Bisacce piene, morale alto: Volpi rilancia la corsa all’oro

03.12.2024
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Con Carboni, Malucelli e Pesenti che hanno cambiato squadra, il JCL Team Ukyo riparte per la nuova stagione forte dei risultati del 2024 e la sensazione di aver trovato la chiave per farlo ancora. Alberto Volpi racconta e attraverso le sue parole la nuova squadra prende forma. Il comunicato diffuso ieri ha reso noti i nomi dei quattro italiani selezionati per la prossima stagione. D’Amato, Fancellu, Garibbo e Raccani saranno la spina dorsale italiana della continental giapponese, che nel 2024 ha conquistato 16 corse.

Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
La squadra ha fatto la sua parte, anche abbondantemente…

Sì, anche io sono contento, con tutta onestà. Quando ti aspetti delle cose belle che poi non arrivano, dici di essere moderatamente insoddisfatto. Mentre io devo dire il contrario. Avevo previsto di fare bene, ma siamo andati meglio delle previsioni. E’ la legge della compensazione, a volte i corridori ti stupiscono. Però quello che è stato è stato, adesso dobbiamo guardare avanti e cercare di fare ancora bene. E’ la nostra condanna (sorride, ndr).

Ti aspettavi che l’anima europea e quella giapponese si integrassero così bene?

Lo staff e i corridori sono veramente di buona qualità umana. Quando hai questo ingrediente, è solo questione di tempo, aspettare che si conoscano e si mettano insieme. Poi è chiaro che avevo anche tre italiani – due su tre molto esperti – che ci hanno messo del loro. Hanno trovato terreno molto fertile nei ragazzi giapponesi, quindi non è stato difficile che si integrassero. In realtà non mi ero neanche posto il problema dell’integrazione, è venuto tutto naturale.

Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Avevi tre italiani, hanno ottenuto i migliori risultati, ma sono andati via…

Abbiamo cominciato una trattativa dall’inizio di luglio. Avevano delle richieste importanti da altre squadre che io non potevo soddisfare in termini economici. Come in tutte le aziende, ho dovuto fare i conti con il budget e mi è molto dispiaciuto non poterli riconfermare. Credo sia stato giusto che abbiano colto le occasioni. Sono venuti da noi con la voglia di rivalutarsi e rilanciarsi e ci sono riusciti in pieno. Hanno dato tanto, noi gli siamo stati vicini ed era giusto che proseguissero la loro strada. Quando inizialmente in Giappone ho detto che sarebbero andati via, anche Malucelli che aveva vinto tanto, è certamente dispiaciuto, ma hanno riconosciuto che avessimo fatto delle scelte giuste. Anche questo è un motivo di orgoglio. Perdere delle persone di valore non è così sempre negativo, vuol dire che hai dato loro qualcosa di importante.

Che cosa ha rappresentato per la squadra giapponese aver vinto il Giro del Giappone con Carboni?

E’ stato un ottimo risultato. Subito prima, abbiamo vinto con Atsushi il Tour de Kumanu, la gara di preparazione. Vincere con un ragazzo giapponese a me fa super piacere, perché la matrice della squadra è chiara. Per cui i ragazzi europei servono per dare più qualità e questo l’hanno fatto. La mission sarebbe quella di portare fuori l’Arashiro del futuro. C’è da lavorare, però quando vince un corridore giapponese puoi essere davvero soddisfatto.

Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Come si rimpiazzano gli europei che sono partiti?

Adesso è complicato. Vivo in questo ambiente da tantissimi anni. Le cose sono cambiate per via delle varie categorie e degli sviluppi che ci sono stati nelle squadre WorldTour, che hanno integrato nella loro galassia anche i team di sviluppo. Noi siamo una continental un po’ anomala, ci vedono quasi come una professional perché riusciamo a partecipare a gare di livello. Per questo ci dicono che abbiamo un buon appeal, ma nonostante ciò è sempre più difficile trovare corridori giovani di un certo livello, perché se li accaparrano tutti i devo team, a partire da Redbull e Visma.

Quindi come si fa?

E’ un lavoro lungo, hai le amicizie, qualche valutazione fatta con dei test che permettono di individuare se il motore ha una certa portata, ma non sono tutto. Basarsi solo sui numeri non è la ricetta gusta. Possono pure avere un buon motore, ma se li porti su strada e non sanno stare in gruppo e far fruttare le loro doti oppure usare la testa, non vanno lontano. I numeri devono coincidere con la vera identità del corridore, altrimenti rischi che ti aspetti tanto e non ti danno niente.

Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Su cosa avete puntato per fare le vostre scelte?

Abbiamo deciso di avere fiducia nei giovani, sapendo che hanno bisogno del loro tempo. Aleotti, per fare l’esempio di un corridore che cresce in uno squadrone, sta venendo fuori gradualmente e con sostanza: non sono tutti come Evenepoel. Ne abbiamo cercati alcuni che per caratteristiche e voglia di dimostrare, possono fare il salto di qualità. Devi lavorare solo su quello, perché il giovane fenomeno ha addosso gli occhi dei procuratori. I ragazzi che sono andati via avevano le loro motivazioni forti e quelle fanno la differenza. Pesenti ad esempio…

Cosa avete visto in lui?

Thomas veniva dalla Beltrami, me ne avevano parlato bene, però non aveva ancora fatto corse di alto livello tecnico. Qui si è integrato bene anche nelle gare più toste e si è guadagnato un posto nel devo team della Soudal. Malucelli ha sempre vinto, era il più affidabile sotto il profilo del rendimento e sapevamo che in certi contesti poteva fare egregiamente la sua parte. Carboni veniva da un periodo difficile, ma si vedeva che avesse dentro qualcosa. Bisognava avere un po’ più di pazienza e fortuna e sperare che tirasse nuovamente fuori le sue qualità, cosa che ha puntualmente fatto. Si è sempre fatto trovare pronto nelle gare in cui era leader e ha lavorato molto bene con il gruppo giapponese.

La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
Ci sono quattro nuovi italiani. 

Simone Raccani viene dalla Zalf. Due anni fa era stato preso dalla Quick Step come stagista a Burgos, ma è caduto e si è rotto un gomito. E’ andato alla Eolo-Kometa, invece l’anno scorso è tornato dilettante. Non tutti sono pronti per il salto a vent’anni, ma resta che ha fatto dei buoni risultati in salita. D’Amato viene dalla Biesse-Carrera, è un buon corridore, anche molto veloce. Non quanto Malucelli: si avvicina di più alle qualità di un Colbrelli, fatte tutte le distinzioni possibili. Poi abbiamo Garibbo, che arriva dalla Technipes, la squadra di Cassani, e quanto ai punteggi è stato uno dei più bravi dilettanti del 2024. Infine Fancellu, che arriva dalla Q36.5.

Una scommessa come quella su Carboni?

