché avrei potuto tirare di più e magari ottenere un risultato migliore. Comunque Brennan va forte su questi arrivi e noi dobbiamo essere soddisfatti del podio di Andrea».

Mosca ha tirato la volata a Bagioli e domani sarà ancora pronto a supportarlo nell’arrivo verso Bukowina
Mosca ha tirato la volata a Bagioli e domani sarà ancora pronto a supportarlo nell’arrivo verso Bukowina

Piano B come Bagioli

La Lidl-Trek era venuta al Pologne con Vacek leader, ma la brutta caduta della terza tappa l’ha messo fuori gioco, dopo che il giorno prima aveva dovuto abbandonare Kirsch. Nel team statunitense però c’era già pronta l’alternativa.

«Adesso – spiega Bagioli con un sorriso – ricade su di me la pressione. Anche oggi ho cercato di gratificare al meglio il grande lavoro che hanno fatto Mosca, Mollema e Oomen. Battute a parte, dopo il ritiro di Mathias abbiamo discusso in squadra per capire se potevo fare classifica oppure puntare alle tappe. Ho risposto che volevo curare la generale, anche perché la top 10 è ancora fattibile. La tappa di domani (la settima che arriva in salita a Bukowina, ndr) la conosco bene perché c’è quasi tutti gli anni. Sicuramente domani la classifica verrà stravolta ed io vedrò come muovermi. Ne parleremo con i diesse, comunque il morale è buono».

«Secondo me – prosegue – domani uomini come Tiberi, Christen oppure Bettiol, che sta dimostrando di andare forte, tenteranno qualcosa sull’ultima salita. Non bisogna escludere però Lapeira che sta facendo una grandissima gara, specie dopo le botte rimediate l’altro giorno nella caduta. Non so come vada a crono, ma in salita ha una buona gamba e sa stare con i migliori. E’ ancora tutto aperto».

Manovre tattiche

Se Bagioli dovrà essere il finalizzatore della Lidl-Trek al Pologne, dove sta preparando la Vuelta per concentrarsi su qualche tappa e per supportare Ciccone e Pedersen, ritorniamo con Mosca su quello che potrebbe succedere nella frazione montana di Bukowina. Domani conterà la squadra, poi domenica ognuno dovrà vedersela con le proprie gambe nella crono di Wieliczka.

«Domani sulla carta – commenta Jacopo – sarà la Decathlon a controllare la corsa perché hanno la maglia. Credo che ci sarà una bella battaglia, soprattutto ad inizio tappa. Anche UAE, che hanno un paio di punte con Christen e McNulty, e Barhain-Victorious con Tiberi e Pello Bilbao credo che dovranno tentare qualche azione. Noi sicuramente possiamo provarci a stare davanti, ma non possiamo tenere chiusa la corsa perché siamo in cinque.

«Sono d’accordo anch’io – conclude con un aneddoto che profuma di stima e amicizia – nel dire che la gara è ancora tutta da decidere. Il mio favorito rimane “nutellino” Tiberi, che chiamo ancora così per nostri motivi quando eravamo compagni di squadra. Vedo che pedala bene in salita e a crono va forte. Naturalmente spero che a vincere possano essere le nostre maglie e faremo di tutto per farlo, ma se non dovesse essere così avrei piacere che fosse proprio Antonio a conquistare il Tour de Pologne».

La tanto annunciata sesta tappa del Tour de Pologne prevede 147,5 chilometri con sei “gpm” di prima categoria ed arrivo in salita ai 943 metri di Bukowina Tatrzanska. Il meteo prevede sole, vento laterale ed i 2900 metri di dislivello suggeriranno i big della generale ad uscire allo scoperto. Sulla montagna in cui in passato Evenepoel e Almedia hanno ipotecato il successo finale, qualcuno potrebbe fare altrettanto.

Al Giro con Mosca, viaggio tecnico nel lavoro del gregario

13.05.2025
6 min
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E con la Alberobello-Lecce il Giro d’Italia riparte dalla sua terra. La frazione di oggi è la prima vera tappa per velocisti e tra questi c’è il favorito, la maglia rosa, Mads Pedersen. E per un Pedersen che vince (e riparte in maglia rosa), c’è uno Jacopo Mosca che tira. Di solito almeno è così.

L’immenso gregario della Lidl-Trek in queste prime tappe ha dato l’ennesima prova delle sue qualità: è un corridore solido e concreto, che svolge perfettamente il suo lavoro. E proprio con lui abbiamo parlato da un punto di vista tecnico di cosa significhi tirare per così tanto tempo. Quello di Mosca non è un lavoro “flash” come quello dell’apripista, Mathias Vacek nel caso della Lidl-Trek. No, il suo è un tirare lungo, da lontano.

Jacopo Mosca: si nota la testa già rasata per la scommessa persa con Pedersen dopo la crono di Tirana
Jacopo Mosca: si nota la testa già rasata per la scommessa persa con Pedersen dopo la crono di Tirana
Jacopo, hai tirato tanto, dovrai tirare tanto. Partiamo da questo presupposto: quando parte una tappa sai già quanto dovrai tirare?

Noi partiamo sempre con il nostro piano, con la nostra tattica e se tutto va bene, so esattamente quello che devo fare. A volte può essere un po’ di più, un po’ di meno, ma dipende anche dalla situazione di gara o dalla giornata sì o no. Se riavvolgo le prime due tappe, nella prima dovevo arrivare dopo il chilometro Red Bull, diciamo all’ingresso in Tirana, ed è quello che ho fatto. Quando hai una squadra così forte, sai che tu fai il tuo e poi c’è chi prende il tuo posto. Nella tappa di Valona invece eravamo partiti con l’idea che sarei dovuto arrivare fino allo strappo duro al chilometro 82, ma sono riuscito a passarlo e ho tirato ancora per altri 15-20 chilometri.

E questo cosa comporta?

Che sono riuscito a fare qualcosa in più, magari salvando energie a un mio compagno per il finale. Però generalmente si parte con un’idea. Verso Valona, volevamo arrivare con me sotto la salita lunga e alla fine ce l’abbiamo fatta anche lì. E’ chiaro però che non sempre tutto va come si vorrebbe.

Perché?

Ogni tanto cambiano le situazioni, specie nelle prime tappe dove c’è tanto stress per le posizioni. Magari dopo 50-60 chilometri arrivano altre squadre a lottare, quindi sei costretto a spingere un po’ di più, se vuoi stare ancora lì, quando invece potresti conservare qualche energia ulteriore.

Dopo che hai finito di lavorare cosa fai? Ti stacchi e vai regolare? Cerchi un gruppetto? Tieni duro?

Dipende dai momenti. Tipo l’altro ieri, quando ho finito di lavorare mi sono subito spostato, sapendo che c’era già un gruppetto dietro. Poi quando mi sono staccato io, si sono staccati anche altri 15 corridori circa e abbiamo fatto un gruppetto nostro. Nella tappa di Tirana invece ho provato a tenere duro perché a ruota si stava molto meglio di quel che sembrava. Sono quasi riuscito a passare la prima salita, ma mi sono staccato a un chilometro e mezzo dalla cima. L’idea era di provare a superarla una volta e tornare davanti.

La tappa di oggi, la quarta di questo Giro, da Alberobello a Lecce: 187 km nei quali Mosca sicuramente sarà chiamato in causa
La tappa di oggi, la quarta di questo Giro, da Alberobello a Lecce: 187 km nei quali Mosca sicuramente sarà chiamato in causa
Avreste avuto un uomo in più per il finale e magari Vacek avrebbe lanciato più forte la volata…

In realtà non è tanto quello. Magari puoi salvare un uomo in più che può poi lavorare meglio o, per esempio, non usare per forza Ciccone. Anche se lui ha fatto una selezione che solo lui poteva fare, quindi l’avremmo usato comunque. Però soprattutto in pianura, anche solo 200 metri in più o in meno possono aiutare un compagno ad avvicinarsi al chilometro finale. Tenere di più non è mai fondamentale, ma può fare la differenza.

Parliamo del ritmo: come lo imposti? Guardi i watt? Te lo indica il capitano?

