Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar vince a Bergamo

Pogacar sempre in fuga? La miglior difesa è l’attacco

15.10.2025
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Una stagione monumentale per Tadej Pogacar, un 2025 da record per la Uae Team Emirates-XRG. Non fosse bastato quanto visto prima di mondiali ed europei, vinti peraltro dallo stesso alieno sloveno, ecco il filotto degli ultimi 10 giorni. Dal 3 al 10 ottobre, la corazzata bianconera ha collezionato la bellezza di 8 successi, compresi la cinquina da leggenda al Lombardia di Pogi e l’acuto a Oropa di Adam Yates al Trofeo Tessile&Moda. Novantaquattro affermazioni in quest’anno solare e il numero potrebbe ancora crescere nelle ultime uscite di ottobre

Con Pogacar e Wellens, nel 2024 Baldato ha scortato l’iridato nel sopralluogo della Roubaix
Con Pogacar e Wellens, nel 2024 Baldato ha scortato l’iridato nel sopralluogo della Roubaix

La logica dietro l’attacco

Insieme a Fabio Baldato abbiamo provato ad analizzare non solo le fredde cifre, ma anche come arrivano queste vittorie, in particolare quelle del numero uno del ranking Uci. Se non fosse stata per la tenace azione del campione statunitense Quinn Simmons, il leitmotiv di sabato sarebbe stato quello di capire a che chilometro sarebbe partito Tadej. Ma perché, visto anche il suo incredibile spunto sugli arrivi esplosivi, non attende i chilometri finali e preferisce, invece, sfoderare attacchi da lontano che ricordano un ciclismo d’altri tempi. Smania di stravincere o scatto pianificato a tavolino?

«Ad una prima occhiata – comincia a spiegare Baldato – sembra che sia qualcosa di impulsivo. Se lo si analizza bene, lui parte da lontano quando non ha più compagni a disposizione. Lo si è visto anche ai mondiali. Nel momento in cui non c’è più nessuno che lo possa supportare, sa che tutti gli correrebbero contro perché è il più forte, per cui parte. E’ la logica, lui studia sempre l’attimo. Come alla Tre Valli, in cui si è mosso quando erano rimasti solo lui e Del Toro». 

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La fuga del mondiale. Prima con Del Toro e poi da solo: secondo Baldato, per Pogacar l’attacco resta la miglior difesa
Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La fuga del mondiale. Prima con Del Toro e poi da solo: secondo Baldato, per Pogacar l’attacco resta la miglior difesa

Infallibile dopo le sei ore

E il copione si è ripetuto anche nella Monumento che ha chiuso la stagione. Jay Vine che si scosta perché ha finito il suo lavoro e Pogacar parte ai -37 chilometri dal traguardo, col messicano pronto a far da stopper su Remco e compagnia.

«Non è che si diverta sempre a partire a 60, 70 o 80 chilometri dall’arrivo solo per dare spettacolo – prosegue il cinquantasettenne ds veneto – si tratta di un ragionamento che arriva da lui, ma che è condiviso anche da noi in ammiraglia. E’ quasi obbligato a muoversi, per evitare di essere attaccato e isolato dagli altri. Si tratta di una situazione di corsa che lo porta a questa mossa che a molti può sembrare azzardata ma che, per uno come lui, non lo è affatto».

Ciò che stupisce di più è come in queste cronometro individuali riesca a tenere testa a gruppi più o meno folti e a specialisti del calibro di Evenepoel che detiene tutti i titoli possibili delle prove contro le lancette: «Quando la corsa è di sei ore, come avviene al Lombardia, ai mondiali o agli europei, entrano in scena altre dinamiche e pesa la gestione dello sforzo in questo ampio lasso di tempo. Tadej ha una grinta e una convinzione che non hanno eguali».

Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar in azione sulla salita finale di Bergamo Alta
Il lavoro con Javier Sola e la maturazione hanno permesso a Pogacar di guadagnare in efficienza e definizione muscolare
Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar in azione sulla salita finale di Bergamo Alta
Il lavoro con Javier Sola e la maturazione hanno permesso a Pogacar di guadagnare in efficienza e definizione muscolare

Maniacale per ogni aspetto

Certo è che se lo scorso anno aveva colpito la vittoria delle Strade Bianche con l’attacco da così lontano, quest’anno è diventato il marchio di fabbrica dei sigilli di Tadej nelle classiche: un aspetto su cui si è concentrato molto tanto lo scorso inverno.

«Lui lavora molto col suo allenatore personale, Javier Sola – prosegue Baldato – Tadej guarda, studia e prepara le corse nel minimo dettaglio. Javier gli dà le basi, ma poi sappiamo che tutti gli anni migliora. Il suo segreto è che al termine di ciascuna stagione fa tesoro di quello che ha fatto di buono e perfeziona quello che ha sbagliato. L’esperienza e gli anni di lavoro ti portano a capire quello che è meglio fare per alzare ancora il livello».

Da ex corridore e grande amante delle Monumento, Baldato stesso resta a bocca aperta nel vedere il continuo progresso del campione che si trova a guidare: «L’impegno e la costanza che mette ogni giorno sono qualcosa di straordinario. E’ un fenomeno, ma non si siede sugli allori ed è maniacale in qualunque aspetto. Dal mangiare all’allenarsi, fino alla vita quando non è in gara. Finché fa così, è imbattibile. L’aspetto che più affascina è che sta diventando sempre di più un uomo da classiche, dando spettacolo anche sul pavé, che è sempre stato il mio terreno prediletto quando correvo».

Parigi Roubaix 2025, Urska Zigart, Tadej POgacar
Il bello di Pogacar? Il divertimento. Dopo la prima Roubaix, sul prato del velodromo ha raccontato la corsa alla sua compagna
Il bello di Pogacar? Il divertimento. Dopo la prima Roubaix, sul prato del velodromo ha raccontato la corsa alla sua compagna

Nuovo assalto alla Roubaix

E a proposito di pietre, ecco che l’obiettivo del 2026, per Baldato, non è così irreale: «Non mi sono stupito a vederlo salire sul podio alla prima Roubaix, perché già in allenamento avevo visto quanto andava forte, anche se farlo al primo tentativo e senza esperienza pregressa, è qualcosa di superlativo. Il Fiandre l’ha vinto al secondo tentativo, vediamo che combinerà. Gli obiettivi chiedeteli a lui, ma io ci spero perché dovrei essere lì a guidarlo. Lo valuterà coi manager e con Matxin, ma credo che sia bello che l’ultima parola spetti a Tadej e lo squadra lo assecondi nei suoi desideri».

Nel 2025, per puntare su Sanremo e Roubaix, Pogacar ha rinunciato a Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza che aveva disputato nelle annate precedenti, riducendo i giorni di corsa per assecondare la voglia di dare spettacolo nelle Monumento. «Alla fine dell’anno, va a fare una sessantina di giorni di gara – spiega ancora Baldato – mentre noi abbiamo corridori che ne fanno anche 80-85. Però lui pianifica tutto e lo fa al meglio».

La fuga di Albanese e Wegelius gli “regala” un piatto di pasta in più

23.07.2025
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VALENCE (Francia) – Quando sfila sotto il diluvio universale, tra le persone e i bambini che cercano una borraccia, Vincenzo Albanese ha appena la forza per dirci: «Non ora, fa troppo freddo». E scappa verso il bus della EF Education-EasyPost, fermo circa 200 metri più avanti (in apertura foto ASO / Charly Lopez).

Oggi il toscano è stato formidabile: penultimo ad arrendersi, mostrando una grandissima gamba. Non era facile stare così a lungo allo scoperto su un percorso tanto veloce, con i velocisti decisi a non perdere quella che con ogni probabilità era l’ultima occasione per uno sprint generale. E così è stato ci ha mostrato Jonathan Milan.