La squadra non lo ha confermato, ma resta un ragazzo che da junior si piazzò terzo al mondiale vinto da Evenepoel, è stato quinto a un Tour de l’Avenir, per cui un po’ di qualità le ha, vediamo se riusciamo noi a regolare la centralina. Ne ho parlato con Zanatta per un mese e mezzo, dato che ho cominciato a pensare a lui ad agosto. Ci sentiamo spesso e Stefano ci ha lavorato tanto. Mi ha detto che gli darebbe ancora una chance, per cui alla fine abbiamo deciso di crederci.

Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Questo è il quadro?

Ci sono altri nomi in arrivo, ma li sveleremo nei prossimi giorni. Il ciclismo è cambiato anche in questo, non è come prima che si diceva tutto subito, anche la comunicazione ha i suoi tempi. Per il resto i materiali restano gli stessi, le bici Factor, le ruote Shimano e le gomme Vittoria. Iniziamo fiduciosi, perché abbiamo visto che il nostro metodo di lavoro funziona. Gli anni non sono mai tutti uguali, lavoreremo perché anche questa sia un’ottima stagione.

Carboni alla Unibet, i passi fino al contratto

23.11.2024
4 min
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Fai l’intervista e mettila da parte. E’ stato così a Pesaro con Carboni, è così da qualche settimana con ragazzi che hanno il contratto in tasca, ma attendono l’annuncio da parte delle squadre. Abbiamo incontrato il pesarese nella sua città, in occasione della Serata di Grande Ciclismo, voluta e organizzata da Maurizio Radi e Giacomo Rossi. Dopo dieci giorni di scaramanzia, in cui al telefono diceva di essere a un passo dalla firma, Carboni questa volta non ha potuto nascondersi dietro scuse o pretesti e ha vuotato subito il sacco. Il prossimo anno correrà alla Unibet Tietema Rockets, squadra nata in Olanda col nome di Tour de Tietema e appena approdata in Francia col sogno di correre il Tour. La notizia è uscita ieri, finalmente. E così anche l’ultimo italiano della sventurata vicenda Gazprom ha trovato una sistemazione stabile.

Abbiamo incontrato Carboni a Pesaro, alla Serata di Grande Ciclismo di Fisioradi e Ca’ Virginia
Abbiamo incontrato Carboni a Pesaro, alla Serata di Grande Ciclismo di Fisioradi e Ca’ Virginia

Una prospettiva di futuro

I risultati ottenuti nel 2024 con il Team Ukyo gli hanno aperto la porta di una professional e hanno rimandato i propostiti (rabbiosi di ritiro). Dopo la lunga pausa estiva in cui il team giapponese si è fermato per esigenze burocratiche, Giovanni era di pessimo umore. Non riteneva possibile restare ulteriormente in una continental, ma di fatto non arrivavano proposte diverse. Anche se scopriremo a breve che i primi contatti con il team di Bas Tietema erano già in divenire.

«Il discorso è venuto fuori dopo la Coppi e Bartali – ci ha raccontato – poi siamo andati avanti a parlarne per tutta l’estate. Come squadra siamo stati fermi per tre mesi e io intanto ero in contatto con altre due. Solo che ho voluto guardare a una prospettiva futura e dopo il Tour de Langkawi ho puntato sulle prospettive di questa squadra. Ha un modo tutto suo di lavorare. Si muovono diversamente per attirare varie figure interessate al mondo del ciclismo. Anche la gestione del budget è diversa. Fondamentalmente, chi direbbe mai che uno sponsor sarebbe potuto arrivare tramite un canale YouTube? Questo l’ho trovato molto curioso».

Adriatica Ionica Race 2022, a Brisighella la vittoria di Carboni all’indomani della chiusura della Gazprom
Adriatica Ionica Race 2022, a Brisighella la vittoria di Carboni all’indomani della chiusura della Gazprom

Un’esperienza nuova

Dopo l’anno giapponese, fatto di innegabili difficoltà iniziali e della scoperta di una cultura e un’accoglienza con pochi eguali, il ritorno in un team europeo è fatto di un’organizzazione di matrice anglosassone e una programmazione rigorosa.

«Sicuramente per me è un’esperienza nuova – ci ha spiegato – e totalmente differente da quelle che ho fatto fino ad ora. Sapevo come era nata la squadra come e sicuramente sono stato incuriosito anche dal fatto che dall’inizio dell’anno la crescita dei loro risultati è stata continua. Sono tutti ragazzi giovani che a sorpresa hanno ottenuto dei buonissimi risultati, specialmente nel finale di stagione. Questo è sinonimo di buona programmazione e lavoro. Ma anche di buoni materiali (il team corre dall’inizio su bici Cannondale, ndr) che li mettono alla pari con altre squadre del loro livello».

Bas Tietema accoglie così De Vries dopo la vittoria al Tour of Antalya 2024 (foto TDT-Unibet)
Bas Tietema accoglie così De Vries dopo la vittoria al Tour of Antalya 2024 (foto TDT-Unibet)

Pronto a smettere

Che cosa cerca Bas Tietema da Giovanni Carboni di Fano? Il modo in cui il corridore italiano può essere utile alla squadra passa per la sua capacità di ottenere risultati e per i punti che porta in dote dopo l’ottima stagione con il Team Ukyo. Le quattro vittorie e i tanti piazzamenti fanno di Carboni uno degli italiani più concreti del 2024 ed era giusto che qualcuno se ne accorgesse.

«Quello che abbiamo messo sul piatto – ha spiegato – è la mia esperienza. Sono uno tra i più anziani del team, quindi posso portare esperienza e solidità in un certo tipo di gare, come ho dimostrato quest’anno. Nelle brevi corse a tappe riesco ad avere una buona continuità di risultati. Eppure nessuno se ne accorgeva e io ero davvero pronto a smettere di correre e nel dirlo ero sereno. Se dopo un anno come questo mi fosse toccato di smettere, sarei stato sereno, perché penso di aver dimostrato con i fatti che meritavo di continuare. Sono contento, ma soprattutto curioso di una nuova avventura fuori dal ciclismo che abbiamo sempre vissuto. Perciò mi preparo per il solito inverno da professionista, come ho sempre fatto. Le cose finalmente stanno andando a posto».

Carboni ci crede, le gambe ci sono: ora serve l’occasione

06.09.2024
6 min
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Il mestiere del corridore non è affatto semplice e rischia di diventarlo ancor meno se le condizioni di lavoro sono quelle di una piccola squadra. Proprio in questi casi, fa capire Giovanni Carboni, è necessario rimboccarsi le maniche più di tanti che, con le spalle coperte da grandi strutture, pensano che basti meno per ottenere risultati. Invece così non è. Forse per questo tanti ragazzini approdati in squadre importanti si perdono dietro sforzi che gli paiono immensi. Non perché lo siano, ma solo perché nel quotidiano magari non lavorano per crescere e sopportarli. Forse dietro i giovani italiani che non escono c’è anche questo.

