Van der Poel e Van Aert, storie diverse, identica resa

06.04.2025
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OUDENAARDE (Belgio) – I due galli hanno trovato uno più gallo di loro. Quando Van der Poel e Van Aert si ritrovano a inseguire Pogacar, il pensiero è stato proprio questo. Due storie differenti, ne siamo consapevoli. L’olandese è il vincitore di Sanremo e Harelbeke, il belga fa fatica a mettere insieme la testa e le gambe. Però, in questo Fiandre che lo ha mostrato finalmente al livello dei migliori, vederli entrambi inchinati ai piedi di Pogacar fa pensare a equilibri da riscrivere. Soprattutto su queste che erano le loro strade.

«Quella caduta ovviamente non è stata l’ideale – dice Van der Poel – ma tutto sommato siamo riusciti a rientrare bene. Peccato, ma sarebbe potuta andare peggio. Poco prima del secondo passaggio sull’Oude Kwaremont sono stato spinto di lato, quindi sono dovuto rientrare da molto lontano. Alla fine però non ce l’ho più fatta e sono stato costretto a sedermi. Ho sentito subito che ero al limite, non ho mai avuto un super feeling. Il più forte era davanti, di solito è così e anche oggi è stato abbastanza chiaro. Ho lottato per salire sul podio basandomi sull’esperienza e sulla forza di volontà, e ne sono contento. Il Fiandre era programmato, ma non sono stato abbastanza bravo».

In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel
In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel

Un maledetto raffreddore

In realtà Van der Poel tira fuori un malanno che aveva scaltramente nascosto a tutti. Un brutto raffreddore rimediato dopo la vittoria di Harelbeke, che potrebbe spiegare la resa o renderla meno pesante.

«Dopo Il GP E3 sono stato malato per tre giorni – spiega – e ho perso un po’ di forza, soprattutto all’inizio della settimana. Per domenica spero di ritrovare le mie gambe migliori. Questa settimana ho riposato molto per recuperare, ma la prossima voglio allenarmi di nuovo forte per essere completamente pronto per Roubaix. Sarà una gara diversa. E’ meno dura e serve un po’ più di fortuna. Vedremo cosa succede. Penso che ci siano più candidati vincitori a Roubaix che qui al Fiandre. Il quarto successo arriverà? Lo sento spesso. Anche gli altri l’hanno inseguita e aspettata, ma non è arrivata, per cui sono molto orgoglioso di quelle tre tacche accanto al mio nome».

Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo
Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo

La reazione di Van Aert

Va segnalata in questa giornata di festa che è stata selvaggia ed oceanica, l’ottima prestazione di Wout Van Aert e della sua squadra, che aveva qualcosa da farsi perdonare. Il grande belga ha venduto cara la pelle e, anche se è stato presto chiaro che non fosse tra i più forti, non ha mollato per un solo metro. Alla fine dei tanti inseguimenti, è riuscito a giocarsi la volata per il podio, chiudendo non troppo malinconicamente e anzi con fierezza al quarto posto.

«E’ stata una gara molto difficile – dice Van Aert dopo l’arrivo – come tutte le altre da queste parti, naturalmente. Con un uomo nella fuga, la nostra squadra ha fatto lo stretto indispensabile e abbiamo provato a seguire i due favoriti. Sono molto contento che abbia funzionato e sia andata come ho sperato. Ho lavorato duro per costruirmi una buona condizione per oggi e per la settimana che viene e mi piace essere stato qui e combattere per il podio. Questa è l’unica cosa che mi è mancata oggi, arrivare un gradino più in alto, ma per me questo era il mio posto di oggi.

«Era impossibile fare uno sprint migliore di così. I tre che sono arrivati davanti sono stati più forti di me. Vedremo se questa fatica basterà per fare meglio a Roubaix. Contro questo Pogacar c’era poco da fare. Quando alla fine ho attaccato e mi sono voltato, c’era lui a inseguire. E ho pensato che se va forte così sull’asfalto e poi stacca gli altri sul pavè, deve essere davvero speciale. Lo avevo capito già sul primo Qwaremont, il finale lo ha confermato».

Quinto attacco sull’ultimo Qwaremont e Pogacar se ne va

06.04.2025
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OUDENAARDE (Belgio) – Può sembrare strano come cosa da dire al termine di un Giro delle Fiandre così veloce, il più veloce della storia, eppure Tadej Pogacar ha dovuto sudarsi la vittoria come raramente gli è successo in precedenza. Il campione del mondo non si è potuto accontentare di un solo scatto, ma ha dovuto piazzarne un quantitativo indefinito (cinque quelli davvero incisivi) prima di poter infine staccare tutti i contendenti, che raramente negli ultimi anni sono stati così forti. Basti pensare che a un certo punto al comando del Fiandre si sono ritrovati tre campioni del mondo: Pogacar, Pedersen e Van der Poel, finiti così peraltro sul podio. Van Aert al quarto posto non ha reso certo meno nobile l’ordine di arrivo e anzi si è scrollato dalle spalle come forfora un bel mucchio di negatività. Un Fiandre così bello lo ricorderemo a lungo.

Bisogna dire che la sensazione a un certo punto è stata che Mathieu Van der Poel fosse più brillante dello sloveno, con la solita incognita di quanto gli fosse costato rientrare dalla caduta a 125 chilometri dall’arrivo. L’olandese è sempre parso in controllo e soltanto in occasione di uno degli ultimi scatti di Pogacar è parso rispondere con una insolito attendismo. Era forse la spia della riserva che iniziava a lampeggiare? Sta di fatto che quando lo sloveno ha imboccato per la terza ed ultima volta il Vecchio Qwaremont, la sua accelerazione non ha concesso scampo.

Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi
Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi

Meglio del meglio

Quando arriva da noi, dopo le telecamere, le premiazioni, le maglie da firmare e chissà a cos’altro lo hanno sottoposto dopo la vittoria, Pogacar ha lo sguardo sfinito e prega di fare presto perché ha un aereo da prendere.

«E’ difficile descrivere quanto sia grande questa vittoria – ammette – e quanto significhi per me. Non potevo immaginare che sarebbero serviti così tanti attacchi, ma ho visto che gli altri ragazzi erano ancora molto forti la prima volta che sono scattato. Ho dovuto davvero tirare fuori il mio meglio per fare rendere gara difficile e ho provato a dare tutto quello che avevo sull’ultimo Qwaremont. Non ero sicuro che sarei arrivato, fino a quando sono arrivato sulla strada principale e ho visto che dietro di me non c’era nessuno. Però ho continuato a spingere. Mathieu (Van der Poel, ndr) era molto forte, quindi non potevo giurare che non sarebbe tornato. Sapevo cosa dovevo fare e ho provato a farlo».

Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi
Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi

Una generazione di fenomeni

Gli chiediamo se si sia divertito a scattare, farsi riprendere, riscattare chiedendo cambi e tenendo in precedenza la squadra sempre in tiro. Lui osserva per un istante il vuoto, poi torna a guardare fisso e spalanca un sorriso grande così.

«Credo che abbiamo una generazione molto bella di corridori – riflette – un sacco di campioni di livello altissimo. Mi piace correre contro loro, sono grandi campioni e bravi ragazzi. Oggi è stato un giorno fantastico per loro, per i loro fan e per il mio team. E’ stato un giorno perfetto, anche se da un certo punto in poi è stato chiaro che avremmo potuto contare solo su noi stessi. In questo tipo di gara niente va mai alla perfezione. Purtroppo abbiamo perso Johnny e Tim (Narvaez e Wellens, ndr) nella caduta di Van der Poel. Non è andata perfettamente, ma alla fine ciascuno di quelli rimasti ha dato il massimo e il piano ha funzionato. Bjerg ha fatto un lavoro fenomenale oggi, penso che la maggior parte delle persone non riuscirà a capire quanto sia stato ottimo. Anche il giovane Morgado: Antonio è impressionante, sarà un grande campione e oggi ha fatto un lavoro perfetto».

Il piano di Pogacar

Il piano che ha funzionato. La frase incuriosisce. C’era un piano anche alla Sanremo, ma il percorso troppo facile lo aveva vanificato. Attaccare, attaccare, attaccare. Ma come scrivemmo nell’ultimo editoriale, quando il percorso gli offre il dislivello giusto, il piano di Pogacar difficilmente fallisce.

«Il piano era di renderla una gara difficile – spiega – di attaccare al secondo passaggio sul Qwaremont. Le cose come detto non sono andate alla perfezione, ma alla fine sono riuscito a fare la differenza. E l’abbiamo fatta nel modo giusto, senza approfittare dei problemi degli altri. Quando Van der Poel è caduto, stavano tutti lottando per la posizione, ma nessuno ha ritenuto di affondare il colpo, perché non era necessario. Ci sono stati alcuni allunghi, ma niente di incisivo. Mi sarebbe piaciuto che lo avessimo aspettato ancora, perché avrebbe significato far rientrare Wellens e Florian Vermeersch, ma poi la gara ha ripreso il suo passo».

Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento
Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento

L’effetto del Qwaremont

Si capisce che la conferenza sia agli sgoccioli, quando si comincia a parlare del tempo. Dicono che domenica alla Roubaix potrebbe piovere e questo nel clan della UAE Emirates non suona come un presagio felice. Ma in questa giornata scintillante dei colori dell’iride, non c’è nulla che possa turbare Tadej.

«Spero di avere lo stesso clima domenica prossima – dice – e che questa vittoria mi dia la sicurezza che serve. Tutta la settimana passata con i miei compagni è stata davvero fantastica e riuscire a passare da solo sul Qwaremont con così tante persone sulla strada, è stato qualcosa di incredibile. Non avevo vendette da prendermi dopo la Sanremo e anche aver staccato Mathieu in un tratto di pavé in pianura potrebbe significare poco. Oggi però ho capito che ho buone gambe in vista della Roubaix. Abbiamo anche una squadra super forte, con Vermeersch e Politt che sono già stati secondi in quel velodromo e io che sarò al battesimo. Possiamo fare un’ottima gara e non vedo l’ora che arrivi».

Gli chiedono se davvero abbia finito stanco il Fiandre. Lui strabuzza gli occhi e fa un sorriso di circostanza. Ricorda che la corsa è durata più di sei ore e che alla fine di qualsiasi gara è sempre stanco. Poi ringrazia quando gli dicono che di solito sembra più fresco. Prende e se ne va, preceduto dallo steward sul monopattino. Lo rivedremo da queste parti alla fine della prossima settimana. Poi per lui ci saranno ancora l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone e la Liegi. Di certo non bisogna guardare Tadej Pogacar parlando di corridori che hanno occhi soltanto per il Tour.

UAE Team Adq, tutti per la Longo: domani si combatte

05.04.2025
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Un ideale dialogo a distanza fra Elisa Longo Borghini e la sua compagna Sofia Bertizzolo, che arriva al Giro delle Fiandre con un bel crescendo di forma. Nel UAE Team Adq si fanno i piani per assecondare la campionessa italiana, dopo che a Waregem la piemontese ha fatto sfoggio di una grande condizione.

«Sono arrivata con un buon morale dopo la Dwars door Vlaanderen – dice Longo Borghini – avevo bisogno di alcune conferme della mia condizione e penso di averle avute. Mentre ero da sola in testa, ho pensato alla frase detta dopo la Sanremo. Nel momento in cui sono rimasta da sola, mi sono detta: “Questa volta non mi prendono. Devo arrivare a Waregem e devo arrivarci per prima, perché me lo merito e perché il mio team se lo merita”. Quindi non ho pensato neppure per un secondo che mi sarebbero venuti a prendere.

«Però so che domani sarà un’altra gara, molto più difficile. Avrò il numero uno sulla schiena. E’ una gara in cui evitare di spendere troppa energia, specialmente all’inizio. Devi avere la squadra intorno, devi essere attento in ogni sezione, anche all’inizio della gara, perché una caduta o un guasto meccanico può costarti la corsa. E’ una gara lunga per noi donne, quindi la resistenza è qualcosa che bisogna avere».

Bertizzolo, 27 anni, correrà il Fiandre in appoggio a Longo Borghini
Bertizzolo, 27 anni, correrà il Fiandre in appoggio a Longo Borghini

L’incognita Kopecky

Sofia Bertizzolo ha 27 anni e nel 2019, quando ne aveva 22, si piazzò quarta nel Fiandre vinto da Marta Bastianelli e conquistò la gara delle under 23. A Oetingen a metà marzo è arrivata seconda dietro Julie De Wilde, dopo il quinto posto di inizio anno in Australia.

«Il Fiandre sarà sicuramente una gara diversa – spiega la veneta – perché la lista di partenti sarà diversa. Le atlete che hanno fatto fatica a Waregem probabilmente faranno fatica anche al Fiandre, perché il livello di quattro giorni fa non può cambiare troppo radicalmente, a meno che qualcuna non abbia avuto un problema. Elisa è sicuramente in uno stato di forma fantastico. Non voglio sbilanciarmi, ma Lotte Kopecky non sembra al livello dell’anno scorso. Però andrà sicuramente forte, perché sappiamo che è un corridore di classe che in queste gare c’è nata. E’ belga, queste corse le sa fare. Eravamo curiosi di vederla l’altro giorno. Sapevamo che voleva assolutamente provare la gamba su qualsiasi salita e così ha fatto finché non si è staccata. Ma non ci dimentichiamo che Waregem era la terza gara che faceva».