Siamo sempre diretti bene dalle ammiraglie, ma ci basiamo anche sul feeling nostro e su cosa fa la fuga. Se la fuga va a 40 all’ora, devi andare a 40 all’ora per mantenere il distacco o a 42-45 per chiudere. Se la fuga va forte, devi andare forte anche tu. Ma se va forte, si esaurisce anche prima.

Quindi comanda la fuga e il tempo che avete deciso di lasciargli?

Sì, esatto: comanda la fuga. Verso Valona per esempio avevamo detto che anche con quattro minuti potevamo stare tranquilli. Ma quando in fuga ci sono Tarling, Tonelli, De Bondt, Germani… è un problema. Era una fuga forte e la tappa era corta, il terzo giorno non puoi permetterti di lasciare troppo. E poi bisogna vedere se ci sono altre squadre a darti una mano: domenica eravamo noi e la Red Bull-Bora, quindi fattibile. Se fossi stato da solo, diventava dura tenere quei sei corridori a tre minuti.

Soprattutto per te!

Esatto, e con Gianni Moscon non è stato un tirare semplice ieri, ma ce l’abbiamo fatta. Posso dire che i dati a fine tappa erano alti.

La disposizione degli uomini non è casuale. Prima entra in scena Mosca, poi a seconda del percorso gli scalatori e infine l’apripista per Pedersen
La disposizione degli uomini non è casuale. Prima entra in scena Mosca, poi a seconda del percorso gli scalatori e infine l’apripista per Pedersen
Ce ne puoi dire qualcuno?

Tirando là davanti, ho fatto due ore e mezza a più di 340 watt normalizzati e 305 di media. Circa 5,2 watt per chilo. Niente di impensabile, ma sono bei numeri. Soprattutto perché mantenuti a lungo. E il percorso non era semplice.

Un aspetto affascinante del vostro lavoro è stato il ritmo chirurgico in salita: forte per fare selezione, ma giusto per tenere dentro Pedersen. Come si imposta quel ritmo? E’ Pedersen che comanda?

Sì, è lui che detta il ritmo e ti dice se aumentare o calare in base a come si sente. In quei casi corridori come Verona o Konrad, che ha fatto top 10 nei grandi Giri, ti fanno capire quanto sia alto il livello del team. O Ciccone che fa un’azione simile… E’ chiaro che è Mads che decide. Poi in questo momento sta così bene che probabilmente rimarrebbe con i primi 30 anche in salita.

Cos’altro conta in quei momenti?

La gestione dalla macchina. Loro osservano da dietro e ci dicono: «Okay, ragazzi, si stanno staccando tot corridori», oppure: «A ruota si sta benissimo, non state staccando nessuno». Sono informazioni importanti. E sapere di tirare per uno come Mads, che sta bene e finalizza, dà fiducia.

Quando parte la fuga e mancano 130 chilometri e sai che dovrai tirare per due ore, a cosa pensi?

Dipende. In una tappa come quella di Valona non avevo tempo di pensare, non era facile. Alla Sanremo, che è più lunga e più controllabile, cerco sempre di focalizzarmi sulla gara. Poi magari qualche pensiero ti viene, ma appena arriva il mal di gambe smetti di pensare. Però c’è sempre una canzone che ti gira in testa, cambia ogni volta. Magari è un ritornello sentito il giorno prima.

La messa a fuoco non è ideale, ma questa foto spiega bene quel che dice Mosca: «E’ Pedersen che in salita detta il ritmo» (foto Instagram)
La messa a fuoco non è ideale, ma questa foto spiega bene quel che dice Mosca: «E’ Pedersen che in salita detta il ritmo» (foto Instagram)
Quando tiri devi prendere aria e sappiamo quanto sia importante l’aerodinamica: hai una posizione preferita alla tua velocità di crociera?

Sì, l’aerodinamica oggi conta tantissimo: si vede da abbigliamento, caschi, bici… A volte si vedono cose un po’ troppo estreme. Io non sono estremo. Non mi metto a guardare il calzino, perché i nostri capi di abbigliamento sono già il top. So che il nostro body è veloce, i nostri calzini aero sono veloci. Non ho mai esagerato con le leve girate, per dire…

Chiaro…

Nella mia velocità di crociera tengo le mani alte, ma molto raccolto, con i gomiti ben piegati e la schiena bassa. E ovviamente in discesa mani sotto, con la bici pronta a metterla dove voglio.

Come hai saputo che aveva vinto Pedersen?

Ero con un gruppetto a 7-8 chilometri dall’arrivo e ho sentito l’urlo per radio. In realtà ero già andato dietro alla seconda ammiraglia a chiedere. Poi, quando ho sentito l’urlo per radio e la macchina suonare il clacson per festeggiare, ho capito che avevamo vinto. E’ bello quando hai un capitano deciso e determinato, perché alla fine sai che fai un lavoro che porta a qualcosa.

La fuga solitaria di Raccagni Noviero: tra sole, vento e fatica

12.02.2025
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Nell’ultimo appuntamento australiano del calendario WorldTour, la Cadel Evans Great Ocean Road Race, abbiamo assistito a una fuga solitaria di Andrea Raccagni Noviero (in apertura foto Chris Auld). Il ragazzo cresciuto del devo team della Soudal Quick-Step che da quest’anno è arrivato nel professionismo, sempre con la stessa maglia. Il debutto tra i grandi è arrivato in Australia, dalla quale è rientrato qualche giorno fa. Ora sta facendo i conti con il clima italiano, che di certo non gli permette di allenarsi in pantaloncini corti.

«Speravo che oggi non piovesse – ci dice al telefono la mattina presto – invece dovrò aspettare ancora per uscire in bici. Anche nei giorni scorsi allenarsi non è stato semplice, direi che in Australia si stava meglio».

Appena lanciata l’azione Raccagni Noviero cerca il contatto con l’ammiraglia, ma la radio è già fuori portata
Appena lanciata l’azione Raccagni Noviero cerca il contatto con l’ammiraglia, ma la radio è già fuori portata

Anticipare

La Cadel Evans Great Ocean Road Race è stata vinta da Mauro Schmid, campione nazionale svizzero, che ha coronato un inizio di stagione affrontato con coraggio e sempre all’attacco. La corsa, prima di entrare nella fase finale, ha avuto come protagonista Andrea Raccagni Noviero. Il ligure si è messo in mostra con una fuga solitaria di 115 chilometri, un lungo viaggio vissuto da solo tra la costa e l’entroterra australiano.

«Non era l’idea della giornata – racconta il protagonista dell’azione – partivamo con gli stessi corridori del Tour Down Under, come tutte le altre squadre. Sapevamo che su un percorso del genere avremmo fatto fatica a imporci, la decisione era quella di trovare altre soluzioni per andare all’arrivo. Eravamo consapevoli che sarebbe uscita una corsa dura nel caso in cui fosse si fosse alzato il vento, volevamo stare davanti per fare selezione. Arrivare ai piedi della salita finale ci avrebbe condannati, infatti Schmid si è dimostrato il più forte ma lo si era visto dai giorni prima».

Quando si è in fuga da soli tutto conta, eccolo alla ricerca della posizione più aerodinamica possibile
Quando si è in fuga da soli tutto conta, eccolo alla ricerca della posizione più aerodinamica possibile
Ti sei lanciato in fuga, da solo…

Appena partiti avevamo davanti 120 chilometri totalmente piatti e il gruppo aveva preso un ritmo davvero blando. Così io ho provato un allungo, ho spinto un po’ e dopo un minuto mi sono girato e già c’era il vuoto, avrò avuto una trentina di secondi sul gruppo. Il problema era che non avendo dietro le nostre ammiraglie le radio erano diverse, avevano una portata ridotta. Già dopo il primo allungo non sentivo più l’ammiraglia.

Così hai tirato dritto?

Sapevo di avere davanti una quindicina di chilometri su uno stradone larghissimo e con vento laterale. Mi sono detto: «Mal che vada se partono dei ventagli mi trovo già in buona posizione». Ho continuato a tenere il mio ritmo, che non mi sembrava essere troppo alto. La prima volta che la motostaffetta mi ha raggiunto e mostrato la lavagna con i distacchi avevo due minuti e mezzo sul gruppo. 

