Niente Sanremo per Van Aert: la lettura di Pozzato

05.02.2025
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Ad inizio gennaio Wout Van Aert ha ufficializzato il suo calendario per il 2025, che sarà focalizzato su Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, Giro d’Italia e Tour de France. Come già l’anno scorso dunque non parteciperà alla Milano-Sanremo, l’unica classica monumento che ha già vinto e che per certi aspetti potrebbe sembrare la più adatta alle sue caratteristiche. A causa della caduta alla Dwars door Vlaanderen la scorsa stagione non abbiamo potuto vederlo sulle pietre che contano, e quindi quest’anno sarà il primo vero test di questo suo calendario. 

Ma, detto questo, siamo sicuri che saltare la Classicissima sia una scelta azzeccata per un corridore totale come lui? Non è un azzardo sacrificare uno degli appuntamenti più importanti dell’anno per puntare tutta la primavera sul Fiandre – dove dovrà vedersela con mostri come Van Der Poel e Pogacar – e sulla Roubaix –  dove le incognite sono incalcolabili e la sfortuna è sempre dietro l’angolo, come si è visto nel 2023?  Ne abbiamo parlato con Pippo Pozzato, che come Van Aert ha vinto una Sanremo e colto piazzamenti importanti nelle classiche delle pietre.

Filippo Pozzato alla partenza del mondiale gravel 2022
Filippo Pozzato al mondiale gravel 2022
Filippo, come vedi questa scelta? 

Certamente mi dispiace non vederlo lì, in una gara così adatta a lui. Forse sì è un po’ un azzardo, ma mi pare di aver capito che abbia scelto di non andare per allenarsi al meglio per la seconda parte della primavera, Giro compreso. Mi fa strano che uno come lui non ci sia, però è anche vero che nel ciclismo moderno devi puntare solo certi obiettivi, quindi da una certo punto di vista lo capisco.

Ai tuoi tempi era diverso?

Totalmente. Considerate solo che io in certe stagioni ho fatto anche 110 giorni di corsa, loro se va bene ne fanno la metà. Adesso fanno molta più intensità in allenamento e infatti arrivano alle gare già che volano. A me per esempio non piaceva troppo andare in altura, preferivo correre. Adesso però quel ciclismo non esiste più. Soprattutto negli ultimi due-tre anni secondo me c’è stato un cambiamento grandissimo in questo senso.

La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen, che gli è costata buona parte della scorsa stagione
La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen, che gli è costata buona parte della scorsa stagione
Anche per questo tu hai sempre corso tutte e tre le prime monumento, perché era più semplice ai tuoi tempi?

Secondo me sì. Poi la Sanremo è davvero una gara particolare. Al Fiandre viene fuori chi ha più gambe, alla Sanremo invece ci sono mille incognite perché è davvero aperta a tutti. Io ho sfiorato la vittoria un sacco di volte per un motivo o per l’altro, e alla fine non l’ho vinta l’anno in cui andavo più forte, ma quello in cui ha girato tutto giusto.

Credi sia questo uno dei motivi di questa scelta, perché la Sanremo è comunque un terno al lotto e quindi meglio puntare su altro?

No, non credo, penso contino molto di più altri fattori. Poi, se devo dire la verità, io ho sempre pensato che la corsa perfetta di Van Aert sia il Fiandre.

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Giro delle Fiandre 2020
Van Aert al Fiandre 2020, battuto in volata da Van Der Poel
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Giro delle Fiandre 2020
Van Aert al Fiandre 2020, battuto in volata da Van Der Poel
Anche contro Van Der Poel e Pogacar?

Se è al top della forma credo se la possa giocare benissimo, sì. Gli altri sono due fenomeni, certo, ma devono comunque riuscire a staccarlo se non vogliono trovarselo in volata. A livello di motore puro credo che sia il più forte, l’ho sempre detto.  Il suo problema è che non lima tanto, non sa muoversi come Van Der Poel, forse gli manca qualcosa tecnicamente, come spesso si vede anche nel ciclocross.

Però Van Der Poel le classiche di primavera le fa tutte…

Ma Van Der Poel corre in una maniera diversa, ha una squadra in cui può fare praticamente quello che vuole. Al Tour magari tira qualche volata, ma aiutare un capitano che il Tour può vincerlo, come fa Van Aert, è tutta un’altra questione. Dopodiché, torno a dire, corridori come Van Der Poel gareggiano davvero poco e non so come facciano ad andare così forte. Questo ti dà davvero l’idea della differenza tra il mio ciclismo e quello che c’è adesso, non capisco come facciano ad allenarsi con quell’intensità senza l’adrenalina delle corse. Devi davvero essere sempre super concentrato, e quindi credo che mentalmente sia più difficile.

Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Wout Van Aert festeggia con Julian Alaphilippe la sua vittoria alla Milano-Sanremo 2020. Lo rivedremo nel 2026?
Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Wout Van Aert festeggia con Julian Alaphilippe la sua vittoria alla Milano-Sanremo 2020. Lo rivedremo nel 2026?
Quindi alla fine sei d’accordo con la scelta di Van Aert e della squadra?

La Sanremo, il Fiandre e la Roubaix dovresti sempre farle secondo me, ma se è una scelta tecnica e io la capisco. Poi non mi sento di avere la competenza per giudicare i metodi di preparazione che ci sono adesso io, perché appunto è tutto diverso, e sicuramente loro avranno fatto tutti i calcoli, come anche nella scorsa stagione. Infatti avrei voluto vederlo anche l’anno scorso perché andava davvero fortissimo prima dell’incidente.

Per rivederlo alla Sanremo allora dobbiamo sperare che quest’anno vinca il Fiandre o la Roubaix?

Questa potrebbe essere una buona soluzione. Come tifosi di Van Aert e del ciclismo forse dovremmo augurarcelo tutti.

Ballerini come Bartoli, un muro per amico

19.01.2025
3 min
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A volte i social prendono l’idea e te la tirano in faccia. Ed è così che scrollando Instagram senza una precisa destinazione, siamo finiti accanto a Davide Ballerini lungo le rampe di un muro in pavè. Lo inquadrano davanti, di lato e da dietro: l’ha postato il 3 gennaio. C’è del lavoro in quel video – nel pedalare in salita e nel montaggio di chi l’ha realizzato – che alla fine vede il corridore di Como poggiarsi a una cancellata col fiato molto grosso.

Bartoli e San Gennaro

Avendo qualche anno nelle tasche, la memoria è andata a quando certe cose le faceva anche un ragazzino di belle speranze, conosciuto quando era ancora dilettante: un certo Michele Bartoli. Il toscano che poi al Nord ne vinse tante da togliersi la voglia (mai del tutto) aveva un muro del genere vicino casa, dove andava per mettersi alla prova.