Kopecky si è messa alla prova sugli strappi della Gand e di Waregem, ma non sembra ancora al top
Kopecky si è messa alla prova sugli strappi della Gand e di Waregem, ma non sembra ancora al top

Scontro fra squadre

Lo scenario del Fiandre sarà certamente ben più complesso rispetto alla gara di Waregem, su un percorso ben più selettivo anche rispetto alla Gand-Wevelgem. La Longo lo sa bene, ma non ha paura. La vittoria di Waregem è stata, a suo dire, una prova di sana “ignoranza”: una di quelle situazioni di battaglia e polvere che tanto le piace.

«Abbiamo una squadra che mi può aiutare nelle diverse fasi di gara – spiega – l’obiettivo è stare unite e tenermi al coperto, fino a che non si accenderà la corsa. Non sono convinta che le avversarie saranno contente di farmi fare la mia mossa, so che dovrò combattere duro perché il campo delle partenti sarà qualificato. La Canyon-Sram è una squadra molto forte. Penso che Marianne Vos sarà di nuovo in condizione. Van der Breggen tornerà dall’altura, quindi sarà sicuramente forte. Ci sono diverse squadre che possono dire la loro e non lasciarmi andare da sola. Avrò bisogno di correre in modo intelligente, ma anche di seguire il mio istinto».

Dopo Strade Bianche e Trofeo Binda, al Fiandre torna in gara Anna Van der Breggen
Dopo Strade Bianche e Trofeo Binda, al Fiandre torna in gara Anna Van der Breggen

L’effetto Longo Borghini

Ci sarà Silvia Persico, al rientro dopo la caduta del Trofeo Binda. Ci sarà Eleonora Gasparrini, sfortunata alla Sanremo. Poi ci saranno Elynor Backstedt ed Elizabeth Holden. Sull’ammiraglia le guideranno Cristina San Emetrio e Alejandro Gonzalez Tablas: un gruppo di atlete di alto livello, schierate per supportare una delle leader più forti al mondo.

«Ci sono stati tanti cambiamenti – dice Bertizzolo – tanti miglioramenti. Sicuramente Elisa fa bene sia a livello sportivo che a livello personale. E’ arrivata con la coscienza di essere un’atleta matura con degli obiettivi chiari e questo rende più semplice e più chiaro il lavoro di tutti. Ci sono meno dubbi, che sono stati forse il grande problema dell’anno scorso. Avevamo due o tre semi leader comunque forti, che nell’anno olimpico non erano al livello che serviva. Invece quest’anno abbiamo una leader di altissimo livello e questo premia anche le altre. Il ciclismo è bello perché è uno sport tattico e avere una leader di primo livello concede più chance anche alle altre. La storia del ciclismo è piena di indecisioni di cui hanno approfittati anche degli outsider. Io sarò a disposizione. La condizione è cresciuta molto negli ultimi dieci giorni, con il passare delle corse, anche perché rimango una che ha bisogno di correre prima di arrivare alla miglior versione di me».

La vittoria di Waregem ha dato a Longo Borghini le conferme che cercava
La vittoria di Waregem ha dato a Longo Borghini le conferme che cercava

Il peso della storia

L’ultimo pensiero di Elisa Longo Borghini, l’ultima risposta di questo incontro virtuale, è rivolto alle ragazze che hanno percorso le stesse strade tanti anni fa, quando il ciclismo femminile non aveva la dignità di oggi. La sua capacità di vedere un filo fra storie tanto diverse le rende merito ed è conferma del suo spessore.

«Sentiamo molto l’attenzione dei media – dice – per questa nuova fase. Il ciclismo femminile ha sempre avuto delle bellissime corse. Ho sentito tanto parlare della prima Milano-Sanremo, ma non era la prima Milano-Sanremo. E’ stata semplicemente la reintroduzione della Milano-Sanremo, perché è stata corsa per tanti anni e ci sono state tante ragazze di spessore che l’hanno vinto. C’è stata solo un’italiana (Sara Felloni, ndr) che ha vinto quella corsa, di cui ovviamente nessuno si ricorda, però c’è stata. A me piace sempre guardare indietro e sono molto grata alle donne che hanno corso prima di noi, magari lavorando, magari non avendo uno stipendio. Se siamo qua adesso e abbiamo tutta questa attenzione, è anche grazie a tutte le ragazze che si sono spese per noi negli anni passati e hanno cercato di rendere questo ciclismo un posto migliore. Noi stiamo semplicemente beneficiando di quello che loro hanno fatto prima nell’ombra».

Kopecky cambia pelle pensando a Liegi e Tour?

02.04.2025
4 min
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Dopo averla vista rinunciare alla Sanremo e alla Gand-Wevelgem in favore della compagna Lorena Wiebes ed esserci chiesti come faccia a sembrare così soddisfatta, sono le parole della stessa Lotte Kopecky a far capire che questa sarà una stagione diversa.

«Mi sono allenata meno sull’intensità – dice la campionessa del mondo a Het Nieuwsblad – e ho fatto allenamenti lunghi di resistenza. Ciò potrebbe avere un’influenza sulla mia prestazione al Fiandre e alla Roubaix, perché finora non ho fatto sforzi del genere in gara. Ma in ogni caso, ho voluto battere una nuova strada per puntare alla classifica generale del Tour de France».

Dalla Sanremo alla Gand, Kopecky è stata artefice delle volate di Wiebes
Dalla Sanremo alla Gand, Kopecky è stata artefice delle volate di Wiebes

In rotta sul Tour

Alla SD Worx-Protime hanno il fortunato imbarazzo di potersi dividere i traguardi più importanti. E con Vollering che è partita e Van der Breggen che per ora resta un passo indietro, il Tour de France Femmes era diventato di colpo figlio di nessuna.

Per questo Kopecky non si è fatta pregare: ha già vinto due Fiandre e una Roubaix ed è già stata seconda nel Tour del 2023. Perché non accettare la sfida? Del resto lo scorso anno è arrivata seconda in un Giro d’Italia che soltanto la caparbietà e la classe di Elisa Longo Borghini sono riuscite a sottrarle. Ce n’è abbastanza per farci sopra una ragionata approfondita.

Al Tour del 2023, Kopecky ha perso la maglia gialla solo sul Tourmalet finale, spodestata dalla compagna Vollering
Al Tour del 2023, Kopecky ha perso la maglia gialla solo sul Tourmalet finale, spodestata dalla compagna Vollering

Dal Fiandre alla Liegi

Si spiega così l’inizio di stagione rallentato, con il debutto alla Sanremo del 22 marzo, mentre di solito negli ultimi anni era previsto per a febbraio. Se l’obiettivo è il Tour che viene a fine luglio, spostare tutto in avanti è una necessità comprensibile, che però non fa passare in secondo piano le grandi classiche in arrivo.