Diciamo che nessuno in gruppo aveva raccolto il tuo invito.

No, direi di no (ride, ndr). All’inizio stavo bene, ho fatto gare con valori medi ben più alti. La cosa che mi ha fatto penare di più è stato il caldo, non avevo mai corso con certe temperature. Il termometro non è mai sceso sotto i 40 gradi centigradi. Alla fine ho colto la sfida con l’obiettivo di arrivare fino al circuito finale.

Dopo 115 chilometri la fatica e il caldo hanno spento l’azione di Raccagni Noviero (foto Chris Auld)
Dopo 115 chilometri la fatica e il caldo hanno spento l’azione di Raccagni Noviero (foto Chris Auld)
E invece?

A 10 chilometri dall’inizio del circuito mi si sono bloccate le gambe, totalmente. Da quel momento sono naufragato e il gruppo mi ha inghiottito. 

Com’è stato essere in fuga da solo, tra l’altro senza contatti radio?

All’inizio sulla costa il vento era a favore. Prima di entrare nell’entroterra si passava da piccole cittadine con tanta gente che si fermava a guardare, quindi è stato piacevole. C’erano anche tante persone che salivano dalla spiaggia in costume per vedere il passaggio della gara. Ammetto che un po’ li ho invidiati viste le temperature!

La cosa che più ha colpito l’atleta ligure sono le spiagge immense e con poche persone
La cosa che più ha colpito l’atleta ligure sono le spiagge immense e con poche persone
Poi hai abbandonato la costa.

Una volta girato verso l’entroterra tutto è diventato meno piacevole, il vento contrario era forte e inoltre sembrava di stare dentro un forno. Continuavo ad andare alla moto dell’assistenza per prendere borracce, mi versavo l’acqua addosso per rinfrescarmi e dopo cinque minuti ero di nuovo asciutto. 

Hai avuto modo di alzare lo sguardo e guardarti intorno?

Avevo già visto quelle strade durante gli allenamenti perché siamo stati in hotel sulla costa per una settimana, tutte le squadre erano nella stessa struttura. Il paesaggio è esattamente come te lo immagini, bellissimo ma molto diverso da qui. Una cosa che ho notato, visto che sono abituato a vedere il mare, è che noi siamo abituati a spiagge piccole con tanta gente mentre da loro ci sono spiagge immense e con poche persone. 

Ad aggiudicarsi la Cadel Evans Great Ocean Road Race è stato poi Mauro Schmid, campione nazionale svizzero
Ad aggiudicarsi la Cadel Evans Great Ocean Road Race è stato poi Mauro Schmid, campione nazionale svizzero
Mentalmente quanto è stato difficile pedalare da solo per tutto quel tempo, o era come essere in allenamento?

No no completamente diverso. Per la testa ti passano meno pensieri personali e sei concentrato sulla gara, anche se pedalavo a ritmi sostenibili dovevo rimanere concentrato e motivato. Cercavo di stare concentrato e di curare ogni dettaglio, ad esempio provavo a trovare la posizione più aerodinamica possibile. 

Che watt hai tenuto?

Normalmente so che riesco a tenere una media di 300 watt in gara, anche qualcosa in più. Così mi sono tarato su quei numeri. In pianura stavo intorno ai 300 watt, mentre strappi e salite spingevo fino a 400 watt. La cosa strana è che non sono “esploso” ma mi si sono consumato lentamente. Ad un certo punto le gambe si sono bloccate. A fine giornata, in hotel, mi è venuto a parlare il dottore della squadra e mi ha detto che avrei dovuto abbassare i watt di almeno il 20 per cento. Mi sarà utile per il futuro.

Com’è stato vivere tutte le corse in Australia, soprattutto per te che sei neo professionista. 

Bello perché comunque si parte a correre a metà gennaio e per due settimane si vedono sempre gli stessi corridori. Poi con il fatto che l’ultimo periodo eravamo tutti nello stesso hotel vuol dire essere abituati a vedersi ovunque: in ascensore, a cena, nel tendone dei meccanici. Ne parlavo anche con i miei compagni, dicevo loro che forse in gara per me è stato più noioso perché non sapevo con chi parlare, non c’erano tanti 2004 neo professionisti. 

«Ti sei divertito?» Con questa battuta Mosca ha accolto Raccagni Noviero una volta ripreso
«Ti sei divertito?» Con questa battuta Mosca ha accolto Raccagni Noviero una volta ripreso
Hai scambiato qualche battuta con qualcuno?

Con Jacopo Mosca, anche durante il viaggio di ritorno. Lui ha la casa in Liguria ed è amico di alcuni ragazzi che si allenano con me. 

Ti ha detto qualcosa sulla fuga solitaria? 

Quando il gruppo mi ha ripreso lui era davanti a gestire l’andatura, mi ha chiesto: «Ti sei divertito?». Gli ho risposto di sì, ma non era vero (ride, ndr). 

Lo hai tenuto allenato per la Sanremo, un panorama diverso però sempre tra mare e costa…

Vero! Anche se per la Sanremo deve aggiungere qualche chilometro ancora.

Alla merenda pensa Mosca, prezioso jolly della Lidl-Trek

22.11.2024
8 min
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ORNAVASSO – Jacopo ha preparato il caffè e adesso per viziare il giornalista spalma sul pane leggermente tostato la marmellata di albicocche di sua mamma. Per lui (Jacopo Mosca) ed Elisa Longo Borghini, sua moglie, basterà una vaschetta di cereali con un po’ di latte: nessun senso di colpa, per arrivare in tempo abbiamo saltato il pranzo. E così, dato che vi abbiamo appena raccontato di lei, del suo amore per queste zone e del suo cambio di maglia, eccoci con colui che ne ha cambiato profondamento la vita. Si sono sposati nel 2023, erano insieme da poco prima.

Dal prossimo anno, in realtà già da ora, non faranno più parte della stessa squadra. E Mosca se la ride dicendo che finalmente potrà usare le sue maglie senza il rischio che lei gliele prenda. Non quelle da allenamento, perché sono tricolori. Piuttosto il resto del corredo: le maglie intime, le mantelline e le retine per la lavatrice. Lei ammette di aver fatto tutto il Giro con la retina del marito e lui rilancia raccontando che, puntualmente quando fa freddo, esce in bici e dopo un po’ si ritrova con la schiena gelata, perché nel cassetto c’era la sotto maglia di Elisa.

«Però, vabbè – aggiunge Mosca – a parte questo, purtroppo per la squadra sarà una grande perdita. Tra di noi cambia che ci vedremo ancora meno. In realtà nei ritiri ci si vede davvero poco. Buongiorno, buonasera, un ciao quanto ti incontri nella hall. Invece sarà strano uscire in allenamento con due bici diverse e due maglie diverse, però è sicuro che continueremo a pedalare insieme. E magari ci punzecchieremo un po’ di più, perché se vinceranno i suoi futuri compagni, io dirò che non sono contento».

Consonni, Mosca e Cataldo: con l’arrivo dei nuovi, la Lidl-Trek ha cambiato potenzialità, ma non lo spirito
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Senza procuratore

Jacopo non ha il procuratore, per cui durante l’anno dovrà vedersela da solo, dato che il suo contratto scade nel 2025. Dice che un procuratore ce l’ha avuto nei primi due anni da professionista e sta aspettando dal dicembre 2018 che lo chiami per dirgli quale squadra gli avrebbe trovato.

«Sinceramente non mi stresso – dice – perché giunto a questo momento della mia carriera, penso che tutti conoscano il mio valore. Quando sarà il momento, parlerò con Luca (Guercilena, ndr) e con la squadra in modo molto tranquillo e vediamo quello che verrà fuori. Penso che tante volte i procuratori fanno gli interessi dei corridori e magari ti vendono bene, però l’importante è essere venduto per quello che sei realmente. E quando sei onesto, forse alla fine duri più a lungo. Mi è piaciuta tanto la conversazione che ebbi con Luca dopo il Covid nel ritiro di San Pellegrino. Avevo firmato da metà 2019 e fino al 2020, perciò gli dissi: “Guarda, visto com’è andato il 2020 mi piacerebbe avere un altro anno di contratto”. E lui mi disse: “Non uno, meglio due”. E alla fine ne ho avuti tre. Per un corridore come me avere un rapporto diretto e così onesto può fare la differenza».