Pioggia battente a Valence: Albanese sfila tra due ali di folla a caccia di borracce. Per la cronaca una gli finisce anche sotto le ruote e rischia di cadere
Pioggia battente a Valence: Albanese sfila tra due ali di folla a caccia di borracce. Per la cronaca una gli finisce anche sotto le ruote e rischia di cadere

Una tappa sul filo…

Albanese e i suoi tre compagni di fuga si sono involati dopo appena 4 chilometri e sono stati ripresi quando ne mancavano otto. Il che potrebbe anche non sembrare una grande notizia, se non fosse che i fuggitivi hanno pedalato tutto il giorno con il gruppo a un solo minuto. A volte qualcosina di più, molto spesso parecchio di meno. E quando c’è un distacco così ridotto, la fatica si decuplica.

In una situazione del genere, non ti rilassi mai, né con le gambe ovviamente, né con la testa. In più, a complicare le cose, ci si è messa di mezzo la Ineos Grenadiers che, nell’unico tratto duro della giornata, il primo Gpm di quarta categoria, ha cercato di riportare un uomo sulla fuga. E così il gruppo gli era arrivato ad appena 20”, ma l’aggancio è poi sfumato. Ed è sfumato anche grazie al lavoro degli uomini della Lidl-Trek.

Complicazioni finite? Anche no! Sul secondo Gpm di quarta categoria, altro assalto: stavolta a provarci, è un gigante del gruppo: Wout Van Aert. Di nuovo, per i quattro davanti, è stato un “pancia a terra” per difendersi dall’asso belga.

«In effetti – spiega Albanese – stare in fuga con solo un minuto non è bello. Sei sempre in tiro e diventa dura anche mentalmente. Quando la Ineos ha fatto il forcing un po’ davanti ci siamo demoralizzati. Ho pensato: “Ecco adesso ci riprendono ed è tutto finito”. Invece poi dietro hanno mollato un po’ e noi abbiamo ripreso coraggio e a spingere forte.

«Ho provato anche a parlare un po’ con gli altri tre, ma non rispondevano. Forse erano concentrati o forse anche loro erano a tutta».

Fare 148 km di fuga “pancia a terra” ha richiesto un dispendio energetico superiore al previsto (foto Instagram / Getty Sport)
Fare 148 km di fuga “pancia a terra” ha richiesto un dispendio energetico superiore al previsto (foto Instagram / Getty Sport)

Rifornimenti (quasi) impossibili

Come dicevamo, vivere una giornata così, anche se dislivello (poco più di 1.650 metri) e chilometraggio non erano eccessivi, diventa una vera impresa. Il dispendio energetico cresce oltre misura e anche mangiare diventa difficile.

Lo conferma il direttore sportivo della EF, Charlie Wegelius: «In queste situazioni spendi moltissimo. Quale strategia alimentare abbiamo adottato? Vincenzo aveva in tasca ciò che gli serviva a livello energetico, ma non c’è stato solo il ritmo della corsa a complicare le cose. Le temperature infatti si sono abbassate molto e poi è arrivata anche la pioggia. Così abbiamo cercato di dargli più borracce (borracce con carboidrati, ndr) del solito. Anche in questo caso non è stato facile, perché provavamo ogni tanto a “incastrare” la macchina là davanti ma non sempre era possibile».

E qui ritorna in ballo quel famoso, misero, minuto di vantaggio. Con distacchi così ridotti, la giuria ha fermato più volte le ammiraglie al seguito della fuga. E spesso i quattro sono rimasti scoperti.

«Ci siamo aiutati con i rifornimenti a terra e con la seconda ammiraglia che era davanti, per avere accesso alla fuga e non abbiamo fatto tornare indietro», specifica Wegelius.

«Vero – conferma Albanese – non è stato facile ma tutto sommato io sono riuscito a gestirmi bene, anche grazie alla squadra. Più che le scorte il problema era quando mangiare. Cercavo di sfruttare al meglio i tratti in discesa o i momento in cui ero a ruota per farlo».

