Abus

ABUS Italia: 25 anni di sicurezza e di crescita nel cuore del ciclismo

05.11.2025
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L’anno che si avvia a concludersi segna un traguardo importante per ABUS Italia. La filiale “di casa nostra” del noto marchio tedesco attivo nel settore della sicurezza celebra infatti i suoi primi venticinque anni di attività. Dal 2000, la sede di Imola è diventata un punto di riferimento cruciale, in particolare nel segmento bike. Un quarto di secolo di crescita costante, con i caschi ABUS ora stabilmente tra i più venduti sul mercato nazionale.

La scelta strategica italiana

La storia di ABUS Italia inizia nel 2000. L’azienda, già un colosso globale, rispose all’aumento della domanda di sicurezza personale e protezione dei beni. La decisione strategica fu chiara: fondare una filiale italiana per servire meglio il crescente bisogno di antifurto e, soprattutto, caschi per biciclette. L’Italia, con la sua profonda cultura ciclistica e le sue città, rappresentava il mercato ideale.

L’espansione ha permesso ad ABUS di comprendere in profondità le esigenze locali. Il team italiano ha lavorato per personalizzare l’offerta. Ha adattato i prodotti alle normative e al gusto estetico dei ciclisti italiani. Questa vicinanza al consumatore ha rafforzato la reputazione di ABUS. Oggi è riconosciuta come un brand di assoluto vertice nella sicurezza in movimento.

Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Chantal Pegolo, Paula Ostiz
Abus è il casco ufficiale del team Movistar, qui Ostiz in maglia iridata che sferra l’attacco decisivo e va a vincere anche il titolo europeo donne juniores
Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Chantal Pegolo, Paula Ostiz
Abus è il casco ufficiale del team Movistar, qui Ostiz in maglia iridata che sferra l’attacco decisivo e va a vincere anche il titolo europeo donne juniores

Il nuovo polo produttivo a Vicenza

L’anniversario non è solo un momento per celebrare il passato. È anche un trampolino di lancio per il futuro. Un evento fondamentale del 2024 è stata la cerimonia di posa della prima pietra per un nuovo stabilimento dedicato ai caschi. Questo impianto, situato strategicamente nel vicentino, rappresenta un vero e proprio centro di eccellenza, concentrandosi sulla produzione di caschi da ciclismo di altissima gamma “Made in Italy”. La scelta di Vicenza rafforza il legame con l’eccellenza manifatturiera italiana. L’impianto, dotato di tecnologie all’avanguardia, è anche improntato su pratiche sostenibili e a basso impatto ambientale.

Omar di Felice, testimonial Abus
Omar di Felice, testimonial Abus
Omar di Felice, testimonial Abus
Omar di Felice, testimonial Abus

Design, innovazione e marketing

Il design dei nuovi caschi ABUS rifletterà dunque sempre più lo stile italiano, unendo estetica e funzionalità. Sicurezza e comfort rimangono priorità assolute. Verranno utilizzati materiali innovativi e tecnologie avanzate. Inoltre, il nuovo stabilimento include un moderno showroom. Questo spazio permetterà ai clienti di scoprire e sperimentare i prodotti ABUS, immergendosi nella filosofia del brand. 

ABUS Italia è da venticinque anni profondamente impegnata nel mondo delle due ruote. Il marchio sponsorizza atleti di alto livello, professionisti e amatoriali. Questa strategia aumenta la visibilità. Ma, cosa ancora più importante, permette di testare i prodotti in condizioni estreme. Si garantiscono così qualità e innovazione costanti. Atleti di spicco nel panorama ciclistico italiano e internazionale corrono con le attrezzature ABUS, diffondendone il prestigio.

Dietro a questo successo c’è il team di ABUS Italia. Un gruppo di professionisti altamente qualificati e con una vasta esperienza. La loro competenza è il pilastro per rispondere alle esigenze di un mercato dinamico: esperti di settore con anni di esperienza in sicurezza e protezione. La loro dedizione assicura che il marchio mantenga i suoi standard di eccellenza

I venticinque anni di ABUS Italia raccontano una storia di successo, di innovazione continua e di un profondo legame con il mondo del ciclismo italiano. L’azienda guarda ora al futuro, pronta a scrivere i prossimi capitoli di questa straordinaria avventura.

Abus

Il ciclismo negli autodromi. Sicurezza su, costi giù

09.02.2025
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Il ciclismo negli autodromi, spettacolo, costi più bassi e soprattutto tanta più sicurezza. E quanto serve di questi tempi… Può essere una grande soluzione per team e organizzatori. Pensiamo infatti alle gare, ma anche agli allenamenti. Abbiamo fatto una ricerca e attualmente in Italia ci sono 15-16 autodromi fruibili: sparsi dal Nord al Sud, da Monza a Racalmuto. In questo computo abbiamo tenuto conto di quelli la cui lunghezza è superiore ai 2.000 metri. Altrimenti diventano kartodromi, la lista si allungherebbe a dismisura e per esigenze tecniche andrebbero bene al massimo per i giovanissimi.


Ne abbiamo parlato con Marco Selleri, di ExtraGiro. Selleri di autodromi, quello di Imola in particolare, se ne intende. Ci ha organizzato diversi eventi, su tutti il mondiale del 2020, quello del Covid per intenderci. Marco non si limita a parlare solo degli autodromi, ma porta avanti l’idea del circuito, anche su strada. Chiaramente in località con determinate caratteristiche, che preveda la chiusura di pochi bivi. Ma per questo serve l’aiuto della politica: gli Enti del territorio da una parte, la Federciclismo dall’altra.

Selleri è un organizzatore di lungo corso: le sue perle? Il mondiale 2020 e il Giro Giovani
Selleri è un organizzatore di lungo corso: le sue perle? Il mondiale 2020 e il Giro Giovani
Marco il ciclismo negli autodromi: un tema alquanto vasto. Tu e la tua ExtraGiro nel 2020 avete iniziato a lavorarci a stretto giro…

Quella è stata una scelta dettata dalla necessità. Durante il Covid, la ripresa delle gare è stata più semplice negli autodromi, perché erano ambienti delimitabili e si potevano rispettare i protocolli sanitari con maggiore facilità. Però non è un’idea nuova: già negli anni 2000, a Imola si corse una cronometro del Giro delle Pesche Nettarine. Andando ancora più indietro, nel 1968, Nino Ceroni vi portò il mondiale.

Imola e il ciclismo insomma: un bel connubio…

L’autodromo di Imola si presta particolarmente bene perché ha saliscendi che lo rendono impegnativo. Circa 50 metri di dislivello a tornata e una pendenza massima del 10 per cento, e un asfalto con grip elevato, pensato per le corse automobilistiche. E poi è anche uno spettacolo per chi viene ad assistere alla gara che può vedere più passaggi (e volendo ci sarebbero anche i maxischermi, ndr).

Quali sono i principali vantaggi di una corsa in autodromo?

Il primo aspetto è la sicurezza. Un autodromo elimina il pericolo del traffico aperto e riduce drasticamente il numero di persone e mezzi necessari per garantire il regolare svolgimento di una corsa. Un altro punto a favore è il risparmio economico: servono meno moto di scorta, meno personale a terra e meno auto al seguito.