Carboni di anni ne ha 29 e gli ultimi tre sono stati lo sbando provocato dalla chiusura della Gazprom. Li ha compiuti il 31 agosto dopo essere rientrato dal Tour of Bulgaria (vinto in extremis da Matteo Malucelli) sull’ammiraglia del JCL Team Ukyo in cui corre da questa stagione. Il fuori programma dell’ultima tappa, le premiazioni ritardate e tutto quello che è successo hanno fatto sì che il marchigiano sia dovuto tornare a casa in auto. Una bella distanza di 1.800 chilometri e l’arrivo giusto in tempo per una cena con gli amici più cari. Prima delle corse in Italia che già bussano e poi il Tour de Langkawi (29 settembre-6 ottobre).

Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Che cosa è successo nell’ultima tappa in Bulgaria?

E’ stata anche una questione di fortuna. L’ultima discesa era molto viscida, abbiamo preso un punto particolarmente sporco di gasolio o molto bagnato e siamo caduti senza neanche toccare freni. Era una semicurva, tutt’altro che pericolosa, ma non abbiamo potuto farci nulla. Io per sfortuna ho rotto il cambio e quindi ho detto a Malucelli di andare e prendersi tappa e classifica, grazie all’abbuono. Non ci andava di far vincere il bulgaro che, devo ammetterlo, ha fatto una discesa impressionante.

Correva in casa…

E soprattutto noi non volevamo rischiare, perché comunque era la gara del rientro, eravamo in maglia ed eravamo su in preparazione per le prossime. Quindi avevamo un occhio di riguardo. Lui invece, Stolic il bulgaro, arrivava proprio a casa sua e ha rischiato il tutto per tutto.

Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il cuore italiano vede le corse italiane, la bandiera giapponese della tua squadra guarda a Oriente…

Parlando per me, ho lavorato per le classiche italiane, per il Malesia e poi per la Japan Cup. Sono questi gli obiettivi veri del finale di stagione. La squadra, i nostri sponsor si sono affacciati quest’anno nel panorama europeo per allargare un po’ gli orizzonti. Però, facendo parte del Continente Asiatico, per loro vincere in Asia ed essere tra le prime squadre è motivo di orgoglio.

Com’è invece l’accoglienza in Europa per una continental giapponese?

C’è da sgomitare più del solito. E’ più difficile riuscire a guadagnarsi il posto in gruppo, anche perché il livello della squadra non è al livello delle professional e non parliamo delle WorldTour. Pertanto i risultati che ottieni hanno dietro un lottare superiore.

Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
E’ davvero così?

Avendo corso in squadre professional, sia Malucelli sia io abbiamo visto che in determinate gare italiane era più semplice riuscire a prendere una salita davanti o per lui affrontare una volata. Nell’ultima gara fatta in Italia, al Giro di Romagna, ci siamo guadagnati il nostro spazio. La squadra ha lavorato e tirato ed è venuto un bel risultato (Carboni è arrivato quarto, ndr).

Quale può essere per te un obiettivo concreto in questa seconda parte di stagione?

Voglio continuare a dimostrare quello che ho fatto nella prima parte. Ho avuto grande continuità. Sono partito dall’AlUla Tour, dove ho avuto i primi contatti con la nuova squadra. Poi nelle gare in Italia ho sempre ottenuto qualcosa in più, in termini di risultati. Nella prima parte di stagione su 30-32 gare che ho fatto, ho ottenuto 16 top 10 e non è poco, visti i motivi che ci siamo detti prima.

Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Non è un trend da poco…

Vorrei continuare su questo livello. Dimostrare che nonostante abbiamo avuto i tre mesi di stop in cui la squadra ha gestito il fattore del visto per gli atleti giapponesi, che devono farlo di tre mesi in tre mesi, non sono stato sotto l’ombrellone col cellulare o a guardare le ragazze in spiaggia. Mi sono allenato e ho fatto la vita del corridore professionista a tutti gli effetti.

Quindi qualsiasi cosa dovesse venire fuori sarebbe la conseguenza di tutto questo?

Sarei contento, guardando a me stesso, di ripetermi e migliorarmi. E il resto sarà eventualmente una conseguenza, esatto.

Nel frattempo, a maggio, hai vinto il Giro del Giappone. Che cosa ha significato?

Ho trovato molto calore dalla gente del posto e sono rimasto molto contento anche per come ha lavorato la squadra per arrivare a quell’obiettivo. Non è semplice per un corridore giapponese tirare e mettersi completamente a disposizione di uno straniero nella corsa di casa. E secondo me non è semplice neanche per un direttore sportivo o per un team manager giapponese dire ai propri corridori di lavorare per far vincere la corsa a uno straniero. Sono rimasto molto contento di questa cosa, dal punto di vista umano c’è stato un rispetto enorme da parte dei corridori e dello staff giapponese.

Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Quindi la prossima fermata sarà Larciano?

Esatto. Ho fatto il ritiro in altura ad agosto, perché so che è fondamentale e non posso pretendere che sia la squadra a pagarlo per me, visto il budget che abbiamo. Ho curato l’alimentazione, non come alcuni con cui mi alleno che escono con le barrette del supermercato. Questo è un lavoro, anche se mi guardo intorno qui a San Marino e penso che si stia perdendo il senso di cosa significhi fare sacrifici. Ho avuto i miei controlli, perché abbiamo continuato a fare l’Adams. Ho 29 anni, non sono vecchio, ma ho esperienza per ispirare corridori più giovani. Mi piacerebbe capissero che lo fanno per lavoro, invece li vedo sbagliare come facevo io alla loro età. Perciò tengo i piedi per terra e vado avanti. E come ci siamo già detti, vediamo che cosa ne verrà fuori.

Il Bulgaria di Malucelli, arrivato un po’ per caso

05.09.2024
5 min
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Chi avrebbe mai pensato a Matteo Malucelli vincitore di una corsa a tappe? Il ciclismo sa sempre regalare sorprese, ma certamente domenica l’ultima cosa che il forlivese si aspettava, partendo per l’ultima tappa del Giro di Bulgaria era di conquistare la vetta, festeggiando così nel migliore dei modi il ritorno alle gare dopo una sosta di ben 3 mesi.

Il racconto di come sia arrivato questo traguardo ha un “prologo”: «Alla vigilia dell’ultima tappa al comando c’era Carboni con 38” su di me e 1’03” sul locale Papanov. Io avevo vinto due tappe, ero contento così, ma alla partenza sapendo che avevamo un vantaggio buono ma non di piena garanzia, avevamo pensato di tenere la corsa chiusa per poi giocarci la volata. Io anche vincendo non avrei superato Giovanni, così saremmo stati tutti contenti.

