La partnership tra Continental e RCS Sports & Events si estende per altri tre anni, consolidando un legame che ha visto il brand di pneumatici “premium” protagonista delle principali competizioni ciclistiche organizzate da RCS MediaGroup (in apertura foto LaPresse). Dopo una stagione che ha incluso il Giro d’Italia, il Giro-E e le Classiche, Continental aggiunge al suo impegno eventi di rilievo come il Giro d’Italia Women, il Giro Next Gen e il Giro d’Abruzzo.
«Continental riconosce il valore fondamentale dello sport nella vita di ogni persona e si impegna per essere un partner affidabile e orientato alla crescita delle competizioni in cui è presente – ha dichiarato Renzo Gonzalez, Market Manager Tires di Continental Italia – e la partnership con RCS Sports & Events è importante poiché ci consente di rafforzare grandi appuntamenti legati al ciclismo, mettendo al centro temi per noi fondamentali come sicurezza, innovazione e sostenibilità. Sono in arrivo nuove grandi stagioni per gli appassionati delle due ruote: lavoreremo al massimo per renderle straordinarie».
«È con grande piacere – ha ribattuto Paolo Bellino, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RCS Sports & Events – che annunciamo l’estensione della partnership con Continental, brand riconosciuto a livello globale. Questo rinnovo testimonia il successo del lavoro svolto insieme, sempre all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità, valori che contraddistinguono entrambe le aziende».
Continental è stato partner dell’ultimo Giro d’Italia, vinto da Tadej Pogacar (foto Leon van Bon Photography)Continental è stato partner dell’ultimo Giro d’Italia, vinto da Tadej Pogacar (foto Leon van Bon Photography)
Top Sponsor e Official Tyre del Giro
Tra gli appuntamenti principali della prossima stagione, spicca la 108ª edizione del Giro d’Italia, in programma dal 9 maggio all’1 giugno, dove Continental sarà ancora una volta Top Sponsor e Official Tyre. Parallelamente, il brand supporterà il Giro-E, un’esperienza in e-bike che percorre le stesse strade del Giro, focalizzandosi sulla sostenibilità, un tema centrale nella strategia di sviluppo dell’azienda.
Continental continuerà a essere presente come Official Sponsor anche nelle Classiche del ciclismo italiano. La stagione inizierà l’8 e 9 marzo con la Strade Bianche e la sua Gran Fondo, proseguirà dal 10 al 16 marzo con la Tirreno-Adriatico, il 19 marzo con la Milano-Torino e il 22 marzo con la Milano-Sanremo, che quest’anno vedrà anche la versione femminile, la Sanremo Women. Dopo l’estate, il calendario si concluderà con il Gran Piemonte, Il Lombardia e la sua Gran Fondo, rispettivamente il 9, l’11 e il 12 ottobre.
L’azienda produttrice di pneumatici affianca anche il Giro-EAlla partenza di ogni tappa ecco lo stand dove scoprire e conoscere i prodotti ContinentalL’azienda produttrice di pneumatici affianca anche il Giro-EAlla partenza di ogni tappa ecco lo stand dove scoprire e conoscere i prodotti Continental
Tre importanti novità
Oltre a questi eventi consolidati, il 2025 porterà tre importanti novità: il Giro d’Abruzzo, previsto dal 15 al 18 aprile, il Giro Next Gen, dedicato ai talenti under 23, ed in programma dal 15 al 22 giugno, e il Giro d’Italia Women, uno degli appuntamenti internazionali più prestigiosi del ciclismo femminile, che si terrà dal 6 al 13 luglio.
Continental ha inoltre scelto di sostenere il progetto educativo BiciScuola, rivolto agli studenti delle scuole primarie delle province coinvolte dalle corse di RCS Sports & Events. L’iniziativa mira a promuovere la cultura della bicicletta, sensibilizzando i giovani alla sicurezza stradale, al rispetto dell’ambiente e ai valori del ciclismo e della mobilità sostenibile.
Con questa estensione della partnership, Continental rafforza il suo impegno nel ciclismo, unendo valori condivisi come innovazione, sostenibilità e sicurezza, e garantendo agli appassionati nuove stagioni di grande spettacolo e coinvolgimento.
Uno dei corridori che ha fatto passi da gigante al suo primo anno da under 23 è Alessandro Borgo (in apertura photors.it). Il passaggio di categoria sembra non averlo sofferto, o comunque si è adattato in maniera molto rapida. Con il CTF Victorious si è messo subito alla prova in gare di alto livello, uscendo spesso nei chilometri finali quando le gambe contano. Delle prime risposte che fanno sperare in un talento pronto a sbocciare, ma servono pazienza e i passi giusti. Per questo il corridore veneto rimarrà per un altro anno nel team CTF Victorious. Intanto si gode gli ultimi giorni di vacanza, anche se la voglia di ripartire è tanta.
«Sono tornato dalle Canarie venerdì 1° novembre – racconta – e ora mi godo gli ultimi giorni senza far nulla. Mi sono fatto i miei 9 giorni di vacanza nei quali ho riposato e mi sono rilassato. Penso sia meglio partire per qualche giorno, così da staccare la testa, fare un bagno al mare, divertirsi. Cose normali, che un ragazzo di 19 anni fa in estate e che io mi sono goduto ora, a stagione conclusa. Tra poco si comincerà a fare un po’ di attivazione muscolare, con palestra e uscite in bici leggere. In questi giorni ho fatto anche una pedalata in gravel, giusto per godermi il panorama».
Nelle corse di inizio stagione Borgo (il primo a sinistra) ha fatto fatica ad adattarsi alla distanzaNelle corse di inizio stagione Borgo (il primo a sinistra) ha fatto fatica ad adattarsi alla distanza
Step di crescita
Nel 2023 Alessandro Borgo ha fatto passi da gigante, arrivando a giocarsi tanti risultati importanti. Il suo ultimo anno da junior ci aveva regalato un corridore sul quale riporre buone aspettative, ma il passaggio di categoria è sempre complicato. Borgo ha attutito il colpo alzando il proprio livello mese dopo mese. Abbiamo così deciso di individuare insieme a lui dei momenti chiave della stagione, attraverso questi raccontiamo il suo primo anno da under 23.
«Partirei dal ritiro di gennaio – spiega Borgo – perché era il primo confronto con i miei compagni. Avevo dei dubbi su quello che sarebbe potuto essere e non sapevo bene cosa aspettarmi. Fin da subito ho capito di non essere lontano dal loro livello. In gara mi è servito un periodo di adattamento alla distanza, direi che è la cosa che ho sofferto di più. Ero abituato a fare 130 chilometri e sono passato a farne 170.
«Ricordo che ero al Memorial Polese – prosegue – una gara nazionale che passa vicino a casa mia (Pieve di Soligo, ndr). La pioggia ci aveva accompagnato tutto il giorno, faceva freddo, ma la corsa non era impegnativa a livello altimetrico. Ero riuscito a rimanere con i migliori, ma nella volata finale ero pieno di crampi. Ho subito pensato che fosse tutto troppo, ma la squadra è stata brava a tranquillizzarmi e a farmi capire che faceva parte del processo di adattamento».
Una volta sbloccato ha ottenuto ottimi risultati, come alla Youngster Coast Challenge (foto Koksijde – Oostduinkerke)Al campionato europeo U23 è stato il migliore degli azzurri: 14° (foto SprintCycling/Iguan Photo)Una volta sbloccato ha ottenuto ottimi risultati, come alla Youngster Coast Challenge (foto Koksijde – Oostduinkerke)Al campionato europeo U23 è stato il migliore degli azzurri: 14° (foto SprintCycling/Iguan Photo)
Pietre e vento
Da metà marzo la svolta, almeno dal punto di vista dei risultati, con un doppio appuntamento in Belgio che ha mostrato un Alessandro Borgo diverso, più pronto e già competitivo.