«Il mio muro si chiama San Gennaro – ricorda sorridendo – il tratto in pavé è lungo 700-800 metri, poi prosegue, si scollina, fai il giro della collina e puoi riprenderlo quasi subito. Quando mi allenavo per quelle corse, facevo 4-5 giri di fila e riuscivo anche a capire la mia condizione. Un’altra cosa mi lega a Ballerini: ho lavorato con lui l’ultimo anno che era all’Androni, ne vinse parecchie. Lui è uno che potenzialmente potrebbe vincere molto di più».

Michele Bartoli Giro delle Fiandre 99
Michele Bartoli e il Giro delle Fiandre, un grande amore. Qui nel 1999, tre anni dopo la vittoria del 1996
Michele Bartoli Giro delle Fiandre 99
Michele Bartoli e il Giro delle Fiandre, un grande amore. Qui nel 1999, tre anni dopo la vittoria del 1996

Il muro di Ballerini

Ballerini in questi giorni è in Spagna e vi rimarrà fino al 25 gennaio, quando inizierà la stagione alla Ruta de la Ceramica-Gran Premio Castellon. Poi proseguirà con la Valenciana e da lì andrà ad assaggiare il vero pavé del Nord, quello della Omloop Het Nieuwsblad che nel 2021 lo vide vincere in maglia Deceuninck-Quick Step.

«Uso spesso quel muro – sorride Ballerini – e un altro ce l’ho nella zona di Mendrisio. Non è come un muro del Fiandre, il Nord è un altro mondo, ma registro i tempi su Strava e lo uso di solito per fare lavori specifici. E’ lungo 150 metri più o meno. Di solito ci faccio ripetute da un minuto e mezzo a bassa frequenza di pedalata, esprimendo la massima potenza».

Il pavé è amico di Ballerini. Qui agli europei di Hasselt lo scorso anno
Il pavé è amico di Ballerini. Qui agli europei di Hasselt lo scorso anno

Il Teide a febbraio

Fra la Valenciana e il debutto del Nord, come abbiamo già raccontato all’inizio dell’anno, Ballerini salirà sul Teide proprio per preparare al meglio le prime sfide sul pavé.

«Lo scorso anno – spiega non ci andai – perché avevo ancora il problema al ginocchio. La recon sui percorsi di lassù l’abbiamo già fatta a dicembre, soprattutto per capire le pressioni delle gomme per Roubaix, mentre il resto lo vedremo quando saremo su. La nuova bici per ora posso dire che è molto rigida, ma finché non saremo in gara, sarà difficile fare una vera valutazione».

Quelle immagini continuano a scorrere in loop. E’ bello immaginare la stessa azione sul Paterberg all’ultimo giro del Fiandre, avendo grande stima nelle valutazioni di Bartoli e grande fiducia nei mezzi del Ballero. Mostrano la forza e la grinta di un’atleta forte e molto generoso, forse troppo? Un grande leadout per gli uomini veloci, uno che ci piacerà veder correre anche per se stesso.

Van Aert inquadra il 2025: zoom su Fiandre e Roubaix?

01.01.2025
4 min
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Il Belgio del ciclismo trattiene il fiato per conoscere il programma di gare di Wout Van Aert (in apertura immagine Instagram/Visma-Lease a Bike), che sarà svelato il 14 gennaio durante il media day della Visma-Lease a Bike a La Nucia, in Spagna. La partenza di Merijn Zeeman ha tolto dal tavolo l’artefice dell’insolito schema 2024, che venne poi vanificato dalla caduta alla Dwars door Vlaanderen. Eppure in questo estremo rincorrere la condizione perfetta, sono tanti quelli che temono un’altrettanto insolita programmazione.

La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen che compromise la primavera 2024
La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen che compromise la primavera 2024

Via dall’Italia

Lo scorso anno Van Aert rinunciò alla Strade Bianche e la Sanremo per farsi trovare al massimo al Fiandre e alla Roubaix. In un’intervista commentò il fatto che essere ciclisti professionisti significhi ormai essere professionisti anche della noia, passando giorni e giorni in altura e rinunciando a due gare che già in passato lo avevano visto protagonista assoluto. E del resto fu proprio a causa di quel periodo supplementare in altura che Van Aert prese parte alla gara dell’incidente. Si trattava di scegliere fra Gand-Wevelgem, Harelbeke e Dwars door Vlaanderen. La prima cadeva nella finestra temporale in cui il ritorno dall’altura offre più disagi che vantaggi e per questo si optò per la seconda e la terza. La Attraverso le Fiandre sarebbe stata l’ultimo test fra l’altura e il Giro delle Fiandre, si trasformò invece nella tomba della sua primavera.

La caduta, di cui si è parlato per gli effetti e poco per la dinamica, ha tenuto banco a lungo in Belgio. Quel tratto, ritenuto pericoloso, era stato tolto dal percorso del Fiandre ma non da quello della corsa di preparazione. Raccontano i presenti che prima di abbattersi violentemente sull’asfalto, Van Aert abbia raggiunto volando un’altezza mai vista in una gara di biciclette. E che Alaphilippe, passato poco dopo sul posto, si sia ritirato per la violenza della scena e il ricordo del suo incidente alla Liegi del 2022.

Nel 2020 Van Aert vinse strade Bianche e Sanremo, dove batté Alaphilippe in volata
Nel 2020 Van Aert vinse strade Bianche e Sanremo, dove batté Alaphilippe in volata

L’altura in extremis

La squadra non ha mai rinnegato la scelta e questo fa pensare che potrebbe farla nuovamente. Tiesj Benoot, che aveva seguito lo stesso cammino di Van Aert, ammise di aver avuto al Fiandre una giornata eccellente. E anche i tecnici hanno ammesso che Van Aert ci sarebbe arrivato con il giusto peso e con i migliori valori. Anche se di fatto non ci è mai arrivato e non ha potuto lottare per la Strade Bianche e ancor di più la Sanremo che avrebbero dato – in caso di esito positivo – ben altro sapore alla sua primavera.

La domanda del pubblico e degli addetti ai lavori è dunque se Van Aert ripeterà lo stesso schema o rimetterà mano al programma. La sfida nella sfida fra gli allenatori è quella di arrivare alle grandi classiche del Nord passando per uno stage tardivo in quota, che però ovviamente costringe a grandi rinunce: le due classiche italiane potrebbero essere nuovamente escluse dal programma del campione.

Roglic e Van Aert sul Teide: un’immagine di febbraio 2021. Wout corse poi Tirreno e Sanremo prima del Nord
Roglic e Van Aert sul Teide: un’immagine di febbraio 2021. Wout corse poi Tirreno e Sanremo prima del Nord

Comunque un’impresa

Lette da qui, potrebbero essere questioni da derubricare con uno sbadiglio. In Belgio invece attorno a Van Aert c’è come sempre un seguito oceanico che si interroga ossessivamente sui tempi del ritorno e il livello che ritroverà. Basti pensare che dal momento in cui il belga ha annunciato il debutto nel cross di Loenhout, la prevendita dei biglietti è schizzata alle stelle, ben più di quello che sarebbe accaduto se la sola star fosse stata Van del Poel. Dodicimila tagliandi acquistati online, cui se ne sono aggiunti 3.500 venduti sul posto, che con 15.500 presenti hanno stabilito il record assoluto di biglietti venduti in uno dei cross più classici del Belgio.

