Astana Proteam 2016 - Training Camp Calpe, Giuseppe Martinelli

Il Giro a settembre è più di una chiacchiera da bar

12.12.2025
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Vi è mai capitato che qualcuno molto più giovane di voi vi abbia proposto di fare qualcosa di diverso e per tagliare corto gli abbiate risposto di no, perché si è sempre fatto così? Quando Tadej Pogacar ha detto che secondo lui sarebbe opportuno invertire le date del Giro e della Vuelta, il ciclismo ha reagito allo stesso modo.

«Il Giro ha date tradizionali – ha detto Paolo Bellino, direttore generale e amministratore delegato di Rcs Sport& Events –  e non vogliamo che vengano cambiate. Ogni Grande Giro ha una sua storia e un suo significato, in parte determinati dalla posizione del calendario. Il Giro si è svolto 107 volte nel mese di maggio. L’unica eccezione è stata durante la pandemia di coronavirus, un periodo unico per il mondo intero, in cui abbiamo dovuto fare tutto il possibile per salvare la stagione».

Risposta prevedibile, anche se il riferimento al Giro del 2020 ci ha riportati con la memoria a una delle edizioni più belle vissute da addetti ai lavori. Sarà perché profumava di liberazione dal Covid o perché stava per andare online bici.PRO, ogni volta che con Filippo Lorenzon ci troviamo a ricordare quel Giro vissuto assieme, si finisce sempre col dire che fu bellissimo. Si riuscì persino a fare lo Stelvio, nonostante fosse cattivo tempo, mentre lo scorso anno a maggio lo Stelvio ci fu vietato dalla neve.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve

Le resistenze degli italiani

Così per tornare sul tema proposto da Pogacar, ci siamo rivolti a Giuseppe Martinelli. Uno che di Giri ne ha visti più di noi e, come noi, ricorda quando la Vuelta si correva ad aprile (fino al 1994) e l’UCI propose loro e agli italiani – uno a scelta – di spostarsi a settembre. Gli spagnoli accettarono e il nuovo assetto del calendario prese il via.

«Tu sai che gli italiani di partenza – dice – fanno sempre fatica a capire al volo le opportunità. Sono abbastanza tradizionalisti. Quando l’UCI chiese di fare quel cambiamento, anche io sarei stato abbastanza restio a dire sì. Però con i tempi attuali e con le stagioni che sono venute fuori, i campioni, le strategie e tutta una serie di altri fattori, adesso come adesso forse sarebbe sicuramente più facile organizzare il Giro a fine agosto, trovare grandi corridori e fare le salite. Senza contare che la primavera si è portata un pochino più avanti e negli ultimi anni maggio è stato il mese più brutto».

Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Sono chiacchiere da bar, Martino, ma c’è del vero. Hai parlato dei corridori…

Vedi anche adesso Remco e non capisco come sia possibile che non pensi più al Giro che al Tour. Però il Tour è una macchina da guerra e, se non ti chiami Pogacar e vuoi fare bene in Francia, il Giro non lo puoi fare. Non c’è niente da aggiungere. Inutile dire che vieni qua, ti prepari e magari vinci, poi vai al Tour. Se vinci il Giro sei bravo, poi però vai in Francia e ti lasciano lì come una pelle di fico.

Maggio è uno dei mesi più brutti e infatti ormai si è rinunciato a fare certe salite molto alte…

Negli ultimi anni che facevo il direttore sportivo, le salite andavo a provarle più a ottobre e novembre, che a marzo e aprile. A primavera trovavi sempre la neve, mentre a ottobre e novembre trovavi bellissime giornate. Almeno fino a quando hanno presentato il Giro, lasciandoti il tempo per muoverti. Credo che la Vuelta a maggio sarebbe molto meno calda, ma avrebbero anche loro il problema della neve in alto. Per questo credo che a loro lo scambio forse non piacerebbe. Anche perché negli ultimi anni, i corridori buoni vanno in Spagna e c’è sempre battaglia. Qualcuno prepara i mondiali, c’è chi ha saltato la stagione per qualche motivo, mentre qualcuno deve rimetterla in gioco. Mi ricordo invece quando la Vuelta era ad aprile e dalla Spagna arrivavano direttamente nelle Ardenne. Chi correva in Spagna quasi mai faceva il Giro e per i pochi che ci provavano, era veramente difficile.

Oggi è anche peggio: difficilmente fai una corsa per trovarti pronto nella successiva…

Chi prepara una corsa e punta al risultato pieno, non va a cercare la condizione nelle corse prima. Adesso si va lì e si fa la gara, preparandola a casa e facendo semmai una corsa in meno. Ormai dei grandi chi fa il Romandia per preparare il Giro? Quasi nessuno, mentre prima era quasi un percorso obbligato andare al Romandia o al Giro del Trentino, che ora è Tour of the Alps. Vanno in altura e arrivano alla partenza già tirati a lucido.

Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Pensi che stando così le cose, Vingegaard verrebbe al Giro di maggio?

Secondo il mio punto di vista, al di là di avere un campione qui in Italia, sarebbe la normalità farlo venire al Giro. Non tutti però la pensano come noi e al contrario pensano che il Tour possa vincerlo chiunque, ma il Tour purtroppo lo vince uno, che c’è già. Se Vingegaard non viene al Giro, vuol dire che non gli importa molto di vincere le corse, senza contare che conquisterebbe la Tripla Corona prima di Pogacar, che in sé sarebbe un evento. Non so come ragionano, ma io con le mie squadre volevo vincere: che fossero corse grandi oppure le piccole. Se poi qualcuno ritiene che sia un disonore vincere il Giro d’Italia e partecipare al Tour senza essere al 100 per cento, allora non so cosa pensare.

Di certo il Giro a settembre avrebbe quelli che non hanno vinto il Tour. Mentre la Visma quasi neppure ha celebrato la vittoria di Yates: il Tour con Vingegaard ha coperto tutto.

Sicuramente passa tutto velocemente e rimane soltanto il Tour che sa far parlare. Le altre corse, a parte la Sanremo e alcune altre classiche, ormai sono corse di passaggio. Anzi qualcuna nemmeno la considerano più. Se non ci va Pogacar, il Catalunya perde tantissimo. Stesso discorso per i Paesi Baschi, che erano una signora corsa. Adesso passa in silenzio, che quasi non sai chi l’ha vinta. In più c’è il discorso dei punti. Nell’ultimo anno del triennio, hanno deviato tutti sulle corse più a portata di mano, dove magari sapevano di non fare risultato, ma di prendere punti.

Forse la vera provocazione sarebbe proporre al Tour di cambiare la data col Giro?

La vedo dura. E’ il Tour che fa il calendario, il Tour non si tocca…

Giuseppe Martinelli

Pellizzari e il primo doppio Grande Giro. Parla “Martino”

21.09.2025
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La questione Giulio Pellizzari continua a tenere banco. In settimana, giustamente, se n’è parlato spesso tra compagni, tecnici ed ex corridori nei commenti post Vuelta. Oggi continuiamo a farlo con il supporto del direttore sportivo italiano più vincente dell’era moderna, l’ex Astana Giuseppe Martinelli.

Con “Martino” abbiamo affrontato in particolare il tema del primo doppio Grande Giro in stagione da parte di Pellizzari. Un doppio appuntamento che lo ha visto promosso a pieni voti: due sesti posti, entrambi arrivati senza essere leader designato al via. Al Giro d’Italia lo è diventato dopo l’abbandono di Primoz Roglic e prima aveva già speso parecchie energie per lo sloveno. Alla Vuelta, invece, è stato co-leader, ma anche in questo caso aiutando non poco Jai Hindley.

Pellizzari ha sfiorato la maglia bianca all’ultima Vuelta. L’ha persa nell’ultima tappa di salita, staccandosi a 6,8 km dalla Bola del Mundo
Pellizzari ha sfiorato la maglia bianca all’ultima Vuelta. L’ha persa nell’ultima tappa di salita, staccandosi a 6,8 km dalla Bola del Mundo
“Martino”, dicevamo di Giulio Pellizzari: due Grandi Giri nella stessa stagione, due sesti posti e una vittoria di tappa. Che impressione ti ha fatto?

Molto buona, bella nel suo insieme sia per le prestazioni che per il contesto. Un’impressione positiva dettata anche dal fatto che ho un buon rapporto con lui. E’ un rapporto di stima reciproca, niente di più, ma l’ho sempre seguito perché mi era piaciuto già al Giro dell’anno scorso. Una volta, incontrandolo, gli ho detto: «Se fai ancora un anno con Reverberi, fai un bel Giro d’Italia e poi spicchi il volo». Invece è andato via.

