Mollema sicuro: per Ciccone colpo grosso in arrivo

19.12.2021
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Si sono ritrovati da qualche anno nella stessa squadra: la Trek-Segafredo. La prima volta che sentimmo parlare di Bauke Mollema fu nella tarda estate del 2017, quando il dottor Daniele, medico nella squadra americana, ce ne parlò di ritorno dal Tour de l’Avenir. L’olandese aveva battuto Tony Martin e il medico romano, al tempo nella nazionale U23, ci raccontò con stupore dei suoi tanti scatti. Prefigurando per lui una carriera luminosa.

Quasi un secolo dopo, Mollema sorride e racconta con il solito tono di voce gentile. Alla vigilia della quindicesima stagione da professionista, l’olandese ha attraversato pezzi di storia del ciclismo. E anche se la sua carriera non è stata quella che Daniele immaginava, le sue tappe al Tour, il Lombardia, le vittorie e il gran lavoro svolto per i vari capitani ne hanno fatto uno dei riferimenti del gruppo.

A 23 anni Mollema era la grande speranza olandese per vincere il Tour
A 23 anni Mollema era la grande speranza olandese per vincere il Tour

«Non sapevo molto del ciclismo in quel tempo – dice – correvo da soli tre anni, dovevo imparare tanto. Avevo il talento, mancavano le altre condizioni. I primi anni da professionista sarebbero potuti essere migliori. Facevo tanti errori. Potevo vincere di più, ma non ho rimpianti perché a distanza di tanto tempo sono motivato come la prima volta. Non so se si possa migliorare ancora, sicuramente nell’esperienza…».

Giorni spagnoli

Le cinque del pomeriggio a margine del primo training camp della Trek-Segafredo, dopo che con un vocale Luca Guercilena da casa ci ha confermato che le cose sono avviate lungo un corso promettente. Mollema dice di sé, ma il suo colpo d’occhio si estende al mondo che lo circonda.

Migliorare a 35 anni si può davvero?

Ho meno dubbi e meno stress di una volta e questo riduce il margine di errore. Sono più solido. Provo cose nuove e quando posso, provo a vincere da solo. Mi piace. Ho sempre vinto così. E’ un modo diverso di farlo, cominci a capire da prima che stai per farcela. La vittoria allo sprint è adrenalina, anche quella una bella sensazione, ma non cambierei le mie vittorie con qualche volata in più. Nelle fughe è un crescendo. Senti che stai per farcela e spingi più forte.

Un modo diverso di farlo…

Non devi avere paura di attaccare. Devi avere capacità da cronoman. Io non lo sono, ma sono capace di andare da solo e forte sia in pianura sia in salita.

La tappa di Quillan nel 2021 è stata la seconda vittoria al Tour dopo quella del 2017
La tappa di Quillan nel 2021 è stata la seconda vittoria al Tour dopo quella del 2017
Sei in una squadra internazionale, con una bella impronta italiana. Ciccone, ad esempio…

Ho corso tanto con lui nel 2020, soprattutto al Giro. E’ uno scalatore, difficile da controllare. L’inverso di Nibali, che è più calmo e ha tanta classe. Giulio è meno esperto, ma sta imparando alla svelta, non mi stupirei se potesse arrivare al grande risultato.

Hai cominciato il 2021 vincendo in Francia e poi a Laigueglia: quand’è così le stagioni cambiano?

Sei più rilassato, acquisti fiducia. Mi piace. Vuol dire che hai lavorato bene e hai la forma giusta nell’avvicinamento a obiettivi più importanti.

Nel frattempo il mondo fuori è cambiato di tanto?

C’è attenzione a tutto, rispetto ai miei inizi soprattutto per l’alimentazione. E’ più importante di quanto fosse solo 5 anni fa. In realtà per me non è mai stata un problema, non mi sono mai sentito di non poter mangiare. Se ho fame, apro il frigo e mangio. E’ cambiata l’attenzione nei miei confronti…

Ad Altea con Paolo Barbieri, addetto stampa del team, investito mentre era in bici
Ad Altea con Paolo Barbieri, addetto stampa del team, investito mentre era in bici
In che senso?

Finché ero nel gruppo Rabobank (Mollema è passato professionista nel 2008 con la squadra olandese ed è rimasto nello stesso gruppo fino al 2014, ndr), avevo attorno molti più media. E poi, sempre tornando alle differenze, le squadre sono più strutturate, c’è una migliore conoscenza dei percorsi. Googlemaps e tutte le applicazioni che ne sono derivate hanno permesso nel tempo di arrivare ai finali senza più sorprese.

A fine stagione non si vede l’ora di staccare: quanto tempo serve perché non si veda l’ora di ripartire?

Un mese esatto, per me è così. E il giorno che riprendo faccio tre ore di bici e mi sembra di essere tornato in un posto che mi mancava. Sento il corpo e la testa che hanno di nuovo voglia di fatica e allora si può ripartire.

Il ritiro è un bel modo per ritrovare lo spirito?

E’ anche divertente, con tutte queste cose da fare. Mi piace ancora lasciare casa, per venire qui. Mi piace stare con gli altri corridori, condividiamo ricordi ed esperienze, ci divertiamo.

Come va col ciclismo olandese?

Non conosco tanto i giovani in arrivo. Ovviamente si parla sempre di Van der Poel, che è ancora giovane. La Jumbo Visma fa pensare alla Rabobank di un tempo, con tanti buoni corridori, anche se non punta solo sugli olandesi com’era ai miei inizi.

Quale vittoria racconterai ai tuoi nipotini?

Bè, le due tappe al Tour sono state momenti indimenticabili, ma per come sono fatto io e la storia da cui vengo, il Lombardia del 2019 resta la più bella di tutte. Sono arrivato e tutti prevedevano per me un futuro nei grandi Giri. Ci ho provato, non si può dire che non l’abbia fatto. Ma ho capito già da un pezzo che non fa per me. Ma avere certe giornate in cui attaccare e sentire che la vittoria sta arrivando, è quello che rende questo lavoro ancora il più bello che ci sia.