Il belga non fa mistero che nei prossimi quattro mesi per lui esistano soltanto due corse – il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix – e per certi versi viene da condividerne il pensiero. Fino a qualche anno fa la domanda non era se le avrebbe vinte, ma quando. In realtà Van Aert ha compiuto trent’anni e non ci è ancora riuscito. La causa principale è stata la sfortuna, poi ci sono stati alcuni problemi meccanici e soprattutto avversari enormi. Anche per il miglior Van Aert certe corse non sono scontate. Al Fiandre dovrà vedersela con Pogacar e Van der Poel, che sembrano volare sotto un cielo tutto loro. Mentre nella Roubaix che sembra adattarglisi molto meglio, avrà bisogno che le cose vadano nel modo giusto dal primo all’ultimo chilometro. Non sarà l’altura a dargli la certezza di riuscirci, non c’è logica nell’affrontare certe corse. Per vincerle e scrollarsi di dosso una profezia che sa tanto di ossessione, dovrà comunque realizzare un’impresa.

Ciclo e ciclismo, un tabù da sfatare: ne parliamo con la Longo

27.11.2024
4 min
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ORNAVASSO – Uno di quei temi che inspiegabilmente non si affrontano quasi mai. Si parla di allenamento, alimentazione, integrazione, bronchiti, problemi ai tendini, disidratazione e colpo di calore, ma sul ciclo e le complicazioni che crea alle atlete c’è un velo di pudore che un po’ si capisce e un po’ no. Che cosa succede se arriva nel giorno della gara importante? Magari tanti passaggi a vuoto inattesi si possono spiegare così?

Perciò, mentre eravamo ancora a casa di Elisa Longo Borghini al temine dell’incontro della passata settimana, abbiamo messo da parte il pudore e glielo abbiamo chiesto. «Finalmente un giornalista che mi chiede di questo – ha detto subito la piemontese (in apertura una foto da Instagram) – non capisco perché si abbia paura di parlarne».

Il 2024 di Elisa Longo Borghini ha visto 8 vittorie, fra cui il Giro d’Italia e quello delle Fiandre
Il 2024 di Elisa Longo Borghini ha visto 8 vittorie, fra cui il Giro d’Italia e quello delle Fiandre

Rischio infortuni

E così prima di andare via, facciamo qualche domanda che da un po’ ci girava per la testa. Elisa racconta ad esempio che assieme al suo preparatore Paolo Slongo, da qualche tempo hanno preso a redigere il diario del suo ciclo, per capire come temporizzare il lavoro tenendone conto.

«Innanzitutto per capirne l’andamento – spiega l’atleta che fino al 31 dicembre è della Lidl-Trek – vedere se mi viene regolare oppure no, perché fa parte della salute della donna: della persona e dell’atleta. E poi per capire come massimizzare la qualità degli allenamenti in base alle varie fasi del ciclo. Già in diversi sport, tra l’atletica, il calcio e il nuoto, fanno determinati tipi di lavori in base alle varie fasi del ciclo per evitare determinati infortuni. Parlo magari con termini poco scientifici, ma più ti avvicini alla fase del sanguinamento e più il tuo corpo produce un ormone che si chiama relaxina che produce un aumento della lassità delle articolazioni. Ci sono stati tanti casi di infortuni nell’atletica con lesioni importanti ai tendini e ai legamenti, soprattutto negli sport più traumatici. Per cui loro si sono adeguati. Io ad esempio ne tengo conto quando devo fare i lavori di forza in palestra, oppure in bici».

Gli studi hanno dimostrato che nelle fasi del ciclo le articolazioni sono più soggette a lesioni
Gli studi hanno dimostrato che nelle fasi del ciclo le articolazioni sono più soggette a lesioni
Per il resto ci sono fastidi sempre uguali?

Quando mi avvicino alla fase più intensa, mi sento un pochino più goffa e soffro il caldo. Magari ho qualche problema gastrointestinale di più, quindi non riesco a bere o a nutrirmi bene come dovrei. Però dipende tanto dal tuo stato fisico e psicofisico di base. Ci sono mesi in cui lo soffro di più e mesi in cui lo soffro di meno. Normalmente quando sono in forma soffro meno.

Il rendimento cala di conseguenza?

Dipende, per esempio ho vinto il Fiandre avendo il ciclo. Non ho adottato rimedi di alcun tipo, ho corso come se nulla fosse: ho semplicemente fatto la mia gara. Magari in passato mi facevo condizionare. Invece ultimamente mi dico semplicemente che fa parte di me e che non sono la sola. Magari nella corsa ce ne saranno altre 50 nelle stesse condizioni.

Elisa Longo Borghini ha raccontato di aver vinto il Fiandre nei giorni del ciclo
Elisa Longo Borghini ha raccontato di aver vinto il Fiandre nei giorni del ciclo
Il problema sta più nella ritenzione dei liquidi o nel calo dei valori attribuibile al sanguinamento?

Anche questo dipende. Per me è una questione di ritenzione idrica, perché metto su peso. Arrivo fino a 3 chili. Magari patisci di più le frequenze più alte e anche il caldo. A volte mi dà qualche problemino gastrointestinale, poi però ognuna ha delle peculiarità. E’ una cosa talmente personale che secondo me è anche difficile fare uno studio che sia buono per tutti e valido per tutti. Però ci sta che abbia un impatto sulla performance, quello lo darei per scontato.

L’occasione mancata: quando Zanini ha fermato l’ammiraglia

17.11.2024
4 min
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Continuiamo la nostra serie di racconti sulle occasioni perse, sugli errori tattici o, come in questo caso, su eventi quasi impossibili. Stavolta il protagonista è Stefano Zanini, per tutti Zazà. Il direttore sportivo dell’Astana-Qazaqstan, riflettendo, non punta il dito su una tappa o una corsa in cui si sia veramente mangiato le mani, ma su un ricordo legato alla pura sfortuna.

«Vi parlo di quella volta in cui ho dovuto ritirare l’ammiraglia al Giro delle Fiandre», racconta Zanini. Questa è una di quelle storie invisibili, sommerse dal frastuono della corsa dietro ai vincitori, agli sconfitti, alle dinamiche tattiche. Ma è una storia di ciclismo puro. Quel giorno eravamo ad aprile scorso, nessun corridore dell’Astana-Qazaqstan tagliò il traguardo di Oudenaarde.