Tappa alla Madonna del Boden, luogo sacro per i ciclisti: il museo delle maglie era chiuso, ma abbiamo sbirciato dai vetri
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Che squadra è diventata questa Lidl-Trek così piena di campioni?

Sicuramente da metà 2019 a oggi è cambiata tantissimo. La spinta più grande negli anni l’ha data Mads Pedersen, però sicuramente lo scorso anno l’ingresso di Johnny, Tao Geoghegan Hart e l’esplosione di Skjelmose ci hanno messo su un altro piano. Siamo la seconda squadra per numero di vittorie, ma al contempo la mentalità, il modo di lavorare e l’ambiente che si respira sono rimasti gli stessi. È chiaro che con l’avvento di un nuovo sponsor, c’è stata anche la possibilità di avere qualche corridore in più capace di portare vittorie. Solo Milan ha vinto 12 gare e questo fa la differenza.

E per Jacopo Mosca, chiamato al lavoro pesante, tanti campioni significa fare gli straordinari?

E’ una fortuna, perché quando hai capitani che vanno forte, fai lo stesso lavoro di prima, ma vedi i risultati. Non si tratta solo di vincere, già sapere che puoi lottare per la vittoria cambia le prospettive. Se guardo a me, quando abbiamo un leader vero alle corse, il lavoro è più facile, perché ho un obiettivo ben preciso.

Dicono che alla Sanremo, che avete vinto nel 2021 con Stuyven, tu sia stato capace di tirare per tutto il giorno…

Io con la Sanremo ho un rapporto veramente particolare. Potrei dire che è la mia gara preferita, probabilmente perché sono italiano e perché fin da piccolo la guardi e te ne innamori. Sono contento che negli anni il mio ruolo sia definito ed è abbastanza assodato che posso essere una garanzia. Spero di poter fare tante altre Sanremo e tirare tutti gli anni come un mulo, perché alla fine sono contento. L’altra cosa molto bella del mio ruolo, anche se ogni tanto mi si ritorce contro, è che mi considerano un jolly, quindi mi ritrovo a fare le gare più disparate. Magari una volta mi ritrovo in Belgio e la settimana dopo al Lombardia, come è successo quest’anno. Oppure l’anno scorso ero in ritiro in altura, però mancavano corridori e sono andato a fare la Liegi, cui non avrei mai pensato.

Durante l’estate, Mosca ha organizzato una giornata di gare giovanili nella sua Osasco (foto Wild Emotions)
Durante l’estate, Mosca ha organizzato una giornata di gare giovanili nella sua Osasco (foto Wild Emotions)
C’è un segreto per essere pronti ogni volta che ti chiamano?

Il segreto è che a me piace quello che faccio. Mi piace allenarmi e fare il corridore, quindi la realtà è che poi sei pronto di conseguenza. A volte non è semplice, perché magari vai in una gara quando sai che stavi preparando un altro obiettivo. Sai che farai una gran fatica perché non hai la preparazione perfetta, ma è necessario e lo fai. Sono cose che impari con gli anni, sai qual è il tuo ruolo e cerchi di supportare i tuoi compagni al meglio possibile.

Capire questa cosa fa la differenza tra avere una carriera lunga o non trovare una direzione?

Ho fatto talmente tanta fatica a passare professionista che apprezzo veramente il fatto di essere un corridore. Forse mi sono sempre sottostimato, nel senso che anche facendo lo scemo e ridendo, non mi sentirei mai dire che vado forte. Però so quello che valgo e sono altruista di mio, per cui se c’è qualcuno da aiutare lo faccio sempre. Penso che il segreto sia capire prima possibile qual è il tuo posto. Non ti devi tarpare le ali, però è anche vero che prima lo capisci e meglio, perché a quel punto puoi venderti per quello che sei realmente.

I campioni ringraziano chi lavora per loro?

Milan è uno di quelli veramente bravi e a modo suo anche “Cicco”. Dopo il Lombardia ci siamo incrociati sul bus e ha detto parole bellissime. Penso che quel giorno abbia fatto qualcosa che si meritava da tempo. Quando sono arrivato assieme a Cataldo, abbiamo guardato il podio e ci siamo detti che era stata una bella giornata. Mentre Johnny, quando vince aspetta sempre che arrivino tutti i compagni. Nella terza tappa del Renewi Tour sono arrivato un minuto dopo e lui era lì che ci aspettava per abbracciare ognuno di noi e dirci grazie. Magari per darti uno schiaffetto, che con quelle manone ti gira la faccia (ride, ndr) E’ bello correre con loro, ma mi rendo conto che la squadra si sta evolvendo e trovare posto nelle gare importanti diventa sempre più difficile.

Un giro nei dintorni prima di tornare a casa: Jacopo ed Elisa sono sposati da poco più di un anno
Un giro nei dintorni prima di tornare a casa: Jacopo ed Elisa sono sposati da poco più di un anno
Come si vive nel piccolo mondo di Elisa Longo Borghini?

Vedo molte similitudini tra la mia famiglia e la sua, probabilmente perché abbiamo entrambi la fortuna di avere dei genitori di valore. I miei non hanno mai fatto sport, però mi hanno insegnato a essere quello che sono. Anche Osasco è una piccola comunità, molto più piccola di Ornavasso visto che sono 1.000 abitanti contro i 3.000 di qua. Lei dice di essere fuori dal mondo, ma ciclisticamente parlando il paese è molto attivo, mentre a Osasco non c’è niente. Basti pensare che nella storia io sono stato il primo professionista pinerolese. Però probabilmente questo mi ha permesso di fare la mia carriera, perché mi sono preso tante batoste senza sapere che mi avrebbero fatto crescere. Non c’erano gare, si doveva andare fuori, come succede adesso. Ho creato la mia squadretta, ma vedo che rispetto a quei tempi in cui contava solo fare esperienza, alcuni genitori hanno portato via i loro figli per andare in altre società e questo dispiace.

Qual è stato il giorno più bello di tutto il 2024?

Quando Elisa ha vinto il Giro. E poi anche la mia partecipazione all’europeo, perché non ci credevo più. Mi era andato di traverso restare fuori dal mondiale di Imola nel 2020, perché con tutte le defezioni per il Covid e il fatto che andassi fortissimo, una maglia pensavo di meritarla. Quando si trattò di andare all’europeo di Trento, caddi e mi tagliai fuori da solo. Pensai che non sarei entrato mai più in nazionale, invece quando è venuto fuori il progetto di Johnny per l’europeo, ci sono finito dentro anche io che sono suo compagno. Come probabilmente sarebbe stato per Puccio, se si fosse puntato su Viviani, perché siamo i due che tirano. E io da quel momento sono rinato.

La partecipazione di Mosca agli europei era funzionale alla corsa di Milan: i due cono compagni alla Lidl-Trek
La partecipazione di Mosca agli europei era funzionale alla corsa di Milan: i due cono compagni alla Lidl-Trek
Per la convocazione?