E il volo lo ha fatto lo stesso…

Esatto, e devo dire che sono stati bravi. E’ andato in una squadra importante come la Red Bull-Bora-Hansgrohe che gli ha fatto correre il Giro. E questa è stata la svolta per lui. Fare il Giro non era scontato. Con la corsa rosa Giulio si è reso conto di essere un buon corridore per davvero. E alla Vuelta, oltre al sesto posto, ha conquistato una vittoria di tappa. E quando vinci significa che batti tutti, non importa chi ci sia al via: li batti tutti. Punto. Non solo…

Cos’altro ti ha colpito di quella vittoria?

Non è stata la vittoria di una fuga da lontano, ma quella di un arrivo ristretto con i migliori della generale che si giocavano tappa e classifica. Se guardiamo l’ordine d’arrivo di quel giorno, ci sono nomi come Jonas Vingegaard o Joao Almeida. Quel sesto posto nella generale gli va forse stretto, ma la vittoria contava più di tutto. Credo che se non avesse vinto, avrebbe lottato molto di più per la maglia bianca.

Cosa ti porta a dire questo?

Perché quando vinci, spesso sei sereno con te stesso. Non parlo di appagamento, ma quella sensazione inconscia di “il mio l’ho fatto” ti resta. La testa, tante volte, fa la differenza.

Volta Catalunya: Giulio Pellizzari, svolgendo un gran lavoro per Roglic, si sta guadagnando la convocazione per il Giro
Volta Catalunya: Giulio Pellizzari, svolgendo un gran lavoro per Roglic, si sta guadagnando la convocazione per il Giro
Quindi se non avesse vinto la tappa, avrebbe portato a casa la maglia bianca?

Secondo me sì. L’ho detto anche a casa durante la corsa: era una questione di testa.

E in chiave futura, che lezione può trarne?

Gli ho scritto: “Ricordati che dalle sconfitte nascono le grandi vittorie. Questa non è una sconfitta, ma qualcosa che dovrai analizzare”. Lui ha apprezzato molto.

Prima hai sottolineato che la cosa buona è stata farlo debuttare al Giro. Non era scontato al primo anno in Red Bull-Bora: perché secondo te hanno deciso così?

Perché hanno visto che andava forte. Quella è una squadra che non lascia nulla al caso. L’arrivo di Red Bull ha dato un valore aggiunto, alzando il livello di tutto il movimento. Al Catalunya Pellizzari era già andato bene. E poi, secondo me, anche Roglic avrà espresso un suo parere. E quello che dice il campione della squadra conta. I tecnici avranno avuto i loro dati certo, ma il corridore lo vede su strada, in corsa. Primoz gli avrà detto: «Guardate che questo va forte, meglio magari tenerlo un po’ tranquillo e fargli fare il Giro d’Italia». E infatti gli hanno cambiato un po’ i programmi.

Quanto ha inciso la presenza di Enrico Gasparotto, tecnico italiano, che aveva un ruolo importante in squadra nel far sì che Pellizzari facesse il Giro?

Tanto, anche ai fini del parlare la stessa lingua. Ti confronti di più e in modo diverso, anche prima della partenza o subito dopo l’arrivo. Gasparotto, per Pellizzari, è stato un riferimento importante. Io non ho mai parlato bene l’inglese e quando provi a comunicare con un corridore usando parole che non rispecchiano completamente ciò che vuoi dire, è tutta un’altra cosa. Nella tua lingua, invece, basta dirgli: “Oggi ti aspetto all’arrivo”, mentre lo guardi negli occhi e gli dai una pacca sulla spalla. Vai a farlo in inglese… E’ diverso.

Come tutti i corridori moderni, Pellizzari si alza poco sui pedali. Eccolo sulle pendenze estreme dell’Angliru
Come tutti i corridori moderni, Pellizzari si alza poco sui pedali. Eccolo sulle pendenze estreme dell’Angliru
Come dovrà essere gestito adesso, con Roglic, Lipowitz, Hindley e l’arrivo di Evenepoel? Pellizzari sarà destinato ad un gregariato di lusso?

Adesso si divideranno un po’ i ruoli. Io penso che Roglic sia arrivato al capolinea e non avrà più i gradi di capitano. Giulio potrebbe davvero prendere il suo posto. Remco secondo me, farà altre cose a partire dal Tour dove non andrà solo per vincere le crono, quindi non andrà a togliere spazio a Pellizzari. Lo spazio per Giulio ci sarà, anche perché resta il più giovane di quel gruppo e immagino avranno anche interesse sotto questo punto di vista.

Però, Giuseppe, questo è un grande attestato di stima nei suoi confronti…

A me Pellizzari piace tantissimo. Ci siamo visti poche volte, però c’è stima reciproca. Se gli mando un messaggio risponde subito. Ed è bravo nella sua normalità di campione come lo è in questo momento, o meglio da come lo sta diventando. Ora per lui diventa tutto più complicato.

Tecnicamente hai notato differenze in Pellizzari tra Giro e Vuelta?

Ho visto che sa rimontare facilmente e non resta sempre a ruota. Sa anche prendersi il vento. Corre davanti senza spendere troppo. Non è come Roglic o Remco, che soffrono nel tenere la posizione. E questo è un bel vantaggio fisico e mentale.

Facendo un’analisi tecnica di Pellizzari sulle pendenze più dure, Pozzovivo ci diceva che Giulio dovrebbe stare di più sui pedali, fermo restando non è un scalatore di un metro e 60 per 50 chili. Sei d’accordo?

E’ la tendenza moderna quella di stare più seduti e girare agile. Ogni tanto alzarsi sui pedali fa recuperare meglio. Lo vedo anche tra gli juniores: vanno su a 80-90 pedalate al minuto e non mollano mai il rapporto agile. A volte gli dico: «Buttate giù un dente e alzatevi. Magari rilanciate meglio, usate altri muscoli per un attimo…», ma è così. Alla fine è il ciclismo moderno: altri metodi, altri rapporti. Tecnicamente andando così agili alzarsi diventa un cambio di posizione non facile da eseguire. Pozzovivo ha occhio, guarda i dettagli come pochi altri, pertanto come potrei non essere d’accordo con lui?

Nei Grandi Giri precedenti Pellizzari si era sempre trovato bene nella terza settimana. Stavolta invece ha ammesso di aver sofferto. Perché?

Primo, perché era il suo secondo Grande Giro in stagione. Poi perché la Vuelta è stata lunga e stressante, anche con le proteste che hanno inciso. Non sapere ogni giorno se si correva o come, i trasferimenti… ormai un Grande Giro dura quasi quattro settimane tra fasi preliminari, partenze all’estero… I ragazzi vivono sotto pressione continua, in una sorta di bolla, dalla mattina quando si svegliano alla sera quando vanno a letto. Tutto questo alla fine presenta un conto.

Famiglia e corridori, l’opinione di Martinelli 

18.07.2025
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Ha fatto scalpore l’intervista rilasciata da Trine Hansen, moglie di Jonas Vingegaard, al quotidiano danese Politiken ed uscita in pieno Tour de France. Hansen ha criticato abbastanza duramente la Visma-Lease a Bike per quanto riguarda la gestione del marito, a suo dire troppo spesso lontano da casa, ma anche non abbastanza tutelato in corsa.

Un intervento che a molti è parso non azzeccatissimo, per lo meno nelle tempistiche. Abbiamo contattato Giuseppe Martinelli, uno dei DS più esperti nella storia del ciclismo italiano, per parlare con lui della non sempre facile gestione delle famiglie dei corridori.

Giuseppe Martinelli ha smesso con ciclismo professionistico quest’anno, ma rimane uno dei punti riferimento nel settore
Giuseppe Martinelli ha smesso con ciclismo professionistico quest’anno, ma rimane uno dei punti riferimento nel settore
Giuseppe, cosa ne pensi di questa faccenda?

Come prima cosa vorrei dire che i sacrifici che fanno ora i corridori, non so se siano di più, ma più stressanti forse sì. Se inizi ad andare in ritiro a dicembre, poi a gennaio, poi fai un’altura prima del Giro, una prima del Tour, per una famiglia che non sia avvezza al ciclismo è difficile. Quello che è balzato all’occhio secondo me è che Vingegaard è arrivato al ciclismo di alto livello un po’ per caso, e con lui anche la sua famiglia: cosa che gioca un ruolo importante. La moglie dovrebbe pensare che Vingegaard è una campione che ora deve sfruttare al meglio questi anni e capire i sacrifici suoi e di tutta la famiglia.