Da ormai 12 anni, Stefano Zanini è sull’ammiraglia dell’Astana
Da ormai 12 anni, Stefano Zanini è sull’ammiraglia dell’Astana
Stefano, ci dicevi del ritiro dell’ammiraglia. Raccontaci…

Il Giro delle Fiandre per me rimane una delle gare più belle, insieme alla Milano-Sanremo. Perciò, le aspettative sono sempre molto alte, anche se sai già che magari non puoi giocartela per il podio. Tuttavia, puoi fare un’ottima corsa con i tuoi ragazzi, c’è sempre una speranza in più, specialmente in Belgio, dove le gare possono cambiare fino all’ultimo. Ma quell’anno siamo stati veramente sfortunatissimi.

Cosa è successo?

Attorno al chilometro 190, ora non ricordo con precisione, è caduto Cees Bol, l’ultimo dei nostri atleti in gara. Si è agganciato con uno dei tanti spettatori a bordo strada. Cees è ripartito, ma aveva preso una bella botta. Ha rincorso e ha tenuto duro, ma ormai era fuori dai giochi. A quel punto insistere era inutile: abbiamo pensato alle gare successive. Però certo, non terminare il Fiandre…

È stata una bella botta al morale…

Eh, un bel po’. Al morale sì, perché anche i ragazzi volevano fare una buona gara. Solo che sai, quando la sfortuna ci si mette, quelle gare lì sono sempre difficili da interpretare. Non avevamo più nessun corridore in gara: tra chi si era staccato, chi era caduto e chi aveva avuto problemi meccanici, eravamo fuori. E la sfortuna già ci attanagliava, visto che avevamo faticato per mettere insieme la formazione per il Fiandre. Avevamo gli uomini contati.

Il Fiandre di Zanini e dei suoi non era iniziato bene visto che la squadra aveva gli uomini contati (foto Instagram)
Il Fiandre di Zanini e dei suoi non era iniziato bene visto che la squadra aveva gli uomini contati (foto Instagram)
Chi si era fermato prima di Bol?

L’ordine dei ritiri di preciso non lo ricordo, ma l’altro atleta che era rimasto in gara era Fedorov. Quel giorno oltre a Bool e Fedorov, avevamo schierato Gidich, Gruzdev, Syritsa, Morkov e Selig. Alcuni non erano al top e si sa quanto siano dure certe gare. Ma Bol, fino a quel momento, circa 60 chilometri dall’arrivo, era nel gruppetto che poi ha fatto la corsa.

Cosa vi siete detti quella sera dopo la gara?

Molto poco, sul bus. Poi la sera abbiamo riflettuto: contro la sfortuna si può fare poco, ma non dovevamo abbatterci. Dovevamo reagire subito. Chiaro, un’analisi di cosa non aveva funzionato l’abbiamo fatta, ma in quel momento serviva soprattutto tenere alto il morale. Certo, l’umore fa fatica a risalire: hai comunque delle aspettative per certe gare. Alla fine, però, ci siamo ripresi bene. Qualche giorno dopo, infatti, Bol ha chiuso quarto alla Scheldeprijs, dietro a corridori come Merlier, Philipsen e Groenewegen.

Bella come sempre la cornice di pubblico fiamminga, ma Bol è stato messo ko proprio da un tifoso
Bella come sempre la cornice di pubblico fiamminga, ma Bol è stato messo ko proprio da un tifoso
Ti era mai capitato di ritirare l’ammiraglia?

Sì, mi era capitato all’inizio della mia carriera da direttore sportivo con la Fuji-Servetto TMC, la squadra di Giannetti, nel 2009.

Come è stato il momento del ritiro?

In pratica, prima del secondo passaggio sull’Oude Qwaremont, ho tirato dritto verso il bus, sono uscito dal percorso.

Cosa hai detto? Cosa ti passava per la testa?

Cosa ho detto è meglio non ripeterlo! Per il resto, tanta delusione. Per radio, tanto silenzio. Anche in ammiraglia, dove con me c’era il meccanico, Morris Possoni.

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Scopriamo Karlijn Swinkels, un’altra olandese che va forte

29.07.2024
6 min
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In una nazione come l’Olanda che domina il ciclismo femminile e sforna talenti a ripetizione che vincono ovunque, diventa difficile spiccare, ma c’è una ragazza che si sta ritagliando il proprio spazio. Karlijn Swinkels quest’anno ha mostrato una crescita ed una costanza di risultati che la pongono in cima alla lista delle atlete da seguire con più attenzione.

La venticinquenne della UAE Team ADQ finora ha conquistato sei podi più altre nove top 10 con molte prestazioni da protagonista. Le è mancata solo la vittoria per mettere la ciliegina sulla torta, ma Swinkels non è una che si arrende, soprattutto ora che sta diventando consapevole dei suoi mezzi. Le stimmate della campionessa sono uscite da junior quando nel 2016 è diventata iridata della cronometro, senza tuttavia mantenere le attese, a parte il sigillo tre anni dopo in una tappa della Vuelta a Burgos. Per vari motivi sembrava essersi un po’ smarrita (situazione che per altro capita a molti), invece nel finale dell’anno scorso in Belgio si è decisamente ritrovata. La tripletta centrata in maglia Jumbo-Visma al Tour de la Semois è stata la svolta per vedere la Swinkels di adesso. E noi abbiamo cercato di conoscerla meglio.

Al Fiandre Swinkels è sempre stata nel gruppo di testa, lavorando per Persico e chiudendo poi decima
Al Fiandre Swinkels è sempre stata nel gruppo di testa, lavorando per Persico e chiudendo poi decima
Karlijn che tipo di corridore sei? Che caratteristiche hai?

Sono un corridore a tutto tondo. Credo che le gare che mi si addicono di più siano quelle di media difficoltà. Mi piacciono le salite brevi e incisive. Sono abbastanza veloce in un gruppo ristretto dopo una gara dura. D’altra parte, mi piace molto anche aiutare le mie compagne di squadra a raggiungere la vittoria o il podio. Penso di poter essere di supporto in ogni tipo di gara.

L’anno scorso dopo la tua vittoria al Tour de la Semois sembri esserti sbloccata ed entrata in una nuova dimensione. E’ corretta questa impressione?

Sento che in questa stagione ho fatto un deciso passo in avanti. Sono felice di potermi migliorare passo dopo passo e che la squadra mi abbia lasciata libera di scoprire meglio i miei punti di forza.

Quest’anno hai fatto molti podi. Come giudichi la stagione finora?

Sono davvero soddisfatta di ciò che ho fatto. Avrei firmato per questo prima della stagione. Essere stata nei momenti decisivi dei finali delle classiche ed aver conquistato più podi in tutti i tipi di percorsi mi fa credere di poter vincere le corse. Questa conferma è davvero bella da ottenere dopo un duro lavoro.

Quali sono le gare in cui pensavi di vincere? Hai qualche rammarico?

Mi sono giocata la vittoria in più gare, ma passo dopo passo ho imparato di più. Non mi è capitato molte volte nella mia breve carriera, quindi ogni giorno continuo ad imparare. Anche recentemente al Thuringen Tour sono andata molto vicina alla vittoria, ma… non sono riuscita a chiudere abbastanza la porta (dice sorridendo, ndr). Sto cercando di trovare la mia strada verso il gradino più alto. Credo che questo obiettivo posso centrarlo anche in questa stagione.