«Dopo una stagione intensa come l’ultima – prosegue – il mio corpo reclamava un lungo periodo di riposo. Ho iniziato la stagione più tardi, semplicemente perché ne avevo bisogno. Ma intanto la forma è buona e i segnali in allenamento sono positivi. Questo dà fiducia. Mi avvicino alle prossime gare con l’intenzione di vincerle. Ho già conquistato per due volte il Fiandre, ma ammetto che mi piacerebbe avere su una parete di casa la foto della vittoria con la maglia iridata. E poi ci sarebbe anche la Liegi, che non ho mai vinto, ma scegliere è troppo difficile, perciò proverò a vincerle tutte».

Correva per Wiebes, ma l’accelerazione di Kopecky sul Kemmel alla Gand ha fatto male
Correva per Wiebes, ma l’accelerazione di Kopecky sul Kemme alla Gand ha fatto male

Il tempo di vincere

Sembra di capire che il rodaggio sia ormai agli sgoccioli e che dalla Dwars door Vlaanderen di oggi ci sarà un cambio di priorità e la sagoma da inquadrare sarà quella iridata e non più quella della campionessa europea.

«Lorena (Wiebes, ndr) è sempre molto grata per il mio lavoro – dice – e nelle ultime gare è stata semplicemente la migliore opzione per la squadra. Quindi mi piace lavorare per lei. A tutti piace vincere, ma contribuire alla vittoria di una compagna è anche molto bello. E nel frattempo, sacrificandomi per lei, ho acquisito anche il ritmo gara».

Roubaix 2024 vinta con la maglia iridata: il Fiandre invece le manca…
Roubaix 2024 vinta con la maglia iridata: il Fiandre invece le manca…

Quale altura?

Dopo la Liegi, la campionessa del mondo si dedicherà a un ritiro in altura, durante il quale effettuerà allenamenti più lunghi in salita. Come ha raccontato il team manager Stam, la sua preparazione per la Sanremo si è svolta in Spagna, simulando l’altura all’Hotel Syncrosphera, grazie alle sue camere ipobariche. Sarà così anche a maggio o sarà montagna?

«Ho adottato un approccio diverso per non avere rimpianti dopo – dice Kopecky – ma se va male, potrei non ripeterlo più».

Come dire che va bene un anno da fachiri inseguendo la maglia gialla del Tour de France, ma la sensazione è che la campionessa del mondo non voglia farne una malattia.

Il “nuovo” Sheffield è pronto a prendersi la Ineos

01.04.2025
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Leonardo Basso, da qualche settimana diesse della Ineos Grenadiers, ci risponde direttamente dalla Coppi e Bartali. La breve corsa a tappe che da Ferrara arriva a Forlì dopo cinque giorni insidiosi e pieni di ricche occasioni, golose prede per corridori coraggiosi. Uno di coloro che era chiamato a fare bene per confermare l’ottimo periodo di forma era lo statunitense Magnus Sheffield. Uscito con una vittoria di tappa all’ultima occasione buona alla Parigi-Nizza, nella quale ha conquistato anche un quarto posto nella generale. L’inizio di stagione dello spilungone di Coon Rapids, cittadina del Minnesota, ci ha mostrato un altro Sheffield, o così sembra. Ne parliamo con lo stesso Leonardo Basso, che in questi primi mesi del 2025 ha diretto tante volte dall’ammiraglia. 

«Arrivavamo da un mese abbastanza buono – racconta Basso – dopo la Parigi-Nizza, la Tirreno e il grande risultato della Sanremo volevamo fare bene anche alla Coppi e Bartali».

Alla Coppi e Bartali Sheffield ha perso la maglia di leader dopo una caduta in discesa nella quarta tappa
Alla Coppi e Bartali Sheffield ha perso la maglia di leader dopo una caduta in discesa nella quarta tappa

La giusta via

La stagione di Sheffield, che a quasi 23 anni (li compirà il 19 aprile) è al suo quarto anno nel WorldTour, è partita molto bene. L’americano sembra aver trovato il giusto equilibrio per riuscire a emergere dal pelo dell’acqua mostrando il suo talento e le sue doti naturali. 

«Ho avuto modo di conoscerlo bene – continua Basso – e devo dire che Sheffield è un ragazzo molto intelligente e sensibile. Non dico che lavorare con lui sia facile, però è uno che recepisce subito ciò che gli si vuole dire ed è in grado di fornire feedback accurati. E’ un corridore serissimo e molto dedito al lavoro. Nel 2022 da neo professionista aveva inanellato una serie di grandi risultati, poi nelle due stagioni successive ha faticato un po’ ma ci sta. Fa parte dell’essere giovani, non sempre è facile gestire il tutto».

Qualche giorno prima di correre in Italia aveva vinto l’ultima tappa alla Parigi-Nizza, conquistando il quarto posto finale
Qualche giorno prima di correre in Italia aveva vinto l’ultima tappa alla Parigi-Nizza, conquistando il quarto posto finale
Cosa hai potuto ammirare da quando lo segui in corsa?

Abbiamo iniziato con il Trofeo Laigueglia, che ha chiuso al sesto posto. Sheffield è un atleta al 100 per cento e lavora in maniera seria sempre. Il suo modo di fare è uno di quelli che prima o poi ripaga. Fisicamente ora si trova in una buonissima condizione e se contiamo che questo è il suo quarto anno in Ineos allora va da sé che ci sia stata anche una maturazione ulteriore. 

In che senso?

Nel ciclismo moderno i ragazzi sono chiamati a essere maturi prima rispetto agli anni passati. Un corridore di ventidue anni, o anche di venti, accelera determinati processi e questo porta ad avere maggiori responsabilità. 

Sheffield è uno specialista delle cronometro: qui al Giro 2024 durante la prova di Perugia
Sheffield è uno specialista delle cronometro: qui al Giro 2024 durante la prova di Perugia
Ora sembra aver trovato una maggiore solidità, è così?

Da fuori è più facile giudicare le carriere dei corridori, noi che viviamo tutti i giorni a contatto con questi ragazzi vediamo quanti sacrifici fanno. E’ più difficile emergere ora. Sheffield da quanto ho visto è uno che si impegna al 300 per cento su ogni fronte. Da quanto mi hanno detto è un corridore che ha sempre avuto questa grande dedizione al lavoro. Poi non tutti gli anni sono uguali, ci sono dei fattori esterni e si deve trovare la formula giusta.

Quali sono le sue qualità su cui si può puntare?

Sheffield è capace di leggere la corsa e impostarla. Con lui si riesce ad avere un confronto aperto, recepisce bene quelli che sono i segnali di noi diesse ed è in grado di offrire idee e opinioni utili ai fini della corsa. Riesce a seguire il piano tattico al 100 per cento e quando si trova nella situazione cruciale sa capitalizzare

Al Fiandre del 2024 l’americano è arrivato sesto dopo la squalifica di Matthews
Al Fiandre del 2024 l’americano è arrivato sesto dopo la squalifica di Matthews
Ci fai un esempio?