«Tra i due piazzamenti in Belgio, Youngster e Gent U23 – dice – considero più importante il primo. E’ stata l’unica e vera gara corsa con un clima da Classica del Nord. In 180 chilometri avremo fatto 400 metri di dislivello, eppure siamo arrivati tutti divisi. Quel giorno era la prima volta che correvo con tanto vento. Avevo però una buona condizione e quella mi ha salvato, ci ho creduto parecchio e questo mi ha aiutato molto nel crescere e acquisire consapevolezza. Se guardo all’ordine d’arrivo vedo che c’è tutta gente che nel 2025 correrà nel WorldTour, compreso il campione del mondo Behrens (che quel giorno ha vinto, ndr).
«Dopo il quinto posto della Gent – continua Borgo – e il quattordicesimo all’europeo ho capito che correre al Nord può fare per me. Proprio alla prova continentale ne ho avuto conferma. A 80 chilometri dall’arrivo, al primo vero settore di pavé, sono rimasto con un gruppo di quindici. Gli stessi che poi si sono giocati la vittoria. Ricordo che uscito dal settore mi sono guardato intorno e ho visto corridori di grande spessore: Teutenberg, Pedersen, Christen e tanti altri. Ho pensato: «Se ci sono vuol dire che sono le mie strade».
A fine stagione, nel mese di settembre, è arrivato anche il primo successo: alla Coppa Collecchio«Nel 2025 – ha detto Borgo – mi piacerebbe vincere una corsa internazionale» (photors.it)A fine stagione, nel mese di settembre, è arrivato anche il primo successo: alla Coppa Collecchio«Nel 2025 – ha detto Borgo – mi piacerebbe vincere una corsa internazionale» (photors.it)
A San Daniele, senza watt
L’ultimo episodio è legato alla Coppa Città di San Daniele, dove Borgo ha conquistato un ottimo terzo posto alle spalle della coppia della Visma Lease a Bike Development composta da Nordhagen e Huising. Nonostante prima avesse ottenuto la sua prima vittoria da under 23 il corridore veneto ha scelto questo come ultimo momento chiave della sua stagione.
«La corsa era lontana dalle mie caratteristiche – analizza visto che erano previsti 2.400 metri di dislivello e nel finale era prevista la doppia scalata del Monte di Ragogna. Una salita di 2,7 chilometri e 10 per cento di pendenza media, non esattamente il mio terreno. Era l’ultima corsa, e si disputava vicino a casa, quindi ero motivato. Nel finale, prima della doppia salita, ho preso il computerino e l’ho messo in tasca. Mi sono detto: «Ora vado su per quello che riesco, ascoltando il mio corpo». Grazie a quella mossa ho capito tante cose, la prima che ho imparato a conoscermi bene e credo sia fondamentale. La seconda, invece, che su salite da dieci minuti posso provare a rimanere con i migliori. Se avessi dovuto guardare i watt magari mi sarei demoralizzato o avrei mollato prima. Invece con la forza della mente ho tenuto botta».
Roberto Bressan (a sx) e Fabio Baronti (a dx) sono state due figure importanti per Borgo nella stagione 2024Roberto Bressan (a sx) e Fabio Baronti (a dx) sono state due figure importanti per Borgo nella stagione 2024
Le parole di Bressan
Nel mezzo della sua stagione 2024 Borgo ha preso parte anche al Giro Next Gen. Per un corridore al primo anno tra gli under 23 è sempre un banco di prova importante, in grado di fare da spartiacque. Nel caso del ragazzo del CTF Victorious la forza è arrivata da fuori.
«Al Giro Next Gen – conclude nell’analisi della sua stagione – sono andato perché Stockwell era caduto alla Corsa della Pace fratturandosi la clavicola. E’ stato difficile perché pochi giorni dopo la fine della corsa avrei avuto l’esame di maturità. Mentalmente ero provato, stanco, anche affaticato. Nella seconda tappa, quella più adatta a me, ho preso più di 10 minuti. Volevo tornare a casa e lì è intervenuto Roberto Bressan, il team manager del CTF. Mi ha fatto capire quanto fosse importante tenere duro, finire la corsa e portare a termine quella esperienza. Pochi giorni dopo il nostro colloquio, a Zocca, ho ottenuto un quarto posto. Lo devo ringraziare, perché mi ha fatto capire quanto sia importante non arrendersi mai».
Due cambi di bici e i crampi hanno eliminato dalla corsa Evenepoel nel momento dell'attacco. Quando si è ripreso, il belga ha sempre viaggiato come Pogacar
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SULZANO – Le rive del lago di Iseo sono illuminate dal sole caldo di una mattina d’autunno. L’acqua scivola leggera sulle sponde come se poggiasse su un vetro lucido, la gente va e viene mentre su uno sgabello Alessandro Romele ci aspetta per parlare di sé, di questa stagione e del futuro. La firma con l’Astana Qazaqstan Team e il passaggio nel WorldTour sono freschi come il ritiro in Veneto da poco terminato. Un primo confronto con il mondo che sarà e i compagni di squadra vecchi e nuovi.
I raggi picchiano forte sulla schiena, l’estate di San Martino è in anticipo rispetto al solito ma la si accoglie volentieri dopo settimane di freddo e pioggia. Romele ha pedalato da casa sua fino al bar Mr. Bike, il luogo che lo accoglie sempre durante le sue uscite di scarico. Anche quest’anno le vacanze del corridore bergamasco sono trascorse per la maggior parte del tempo a casa. Riposo, qualche gita con amici e familiari e poco altro.
Il ritrovo è al bar Mr. Bike dove Romele passa spesso per le sue coffee rideAppesa al muro la maglia di campione italiano juniores vinta nel 2021 e firmataIl ritrovo è al bar Mr. Bike dove Romele passa spesso per le sue coffee rideAppesa al muro la maglia di campione italiano juniores vinta nel 2021 e firmata
Primo bilancio
La stagione 2024 di Romele era partita presto, a gennaio, con il Gran Premi Valencia e l’AlUla Tour. Poi una scappata al Tour of Rwanda, per ritornare in Europa a marzo e aprile. Un riposo forzato, la partecipazione al Giro Next Gen e via via gli altri impegni. A conti fatti ha gareggiato più tra i professionisti che con gli under 23, ma è stato un passaggio utile, come ci racconterà poi lui.
«Della stagione non posso che essere contento – spiega Romele – non ho rimorsi. Se l’anno scorso con la Colpack avevo avuto dei rimpianti per qualche risultato mancato come europeo e mondiali, dove non avevo fatto quello che avrei voluto, il 2024 invece è stato positivo. Purtroppo un problema a inizio stagione non mi ha permesso di preparare al meglio il Giro Next Gen ma è stato l’unico intoppo. L’europeo era un obiettivo, ma le scelte sono ricadute su altri corridori. Per quel che potevo fare io non ho rimorsi. Anzi ho dimostrato che in quel periodo stavo più che bene, visti i risultati al Tour of Istanbul. Ho fatto veramente tantissima esperienza anche con il team WorldTour. Diciamo che la stagione non è da 10 e lode visti i risultati magari non super, però penso di essere cresciuto veramente tanto».
Romele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di IseoRomele con alle spalle Monte Isola, il gigante del Lago di Iseo
Che anno è stato il 2024?