Ho avuto una grinta incredibile tutta l’estate. Sono andato al Renewi Tour ed ero contentissimo di farlo, nonostante fosse una gara in Belgio, dove non vedi gente che corre felice. Insomma, non spingi per farlo, invece ero felicissimo, mi sono divertito tantissimo. All’europeo, mi sono trovato a fare fin più di quello che pensavo. Ovviamente ci eravamo immaginati una gara un po’ diversa, però è logico che avendo contro Milan, gli altri ci corressero contro. E mi ricordo che inseguivo Mads Pedersen e mi sembrava di fare la gara del ritiro, dove lui è quello che scatta sempre e tutti insieme cerchiamo di seguirlo. Io ero lì che morivo, ma ogni volta che lui si girava, facevo finta di non essere a tutta. Finché a un certo punto mi fa: “Non giocare con me!”. Però è stato bello. Mi dispiace essere rimasto fuori da quel gruppo di 50, ma avevo speso davvero tutto e fatto la mia parte. Peccato che sia finita così. Bennati ci aveva detto di non fare la volata a sinistra, a meno che non avessimo una gamba infinita, invece siamo finiti proprio da quella parte…

I monti, i sapori, i colori, i sorrisi e le radici di Elisa

22.11.2024
9 min
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ORNAVASSO – L’inverno è nell’aria. Gli alberi sono spelacchiati e la pietra delle torri sembra gelida. Jacopo guida, Elisa guarda fuori. La strada per la Madonna del Boden è la stessa di un anno fa quando salirono per sposarsi e dove la seguimmo per la festa di fine 2022. Questa volta indica la montagna e racconta che domenica l’hanno girata a piedi, restando fuori per otto ore. Siamo nel rifugio piemontese della vincitrice del Giro d’Italia Women, un appuntamento preso da tempo e finalmente arrivato. Pomeriggio inoltrato, si sta fuori per le foto e poi tutti nel loro appartamento.

Il 2024 ha portato grandi vittorie e la delusione di Parigi. E alla fine, quasi a sorpresa, è arrivato il passaggio al UAE Team Adq. Quello con la Lidl-Trek sembrava un matrimonio indissolubile, invece è arrivato al capolinea. Elisa è seduta su uno sgabello del soggiorno, Jacopo versa il caffè. Sulla mensola alle nostre spalle, fanno bella mostra di sé il trofeo del Giro Women e le medaglie di bronzo dei mondiali. Un quadro con la maglia rosa ribadisce il concetto. 

Jacopo Mosca ed Elisa Longo Borghini: questi due quando sono insieme non smettono mai di sorridere!
Jacopo Mosca ed Elisa Longo Borghini: questi due quando sono insieme non smettono mai di sorridere!

Aria di casa

Quando è qui, Elisa cambia lo sguardo, pieno di una serenità potente come le montagne intorno. I trent’anni hanno portato solidità in gara e la capacità di fronteggiare i momenti difficili. E’ un fatto di esperienza ed equilibrio, che con l’arrivo di Jacopo Mosca nella sua vita è diventato un punto di forza. Il sorriso e la cocciutaggine “montagnina” – l’aggettivo che preferisce – sono le sue armi migliori.

«Tante volte sento la necessità dei miei monti – dice – della mia valle, di questa piccola comunità. Mentre vado a piedi dai miei, passo davanti alla casa della signora Rita, che ha fatto per una vita le faccende da noi e mi ha visto crescere. Le busso alla finestra e la saluto. Oppure al pomeriggio, senza dire niente, prendo e vado su da mio fratello dove ci sono i miei nipoti. C’è un senso di comunità e di protezione, oltre al legame con la mia terra. Quando sono lontana, sento la mancanza di aprire la finestra al mattino e vedere la Cava del Duomo o il Massone qua dietro.

«Sono partita abbastanza presto. A 20 anni sono andata alla Hitech e restavo in Belgio per tutta la primavera. Partire era bello, ma c’era anche la voglia di tornare. Sinceramente non credo che, facendo un altro mestiere, sarei rimasta qua. Mi piacciono le lingue straniere, volevo studiare interpretariato. Sarei sicuramente partita, però sono certa al 100 per cento che sarei sempre tornata».

Il Giro d’Italia è stato il coronamento del sogno di Elisa e forse non è per caso che sia arrivato quest’anno
Il Giro d’Italia è stato il coronamento del sogno di Elisa e forse non è per caso che sia arrivato quest’anno
Che cosa significa allora cambiare squadra, non avere un posto in cui tornare? Come sono stati i tuoi passaggi di squadra?

Sempre un po’ traumatizzanti, ma questo è il più difficile, perché la Lidl-Trek è stato il gruppo in cui sono rimasta più a lungo. E’ stato difficile non solo per questo, ma anche per il legame che avevo con il personale e con la squadra. Perché l’ho vista nascere, crescere e diventare quello che è. E’ stata dura, non posso dire il contrario.

Allora perché cambiare?

E’ stata una scelta determinata da tanti fattori e fra questi non ci sono i soldi, questo vorrei dirlo chiaramente. Quello che mi ha fatto scegliere è stata la volontà di affrontare l’ultimo grande cambiamento nella mia carriera, perché credo che fra quattro anni potrei anche dire basta. Non mi pongo limiti, però mi piacerebbe arrivare a Los Angeles. A quel punto penso che mi sentirò in pace con me stessa e penserò a qualcosa di diverso.

Sulla porta i due gnomi – Al e Bert – sono i custodi della casa (il nome si deve ad Albert, cugino di Jacopo)
Sulla porta i due gnomi – Al e Bert – sono i custodi della casa (il nome si deve ad Albert, cugino di Jacopo)
Dicevamo di belle vittorie come Fiandre e Giro d’Italia e un passo falso…

Sono partita bene e poi ho avuto un momento di calo fisiologico alla Vuelta, però sono riuscita lo stesso ad arrivare terza e non è poco. Ho resettato, sono stata in altura, ho fatto molto bene i campionati nazionali, il Giro di Svizzera e il Giro d’Italia. Poi sono andata alle Olimpiadi e ho preso una batosta. Uscivo da una corsa a tappe, a posteriori posso dire che qualche starnuto in più l’ho fatto, ma non è stata sicuramente quella la causa della mia debacle. Forse sono arrivata al limite psicofisico e lo dimostra anche la reazione tanto emotiva a fine corsa. Ci tenevo, alla maglia azzurra tengo veramente tanto. E quando mi sono trovata in quella situazione, mi sono vergognata come un cane, ve lo posso assicurare. Avrei pagato per essere completamente invisibile, tagliare il traguardo e sparire.

Poi c’è stata la caduta e addio Tour…

Dopo Parigi, mi sono auto eliminata con una scivolata in cui ho tirato giù anche Jacopo e quello forse è stato il periodo peggiore di questo 2024. In Francia sarei andata per puntare alle tappe, non come ho letto in qualche intervista, ma vabbè… Però mi sono ripresa e forse, chi lo sa, non essere andata al Tour mi ha fatto bene per il mondiale. A Zurigo avevo un’ottima condizione. Quindi in estrema sintesi, questo 2024 dimostra che sono un’atleta solida e che forse anche in una condizione non al top riesco lo stesso a portare a casa un buon risultato.

Dopo l’arrivo della prova su strada di Parigi, Elisa è affranta: le altre si fermano per tirarla su
Dopo l’arrivo della prova su strada di Parigi, Elisa è affranta: le altre si fermano per tirarla su
Come fra gli uomini, anche fra voi donne le grandi corse sono appannaggio di poche. Che rapporti ci sono fra voi?

Con Niewiadoma vado molto d’accordo, forse perché abbiamo fatto un percorso simile. Siamo divise da pochi anni e siamo sempre state rivali, eppure ci troviamo bene anche a chiacchierare. Demi Vollering è una brava ragazza, a volte in corsa non la capisco, però credo faccia parte dell’essere rivali. Ammetto che quando Niewiadoma ha vinto la Freccia, mi ha fatto tanto piacere. E quando poi ha vinto il Tour, sono stata particolarmente felice. Ho seguito tutte le tappe qui sul divano, sentendomi tra lo sciocco e l’attappirata. L’ultima mi ha proprio entusiasmato. Eravamo qua con il nostro osteopata che ci stava sistemando e a un certo punto eravamo sul bordo del divano a fare il tifo per Kasia. Non ha mollato un metro, è stata bravissima. L’ho ammirata molto perché penso che a livello mentale sia stato veramente tanto duro.

Non è stato facile neppure vincere il Giro all’ultima tappa, con Kopecky a un secondo…

Eppure ero stranamente tranquilla. Tutti mi davano per spacciata per cui nella mia testa dicevo: staremo a vedere! Avevo un solo obiettivo, sapevo che dovevo stare a ruota e batterla. Lei era il bersaglio e io la freccia. Lotte il giorno prima ha fatto un’ottima tappa sul Block Haus, ma forse per le diverse caratteristiche fisiche, quegli sforzi li recupero meglio io. Ogni tanto è bello convincersi di qualcosa che magari non è reale, ma la convinzione lo rende tale e ti fa dare di più. Quello che lei ha fatto il giorno prima, io l’ho fatto il giorno dopo.