In Italia gli autodromi e kartodromi sono oltre 100. A questi si aggiungono una decina di piste test di vari brand o enti di ricerca, che sono di più complicato accesso
In Italia gli autodromi e kartodromi sono oltre 100. A questi si aggiungono una decina di piste test di vari brand o enti di ricerca, che sono di più complicato accesso
Di che numeri parliamo, rispetto appunto ad una corsa su strada?

Se parliamo di una corsa su un circuito di cinque chilometri, in strada servirebbero almeno sei-sette scorte tecniche, mentre in autodromo basta una sola moto. Se fosse una corsa in linea, il risparmio sarebbe ancora maggiore: una gara su strada richiede circa 150 persone a terra e 15-16 scorte tecniche in moto. Se considerate che il concetto di volontario è praticamente sparito si fa presto a capire che il risparmio di aggira sui 4/5 della spesa.

Si parla molto di sicurezza, tanto più dopo i recenti fatti di cronaca: gli autodromi possono essere utili anche per il ciclismo giovanile? Sono una risorsa per il movimento…

Assolutamente sì. A Imola, ad esempio, ogni anno si tiene un evento giovanile, il GP Fabbi Imola che coinvolge più di 800 ragazzi tra giovanissimi e allievi. Gli autodromi sarebbero perfetti per ospitare non solo gare, ma anche allenamenti in totale sicurezza. Il problema è che gli autodromi sono spesso occupati da eventi motoristici e trovare spazio per il ciclismo non è semplice. Alcuni, come Imola, aprono ai ciclisti in orari serali, ma servirebbe un accordo strutturato a livello federale per rendere questi spazi più accessibili. Ma si potrebbe estendere l’idea anche a circuiti su strada

Cioè?

In alcune zone si sta già lavorando in questa direzione. Ad esempio, il circuito dei Coralli a Faenza, un tracciato di otto chilometri, potrebbe essere chiuso al traffico un pomeriggio a settimana per gli allenamenti. Creare delle vere e proprie palestre di allenamento per il ciclismo giovanile sarebbe fondamentale per la crescita del movimento. Per farlo però serve la collaborazione delle amministrazioni locali e della Federazione. Studiando le esigenze dei cittadini e degli agricoltori si potrebbero individuare fasce orarie in cui chiudere temporaneamente il traffico senza creare disagi. Una volta a settimana si può fare… se si vuole.

Un’immagine del mondiale 2020: il gruppo aggredisce le curve dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola
Un’immagine del mondiale 2020: il gruppo aggredisce le curve dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola
Marco hai detto che non è semplice trovare spazio negli autodromi: perché?

Il costo di gestione degli autodromi è molto alto. Restiamo su Imola. Quando case come Pirelli, Ferrari, Lamborghini… ci svolgono i loro test, l’impianto viene affittate per circa 30.000 euro al giorno. Per il ciclismo la cifra richiesta è molto più bassa, intorno ai 3.000 euro.

Ci sono meno esigenze, è chiaro, ma questo lo rende meno appetibile per chi gestisce l’autodromo…

Questo rende difficile per i gestori destinare tempo e spazio alle biciclette. Imola lavora sempre. Quest’anno per esempio ci arriva il Giro Women, ma la sera prima c’è il concerto di Max Pezzali. Pertanto deve esserci qualcuno che nella notte pulisce tutto. E dopo il Giro Women ci sarà un altro concerto. Al termine di ogni evento c’è sempre un ispettore di pista o un manutentore che verifica pulizia e stato dell’impianto. E questi sono costi.

Almeno Imola lavora sempre e comunque sono sempre cosi più bassi rispetto alla strada…

Quello sì. Test, gare, eventi, la Formula 1 (che però al contrario è un costo)… Per questo dico che in mezzo a tanti eventi e di fronte e certi costi, servirebbe un intervento politico per agevolare l’accesso del ciclismo negli autodromi. Si potrebbero riservare almeno quattro ore a settimana nei mesi tra aprile e ottobre. Ma perché ciò accada, è necessario che le amministrazioni locali abbiano una reale sensibilità verso il ciclismo. Purtroppo, i sindaci che hanno a cuore questo sport sono ancora pochi.

La Mercatone Uno vent’anni dopo, in ricordo di Pantani e Cenni

12.11.2023
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IMOLA – Una biglia rossa, la figura di un ciclista. A poche centinaia di metri dall’uscita dell’autostrada di Imola, procedendo verso sud, se si rivolge lo sguardo a destra si vede l’ex torre della Mercatone Uno con ai piedi l’iconica biglia di Marco Pantani. Un simbolo, che riporta alla memoria una miriade di ricordi legati al Pirata. Un luogo che ieri, vent’anni dopo, si è popolato da chi ha condiviso risate, successi, pianti con il campione romagnolo. Ex corridori della Mercatone Uno, direttori sportivi, massaggiatori, meccanici…

Il tutto organizzato dal suo ex compagno Fabiano Fontanelli e da Micaela Cenni, figlia di Romano che da sempre ha creduto nel ciclismo, prima con la Germanvox e poi con Marco. Un museo intitolato ai due volti della squadra romagnola, che ha saputo scrivere pagine di storia dello sport, attraverso imprese epiche che rimarranno indelebili per sempre. Uno spicchio di tutto quello che è stato, si è preso un piano di quella torre, quasi a voler scortare la memoria di Marco e Romano dietro quella biglia adagiata sul prato verde che vede passare gli anni e gli sguardi di tutte le generazioni. 

Voglia di ricordare

Arriviamo sotto la torre, la biglia è alle nostre spalle. Il piazzale che ci circonda meriterebbe di essere ricoperto da un red carpet per la quantità di persone che hanno contribuito a rendere grande questo sport. Giuseppe Martinelli, Orlando Maini, Roberto Conti, Davide Cassani, Michele Coppolillo, Dmitri Konychev, Marcello Siboni e si potrebbe continuare per almeno dieci righe, basti vedere la foto in apertura. 

Tutto questo è nato dalla volontà di due persone. «Fabiano Fontanelli ha organizzato tutto – dice Micaela Cenni – ha voluto che tutti fossero qui per salutare Marco e il mio papà a 20 anni dalla chiusura di quel progetto che oggi rimane un riferimento per quello che è riuscito a raccogliere. Tutto quello che avevamo è stato venduto. Ho ricomposto la collezione di maglie della Mercatone Uno, in parte con alcune cose che avevamo, in parte le ho riacquistate. Voglio che questa città abbia un luogo dove ricordare il mio papà e Marco».

Tutti per uno

Una vera e propria rimpatriata, come quelle che si fanno dopo tanti anni con gli ex compagni di classe. Qui sono passati vent’anni e una differenza c’è, la maggior parte di loro ha fatto parte della vittoria di un Giro d’Italia o di un Tour de France. Se socchiudiamo gli occhi, con un po’ di immaginazione, ci sembra di vederli ancora con quell’iconica maglia gialla e la scritta Mercatone Uno sul petto, sulla schiena, sulla pelle, nel cuore… 

Saliamo le scale, arriviamo nella sala conferenze dell’attuale Center Tower. Cassani prende la parola e, come solo Davide sa fare, con il suo tono profondo e carismatico inizia a ricordare cosa sono stati per lui quei sette anni (dal 1997 al 2003, ndr).

