ALTEA (Spagna) – Quanta curiosità attorno alla X-Lab AD9 della XDS-Astana del colosso del carbonio XDS. Una curiosità nata dal fatto che è un brand nuovo, almeno per il nostro mercato, e soprattutto per le sue caratteristiche innovative. Di certo questa belva non passerà inosservata in gruppo. Il modello aero, appunto la AD9, si distingue per la rigidità, l’aerodinamica e una geometria che punta a bilanciare velocità e stabilità.
Abbiamo chiesto a due corridori del team, Matteo Malucelli e Christian Scaroni, le loro impressioni su questa bici. Con caratteristiche fisiche e ruoli in gara ben diversi: velocista il primo, scalatore il secondo. I due atleti ci hanno offerto un confronto diretto sulle prestazioni della AD9, toccando tutti gli aspetti fondamentali del nuovo mezzo.
La prima caratteristica, l’aggettivo secco che vi viene in mente per definire questa X-Lab AD9?
MALUCELLI: «Più che un aggettivo mi viene un sostantivo: la definirei una spada».
SCARONI: «Veloce, molto veloce».
Si è parlato molto della rigidità di questo telaio, è così?
MALUCELLI: «Sì, infatti il sostantivo che ho usato richiama proprio questo. La bici è veloce e rigida, ti dà la sensazione di avere in mano una spada. Sicuramente è rapida, questo l’abbiamo constatato tutti in squadra. Ora stiamo lavorando per alleggerire il telaio e renderlo più performante anche in salita».
SCARONI: «Lo staff e i meccanici stanno lavorando per far sì che tutto questo, appunto il calo di peso, avvenga nel minor tempo possibile. Siamo fiduciosi che possa diventare un mezzo competitivo anche per le corse più dure, non solo per i velocisti».
In volata o quando comunque si fa un rilancio, che sensazione vi dà?
MALUCELLI: «La sensazione è che la bici, una volta lanciata oltre i 50 all’ora, sia reattiva e molto veloce. Senti proprio che ti scappa via. Con partenze da velocità più basse sembra un po’ più pesante da spingere, ma è un compromesso che accetto per le sue prestazioni in pianura e in volata. E poi essendo io uno sprinter, che per me sia meno fulminea alle basse velocità conta relativamente. Una cosa è certa: non flette e non disperde nulla».
SCARONI: «Magari non è super esplosiva nei rilanci, ma quando prende velocità è molto aerodinamica e soprattutto stabile e questo in qualche modo ti aiuta a mantenere la velocità. Le geometrie e i tubi massicci si danno sensazioni in positive».
Il comportamento in salita?
MALUCELLI: «Con la mia stazza i 200-300 grammi di differenza non li percepisco molto, considerando che il peso della bici è una piccola percentuale del mio: l’intera bici pesa circa il 10 per cento del mio corpo. Per uno scalatore, invece, è più rilevante. Loro pesano 60 chili e il peso della bici, incide di più. Sarà del 15 per cento e forse più. Ma questo vale non solo per la AD9».
SCARONI: «Noi scalatori quei 300 grammi li sentiamo di più in effetti. Però il telaio è ottimo, ci si può costruire un mezzo importante in questi mesi. Per salite brevi e ripide non è un problema. E questo va bene per me che sono sì uno scalatore, ma non uno scalatore puro. Devo fare bene su salite da 15′ al massimo. In tal senso va peggio a Fortunato, che magari deve fare classifica al Giro d’Italia e si trova a fare i conti con scalate di 40′ e anche più. Ma per queste salite lunghe stiamo lavorando a soluzioni che lo alleggeriscano o comunque abbiamo un modello apposito (la RT9, ndr). Le nuove ruote di Vision Metron da 45 millimetri, che tra l’altro stiamo testando proprio in questi giorni ci aiuteranno non poco».
La AD9 è una bici aero e “muscolosa”: a livello di handling come la sentite? Quando vi alzate sui pedali resta leggera o è macchinosa?
MALUCELLI: «A basse velocità è un po’ più legnosa. Deve prendere velocità per dare il meglio di sé, però va via facile e mantiene bene la velocità. Io ne sono super, super contento».
SCARONI: «Come dicevo abbiamo anche il modello da scalatori, ma io preferisco comunque la versione aero per risparmiare watt in pianura. Anche se è meno snella sul ripido, è comunque il modello che scelgo. Oggi la componente aerodinamica è troppo importante. E poi già solo con le nuove ruote i cui raggi sono in carbonio scenderà di 200 grammi circa».
Il setup che preferisci?