Al Laigueglia, che è stata la prima gara in cui ero in ammiraglia al suo fianco, conosceva perfettamente il percorso e nell’avvicinamento sapeva cosa fare e cosa pretendere dai compagni. Anche alla Parigi-Nizza ha dato prova di grandi qualità. Avevamo una squadra di assoluto livello e quando si creano determinati meccanismi corri in maniera più aggressiva. Questo ha portato alla vittoria nell’ultima tappa. Quel giorno ho visto tanto lavoro di squadra e l’istinto del corridore, insomma tutto il bello del ciclismo. 

Tatticamente come lo hai visto?

Forte. Ha grandi qualità a cronometro (al Giro del 2024 a Foligno è arrivato terzo alle spalle di Pogacar e Ganna, ndr) e questo gli permette di essere costante sul passo. Inoltre il suo fisico gli permette di essere presente anche nelle Classiche del Nord. Lo scorso anno ha fatto sesto al Fiandre, mentre nel 2022 al suo primo anno nel WT ha vinto la Freccia del Brabante. Anche quest’anno ha in programma la Dwars Door Vlaanderen e il Giro delle Fiandre

La Sanremo “spezzettata” di Ganna, ora in rotta sul Fiandre

01.04.2025
5 min
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Ganna che risponde ai primi scatti. Poi Ganna che si siede, li vede andare, ma non li perde di vista. Ganna che ritrova il battito e il passo. Ganna che fa la discesa del Poggio come un missile (foto di apertura). E ancora Ganna che nel tratto dell’Aurelia va più veloce di Van der Poel e Pogacar. Ganna secondo a Sanremo, dopo il secondo alla Tirreno.

Cioni racconta e intanto la stagione ha visto Pippo sul podio di Harelbeke e lo vedrà domenica inaspettatamente al Fiandre e la settimana successiva alla Roubaix. Quanto è stato bravo Ganna a gestirsi alla Sanremo e quando quel tipo di esercizio, che ha avuto solide basi nella profonda convinzione di poterlo fare, tornerà utile nelle prossime gare?

«E’ stato bravo a non mollare – dice Cioni – anche perché l’hanno portato abbastanza al limite. La Cipressa l’hanno fatta forte, non tutti allo stesso livello, però non sono andati a passeggio, finché Pogacar è partito secco. Avevamo ragionato di tenere duro per 5 minuti sul Poggio, ma visto l’attacco sulla Cipressa, i minuti sono diventati 9».

Lo scatto di Pogacar sulla Cipressa è stato il più duro da contrastare, ma in cima Ganna era in scia
Lo scatto di Pogacar sulla Cipressa è stato il più duro da contrastare, ma in cima Ganna era in scia
Dov’è che l’hanno messo più a dura prova, guardando il file della gara?

Probabilmente sul Poggio, perché hanno iniziato da sotto e sono andati forte. Anche il primo attacco, su cui fra l’altro ha chiuso Pippo, non è stato indifferente.

Ti aspettavi di trovarlo così forte?

La speranza è che questo sia il suo livello. Alla fine è un cammino di maturazione e penso che stiamo vedendo il miglior Ganna in assoluto. Un po’ più pesante del 2020, ma più asciutto. Il peso giusto per il periodo.

L’impressione è che lui sapesse esattamente quello che doveva fare per arrivare in volata con gli altri.

Secondo me era cosciente che il pericolo più grosso era rispondere scatto su scatto e quindi ha fatto la sua gara. Sappiamo anche che ha fatto la discesa del Poggio più veloce degli altri. Sicuramente è stato il più veloce anche dal fondo del Poggio fino al momento in cui è rientrato. Se avesse risposto agli scatti, probabilmente sarebbe esploso. Ha giocato le sue carte. Lo scatto più forte l’ha fatto sull’accelerazione più potente di Pogacar sulla Cipressa.

Alla partenza, Ganna sapeva esattamente cosa fare, con il percorso suddiviso in traguardi parziali
Alla partenza, Ganna sapeva esattamente cosa fare, con il percorso suddiviso in traguardi parziali
Poi li ha lasciati sfogare…

Esatto, non ha più risposto. Quando gli altri due scattavano, lui si staccava e veniva su al suo passo cercando di avvicinarsi al suo limite. Deve essere così per sperare di vincere, per questo aveva dei mini traguardi, che potevano essere l’approccio alla Cipressa, scollinare la Cipressa, scollinare il Poggio e poi l’ultimo chilometro. A un certo punto si è disinteressato di quello che stavano facendo gli altri due.

Ma non li ha mai persi di vista.

Nel non rispondere allo scatto c’è anche la consapevolezza di poter saltare e perdere molto terreno. Invece li ha lasciati fare, sapendo che se li avesse ripresi, avrebbe giocato la sua chance.

Ad esempio venerdì sul Qwaremont ha provato a rispondere, ma forse non poteva fare altrimenti per non perdere contatto, no?

Alla Sanremo invece c’era ancora la discesa e poi comunque il podio era assicurato. Magari sarebbe stato diverso se ci fosse stato un gruppetto più corposo. E poi conosceva benissimo il percorso, anche se il finale della Sanremo ormai lo sanno tutti a memoria, tra chi abita lì vicino e chi va per allenarsi. Il discorso è che lui da solo è riuscito a recuperare anche nella discesa, una cosa che per tutti era impossibile. Invece lo ha fatto e poi è rientrato, quindi la sua gestione era proprio volta ad arrivare.

Prima di Sanremo, secondo anche alla Tirreno grazie alla difesa di Frontignano, tenendo duro in salita
Prima di Sanremo, secondo anche alla Tirreno grazie alla difesa di Frontignano, tenendo duro in salita
Vuole anche dire che ha scollinato ancora lucido, altrimenti non avrebbe fatto quella discesa.

Questo forse l’ha imparato dal mondiale a cronometro, dove ha scollinato a tutta, però poi ha perso in discesa. A Sanremo sapeva di dover fare la discesa al massimo, ma anche che non avrebbe chiuso appena fosse finita. Per questo finita la discesa, ha fatto dei watt molto alti, probabilmente il finale è stato il settore in cui è andato più forte in assoluto. Non l’hanno aspettato, ha veramente spinto ancora e questo vuole dire che in cima al Poggio non c’è arrivato totalmente al gancio.

C’è differenza dal punto di vista del suo impegno tra questo secondo posto e quello di due anni fa?

Questo è un secondo posto nella Sanremo più bella degli ultimi anni, quindi è un secondo posto più consapevole, figlio anche di qualche aspettativa importante. L’altra volta quasi è venuto, questo è stato cercato. Si era partiti per far risultato e lo avevamo dichiarato.

Come mai il cambio di programma e la scelta del Fiandre?