«Non ci vediamo da anni – dice – è bellissimo ritrovarvi tutti qui e la cosa straordinaria è essere dietro la biglia di Marco, non c’è luogo migliore. Siamo qui perché Romano Cenni credette nel ciclismo in più momenti, con la Germanvox all’inizio, poi arrivò la Mercatone Uno con Bartoli, Cipollini e Casagrande. Poi terminò l’attività nel 1995 con l’arrivo della Saeco. Ma cosa succede? La Mercatone Uno ritorna nel ’97 grazie a due persone, Cenni e Luciano Pezzi. Sono loro due che uniscono le loro forze e scommettono su questo corridore romagnolo, Marco Pantani».

Ognuno il suo

La sala si è immersa in un religioso silenzio. Da qui parte un valzer di aneddoti e ricordi che rimbalzano da una sedia all’altra, ognuno ha un ricordo da condividere di Marco e di quegli anni. Si potrebbe scrivere un libro con quello che si è detto, storie che si conoscono già, ma che riportano alla mente un periodo dove il corridore più forte al mondo si chiamava Marco Pantani e vestiva la maglia della Mercatone Uno. Cassani dopo il suo intervento dice: «Qui tutti hanno un ricordo di Marco, chi vuole lo condivida». 

Martinelli incalzato da Davide lo raggiunge: «Io qui ho imparato a fare il diesse e le dinamiche di una squadra di alto livello grazie ai consigli di Luciano Pezzi e di Franco Cornacchia. Su Marco potrei parlare per ore, mi ricordo che non ero sicuro che volesse partire per il Tour dopo il Giro d’Italia vinto nel ’98. Lo andai a prendere a Cesenatico e finché non arrivammo alla partenza in Irlanda non ci credetti veramente.

«Si era allenato come una bestia – salta su Roberto Conti – mi ricordo che ci fermammo ad una fontana a Rimini e Marco chiese a me e a Siboni: «Ragazzi se vado al Tour secondo voi quanto faccio?». Noi rispondemmo: «Potresti arrivare sul podio, magari terzo». Inutile dire che si arrabbio parecchio con noi e ci disse che sarebbe andato solo per vincere».

Le voci si susseguono, ognuno ha qualcosa da raccontare. Maini e la mantellina sul Galibier, Conti sulla Marmolada, Coppolillo e le sue sfide da dilettante, Borra e la ripresa dall’infortunio del ’95. Agostini da compagno di scuola, il meccanico “Falco“ e le sue regolazione sulla Bianchi del Pirata. Racconti ed emozioni di chi quegli anni li ha vissuti in prima persona.

La biglia

“Il mio Pantani, i miei Campioni”, questo è il titolo del memoriale inaugurato oggi, nonché titolo del libro di Romano Cenni a cura di Beppe Conti. Appena ci affacciamo vediamo un’ampolla, con all’interno centinaia di biglie di Marco Pantani come quella fuori. Un ricordo semplice, ma dal significato senza limiti.  

Un intero piano dedicato alla memoria di Cenni e Pantani, maglie appese che ripercorrono gli inizi e le imprese. Le bici che si sono arrampicate sulle salite più importanti d’Europa. Prime pagine di giornale con i titoli che ancora oggi se letti fanno venire i brividi. Un viaggio tra i ricordi di due delle persone che hanno reso speciale una squadra e un periodo del ciclismo in tutto il mondo. Un viaggio per tutti.

Così da ieri, chi percorre l’A14 in direzione Ancona e si trova la mastodontica biglia rossa di Marco Pantani sulla destra, può rallentare ed entrare per vivere quei ricordi e portarsi a casa la sua di biglia per custodirla gelosamente, sapendo che è molto di più di un giocattolo per bambini.

Baroncini, un weekend di beneficenza dai profumi iridati

14.07.2023
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IMOLA – Siamo stati al Suzuki Bike Day, un evento benefico dove si è pedalato per sostenere il Dynamo Camp e la popolazione colpita dall’alluvione in Emilia Romagna. Filippo Baroncini era in prima fila, letteralmente con Cassani, a guidare i 2700 partecipanti sulle strade del mondiale 1968 e 2020 di Imola. 

Sulla griglia di partenza dell’autodromo Enzo e Dino Ferrari, luogo di partenza dell’evento, erano presenti molti campioni iridati sostenuti da Suzuki. Ai microfoni degli speaker che hanno animato la festa organizzata dalla casa nipponica, ogni volta che si nominava il nome del giovane romagnolo veniva sempre annunciato come  “il campione del mondo U23 del 2021”. Questa definizione è stata data più volte durante la giornata. 

Quando gli chiediamo due battute, Filippo è insieme a Moreno Argentin campione del mondo 1986. Se ci si lasciasse andare a deduzioni da oroscopo verrebbe da dire che i segnali per Glasgow sono lì. Ma riavvolgiamo il nastro e chiediamo al “Baro“.

Per Filippo la condizione è in continua crescita
Per Filippo la condizione è in continua crescita

Post infortunio

Delle tre fratture al radio in due anni di Baroncini si é parlato in lungo e in largo. Filippo alla pedalata non aveva il tutore. Un primo segnale che la via per il recupero totale sembra segnata e gli obiettivi più importanti della stagione si fanno sempre più grandi. Da quella Kuurne-Bruxelles-Kuurne del 26 febbraio il ritorno alle corse è avvenuto il 10 maggio. Una lunga e lenta ripresa percorsa su terapie già rodate nei due precedenti infortuni.

La ripresa non é stata facile ma Baro ha dimostrato di essere pronto. Mazzanti ce lo ha detto: «Filippo si è preparato molto bene per l’italiano, ha fatto un buon Tour de Suisse proprio per preparare l’appuntamento tricolore». Così unendo i puntini si può a pensare che al campionato italiano il classe 2000 non fosse ancora al 100 per cento. 

«Io mi sento più che altro in crescita, ancora non mi sento al top, quindi se è come penso io i margini di miglioramento ci sono ancora. Adesso vengono i veri obiettivi. Ho avuto uno stop a inizio stagione, però penso di essermi fatto trovare subito pronto. Il campionato ne è stata un po’ la dimostrazione, adesso sotto a testa bassa cercherò di raccogliere il più possibile fino a fine stagione».

Filippo Baroncini dopo l’arrivo del campionato italiano 2023 a Comano Terme
Filippo Baroncini dopo l’arrivo del campionato italiano 2023 a Comano Terme

250 km per dimenticare

Capitolo campionato italiano: chiuso. Sì, ma come? Una foratura lo ha estromesso dal finale che si era guadagnato. Dopo l’arrivo lo abbiamo visto in uno sfogo misto tra lacrime e ira. «Era tanta rabbia, un grande rammarico. Non sono uno che dice “la vincevo sicuro“. Il fatto è che mi rode di più non essermela giocata. Alla fine l’unica è quella la pecca che ho smaltito nei giorni successivi.

«Per sfogarmi mi son fatto 250 chilometri in compagnia di due miei amici e ci siamo divertiti. Siamo andati da casa fino a Firenze con Manuele Tarozzi e Matteo Montefiori. Mi hanno aiutato a sbollirla. Dopodiché ho avuto una settimana di riposo in cui non ho pensato alla bici, ma a stare in famiglia, stare un po’ al mare. Mi sono preso pochi giorni visto che siamo sempre sotto allenamento e sotto preparazione. Però mi sono goduto un po’ di più la vita “normale” insieme alla mia ragazza e alla mia famiglia».

