Fabio Vegni, direttore di corsa. Era scritto nel destino…

27.10.2021
5 min
Salva

Fare il direttore di corsa a soli 29 anni e soprattutto non essere alla prima stagione ad alti livelli. Fabio Vegni era già nello staff del GiroBio, quindi parliamo del 2012, quando era poco più che ventenne. Il romano è figlio d’arte, papà Mauro è il direttore generale del Giro d’Italia. Il ciclismo e questo lavoro in qualche modo lo hanno chiamato.

Il direttore di corsa ha un ruolo molto particolare e complesso che proprio con Vegni cerchiamo di capire meglio (in apertura Fabio è con Pidcock al Giro d’Italia U23 del 2020).

Fabio Vegni, classe 1992, è il più giovane direttore di corsa abilitato alle gare pro’ in Italia
Fabio Vegni, classe 1992, è il più giovane direttore di corsa abilitato alle gare pro’ in Italia
Sei un direttore di corsa molto giovane, Fabio…

Esatto e non siamo in tanti in Italia. Le gare che un direttore può dirigere variano in base al livello che ha conseguito: regionale, internazionale e per i professionisti. E in questa terza categoria non sono molti in assoluto, non solo giovani. Anche perché le gare da noi non sono poi così tante.

Come si ottiene l’abilitazione a direttore di corsa? Funziona come quella per i direttori sportivi?

Ci sono dei corsi federali. Il primo livello, quello per le gare regionali, è organizzato dagli stessi comitati regionali, quello internazionale dalla Federazione e poi quello per i professionisti dalla Fci e dalla Lega Ciclismo. Per il completamento dell’abilitazione servono cinque corse da vicedirettore di corsa. Attualmente io sono il più giovane ad essere abilitato per i pro’, ma ci sono colleghi più grandi di pochi anni

Quali sono le maggiori corse che hai diretto?

Il Giro d’Italia U23, il campionato italiano di Imola e quello europeo di Trento.

Quali sono le differenze fra una corsa di under 23 e una di pro’?

Sono molto simili nella preparazione e nell’organizzazione. Soprattutto adesso in cui tutto è più mediatico e ogni cosa deve essere fatta in un certo modo. Una gara di dilettanti si deve avvicinare il più possibile a quella dei pro’. A livello di gestione in corsa non c’è tanta differenza, tutte le prove hanno un coefficiente di pericolosità. Si corre su strada e c’è sempre un’incognita. In tal senso è molto importante l’organizzazione a monte, perché poi l’imprevisto sul momento può emergere. Semmai la differenza che noto è che a livello professionistico in generale c’è più fermento e più scalpore anche tra i diesse perché ci sono interessi economici più elevati.

Qual è stato un momento particolarmente difficile che ti sei trovato a dover gestire?

E’ avvenuto al Giro U23 dell’anno scorso quando a causa del maltempo in fase iniziale c’è stata una grande caduta. Sapete quando inizia a piovere e la strada diventa viscida, specie se l’asfalto è nuovo? Ecco, andò così. Una grande caduta per la quale è stato richiesto l’intervento di tutte le nostre ambulanze. A quel punto ho dovuto sospendere la corsa, in accordo con gli organizzatori. Non solo, per facilitare il ritorno delle ambulanze ma abbiamo chiamato anche i pronto soccorso locali. Alla fine siamo riusciti a riprende la gara dopo neanche 30 minuti.

Hai detto: in accordo con gli organizzatori. Ma qual è allora la figura del direttore di corsa? Non è un organizzatore?

E’ il rappresentante dell’organizzatore a livello civile e penale della corsa. E’ una figura che tutela gli interessi dell’organizzatore in gara. Gestisce principalmente la sicurezza. Quindi coordina le scorte tecniche, le autorità locali, le staffette… e tutti coloro che si trovano sul percorso. E’ al vertice di atleti e personale.

Ballerini in testa al gruppo al campionato italiano una delle gare più importanti dirette da Fabio Vegni
Ballerini in testa al gruppo al campionato italiano una delle gare più importanti dirette da Fabio Vegni
Quindi non è lui che disegna il percorso?

No, però nelle gare più grandi il direttore di corsa va a verificare la natura tecnica del tracciato, se è adeguato o no. Per le corse storiche, le classiche, fa un sopralluogo per assicurarsi dei nuovi ostacoli, perché da un anno all’altro qualcosa cambia sempre per quel concerne l’arredo urbano. Pensiamo alle rotatorie. Si cerca di coprirle tutte, ma in 150 chilometri di gara non è facile e non sempre si ha tanto personale per riuscirci. Per questo è importante che anche i corridori collaborino con gli organizzatori stando più attenti a certi ostacoli. Poi nei finali in cui si va forte e nessuno vuol cedere la posizione, specie se si prospetta un arrivo in volata, si cercano tracciati senza curve strette, rotatorie… E lì c’è la pianificazione del percorso del direttore di corsa.

Quindi quando sei al Giro U23 parli con Selleri e Pavarini e cosa vi dite?

Nella direzione di corsa devo dire che c’è una figura per me di riferimento che è Raffaele Babini. E con lui Daniele Gulmanelli e Marco Velo. Iniziamo con il parlare della tappa appena conclusa, coinvolgendo anche l’ispettore di percorso il referente della cartografia, delle moto in corsa… si fa un’analisi di cosa ha funzionato e cosa no. Poi si parla del giorno successivo, dei punti sensibili e su cosa porre attenzione.

E tra di voi come comunicate?

Abbiamo “radio direzione”, una radio interna che collega il gruppo dei motociclisti, con direzione, Polizia, apertura e fine corsa…

Le gestione dei mezzi dell’organizzazione stessa deve essere controllata e gestita con cura dal direttore di corsa
Le gestione dei mezzi dell’organizzazione stessa deve essere controllata e gestita con cura dal direttore di corsa
Tuo padre Mauro è il direttore generale del Giro d’Italia: quali consigli ti dà? Cosa hai appreso da lui?

Stando vicino a lui ho potuto assistere a tante situazioni che spero sempre non capitino anche a me! Come per esempio la Sanremo della neve… A quel livello subentrano tante tematiche a livello organizzativo e mediatico. Serve una visione a tutto campo. Io sono più legato alla sicurezza e meno ad aspetti commerciali. Anche se già in una gara come il Giro U23 devi stare attento agli orari d’arrivo. Comunque con papà sul lavoro non ho un rapporto tale per cui sono in corsa e lo chiamo per questo o per quello. No, lui mi dice: fai la tua strada e se ti serve, io ci sono. Spesso abbiamo visioni diverse. Lui con la sua lunga esperienza è più conservatore, mentre il ciclismo è cambiato tanto. Per me che voglio intraprendere questo percorso è una fortuna avere una figura come la sua da poter osservare da vicino. Mi ha permesso di assistere e vivere di persona situazioni importanti e delicate.

Hai deciso te quindi fare questo mestiere?

Dico sempre che io vado alle corse da quando avevo due anni, dal mondiale di Agrigento del 1994 di cui chiaramente non ricordo nulla. Ma questo spiega perché la mia scelta di lavorare nel ciclismo sia stata naturale. E’ una passione.