Un anno di cambiamento, correre con un devo team è stato positivo sotto tutti gli aspetti. Anche con il gruppo abbiamo fatto un grandissimo lavoro, si è creato un bellissimo ambiente fin dal primo ritiro di dicembre. Penso che nel nostro sport sia fondamentale, mi ricordo che anche Cav (Cavendish, ndr) e Ballerini erano stati i primi a sottolineare l’importanza di questa cosa. Ne abbiamo parlato anche nel ritiro fatto poco fa per la stagione 2025 dell’importanza di creare un gruppo forte e coeso.
Che aria si è respirata in quei giorni?
Aria nuova, con grandi cambiamenti. Visto il nuovo sponsor nel 2025 ci saranno grossi upgrade sia a livello tecnico che poi di quello che è il materiale, ecc. Sarà un anno importante per l’Astana grazie a questa nuova spinta. L’aria che si è respirata con i compagni è sicuramente più tranquilla e più di casa, visto e considerando che siamo un gruppo di 10-11 italiani. Ci sono tantissimi ragazzi anche da tutto il resto d’Europa e del mondo, ma credo che avere tanta italianità nella squadra faccia bene. Vedo un po’ questa differenza che noi italiani siamo più scherzosi, molto più quelli che vogliono fare gruppo e penso che questo darà una grossa mano.
La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)La stagione del bergamasco è partita bene con due vittorie in Grecia a marzo (foto Nassos Triantafyllou)
La crescita personale che hai detto, è arrivata con quali parametri?
E’ stata a 360 gradi, sotto tutti gli aspetti tecnici: a livello di potenza, resistenza, picco in volata, resistenza in salita. La cosa che mi ha impressionato di più è arrivata sotto l’aspetto umano, a livello di persona mi sento più grande, maturo. Dal punto di vista atletico quello che mi ha sorpreso maggiormente è stata la capacità di tenere la condizione per gran parte della stagione. A gennaio e febbraio ho faticato un po’ ma da marzo sono andato sempre in crescendo, tanto che in Grecia sono riuscito a vincere due gare. Al Giro Next Gen non sono arrivato pronto come avrei voluto ma alla fine ho ottenuto due top 10, quindi non male.
E per quanto riguarda la seconda parte di stagione?
Siamo riusciti a costruire un gradino, anche due, belli importanti nel ritiro di luglio in altura. Da lì in poi avevo voglia di correre e stavo bene, penso che si sia visto nel finale di stagione che avessi ancora delle energie. La cosa che mi ha stupito di più è stata la costanza nel riuscire a mantenere una condizione buona per gran parte dell’anno.
A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)A settembre al Tour of Istanbul delle prestazioni di alto livello, la condizione c’era (foto Brian Black Hodes)
Quanto ti è dispiaciuto non fare europei e mondiali?
Partiamo dal presupposto che Amadori è il commissario tecnico e lui ha l’ultima parola. L’europeo era uno dei miei obiettivi di stagione, non mi nascondo, è stato un po’ pesante rimanere a casa visto che comunque erano due anni che avevo lavorato con il cittì. Il secondo anno lo avevamo fatto praticamente assieme, pensavo che sarebbe stato bello chiudere un percorso che avevamo iniziato. Non so quale sia stata la ragione della mia esclusione, a una settimana dalla corsa con la squadra avevamo chiesto e c’era stata comunicata l’idea di portarmi all’europeo, invece dopo un paio di giorni mi è arrivato un messaggio con scritto che purtroppo non riusciva a portarmi. Mi sarei aspettato una chiamata, per come son fatto io non mi sarebbe comunque andata giù però credo che a livello umano sarebbe stata più corretta da parte sua.
Invece sei andato al Tour of Istanbul, altra corsa con i professionisti, cosa hai capito di te a quel livello?
Allora in Grecia il livello era simile a una bella gara internazionale under 23. Sì, avevo quell’aria di correre un po’ coi professionisti però non è stato uguale a Istanbul. Lì c’erano corridori WorldTour, gente che in quel mondo aveva già corso in appuntamenti importanti come Giro d’Italia o Tour de France. In Grecia non ero al 100 per cento ma ho vinto di più con la testa, mentre al Tour of Istanbul stavo al top della mia condizione quest’anno.
Romele ha già corso al Nord da under 23, qui alla Parigi-Roubaix di categoria (foto Freddy Guérin/DirectVelo)Eccolo nelle docce del velodromo più famoso al mondoRomele ha già corso al Nord da under 23, qui alla Parigi-Roubaix di categoria (foto Freddy Guérin/DirectVelo)Eccolo nelle docce del velodromo più famoso al mondo
Tornando un po’ alla nazionale, dei ragazzi under 23 dello zoccolo duro sei l’ultimo a passare professionista, come vedi il tuo percorso?
Non mi sentivo pronto. Non nascondo che negli anni precedenti, quando ero ancora juniores, che avevo fatto le prime vittorie un po’ più importanti, c’era il desiderio di voler passare. Poi il primo anno under 23 ho avuto problemi che mi hanno bloccato, Dopodiché il secondo anno ho vinto qualcosa, ma avevo capito di non essere ancora pronto. Credo che sia la cosa più difficile da capire ma quella più giusta da accettare e su cui riflettere, perché una volta passato è facile prendere delle brutte botte e faticare tanto a rialzarsi. Invece una volta capito che cos’è il mondo dei professionisti, avendo appunto la possibilità di correre e prendere comunque delle belle lezioni, mi sono settato. Quest’anno in Rwanda e Spagna ho capito quanto importante fosse il fondo e la distanza, e di quanto questi aspetti siano da allenare in inverno.
Fare un anno in più è stata una scelta azzeccata…
A me è servito. Ad altri ragazzi come Piganzoli o Pellizzari non è servito, a me sì. Dipende anche da che corridore sei, per degli scalatori come loro il ritmo dei professionisti forse è più utile. Io mi sono trovato bene in entrambi i contesti, tra gli under 23 e i pro’ perché probabilmente ho caratteristiche che mi permettono di giocarmi un maggior numero di gare under 23. Ogni corridore ha il suo percorso migliore e per me è stato crescere bene tra gli under, fare esperienza e poi confrontarsi coi professionisti.
La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)La crescita negli under 23 è stata fondamentale per arrivare pronto al salto nel WorldTour (foto Stefano Ballandi)
Arriviamo al finale di stagione, dove hai corso la Parigi Tours e il Gran Piemonte…
La Paris-Tours è stata impegnativa. La parte importante della corsa, che sono i settori sterrati e i muri è praticamente la fotocopia di quella degli under, e avere due anni di esperienza mi ha aiutato un sacco. Ho mollato solamente gli ultimi 15 chilometri, non sono riuscito a coronare quello che poteva essere un sogno, ovvero fare una top 20. Un risultato che avrebbe potuto darmi morale, ma credo comunque di dover imparare tanto in quelle corse. Sono molto difficili più a livello mentale che fisico, sono logoranti. Tramite questo primo ritiro ho avuto un colloquio con i preparatori e verrò inserito nel gruppo delle classiche, ho tanti compagni da cui riuscire ad apprendere. Un’altra cosa che voglio fare è imparare a correre in Belgio per provare poi in futuro a fare qualcosa nelle Monumento.
Da under 23 ne hai già fatta qualcuna.
Ho avuto l’opportunità di fare la Gent-Wevelgem due anni, la Parigi-Tours e ho assaggiato anche la Roubaix. Penso sia stato l’inizio di una crescita e vedremo dove riusciremo ad arrivare in queste tipologie di corse.
Nel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore LaporteNel finale di stagione ha corso alla Parigi-Tour, dove ha colto un 33° posto a 1′ e 41″ dal vincitore Laporte
Sei carico?