Madonna del Boden, l’acqua è gelida: qui Elisa e Jacopo si sono sposati il 28 ottobre 2023
Madonna del Boden, l’acqua è gelida: qui Elisa e Jacopo si sono sposati il 28 ottobre 2023
E così alla fine è arrivato il Giro d’Italia…

L’ho rincorso per una vita. Negli anni mi sono successe tante di quelle cose, da chiedermi perché continuassi a farlo. Invece questa volta da ottobre è stato chiaro che sarebbe stato il mio obiettivo, per cui più di una volta in allenamento mi sono scoperta a pensare solo a quello. Sai quanto fai quelle distanze di sei ore e fai l’ultimo lavoro negli ultimi 40 secondi che fanno male le gambe? Io pensavo che quel dolore mi avrebbe fatto vincere il Giro. E’ stato anche un percorso interiore, a volte anche inconscio. E ogni volta, magari mentre facevo dietro moto con Paolo Slongo sulla Marmolada, mi sono ritrovata senza volerlo a pensare che stessi soffrendo per il Giro. Ci avevo sempre creduto, ma forse ora sono arrivata a una maturità fisica e una tranquillità mentale in cui riesco a fare effettivamente quello che vorrei. Sono più forte, forse un po’ meno insicura, però sicuramente tranquilla. 

Ha inciso il fatto di essere sposata con un corridore?

Jacopo mi ha fatto fare un salto di qualità importante. La stabilità emotiva di avere accanto qualcuno al quale non devi dare delle spiegazioni per la tua stanchezza o per i momenti in cui sei più vulnerabile perché sei stanca, fa tanto la differenza. E poi quando hai in casa una persona che fa le tue stesse cose, viene tutto più semplice. Dall’allenamento alla nutrizione. Se dobbiamo rinunciare insieme al dolce, rinunciamo e non è un dramma. Ci si fa forza a vicenda. E se la sera abbiamo fame, sappiamo entrambi di dover resistere e lo facciamo magari ridendoci sopra.

La scritta just married su una scatola della pizza: un ricordo da tenere stretto
La scritta just married su una scatola della pizza: un ricordo da tenere stretto
Tuo padre è geloso di Jacopo?

Ma no, gli vuole più bene che a me (ride, ndr). Ogni tanto mi chiama e mi dice che voleva solo sapere come sta Jacopo, ma non lo chiama per paura di rompergli le scatole. Non gli manda messaggi, perché mio padre è l’unica persona che non ha lo smartphone: lui si reputa un uomo libero.

Alle corse vediamo spesso tua madre, invece il papà è spesso in disparte. Come lo descriveresti?

Beh, lui è il mio papà (un sorriso di vero amore le illumina il viso, ndr). E’ saggio. E’ una persona molto tranquilla e anche una delle più forti che io conosca, a livello di testa e a livello di forza fisica. Secondo me appartiene a un’altra categoria. Se ai suoi tempi avesse potuto fare l’atleta, sarebbe stato molto forte. Ha avuto la fortuna di fare il preparatore atletico e lo skiman della nazionale di sci di fondo per tanti anni, quindi ha avuto la sua bella carriera. E’ stato il mio primo allenatore. Quando ho veramente tanto bisogno, parliamo e so che lui c’è sempre. Però le nostre conversazioni al telefono durano a dire tanto un minuto: lui domanda e io rispondo. «Tutto bene? Sì, tutto bene. Bom, la bici funziona? Sì, sì, la bici funziona. Bom, ti trattano bene? Sì, mi trattano bene. Bom, Jacopo è contento? Sì. Bom, ok, ciao». Finita. Insomma, è il mio papà…

La merenda di Elisa: cereali e latte. Il nutrizionista non concede sconti
La merenda di Elisa: cereali e latte. Il nutrizionista non concede sconti
La casa, la famiglia, questi posto… C’è un sapore che ti ricorda il tuo paese?

Ogni volta che arrivavo a casa da qualche trasferta, mia mamma faceva il budino con le uova di casa. Le uova e il cacao amaro, sotto ovviamente metteva il caffè con i biscotti. E’ un budino montagnino, un sapore dell’infanzia che mi piace ancora. Poi ci sono il brasato, la polenta, i formaggi di capra, i tomini, il latte della mucca di mio papà, che bevevo appena munto. Oppure l’uovo sbattuto, che da noi si chiama rusumà, con dentro il caffè e anche, si può dire, un po’ di vino! Il vino fatto dai miei, che è un vinaccio, ma sa di casa. La rusumà è un po’ che non la mangio e devo farla assaggiare a Jacopo, perché secondo me non la conosce (lui annuisce, ndr).

Pronta per ripartire?

Pronta per il primo ritiro e non vedo l’ora. Siamo stati ad Abu Dhabi e mi è piaciuto il clima della squadra. E poi so che tanto sarà per poco. Due settimane a dicembre e poi si torna per le feste di Natale. E poi da gennaio, si ricomincia a viaggiare sul serio. Però la prossima volta ti fermi a cena. Jacopo è un ottimo cuoco, ieri abbiamo fatto gli gnocchi e sono venuti davvero buonissimi. Peccato che abbiamo sbagliato la quantità e ne abbiamo fatti una tonnellata…

Il weekend da tuttofare del signor Mosca, innamorato del ciclismo

29.07.2024
7 min
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Il fine settimana di Jacopo Mosca a Osasco, il suo paese natale, è stato indaffarato come poche volte in vita sua. Mentre la moglie Elisa era a Parigi per la cronometro, il piemontese della Lidl-Trek è tornato a casa per dare man forte a suo padre nell’organizzazione di un weekend di gare dai giovanissimi agli allievi, uomini e donne. Fino allo scorso anno si era chiamata Giornata Azzurra, da quest’anno si è unito il Trofeo Rosa (in apertura, immagine Wild Emotions). Quando lo sentiamo, dopo aver fatto con lui il punto già da venerdì, il suo tono di voce è quello di un uomo al settimo cielo.

«Sono stati davvero due giorni molto belli – dice – anche e soprattutto perché in Piemonte non abbiamo grandi numeri di tesserati nelle categorie giovanili. Alla fine sono partiti 70 allievi su 90 iscritti. Poi c’erano 45 allievi e 45 allieve. E non so dire quanti giovanissimi, perché hanno tante categorie e di solito sono un bel gruppone. In tutto ci sono stati 340 partecipanti e devo dire che è stato veramente bello. Soprattutto quello che ho visto è stato che tanta gente veniva a complimentarsi per la manifestazione, per la possibilità di far correre i ragazzi. E allora ti dici: cavolo, allora stiamo facendo qualcosa di bello…».

Jacopo Mosca è stato organizzatore, volontario e qualsiasi cosa servisse fare (foto Wild Emotions)
Jacopo Mosca è stato organizzatore, volontario e qualsiasi cosa servisse fare (foto Wild Emotions)
Qual è stato il tuo ruolo in tutto questo?

Ho fatto di tutto. Ieri mattina alle 6,45 ero con mio fratello e un altro volontario dell’Alpina a pulire le strade, letteralmente a passare la scopa nelle curve e montare materassi in quelle pericolose. Credo di aver portato la mia esperienza. I volontari infatti pulirebbero solo l’interno, io invece ho spazzato anche l’esterno. Gli ho spiegato che se uno vuole recuperare posizioni e prende la traiettoria più larga, finisce nell’asfalto sporco. Sono delle piccolezze che avevo notato anche il primo anno, in cui avevamo fatto solo la gara per i giovanissimi. Di fatto io ho seguito la gara solo nel 2021, mentre quest’anno c’ero perché a differenza di 2022 e 2023, non andrò al Polonia.

Facciamo un passo indietro: come è nata questa idea?