Quello che ha colpito molti sono state le critiche a Van Aert, uno che non se le merita proprio…

A Van Aert non si può dire niente, anzi si sta quasi snaturando: secondo me corre troppo per gli altri. Anche mentalmente dopo un po’ diventi uno che corre per gli altri e non per se stesso. Quindi sì, certamente quella è stata un’uscita sbagliata.

Van Aert si è sempre messo a completa disposizione del capitano al Tour, anche a scapito dei suoi obiettivi personali
Van Aert si è sempre messo a completa disposizione del capitano al Tour, anche a scapito dei suoi obiettivi personali
Ti sono mai capitati episodi simili?

Ho trovato gente che faceva fatica a staccare dalla famiglia, ma scontri così no, mai. Magari qualcuno preferiva allenarsi a casa e non andare sul Teide, ma non che la famiglia intervenisse e fosse apertamente contraria.

Nel senso che i corridori potevano decidere se andare in ritiro o no?

No no, alla fine decidevamo sempre noi. Anche perché i ritiri servono anche per fare coesione tra il gruppo, oltre che per allenarsi. Servono per conoscersi meglio, anche perché sennò porteresti solo il leader. Bisogna portare le persone che fanno star bene il capitano, compreso magari il meccanico più simpatico o il massaggiatore preferito, per creare un clima per arrivare all’appuntamento nel modo migliore possibile.

Vingegaard all’arrivo della tappa di ieri, dove ha pagato oltre 2′ su Pogacar. Queste polemiche sono arrivate, forse, nel momento meno indicato
Vingegaard all’arrivo della tappa di ieri, dove ha pagato oltre 2′ su Pogacar. Queste polemiche sono arrivate, forse, nel momento meno indicato
Un’intervista del genere in un momento così delicato potrebbe avere delle conseguenze all’interno della squadra? 

Non ha scelto certamente il momento migliore. Ma siamo ad un livello altissimo, sia il management della Visma che i corridori sono grandi professionisti e avranno trovato le parole giuste per far rientrare quest’uscita sbagliata. La Visma mi sembra una squadra molto coesa, da loro non esce mai niente, sono bravi a gestire le questioni all’interno.

Quindi la tua sensazione è che ora ci sia più stress che in passato…

Una volta questo stress c’era solo nelle grandi squadre ora invece c’è già tra i giovani, quasi da juniores, quindi sarà sempre più pesante. 15 anni fa andavano in altura solo le grandi squadre perché avevano le possibilità economiche. Ora invece quasi non trovi posto, perché ci sono già juniores e se le fai per anni poi diventa pesante a livello psicologico.

I ritiri sono un luogo molto importante per la coesione della squadra. Nella foto un momento per l’Astana del 2017, con Scarponi e Tiralongo
I ritiri sono un luogo molto importante per la coesione della squadra. Nella foto un momento per l’Astana del 2017, con Scarponi e Tiralongo
Quindi c’è del vero in quello che dice Trine Hansen ?

In quel senso sì, purtroppo è il momento attuale che estremizza tutto. Alle fine le squadre di alto livello sono delle aziende. E le aziende vogliono produrre e guadagnare sempre di più, ma alla fine i corridori sono uomini, e quando li hai spremuti troppo poi saltano. Anche i migliori.

Il capitalismo del ciclismo…

L’unica nota positiva è che oggi corrono un po’ meno di una volta. Però per arrivare agli appuntamenti al top devono fare quei sacrifici di cui abbiamo parlato, mentre una volta ti prepararvi nelle corse minori. Ora invece non è più possibile, arrivano già in formissima.

Per i corridori ci sono dinamiche più importanti di quelle economiche?

La famiglia per un atleta è incredibilmente importante. Però la carriera di un corridore dura 8-10 anni, e poi ha davanti altri 50 anni dove può godere di quello che ha raccolto in quel periodo. Quindi penso che la moglie di Vingegaard dovrebbe anche pensare alla fatica che fa il resto del mondo per accontentarsi di molto meno.

Martinelli, in pensione dalla fine del 2024, finalmente può godersi la sua passione senza troppo stress
Martinelli, in pensione dalla fine del 2024, finalmente può godersi la sua passione senza troppo stress
Come si potrebbe fare per alleviare questo stress secondo te?

Credo ci sia poco da correggere. L’unica sarebbe avere un calendario un po’ più soft, ma si sta andando nella direzione opposta, con sempre più gare così l’UCI incassa. Si potrebbe forse fare in modo che le WorldTour facciano solo gare tra loro, ma poi c’è il rischio di avere un ciclismo di serie A e di serie B. Ma ci sono tanti fattori di stress in questo momento. Una volta con il preparatore avevi un rapporto quasi di amicizia, ora invece è tutto più tecnico, basato sulle tabelle. Come anche il nutrizionista, che è fondamentale, ma ogni giorno manda al corridore la scheda con cosa deve mangiare. Il risultato è che i ragazzi sono lasciati tranquilli solo quando vanno a dormire. E se salta la testa poi però non funziona più niente.

Infatti adesso hanno gli psicologi…

Lo psicologo e il mental coach. Il loro “io” non esiste più, non trova più spazio. Io adesso per fortuna sono fuori da tutte queste dinamiche, la passione c’è sempre naturalmente, ma il fatto di poter agire liberamente è impagabile.

Come sarà il Tour di Remco? L’opinione di Giuseppe Martinelli

27.06.2025
6 min
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Remco Evenepoel ha chiuso lo scorso Giro del Delfinato al quarto posto, un risultato che non è sembrato soddisfarlo del tutto. Nonostante una vittoria di tappa e una classifica migliorata rispetto alla settima piazza dell’anno scorso, il bi-campione olimpico ha dovuto cedere il terzo gradino del podio a Florian Lipowitz.

Il corridore tedesco della Red Bull-Bora ha dimostrato di essere molto brillante in salita, sarà un suo concorrente anche al Tour de France? Che tattica dovrà mettere in atto Evenepoel per provare a confermare l’ottimo risultato del 2024 alla Grande Boucle?

Abbiamo raggiunto Giuseppe Martinelli per chiedergli, alla luce della sua grande esperienza, quali sono secondo lui le prospettive del campione belga per il prossimo Tour de France.

Da DS Giuseppe Martinelli ha vinto due Tour, con Pantani nel 1998 e con Nibali nel 2014
Da DS Giuseppe Martinelli ha vinto due Tour, con Pantani nel 1998 e con Nibali nel 2014
Giuseppe, come hai visto Evenepoel al Delfinato?

Lui è uno che non si accontenta mai, anche nelle interviste, non lascia trasparire la felicità. Pensa subito al giorno dopo, alla prossima gara. Forse è andato a casa un po’ demotivato, pensava di essere più avanti con la forma, ma non è andato piano, anzi. Sono gli altri due (Pogacar e Vingegaard, ndr) che hanno volato, basti pensare che hanno fatto tutti i record di salita.

Chiaro…

Certo che pensava di arrivare davanti a Lipowitz, invece ha pagato in salita e questo l’ha deluso. Però deve calcolare che le salite del Delfinato le hanno fatte tutte a blocco e non regolari come piace a lui. Credo che veda quel 4° posto più come una sconfitta che come un normale percorso di avvicinamento.

Ed è un errore?

Secondo me sì, perché Lipowitz aveva una forma straordinaria che non è detto riesca a tenere fino a luglio, e poi il tedesco è molto più scalatore. In ogni caso si tratta di un signor corridore che aveva già dato ottimi segnali la scorsa stagione.

Evenepoel ha vinto la crono del Delfinato, che è stata anche la 1000^ vittoria della Quick-Step. Ma non gli è bastato per raggiungere il podio
Evenepoel ha vinto la crono del Delfinato, che è stata anche la 1000^ vittoria della Quick-Step. Ma non gli è bastato per raggiungere il podio
Si è parlato molto di quel chilo e mezzo che Evenepoel ha perso rispetto all’anno scorso. Un aspetto forse sopravvalutato?

Il Delfinato e il Tour sono cose molto diverse. In primis il Delfinato dura solo una settimana, mentre Remco sa che in tre settimane può cambiare tutto molte volte, e ci si gioca la classifica soprattutto nelle salite degli ultimi giorni. Non deve pensare ad arrivare per forza più magro, anche perché se al Delfinato gli mancava ancora qualcosa è anche vero che questa primavera ha perso più di un mese di preparazione per l’infortunio. E questo influisce sulla forma basale e quindi sulla resistenza. Inoltre al Tour farà molto caldo, quindi un chilo lo si può perdere in tre giorni.

Arriviamo al Tour. Ha ancora tempo per migliorare prima del via?