Baroncini e Cassani hanno fatto gli onori di casa per i 2700 partecipanti
Baroncini e Cassani hanno fatto gli onori di casa per i 2700 partecipanti

Voglia mondiale

Chi l’ha già indossata quella maglia, sa cosa significa essere sul tetto del mondo. Nel 2021 Baroncini  si è laureato campione del mondo U23 battendo Girmay sulle strade di Leuven. A distanza di due anni pur non avendo ancora 23 anni Filippo è tra i papabili per far parte della spedizione azzurra in terra scozzese.

Cosa prevede il tuo programma ora?

Adesso correrò il Tour de Wallonie dal 22 al 26 luglio e poi dovrei essere nella lista dei papabili dei mondiali. Sarà il Benna (Daniele Bennati, ndr) a decidere se farò per lui oppure no.

Ti piacerebbe vincerlo?

Ovviamente sì, però ci vado, diciamo con le orecchie basse come quando l’ho vinto. Sono andato là per divertirmi e alla fine sono tornato a casa con una maglia. Partirò sempre con l’idea di fare il massimo, motivato al 101 per cento.

L’Italia ha vinto gli ultimi mondiali U23 nel 2021 con Baroncini
L’Italia ha vinto gli ultimi mondiali U23 nel 2021 con Baroncini
Hai già sbirciato il percorso? Ti piace?

Ho dato un’occhiata più che altro all’altimetria. Non ho ancora guardato video, dico la verità. Penso che che sulla carta non sia un mondiale duro, ma sicuramente lo diventerà per come sarà interpretato. Ci sono tanti rilanci che faranno selezione e soprattutto il chilometraggio sarà come al solito da mondiale. 

Il tuo arrivo ideale è un gruppo ristretto…

Bisogna avere ovviamente fortuna, deve girare. Alla fine son quelli i fattori chiave per fare bene.

Cosa dici di questo passaggio a Lidl, hai notato differenze?

Per adesso non si sono viste grosse differenze, anche perché devo ancora fare la prima corsa con la nuova maglia, quindi è un po’ una novità per tutti noi. Vedremo nei prossimi giorni come sarà.

Suzuki Bike Day, in 2.700 per Emilia Romagna e Dynamo Camp

13.07.2023
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IMOLA – Un’edizione record. Il Suzuki Bike Day ha fatto centro un’altra volta richiamando 2.700 partecipanti da tutta Italia per pedalare all’insegna della beneficienza. 35 mila euro raccolti di cui 17.500 donati a Dynamo Camp e 17.500 raddoppiati da Suzuki in favore della Regione Emilia Romagna. In origine la terza edizione doveva ripercorrere alcune delle strade del Tour de France 2024 (tappa Cesenatico-Bologna) e quelle del mondiale 1968 e 2020 di Imola. L’alluvione di maggio che ha colpito questo territorio ha però implicato una modifica obbligatoria al percorso. 

Sulle strade chiuse per l’occasione e animate dai ciclisti, appassionati e famiglie, abbiamo visto volti sorridenti e spensierati. Le ferite delle frane e i segni dell’acqua sui muri delle città visibili a tutti nei 50 chilometri del percorso sono però state un monito per comunicare che all’orizzonte c’è ancora tanto da fare. La bici, in ogni sua declinazione, è un modo per stare vicino a questi luoghi rispettandoli e animandoli con semplici pedalate e sabato tutto questo lo abbiamo visto con i nostri occhi.

Per l’Emilia Romagna

Si sa, la Romagna d’estate con la sua Riviera diventa l’ombelico del divertimento italiano. L’edizione di quest’anno ha dimostrato di saper regalare un momento di leggerezza allo stesso territorio che ogni anno è simbolo di spensieratezza e vacanza. La bici in questo è un mezzo ideale per ravvivare questi luoghi duramente colpiti. Suzuki con il supporto prezioso di Davide Cassani, ha ridisegnato un percorso che si inerpicasse su queste strade. 

La casa di Hamamatsu ha inoltre invitato ospiti d’onore. Gente che dello sport ha fatto un lavoro e si è messa in prima linea per sostenere l’Emilia Romagna e Dynamo Camp. Tra gli sportivi presenti hanno pedalato lungo le strade romagnole le rugbiste della Nazionale Alissa Ranuccini e Isabella Locatelli e numerosi Azzurri della FISG – Federazione Italiana Sport del Ghiaccio. Insieme a Francesca e Giulia Lollobrigida si sono schierati: Yuri Confortola, Sara Conti e Nicolò Maci. In rappresentanza della FITri – Federazione Italia Triathlon sono giunti il campione italiano Gianluca Pozzatti, Franco Pesavento e Marta Venditto.

Ancora più nutrita è stata la presenza di figure di spicco del pedale, Filippo Baroncini, campione del mondo del 2021 U23, Moreno Argentin campione del mondo del 1986. In sella si sono visti anche il campione del mondo di motociclismo del 1981 Marco Lucchinelli, lo snowboarder paralimpico Riccardo Cardani e il dirigente del Torino FC Alberto Barile.

Valle dei mondiali

Su queste colline romagnole sono andati in scena ben due mondiali di ciclismo. Quello del 1968 vinto da Vittorio Adorni e il più recente del 2020 timbrato da Julian Alaphilippe. Ad oggi questi luoghi rimangono al servizio di turisti e viaggiatori per essere scoperti. Percorsi permanenti, tracciati da Extra Giro, partner di questo Suzuki Bike Day. Salite come il Mazzolano e la Gallisterna sono veri e propri musei del grande ciclismo a cielo aperto da percorrere in sella alla propria bici qualunque essa sia. 

A rendere tutto ancora più mondiale, ci ha pensato il teatro della partenza e dell’arrivo, l’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola. Oltre a regalare un contesto in completa sicurezza per tutti i partecipanti e addetti ai lavori, è un altro testimone del valore internazionale e iridato di questi luoghi. Suzuki per questo ha scelto un tracciato di “casa” dove ogni anno sfrecciano macchine e motori sulle curve iconiche e rese famose dai più grandi piloti di sempre. 

Dynamo Camp

A inorgoglire la pedalata e renderla ancora più preziosa e piena di significato, Suzuki ha devoluto la prima raccolta fondi per Dynamo Camp. Ogni anno in Italia sono oltre 10.000 i bambini affetti da patologie gravi o croniche, che rischiano di perdere la serenità̀ della fanciullezza con conseguenze sull’intero nucleo famigliare. 

Dynamo Camp Onlus offre a bambini e adolescenti malati e alle loro famiglie attività gratuite di Terapia Ricreativa, volte a rafforzare la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità con benefici di lungo periodo.

I programmi di Terapia Ricreativa Dynamo sono costituiti da attività e laboratori, che si svolgono con assistenza di staff qualificato presso la struttura di Dynamo Camp e attraverso il progetto Dynamo Programs, in strutture ospedaliere, associazioni patologia e case famiglia del territorio nazionale.

Il paddock animato dai partner dell’evento per i ciclisti e le famiglie
Il paddock animato dai partner dell’evento per i ciclisti e le famiglie

Suzuki rilancia

Una giornata all’insegna della bicicletta. «Abbiamo visto da vicino – dice Massimo Nalli Presidente di Suzuki Italia – i risultati della grande determinazione degli emiliano romagnoli: nonostante le evidenti ferite del territorio, il Suzuki Bike Day ha trovato sorrisi, accoglienza, ottimismo ovunque.  I ciclisti dal canto loro hanno dimostrato sensibilità partecipando nel numero record di 2700 e consentendo a Suzuki di donare l’intero ricavato a Dynamo Camp, raddoppiando l’importo con la donazione alla Regione Emilia Romagna. Il tutto in una giornata dove la passione e il divertimento sono stati protagonisti. 