Mi venne nel 2021, quando ero infortunato dopo la caduta al campionato italiano di Imola. Mi avevano invitato a presenziare a una gara nella zona di Alba, all’interno del parco sponsorizzato da Diego Rosa qualche anno fa. Così parlando, ho detto a mio papà: «Sai quanto costa organizzare una gara di giovanissimi?». Ho chiesto agli organizzatori e visto che non si parla di cifre clamorose, ho detto: «Facciamolo!». E siamo partiti dai giovanissimi. Poi nello stesso anno abbiamo fatto la squadra dei bambini e da allora abbiamo cominciato. Ogni anno aggiungiamo un pezzo, così quest’anno sono arrivate le ragazze.

Da quest’anno anche gare femminili. Per i percorsi, il consiglio di Paolo Longo Borghini (foto Wild Emotions)
Da quest’anno anche gare femminili. Per i percorsi, il consiglio di Paolo Longo Borghini (foto Wild Emotions)
Quanto è difficile organizzare tante gare?

La nostra grande fortuna è che con la società dei bambini ci siamo appoggiati al GSR Alpina. E’ una società storica della zona, che cura la Gran Fondo Sestriere e dell’Assietta di mountain bike. E poi facevano una gara di dilettanti, il Trofeo Valli del Chisone, che era loro. Da allora in poi avevano fatto solo attività amatoriale e quando io gli ho proposto di fare i bambini, hanno accolto l’idea alla grande. Tanto è che adesso la società si chiama GSR Alpina-Jacopo Mosca Fan’s Club, dove il fans club è il mio papà. I ragazzi dell’Alpina sono bravissimi, la mia unica raccomandazione è stato di non lesinare sul tema della sicurezza.

Tema di cui parlavamo poco fa..

Esatto. Per la gara dei giovanissimi, abbiamo i materassi e segnalazioni per un chilometro di gara, che è sicuramente molto di più dello standard. Per me questa era una cosa fondamentale, perché se faccio qualcosa legata al mio nome, deve essere fatta bene. In realtà, ho sempre pensato di fare qualcosa per il ciclismo dalle mie parti. La società in cui ho cominciato ha chiuso, io sono stato il loro ultimo corridore. Adesso fanno qualcosina in piccolo per la mountain bike, è la società dove ha iniziato anche Avondetto, il campione eruopeo. Mi piaceva l’idea di far cominciare i bambini e avevamo organizzato il lancio di una scuola di ciclismo, con la prima riunione fissata all’8 marzo del 2020. Il giorno in cui scattò il primo lockdown. Dal 2022 abbiamo tesserato i ragazzi per fare le gare, senza mettergli pressioni. Vedi i bambini correre e poi dopo la gara giocare fra loro e poi vedi i genitori che non sapevano cosa fosse fare ciclismo e adesso invece hanno preso la bici anche loro.

Anche Elisa ha scelto di fare qualcosa di simile, no?

La motivazione è la stessa. Ho sempre pensato che noi corridori alla fine prendiamo tanto dal ciclismo e potremmo dare indietro altrettanto. Il ciclismo mi ha dato tanto ed è bello che in qualche modo io possa rendere anche solo in minima parte quel che ho ricevuto. E con questo ho contagiato anche Elisa, che aveva già avuto l’idea. Poi per tracciare i percorsi delle ragazze ho chiesto consiglio a suo fratello Paolo, visto che la figlia ormai ha l’età giusta.

I tuoi rapporti con i ragazzi sono di semplice organizzatore o ti capita anche di parlarci?

Sanno sicuramente chi sono e chi c’è dietro, però magari lo sanno meglio i genitori che seguono le corse in tivù. Capita che alcuni di loro mi ringrazino per l’opportunità. Ci sono tante brave persone e anche quelli che ci lasciano perché vorrebbero che i loro figli a 9 anni si allenassero, ma questo non rientra nella nostra filosofia. Li porta fuori mio papà, che ha fatto i corsi federali. Lui conosceva il ciclismo solo perché c’ero io e mi ha portato in giro alle gare. Nei giovanissimi io non voglio parlare di allenamento. I bambini devono andare in bici, imparare a farlo bene senza stress di alcun tipo. E grazie alla Alpina, con Ermanno Granero, Luca Diabrando e mio padre Walter Mosca, si riesce a seguirli.

Vittoria in parata fra gli allievi: si vede che la categoria è in crescita (foto Wild Emotions)
Vittoria in parata fra gli allievi: si vede che la categoria è in crescita (foto Wild Emotions)
Avete avuto giornate calde come ovunque in questa stagione?

Caldissime, perché purtroppo Osasco non è famosa per essere fresca d’estate, essendo un paesino di campagna in piedi nelle montagne. Per fortuna nella piazza ci sono un po’ di alberi, dove i ragazzi e le ragazze sono riusciti a ripararsi. Abbiamo dato il pranzo a tutti i corridori e ad un accompagnatore. Poi c’era la Pro Loco del paese che ha allestito un bar sotto il tendone, in cui davano acqua. E il gestore di uno dei due bar del paese, perché l’altro ha tenuto chiuso, è stato l’uomo più contento del mondo.

Uno aperto e l’altro chiuso?

Nei paesi capita. Lo scorso anno che avevamo meno ragazzi, il proprietario del bar aperto la sera venne con due bottiglie offrendoci da bere per il guadagno di due mesi in due giorni. Magari all’inizio era stato scettico perché chiudevamo il centro, poi ha capito e continuava a chiederci se e quando l’avremmo rifatta ancora.

Qual è stata la tua soddisfazione?

Sono veramente soddisfatto di aver visto il paese in cui sono cresciuto, pieno di ciclismo. E stato un po’ come averci portato il mio mondo.

Che cosa ti sembra del livello degli allievi, dato che qualcuno di loro il prossimo anno potrebbe correre tra i pro’?

I primi che sono arrivati andavano veramente forte. Erano della stessa squadra e sono arrivati in parata. Sono andati a tutta, più veloci della media più alta. E poi hanno un equipaggiamento molto buono, non più come una volta che avevano bici rimediate. Però se pensi che da un po’ arrivano fra i professionisti degli juniores che fanno i numeri, è palese che anche da allievi tanto piano non possano andare.

Come procede la tua preparazione?

Oggi ho fatto quattro ore dopo due giorni senza bici. Non farò il Giro di Polonia, ma andrò a San Sebastian. Insomma, è già tempo di ricominciare…

Longo Borghini e le juniores: qualcosa di concreto per le ragazze

25.06.2024
5 min
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Mentre è in strada con Jacopo Mosca verso le Dolomiti, per il ritiro in altura che per lei precede il Giro, le Olimpiadi e poi anche il Tour, Elisa Longo Borghini racconta con passione il progetto di una corsa per juniores che si terrà ad agosto a Ornavasso. E’ la seconda edizione e porta il nome di Pietro e Franco Longo Borghini, i due zii con cui Elisa e suo fratello Paolo sono cresciuti quando madre e padre erano in giro sulle piste del fondo. A pensarci bene, non è così frequente che un’atleta in attività si dedichi alle categorie giovanili: alla Lidl-Trek se ne sono trovate due in casa, con il cuore grande. E così, se già lo scorso anno vi avevamo raccontato di Elisa Balsamo con i giovanissimi a Orio al Serio, eccoci con l’altra Elisa, quella tricolore, che ha pensato alle juniores.

«Jacopo dice che l’ho copiato – sorride Elisa – e un pochino è vero, perché tre anni fa ha iniziato a fare una manifestazione per i bambini nel suo paese. E proprio parlando insieme, ci siamo detti che siamo ciclisti professionisti, ma in che modo riusciamo veramente a impattare sul ciclismo giovanile? Possiamo essere dei buoni esempi, possiamo essere degli stimoli, però in che modo possiamo fare qualcosa di concreto per i più giovani? E così mi sono detta che avrei potuto organizzare una gara per le donne junior. Secondo me manca, ricordo che una volta ne facevano una in Toscana: una sorta di Tirreno-Adriatico. Era una corsa carina e normalmente si faceva a marzo: perché non posso provarci anche io?