Papanov imprendibile? C’è un perché…

«In corsa però Papanov ha attaccato al culmine della salita. Ci siamo messi in caccia, ma la strada era bagnata e in una curva Carboni è caduto, io gli sono andato dietro. Mi sono rimesso subito in bici, avevo il cambio bloccato sul 14, ma sono comunque riuscito a rimettermi in sella. Giovanni invece aveva rotto il cambio e ha dovuto aspettare la sostituzione della bici, a quel punto non poteva più rientrare. Rischiavamo di perdere la corsa. Dovevamo riprenderlo. Eravamo in una quindicina dietro ma per quanto ci dessimo regolari cambi, non guadagnavamo, il che ci sembrava strano. Dopo l’arrivo vittorioso di Papanov, visionando le riprese era evidente che aveva sfruttato la scia delle auto. Abbiamo fatto reclamo ed è stato accolto, lui è stato posto al 15° posto della tappa e penalizzato di 20”, così io ho vinto il Giro davanti a Carboni e Pesenti, abbiamo fatto il pieno».

Una vittoria che, per come è arrivata, non poteva non avere un fondo di amaro: «Dispiace sempre quando arriva una caduta. Giovanni, più che per la corsa perduta, era abbattuto per la botta subita, quando cadi è sempre brutto anche perché l’urto non è stato di poco conto. Poi dispiace anche che la corsa venga decisa a tavolino, avremmo sicuramente preferito che le cose fossero andate come avevamo stabilito alla vigilia».

Il team giapponese in Bulgaria, con Carboni e Pesenti anche loro sul podio
Il team giapponese in Bulgaria, con Carboni e Pesenti anche loro sul podio

Una sosta di ben 3 mesi

Malucelli, come anche gli altri compagni di squadra italiani è tornato alle gare dopo 3 mesi, dopo aver staccato la spina al termine della corsa più sentita da parte del suo team JCL Ukyo. Una scelta che era stata già stabilita a inizio stagione: «Non avevamo impegni dopo la parte riservata al calendario asiatico, quindi per due settimane non ho neanche voluto vedere la bici. Poi ho ripreso piano, ho fatto un primo periodo in altura ma molto blando, non mi sono negato neanche qualche cena fuori… Da luglio ho ricominciato a lavorare sul serio ma senza fretta, per raggiungere la condizione piano piano, rimettendomi in riga anche con l’alimentazione e il resto, ad agosto ero fresco fisicamente e mentalmente per ritrovare lo smalto giusto. Com’è avvenuto».

Questo sistema è positivo? «Per certi versi. Sicuramente sono arrivato in Bulgaria che avevo una gran voglia di correre, di fare fatica e quando questo si confronta con gente che invece è sulla corda da mesi, è stanca fisicamente e mentalmente la differenza si vede. Noi siamo sicuramente più freschi per il finale di stagione. Dall’altra parte però non è facile convivere con lo stare fermo mentre vedi che tutti gli altri corrono, gareggiano. D’inverno almeno non gareggia quasi nessuno, è diverso. Diciamo che un paio di mesi sarebbe una sosta più che sufficiente».

Il forlivese era fermo dal Tour of Japan di maggio, dove aveva vinto due tappe
Il forlivese era fermo dal Tour of Japan di maggio, dove aveva vinto due tappe

In Italia per continuare così

Ora però inizia una porzione importante della stagione: «Intanto sono al Friuli e ci arrivo con tanta voglia di fare. Poi continueremo a gareggiare in Italia, con Matteotti e Pantani, non so se le farò entrambe, per poi a fine mese ripartire per l’Asia per affrontare il Tour de Langkawi. A fine anno, ho fatto i calcoli che supererò i 50 giorni di gara, quindi rientro pienamente nella media».

Al di là del rocambolesco successo nella classifica finale, anche in Bulgaria Malucelli ha messo la firma un paio di volte in una stagione finora positiva e ricca di soddisfazioni: «Il bilancio è già col segno più, ma io devo dire di essere sempre stato costante nel mio rendimento, alla Gazprom come alla China Glory, dove ho ottenuto risultati dopo 4 mesi davvero complicati mentalmente. In Belgio ho conquistato 8 Top 10 in gare di alto livello, decisamente superiori a quelle che affrontiamo con la squadra giapponese. Io nel team mi trovo bene, ha una forte componente italiana e i giapponesi sono davvero il massimo in fatto di disponibilità. Non posso però negare che questa dimensione la sento un po’ stretta e me ne accorgo soprattutto quando si sale di categoria e si affrontano le Professional».

Malucelli si sente a suo agio nel team, con una forte componente italiana. Qui con il diesse Boaro
Malucelli si sente a suo agio nel team, con una forte componente italiana. Qui con il diesse Boaro

Per questo già al Friuli Malucelli è arrivato con tanta voglia di fare: «Io mi sento di partire per ogni tappa con un obiettivo solo: vincere. La prima è già andata bene, primeggiando con chiarezza sugli avversari. Ma non voglio fermarmi alla vittoria di San Giorgio di Nogaro, voglio far vedere che sono un corridore che ha ancora molto da dire e da dare anche in un consesso più alto».

Malucelli e Carboni, finalmente in Giappone si alzano le braccia

23.05.2024
5 min
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Prima Malucelli, poi Carboni. E non è finita. Assume i contorni del trionfo la trasferta del JCL Team Ukyo per il Tour of Japan. D’altronde è la gara più sentita dai responsabili del team e i nostri la stanno onorando al meglio. In attesa della sua conclusione prevista per il 26 (e soprattutto della scalata al Monte Fuji, famosa per la gara olimpica di Tokyo 2020, prevista per venerdì) i due ragazzi mettono intanto da parte una vittoria parziale che ha grandi significati per loro, a prescindere da come la corsa si concluderà.

Malucelli ad esempio quell’urlo liberatorio lo attendeva da tanto: «Erano due anni che aspettavo, che ci arrivavo sempre vicino – racconta dalla sua camera d’albergo – a marzo e aprile avevo continuato a collezionare piazzamenti come lo scorso anno, anche in gare importanti come alla Coppi e Bartali o al Giro d’Abruzzo e francamente ero un po’ stufo. Spero che questa vittoria sia di buon auspicio per il futuro, avendo chiuso una parentesi che era diventata troppo lunga».

La volata vincente di Malucelli a Seika, battendo il britannico Walker, un successo atteso 2 anni
La volata vincente di Malucelli a Seika, battendo il britannico Walker, un successo atteso 2 anni

Carboni in maglia di leader

Per Carboni la vittoria ha significato anche la conquista della maglia di leader della classifica: «Non so come finirà, ma un pensierino ce lo faccio, vedremo come andranno le tappe più dure che devono ancora arrivare. Quella vinta è stata una tappa mossa, resa impegnativa dal vento e dai continui scatti che alla lunga rischiavano di logorarci nel controbattere, finché ho preso l’iniziativa con l’ucraino Budyak e un paio di australiani vincendo in volata. Anch’io venivo da buone gare in Italia, una serie di piazzamenti, ma serviva un cambio di passo».

E’ chiaro che parliamo di una gara particolare, il Giro del Giappone è un evento centrale, ma dall’altra parte del mondo: «E’ un ciclismo che non siamo abituati a vedere – spiega Carboni – qui ci sono pochi europei, i giapponesi che corrono in casa (c’è anche la nazionale su pista per preparare i Giochi Olimpici) poi gli australiani che fanno sempre la differenza perché a questa gara puntano forte per la classifica. In gruppo il riferimento sono un po’ loro».