«Siamo fieri – conclude Valli – di aver raggiunto questa combinazione di obiettivi, nel nome della solidarietà. Siamo altresì molto orgogliosi del fatto che sempre più persone aderiscano al Bike Day e si dimostrino vicine alla nostra visione di mobilità condivisa, integrata e sostenibile. Nello scenario che auspichiamo le biciclette, le moto e le auto sono co-protagoniste e non antagoniste, poiché vengono utilizzate dalle stesse persone, che alternano i mezzi di trasporto a seconda delle esigenze».

Per chiudere in bellezza, è stata annunciata la data dell’edizione numero 4: il Suzuki Bike Day dà appuntamento a tutti gli appassionati a sabato 8 giugno 2024.

Abus GameChanger 2.0, la seconda generazione della velocità

21.06.2023
6 min
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BASSANO DEL GRAPPA – Sbarca oggi sul mercato mondiale il nuovo GameChanger 2.0 di Abus. La seconda essenza della velocità firmata dalla casa tedesca e prodotta con la qualità artigianale imprescindibile del Made in Italy. Il nuovo casco svelato in queste ore ad Eurobike è un vero prodigio dell’aerodinamica sotto ogni punto di vista. Il GameChanger 1.0 aveva già alzato l’asticella, il rinnovamento tecnico e tecnologico del nuovo modello hanno fatto fare un ulteriore step in termini di prestazioni, ventilazione, sicurezza e comfort. 

Lo abbiamo provato sulle colline Vicentine a Bassano del Grappa a pochi chilometri dagli stabilimenti Maxi Studio e Poliend di Abus, dove il casco prende la sua forma e dove la qualità è di casa. Ci siamo intrufolati nel dietro le quinte dove l’azienda tedesca ci ha aperto le porte per scoprire la nascita e la costruzione del nuovo GameChanger 2.0. Lo abbiamo inoltre testato per un mese e per portarlo nel suo habitat naturale l’abbiamo indossato in un tempio della velocità, l’autodromo “Enzo e Dino Ferrari” di Imola. 

Gli occhiali si possono riporre sia nella parte frontale che in quella posteriore
Gli occhiali si possono riporre sia nella parte frontale che in quella posteriore

Made in Italy

A rendere il GameChanger ancora più speciale sono la sua provenienza e produzione. La scritta Made in Italy campeggia sul lato del casco e lo rende un pregio costruttivo di tutta rilevanza. La produzione si concentra infatti tra due stabilimenti veneti. Il primo, Abus – Maxi Studio a Vanzo Nuovo (Vicenza), dove viene assemblato e curato sotto ogni punto di vista qualitativo. Con i nostri occhi abbiamo visto e toccato con mano i processi di stampaggio, modellazione e assemblaggio finale. 

Nel secondo stabilimento Abus – Poliend a Salgareda (Treviso) dove avviene il processo di produzione dell’anima votata alla sicurezza. La creazione della struttura in-Mold leggera e stabile grazie alla fusione solidale di EPS, la calotta in Policarbonato e tutti i relativi processi di trasformazione. Due eccellenze valorizzate da Abus in grado di produrre caschi all’avanguardia sotto ogni punto di vista rigorosamente Made in Italy.

Aerodinamica migliorata

La seconda generazione del GameChanger è stata sviluppata in stretta collaborazione con i pro’ del Team Movistar. Il GameChanger 1.0 aveva portato le esigenze di un casco aerodinamico a un nuovo livello. Grazie al suo design multiposizione, è stato rifinito per la massima aerodinamica e una ventilazione ottimale.

Per soddisfare i requisiti aerodinamici più moderni nella gamma aero, il GameChanger 2.0 si presenta con una coda più ampia. Ciò significa che il profilo aerodinamico creato dal casco è più lungo dell’11 per cento. I numerosi test in galleria del vento realizzati in 24 differenti posizioni, 5 angoli e 4 velocità, hanno dimostrato che, soprattutto nel range delle velocità di corsa tra 46 e 52 km/h, il nuovo GC 2.0 offre al ciclista un vantaggio decisivo grazie alla sua forma aerodinamica adattata.

La coda è stata inclinata ulteriormente di 8 gradi. Questo angolo modificato ha permesso l’ottimizzazione della posizione della testa abbassata e rivolta verso il basso. Una nostra considerazione infatti è stata quella di avere sulla testa un vera e propria parte attiva dell’aerodinamica. A seconda della posizione scelta, si può avere una resistenza variabile effettiva dell’aria. Non a caso gli angoli e le curve sono stati messi in parallelo con il modello da crono GC TT. Un ulteriore dettaglio è il gap tra la punta del casco e gli occhiali che è stato azzerato e ne permette un’aerodinamica totale e unificata che aspira alla forma perfetta della goccia.

Ventilazione determinante

Seppur ad una prima occhiata la somiglianza con il modello precedente sembri dominante, a testimonianza di un DNA vincente, ad un secondo sguardo si nota l’ingresso frontale Airboost. Questo definisce gli standard e la nuova ventilazione frontale EYEBROW VENTS in grado di dirigere fino al 32% in più di aria all’interno del casco. L’AEROBLADE centrale nella parte superiore del GameChanger 2.0 invece conduce il flusso d’aria in modo ancora più efficiente con l’aiuto dei canali di ventilazione interni attraverso il casco. Allo stesso tempo, ottimizzano l’aerodinamica e la ventilazione in questa zona strategicamente importante. 

Le parti anteriori laterali, chiamate ACTI CAGE, dirigono il flusso d’aria in modo specifico a velocità più elevate, garantendo una ventilazione costantemente buona. Grazie alla loro forma a pinna di squalo, agiscono come una superficie chiusa in posizione di gara e guidano così il flusso d’aria rimanente, non utilizzato per la ventilazione, aerodinamicamente favorevole sopra la testa.

Partendo dal presupposto che più aria entra e più ne deve uscire, ecco che l’AIRFLOW STAR DESIGN posteriore consente un’uscita dell’aria superiore del 20 per cento. Gli sviluppatori sono riusciti a ottimizzare i canali di ventilazione del GameChanger 2.0 in modo tale che, non solo servano alla pura aerodinamica, ma garantiscano anche una temperatura quasi perfetta attraverso la pressione e l’aspirazione simultanee dell’aria che entra ed esce (effetto Venturi).

Ergonomia e comfort

Realizzato per chi cerca la massima prestazione, questo GameChanger 2.0 non sarebbe approvato dai team professionistici se non fosse all’altezza in termini di comfort. Tappe al Tour, Giro, Vuelta, temperature estive e velocità alte non sono infatti un problema. Abbiamo notato inoltre che il nuovo sistema di cinturini FLOW STRAPS PRO larghi 12 millimetri e con una forma a V permettono agli stessi di non creare fastidiose turbolenze. Questo grazie a un profilo cilindrico del cinturino nella parte frontale.

Il sistema di regolazione centrale ZOOM PRO funziona come un orologio svizzero (sede del brevetto) e, grazie al nuovo sistema di scorrimento, guida sia le cinghie che il sistema di regolazione nella posizione ottimale individuale in ogni momento.