Tanto. Ho concluso l’anno con una buona condizione e con voglia, secondo me il segreto è arrivare a fine stagione che non sei totalmente esausto. E’ stato un 2024 lungo ma dove ho avuto modo di distribuire al meglio le mie energie e di recuperare. In realtà già al ritiro ero pronto mentalmente. Adesso però voglio staccare almeno altre due settimane e divertirmi, fare un po’ le cose che un ragazzo normale di 21 anni farebbe in questo momento e poi sarà il momento di pensare al 2025.
A un certo punto la Soudal non credeva più a Masnada e lo ha mandato a fare un controllo in Belgio. Il rapporto era finito. Il bergamasco va all'Astana
Alle spalle di Pavel Novak e Florian Kajamini, alla corte della MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb, sta crescendo il talento di Lorenzo Nespoli. Atleta brianzolo, di Giussano, classe 2004 che al suo secondo anno da U23 ha conquistato la maglia dei GPM al Giro Next Gen (in apertura foto NB Srl). Lo ha fatto all’ultima tappa, quella di Forlimpopoli, che ha incoronato il talento di Widar.
«L’idea di guardare alla classifica dei GPM è nata nella tappa di Fosse – racconta lo stesso Nespoli – mi sono trovato in fuga e ho conquistato tanti punti. Me ne mancava però uno per prendere la maglia blu, così nell’ultima tappa sono andato in fuga per conquistare questo importante traguardo personale. La squadra mi ha aiutato parecchio e per questo li ringrazio ancora».
Lorenzo Nespoli al Giro Next Gen ha conquistato la maglia blu della classifica dei GPM (foto NB Srl)Lorenzo Nespoli al Giro Next Gen ha conquistato la maglia blu della classifica dei GPM (foto NB Srl)
Contro i “big”
La prima esperienza al Giro Next Gen ha permesso a Nespoli di confrontarsi contro i più forti atleti del panorama under 23. Ne è uscito con delle buone risposte ma anche con la certezza che bisogna lavorare ancora tanto.
«Ne sono uscito stanco – ammette – tanto che in queste settimane mi sono riposato un po’. Come esperienza, quella del Giro Next Gen, la considero positiva. Siamo andati davvero forte per tutte le otto tappe, io ho aiutato Kajamini e Novak. Devo dire che sembrava di correre con i professionisti, cosa che ho fatto alla Coppi e Bartali e al Giro di Ungheria. Anzi, al Giro Next Gen secondo me siamo andati più forte in salita rispetto alla Coppi e Bartali. Durante la corsa rosa tutti abbiamo fatto dei numeri incredibili, i watt medi ogni giorno erano altissimi».
Un fisico particolare per il brianzolo: alto, slanciato ma anche estremamente leggero (foto NB Srl)Un fisico particolare per il brianzolo: alto, slanciato ma anche estremamente leggero (foto NB Srl)
Questo è il tuo secondo anno alla Colpack, come ti sei trovato?
Mi sto trovando bene. Nel 2023 ho avuto qualche problema fisico, ma è stato risolto facilmente. Quest’anno la preparazione è stata fatta diversamente, curando gara per gara, con obiettivi prefissati. Sono cresciuto tanto, ma ancora c’è tanto da fare.
Con lo staff come va?
Con i preparatori, Antonio Fusi e Dario Giovine, mi trovo molto bene. Ma anche con Gianluca Valoti e Antonio Bevilacqua il rapporto è molto bello, sincero e positivo. Siamo tutti molto uniti, un fattore importante, perché quando siamo in ritiro o alle gare tutto passa in maniera più leggera.
Chi ti segue, Fusi o Giovine?
Entrambi. Abito vicino a Fusi e quando sono a casa mi segue spesso lui. Le tabelle, invece, me le fa Giovine ed è con lui che mi confronto in ritiro. Rispetto al 2023 abbiamo fatto un bel lavoro, preparando bene gli appuntamenti. Ad esempio per il Giro Next Gen siamo stati tre settimane a Sestriere.
Ora arriva il Giro della Valle d’Aosta…
Sarà un bell’appuntamento. Anche in questo caso le nostre punte saranno Kajamini e Novak, ma anche io potrò dire la mia. Spero di allenarmi al meglio in queste settimane, ma la salita metterà tutti al loro posto. Penso di poter far bene in Valle d’Aosta, sarà una corsa importante per me.
Lorenzo Nespoli è al suo secondo anno nella continental bergamasca (foto NB Srl)Da questa stagione ha iniziato a curare i singoli obiettivi, cambiando preparazione (foto NB Srl) Lorenzo Nespoli è al suo secondo anno nella continental bergamasca (foto NB Srl)Da questa stagione ha iniziato a curare i singoli obiettivi, cambiando preparazione (foto NB Srl)
Hai un fisico particolare, sei tanto alto: 185 centimetri, ma anche leggero, appena 65 chilogrammi.
Una caratteristica che mi ha sempre accompagnato, fin da quando ho iniziato ad andare in bici da piccolo. Ora credo di essere un passista-scalatore. Rispetto agli scalatori puri, in salita pago qualcosa, ma in pianura ho un passo migliore, cosa che mi accompagna anche a cronometro. Anche da junior, ho vinto poco, ma ero sempre piazzato e due delle quattro vittorie che ho ottenuto sono state due cronoscalate.
Per fare il passo definitivo cosa ti manca?
In salita penso che manchi poco per essere competitivo, ma in generale c’è tanto da fare. In pianura vado forte e rispetto ai corridori più leggeri reggo meglio ritmi elevati. Nell’arco degli otto giorni al Giro Next Gen stavo bene anche nelle tappe finali, questo è un buon segnale.
Un gruppo con il quale riesce a lavorare bene e in simbiosi, sia tra compagni che con lo staff (foto NB Srl)Un gruppo con il quale riesce a lavorare bene e in simbiosi, sia tra compagni che con lo staff (foto NB Srl)
Quindi pensi di poter diventare un corridore da corse a tappe?
Dipende da cosa si decide insieme alla squadra. Mi sono reso conto alla Coppi e Bartali, dove ho fatto gruppetto per due tappe, che i giorni dopo stavo davvero bene. Quindi gli obiettivi possono essere diversi, magari risparmiare energie per poi puntare tutto su una tappa. Oppure distribuire le forze per essere competitivo nelle altre classifiche, come fatto al Giro Next Gen. Forse potrei anche provare a mettermi alla prova in una corsa a tappe di minore importanza per vedere se posso curare la generale.
Magari dal prossimo anno si apriranno finestre diverse…
Il 2025 sarà importante. Penso che le corse con i pro’ siano più adatte alle mie caratteristiche. Preferisco avere ritmi elevati, con meno scatti, la regolarità è il mio forte.
Se Pré de Pascal e Bionaz ci avevano stupito, stavolta la Calavalité ci lascia senza fiato. Non è solo una meta turistica, ma quasi mistica. E' come tornare indietro nel tempo
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Per tutto l’arco del Giro Next Gen i ragazzi del team UAE Emirates Gen Z hanno avuto accanto la figura di Joxean Matxin che in questi giorni è al seguito della squadra WorldTour al Tour de France. Ritrovarsi accanto il tecnico spagnolo ha un significato importante per questi ragazzi. Dopo averlo visto sulle strade del Giro dei grandi possono finalmente parlare e confrontarsi con lui in una specie di fil rouge che unisce devo team e WorldTour. La presenza di Matxin diventa ancora più importante se si pensa che negli stessi giorni è andato in scena il Giro di Svizzera, dove Yates e Almeida hanno banchettato senza nessuno che si riuscisse ad opporre.