Terza piazza per Swinkels (dietro a Jackson e Vas) nella seconda tappa della Vuelta. Uno dei tanti podi stagionali
Terza piazza per Swinkels (dietro a Jackson e Vas) nella seconda tappa della Vuelta. Uno dei tanti podi stagionali
C’è qualcuno che vuoi ringraziare per la tua crescita?

Naturalmente voglio ringraziare la mia famiglia che mi è sempre stata vicina e mi ha sostenuto in tutto quello che ho fatto fino a oggi. Senza di loro non sarebbe stato possibile essere dove sono ora. Inoltre, apprezzo molto Giorgia (Bronzini, la sua compagna, ndr) perché mi sta rendendo una persona migliore. Mi ha insegnato a essere più presente nel momento e a godermi quello che sto facendo. Infine, ma non per questo meno importante, voglio ringraziare l’UAE Team ADQ per aver creduto in me come ciclista e come persona. I miei allenatori Luca Zenti ed Enrico Campolunghi sono fantastici.

Hai qualche idolo in particolare?

Onestamente non ho un idolo, però mi piace imparare da chi è più bravo di me in qualcosa per poter crescere.

Doha 2016, Swinkels si fa conoscere al mondo vincendo la crono iridata juniores su Morzenti e Labous
Doha 2016, Swinkels si fa conoscere al mondo vincendo la crono iridata juniores su Morzenti e Labous
Qualcuno ha detto che hai un grande potenziale e che ricordi la “prima” Marianne Vos. Cosa ne pensi?

Penso che Marianne Vos sia una ciclista con cui non posso paragonarmi. È unica e ha vinto tanto in carriera. Penso solo di essere brava in gare simili a quelle adatte a Marianne. Spero di poter vincere un giorno gare come importanti come ha fatto lei.

Quali sono quindi le gare dei tuoi sogni?

Ne ho più di una. Mi piacerebbe vincere l’Amstel Gold Race, la Strade Bianche, il Fiandre o una tappa a Giro, Tour o Vuelta.

Swinkels è un’atleta che si trova a suo agio nelle corse a tappe. Al Thuringen Tour ha vinto la classifica a punti
Swinkels è un’atleta che si trova a suo agio nelle corse a tappe. Al Thuringen Tour ha vinto la classifica a punti
Che obiettivi ha Karlijn Swinkels per il finale di stagione e per il futuro?

Il mio obiettivo sarà quello di vincere una gara con i colori della UAE Team ADQ. Oltre a questo voglio continuare a correre con il cuore. Ho appena terminato il mio training camp in altura come avvicinamento al Kreiz Breizh (domani, ndr), al Tour Femmes e poi a Plouay. Spero di continuare a essere costante nel resto della stagione e di ottenere altri podi per la squadra.

Adesso Morgado non ha più paura del pavé…

29.04.2024
5 min
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Vincitore del ritrovato Giro di Romagna e poi pochi giorni fa alla Vuelta Asturias, Antonio Morgado continua senza ostacoli la sua crescita nel “mondo dei grandi”. Sembra ieri quando lottava da pari a pari con i migliori della categoria juniores, poi lo scorso anno una veloce capatina fra gli U23 con risultati di peso come l’argento iridato a Glasgow e ora una carriera tra i grandi iniziata subito con i fuochi d’artificio, non solo con le due vittorie sopra citate, ma anche – anzi soprattutto – con il quinto posto al Giro delle Fiandre, sfatando quella che sembrava un’idiosincrasia per il pavé.

E’ su questi temi che il campione portoghese del Uae Team Emirates ha risposto direttamente dalle Asturie, dove ha concluso da poco la sua terza corsa a tappe di questa impegnativa stagione, nata però sotto una bellissima stella e che anche sulle strade spagnole l’ha visto svettare.

Morgado si diceva refrattario al Fiandre. I tecnici della Uae hanno avuto ragione…
Morgado si diceva refrattario al Fiandre. I tecnici della Uae hanno avuto ragione…
Come giudichi questo tuo approccio fra i professionisti?

Penso che buona parte delle gare sia anda bene. Mi sento sempre più a mio agio, ma cerco di non farmi condizionare troppo dai risultati pur positivi, so che ho bisogno di fare molta esperienza, è un cammino che è solo all’inizio.

Con quale stato d’animo ti eri avvicinato alle classiche belghe?

Il mio obiettivo quest’anno è imparare. Le corse in Belgio sono servite soprattutto per questo. Devo dire che nelle mie uscite mi sono divertito molto, cerco di godermi ogni corsa il più possibile. E questo mi aiuta ad essere sempre più a mio agio in qualsiasi situazione.

Per il portoghese alla Vuelta Asturias vittoria nella seconda tappa, battendo in volata Torres e Del Toro sotto la pioggia
Per il portoghese alla Vuelta Asturias vittoria nella seconda tappa, battendo in volata Torres e Del Toro sotto la pioggia
In passato avevi affermato di non essere molto a tuo agio sul pavé, eppure sei arrivato quinto al Fiandre. Quel risultato ti ha sorpreso?

Sì, decisamente. Perché è una delle gare più difficili al mondo e io la guardavo con diffidenza, invece mi sono trovato bene, ho saputo interpretarla. Come detto voglio imparare e quel quinto posto mi ha detto tanto in prospettiva. Certamente non me l’aspettavo, ma sono davvero felice per quel piazzamento, ha un grande valore.

Hai rivisto quindi il tuo giudizio sulle corse belghe e il pavé?

Direi di sì, alcune gare mi piacciono molto, altre un po’ meno. Cerco però di prenderle tutte con più leggerezza e questo spazza via ogni remora che mi portavo dietro.

Sul pavé il portoghese deve ancora crescere. La prima Roubaix non è stata degna di nota
Sul pavé il portoghese deve ancora crescere. La prima Roubaix non è stata degna di nota
Tu hai corso anche la Parigi-Roubaix. Pensi che sul pavé francese puoi ottenere grandi risultati come al Fiandre?

Mmh, è un altro tipo di gara, legata molto di più anche alla fortuna, alla tenuta tecnica del mezzo. La prima esperienza è stata senza squilli, ma almeno l’ho portata a termine (ha chiuso 87° a più di un quarto d’ora da Van Der Poel, ndr) e mi sono portato dietro tante nozioni per il futuro. Mi aspetto che un giorno andrò e sarò tra i migliori anche in questa gara, molto diversa dal Fiandre.

Al Romagna hai vinto per la prima volta in maglia Uae. Fra te e Del Toro chi era il capitano e la strategia era stata stabilita prima del via?

La strategia era semplice: siamo partiti per vincere la gara. Non c’era un capitano, ma l’obiettivo era centrare la fuga giusta per portarla all’arrivo, poi me la sarei giocata allo sprint e così è stato. Devo dire grazie ai compagni, anche a Del Toro che hanno lavorato in copertura, è bello quando un piano viene portato a termine. Non è certamente stato semplice, in Italia non lo è mai. E’ stata una gara dura, molto selettiva. Ma avevo buone gambe, che mi hanno supportato quando è stato il momento di fare la differenza.