«Così ne ho parlato con mio fratello e poi abbiamo cercato di confrontarci con la Federazione in Piemonte e con Serena Danesi. Ci hanno risposto che fare subito una corsa a tappe forse era troppo, però era possibile fare una gara a frazioni. Tappa in linea al mattino e poi la crono nel pomeriggio, aperta solo alle prime classificate del mattino. E così siano partiti…».

Prima edizione lo scorso anno, la prossima il 10 agosto.

Ripresentiamo questo format. La gara in linea della mattina ha una salita di circa tre chilometri per un totale di circa 55 chilometri. Le prime 50 classificate, sperando che al via siano in tante, faranno una cronoscalata di 5 chilometri che partirà poco prima di Ornavasso e arriverà in cima alla Madonna del Boden. La chiesa dove mi avevano festeggiato e dove ci siamo sposati. L’anno scorso fra le partecipanti abbiamo avuto la Svizzera che tornerà anche quest’anno. E’ una gara regionale, non possono esserci troppe nazionali.

Che tipo di esperienza sta venendo fuori?

Io non pensavo, onestamente, che potesse essere così difficile organizzare una gara. L’idea è partita da me, ma io non sono mai a casa e devo ringraziare il Pedale Ossolano, la mia prima squadra, mio fratello e la mia famiglia perché si sono fatti in quattro. Io ho dato l’idea e qualche soldino, ma sono loro che fanno tutto. Sembra semplice, ma alla fine dei conti è più complicato di quello che sembra. Se non sei sul posto e non puoi dare anche semplicemente un contributo pratico, come mettere le frecce, ti senti un po’ inutile…

L’anno scorso però c’eri, qual è stata alla fine la tua soddisfazione?

Vedere le ragazze contente e questa è una cosa che mi ha fatto veramente piacere. Invece di limitarci alle prime dieci, abbiamo voluto premiare le prime quindici, anche se solo con un piccolo oggetto. Mio fratello Paolo lavora per Northwave e siamo riusciti a portare a casa dei guanti, dei calzini. Davvero piccoli oggetti, ma è stato bello vedere i sorrisi delle ragazze che si sono sentite valutate, apprezzate e ne hanno tratto un incentivo in più. La soddisfazione è stata veramente vederle sorridere, vederle contente. E’ questo che mi ha spinto a fare la corsa: cercare di dare qualcosa al mio sport, da cui ricevo tanto, col dubbio di non restituire abbastanza. Per me si tratta solo di investire qualcosa e il ritorno è vederle contente per una gara in più.

Il 10 agosto sarai nuovamente tu a premiarle?

Quest’anno purtroppo no, sarò al Tour de France. Non ci sarei dovuta essere neppure lo scorso anno, ma ebbi l’infortunio e essere là mi aiutò anche a distrarmi. Non è stato possibile trovare una data in cui ci fossi anche io, anche perché quello delle date è un tasto difficile. Devo dire che Serena Danesi ci ha aiutato veramente tanto. Per cui appuntamento al 10 agosto nel mio paese, le iscrizioni sono aperte.

Il guardaroba di un pro’: apriamo la scatola con Mosca

21.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – Jacopo Mosca fa quasi fatica, anzi senza quasi, a sollevare lo scatolone del vestiario che Santini gli ha inviato. «E non è l’unico», aggiunge il corridore della Lidl-Trek.

Mosca ci apre la porta della sua camera. Quando ci aveva accennato alla quantità di materiale arrivatogli, quasi non ci credevamo. E allora grazie alla sua disponibilità e alla sua simpatia ci ha mostrato le prove: quel che diceva era vero.

Quanti capi ci saranno in tutto, Jacopo?

Il numero preciso non lo so, anche perché come vedete sono davvero tanti capi. E’ tanta roba, ma se cadi…

Facciamo gli scongiuri insieme?

Okay! Scherzi a parte, la scelta è ampia perché ci sono capi per ogni condizione ambientale. E quando dico ogni, intendo proprio tutte le condizioni ambientali. Da questo scatolone, fa ridere dirlo, ma veramente mancano tante cose.

Tipo?

Per esempio, non ci sono ancora gli “sprint suits”, cioè i body da gara, e anche quelli a crono. Ci deve arrivare un altro scatole, magari non così grande ma quasi. E non ho visto le mantelline, quindi vuol dire che sono in arrivo anche quelle.

Proviamo a fare un inventario di questa prima fornitura?

Normalmente riceviamo cinque maglie estive che sono più traforate, cinque maglie normali, molti più pantaloncini, quattro maglie pesanti, quattro maglie primaverili a manica lunga. Queste le utilizziamo moltissimo, specie in questo periodo. E specie io che reggo bene il freddo. Se le abbini ad un buon intimo e ad uno smanicato pesante o normale a seconda dei giorni, è il set che utilizzo per la netta maggioranza delle volte. E sotto indosso una calzamaglia normale, ma non quella da freddo estremo. Poi metto anche uno scaldacollo e un cappellino da mettere sotto il casco.

E i guanti?

Uso i guanti solo proprio in casi estremi. Non li amo molto a dire il vero. Sotto a cinque gradi inizia a darmi fastidio stare senza guanti, mettiamola così. Non raramente torno a casa con le mani congelate ed Elisa (Longo Borghini, la moglie, ndr) può testimoniare.

Torniamo all’inventario…

Vedo anche due calzamaglie invernali, altre due per le giornate di pioggia che sono più impermeabili. E poi la vera quantità sono i calzini. Ma va considerato che noi abbiamo i calzini bianchi e secondo me un po’ questo incide.

Perché?

Perché se si sporcano col fango, con la terra non tornano mai pulitissimi e non è bello. E poi comunque oggettivamente ne usiamo tanti. Il calzino è un capo importante.

Scusa Jacopo, ma se ogni anno vi danno tutto questo materiale dove lo riponete?

Abbiamo dovuto comprare un armadio nuovo, specifico solo per il vestiario. Con Elisa, essendo lei campionessa italiana, non si mischiano le cose! Ma non è facile sistemarle tutte.

Giusto. Come li dividete?

Io sono il caos totale! Sono ordinato al primo utilizzo, poi mi perdo. L’armadio di Elisa è più ordinato. Mi piace avere un cassetto per le maglie, uno per salopette e calzamaglie e un cassetto che io chiamo “da freddo”, dove ripongo i capi più pesanti che poi sono anche quelli un po’ più ingombranti. E poi in realtà ho anche un quarto scomparto, quello degli accessori, dove ripongo guanti, scaldacollo, cappellini…

Hai parlato di primo invio… durante l’anno vi arrivano altre cose dunque?

Può succedere che cambino le maglie, come quest’anno. O come nel 2022 quando ci fu il 150° anniversario di Pirelli che, cambiando il logo, ci ha fatto ricevere una fornitura extra da Santini. Ma questa l’abbiamo avuta solo noi che eravamo al Giro d’Italia. O per il Tour, dove spesso cambiamo la maglia. Ma comunque se abbiamo bisogno di qualcosa, in squadra abbiamo una referente a cui chiedere eventuali capi e ci arrivano. Un rimpinguo può esserci anche se, per esempio, viene fatto un body più performante per la crono: ecco che dopo un po’ ci arriva la nuova versione.

Prima ti abbiamo visto parlare con altri colleghi per il trasporto di questo materiale sull’aereo. Sembra una cosa banale ma come fate? Pagate un imbarco extra?

Questo è un discorso molto complesso. Rispondo con un esempio. Al primo ritiro che feci con questa squadra nel 2019 arrivai con un trolley e uno zaino e mi sono ritrovato “col mondo”. Tornare fu un problema. Dopo ho imparato che devi partire con una valigia grande più scarica possibile. E comunque non basta. Per riportare tutto servono due ritiri. Qui per esempio lascerò su uno dei mezzi del team, il vestiario che userò nel prossimo ritiro a gennaio. In questo modo, oltre a tornare adesso con meno capi, non ne dovrò portare altri la prossima volta. Pertanto potrò ancora viaggiare con la valigia scarica. Ma questa è esperienza che si acquisisce con gli anni.