Come spiegava Wegelius, Albanese in questo Tour si è mostrato anche un grande uomo squadra. Eccolo al fianco di Healy in giallo
Come spiegava Wegelius, Albanese in questo Tour si è mostrato anche un grande uomo squadra. Eccolo al fianco di Healy in giallo

Clima buono in casa EF

Albanese intanto si cambia. Dalla porta dello stesso bus si scorgono i contenitori del cibo per i corridori: sembra un piatto di riso e forse dell’avocado, ma non ci mettiamo la firma. La pioggia battente accelera le operazioni di sgombero. Il bus rosa della EF tira ritrae il tendone estraibile e noi restiamo sotto la pioggia. Si riparte verso Vif, sede di tappa della frazione di domani che porterà in cima al Col de La Loze.

«Vederlo davanti – riprende Wegelius – è stata una bella soddisfazione, perché per tutto questo Tour Vincenzo ha fatto un lavoro fondamentale per la squadra. Un lavoro che forse a casa non si è visto. Davvero una gioia per lui: se lo merita. Peccato che la gara non fosse un po’ più movimentata, perché io sono convinto che sia Vincenzo che altri nostri corridori da classiche avessero gambe e qualità per fare una corsa più dura e andare ancora più avanti. Ma su questo non possiamo farci nulla.

«E – aggiunge il diesse – vedere uno come Van Aert fallire nel tentativo di aggancio significa che quei quattro stavano andando davvero forte. A questo punto mi chiedo: chissà cosa succederà a Parigi?».

Si pedalava tra i paesini della Provenza. Albanese (in testa) era in fuga con: Abrahamsen, Burgaudeau e Pacher
Si pedalava tra i paesini della Provenza. Albanese (in testa) era in fuga con: Abrahamsen, Burgaudeau e Pacher

Buon appetito Alba!

La fiducia di Wegelius e della squadra in questo ragazzo è davvero tanta. Il clima, e lo abbiamo visto anche nel giorno di riposo nel loro hotel, sembra buono.

Quel giorno Vincenzo ci aveva detto: «Mi trovo bene in squadra. Qui al Tour si va forte e non è facile stare davanti. Le tappe per andare in fuga non sono state tantissime e qualche occasione per noi attaccanti è venuta meno nei giorni in cui Ben Healy era in maglia. Giustamente gli siamo stati vicini».

«Dai – riprende Albanese – alla fine in fuga ci sono stato, le sensazioni erano buone e mi sono anche divertito, hanno fatto fatica a riprenderci. Peccato solo che non eravamo di più. Ma al primo Tour va bene così».

Le parole di Wegelius sul lavoro di Albanese tornano quindi prepotenti. Ma oltre alla prepotenza c’è la riconoscenza del diesse inglese. «Cosa dirò stasera ad Albanese? Bravo. Ti sei meritato un piatto di pasta in più!».

I 60 chilometri di Vervenne: testa, gambe, coraggio e vittoria

16.06.2025
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CANTU’ – Dopo il muro finale che conduce alla linea di arrivo di questa seconda tappa del Giro Next Gen gli uomini della scorta tecnica devono prendere Jonathan Vervenne per le braccia e spingerlo. Nonostante lo strappo sia finito la strada sale ancora un po’ e il belga della Soudal Quick-Step Devo Team non ha la forza di andare avanti. Non ha nemmeno avuto la lucidità per esultare, si è limitato ad alzare le braccia sfinito e ha smesso di pedalare aspettando di recuperare le energie. Una volta all’ombra ha respirato profondamente e ha finalmente potuto festeggiare. E’ la terza vittoria nel 2025 per questo ragazzone di 187 centimetri per 72 chilogrammi nato a Genk e che ha già un contratto con la formazione WorldTour per il 2026. 