La netta vittoria di Carboni, debellando la resistenza dell’ucraino Budyak
La netta vittoria di Carboni, debellando la resistenza dell’ucraino Budyak

La mancanza di un bar…

«Sono gare particolari – gli fa eco Malucelli – un po’ come quando gareggiamo a Taiwan o in Malesia. Il circuito asiatico è particolare. Tra l’altro le gare si concludono sempre prima di pranzo il che significa svegliarsi sempre alle 6 e partire quando va bene alle 9,30. E’ tutto anticipato, la cena alle 18 e a letto presto, una routine abbastanza scandita. Tra l’altro gli hotel sono posizionati sempre un po’ lontano dai centri abitati così non c’è possibilità neanche di fare due passi per svagare la mente. Non possiamo neanche andarci a prendere un caffè perché i bar non ci sono, hanno solo macchinette automatiche sparse per il territorio…».

Le vittorie ottenute dai due ragazzi non sono casuali, anzi. Malucelli entra nello specifico parlando del suo team, da quest’anno con una forte matrice tricolore: «Il team esiste da una decina d’anni, ma in questi mesi di lavoro in comune, i nostri compagni giapponesi – che, inciso, sono il meglio del ciclismo locale – hanno corso con noi in Italia e iniziano a far proprio il nostro modo di correre. Anzi, lo cominciano ad applicare anche in corse come questa e la differenza si vede».

Affollamento di giornalisti locali intorno a Malucelli. Il suo team è molto seguito in Giappone
Affollamento di giornalisti locali intorno a Malucelli. Il suo team è molto seguito in Giappone

A casa si stacca la spina…

«E’ vero – ribadisce Carboni – normalmente in queste corse giapponesi e più generalmente asiatiche (se non infarcite di continental europee) si corre un po’ senza regole e avendo solo 6 corridori per squadra, si spende tanto se vuoi controllare la corsa. Con i compagni iniziamo ad applicare strategie che alla lunga funzionano, sia come risultati che come gestione stessa delle corse».

Finito il giro giapponese sarà tempo di tornare a casa e staccare per un po’: «Non abbiamo corse in programma per giugno e luglio, quindi conto di staccare anche un paio di settimane – afferma Malucelli – e non è un male considerando che da inizio stagione ho già superato i 30 giorni di gara. Siamo in 11 in squadra, questo comporta che si corre e viaggia quasi sempre. Tuttavia i nostri compagni giapponesi non hanno avuto il visto per l’Europa per questi mesi, torneranno ad agosto e noi in tre non possiamo correre.

Il JCL team Ukyo impiegato nella gara di casa, con 3 giapponesi ed Earle (AUS)
Il JCL team Ukyo impiegato nella gara di casa, con 3 giapponesi ed Earle (AUS)

Poi si tornerà in Asia

«Ci sarebbe il campionato italiano, è vero, ma che possiamo fare contro gente che viene dal Giro o che sta preparando il Tour? Per noi è meglio recuperare perché la seconda parte di stagione sarà lunga e impegnativa, torneremo anche in Asia per le corse in Malesia e sempre in Giappone».

Intanto però c’è da portare a termine il Giro del Giappone, da concludere in bellezza tutta la trasferta che ha regalato al team belle soddisfazioni e Carboni vuole sfruttare il buon momento: «Come detto, in Italia avevo già visto che ero tornato sui miei livelli, ora bisognerà lottare contro gli australiani che sono i più accaniti per la conquista del trofeo finale. La squadra funziona e la gamba è quella giusta. Un po’ mi dispiace al ritorno non avere altre occasioni per sfruttare la condizione, ma quel che dice Matteo è vero e poi di corse adatte ce ne saranno altre anche nei mesi successivi. L’importante sarà farsi trovare pronti».

Ora Malucelli è convinto della scelta giapponese

17.02.2024
5 min
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Tre settimane al caldo della penisola araba. Tre settimane per guardarsi intorno e capire se la scelta di accettare l’ingaggio del Team Ukyo è stata quella giusta. Matteo Malucelli è tornato a casa con un paio di Top 10 che non sono mai da buttar via e le idee un po’ più chiare. La sua vera stagione inizia praticamente ora.

Gli impegni non erano di poco conto, fra AlUla Tour e Tour of Oman e ripercorrendo quelle lunghe giornate molto ha colpito la sua attenzione, non solo dal punto di vista ciclistico.

«Non è la prima volta che vado a correre da quelle parti – spiega – e il clima, unito ai percorsi perlopiù pianeggianti, mi è favorevole, quantomeno per affinare la mia preparazione. Si potrebbe pensare che si pedali sempre nella stessa realtà, ma non è così: l’Oman è molto più sviluppato, in Arabia Saudita invece si nota come sia tutto in espansione, in costruzione. Io sinceramente non ci andrei mai in vacanza: è comunque deserto con quattro grattacieli e tanta ricchezza qua e là… Anche ad AlUla ho trovato molti siti interessanti, fra una partenza da una città vecchia e un’altra dal parco naturale. C’era la possibilità di vedere qualcosa di diverso».

Per tre settimane il forlivese ha corso nel deserto arabo, con un clima a lui favorevole
Per tre settimane il forlivese ha corso nel deserto arabo, con un clima a lui favorevole
Era la tua prima esperienza sul campo con il nuovo team giapponese, che impressione ne hai tratto?

Molto positiva, perché già in pochissime settimane la realtà giapponese è andata fondendosi con il calore italiano. L’impronta nostrana è forte, grazie innanzitutto a Alberto e Manuele (Volpi e Boaro, i dirigenti del team, ndr), ma anche a noi corridori, poi il massaggiatore è italiano, il meccanico anche. C’è una bella sinergia, si vede che si lavora per unire due culture che sono comunque distanti.

Questo si evince anche dall’andamento delle corse?

Sì, infatti fra AlUla e Oman c’è stato un netto miglioramento. Quando abbiamo iniziato dovevamo conoscerci, non avendo neanche fatto un ritiro insieme. Che sarebbe stato anche controproducente considerando fusi orari diversi, l’effettiva difficoltà ad allestire qualcosa di collettivo e utile. Poi ci siamo trovati a correre in un contesto importante, con squadre di categorie superiori e quando capita c’è, almeno inizialmente, sempre un po’ un trattamento diverso verso una continental. Chi ci corre viene considerato non alla propria altezza.

Malucelli ha trovato in Carboni un valido aiuto per le volate, cogliendo due Top 10
Malucelli ha trovato in Carboni un valido aiuto per le volate, cogliendo due Top 10
Di questo si parla spesso, ma tu che hai corso a livello superiore, pensi sia qualcosa di inconscio?