Credo proprio di sì. Deve arrivarci sereno e pensare giorno per giorno, iniziando dalla crono della 5^ tappa, 33 chilometri piatti in cui può già guadagnare sugli altri e magari anche prendere la maglia gialla. Però è un Tour durissimo che si vincerà sicuramente in salita, e lì appunto deve stare tranquillo e trovare il suo ritmo. Perché in una gara così impegnativa c’è sempre qualcosa che può andare storto, una foratura, o una caduta che può far perdere tempo a lui ma anche ai suoi rivali. Deve avere vicino la squadra e cercare di rimanere il più sereno possibile.

Nelle salite del Delfinato ha pagato dazio a Pogacar, Vingegaard e non solo. Sarà così anche al Tour?
Nelle salite del Delfinato ha pagato dazio a Pogacar, Vingegaard e non solo. Sarà così anche al Tour?
Ma credi possa davvero competere con Pogacar e Vingegaard?

Io credo che Remco sia uno dei più forti del panorama mondiale. Lui ha qualcosa in più nelle crono, gli altri in salita. Ma voglio dire ad alta voce che non ha nulla di meno degli altri campioni, ha solo delle caratteristiche diverse. E poi ha il carattere da vincente, sa di partire svantaggiato ma vuole comunque provare a vincere, non è persuaso di non poter competere. Ci prova e ci proverà sempre a mettere nel sacco gli altri, e questa è la mentalità del campione.

A proposito, se tu fossi in ammiraglia cosa gli diresti? Magari di cercare di fare quello che Yates ha fatto al Giro, cioè approfittare della rivalità degli avversari?

Se prendesse la maglia dopo la crono e riuscisse a tenerla per qualche giorno sarebbe una cosa bella per Pogacar e Vingegaard, che potrebbero far riposare la squadra. Poi quando arriveranno le salite vere devi solo difenderti e basta. Se gli altri due sono superiori, come credo, può provare ad inventarsi qualcosa, approfittando magari di un momento in cui si controllano. Ma la vedo dura perché hanno squadre fortissime, con 5-6 gregari che altrove sarebbero capitani. Poi è anche difficile che con la loro esperienza si guardino come Del Toro e Carapaz. Deve solo provare a stargli più vicino possibile. Forse dovrà guardarsi più dietro che davanti…

Florian Lipowitz sarà il vero capitano della Red Bull-Bora-Hansgrohe e il principale rivale di Remco alla Grande Boucle?
Florian Lipowitz sarà il vero capitano della Red Bull-Bora-Hansgrohe e il principale rivale di Remco alla Grande Boucle?
Iniziando dalla Red Bull?

Credo che con uno sponsor così vogliano puntare al massimo, essere protagonisti, al di là di chi sia il capitano.

Non credi sarà Roglic?

Se Roglic non è riuscito ad allenarsi bene, come credo, penso che faranno fare il capitano a Lipowitz. Nella mia esperienza è difficile recuperare dopo un Giro così, specie moralmente, ricominciare dopo lo stop, cambiare la preparazione… La caduta secondo me inficia tutta la preparazione al Tour, sia fisica che morale, e adesso se non arrivi al 100 per cento fai tanta, tanta fatica. Non sto dicendo che farà il gregario a Lipowitz, magari punterà alle tappe, ma non credo che punteranno su di lui per la classifica. Anche perché sono convinto che il tedesco, alla luce della crescita che ha dimostrato, farà un grande Tour.

Il podio del Tour 2024. Secondo Martinelli un bis del belga sarebbe un grandissimo risultato
Il podio del Tour 2024. Secondo Martinelli un bis del belga sarebbe un grandissimo risultato
Vedi altri corridori che potrebbero insidiare Evenepoel?

I francesi tirano fuori sempre qualcosa per le posizioni di rincalzo, e ora ce ne sono diversi di buoni. Poi qualcosa che stravolge i pronostici al Tour capita sempre, bisogna metterlo in preventivo. Un corridore che trova la forma della vita, una fuga che scappa via. Però il rivale più ostico per Remco credo rimanga Lipowitz. Il terzo posto secondo me se lo giocheranno loro due.

E il terzo posto sarebbe un buon risultato per il campione olimpico?

Lui vorrebbe sempre tutto e subito, ma è anche intelligente e sa che gli altri due sono fortissimi. Perciò se riuscisse a bissare il terzo posto, dopo la sorpresa dell’anno scorso, sarebbe la conferma che è davvero un grande campione. 

Tre (grossi) dubbi di Martinelli sul Giro della UAE e il futuro di Ayuso

06.06.2025
7 min
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«Attenzione – dice Martinelli – Del Toro ha fatto un Giro incredibile. Dei tre, tifavo per lui e meritava di vincere. Però proprio perché hai fatto una corsa così grande, non puoi pensare di non fare una cronoscalata fino alla cima del Finestre. Scollini con tre minuti, abbiamo perso il Giro. Scollini con due, ce la giochiamo ancora. Ma se scollini con un minuto solo, possiamo ancora vincere, hai capito?».

Il primo Giro senza Martinelli si è risolto con un colpo alla Martinelli. L’attacco di Yates e Van Aert verso Sestriere ha ricordato quello dell’Astana di Aru e Luis Leon Sanchez, che permise a Fabio di vincere la Vuelta del 2015. A questo si aggiunga che lo stesso Martinelli si è trovato più volte alle prese con la convivenza fra due galli nella stessa corsa. Prima Pantani con Chiappucci. Poi Cunego con Simoni. Quindi Aru con Landa. Che cosa è parso al tecnico bresciano della corsa rosa?

Martinelli è a casa e il racconto dei suoi giorni fa capire che finalmente ha ritrovato un po’ di equilibrio. La vittoria di Scaroni è un po’ anche sua, conoscendolo da quando era un bimbo e avendo insistito in prima persona per portarlo alla XDS Astana. Per il resto, la nostalgia non fa parte del suo vissuto.

Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Ti è piaciuto il Giro d’Italia?

Diciamo che di tutto quello che si era detto, è successo l’esatto contrario. Siamo partiti che Roglic doveva essere il vincitore e doveva giocarsela con Ayuso, mentre Tiberi doveva andare sul podio, invece alla fine ha vinto quello che s’è nascosto più di tutti. Forse anche il più furbo o il più bravo. Non è stato un brutto Giro. Noi italiani siamo stati abbastanza protagonisti. Però tanti nostri corridori sono gregari. Fino a prima della caduta, Ciccone ha lavorato per Pedersen. Un altro corridore come Affini, che a me piace da morire, ha fatto delle cose eccezionali aiutando Yates e Van Aert. Siamo diventati un Paese di gregari…

Ci sono stati due momenti cruciali come la tappa di Siena e poi quella di Sestriere….

Nel giorno di Siena, quando ho visto cadere Roglic, avrei fermato Del Toro e lo avrei messo ad aiutare il capitano. Perché così avrei guadagnato molto di più sullo sloveno che in partenza era l’avversario numero uno. A posteriori è andata bene così, sicuramente. Ma quel giorno ho subito detto: «Ma perché non fermano quello là che sta volando?». Dietro avrebbero guadagnato sicuramente un minuto in più. La UAE Emirates poteva tirare per tornare su Del Toro e proprio lui sarebbe stato in grado di fare la differenza. Se fosse rimasto a ruota e avesse girato in tre anziché da solo, la vittoria di tappa sarebbe stata ancora possibile.

Che cosa ti sembra della tappa di Sestriere?

Non avevo visto l’inizio e quando ho cominciato a seguire, c’era una fuga di 20 corridori e ho notato subito che mancavano uomini di Carapaz e di Del Toro. Memore delle due o tre volte che ho messo in atto quella tattica, mi sono detto che io avrei messo davanti un uomo della UAE Emirates. Poi la fuga ha preso margine e quando ho visto che aveva preso 7 minuti di vantaggio, ho pensato che la UAE Emirates dovesse mettere qualcuno a tirare. Li avrei riportati a tre minuti e così avrei ripreso Van Aert sulla salita. Lui non è uno scalatore, andando su non sarebbe servito a molto.

Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Invece hanno preso la salita con 8 minuti…

Ed è cominciata una battaglia incredibile. Mi sono detto: «Porca vacca, questi qua in cima non ci arrivano!». Hanno preso il Colle delle Finestre come uno strappo di 2 chilometri. E ho detto: «Voglio vedere come fanno a scollinare!». E quando poi è andato via Yates, ho cominciato a pensare: ma cosa aspetta Del Toro a fare il suo passo? Doveva dare subito la sensazione di inseguire Yates. Se lo avesse fatto, non dico che non perdeva il Giro, però avrebbe scollinato con il risultato ancora aperto.