Alla fine i programmi devono essere sempre un po’ flessibili. La condizione che ha non richiede che debba spingere più di tanto e fare dei blocchi particolari per migliorare. Avrebbe saltato il Fiandre per spezzare il programma, semplicemente abbiamo deciso di spezzarlo diversamente. Al momento è a casa perché domani si laurea sua sorella.

Sull’Oude Kwaremont, il passo migliore per non perdere di vista Van der Poel e Pedersen
Sull’Oude Kwaremont, il passo migliore per non perdere di vista Van der Poel e Pedersen
Fiandre e Roubaix sono diverse, saranno affrontate con obiettivi diversi?

Il Fiandre è un’aggiunta, l’obiettivo resta comunque la Roubaix. E’ chiaro se uno arriva bene al Fiandre, non ci sputa sopra. Però a livello di attitudine e percorso, sicuramente la Roubaix è più adatta. Va con delle aspettative, mentre al Fiandre vai sapendo di avere un’ottima condizione e vediamo cosa si può combinare. Poi resterà su. L’altro giorno non è riuscito a fare la ricognizione sul percorso della Roubaix e per questo lo farà la prossima settimana. La Roubaix è il grande obiettivo di aprile.

EDITORIALE / Caro Pogacar, non si può sempre arrivare da soli

31.03.2025
4 min
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Quando il 4 marzo dello scorso anno scrivemmo che il fenomeno è uno solo e si chiama Pogacar, il mondo dei social insorse con una certa veemenza. Le pagine erano ancora tutte aperte. Lo sloveno aveva perso il Tour dell’anno precedente, ma aveva vinto il Lombardia e dominato la Strade Bianche. Il 2024 era ancora da venire, nessuno sapeva ancora che avrebbe vinto il Giro e il Tour, la Liegi, il mondiale e ancora il Lombardia. Eppure c’era qualcosa nel suo modo di correre che ispirava quella considerazione.

Sarebbe più facile scriverlo ora e pochi storcerebbero il naso. Vingegaard e Van Aert sembrano persi dietro le loro fragilità e le sfortune: vittime come tutta la squadra di un imprevedibile contrappasso dopo le meraviglie del 2022-2023. Solo Roglic si è salvato andando via, ma ha scelto prudentemente di stare alla larga dalle scene più grandi. Primoz si è scavato una nicchia e ci sta bene dentro. Infine Van der Poel sa di dover essere perfetto per sperare di giocarsela. Lo ha fatto bene alla Sanremo, vedremo se gli basterà al Fiandre.

Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?
Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?

Tra gambe e cervello

Pogacar è un fenomeno e quando si tratta di imporre la sua forza, per gli altri non c’è partita. Diverso forse se si tratta di ragionare, come alla Sanremo. Anche quel giorno scrivemmo che, malgrado la sconfitta, fu un capolavoro di Tadej e ci sentiamo di sottoscriverlo. Senza di lui non ci sarebbe stata tanta selezione. Ma siamo certi che Pogacar abbia fatto tutto quello che serviva per vincere? Non si può sempre pensare di staccare tutti, anche se finora ha dimostrato di saperlo fare abbastanza agevolmente. Siamo certi che l’unico modo per passare di là dal muro sia sfondarlo e non girarci attorno? Chi lo guida ha provato a spiegargli come si gestisce un finale a tre in cui ci sia “solo” da fare una volata?

Il fenomeno Pogacar è sostenuto dai percorsi che negli ultimi anni sono stati resi estremamente più duri. E’ chiaro che quando il dislivello delle corse si attesta stabilmente sopra i 2.500 metri, lui trova tutti gli spazi per fare la differenza. Del resto, basta guardare cosa ha fatto ieri Pedersen con 1.349 metri di dislivello della Gand-Wevelgem: quando il motore è superiore a tutti gli altri, basta un piccolo Kemmelberg per fare il vuoto.

Fiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distacco
Fiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distacco

L’attesa di Roubaix

Ma ieri Pedersen era da solo: non è stato facile, non vogliamo dire questo, ma ormai si può scrivere alla vigilia chi ci sarà in finale. E se in finale con lui ci fossero stati Ganna, Pogacar e Van der Poel, forse Mads avrebbe vinto lo stesso, mentre non siamo certi che ci sarebbe riuscito Pogacar. Lo abbiamo visto lo scorso anno. Pedersen infilzò Van der Poel nella volata a due, mentre abbiamo toccato con mano che nelle volate ristrette delle classiche anche il fenomeno Pogacar tende a perdersi.

Perché tutto questo? Perché siamo certi che al Fiandre, Pogacar potrebbe staccare nuovamente tutti e fare l’inchino sul traguardo. Come siamo certi che lo stesso copione potrebbe ripetersi alla Roubaix, se il suo livello di forze sarà così più evidentemente superiore a quello degli altri. Ma il 13 aprile, sulle pietre francesi, il dislivello non sarà il fattore principale e con Pogacar nel velodromo potrebbero presentarsi Van der Poel, Philipsen, Ganna e Van Aert e il finale non sarà più così scontato. Allora vedremo se Pogacar avrà capito che il muro non si può sempre abbattere. Dovrà mostrare astuzia oltre che forza. E a ben vedere tutto questo è ciò che renderà la sfida di Roubaix la più bella di tutte. Al pari della Sanremo, ma per un tratto molto più lungo e polveroso.

P.S. E’ appena arrivato il comunicato con cui l’UCI accontenta gli organizzatori aggiungendo una terza wild card ai Grandi Giri e rende più elastica la collocazione dei rifornimenti durante le gare. Un doppio gesto di buon senso, soprattutto il secondo. Avevamo segnalato il malfunzionamento del sistema adottato, resta solo una domanda: perché fare regole senza coinvolgere chi poi dovrà applicarle?

Fiandre e Roubaix: quanto conta la squadra? L’opinione di Tafi

28.02.2025
5 min
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In una recente intervista rilasciata alla testata belga Het Nieuwsblad, Tiesj Benoot ha parlato dei piani della Visma-Lease a Bike per le prossime classiche di primavera. Tra le altre cose Benoot ha espresso la convinzione che la sua squadra sia la più attrezzata ad affrontare le gare del Nord, soprattutto il Fiandre e la Roubaix.

A partire ci siamo posti una domanda: ma quanto conta la squadra al Giro delle Fiandre e alla Parigi-Roubaix? Conta più in una rispetto che in un altra? Per provare a rispondere abbiamo raggiunto al telefono Andrea Tafi, l’unico corridore italiano ad aver vinto queste due classiche monumento, la Roubaix nel 1999 e il Fiandre nel 2002.

Andrea Tafi è stato un grande uomo da classiche: qui il suo allungo alla Roubaix del 1999
Andrea Tafi è stato un grande uomo da classiche: qui il suo allungo alla Roubaix del 1999
Andrea, andiamo dritto al sodo. Quanto conta la squadra sulle pietre?