Probabilmente sì. Non è che ti ritengono più scarso, ma c’è una forma di rispetto che bisogna progressivamente guadagnarsi in base alla maglia, perché poi il Malucelli della situazione è chiaro che nel gruppo è conosciuto almeno da una parte. Faccio un esempio: nella ricerca della posizione, un team continental ha formato il suo gruppo. Da dietro il team professional o addirittura WT, piuttosto che “sfidare” un pari grado verrà da noi a cercare di assumere le nostre posizioni nel gruppo. E’ normale, sta a te dimostrare che sei all’altezza di quella corsa e di quel contesto.

Tu avevi già accennato allo scendere di categoria. Ora che hai toccato con mano la realtà del Team Ukyo, sei convinto della scelta fatta?

Sì, perché si lavora seriamente. Ad AlUla eravamo più come cani sciolti, in Oman eravamo invece molto più squadra, iniziamo a conoscerci e pian piano ognuno assume il proprio ruolo, magari anche imparando qualcosa di nuovo.

Per il trentenne Malucelli il team giapponese è l’ottava squadra di cui entra a far parte
Per il trentenne Malucelli il team giapponese è l’ottava squadra di cui entra a far parte
Tu come ti sei presentato all’esordio agonistico?

Il mio inverno non è stato male, salvo il Covid contratto a fine novembre. Poi appena ripreso ho potuto lavorare intere settimane in maniera costante e quindi mi sono presentato al via il 30 gennaio abbastanza in forma fisica. La corsa poi ti dà quei fuorigiri, quella brillantezza che negli allenamenti non puoi avere. Qualcosa che manca e che correndo inizi ad acquisire, sicuramente oggi sono più in forma di quando siamo partiti.

Dove ti rivedremo?

Io non sarò a Laigueglia perché non è un percorso adatto a me. Parteciperò invece al Giro di Taiwan dal 10 al 14 marzo, cinque tappe dove ce ne saranno almeno un paio probabilmente destinate alla volata e lavoreremo per quelle. Oltretutto in un contesto qualitativamente più approcciabile, con 4-5 team professional, dove quindi ci sarà più possibilità di trovare spazio.

La compagine per l’AlUla Tour comprendeva 3 italiani, 3 giapponesi e un australiano
La compagine per l’AlUla Tour comprendeva 3 italiani, 3 giapponesi e un australiano
In una squadra come quella giapponese, si possono costruire anche meccanismi a tuo favore, per pilotare le tue volate?

E’ quello che spero e ci stiamo lavorando. All’inizio non è facile se non ci si conosce, c’è anche chi ha paura a tirarti la volata. Poi, con il tempo si acquisiscono meccanismi. Io ho notato che, a parte noi italiani, i nostri compagni sono molto capaci, quindi quei meccanismi si possono costruire e a Taiwan sarà sicuramente più facile farlo. Sarà una corsa con team di soli 5 corridori, ma proprio il numero ridotto potrebbe favorire le nostre potenzialità di correre come una squadra. E magari vincere…

Carboni all’AlUla Tour. Il debutto in mezzo al deserto

04.02.2024
5 min
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C’è voluto un po’ perché Giovanni Carboni si aprisse dopo il cambio di squadra e la nuova avventura che sta vivendo al JCL Team Ukyo. Per tutto l’inverno aveva scelto la via del silenzio, del lavoro, tenendo strette per sé le sue sensazioni e conoscendo la sua storia non si può che comprenderlo. Il corridore di Fano è uno di quelli che ha vissuto sulla propria pelle la disastrosa gestione (da parte dell’Uci in primis) della vicenda Gazprom Rusvelo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e per mesi è rimasto fermo al palo, trovando un ingaggio in Spagna solo quasi a fine stagione 2022.

Quell’esperienza ha lasciato cicatrici. Alla fine dello scorso anno Carboni ha accettato la proposta del team giapponese fidandosi della competenza e del prestigio di Alberto Volpi, ma c’è voluto tempo per vincere la naturale diffidenza. Poi la stagione è iniziata, il marchigiano è volato nel deserto per fare il suo esordio con la squadra all’AlUla Tour e anche la sua voglia di parlare ha trovato sfogo.

Carboni fra Koishi e Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Carboni insieme a Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Una gara sicuramente diversa dal solito per iniziare il tuo cammino…

Molto meno semplice di quanto si possa pensare. Certo, non ci sono grandi asperità, le tappe per la maggior parte si concludono in volata, ma le difficoltà non mancano e sono legate soprattutto al vento che da queste parti imperversa.

Come influisce?

Basta una folata che possono crearsi ventagli. Bisogna stare continuamente all’erta, è una corsa che si disputa soprattutto di testa, a livello di concentrazione. Nella seconda e terza tappa ci sono state folate che hanno letteralmente spaccato il gruppo e c’è stato da lavorare per ricomporlo, le squadre dei velocisti hanno fatto un gran lavoro.

Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Che paesaggi avete affrontato?

E’ una gara diversa dal solito, questo è certo. Esci dalle città e ti ritrovi in mezzo al deserto. Strade molto ampie, che non cambiano mai, dove la direzione è sempre la stessa. Se c’è battaglia diventa tutto molto difficile perché si fa fatica soprattutto mentalmente. Non che ci sia da stupirsi, siamo nella nazione tra le più caratterizzate da questo tipo di ambiente.

Giustamente dici che l’ambientazione influisce sull’aspetto mentale. Che effetto fa?

Diciamo che devi abituarti. Poi quando la corsa parte devi concentrati su quel che avviene e non ci si accorge più di tanto di quanto c’è intorno. A me fa molto effetto dopo, durante i trasferimenti. Noti la desolazione, pensi alle difficoltà di chi è nato e vive in un ambiente ostile. E’ davvero difficile, è qualcosa che ti dà da pensare.

Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Trovate pubblico?

Questo è un aspetto interessante. Nei ritrovi di tappa e soprattutto negli arrivi c’è, ma è facile accorgersi che si tratta soprattutto di gente molto abbiente, che ha tempo per assistere, non ha obblighi di lavoro. Altrimenti vedi che la gente normale è quasi disinteressata, troppo presa dalle proprie attività. Lungo i percorsi, poi, non c’è proprio nessuno ma è facile capire il perché…

Tu hai fatto il tuo esordio nel team proprio in quest’occasione. E’ una squadra più giapponese o italiana?

Io direi che entrambe le nature coesistono. Io ho trovato una professionalità e una mentalità prettamente europea, Alberto Volpi e Manuele Boaro hanno dato già un’impronta decisa alla squadra. Al contempo però c’è una forte matrice giapponese: il peso dello sponsor è molto accentuato, c’è un’attenzione al dettaglio quasi maniacale. Io penso che siano due realtà che possono davvero coesistere e far crescere la squadra.

Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Già all’inizio dell’avventura vi trovate a gareggiare contro team del WorldTour. Si vede la differenza?

Non potrebbe essere altrimenti, i budget a disposizione non sono neanche paragonabili. Se parliamo però di attenzione e disponibilità verso i propri corridori, Alberto non ci fa mancare davvero nulla e mette a disposizione tutta la sua esperienza. E’ un valore in più per noi, soprattutto per noi italiani (con Carboni corrono Pesenti e Malucelli, ndr) che conosciamo bene la sua storia e la sua competenza.