Solo che poi avrebbe potuto poco contro Van Aert e Yates…

Van Aert ha fatto il fenomeno e non sarebbe cambiato nulla anche se avesse tirato Carapaz. Non è stupido e a un certo punto si sarà detto: «Io sono secondo e magari passerò al terzo posto, ma è la maglia rosa che deve seguire chi lo attacca, non io che sono secondo!». L’ho detto subito ai miei amici: Carapaz non aveva niente da guadagnare aiutando Del Toro. E non voglio dire che la UAE abbia sbagliato tutto, solo che secondo me non hanno calcolato che Yates potesse essere il jolly del Giro. Non l’hanno mai considerato, si sono concentrati su uno solo.

Ma se tu sei il direttore sportivo e state perdendo la maglia rosa, glielo dici a Del Toro che deve inseguire?

Una cosa vorrei ripeterla: la mia critica non è sicuramente nei confronti di Del Toro, perché con lui secondo me abbiamo scoperto un altro campione. A ventun anni, è il più giovane di tutti i giovani di cui parliamo ultimamente. Secondo me, ha fatto quello che gli dicevano di fare. Non credo che abbia preso delle decisioni, forse solo a Bormio ha fatto qualcosa di testa sua ed è andato a vincersi la tappa. Credo che Del Toro abbia speso molto durante il Giro, ha corso da protagonista e avrebbe potuto farlo anche nell’ultima tappa.

Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Proprio a Bormio è parso di rivedere Aru e Landa compagni di squadra sul Mortirolo nel 2015 e Contador che vinse il Giro. Del Toro davanti e la squadra dietro che tirava per Ayuso…

Mi sono trovato in questa situazione, però ho avuto la fortuna di avere campioni come Simoni, Landa e un quasi campione come Aru. Ma quest’anno erano bambini: uno di 22 e uno di 21 anni. Uno che vuole vincere a tutti i costi, perché Ayuso ha le stimmate del campione. E dall’altra parte un ragazzino di 21 anni che va più forte di tutti. Sarebbe stato difficile per tutti, me compreso. Una cosa del genere ti toglie il sonno. Non è questione di Baldato, Matxin o Gianetti. Continui a discutere, ma non trovi la soluzione. Sapete quale sarebbe stata la soluzione? Quella di averne solo uno. Immagino ogni sera il fatto di trovare uno che diceva la sua e l’altro che diceva l’esatto contrario.

Forse alla UAE nessuno si aspettava Del Toro a quel livello, non trovi?

Effettivamente non l’hanno portato perché facesse quello che ha fatto. Se lo sono trovato per strada, come io trovai Cunego. Aveva vinto il Giro del Trentino e anche a Larciano, era in condizione. Se vado a rileggere le interviste, dicevo a Simoni di guardarsi da lui, perché l’avversario più forte l’avrebbe avuto in casa. Non aveva mai fatto la terza settimana, ma scoprimmo che andò più forte che nella prima. E non dimentichiamo che Simoni, con cui litigammo e discutemmo, alla penultima tappa attaccò sul Mortirolo, andò in fuga e mise un po’ di pepe.

Simoni reagì da Simoni, dicono invece che dopo la tappa di Siena, Ayuso abbia perso lucidità…

L’ho pensato anche io. Questo ragazzo ha i tratti del campione, altrimenti non vinci la Tirreno a quel modo. Però alla fine deve capire che il ciclismo è fatto di alti e bassi e dovrà fare delle scelte abbastanza importanti per il futuro. Anche la squadra dovrà decidere come gestirlo. Non farà la Vuelta e per lui un certo tipo di stagione è finito, con un niente di fatto al Giro, senza il Tour né la Vuelta. E se l’anno prossimo Pogacar vuole venire al Giro e poi fa il Tour, Ayuso dove va? E Del Toro dove lo porti? Secondo me lo spagnolo deve capire cosa vuole fare da grande. E la squadra deve capire dove metterlo.

Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Cosa ti è sembrato di Tiberi e Pellizzari?

Ero sicuro che quest’anno Tiberi sarebbe andato sul podio, invece secondo me è arrivato al Giro che non stava bene, tanto da non aver fatto il Tour of the Alps. Probabilmente i cambi di programma lo hanno condizionato e poi ci si è messa la caduta. Ormai quando cadono si fanno male davvero, perché sono mingherlini. Mi dispiace per Antonio, non so quale sarà il suo programma, ma quest’anno aveva una bella occasione. Però io lo salvo ancora, è uno dei migliori che abbiamo, anche se ancora non sa quello che realmente ha nel serbatoio.

Cioè?

Ha paura ad attaccare perché si chiede cosa succede se poi lo staccano. Invece dovrebbe essere più intraprendente, rimandando i calcoli al dopo corsa. Alla Bahrain sono stati bravi a non fermare Caruso quando Tiberi è andato in difficoltà. Che sia stata fortuna o bravura, hanno salvato il quinto posto in classifica. Tante volte è facile criticare, ma bisognerebbe trovarsi lì e avere il coraggio di fare una scelta, che può essere giusta, ma anche completamente sbagliata.

Anche Pellizzari nel giorno di Asiago è stato tenuto vicino a Roglic, del resto…

Secondo me Pellizzari ha fatto quello che doveva, senza un minimo di pressione. E’ arrivato al Giro senza problemi, il percorso ideale per chi vuole fare veramente bene. E’ partito come il bambino più felice del mondo ed è arrivato allo stesso modo. Sono innamorato di quel ragazzo. Mi piace anche Tiberi, ne parlavo sempre con Vincenzo (Nibali, ndr) che l’aveva avuto come compagno di squadra. Però a me Pellizzari piace da quando l’ho visto dilettante, come corridore e come spontaneità. Fa ridere sempre, ha carattere, ci farà divertire.

Il caos di Napoli, ma da domani si sale. Vero “Martino”?

15.05.2025
6 min
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«Oggi la parola simbolo è solo una: sfortuna. Già che piove a Napoli è sfortuna. Ma ancora di più perché quando piove da quelle parti le strade diventano impraticabili». Giuseppe Martinelli va dritto al sodo, come sempre, come nel suo DNA. Il tecnico bresciano è al suo primo non-Giro, ma le tappe le guarda con la solita passione, ogni giorno.

La cronaca di oggi è breve. Inizia a piovere quando il gruppo entra nella zona della pianura prima di affacciarsi sulla costa tirrenica. Una pinzata, una mezza “svirgolata”, e va giù mezzo gruppo. Corsa neutralizzata… come da regolamento.

Le ambulanze, oltre a non poter passare, non possono assistere tutti. Si riparte, ma senza classifica: in palio solo la vittoria di tappa. E la tappa è andata a Kaden Groves della Alpecin-Deceuninck, uno dei migliori sprinter di questo Giro d’Italia finora.

Giuseppe Martinelli, per 15 anni è stato il direttore sportivo dell’Astana
Giuseppe Martinelli, per 15 anni è stato il direttore sportivo dell’Astana
E quindi Martino, la tappa di oggi è stata decisa da pioggia e buonsenso…

Credetemi, giusto ieri sera avevo parlato con Shefer, perché ho ancora buoni rapporti con un po’ tutti, e la prima cosa che mi ha detto è stata: «Guarda Martino, se domani piove è il solito casino di Napoli. Le strade sono queste qua: piove poco e come viene giù un po’ d’acqua diventano sdrucciolevoli». Ed è successo. E succederà ancora.

E infatti tutto sommato non ci sono state neanche polemiche. Team, giuria, organizzatori, corridori erano allineati…

In questi casi, qualunque decisione tu prenda, a qualcuno non va bene e a qualcuno sì. Però era la soluzione migliore. Si è visto pure con Landa: guarda che è successo, si è fatto male subito un big al primo giorno. Rischiare così di rovinare uno spettacolo come il Giro quando mancano tre settimane non ha senso. E comunque la volata c’è stata, e non sarebbe stata molto diversa da quella che abbiamo visto.

E allora, Martino, è già tempo di guardare a domani, alla Castel di Sangro-Marsia, e alle prime vere salite: si va sopra i 1.000 metri di quota: tre GPM e arrivo in salita. Come si diceva una volta: “Domani inizia il Giro”. E’ così?

Diciamo che domani è il primo giorno in cui si può capire qualcosa di più di questo Giro. Okay, Pedersen ha dimostrato di essere il più forte da un po’ di tempo. Non dimentichiamoci che è andato fortissimo nelle classiche, fortissimo a inizio stagione, e tutto quello che ha fatto se l’è meritato. Devo dire che mi aspettavo un po’ di più in generale dall’Albania. C’erano due tappe dove si poteva fare qualcosa di più. Però probabilmente, sai, anche i corridori ogni tanto usano la testa.

La direzione di gara ferma la corsa. Neutralizzazione e ripartenza verso Napoli (ma senza tempo)
La direzione di gara ferma la corsa. Neutralizzazione e ripartenza verso Napoli (ma senza tempo)
Cioè?