«Credo sia più importante essere qua – dice subito Matxin – invece che essere allo Svizzera, dove i ragazzi hanno dimostrato di essere in condizione».
Il secondo posto al Giro Next Gen di Torres non ha fatto montare la testa a nessuno, la crescita prosegue (foto LaPresse)Il secondo posto al Giro Next Gen di Torres non ha fatto montare la testa a nessuno, la crescita prosegue (foto LaPresse)
Il primo Giro Next Gen
Il 2024 ha rappresentato per il UAE Team Emirates un anno di esordio al Giro Next Gen, vista la recente nascita del devo team. Come è andata la corsa più importante a livello di under 23? Cosa ha detto questo appuntamento?
«La corsa si è rivelata una bella soddisfazione – spiega Matxin – vedere Torres fare un cammino del genere a soli 18 anni ci dà un bel motivo per essere felici. Vederlo tra i migliori al mondo vuol dire che la sua crescita, il suo miglioramento, sta andando nella giusta direzione. Poi dall’altra parte c’è uno come Widar che è altrettanto giovane e forte, ma questo non ci intimorisce.
«Poi ci sono anche gli altri ragazzi ovviamente. Con Glivar avevamo puntato tre tappe e ha portato a casa un buon terzo posto. Giaimi deve ancora crescere e migliorare, ma mettersi alle spalle una corsa del genere gli fa bene (in apertura è lui che parla con Matxin, ndr). Lui è un corridore che ogni anno deve fare un passo in più».
Matxin a colloquio con Torres prima della tappa di Fosse dove lo spagnolo arriverà secondoMatxin a colloquio con Torres prima della tappa di Fosse dove lo spagnolo arriverà secondo
Come mai pensi sia più importante essere qui che in altre gare, magari tra i professionisti?
Per me, per la squadra, per tutto. Io sono responsabile del gruppo giovani. Mi piace questa corsa, è il sesto anno che vengo ed il primo con il team Gen Z del quale sono responsabile. Sono qui anche per far vedere loro che ci siamo in ogni momento, la nostra presenza è costante. Sia quando si vince, per congratularci, ma anche quando bisogna crescere.
Per mostrare fiducia.
Sì, per dire: «Noi siamo qui». Senza nessuna pressione, vogliamo vedere e imparare con loro. Per sentire se ci sono problemi. Ascoltiamo le loro opinioni e il loro pensiero. I giovani sono importanti per noi e devono sentirsi parte del progetto. Tanto passa anche dai momenti fuori dalla corsa, insegnamo loro a convivere e vivere una settimana insieme.
E l’opinione verso questi ragazzi qual è?
Si capisce e capiscono che è un progetto under 20, per questo ci sono solamente corridori di primo o secondo anno. L’eccezione è Glivar, che però ha una storia e un progetto diverso. Abbiamo voluto fare questa scelta per una questione di onestà.
I ragazzi del team Gen Z hanno già accumulato esperienza con i professionisti, qui Glivar al Tour of Sharjah, vintoI ragazzi del team Gen Z hanno già accumulato esperienza con i professionisti, qui Glivar al Tour of Sharjah, vinto
In che senso?
Noi adesso non abbiamo lo spazio sportivo per dare tanti corridori al team WorldTour. Preferiamo dare una crescita e diventare dei corridori importanti in futuro. Non abbiamo voluto prendere corridori pronti per trovarci poi con poco spazio per ognuno.
E quanto dura da voi il percorso di crescita?
Dipende. Ci sono ragazzi che hanno bisogno anche del quarto anno e altri che sono pronti dopo due. Torres è un esempio, ora parliamo di un corridore che è arrivato secondo al Giro Next Gen. Se avessimo parlato di lui un mese fa, non eravamo in grado nemmeno noi di definire il percorso di crescita. Poi c’è da dividere le cose, un corridore pronto sportivamente non vuol dire che lo sia anche umanamente.
Meglio avere un cammino solido nel team Gen Z?
Il concetto da noi è che questi ragazzi possono salire nel WorldTour ma non viceversa. Si può fare ma non ho quel concetto. Torres ad esempio ha corso con noi alla Coppi e Bartali e al Giro d’Abruzzo. Glivar, invece ha corso già più gare con i grandi.
Anche Luca Giaimi, nonostante sia un primo anno, ha corso molto con i pro’ a inizio stagioneAnche Luca Giaimi, nonostante sia un primo anno, ha corso molto con i pro’ a inizio stagione
Vero anche che questi 2005 vanno forte…
Dipende, ora quando parli con gli juniores c’è un po’ una febbre. Molti ragazzi sono nei devo team ma con contratti già firmati per il WorldTour. E’ importante tante volte dargli un percorso, io credo che serva tranquillità a questi ragazzi. Non trovo il senso di far firmare loro contratti di due anni, credo che serva più tempo. Per questo noi vogliamo che firmino per tre o quattro anni. Tanti ragazzi dopo due anni possono crescere ancora tanto.
Il capitolo chiuso con il secondo Giro Next Gen ha lasciato delle tracce di qualcosa che già si sapeva, ma ora risulta confermato. C’è un ciclismo giovanile che viaggia a due velocità diverse, se non tre. Nella carrozza numero uno ci sono i devo team del WorldTour, squadre in cui gareggiano i corridori più forti e pronti al mondo dei grandi. Con maglie degli stessi colori delle squadre maggiori, per far capire che i cammini sono, in parte, già intrapresi.
Nel secondo vagone viaggiano le continental, non tutte meriterebbero di avere questa nomenclatura, ma il problema è da rimandare in altre sedi. Infine ci sono le squadre di club, invitate e mai protagoniste, divorate da ritmi che le hanno decimate giorno dopo giorno.
Kajamini (a sinistra) è stato l’unico italiano che ha provato a reggere il ritmo in salita (foto NB Srl)Kajamini (a sinistra) è stato l’unico italiano che ha provato a reggere il ritmo in salita (foto NB Srl)
Gli occhi di Amadori
In questa edizione il cittì della nazionale under 23 ha guidato una selezione di sei ragazzi, tutti provenienti da squadre escluse dal Giro Next Gen.
«Dal lato tecnico si sapeva che sarebbe stato un Giro Next Gen con un bel lotto di partenti – spiega – di conseguenza c’era da aspettarsi questo divario. Avrei voluto vedere qualcosa in più in salita, ma si era visto alle prove di Coppa delle Nazioni che in questo campo eravamo indietro. In Polonia e Repubblica Ceca avevamo fatto due quindicesimi posti con Scalco e Crescioli. Un plauso va fatto a Kajamini e Pinarello, che sono entrati nei primi dieci e ai livelli visti al Giro Next Gen non è facile».
Pinarello ha lottato per tutti e otto i giorni, centrando la nona posizione finale (foto LaPresse)Uno degli assenti è stato Crescioli, messo fuorigioco da un malannoPinarello ha lottato per tutti e otto i giorni, centrando la nona posizione finale (foto LaPresse)Uno degli assenti è stato Crescioli, messo fuorigioco da un malanno
Qualcuno è mancato…
Crescioli è stato male tutti gli otto giorni praticamente, si è ripreso solo alla fine. Mosca che era in squadra con me e lo avevo portato per testarlo è caduto subito. Il suo Giro Next Gen è durato solamente cinque chilometri. Quindi c’è stata anche un pochino di sfortuna.
Esclusi gli arrivi in quota gli italiani si sono fatti vedere.