La sicurezza è favorita inoltre dal sistema MIPS AIR NODE che entra nel campo dei caschi aerodinamici ad alte prestazioni. Inoltre, queste versioni sono affiancate dalla fibbia FIDLOCK intuitiva e facile da usare.

Il GameChanger 2.0 è offerto in due versioni, per un totale di 11 diversi colori e tre taglie (S, M, L). Il peso è di 260 grammi (S), 265 grammi (M) e 275 grammi (L). Il prezzo consigliato al pubblico sarà di 249,95 euro, mentre per la versione MIPS 299,95 euro. 

Abus

La scomparsa di Adorni. Fino all’ultimo uno di noi

24.12.2022
5 min
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Ci sono vittorie che restano stampate nella memoria in maniera indelebile. Immagini che ti porti dietro da quando eri ancora giovanissimo. La vittoria di Vittorio Adorni a Imola ’68 è una di queste. Immagini Rai di un corridore che si avvicina al traguardo senza neanche spingere, cosciente che il più era fatto, sicuro di stare vivendo il suo momento clou, che vale un’intera carriera. Immagini – e usiamo ancora lo stesso termine volutamente – quasi offuscate, come se una leggera nebbia le contornasse. Succede quando qualcosa si ammanta di leggenda.

Vittorio Adorni, che ci ha lasciato a 85 anni, è stato professionista dal 1961 al ’70. Ha mollato il professionismo abbastanza presto, dopo una carriera con pochi risultati di spicco, ma di quelli che ti spediscono di diritto nella storia. Non solo il mondiale, ma anche il Giro d’Italia del 1965, il suo anno migliore, nel quale aveva anche sfiorato la vittoria sia alla Milano-Sanremo, sia alla Liegi-Bastogne-Liegi (tre podi di fila dal 1963 senza mai trovare il guizzo decisivo). Alla fine portò comunque a casa 42 vittorie: quanti possono ancora oggi dire lo stesso?

L’arrivo solitario di Adorni a Imola, ai Mondiali del ’68 dopo una fuga infinita
L’arrivo solitario di Adorni a Imola, ai Mondiali del ’68 dopo una fuga infinita

Corridore e poi commentatore

La storia di Adorni però non finì con la chiusura della carriera agonistica, anzi. Dopo alcuni anni come direttore sportivo, il parmense si affermò come commentatore televisivo tra i più arguti, elegante anche quando entrava in polemica. Un autentico signore, che non ha mai fatto mancare all’interlocutore gentilezza mista a una profonda conoscenza della materia ciclistica, che non è mai venuta meno.

La recente scomparsa di Ercole Baldini lo aveva profondamente toccato e a questa è legato un ricordo recente. Per commentare la figura dell’olimpionico di Melbourne ’56 avevamo pensato proprio ad Adorni, che gli era profondamente legato avendolo avuto sia per capitano in corsa, sia per direttore sportivo. La salute era già molto cagionevole, ma dopo qualche giorno Adorni ha risposto.

Tantissime le interviste e le presenze in Tv. Adorni è stato anche Assessore allo Sport
Tantissime le interviste e le presenze in Tv. Adorni è stato anche Assessore allo Sport

Il dolore per Baldini

Voce malferma, ma mente ancora lucidissima, in quei pochi minuti l’ex campione aveva dato libero flusso ai ricordi: il timore reverenziale quando si trovò nella stessa squadra con il campione romagnolo. La confidenza che piano piano univa due caratteri molto aperti, anche se diversi. Il connubio fra il corridore e il direttore sportivo che, prima di tutto, erano amici. Non è sempre facile trovare la giusta alchimia, ma Adorni ricordava bene come Baldini fosse un diesse prodigo di consigli, mai severo, ma comunque attento e perfettamente in linea con il suo ruolo. Come a dire: amici sì, ma io sono il dirigente e tu il corridore, lavoriamo insieme per il massimo risultato.

Adorni non ci aveva voluto far mancare la sua disponibilità, anche se la sua salute stava rapidamente peggiorando. Proprio la scomparsa di Baldini lo aveva toccato profondamente, pochi d’altronde erano gli anni che li separavano. Con il parmense se ne va un altro pezzo di un’epoca d’oro del ciclismo, quella immediatamente successiva ai campioni a cavallo della Guerra e che avevano contraddistinto gli anni Cinquanta. Il parmense era l’espressione di quella nuova generazione che, a ben guardare, era ugualmente ricca di campioni e anche di storie capaci di far sognare. Lui come Gimondi, come Merckx con il quale condivise anche le prime esperienze del belga da pro’, accorgendosi subito che era qualcosa di diverso da tutti gli altri, qualcosa di mai visto.

Il parmense in maglia rosa al Giro 1965. Nello stesso anno Gimondi, compagno di team, vincerà il Tour
Il parmense in maglia rosa al Giro 1965. Nello stesso anno Gimondi, compagno di team, vincerà il Tour

Idolo del suo tempo

Forse anche per il suo sguardo sorridente e allo stesso tempo affascinante, per la sua capacità anche di vivere la ribalta televisiva nelle interviste, Adorni è rimasto impresso nella storia del ciclismo italiano pur senza dover snocciolare un curriculum di successi infinito. Tanti ragazzi ai suoi tempi erano diventati suoi tifosi e lo consideravano un grande: quel titolo mondiale sulle strade di Imola, neanche tanto lontano da casa, con tanta gente ad applaudirlo e osannarlo vedendolo vestire la maglia iridata, sembrò quasi il giusto premio per le sue capacità. Era un campione del mondo più che degno.

La televisione era quasi la sua seconda casa. Fece anche il conduttore di un telequiz, tra l’altro nello stesso anno del suo titolo mondiale, sulla giovanissima Seconda Rete, l’odierna Rai 2. Non si contano neanche le sue ospitate al Processo alla Tappa, nel quale non faceva mai mancare giudizi magari anche al vetriolo, quando serviva, anche se era difficile poi mettersi a litigare e creare le veementi discussioni di tanti talk show contemporanei, troppa la sua eleganza e la sua competenza.

La maglia iridata vestita nel 1969. L’emiliano chiuderà l’anno successivo la sua carriera
La maglia iridata vestita nel 1969. L’emiliano chiuderà l’anno successivo la sua carriera

Il suo valore nel ciclismo italiano

Quella competenza che si sentiva anche qualche giorno fa, parlando di Baldini. Ripensare a quelle parole, spesso ripetute per marcare il concetto, suona quasi come un suo epitaffio. «Il suo valore nel ciclismo italiano è stato forse sottovalutato perché non ha vinto tantissimo, ma come qualità delle sue vittorie in pochissimi sono in grado di stargli al passo». In fin dei conti, questo concetto si attaglia anche alla sua figura come un vestito su misura…

Suzuki Bike Day, sport e beneficenza sulle strade del mondiale

22.06.2022
4 min
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Un appuntamento da segnare nel calendario. Il Suzuki Bike Day, alla sua seconda edizione, rappresenta per il ciclista una giornata all’insegna dello sport a due ruote sulle strade del mondiale. Un teatro che ha accolto ben due volte la corsa iridata, prima nel 1968 con l’impresa di Vittorio Adorni, poi quella più recente nel 2020 di Julian Alaphilippe. La partenza avverrà dal magnifico Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola che fino a poche settimane fa ha visto sfrecciare le Formula 1. 