Sanno che il Giro è lungo, che si deciderà nell’ultima settimana. Domani vediamo chi ha veramente le gambe per fare qualcosa e chi invece non le ha.

Da chi ti aspetti qualche movimento? Ci dicono di un Ayuso taciturno, che si nasconde… Magari domani vorrà farsi vedere per recuperare quei secondi persi a crono?

Io credo di no. Se è bravo, sta ancora lì, perché Roglic in questo momento va forte e tra gli uomini di classifica mi sembra quello più in palla. Ayuso l’ho visto bene, ma non benissimo come pensavo. In quella cronometro non è andato come mi aspettavo. Ed era una crono adatta a lui: c’era salita, c’era discesa, e lui sa guidare. Perciò credevo arrivasse un po’ più avanti. Io credo che domani si difenderà. E poi speriamo bene per i nostri italiani!

Paleni e Van der Hoorn: i due fuggitivi di giornata sono entrati in testa a Napoli, ma poi il gruppo li ha ripresi a -2,5 km
Paleni e Van der Hoorn: i due fuggitivi di giornata sono entrati in testa a Napoli, ma poi il gruppo li ha ripresi a -2,5 km
Ti riferisci a Tiberi?

Secondo me, Tiberi ha una squadra a completa disposizione, e spero che domani, anche se non succederanno grandi cose, alla fine vedrai che qualche indicazione ci sarà. Non credo ci saranno distacchi grandi, ma si capirà chi il Giro lo può anche non vincere. Ci potrebbe essere, non so, un Carapaz che ha voglia di rischiare. Un Bernal che, se sta bene, ci prova. Ecco, mi aspetto più qualcosa dalle seconde linee.

Noi invece abbiamo due nomi sulla bocca. Il primo è Ciccone: sta bene, corre in Abruzzo e sappiamo che è uno focoso. Se si trova lì davanti, una stoccata la prova?

All’inizio del Giro, nelle mie considerazioni, pensavo che lui non puntasse alla classifica. Pensavo che Giulio provasse a vincere un paio di tappe fatte bene. E una di queste poteva essere quella di domani. Ciccone la gamba ce l’ha, perché quello che ha fatto in Albania e in questi giorni, anche ieri in finale, lo dimostra. Ha però la maglia rosa in casa. Anche se dovrebbe lasciarla. Pedersen gli darà via libera, suppongo.

L’altro nome è quello di Lorenzo Fortunato, che tra l’altro hai diretto fino a pochi mesi fa. Lui sta bene, ha la maglia blu, esce da un ottimo Romandia. Magari con l’anticipo giusto può veramente arrivare a Marsia…

Lorenzo però è caduto oggi e mi dispiace. Se Fortunato non fosse caduto, poteva essere sicuramente un uomo da giocarsi domani. Bisogna vedere cosa si è fatto, perché dopo l’arrivo l’ho visto incerottato. Però ha la maglia del GPM, ci tiene, e la maglia blu tante volte dà quella spinta in più.

Giuseppe, domani è prevista pioggia per le ultime due ore (abbondanti) di corsa. Questo incide sul risultato e sulla tattica?

Se la pioggia arriva nel finale incide un pochino meno. In quel momento i corridori sono entrati in modalità corsa. Perciò non stanno a pensare a mantelline o no. Non è come se piove dal via. Tuttavia, per qualcuno la pioggia incide comunque. C’è chi la paga e chi invece ci si trova bene. Roglic, per esempio, ci è abbastanza abituato. E anche Ciccone col maltempo potrebbe approfittarne. Se la cava. E’ uno che è capace anche di buttarsi nella mischia e magari ribaltare un po’ lo schema della corsa. Sarà una bella tappa… Perché i corridori, che se ne dica, hanno corso abbastanza bene sin qui. Voglio dire, è una settimana che sono in corsa e sono pronti per darsi battaglia nel vero senso della parola.

La tappa di Tagliacozzo apre una quadripletta (al netto del giorno di riposo) insidiosa: coi muri di Castelraimondo, gli sterrati e gli strappi di Siena, e la crono di Lucca…

Non è la fine del mondo, però c’è da stare attenti. In questi tre-quattro giorni qualcuno potrebbe anche pagare qualcosa… a partire da domani, ma anche sui muri marchigiani. E lo stesso vale per Siena. Quell’arrivo non è per tutti: qualche secondo a destra o a sinistra lo puoi lasciare se non sei in giornata. Dai, ci aspetta un bel finale di settimana.

Gambe, testa e squadra: indagine su Van Aert

17.04.2025
6 min
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Un campione, uno psicologo e un direttore sportivo al capezzale di Van Aert. Negare che ci sia un problema sarebbe miope, quello che possiamo fare è cercare di capirlo con il contributo di Maurizio Fondriest, Marina Romoli e Giuseppe Martinelli: ciascuno per il suo ambito.

Quarto al Fiandre e alla Roubaix, secondo nello sciagurato giorno di Waregem, il bottino è magro se sei partito per vincere. Van Aert ha lavorato tutto l’inverno per recuperare dalla caduta della Vuelta. C’è riuscito. E’ tornato nel cross. Ha partecipato a due corse a febbraio per dire di esserci. E poi è sparito in altura preparando le classiche del pavé che lentamente si sono trasformate per lui in ossessione. E gli esiti sono sotto gli occhi di tutti.

Vincere: necessità o condanna?

FONDRIEST: «Ha bisogno di vincere, anche una corsa minore. E’ entrato in un loop niente affatto bello. E’ capitato anche a me nel 1995. Secondo alla Tirreno, secondo alla Sanremo, secondo alla Gand-Wevelgem, secondo alla Freccia Vallone. Tutti mi chiedevano di fare come gli anni prima e io invece andavo alle corse e speravo che andasse via la fuga, in modo che non ci fosse più in ballo la vittoria. Van Aert ha bisogno di vincere per sbloccarsi, perché al Fiandre e alla Roubaix non è saltato e non ha perso il talento, solo non ha più lo smalto potente di prima».

ROMOLI: «Qualcuno dice che lo ha visto bloccarsi in gara. Potrebbe avere semplicemente dei pensieri intrusivi in testa. Sei in overthinking, continui a pensare e a ripensare e le tue energie mentali ti distruggono. “Devo vincere a tutti i costi, voglio zittire tutti”: questo ti mette ancora più in difficoltà. Sicuramente ha bisogno di vincere e speriamo per lui che ci riesca il prima possibile, perché più il tempo passa e più i pensieri negativi e svalutativi che ha nei confronti di se stesso si rafforzano. Sicuramente alimentati dalle critiche dei giornali e dei giornalisti che sono molto più pesanti se sei un corridore in Belgio e Olanda».

MARTINELLI: «Deve ritrovare la serenità e correre libero. Alla UAE Emirates hanno capito che lasciando fare a Pogacar quello che gli piace, va tutto meglio. Con questi campioni bisogna avere la forza di lasciarli liberi di fare e lui è uno così. Il giorno che hanno perso a Waregem, anche il più tonto dei direttori avrebbe saputo come mettere in mezzo Powless. Invece Van Aert si è imposto e a quel punto, a meno che il direttore non volesse fare la voce grossa perché la squadra doveva vincere a tutti i costi, hanno fatto bene ad assecondarlo. Voleva vincere, ne ha bisogno. Solo che si sono portati per 10 chilometri a ruota uno forte, non un pinco pallino qualunque. Poteva starci che perdessero e così è stato».

Van Aert non è tanto lontano da Van der Poel, ma si capisce che manchi ancora qualcosa
Van Aert non è tanto lontano da Van der Poel, ma si capisce che manchi ancora qualcosa

L’incubo Van der Poel

FONDRIEST: «Credo che per Wout la rivalità con Van der Poel sia un problema psicologico e non lo ha aiutato il fatto che mentre lui era in altura ad allenarsi, l’altro abbia vinto la Sanremo. Van der Poel ha vinto tre Roubaix, due Fiandre, due Sanremo e 7 campionati del mondo di ciclocross: chiaro che il confronto pesi. In più la stampa la pompa, lo mettono in mezzo e di certo sulla mente di un atleta questo ha un peso. Senza accorgerti, entri in un circolo vizioso. Lui ha bisogno di tornare a fare tante corse come prima, quelle giuste e prima o poi torna, perché Van Aert di certo non è finito. Per questo secondo me hanno fatto bene a dargli fiducia a Waregem, anche se poi è arrivato secondo. Volevano che vincesse, purtroppo gli è andata male».