Fuga e volata vincente al Giro di Romagna, davanti a Bou (ESP), poi Mattia Bais e Carboni
Fuga e volata vincente al Giro di Romagna, davanti a Bou (ESP), poi Mattia Bais e Carboni
Quella nelle Asturie è la tua terza corsa a tappe quest’anno: in questo tipo di prove pensi di poter anche puntare alla classifica?

No. In questo tipo di gare io lavoro per i miei compagni di squadra, per chi è maggiormente attrezzato per lottare per la classifica. Magari in futuro sarà possibile, ma per ora ci sono corridori più adatti e io devo fare gli interessi del team. Intanto però posso puntare alle tappe.

Il Portogallo ha due posti a disposizione per le Olimpiadi: ci stai pensando o ritieni che i Mondiali a Zurigo siano più adatti a te?

Non posso negare che mi piacerebbe, chi l’avrebbe detto solamente pochi mesi fa che a venti anni poteva esserci quest’eventualità, andare ai Giochi Olimpici? Io mi do da fare per essere sempre sulla breccia, aspettando che arrivi la chiamata, ora è diventato un obiettivo primario nella stagione.

Per il lusitano già una piazza d’onore a Le Samyn, dietro il belga Laurent Rex
Per il lusitano già una piazza d’onore a Le Samyn, dietro il belga Laurent Rex
Questo è il tuo primo anno da professionista, forse presto per un grande Giro: preferiresti esordire subito al Tour o fare esperienza al Giro o alla Vuelta?

Penso che per un grande Giro sia davvero presto. Se dovessi scegliere vorrei esordire al Giro d’Italia e non affrontare subito una corsa difficile come il Tour anche considerando il diverso periodo di effettuazione, il caldo e tutto quanto. Avrei modo per imparare. Ma non devo pensarci quest’anno, c’è già abbastanza carne al fuoco, mi pare…

Che ti aspetti da qui alla fine della stagione?

Con la gara spagnola chiudo la prima parte della stagione. Adesso mi prenderò una pausa, nella quale conto comunque di provare a perdere qualcosa nel peso per essere ancora più scattante, voglio poi allenarmi duramente per essere pronto per quanto tornerò in gara. Voglio ad esempio mettermi alla prova su salite lunghe, vedere se sono migliorato. E’ tutto un work in progress per il futuro, come detto il mio principale obiettivo è imparare, il tempo è dalla mia parte.

Alla vigilia dell’Inferno, faccia a faccia col viceré del Fiandre

06.04.2024
7 min
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Nella vita di chiunque e di un atleta in particolare, saper cogliere le occasioni è quello che fa la vera differenza. Quando si è preso coscienza del fatto che al Fiandre non ci sarebbe stato il vincitore uscente Pogacar e che anche Van Aert e Stuyven sarebbero mancati per la caduta di Waregem, si è aperta la caccia al secondo posto. Quanta gente avrebbe potuto lottare per fregiarsi della corona di viceré? Tanti, da Pedersen a Matthews, passando per Bettiol e Wellens: alle spalle di Van der Poel c’erano atleti di indubbio valore. L’unico che però sia riuscito a giocare alla perfezione le proprie carte è stato Luca Mozzato da Arzignano. Uno che non ha mai fatto proclami, con un numero onesto di followers e la carriera in costante ascesa. Sin da quando nel 2020, volendo passare professionista, si rassegnò a stare fuori dal WorldTour mentre i suoi compari Battistella, Sobrero e Konychev vennero destinati ai piani alti.

Credete che se la sia presa? Niente affatto. E ancora oggi, quando pensa a quella decisione, benedice la concretezza che la ispirò. Signore e signori, lo conoscete già perché ve lo abbiamo raccontato in mille e più occasioni, ma questo è Luca Mozzato dopo il secondo posto del Fiandre e alla vigilia della Roubaix. Uno che non ha paura dei giganti del Nord, perché ha imparato a rispettarli e a studiare se stesso.

La volata di Mozzato contro Matthews e Politt è stata uno scontro di energie residue (foto De Ronde)
La volata di Mozzato contro Matthews e Politt è stata uno scontro di energie residue (foto De Ronde)
Mercoledì hai corso anche la Scheldeprijs, non avresti fatto meglio a riposarti un po’?

Forse col senno di poi avrei fatto meglio a tirare un po’ il fiato. Però non doveva essere una corsa troppo impegnativa, alla squadra faceva comodo e così sono andato.

Se da bambino ti avessero detto che saresti arrivato secondo al Fiandre?

Forse non mi sarebbe stato bene, avrei detto che volevo vincerlo. Però crescendo si cambia e se me lo avessero detto un mese fa, sarei stato incredulo. Adesso che è successo, sono super contento. Ho ricevuto un sacco di messaggi come al Tour di due anni fa ed è una cosa a cui non sono abituato. Per il corridore che sono sempre stato, non mi sono mai ritrovato al centro dell’attenzione. Però capisco che vedermi nel vivo della corsa cambi la percezione che la gente ha di me. Fa piacere, ma non credo che mi abituerò mai a questo tipo di emozioni, non le darò mai per scontate.

Secondo al Giro delle Fiandre.

Il risultato è stato sicuramente oltre ogni più rosea aspettativa. Oggettivamente la mattina l’obiettivo era quello di arrivare nel primo gruppo che si potesse chiamare tale. Quindi in genere, tolti quelli che si giocano la corsa, essere nel gruppo fra la dodicesima e la ventesima posizione, a seconda di quanto è grande il gruppo e di come è andata la gara. Quello poteva essere un obiettivo nell’eventualità che la situazione fosse favorevole. Per cui nella migliore delle ipotesi sarei potuto entrare nei dieci, diciamo un ottavo posto. Andare a podio neanche lo avrei potuto immaginare.

Sfinito dopo l’arrivo, al Fiandre Mozzato ha visto l’occasione e non l’ha sprecata
Sfinito dopo l’arrivo, al Fiandre Mozzato ha visto l’occasione e non l’ha sprecata
Come è stato salire per l’ultima volta sul Qwaremont: a cosa hai pensato?

Ho capito veramente che il podio fosse ancora in gioco negli ultimi due chilometri. Alla radio mi avevano detto che davanti non erano in tanti, però comunque la sensazione era che Bettiol e Teuns fossero un po’ troppo lontani. Noi inseguitori siamo stati anche abbastanza fortunati, perché dal Paterberg fino a Oudenaarde non c’era tanto vento e quel poco che c’era, era in faccia. Questo ci ha dato una mano. Il vento ha giocato a nostro favore e noi siamo stati bravi a collaborare. L’occasione di andare a podio era ghiotta, quindi abbiamo girato tutti. Non si poteva pretendere che i quattro della UAE Emirates si mettessero a fare il trenino come se fossimo a metà corsa. L’ultima cosa che ha girato veramente a nostro favore è stato il fatto che non ci siamo mai guardati. Ai meno due quelli in superiorità numerica hanno cominciato ad attaccarci e noi, non fermandoci, siamo riusciti a prendere i fuggitivi proprio sulla linea.