La manifestazione firmata Suzuki sarà il 9 luglio, con 28,5 km di puro divertimento in una giornata di festa senza competizione. All’evento sarà ovviamente presente l’ex cittì e presidente dell’ATP Emilia Romagna, Davide Cassani, che ci ha raccontato cosa rappresenta per lui questo Bike Day. A valorizzare l’iniziativa ci sarà anche la Fondazione Marco Pantani a cui verranno donati i ricavi dell’iscrizione. Un motivo ancora più onorevole per solcare le strade emiliano romagnole in un sabato gioioso di pura passione. 

Davide Cassani e altri volti noti saranno presenti alla giornata dedicata alle due ruote
Davide Cassani e altri volti noti saranno presenti alla giornata dedicata alle due ruote

Una giornata speciale

Se si ripensa al Mondiale 2020 le emozioni che riaffiorano sono diverse e contrastanti. Dalla delusione per i colori azzurri, alla fantastica espressione di talento che Alaphilippe ha fatto vedere a tutto il mondo. Le colline erano quelle della Romagna, percorse a ripetizione quasi a sradicare quell’asfalto che da quel giorno si è preso una pagina nella storia delle due ruote.

«Il Suzuki Bike Day – dice Cassani – è una bella giornata dedicata ai ciclisti e appassionati. L’anno scorso lo abbiamo fatto sul Cippo Carpegna, quest’anno lo facciamo sul tracciato dei mondiali. Mazzolano e Gallisterna le salite iconiche che verranno affrontate. Un modo per stare insieme, per pedalare sulle colline romagnole. Non è una gara, non c’è nessuna sfida. E’ un modo per condividere la passione, una giornata insieme in sella alla propria bici in sicurezza».

L’autodromo di Imola si trova ai piedi delle colline romagnole
L’autodromo di Imola si trova ai piedi delle colline romagnole

Il percorso dei mondiali

Non una gara quindi, ma una giornata in cui pedalare senza pensieri godendosi ogni metro del tracciato. L’anello scelto è una fotocopia di quello mondiale. 28,5 chilometri di lunghezza con saliscendi e una pendenza massima del 15-16% tra le vigne che caratterizzano tutto il paesaggio. 583 metri di dislivello, duri ma che fanno apprezzare ancora di più il paesaggio che sovrasta la città emiliano romagnola.

«Sarà un’occasione – spiega Cassani – per ripercorrere le strade della corsa iridata, senza però guardare i tempi di Alaphilippe perché altrimenti uno si demoralizza. Però l’importante è farlo e il nostro obbiettivo è quello. Far rivivere metro dopo metro le emozioni che uno sport come questo ci ha regalato in quell’occasione splendida di due anni fa».

Al Suzuki Bike Day è ammessa qualsiasi bici ed è aperto a famiglie e ciclisti di ogni tipo
Il Suzuki Bike Day è aperto a famiglie e ciclisti di ogni tipo

Beneficienza per Marco

Il ricavato sarà interamente devoluto alla Fondazione Marco Pantani ONLUS. L’iscrizione avviene tramite una donazione minima di cinque euro. Comprende: pacco gara, frontalino con nome, copertura assicurativa, punti ristoro e assistenza sanitaria. Una giornata senza pensieri all’insegna anche della beneficenza. 

«La Fondazione Marco Pantani ONLUS – racconta l’ex cittì – si dedica al sostegno di persone con problemi mentali, motori od economici, ma soprattutto ai bambini. E’ stata una scelta naturale decidere di devolvere le donazioni alla fondazione di Marco. L’anno scorso siamo stati sulle salite dove lui si allenava. Quest’anno siamo rimasti nella sua Romagna».

L’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola ospiterà la partenza e l’arrivo
L’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola ospiterà la partenza e l’arrivo

La passione e Suzuki

Il Suzuki Bike Day rappresenta  l’impegno dell’azienda di auto e moto che sta rivolgendo da diversi anni nei confronti del ciclismo. In un settore dove l’impatto e la tutela nei confronti dell’ambiente è sempre più al centro delle priorità. Suzuki Italia ha voluto rimarcare il suo impegno in uno sport che fa della sua ecosostenibilità uno degli aspetti più valorizzanti. 

«E’ bello perché Imola – racconta Cassani – per gli appassionati di motori, è Formula 1. Per gli appassionati di ciclismo, è il mondiale. Un luogo ideale per passare una giornata affiancati da Suzuki. E’ un’azienda che sta facendo tantissimo per il ciclismo, un’azienda ideale perché attraverso lo sport sta trasmettendo molto, sotto il punto di vista del benessere fisico e ambientale. Anche per loro la mobilità Green è un lato molto importante».

suzukibikeday@suzuki.it

Ciclone Selleri a cinque giorni dalla presentazione del Giro U23

09.04.2022
7 min
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A cinque giorni dalla presentazione del Giro d’Italia U23, Marco Selleri fa il punto della situazione con un colpo d’occhio a 360 gradi. Il mondo di ExtraGiro ha subito diversi scossoni e quella che viene sarà l’ultima edizione del Giro della loro gestione e difficilmente si presenteranno per il nuovo bando. Da una lunga telefonata è nata questa intervista ricca di spunti, a partire dall’ingresso di nuovi capitali che annuncia nuovi programmi.

L’ultimo Giro d’Italia U23 è stato vinto da Juan Ayuso in maglia Colpack. Ora lo spagnolo è al UAE Team Emirates
L’ultimo Giro d’Italia U23 è stato vinto da Juan Ayuso in maglia Colpack

«Il mondo del ciclismo non c’entra – dice Selleri senza fare nomi – ci sono un paio di persone che hanno creduto in noi e hanno disponibilità. In un qualche momento di malinconia avevo parlato di mollare, ma si abbandonerà quando non ci divertiremo più e se i conti saranno in rosso. Logicamente c’è parecchio da ridisegnare, perché in tutti questi anni ci siamo dedicati maggiormente al mondo dilettantistico/giovanile, una cosa che forse sarà da rivedere. Non si capisce bene se gli under 23 siano zuppa o pan bagnato, fra tanti corridori che passano da junior, altri nelle continental in giro per il mondo e altri che non riescono a emergere. Quindi bisogna capire che tipologia di gare fare per loro. Perché al mondiale possono correre anche gli under 23 del WorldTour e al Giro d’Italia U23 no? Girmay è stato secondo al mondiale e quest’anno ha vinto la Gand-Wevelgem, perché non si è potuto portarlo al nostro Giro?».

Il Giro d’Italia U23 è rinato con una missione.

In questi 5 anni abbiamo fatto attività sociale per le squadre, senza alcuna forma di profitto. Attività sociale, ma utilizzando un sistema mediatico professionistico. Abbiamo alzato l’asticella del valore tecnico dei nostri corridori, ma non ne abbiamo ancora trovato uno che vada forte nelle corse a tappe. A volte mi chiedo se non valga la pena concentrarsi sugli juniores…

Selleri e Colbrelli sotto lo sguardo di Pavarini, dopo il podio tricolore 2021 (foto ExtraGiro)
Selleri e Colbrelli sotto lo sguardo di Pavarini, dopo il podio tricolore 2021 (foto ExtraGiro)
Il Giro d’Italia degli juniores: ci avete pensato?