ROMOLI: «Temo che possa avere l’autostima in pezzi. L’atto di egoismo che ha fatto a Waregem era dato dal fatto che Wout ha la grande paura di non tornare più quello che era prima. Specialmente perché negli ultimi anni è stato deludente per via dei tanti infortuni. Forse tutto questo ha radici profonde e anche i crampi per cui avrebbe perso quella volata potrebbero essergli venuti perché è andato in panico, quindi a livello nervoso. Voleva vincere a tutti i costi e magari non sopportava più tutte le aspettative, nel momento in cui il suo avversario di sempre vive un periodo di grazia. Se poi pensiamo che ora accanto a Van der Poel è arrivato anche Pogacar, è facile capire che la pressione sia aumentata ulteriormente».

MARTINELLI: «Partiamo dicendo che è un campione: non dico come Van der Poel e Pogacar, ma in questo momento non è molto lontano da loro. Però deve ritrovarsi e prendere un po’ di morale. Sarebbe facile dire che deve vincere una corsa, ma spesso le sbaglia con delle tattiche troppo esuberanti. Probabilmente la caduta della Vuelta l’ha condizionato anche nell’inverno. Forse quei due o tre cross che ha fatto hanno accelerato qualcosa? Perché se sbagli d’inverno, poi te lo porti dietro. E secondo me lui lì si è fatto prendere la mano dal vedere Van der Poel vincere tutti i cross. Avrà pensato di andare a vedere di persona se fosse così forte, ma a cosa gli è servito?».

L’inverno nel cross ha tolto a Van Aert il tempo per ricostruire la condizione su strada?
L’inverno nel cross ha tolto a Van Aert il tempo per ricostruire la condizione su strada?

Il ruolo della squadra

FONDRIEST: «Credo che la sua squadra, a differenza di quanto sta facendo Van der Poel, non abbia puntato sul miglioramento graduale. Lui ha fiducia nel progetto, ma se sei Van Aert non puoi andare al Tour a fare il gregario per Vingegaard, tirando quando rimanevano 15 corridori in salita. Aiutare un po’ va bene, ma il troppo è un errore. Tanto che poi arriva agli appuntamenti importanti e li fallisce. Ai mondiali del Belgio era il corridore più forte in circolazione, eppure quel giorno non andava avanti ed era arrivato secondo nella crono. Qualcosa hanno sbagliato nella gestione di gare e allenamenti? E quest’anno può essere accaduto lo stesso?».

ROMOLI: «Deve lavorare su se stesso e cercare le radici profonde di questa mancanza di autostima. E poi deve togliersi la pressione di dosso, tornare a essere uno della squadra. Deve lavorare proprio sul fatto di lasciar andare le cose come vanno. Dare il suo meglio e non guardare agli altri. Deve tenersi stretti i compagni. Dopo la volata sbagliata di Waregem ha chiesto scusa, gliene va dato merito, non so quanti altri sportivi di vertice lo avrebbero fatto. Ma ai compagni, che hanno sempre poche occasioni, sarà bastato? E poi deve tornare a divertirsi, come quando faceva i suoi attacchi anche sconsiderati. Al pari di Pogacar, che magari non vince sempre, ma lo vedi che si è divertito».

MARTINELLI: «Credo che in passato abbiano sbagliato a fare di lui un gregario, per me il campione deve correre da campione. E’ sempre stato così con quelli che ho avuto, da Pantani a Nibali, passando per Contador. Ho qualche dubbio invece su come si è preparato per il Nord. A meno che non abbiano quale strategia sul Giro, era meglio che corresse invece che fare 60 mila metri di dislivello sul Teide. Perché lì si fanno quei numeri, se ogni giorno per tre settimane devi risalire dal mare ai 2.200 metri dell’hotel. Quel tipo di lavoro ti condiziona l’allenamento e quando vai alle corse, ti mancano il ritmo e anche lo sprint. Sarà per questo che ha perso malamente quella volata? Solo che adesso non gli cambierei i piani, anche se una corsa a tappe prima del Giro, fosse anche il Turchia, gliela proporrei. Van Aert deve arrivare in Albania e vincere subito, perché sono tappe adatte a lui. Però deve arrivarci al 100 per cento. Non è Roglic che deve uscire alla fine. In più, arrivarci avendo vinto, sarebbe la cosa migliore».

Direttore sportivo: per Martinelli un mix fra carisma e conoscenza

03.04.2025
4 min
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RICCIONE – C’era un uomo in borghese alla Coppi e Bartali che ogni giorno ha osservato quello che è stato il suo mondo da un altro punto di vista. Giuseppe Martinelli in Romagna si è ritrovato nei panni dello spettatore privilegiato in mezzo agli appassionati che, riconoscendolo, gli chiedevano foto e impressioni.

L’occhio di “Martino” è di quelli allenati, di quelli che vedono sfumature dove una persona normale vede solo tinta unita. E il ciclismo sta andando verso una direzione sempre più variopinta per la moltitudine di figure che ne fanno parte. Prima di un foglio firma, abbiamo domandato a Martinelli, ospite della MBH Bank Ballan CSB, cosa ne pensa del diesse di questa epoca.

«Mi hanno invitato Valoti e Rossella Di Leo che hanno dei progetti in evoluzione – ci racconta l’ex tecnico di Carrera, Mercatone Uno, Saeco, Lampre e Astana – sono qua a vedere come si muove il mondo dei dilettanti, che poi sono ormai semi-professionisti. La Coppi e Bartali è una gara dove ci sono formazioni WorldTour, con un livello molto alto. Mi piace vedere da esterno pur essendo dentro all’evento. L’impatto è molto bello, ma diverso dal WorldTour dove sei sempre concentrato sull’obiettivo o sul dovere di vincere. In una squadra come la Colpack si pensa a far crescere i giovani e proiettarli in categorie superiori o posizioni migliori negli anni successivi».

Non solo la tattica, ma conoscenze approfondite di altri aspetti: Davide Martinelli e Antonio Bevilacqua, due scuole a confronto (foto MBH Bank Ballan)
Non solo la tattica, ma conoscenze approfondite di altri aspetti: Davide Martinelli e Antonio Bevilacqua, due scuole a confronto (foto MBH Bank Ballan)
Prendendo spunto dal figlio Davide diesse, papà Giuseppe con la sua esperienza come vede questo ruolo in generale ora come ora?

Parlavo di questo in questi giorni con Valerio Piva della Jayco ed altri colleghi del WorldTour. Praticamente è cambiato il ruolo del direttore sportivo. Adesso ti devi confrontare con figure all’interno del team che non dico facciano il tuo lavoro, però ti obbligano ad essere concentrato. Tutti ruoli che non c’erano quando ho iniziato io. All’epoca era tutto basato sul rapporto diesse-corridore.

Come si deve comportare il diesse con queste figure?

Con loro devi mediare. Bisogna trovare un compromesso, un equilibrio. Non è sempre facile se il diesse non ha un suo “io”. Credo che il direttore sportivo debba avere ancora la capacità di gestire un team. Che poi si debba confrontare con il responsabile della performance, col procuratore del corridore, col preparatore o col nutrizionista è ormai un aspetto quasi imprescindibile.

Per Giuseppe Martinelli il ruolo del diesse deve restare centrale nella gestione della squadra, confrontandosi con altre figure
Per Giuseppe Martinelli il ruolo del diesse deve restare centrale nella gestione della squadra, confrontandosi con altre figure
Nel mondo delle continental o dei cosiddetti “dilettanti” invece c’è ancora un rapporto più diretto.

Certamente. Ovvio che però se vuoi crescere o se vuoi fare veramente qualcosa di buono nel futuro, secondo me devi già avere una tua identità da portare avanti. Quello che ad esempio vorrei trasmettere a Davide o altri che me lo dovessero chiedere è proprio questo aspetto. Quella del diesse deve essere la figura centrale, soprattutto per convincere il corridore a fare una cosa anziché un’altra.

Facendo una provocazione, c’è il rischio che un diesse venga messo da parte e si ritrovi solo a guidare l’ammiraglia?

Sarebbe un punto di non ritorno. Secondo me dipende molto dal soggetto in questione e da cosa tu vuoi fare della tua carriera. Se vuoi fare veramente il direttore sportivo in prima persona e pensi che sia davvero il tuo ruolo, allora devi avere il carisma o maturarlo. Quello che decide non solo la strategia in corsa, ma anche le dinamiche in seno alla squadra. Se invece vuoi essere la persona che si fa le cento o duecento giornate di corse senza avere responsabilità, è un altro discorso, però cambia la prospettiva.

Chiaro…

Il diesse deve saper prendersi le sue responsabilità e mi è sempre piaciuto fare quello. Non dico che mi piacesse fare il leader, però alla fine visto che mi hanno sempre insegnato e dato quel ruolo, io lo mettevo in pratica nel miglior modo possibile.