Quando li hai visti che cosa ti è scattato nella testa?

Mentre andavamo verso Oudenaarde, contavo i corridori per vedere quanti dovevo metterne dietro per entrare nei dieci. Ero consapevole di essere abbastanza veloce, però il picco di velocità dopo sei ore e mezza di corsa è una cosa abbastanza relativa. E’ stata più che altro una volata di energie rimaste. Io ho provato a fare il massimo che potevo e per fortuna sono stato più veloce.

Hai avuto un’occasione e l’hai colta.

Se ci fossero stati Van Aert e anche Stuyven, sarebbe venuta fuori una corsa completamente diversa e probabilmente staremmo parlando dell’esatto contrario. Ma come dicevate, il ciclismo è anche saper cogliere le occasioni. A me se ne è presentata una bella ghiotta e penso di aver fatto il massimo. Oggettivamente Van der Poel era di un altro livello e avendo questa consapevolezza, ho raccolto il massimo possibile. Partiamo dal presupposto che per me è andato tutto dritto, perché se non fosse stato così sarebbe stato difficile arrivare secondo. La situazione di corsa ha girato bene e io ho avuto una delle migliori giornate della carriera al momento giusto, che mi ha permesso di fare il podio in una delle classiche più grandi.

Mozzato è il viceré del Fiandre, battuto da Van der Poel. Gli altri tutti dietro
Mozzato è il viceré del Fiandre, battuto da Van der Poel. Gli altri tutti dietro
Sei sempre stato uno coi piedi per terra, sin da quando sei passato professionista…

Penso che ognuno debba fare il suo percorso. Io credo di aver fatto tutte le scelte corrette, partendo comunque dal presupposto che quando sono passato non avevo la possibilità di andare in una squadra WorldTour. Però, come ci siamo detti spesso, non sarei stato nemmeno pronto, quindi è stata quasi una fortuna che sia andato in una squadra più piccola. Ho sempre potuto giocarmi le mie possibilità in corse di seconda e terza fascia e così sono riuscito a non perdere l’attitudine di correre davanti. Magari se fossi andato in una squadra con grandi leader, mi avrebbero chiesto di mettermi a disposizione e avrei perso la mentalità vincente. E questo a lungo andare paga.

Domani la Parigi-Roubaix, con quale obiettivo?

L’obiettivo è fare una bella corsa. Ho cercato di recuperare il meglio possibile e spero di avere una giornata come domenica scorsa. Ovviamente partirò con la stessa idea di rimanere nel vivo il più possibile e giocarmi il piazzamento. Come ambizione concreta, ci può essere una top 10, però comunque avrò bisogno di situazioni favorevoli.

Sei un corridore di 68 chili, come mai ti trovi così bene sulle pietre?

Secondo me è tanto un fatto di attitudine. Prima di questa campagna del Nord, ero convinto di non essere abbastanza forte per il Fiandre e di essere troppo leggero per la Roubaix. Probabilmente fra le due, quella più difficile per me era proprio il Fiandre perché nel finale viene veramente duro. Ma visto come è andata, il sogno è quello di arrivare davanti anche domani e poi si vedrà.

Quest’anno Mozzato ha già vinto la Bredene Koksijde Classic
Quest’anno Mozzato ha già vinto la Bredene Koksijde Classic
La squadra ha celebrato degnamente il tuo piazzamento?

Sicuramente anche loro erano contenti. Perché per me era addirittura il primo podio WorldTour e centrarlo in una corsa del genere penso che sia stato un punto di svolta. Però è stato anche il primo podio in una Monumento per la Arkea-B&B Hotels, quindi erano tutti contenti, a partire dai direttori e dallo staff. C’era anche il manager, quindi sicuramente è stato un bel momento da condividere tutti assieme. Poi, se vogliamo parlare di festa, non abbiamo potuto esagerare perché comunque avremmo dovuto correre ancora mercoledì e in vista della Roubaix. Quindi un po’ ci siamo tenuti, però un bell’hamburger con le patatine non ce lo siamo fatti mancare.

Quindi adesso ti toccherà chiedere l’aumento di stipendio?

Bisognerà trattare (ride, ndr). Ho ancora un anno di contratto, ma vediamo se il mio procuratore Manuel Quinziato farà bene il suo lavoro.

Se la ride. Il secondo posto del Fiandre gli ha dato sicuramente superiore consapevolezza nei suoi mezzi. Per quella che è stata finora la carriera di Luca Mozzato, siamo certi che non smetterà di costruire l’atleta che ha sempre pensato di poter diventare. L’ultimo podio italiano in una Monumento era stato al Lombardia 2023, con Bagioli secondo dietro Pogacar. La rincorsa continua.

La Paternoster del Fiandre, parole nuove e gli occhi della tigre

06.04.2024
6 min
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«Penso che il momento in cui ho risposto alla Longo – ride Paternoster – sia stato quello in cui mi ha finito, il colpo di grazia. Diciamo che negli ultimi chilometri del Fiandre quello che mi spaventava in realtà non era tanto il Paterberg, ma il Qwaremont. Il Paterberg è più corto e più esplosivo, anche se alla fine di esplosività non ne era rimasta molta. Diciamo che il Qwaremont e i suoi due chilometri mi tenevano in apprensione. Di solito tutte le azioni importanti delle scalatrici iniziano lì, per cui una volta che l’ho passato, sono andata al muro successivo con fiducia e invece ho scoperto di non averne più. Devo dire che confrontandomi con i direttori sportivi, ad esempio con Pinotti, sicuramente quel tipo di resistenza mi verrà con le gare e con l’esperienza. A me mancano un po’ di corse nelle gambe rispetto a tutti quelli davanti, quindi penso che col tempo riuscirò a colmare questo gap».

Martedì era in pista, mentre giovedì Letizia è partita nuovamente per il Nord: destinazione Roubaix. La trentina, che tanti per anni hanno accusato di pensare soltanto all’esteriorità, ha cambiato decisamente registro. Chi l’ha vista combattere a Waregem e poi al Fiandre, ha fatto fatica a riconoscerla. Un terzo e un nono posto. Una tigre, con la voglia di riprendersi qualcosa che sentiva di aver perso: una ragazza di 24 anni che sta crescendo e ha la carriera tutta davanti. Che stesse cambiando lo avevamo intuito incontrandola a settembre all’Italian Bike Festival, ma l’inverno ha portato davvero grandi cambiamenti.