Tantissimo, in entrambe le gare. Si tratta di competizioni molto diverse naturalmente, ma alla fine la difficoltà è quasi uguale, cioè molto alta. E quando le gare si fanno dure essere in una grande squadra fa la differenza.

Quindi non vedi differenza tra le due per quanto riguarda l’importanza del lavoro tra compagni?

Il pavè della Roubaix tende a fare selezione naturale, o sei portato o no. Mentre il Fiandre è più una gara normale, passami il termine, devi essere forte ma anche intelligente nel dosare le forze e arrivare ancora fresco nei momenti decisivi. In entrambi i casi la squadra è fondamentale e senza non si va da nessuna parte. Per esempio io l’anno in cui ho vinto il Fiandre ho avuto un grande Daniele Nardello che mi ha protetto quando sono scattato nel finale. Ma lo stesso l’anno della Roubaix, la differenza l’hanno fatta i compagni che erano dietro di me.

Parigi-Roubaix 2024, Mathieu Van der Poel a ruota di Gianni Vermeersch
Parigi-Roubaix 2024, Mathieu Van der Poel a ruota di Gianni Vermeersch
Quasi più un aiuto passivo che attivo…

Ma non si tratta di un aiuto passivo, anzi. Quando alla Roubaix sono scattato a 46 km dall’arrivo l’ho fatto sapendo che alle mie spalle avevo corridori che mi avrebbero protetto in tutti i modi, e così è andata. In quelle corse sono aspetti davvero fondamentali. Faccio un altro esempio. Durante la Parigi-Bruxelles del ‘96 un certo Johan Museeuw è venuto da me e mi ha detto: «Vai, qui ci penso io». L’ho ascoltato e lui ha fatto di tutto per tamponare gli attacchi e poi infatti è arrivata la mia vittoria.

Un po’ quello che ha fatto Philipsen con Van Der Poel alle ultime due Roubaix. La vostra Mapei era davvero una corazzata, rimane leggendario il podio monocolore del 1996. Come si gestiva tutta quella qualità?

Eravamo un mix molto ben equilibrato e dentro la squadra c’era molta voglia di fare, è quella che ci ha portato ai successi. Partivamo in diversi che se la potevano giocare, poi faceva il capitano chi era più in condizione.

Tra gli anni ’90 e i primi 2000 la Mapei dominava nelle classiche: qui il famoso arrivo in parata alla Roubaix del ’96: 1° Museeuw, 2° Bortolami, 3° Tafi
Tra gli anni ’90 e i primi 2000 la Mapei dominava nelle classiche: qui il famoso arrivo in parata alla Roubaix del ’96: 1° Museeuw, 2° Bortolami, 3° Tafi
Quindi si decideva anche durante la corsa?

Certo, appunto perché eravamo una squadra fortissima era difficile fare una previsione prima di partire. Non potevi dire a Museeuw, a Ballerini e forse neanche a me di lavorare per un altro. Si davano le indicazioni sul bus e poi si vedeva, decideva la strada. Ma sempre con grande spirito di squadra. Per esempio l’anno in cui ho vinto il Fiandre non dovevo essere io il capitano, ma le situazioni di corsa ci hanno portato a cambiare strategia. E’ anche vero che forse ce lo potevamo permettere.

Torniamo ai tempi d’oggi. Sei d’accordo con Benoot sul fatto che la Visma sia la squadra più attrezzata per le pietre?

Sicuramente sono forti, ma non sono i soli. In generale le squadre belghe e olandesi, come la Alpecin-Deceuninck di Van Der Poel, sono le più forti perché quella è casa loro, conoscono le strade, molti corridori abitano lì, e in generale ci tengono moltissimo. Secondo me però ci saranno anche altre formazioni da tenere d’occhio, delle outsider, come la Tudor di Cancellara, uno che da quelle parti ha fatto grandi cose.

Secondo Tafi una delle sorprese di questa primavera potrebbe essere la Tudor Pro Cycling, magari con Alaphilippe al Fiandre
Secondo Tafi una delle sorprese di questa primavera potrebbe essere la Tudor Pro Cycling, magari con Alaphilippe al Fiandre
Magari con Alaphilippe al Fiandre?

Perché no. Lui certamente ha voglia di riscatto, di rifarsi dopo gli ultimi anni sfortunati. La Tudor sta facendo i giusti step, un passo alla volta, sono convinto che possano fare bene. Poi come si sa, le gare le fanno i corridori e non si può mai sapere. Anche perché le corse importanti iniziano adesso, da ora in poi si vedrà un po’ alla volta la condizione con cui i vari protagonisti arriveranno ai grandi appuntamenti.

Quindi non ci dai un pronostico per le due classiche monumento sulle pietre? 

Secondo me adesso è ancora troppo presto, non si può dire. Ma la Milano-Sanremo potrà già darci delle indicazioni e allora ne sapremo qualcosa di più. 

Baldato nella Foresta con un ospite speciale

12.02.2025
7 min
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Agile e potente. Capace di saltellare su sassi ancora infangati come se non avesse fatto altro per tutta la sua vita. Rilassato e sicuro. A forza di vederlo sfrecciare sul pavé nei video su Instagram, la curiosità di sapere come sia andato il viaggio al Nord di Tadej Pogacar è diventata irrefrenabile. Ed è per questo che abbiamo suonato alla porta di Fabio Baldato, che da esperto guerriero del Nord non si è perso un solo gesto del campione del mondo. E come al solito non ha potuto fare altro che ammettere il suo stupore.

Lo stesso dei tifosi, ignari di tutto, che se lo sono visto uscire dalla Foresta di Arenberg e indossare in tutta fretta il giubbino iridato per farsi una foto ricordo. Altrimenti per questa scorribanda sul pavé del Fiandre e della Roubaix, lo sloveno aveva puntato su un look all-black, anche per passare inosservato.

«Sta a noi essere bravi e proteggerlo – sorride Baldato – perché lui si fermerebbe con tutti. Non si nega a nessuno e non se la tira per niente. Si ferma per strada con il ragazzino che gli chiede di fare il selfie, l’autografo o di firmare la borraccia. E’ successo così all’uscita dell’Arenberg, come pure davanti all’hotel o sul percorso del Fiandre».

Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023
Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023

Il volo di andata il venerdì sera, il ritorno di domenica sera. Wellens e Pogacar da Nizza, Baldato da Venezia. E in mezzo il personale con i mezzi. Era una trasferta programmata da tempo, soprattutto per testare i nuovi materiali. Pogacar non corre il Fiandre dal 2023 (quando lo vinse) e voleva recuperare il tempo perso.

Quando è nato il progetto?