Tu sei partito con quale ruolo?

Noi corriamo tutti in appoggio a Malucelli che è il più veloce, con noi ci sono anche 3 giapponesi e l’esperto australiano Earle. Io vengo da un inverno un po’ difficile, tra covid e influenza in pratica ho perso tutto dicembre e questo sulla condizione si fa sentire. L’AlUla Tour non è poi una corsa che si confà alle mie caratteristiche, ma io la sto interpretando un po’ “vecchio stile”, ossia per raggiungere la miglior forma, facendo quel che posso per i compagni.

Carboni alla Gazprom: un’avventura durata poche settimane e chiusa con 6 mesi di sofferenza per trovare un team
Carboni alla Gazprom: un’avventura durata poche settimane e chiusa con 6 mesi di sofferenza per trovare un team
Che obiettivi ti sei posto per questa stagione?

Nessuno in particolare, vivo un po’ alla giornata. Qui come detto l’importante è chiudere con una forma migliore di quella che avevo alla partenza, poi andremo al Tour of Oman che ha percorsi molto più adatti alle mie caratteristiche e dove spero di avere qualche occasione per mettermi maggiormente in mostra.

Che livello hai trovato in questa corsa?

E’ molto buono. Considerate che di squadre continental con noi ce ne sono solamente un paio, le altre sono tutte WorldTour o professional e sono tutte venute con un velocista di punta e un uomo per la classifica. Ciò ha portato la corsa a un valore notevole. Quel che ci voleva per iniziare.

Bollé, scopriamo gli occhiali in dotazione alla Kern Pharma

08.07.2023
5 min
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Dal 1888 creano occhiali e caschi unendo stile e performance. Oggi sono un brand riconosciuto in tutto il mondo e affiancano i ciclisti in ogni esigenza. Il team Kern Pharma veste i migliori modelli di Bollé per ogni gara dei pro’. Con Giovanni Carboni scopriamo gli occhiali in dotazione e le curiosità tecniche che un atleta professionista è in grado di apprezzare. 

Analizziamo in primis il modello C-Shifter, un prodotto che grazie alla sua versatilità, accompagna il ciclista in ogni gara in linea. A seguire i Lightshifter, scelti dal marchigiano per le giornate più avverse grazie alla loro stabilità e al trattamento antigraffio, oleo/idrofobico della lente. Infine gli Icarus, utilizzati per le prove contro il tempo grazie alla loro silhouette aerodinamica e al trattamento antiappannamento.

Un modello che si distingue per le linee cilindriche, unite a dettagli tecnologici. La struttura a giorno assicura la migliore ventilazione, con la montatura in nylon TR90 leggera, flessibile e confortevole. I naselli e le astine sono entrambi regolabili e realizzati in gomma Thermogrip e assicurano una vestibilità perfetta.

Carboni utilizza gli occhiali Bollé per ogni esigenza
Carboni utilizza gli occhiali Bollé per ogni esigenza
Quale modello stai utilizzando in questa stagione?

Uso quasi sempre i C-Shifter a parte nelle gare con pioggia e tempo più brutto dove invece uso i Lightshifter.

Come mai?

Perché mi piace usare la lente completamente trasparente ma soprattutto sono un po’ più stretti e con il bagnato mi trovo meglio. Mi piace come stanno sul viso perché essendo più compatti entra meno acqua e sono più riparati. La lente fa scivolare via l’acqua e non si appannano mai.

Per le corse sotto la pioggia Carboni predilige i Lightshifter
Per le corse sotto la pioggia Carboni predilige i Lightshifter
Per le crono invece…

Utilizziamo gli Icarus che si integrano al meglio con la linea del casco e sono molto aerodinamici. Non hanno la montatura nella parte superiore e questo particolare li rende ancora più leggeri e filanti quando si sta in posizione. Hanno inoltre una visuale libera al 100 per cento.

Torniamo ai C-Shifter. Che lente usi di solito?

La lente a specchio scura. Perché mi permette di proteggermi al meglio e di filtrare maggiormente la luce del sole. Non è eccessivamente scura e quindi si adatta molto bene anche nei cambi di luce, quando si entra in una galleria o in un tratto all’ombra in salita o in discesa.

Gli occhiali C-Shifter di Bollé sono un concentrato di comfort e performance
Gli occhiali C-Shifter di Bollé sono un concentrato di comfort e performance
Hai la possibilità di cambiare le lenti?

Sì, posso mettere una lente più chiara che alcuni miei compagni usano anche in caso di pioggia, però sinceramente a me in quelle condizioni piace la lente trasparente dell’altro modello.

Hai mai utilizzato la lente fotocromatica Phantom+?

No, perché preferisco i settaggi della lente scura o trasparente. So che funziona davvero bene a detta dei miei compagni. La mia è più che altro abitudine. 

I C-Shifter di Bollé hanno nella versatilità il loro asso nella manica
I C-Shifter di Bollé hanno nella versatilità il loro asso nella manica
Cosa ci dici della stabilità dell’occhiale?

Le astine sono sono ben aderenti, seguono molto bene la forma del viso. E’ da considerare che io ho un viso molto piccolo, uso un casco taglia S quindi nonostante tutto, non ho problemi di stabilità dell’occhiale. I naselli Thermogrip sono regolabili e hanno un appoggio ben studiato e che non soffre la sudorazione. 

Tornando alle lenti. Le Volt + migliorano del 30% la visione dei colori. L’hai notata questa qualità?

Sono uno a cui piace molto togliersi gli occhiali in salita. Devo dire che la qualità visiva e pratica di queste lenti, mi fa dimenticare di togliermeli. In più sono molto leggeri e dopo un po’ ci si scorda di averli indosso. 

L’intelligenza artificiale

La lente Volt + di Bollé merita un approfondimento. Stando a quanto dichiarato dall’azienda francese, è la prima lente da sole creata con l’intelligenza artificiale. Bollé ha testato oltre 20 milioni di combinazioni per sviluppare la soluzione definitiva e poi l’ha brevettata. Dai test risulta che le lenti Volt + migliorano del 30% la visione dei colori, senza alterare il bilanciamento del bianco. Fra gli altri risultati dichiarati e confermati da Carboni ci sono la visione ad alto contrasto e un’ottima percezione della profondità.

In quali colorazione li utilizzi?

Li abbiamo in dotazione verdi, i colori della squadra. 

Come valuti l’areazione di questi occhiali?

E’ un occhiale che ti fa “respirare”. La maschera degli occhi non fa entrare aria da sotto. Rimangono molto chiusi ma allo stesso tempo ben areati. 