Dopo l’arrivo del Fiandre, Letizia Paternoster era sfinita e motivata
Dopo l’arrivo del Fiandre, Letizia Paternoster era sfinita e motivata
In queste corse sei sembrata molto cattiva, non ti si vedeva così da un pezzetto…

Sono molto cattiva? No dai, non sono mai cattiva. Sicuramente ho tanta fame di risultato, tanta grinta, tanta voglia di arrivare e sicuramente si vede.

Questo amore per le corse del Nord c’è sempre stato o lo stai scoprendo ora?

In realtà diciamo che sono alle prime esperienze in queste gare. La prima volta che le ho fatte è stata lo scorso anno, la prima volta nella mia vita al Fiandre e alla Roubaix. La Attraverso le Fiandre invece l’ho scoperta quest’anno. Devo dire che mi stanno piacendo assai. E anche se non le abbiamo fatte col sole, ho scoperto che mi piacciono queste condizioni estreme, questa fatica. E’ tutto un insieme di cose che le rendono belle, perché amo soffrire, amo la fatica. Quindi riuscire a fare bene con queste condizioni mi piace davvero tanto. E arrivare alla fine e riuscire a stare bene fa sì che mi senta un’atleta tosta. E mi piace dimostrarlo.

Forse dimostrarlo è il verbo più giusto. Raramente avevi mostrato questa convinzione: vuoi far vedere che nei sei capace?

In realtà non è voglia di farlo vedere, quanto una cosa che mi viene da dentro. Sinceramente lo faccio solo ed esclusivamente per me stessa, penso di volerlo dimostrare innanzitutto a Letizia. Essere là, sentirmi bene, riuscire ad andare forte. E più riesco ad andare forte, più mi esalto e vado ancora meglio. E’ un nuovo circolo in cui mi trovo benissimo.

Il podio di Waregem, con Vos e Van Anrooij, è il primo degli ultimi due anni: un risultato che vale
Il podio di Waregem, con Vos e Van Anrooij, è il primo degli ultimi due anni: un risultato che vale
Meglio il terzo posto a Waregem o il nono del Fiandre?

Entrambi, ognuno ha il suo sapore. Sicuramente tornare sul podio è stato veramente emozionante, soprattutto esserci ritornata con un’azione di forza. Il Fiandre però è il Fiandre, è unico. Essere lì davanti fino all’ultimo muro a combattere con le grandi del ciclismo è stato veramente qualcosa di unico. Mi ha dato sicuramente fiducia ed è il punto di partenza che mi serviva e mi ha dato tantissime conferme. Una grande motivazione che mi fa ben sperare per il futuro. Sicuramente d’ora in avanti ci credo un po’ di più.

La sensazione è che il cambio di squadra sia stato un passaggio decisivo.

Sì, alla Jayco-AlUla mi sento veramente bene, mi vogliono veramente bene. Credono tantissimo in me, ci hanno creduto fin dal primo momento che mi hanno presa, accolta, accudita e aiutata a crescere. Avevamo un grande obiettivo, hanno sempre creduto nei miei numeri e sapevano che con pazienza e lavoro sarebbero riusciti a tirarmi fuori e così è stato. Hanno creato intorno un clima di lavoro veramente sereno, il cui merito è soprattutto di Brent Copeland. Penso che questo sia stato il punto di svolta.

Secondo te accade tutto grazie alla squadra oppure grazie a Letizia che sta diventando grande?

Penso che sia per entrambe le cose. Sicuramente in primis c’è una Letizia che è cresciuta, che è maturata. Che con le esperienze negative del passato è riuscita a maturare e imparare tanto. Ora ho una consapevolezza diversa. D’altra parte c’è la squadra vicina che mi ha dato fiducia. Mi stanno insegnando tantissimo e io ho bisogno di imparare tanto.

La nuova Paternoster sta sommando esperienze importanti correndo fra le big
La nuova Paternoster sta sommando esperienze importanti correndo fra le big
Che cosa?

Una delle cose di cui mi sono veramente resa conto è che stavo in gara, lì davanti, e pensavo: e adesso che faccio? Allora ho iniziato a guardare la Longo Borghini oppure Lotte Kopecky. Quando cambiavano rapporto, cambiavo anch’io. Guardavo come si muovevano. Quando prendevano i ciucciotti, dicevo: «Cavolo, devo mangiare». Tutte cose che sto iniziando ad imparare adesso che riesco a pedalare vicino a queste grandi campionesse. Sta andando tutto bene, sicuramente la vita è una ruota che gira e adesso è tempo che giri anche dalla mia parte.

Com’è stato passare dai sassi e dalla pioggia del Fiandre al parquet di Montichiari?

Bellissimo (ride, ndr), una gioia infinita, un sollievo. Sono tornata perché in vista della Coppa del mondo di Milton era giusto fare un allenamento in pista, riprendere un po’ di brillantezza. Ho visto Marco Villa, prima abbiamo girato insieme alle ragazze del quartetto e poi ho fatto un po’ di lavori con lui per richiamare la brillantezza e l’esplosività con la bici da corsa a punti.

Cosa farai alla Roubaix?

Non ci sono salite, ma ci sono pietre. La affronto con tantissimo entusiasmo, sapendo che sto bene. Voglio riuscire a capirla, pur sapendo che è una corsa in cui contano tanto anche le condizioni esterne. Voglio arrivare lì con la maggiore positività possibile, con il grande sorriso e con grinta e voglia di stupire. Dentro di me so che sto bene, so che Roubaix è un posto che mi ha sempre portato bene. Lì ho vinto il mio primo mondiale in pista, proprio davanti a Lotte Kopecky. Chissà, magari è di buon auspicio. Voglio lottare fino alla fine, la fatica non mi fa paura e finché ne ho, lotterò per sognare in grande.

Agli europei per Paternoster è arrivato il titolo dell’inseguimento a squadre
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Quasi non ti si riconosce: Letizia è sempre stata così guerriera e non lo avevamo capito?

Questa è la vera Letizia. C’è sempre stata, ma forse in quel periodo un po’ nero si era persa. Ora ho ritrovato quella che ero. Da junior sono sempre stata così, i primi anni da professionista feci terza alla Gand-Wevelgem. Ero questa, lo sono tuttora, mi sono ritrovata.

Le Olimpiadi di Parigi si svolgeranno ad agosto, restano il pensiero centrale?

Le Olimpiadi sono il grande e unico obiettivo dell’anno. Le sogno da tantissimo, chiudo gli occhi e ci penso. Ho fatto una grande preparazione per i campionati europei che sono andati bene, sono andata molto bene nel quartetto e da lì ho iniziato a fare veramente dei buoni numeri. Ora è il momento di correre su strada e stanno venendo fuori dei bei risultati, ma diciamo che tutta la preparazione è nata per la pista. Voglio ottenere i migliori risultati perché ho tanta fame di vittoria.

A Tokyo non si è vista una grande Paternoster, quanto sei diversa da allora?

Tanto. Sono una Letizia serena e con tanta voglia di riscatto. Se penso a Tokyo, penso soprattutto alla tanta voglia di riprendermi quello che ho lasciato per strada.