Per fare una scelta del genere, bisogna che ci sia anche l’investimento da parte politica, delle istituzioni. Una spinta politica in cui si dice che lavoriamo per gli juniores, scegliendo un target ancora più giovane di quello che abbiamo fatto fino ad ora.

Siamo alla vigilia dell’ultimo Giro: tornerete nel 2023?

L’idea del Giro d’Italia under 23 adesso come adesso non l’abbiamo proprio nel programma, mentre stiamo pensando di fare un giro più piccolo, di 4-5 giorni, in una regione che ovviamente non posso ancora rivelare perché è troppo presto. Non è la Sicilia. Laggiù la Federazione si è già mossa con RCS e un modello di corsa come la nostra. A vedere l’elenco degli iscritti, tolte le tre squadre WorldTour, non si distingue molto dal Giro d’Italia under 23. Comunque le possibilità di fare cose diverse ci sono e ci stiamo lavorando. Per quest’anno abbiamo un programma del tutto invidiabile con delle belle collaborazioni.

Selleri conferma che l’assenza di Cassani si è fatta sentire, anche se il cittì uscente non è sparito del tutto (foto ExtraGiro)
Selleri conferma che l’assenza di Cassani si è fatta sentire, anche se il cittì uscente non è sparito del tutto (foto ExtraGiro)
Parli spesso di creare sinergie.

Abbiamo creato innanzitutto una cooperazione con la Coppa della Pace e il Trofeo De Gasperi. Siamo partiti quest’inverno a mettere giù un calendario appetibile per tante squadre, soprattutto straniere, perché dobbiamo portare anche un po’ di beneficio economico in casa nostra. Il 28 maggio ci sarà la Strade Bianche di Romagna. Abbiamo trovato un muro sterrato in stile Fiandre a due chilometri dal Castello di Gradara. Bellissimo, me l’ha indicato il sindaco e quasi non volevo crederci. Il 29 c’è la Coppa della Pace e sono due corse internazionali. Il 2 giugno c’è il De Gasperi, altra internazionale, mentre il 5 giugno mattina abbiamo le donne elite a Meldola e il pomeriggio di nuovo un’internazionale. Mentre abbiamo appena ricevuto l’okay dall’UCI per una gara internazionale a Riolo Terme per l’8 di giugno. Una gara di allenamento con uno strappo nel finale, per verificare lo stato degli atleti che tre giorni dopo prenderanno il via al Giro d’Italia.  

Si è notata l’uscita di Cassani?

Sicuramente l’assenza di Davide si è fatta sentire, perché comunque lo conosciamo bene. E’ un uomo di relazioni, con delle idee ben chiare. Con lui condividevamo l’obiettivo di generare atleti che possano dimostrare in futuro di andare forte. E non possiamo nasconderci che con le sue conoscenze e le sue relazioni si generavano energie positive, sotto l’aspetto economico e di immagine. Quest’anno il nostro lavoro è stato… altalenante, anche per stabilire il numero delle tappe.

Marco Pavarini, socio di Selleri, è l’anima mediatica e del marketing. e non si limita al solo ciclismo (foto ExtraGiro)
Marco Pavarini, socio di Selleri, è l’anima mediatica e del marketing. e non si limita al solo ciclismo (foto ExtraGiro)
Cioè?

Abbiamo avuto problemi iniziali. Sembrava che le Marche dovessero accompagnarci con la partenza, invece non ci sono più. Quindi da 10 giorni siamo passati a 7. Argentin c’è arrivato prima di noi, che ci siamo mossi utilizzando il canale ufficiale, cioè quello della Federazione ciclistica delle Marche. Ma essendo arrivati nel frattempo la Tirreno-Adriatico, la Adriatica Ionica Race e il Giro d’Italia dei professionisti, i serbatoi della Regione si sono svuotati e gli Enti comunali che potevano essere interessati, si sono ritirati. Forse lo hanno fatto un po’ troppo avanti e comunque abbiamo dovuto ridisegnare il Giro. Questo ha generato un lavoro doppio e uno stress incredibile. Però adesso vediamo il sereno, quindi vuol dire che abbiamo fatto le cose a modo e stiamo lavorando per andare in diretta televisiva.

Cosa ne è stato di quella proposta di contributi pubblici di cui si parlò pochi mesi fa?

A suo tempo uscì anche il discorso di un Governo che ci avrebbe dato 600.000 euro, ma per il momento è aria fritta. Tuttavia vedendo cosa succede nel mondo, non c’è da lamentarsi. Però intanto alcune persone si sono fatte avanti per cercare una collaborazione economica, sapendo che avremmo dovuto ricevere questi soldi. Magari potessimo averli, probabilmente faremmo più gare l’anno prossimo

Lo scorso anno ai tricolori di Imola una grande affluenza di pubblico e ottima accoglienza (foto ExtraGiro)
Lo scorso anno ai tricolori di Imola una grande affluenza di pubblico e ottima accoglienza (foto ExtraGiro)
Le corse e anche attività sul territorio: la formula funziona?

Abbiamo già iniziato a parlare anche delle zone che andiamo a percorrere, nicchie troppo piccole per il Giro d’Italia dei professionisti. A parte il mondiale che è stato un colpo di fortuna, siamo andati a tirar fuori due salite che erano finite nel dimenticatoio, che però adesso sono diventate un prodotto turistico. Mi sembra di capire che a luglio proprio là si svolgerà il Suzuki Day e poi ho nel cassetto il sogno di chiudere il percorso di Imola per un giorno intero. Ieri ero in Comune e ne stavamo ragionando. Abbiamo visto che, a parte un pezzetto di strada pianeggiante, si può fare e sarebbe bello. Nel 2023 potrebbe succedere. Per un giorno intero, il percorso dei mondiali solo per le bici

A Meldola correranno anche le donne.

Le donne sono arrivate perché nostro partner per Meldola è AWC Events, che prima avevano una squadra femminile. E quando hai avuto una squadra di donne, ovviamente il tuo cuore rimane un po’ da quelle parti e così hanno spinto per farlo. 

Fabio Vegni, terzo da sinistra, fresco di nozze con Emiliana Pirazzi, sarà il direttore di corsa del Giro U23 (foto Facebook)
Fabio Vegni, terzo da sinistra, fresco di nozze con Emiliana Pirazzi, sarà il direttore di corsa del Giro U23 (foto Facebook)
Fra le novità c’è anche un nuovo direttore di corsa.

Sarà Fabio Vegni. Si dice sempre di ringiovanire, ma nessuno lo fa. E allora lo abbiamo fatto noi. Per cui ci sarà Fabio, che in questi giorni è a Sharm el-Sheikh a sposarsi (a Fabio e sua moglie Emiliana Pirazzi, gli auguri di tutto il team di bici.PRO, ndr). E poi dovrebbe venire a ruota Roberto Corradini del Tour of the Alps.

Con Pavarini tutto bene?

Pavarini nel ciclismo ormai è di casa e per fortuna che c’è. E’ l’altra metà della vicenda. Lui si occupa molto di relazioni, di marketing, di comunicazione ed è molto importante per gli sponsor. E’ il valore aggiunto che abbiamo rispetto a quando mi muovevo da solo. Il futuro lo vedremo, però il discorso è che comunque in questo ambiente c’è bisogno ancora di più di competenze rispetto a prima. Non si può improvvisare nulla a nessun livello.