Nei percorsi misti abbiamo fatto vedere che ci siamo, i ragazzi sono stati spesso presenti e competitivi. Anche nelle volate ci sono stati sprazzi di Italia con Conforti che si è lanciato con coraggio. Chiaro, non abbiamo vinto, ma essere lì a giocarsela è comunque incoraggiante.
In volata la bandiera tricolore è stata difesa da Conforti (Vf Group-Bardiani) che si è sempre piazzato In volata la bandiera tricolore è stata difesa da Conforti (Vf Group-Bardiani) che si è sempre piazzato
Forse il miglior giorno a Zocca, con Privitera terzo?
Non solo lui, quel giorno c’erano tanti ragazzi in fuga:Privitera per l’appunto ma anche Romele, Borgo e Peschi. Non era una giornata semplice per gli attaccanti, perché il gruppetto è uscito di forza a velocità assurde.
Ora arrivano gli appuntamenti importanti per la nazionale: Avenir, mondiali ed europei.
Su quelli dovremo lavorarci. Dopo il Valle d’Aosta andrò in altura a Sestriere come ogni anno. Cercheremo di fare la squadra migliore per l’Avenir in primis e poi per europeo e mondiale.
Privitera in maglia Hagens Berman, classe 2005, ha fatto vedere sprazzi di talento (foto LaPresse)Privitera in maglia Hagens Berman, classe 2005, ha fatto vedere sprazzi di talento (foto LaPresse)
Un Giro Next Gen che ha fatto vedere come i primi anni siano già forti.
I primi due (Widar e Torres, ndr) sono giovanissimi, ma anche i nostri si difendono bene, tra tutti Borgo e Privitera. C’è da dire che i corridori che arrivano dalla categoria juniores sono già bravi, preparati e all’altezza. Poi noi abbiamo anche tanti ragazzi 2005, oltre a Borgo e Privitera ci sono anche Gualdi e Turconi ad esempio.
I primi anni da noi soffrono del fatto che hanno la scuola e la maturità da affrontare. Però chi è venuto ha messo alle spalle una bella esperienza, in una corsa che non regala nulla. Ci è mancata la vittoria, ma a questi livelli non è mai facile imporsi.
I primi due corridori nella classifica del Giro Next Gen che non fanno parte di un devo team appartengono alla stessa squadra: il Team MBH Bank-Colpack-Ballan. Davanti a loro e subito dopo, si leggono gli stessi nomi che abbiamo da poco applaudito al Giro d’Italia e che a breve ritroveremo al Tour de France. Questo suscita due considerazioni. La prima è che lo strapotere dei vivai WorldTour è ineludibile. La seconda è che lavorando nel modo giusto e investendo risorse, si può fare buon ciclismo anche in una continental italiana. Le differenze cronometriche ci sono, ma non somigliano a quella fra Pogacar e il resto del gruppo. Novak si è piazzato al quinto posto a 1’39” da Widar, Kajamini è arrivato a 2’14” (in apertura il loro arrivo a Pian della Mussa, foto NB Agency).
Gianluca Valoti ieri era in giro per aziende. E’ passato da Rosti che realizza l’abbigliamento e poi da Cinelli per le bici. Nel frattempo, Davide Martinelli scendeva verso Grosseto dove oggi Bagatin è impegnato nella crono tricolore. C’è tanto da fare anche in questa fase di quasi stacco, perché a breve sarà tempo per il Valle d’Aosta e poi si spera in una convocazione azzurra per il Tour de l’Avenir.
Anche quest’anno la continental bergamasca guidata da Valoti è stata la miglior italiana (foto NB Agency)Davide Martinelli al primo Giro da diesse ha fatto la differenza (foto NB Agency)Anche quest’anno la continental bergamasca guidata da Valoti è stata la miglior italiana (foto NB Agency)Davide Martinelli al primo Giro da diesse ha fatto la differenza (foto NB Agency)
Che bilancio puoi fare di questo Giro?
Un bilancio positivo. Prima di partire l’obiettivo era che uno dei due ragazzi entrasse fra i primi cinque, invece siamo riusciti a metterne duenei dieci e, tutto sommato, è stata una buona classifica. Di più non si poteva fare, perché vedendo i valori che hanno fatto nella tappa di Pian della Mussa e poi quella di Fosse, hanno fatto entrambi il loro record di wattaggio, quindi più di così non si poteva. Bene così. Nelle prime dieci sono tutti devo team del WorldTour quindi usciamo a testa alta. Abbiamo investito tanto, dai ritiri a Sestriere al materiale più leggero e più scorrevole. Abbiamo speso per i ragazzi e alla fine però i risultati di sono visti.
Forse siete andati anche oltre le attese. Non era scontato che Kajamini tenesse sulle salite più lunghe…
Alla fine è la prima volta che riesce a fare un anno senza problemi. Al primo da U23, nel 2022, ha fatto una gara e mezza, cioè una l’ha finita e l’altra mezza è venuto per farci un favore e far partire la squadra. Ha avuto tanti problemi fisici. L’anno scorso con meno problemi ha finito in crescendo, dimostrando anche di esserci in qualche gara importante. Quest’anno sta andando forte.
Mentre Novak?
Deve ancora migliorare tatticamente e a quel punto con i suoi valori, potrebbe essere uno dei più forti in salita. E’ brutto da dire, ma è un secondo anno e come al solito si rischia che ce lo portino via. Bisognerebbe farci un articolo, è una situazione che ci sta rovinando. Non riesci a programmare più la crescita, non riesci ad avere ragazzi a lungo termine, almeno per tre anni. C’è anche il rischio che prendi atleti come loro che vanno bene e l’anno prossimo non li hai più, quindi non riesci neanche a programmare.
Pavel Novak, classe 2003, ha chiuso il Giro Next Gen al quinto posto (foto NB Agency)Kajamini settimo finale e quinto a PIan della Mussa (foto NB Agency)La continental bergamasca è arrivata al Giro con tre corse a tappe (foto NB Agency)Pavel Novak, classe 2003, ha chiuso il Giro Next Gen al quinto posto (foto NB Agency)Kajamini settimo finale e quinto a PIan della Mussa (foto NB Agency)La continental bergamasca è arrivata al Giro con tre corse a tappe (foto NB Agency)
Sono entrambi in rampa di lancio verso qualche WorldTour?
Stanno aspettando quello che decidiamo di fare. O meglio cosa ci propone MBH Bank. Siamo tutti in attesa. Vogliamo vedere cosa mettono sul piatto, perché abbiamo il contratto di tre anni per la continental, mentre c’è da capire se effettivamente l’intenzione è quella di crescere. Per fortuna sono passaggi che devono avvenire abbastanza alla svelta, dato che ad agosto bisogna iscrivere la squadra, quindi in 15-20 giorni bisogna concludere.
Due corridori nei primi 10 e anche la maglia degli scalatori: forse di Nespoli si è parlato anche poco, non credi?
Nespoli lo conoscono quelli con cui ha corso in passato, ma per il resto se ne è parlato poco. L’obiettivo per lui era proprio questo, quindi riuscire a prendere la maglia GPM già dalle prime tappe. Purtroppo era un po’ rammaricato di non esserci riuscito, poi per fortuna siamo riusciti a prenderla alla fine del Giro. Era il nostro obiettivo perché conoscevamo le sue caratteristiche. Anche lui ha iniziato la stagione con un po’ di problemi e deve migliorare fisicamente, perché è alto e molto magro, però ha delle grosse qualità. E’ un 2004, ma forse nel suo caso si può sperare di lavorarci con calma.