Lo avevamo pensato a dicembre. Saremmo dovuti andare in quattro, ma all’ultimo momento Morgado ha dovuto fare un piccolo intervento a una ciste, mentre Politt si è fermato a Mallorca e non era il caso che venisse su certe strade. Quindi alla fine da quattro corridori sono rimasti in due.

Qual era l’obiettivo?

Vedere il percorso. Tadej non ha fatto il Fiandre l’anno scorso e abbiamo materiali nuovi: ruote, anche tubeless e pressioni da provare. Quindi abbiamo voluto fare i test anche per lui, partendo dall’esperienza fatta nel 2024. Eppure, nonostante i test da fare, non ha sdegnato di fare due buoni allenamenti, belli intensi. Abbiamo fatto il Fiandre dall’inizio dei tratti in pavé, quindi 180 chilometri. E più o meno lo stesso per la Roubaix.

Il test della Roubaix è stato tanto per provare oppure c’è sotto qualcosa?

Quest’anno è stato tanto per provare. Che lui ce l’abbia nella testa, l’ha già detto anche in passato, ma non è nel programma di quest’anno. Al momento, almeno. Il motivo principale del nostro viaggio era rinfrescarsi il Fiandre e usare i materiali. C’era in programma di fare anche due giorni di buon allenamento, un buon carico di lavoro e siamo riusciti a fare tutto bene. Eravamo nel nostro classico Park Hotel di Waregem, che viene molto comodo per fare le ricognizioni.

Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
C’erano anche i meccanici quindi?

Sì, c’era Maurizio Da Rin, che era con me già al Fiandre lo scorso anno. E con lui per le corse ci sarà anche Bostjan, il meccanico di Tadej. Volutamente abbiamo portato uno dei meccanici che ha più esperienza e che segue tutto il discorso delle gomme, delle pressioni e altro. Tadej ha provato. Si è fidato di quello che avevamo usato l’anno scorso, poi ha saggiato un paio di opzioni di pressione per come erano state suggerite dal settore performance. Ha provato ad abbassarle un po’, quindi ha rimesso quello che era stato consigliato e alla fine si è fidato di quello che gli era stato consigliato. Il corridore deve avere l’ultima parola, sentirsi sicuro. Altrimenti succede che parte in un modo, poi si ferma e si mette a sgonfiare le gomme e non sai mai se va bene.

Anche perché dietro c’è uno studio. 

Va tutto in base al peso. Vengono calcolate le pressioni ed è buono soprattutto quando puoi avere gli stessi materiali dell’anno precedente. Invece questa volta avremo materiali diversi rispetto al 2023 ed era importante riuscire a ricreare condizioni simili.

Tu che qualche Roubaix l’hai vista e l’hai anche fatta, come hai visto Pogacar sul pavé?

Lo avevo visto già al Fiandre e ti impressiona. Possiamo classificarlo come corridore per tutti i terreni, uno scalatore che va fortissimo sul pavè, anche se non lo puoi classificare come scalatore. Puoi dire che sia anche un cronoman, uno scalatore, un passista e tra un po’ anche un velocista. Non ha paura. E nonostante non abbia una stazza massiccia e pesante, stupiscono la stabilità, la velocità e la forza che imprime sui pedali.

Cosa si può dire del suo colpo di pedale sul pavé?

Va di cadenza. Ha una bella pedalata rotonda e la cadenza lo aiuta. C’è il corridore che va di forza e lo vedi calciare i pedali e quello che invece li fa girare. Che spinge, tira, spinge e tira. Una pedalata rotonda, quasi da pistard o da scatto fisso, che è quella che rende sul pavé. Io riuscivo a andarci bene perché venivo dalla pista. Rui Oliveira è un altro che pedala da pistard. Tanti invece riescono ad andare bene perché vanno di forza. Sono due diversi modi di andare che alla fine rendono.

Pogacar si è allenato per entrambi i giorni vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
Pogacar si è allenato vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
In effetti veniva da notare che anche Nibali era riuscito ad andare bene sul pavé al Tour del 2014…

E anche Vincenzo infatti era uno che la pedalata la faceva rotonda, non buttava il rapportone, non era un corridore alla Ballero. Lo ricordiamo tutti al Tour del 2014

E’ vero che dopo la recon della Roubaix, Tadej era contento come un bimbo?

Era entusiasta, ha passato una bella giornata. Si è divertito, quello sì: ve lo confermo. Sono stati due giorni in cui è andato tutto liscio. E non vi nascondo che avevo un po’ di brividi, perché il pavé non era dei più belli e lui andava dentro deciso come se niente fosse. Eravamo a una settimana dal UAE Tour, pensavo che se fosse successo qualcosa, mi sarebbe convenuto restare in Belgio. Ora lo dico scherzando, ma quando ero in macchina, ci ho pensato un paio di volte e sono rimasto zitto. Non avevo neanche coraggio di dirgli nulla, perché vedevi che gli veniva tutto naturale. Aveva la faccia sporca di chi ha fatto tante Roubaix.

Il pavé era ridotto davvero male?

Quando arrivi vicino alla Roubaix, un paio di settimane prima danno una pulita al pavé. Ma domenica c’erano parecchi tratti sporchi per i trattori che vanno a lavorare nei campi. C’erano punti infangati e alcuni anche sommersi. Non eravamo in gara, si potevano prendere con cautela, ma non troppo piano, perché sennò si correva il rischio di scivolare. Devi riuscire a far correre la bici come nella mountain bike o nel ciclo cross, trovare il giusto compromesso. Se vai piano, è più facile che scivoli.

Hai visto tanti di corridori, com’è per Fabio Baldato lavorare insieme a Tadej Pogacar?

E’ una soddisfazione, ma non voglio prendermi più di meriti di quelli che ho. E’ un ragazzo che si allena da solo, con il suo allenatore. E’ molto preciso. Noi possiamo dargli l’assistena e qualche consiglio, una nostra visione di corsa, ma lui ha le idee molto chiare. Capisce e vede la corsa, conosce tutti gli avversari, anche qualche new entry che dall’ammiraglia magari può sfuggire. Non voglio dire che sia facile, però ti fa sentire a tuo agio. Non è uno che se la tira, non ha bisogno di un portaborse. E’ importante fargli trovare le cose organizzate, semplici e che funzionano.

Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Avete trovato novità nei due percorsi?

Sono riuscito a avere entrambi i percorsi definitivi di Fiandre e di Roubaix. Ci sono un po’ di varianti, piccole cose, però siamo riusciti a fare il percorso del Fiandre e anche il nuovo ingresso della Foresta di Arenberg. Non ci sarà più la chicane dell’ultima volta, ma una doppia curva destra-sinistra a 90 gradi. Farli rallentare era necessario. L’anno scorso ci sono entrati a 30 all’ora e non è successo niente. Con i materiali di adesso e la strada che un po’ scende, sarebbero capaci di entrarci anche a 60 all’ora e ci sarebbero dei bei problemi di sicurezza.