Bollé

Carboni, niente italiano, tanta sfortuna e voglia di ripartire

16.06.2023
6 min
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Nella mitologia greca, la dea della fortuna è cieca. Ad essere mal pensanti viene da dire che invece la sfortuna ci vede benissimo. Giovanni Carboni dopo aver chiuso il capitolo nero della Gazprom nel 2022, si è trovato in questo 2023 a fronteggiare una serie di eventi sfortunati. Nessuno così grave, ma sportivamente parlando si può dire che il marchigiano abbia un conto in sospeso con la dea bendata. 

Il suo approdo nella formazione spagnola Kern Pharma era pieno di aspettative e buoni proposti. La condizione di inizio anno ha fatto ben sperare, poi però è arrivato l’incidente sul Teide, l’appendicite protratta e infine l’infortunio alla schiena. Si chiude così un altro capitolo di questa prima parte di stagione con il forfait forzato al campionato italiano di Comano Terme in programma a fine giugno. Scopriamo il suo stato d’animo e la reazione del classe ’95 nei confronti di questa metà stagione. 

Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Giovanni, come hai vissuto questa prima parte della stagione?

Diciamo che ho vissuto la prima parte dal punto di vista fisico e mentale nel migliori dei modi, quello che è mancata è stata un pochino di fortuna.

Spiegaci meglio?

Per quanto riguarda l’allenamento e quello che potevo fare, mi sono fatto trovare pronto quando richiesto. Ma con gli incidenti e i problemi fisici mi sono trovato in situazioni fuori dal mio controllo.

Andando nello specifico, cosa è successo?

Inizialmente ho avuto l’incidente sul Teide, il 3 marzo. Una macchina che ha aperto lo sportello e io ci sono finito dentro: questo mi ha rallentato parecchio. Di seguito sono stato male un paio di volte per un’appendicite, che però non era stata riconosciuta fin da subito. 

In che senso?

La prima volta che sono stato male è stato una settimana dopo l’incidente del Teide e sono stato male di notte. Soltanto che, essendo comunque all’estero e per giunta in un posto un po’ difficile da raggiungere, non ho potuto far visite. Quindi è passato tutto in secondo piano. L’appendicite è stata confusa inizialmente come un problema di gastroenterite.

Per Carboni l’inizio di stagione era carico di buone sensazioni e aspettative
E poi?

Mi si è ripresentata al Tour of the Alps. In quel caso mi sono ritirato alla penultima tappa. E anche quella volta si è presentata con dei sintomi strani e non è stata riconosciuta. Fino a quando il 30 di aprile sono stato proprio male, in maniera forte e tanto da costringermi ad andare all’ospedale. Dagli accertamenti, dalle analisi avevo un’appendicite ingrossata, a rischio di peritonite: sono stato operato d’urgenza. Il problema è che tutta questa situazione me la sono portata avanti per due mesi, perché dai primi sintomi di marzo sono stato operato a fine aprile.

Nel frattempo hai corso?

Sì, anche se notavo che c’era qualcosa che non andava nel mio fisico specialmente alla gamba. Avevo molto fastidio alla coscia destra. Fastidi ripetuti alla zona destra dell’addome, però mai avrei pensato di di avere l’appendicite infiammata.

L’incidente invece ha lasciato strascichi?

Recentemente, dopo l’operazione all’appendicite ho ripreso gli allenamenti e ho iniziato ad accusare un mal di schiena un po’ inspiegabile. Dagli accertamenti abbiamo scoperto che sul Teide avevo subito una microfrattura alla vertebra D9 all’altezza dell’intersezione con il costato. E infatti da dopo l’operazione, quando ho ripreso la palestra ho avuto questi sintomi di dolore al costato e alla schiena. Diciamo che c’è stato un susseguirsi di eventi non molto fortunati.

Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Questa micro frattura come la stai trattando?

Avevo appena iniziato ad allenarmi e mi sono rifermato, devo ringraziare Maurizio Radi e il Fisioradi Medical Center che mi hanno seguito in tutto e mi hanno permesso adesso in questi ultimi giorni di riprendere a pieno ritmo. Purtroppo però non abbastanza in fretta per fare il campionato italiano. Ho deciso infatti che è meglio non partecipare. 

Mentalmente come stai reagendo a tutta questa situazione?

Sia io che la squadra eravamo contenti della prima parte di stagione, perché comunque alla Valenciana, in Oman e anche al Gran Camino non ho ottenuto dei risultati pieni, ma sono andato bene. Sapevamo infatti che la mia preparazione non era incentrata sul fare un grande mese di febbraio. L’obiettivo principale e quello che interessava alla squadra erano le corse di marzo

Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
In tutto questo ti sei anche dovuto ambientare ad una squadra nuova, spagnola, in cui sei l’unico italiano…

Dovevo conoscere i compagni, conoscere la squadra perché l’anno scorso alla fine sono arrivato solo a fine stagione. C’erano un po’ di meccanismi nuovi da imparare. E’ andata anche bene. A detta di tutti, i ritmi nelle prime gare di stagione sono altissimi, a febbraio si fanno i migliori watt, quindi ho percepito che la mia preparazione fosse buona. Ero soddisfatto. A livello di squadra ho trovato quello che il team manager mi aveva anticipato e sono contento anche della scelta che ho fatto di firmare con loro. Nel loro piccolo, ciascuno si impegna per dare il massimo e quando le cose stanno così, non puoi che essere contento. 

Quando hai previsto di tornare in corsa?

Conto di rientrare a fine luglio. Ancora non so bene dove, ma ora ho l’appoggio della squadra e la tranquillità del momento, quindi penso più che altro a rimettermi in forma e senza fretta.

Per il finale di stagione hai in mente qualche gara in particolare? 

Spero di poter riconfermare quello che ho fatto lo scorso anno. Sarebbe bello, fare bene all’Adriatica Ionica Race. Avere il percorso che passa sotto casa è stato bellissimo e mi piacerebbe ricorrerla. 

La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
Veniamo a una nota dolente. La Kern Pharma non è stata invitata alla Vuelta. Come hai preso la notizia?

Non so bene i meccanismi e come siano andate le cose, però sicuramente sappiamo che i grandi Giri sono sempre delle grandi opportunità per noi corridori. Però penso anche che questa cosa rientri tra le situazioni fuori dal mio controllo. Quindi non voglio neanche pensarci più di tanto. Vorrei sottolineare che mi dispiace molto di non poter fare il campionato italiano. Correre quella gara, per quella maglia, è sempre emozionante. Una corsa che da bambino ho sempre guardato con ammirazione. Non poterla correre mi rattrista, però metto un punto e guardo al prossimo anno.

A livello mentale hai passato dei momenti difficili. Sei riuscito sempre a mantenere un atteggiamento positivo?

Sì, per questo devo ringraziare soprattutto la mia famiglia perché mi è sempre stata accanto e mi ha sostenuto. Penso che in certi momenti è indispensabile riuscire a mantenere un atteggiamento positivo e stabile. 

Soprattutto venendo dall’anno scorso…

Diciamo che gli ultimi anni non sono stati proprio dei migliori. Però ora testa ai prossimi obiettivi.