Un investimento importante, due ritiri, avete fatto come i devo team e i risultati sono arrivati. Si può fare anche per una continental italiana, insomma…
Fa piacere che lo diciate, per noi significa tanto. La vera differenza probabilmente è proprio il budget. Quello che per noi è stato uno sforzo finalizzato al Giro Next Gen per loro è la regola. Quelli che avevamo davanti, lo stesso che ha vinto il Giro, avevano fatto un minimo 3-4 gare a tappe, più i ritiri. Noi ci siamo presentati con tre corse a tappe: Coppi e Bartali, Giro d’Abruzzo e poi Giro d’Ungheria. In Italia mancano le corse a tappe anche per gli juniores. Alla fine vedo che i francesi e gli altri fanno più corse a tappe rispetto a noi e noi invece siamo qui a fare le corse di un giorno. A parte Valle d’Aosta, Veneto e Friuli, che però si fanno verso fine stagione. Ci vorrebbe un paio di corse a tappe in inizio stagione.
Per Nespoli all’ultimo giorno la maglia dei gpm (foto NB Agency)Per l’atleta di Giussano, alto 1,85, alla fine l’intervista dietro il podio (foto NB Agency)Per Valoti e Di Leo alla fine la soddisfazione di due atleti nei 7 e la maglia dei gpm (foto NB Agency)Per Nespoli all’ultimo giorno la maglia dei gpm (foto NB Agency)Per l’atleta di Giussano, alto 1,85, alla fine l’intervista dietro il podio (foto NB Agency)Per Valoti e Di Leo alla fine la soddisfazione di due atleti nei 7 e la maglia dei gpm (foto NB Agency)
Per il Valle d’Aosta si può lavorare come per il Giro d’Italia?
Adesso c’è il campionato italiano, uno degli obiettivi dell’anno. Poi li lasceremo un po’ liberi, mentre qualcuno si farà ancora 15 giorni di altura. Non tutti quelli del Giro faranno anche il Valle d’Aosta, sulla carta di sicuro Kajamini e Novak. E poi speriamo anche in una convocazione per il Tour de l’Avenir.
Come è andato il primo Giro U23 con Martinelli in ammiraglia?
Molto bene. Lo abbiamo voluto a tutti i costi e lui ha accettato subito il progetto. Lo conoscevamo da corridore e ci ha dato una grossa mano, al Giro d’Italia come nella prima parte di stagione. Si vede che ha appena smesso. Non è che mi senta vecchio, però si vede che Davide è più aggiornato e ci sa fare anche per parlare con i ragazzi. Con lui siamo migliorati anche sul piano tecnico, oltre ad avere due allenatori come Dario Giovine e Antonio Fusi che non hanno sbagliato niente e siamo arrivati al Giro in ottime condizioni. E’ la conferma che sappiamo fare anche noi del buon ciclismo, ma che con i soldi si va più forte.
Mentre i corridori degli altri devo team erano impegnati sulle strade del Giro Next Gen, Alessio Delle Vedove si dava da fare allo ZLM Tour. Corsa per professionisti di categoria 2.1 che il veneto ha disputato tra le fila dell’Intermarché-Wanty. Anche quest’anno Delle Vedove non ha preso parte alla corsa di casa dedicata agli under 23, ma non si dispera.
«Allo ZLM – dice – non mi aspettavo di fare prestazioni così alte come poi dimostrato. Ho fatto registrare i miei migliori numeri, nell’ultima tappa ho fatto una tirata per i miei compagni che ha spaccato il gruppo. Alla fine dei cinque giorni eravamo tutti contenti, sia io che la squadra. Chiaro che non correre il Giro Next Gen mi è dispiaciuto, più per un fatto di appartenenza che di calendario. La squadra ha deciso che sarebbe stato più utile, per me, fare una gara con i pro’ che con gli under 23. Erano dell’idea che mi potesse far bene per il motore e per l’esperienza».
Mentre i suoi pari età erano al Giro Next Gen Delle Vedove correva in Olanda allo ZLM Tour con i pro’Mentre i suoi pari età erano al Giro Next Gen Delle Vedove correva in Olanda allo ZLM Tour con i pro’
Ancora lontano dall’Italia
Per un ragazzo giovane come Delle Vedove gareggiare lontano dall’Italia ha un peso, un dispiacere legato al piacere di vedere parenti e amici che alla corsa in sé.
«Alla fine – continua – non ho corso nessuna delle due edizioni del Giro Next Gen, mi manca. Ma non mi mancano le corse di alto livello dedicate agli under 23. Da inizio anno, come nel 2023, ho preso parte al Tour de Bretagne, Gent-Wevelgem, Parigi-Roubaix e Youngster Coast Challenge. E ultimamente ho raccolto un buon ottavo posto alla Omloop Het Nieuwsblad U23. Al Giro Next Gen la squadra ha deciso di puntare alla classifica con Toussaint che fino alla caduta era quinto».
Non gli sono mancate le gare per confrontarsi con gli U23 più forti, qui alla Youngster Coast ChallengeNon gli sono mancate le gare per confrontarsi con gli U23 più forti, qui alla Youngster Coast Challenge
Come ti hanno comunicato la cosa?
Dicendomi chiaramente che avrebbero puntato alla classifica, quindi hanno ritenuto più utile mandarmi ad altre gare, lo ZLM, per crescere. Non avrebbe avuto senso, secondo loro, fare otto tappe per provare a vincerne una e poi andare di conserva per il resto del tempo. Sarebbe stato meglio lavorare, fare fatica e ritmo tra i grandi.
Saltando però il confronto con i tuoi coetanei.
Contro di loro ho corso da inizio anno, li conosco molto bene. De Schuyteneer l’ho incontrato alla Loir et Cher, Teutenberg al Bretagne e alla Roubaix under 23. Avrò modo di incrociarli anche in altre occasioni, come al Flanders Tomorrow Tour. Poi non sono stato nemmeno troppo fortunato, al Tour de Bretagne non ero stato bene e mi sono ritirato. Non sapevo come avrei reagito ad un’altra gara di otto giorni.
E allo ZLM hai imparato quindi?
Tanto, ero in camera con Gerben Thijssen che è uno dei velocisti del momento e sta emergendo. Passare cinque giorni con lui a parlare, confrontarsi e correre insieme mi ha dato tanto. In Olanda ho avuto modo di affrontare ventagli, capire come si corre in gruppo tra i professionisti, risparmiare energie, limare e ho visto da dentro le volate. Essere al Giro Next Gen sarebbe stato un senso di appartenenza, come per un francese fare il Tour, ma le gare di spessore under 23 non mi mancano.
Delle Vedove è rimasto colpito dalla Soudal QuickStep Devo e da Magnier (foto LaPresse)Anche la volata di De Schuyteneer a Cremona è stata sorprendente (foto LaPresse)Delle Vedove è rimasto colpito dalla Soudal QuickStep Devo e da Magnier (foto LaPresse)Anche la volata di De Schuyteneer a Cremona è stata sorprendente (foto LaPresse)
Le hai viste le tappe del Giro?
Tutte! Ogni volta che c’era una volata in casa calava il silenzio totale e mi immergevo nello schermo. Ho visto i ragazzi della Soudal QuickStep Devo lavorare molto bene per Magnier. Anche Teutenberg è andato forte, anche se forse mi sarei aspettato qualcosina in più. Degli italiani mi è piaciuto Conforti, si è difeso molto bene.
Quale volata ti sarebbe piaciuto vincere?
Da velocista direi tutte, senza ombra di dubbio. Forse le più interessanti, per percorso e dinamiche, sono state quella di Saint-Vincent e di Borgomanero.
Non ho mai avuto modo di correrci contro, viste le grandi differenze di fisico abbiamo calendari tanto lontani. Però non mi aspettavo potesse andare così forte, sapevo delle sue qualità ma da quelle a vincere il Giro ce ne passa. Il nome che avevo evidenziato era Nordhagen ma si è ritirato per motivi di salute.