Davide Martinelli ha ottimi insegnanti per il ruolo di diesse. Non solo papà Giuseppe, ma anche Gianluca Valoti (foto MBH Bank Ballan)
Davide Martinelli ha ottimi insegnanti per il ruolo di diesse. Non solo papà Giuseppe, ma anche Gianluca Valoti (foto MBH Bank Ballan)
Il diesse attuale deve comunque saperne di tutti questi aspetti. Per Giuseppe Martinelli è facile o meno?

Vent’anni fa o prima, per dire, ne sapevamo anche noi perché ognuno di noi aveva la propria idea di allenamento o di nutrizione che era data essenzialmente dall’esperienza fatta sul campo. Adesso invece il diesse si basa su dati molto più “scientifici” se mi passate il termine e deve trovare la quadra. E di conseguenza deve essere molto più preparato, lo vedo in Davide. Prima il corridore arrivava ad un appuntamento importante attraverso le prime gare in preparazione. Ora deve essere competitivo dal momento in cui si mette il numero sulla schiena, non esistono più le corse per entrare in forma. Per questo ci deve essere dietro un grande lavoro di equipe tra diesse sempre sul pezzo, corridore e le altre figure.

Grandi Giri e Roubaix: per Pogacar la benedizione di Martinelli

18.02.2025
5 min
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Negli ultimi giorni il video di Pogacar nella foresta di Arenberg ha fatto il giro del mondo. Tutti ne hanno parlato, dagli avversari (intimoriti) ai tifosi (sognanti). In una recente intervista Fabio Baldato ci ha rivelato che quella ricognizione faceva parte di una due giorni più generale sulle strade del Nord, e che per quest’anno la Roubaix non è nei programmi del campione del mondo. Pogacar però non ha mai fatto mistero di voler correre la regina delle classiche e la sensazione generale è che abbia tutte le carte in regola per poterla vincere.

Un’idea – un corridore da corse a tappe che se la gioca sulle pietre francesi – che solo cinque anni fa sembrava impensabile. Non a caso l’ultimo vincitore del Tour de France a trionfare alla Roubaix è stato Bernard Hinault nel 1981, 44 anni fa. Abbiamo raggiunto al telefono Giuseppe Martinelli per chiedere la sua opinione su questa difficile quanto affascinante convivenza.

Dopo quasi 40 anni in ammiraglia Giuseppe Martinelli ha terminato nel 2024 la sua carriera da direttore sportivo
Dopo quasi 40 anni in ammiraglia Giuseppe Martinelli ha terminato nel 2024 la sua carriera da direttore sportivo
Martinelli, che effetto le ha fatto vedere Pogacar sfrecciare nella foresta di Arenberg?

Ci sono due cose che mi fanno pensare. La prima è che andato a provare perché non si sa mai, se dovesse sentirsi bene in quel periodo potrebbe anche dire: vado e provo. La seconda è che secondo me gli piace proprio andare in bici, in sella gli viene tutto facile e allora ci è andato anche giusto per divertirsi. Non possiamo saperlo. Quello che è chiaro è che sicuramente è l’unico corridore in questo momento che può pensare di fare una cosa del genere, vincere un Grande Giro e la Parigi-Roubaix. Sono molto curioso di vederlo ora all’inizio della stagione, perché credo che quest’anno andrà ancora più forte. Sa che Vingegaard arriverà al Tour più forte rispetto alla scorsa stagione, quindi anche lui arriverà ancora più preparato.

L’ultimo vincitore di Tour a fare sua la Roubaix è stato Hinault nel 1981. E’ davvero così difficile coniugare le due cose? 

Abbastanza. Roubaix e Tour si potrebbe anche fare forse, ma Roubaix e Giro è davvero difficile. 

Troppo ravvicinati? 

Sì, alla Roubaix una caduta è dietro l’angolo e non hai tempo di recuperare. In più una gara del genere ti lascia strascichi anche nelle gambe. E per uno che prepara il Giro sono tossine e fatiche che possono rimanere per molto tempo. Ma soprattutto il problema sono le incognite, gli incidenti. Quando programmi una stagione valuti anche i rischi, è normale, è alla fine di solito dici di no. E’ una questione di strategia e di rischi calcolati. 

Nel 2014 Nibali costruì gran parte del suo successo al Tour sul pavè
Nel 2014 Nibali costruì gran parte del suo successo al Tour sul pavè
Lei era in ammiraglia nella famosa tappa del pavè al Tour 2014, quando sulle pietre Nibali fece la differenza in maglia gialla. Anche considerando il suo passato in mtb avrebbe potuto provarla?

Quel giorno Vincenzo aveva una condizione eccezionale e accanto compagni fortissimi, Contador prese qualcosa come 4 minuti. Sono quelle giornate in cui viene tutto facile. Per quanto riguarda il provare a fare la Parigi-Roubaix ci abbiamo pensato molto, l’idea c’era ma non c’è stata l’occasione. Il problema, oltre ai rischi di cui parlavo prima, è che se un uomo di classifica va lì trova gli specialisti che si concentrano su quelle gare. Ai tempi di Vincenzo per esempio c’erano Sagan e Cancellara. Quindi era difficile andarci solo per provare, correndo quegli inevitabili rischi.

Magari avrebbe potuto andarci a fine carriera?

Nel 2022 volevamo provare, ma Vincenzo alla fine ha rinunciato e anch’io ho tirato un po’ indietro. Dispiace un po’ perché avrà quel piccolo rimorso, ma alla fine uno come lui non ha bisogno di quello per ampliare un palmares già straordinario. Poi nel 2022 c’erano già campioni più forti di lui e a quel punto non ne valeva più la pena.

La tendenza è di usare coperture sempre più larghe. Baroncini, in questa ricognizione del 2024, montava tubeless da 32 mm (foto UAE Team Emirates)
La tendenza è di usare coperture sempre più larghe. Baroncini, in questa ricognizione del 2024, montava tubeless da 32 mm (foto UAE Team Emirates)
Oggi sarebbe più facile rispetto al passato con i nuovi materiali che si hanno a disposizione?

Forse sì, è più semplice, con le nuove bici e i copertoni tubeless, magari si corrono meno rischi. Ma il punto vero è sempre un altro, cioè il fatto che, oggi soprattutto, alla Roubaix ci sono tre o quattro corridori fortissimi contro cui scontrarsi. Per un corridore da Grandi Giri pensare davvero di battere gente come Van Aert o Van Der Poel è dura, campioni del genere se non hanno problemi se la giocano tra loro. Quindi finisci con l’andare solo per partecipare, e un 6° o 7° posto secondo me non vale il rischio.

Considerazioni che valgono per tutti tranne che per Pogacar… 

Non c’è dubbio. Se dovessi buttarla lì, per lui è quasi più facile vincere la Roubaix che la Sanremo. Perché sul pavè contano le gambe e la tecnica, e lui ce l’ha tutte e due. Ha anche una squadra forte, con compagni come Wellens e Politt che lo possono pilotare molto bene.

Tadej Pogacar probabilmente non sarà al via della Roubaix 2025, ma l’appuntamento è solo rimandato
Tadej Pogacar probabilmente non sarà al via della Roubaix 2025, ma l’appuntamento è solo rimandato
Se lei fosse il suo DS quando gliela farebbe fare?

Intanto se fossi il suo tecnico, sarei molto contento, in generale. A parte gli scherzi, lascerei decidere a lui. Gli direi: «Quando vuoi farla, io ci sono». Poi ha il vantaggio che non deve preparare più di tanto una gara del genere, perché lui è sempre pronto, basta fargli trovare la bici a posto e lui va. Ora che non sono più dentro il ciclismo ho proprio voglia di godermelo, mi è piaciuto dal primo giorno. Perché semplicemente è un fenomeno e quindi fa cose impensabili per gli altri, anche vedendole da fuori. Io ho seguito il ciclismo tutta la vita, ma quando l’ho visto attaccare al mondiale a 100 chilometri dall’arrivo ho spento la tv e sono andato a farmi una passeggiata.

Perché credeva che la gara fosse già finita lì? 

No, al contrario, perché pensavo l’avesse buttata via. Poi dopo un’ora e mezza sono tornato, ho riacceso la tv ed era ancora lì, in testa. Qualcosa di davvero incredibile. Non mi sono mai divertito tanto a guardare il ciclismo come gli ultimi tre-quattro anni, perché se ami questo sport non puoi non voler bene a corridori del genere che ti fanno saltare sulla sedia e avvicinano tanti giovani alla disciplina. Speriamo che tutto questo aiuti anche il movimento italiano.