MALUCELLI: «Non bado troppo al peso. Preferisco l’aerodinamica, quindi la voglio con ruote Vision Metron da 60 millimetri anche nelle tappe più dure. Per le coperture prediligo quelle da 28 millimetri. Uso pedivelle da 170 millimetri dal 2016, ormai sono la mia misura standard. Mi danno un’ottima cadenza in volata».
SCARONI: «Dipende dalla corsa. Per gare veloci, monto ruote da 60 millimetri, mentre per tappe più dure preferisco ruote da 45. Le mie pedivelle sono da 165 millimetri. Le uso da questo autunno, mi permettono una pedalata più agile e una posizione più comoda e che mi consente di spingere meglio in salita: quando la gamba sale gli angoli sono più aperti. Volevo già montarle prima del Giro 2024, ma non era possibile. Una soluzione del genere va provata. All’inizio non sapevo cosa aspettarmi e non ero convintissimo, ma poi ho visto che mi sono trovato subito bene».
Avete ritoccato qualche misura per adattarvi alla X-Lab AD9?
MALUCELLI: «Ho scelto una posizione “vecchio stile”, quindi più arretrata. Che poi non è arretrata, ma non esagerata in avanti. Ho fatto questa scelta per sfruttare meglio la catena muscolare posteriore durante la corsa e risparmiare il quadricipite per le volate nel finale di gara. Chiaro, perderò qualcosa in salita, però mi cambia relativamente poco. L’importante è cercare qualche watt ulteriore per lo sprint».
SCARONI: «Io ho fatto il contrario. Ho avanzato ulteriormente la sella per avere una posizione più aggressiva e reattiva, pensando proprio alla salita. Ognuno cerca di rendere al meglio sul proprio terreno».
Sensazioni in discesa?
MALUCELLI: «Non voglio screditare nessuno, però in passato sono caduto due volte in discesa non per colpa della bici sicuramente, ma per un insieme di geometrie e situazioni relative ai montaggi, pertanto ho perso un po’ di sicurezza. Così, specialmente in allenamento, preferisco scendere più tranquillo. Saranno anche gli anni che passano! Ma con questa bici mi sto trovando bene. La forcella anteriore è più aperta: questo allunga il passo delle due ruote e in teoria si perde qualcosa in fatto di accelerazione, ma ti permette di avere più stabilità in discesa. E infatti a livello di sicurezza e di guidabilità la AD9 ha sicuramente qualcosa in più. Io credo che questa geometria sia un buon compromesso per quanto riguarda guidabilità, scatto, reattività e velocità».
SCARONI: «Per fortuna Matteo che hai perso sicurezza! A San Marino in tre tornanti non lo vedo già più! E io non sono un incapace in discesa… Vero, la bici è molto stabile. Nelle discese più tortuose se ha una linea giusta è difficile che perda la traiettoria, ma se sbagli ti dà meno la possibilità di correggere, come invece può avere una bici da scalatore che è più facile da manovrare».
Oggi però è molto più difficile fare correzioni con le posizioni che ci sono: siete tutti raccolti e spostati in avanti. Una volta, per dire, il mozzo anteriore non si vedeva, restava nascosto dalla piega manubrio (che era anche più fina), oggi ci si è sopra col mento…
MALUCELLI: «Sicuramente questa disperata ricerca di posizioni avanzate fa sì che si sposti il baricentro più avanti e che ci sia un sovraccarico sull’avantreno. Questo non ti permette di fare errori, perché nel momento in cui lo fai tutto come freni o fai anche solo una piccola deviazione perdi il grip, la bici se ne va. L’anno scorso usavo una posizione più avanzata. Avevo trovato una strategia in discesa: stare sempre “fuori sella indietro”. Quando sei in una situazione di controllo questa è una manovra che fai agevolmente, ma quando sei a tutta o affannato fai un disastro. Le bici attuali col perno passante, le ruote in carbonio, le gomme larghe, la rigidità del telaio e le velocità che sviluppano non ti permettono di sbagliare. Se tu arrivi in fondo a una discesa, fai una staccata col freno anteriore e improvvisamente lo lasci, la bici diventa una molla. Ti arriva una scodata perché scarica tutta la tensione che gli stai dando con la pinza anteriore. Il problema è che quell’energia te la scarica addosso. A quel punto, se sei dritto okay, ma se sei piegato… ciao».
SCARONI: «Condivido quel che ha detto Matteo, ma secondo me una cosa l’ha dimenticata: la larghezza del manubrio. Oggi tutti cercano l’aerodinamica e tendono a stringere il manubrio. Stringendo il manubrio controllare la bici in curva diventa più difficile da controllare e di conseguenza anche correggere è più complicato».