Il clima all’interno della Wanty-Circus è sereno e rilassato, quello giusto per lavorareIl clima all’interno della Wanty-Circus è sereno e rilassato, quello giusto per lavorare
Tutti giovanissimi, di primo anno.
Esatto! De Schuyteneer, Widar, Torres, Nordhagen… Questi 2005 stanno facendo dei numeri pazzeschi, hanno fisico e vanno forte. Fa strano dirlo perché hanno un anno in meno di me, ma 20 anni sei quasi vecchio. Poi molti hanno già un contratto nel WorldTour.
E per te che si dice?
Nulla di scritto o di detto. L’unica cosa che si sa è che a dicembre mi scade il contratto. Ma con la squadra sta andando bene, parleremo sicuramente.
Saresti disposto a fare un terzo anno nel devo team?
Onestamente sì. Da noi alla Wanty-ReUz il terzo anno si corre per il 60 per cento con i professionisti e per il restante 40 con gli under 23. Se dovessi ritenere di aver bisogno di fare un altro anno a imparare e correre in questa categoria lo farei volentieri. I primi anni vanno forte e passano, ma al Giro Next Gen il mio compagno che ha vinto, Artz, è ultimo anno. Anche Teutenberg è 2002 e avete visto che numeri ha fatto in primavera. Solo in Italia se sei al quarto anno tra gli under 23 ti dicono di andare a lavorare, all’estero pensano che sei pronto, maturo.
Delle Vedove non esclude di correre un altro anno tra gli under 23 nel 2025Delle Vedove non esclude di correre un altro anno tra gli under 23 nel 2025
Non senti pressioni?
Nessuna, chiaramente se sei al quarto anno e ancora non hai accordi magari sei più timoroso. Però la squadra non mette nessuna pressione o fretta, anzi. Quando al Bretagne stavo male mi hanno detto di fermarmi completamente, di riposarmi, andare al mare, non pensare alle corse per una settimana. Mi sono ripreso, sono tornato e alla Omloop Het Nieuwsblad ho fatto ottavo. Ti danno tutto per fare bene, poi però vogliono vedere risultati e impegno, come giusto che sia.
FORLIMPOPOLI – Al bus della UAE Emirates Gen Z, scherzando con Giacomo Notari, preparatore dei ragazzi, si diceva che il Giro Next Gen di Pablo Torres rischiasse di passare in secondo piano viste le prodezze di Widar. Questi due, Torres e Widar, sono stati coloro che hanno animato la corsa rosa under 23 dall’inizio alla fine. Entrambi classe 2005, forti e spavaldi, sono accomunati dalle grandi doti e dalla giovane età.
Nella tappa di Fosse ha corso da protagonista attaccando la maglia rosa Widar (foto LaPresse)Sul traguardo è poi giunto secondo anticipato proprio dal giovane belgaNella tappa di Fosse ha corso da protagonista attaccando la maglia rosa Widar (foto LaPresse)Sul traguardo è poi giunto secondo anticipato proprio dal giovane belga
Un netto miglioramento
Se di Widar si era vista la grana del campione anche dalla categoria juniores, non si può dire lo stesso per Torres. Tante corse a tappe, ma tutte in Spagna, tranne per una toccata e fuga in Francia e Italia. Il secondo posto sorprende ancora di più se lo paragoniamo con i risultati del passato. Torres ha vinto tanto quando si è confrontato nelle gare nazionali, ma nel momento in cui si era spostato a livello internazionale i risultati non erano stati gli stessi.
«E’ stata una gara fin da subito molto dura – racconta mentre si scalda con una giacca refrigerante all’ombra del bus – con un ritmo alto. Quando sono arrivato qui i primi giorni non sapevo quale sarebbe stato il mio livello. Mi stavo allenando molto bene in altura, ma non sapevo come sarebbero stati i miei rivali. Però fin dalle prime tappe ho avuto delle ottime sensazioni e sono arrivato a giocarmi il secondo posto».
Pablo Torres da juniores ha corso in una squadra di club spagnola prima di passare alla UAE Gen Z Pablo Torres da juniores ha corso in una squadra di club spagnola prima di passare alla UAE Gen Z
Come ti sei avvicinato al ciclismo?
Quando ero piccolo guardavo il Tour de France e la Vuelta con i miei nonni. Era un bell’intrattenimento, mi piaceva, ma restava pressoché un passatempo. Non mi allenavo ancora, giocavo a calcio, poi un dolore al ginocchio mi ha portato ad usare la bici. Mi è piaciuto molto fin da subito pedalare, e di lì a poco è diventato un impegno sempre più serio.
La squadra è una meraviglia, la migliore del mondo. Sono super felice per l’opportunità che mi hanno dato e sto lavorando per sfruttarla al massimo e imparare tutto quello che è possibile.
In questo breve periodo hai già corso con i professionisti, che ci racconti?
Il ritmo è davvero veloce ma avevo tanta grinta e tanta voglia di dare il massimo per la squadra. Apprendendo dai più grandi che mi hanno insegnato tanto in quelle esperienze.
Pablo Torres in azione al Giro d’Abruzzo dove ha lavorato egregiamente per Adam YatesPablo Torres in azione al Giro d’Abruzzo dove ha lavorato egregiamente per Adam Yates
Stai accumulando tante esperienze internazionali e dei buoni risultati…
Credo che la motivazione, correndo in una squadra del genere, cambi molto. C’è un’altra maniera di correre, di vedere la corsa. L’anno scorso non ho avuto modo di fare tante gare fuori dalla Spagna, posso dire che c’è un ritmo molto diverso. E’ difficile, in queste categorie, conoscere i propri rivali, cosa che si nota molto in gara. C’è meno tatticismo.
Il Giro Next Gen è stata la seconda corsa a tappe di otto giorni, come ti sei trovato?
Mi piace, credo che alla fine tenere un ritmo più elevato per molto tempo mi dia dei benefici. Sono un corridore che si esprime meglio negli sforzi di lunga durata e questo tipo di gare mi si addicono maggiormente.
Sei migliorato tanto in salita, in che modo ti sei allenato?
In inverno ho lavorato duramente con lo staff quando eravamo in ritiro e anche durante la stagione. Devo dire che ottenere questi buoni risultati dà tanto morale per il futuro. Quindi spero di continuare con questa motivazione.
Da sinistra: Giacomo Notari (preparatore del team Gen Z) Pablo Torres e Matxin (responsabile anche del progetto giovani)Da sinistra: Giacomo Notari (preparatore del team Gen Z) Pablo Torres e Matxin (responsabile anche del progetto giovani)
Le parole di Notari
Parte del merito per la crescita così rapida di Pablo Torres va attribuita a Giacomo Notari. Il preparatore che da quest’anno lo sta seguendo nel progetto giovani della UAE Emirates.
«Inizialmente non lo conoscevamo tantissimo – spiega coach Notari – anche perché da junior non aveva fatto molto. Però è il ragazzo che tutti vorrebbero allenare, parla poco e fa i fatti. Fin da subito ci siamo accorti che aveva dei numeri buoni durante tutto l’arco dell’allenamento. Nei test fatti in ritiro prima del Sestriere avevamo visto dei buoni numeri, ma non aveva mai corso per così tanti giorni. Nella tappa di Fosse ha fatto gli ultimi 28 minuti di salita a 6 watt per chilo. Con noi deve imparare l’attitudine mentale per vincere e capire come si fa. E anche nel 2025 sarà qui per essere competitivo».