Jonathan Vervenne, classe 2003 della Soudal Quick-Step Devo Team ha vinto la seconda tappa del Giro Next Gen
Jonathan Vervenne, classe 2003 della Soudal Quick-Step Devo Team ha vinto la seconda tappa del Giro Next Gen

Cogliere l’attimo

140 chilometri in fuga con gli ultimi sessanta da solo. Dietro il gruppo ha provato a organizzare una rincorsa cominciata tardi. Lo hanno tenuto nel mirino, ma quando è stato il momento di sparare le ultime cartucce e catturare il solo fuggitivo rimasto il colpo è andato a vuoto. Alle spalle di Vervenne qualcuno si morde le mani, ma gestire una corsa così dura con cinque atleti per squadra non è cosa semplice anche per i devo team

«Il piano di stamattina – racconta seduto su una sedia in plastica all’ombra del podio – era di puntare alla tappa. Sulla carta il percorso dava l’impressione di essere molto aperto, anche se in gruppo tutti pensavano a una volata. Ora che ho la maglia rosa sono molto felice, domani la perderò ma voglio godermi quella che sarà comunque una giornata speciale. Il mio obiettivo era di prenderla ieri nella cronometro ma non sono riuscito, forse il fatto che sia arrivata oggi mi rende ancora più felice. Non me l’aspettavo proprio».

Da solo all’improvviso

La pioggia di ieri sera sembrava poter regalare una temperatura migliore in questa seconda frazione ma così non è stato. La giornata è stata ugualmente dura e quando i due fuggitivi, Vervenne e Barhoumi, si sono trovati in testa il pensiero è andato a gestire lo sforzo. SI sono parlati a lungo, poi sono andati di comune accordo.

«Gli ho chiesto se voleva puntare ai punti dei GPM o agli sprint intermedi e ci siamo divisi le classifiche – dice Vervenne – e che se il nostro vantaggio fosse sceso sotto i due minuti ci saremmo messi a spingere al massimo. Abbiamo fatto così ma all’improvviso lui è crollato e mi sono trovato da solo. Non avevo altra scelta che continuare ed è stata una giornata davvero dura. Solo negli ultimi cinque chilometri ho realizzato che avrei potuto vincere».

Rinfrescare i pensieri

Una volta rimasto solo per Vervenne si è trattato “solamente” di gestire lo sforzo contando sulla forza della mente e delle gambe che giravano ancora bene nonostante i tanti chilometri in avanscoperta. 

«La parte fondamentale è stata gestire lo sforzo – riprende a raccontare felice – essere un buon cronoman mi ha aiutato. Gli sforzi lunghi sono adatti alle mie caratteristiche e ho sfruttato questo fattore a mio favore. Dietro di me avevo l’ammiraglia e il loro supporto è stato molto utile, mi hanno detto di bere e mi hanno passato tanto ghiaccio da mettere sul collo per raffreddarmi. In Italia fa molto più caldo rispetto al Belgio!».

«Ho gestito quei sessanta chilometri – spiega – come una lunga cronometro. Di solito cerco di mantenere una frequenza cardiaca costante. Non c’era spazio per tanti pensieri durante una gara del genere, cercavo solo di tenere tutti i valori costanti, come i watt e la velocità. Mi sono concentrato tanto sulla strada e i cartelli che segnalavano i chilometri all’arrivo, sperando che passassero il più velocemente possibile».

Jonathan Vervenne veste anche la maglia rosa, la voleva conquistare ieri a Rho. E’ arrivata con un giorno di ritardo (foto La Presse)
Jonathan Vervenne veste anche la maglia rosa, la voleva conquistare ieri a Rho. E’ arrivata con un giorno di ritardo (foto La Presse)

La voce dalla macchina

Avere alle spalle l’ammiraglia è un punto di riferimento importante durante uno sforzo solitario come quello che ha fatto oggi il belga della Soudal Quick-Step Devo Team. Una voce amica che scandisce il ritmo e dà un supporto morale, mentre l’unico rumore che si sente è quello della strada che passa sotto le ruote.

«La tattica è stata esattamente come abbiamo corso oggi – racconta Kevin Hulmans, il diesse che era in ammiraglia alle spalle di Vervenne – ovvero andare in fuga e poi vedere cosa sarebbe successo. Sapevamo che controllare la corsa con cinque corridori per squadra non è facile». 

«Durante quei chilometri da solo – conclude – ho detto a Vervenne di non guardare mai indietro, oggi era da tutto o niente. Bisognava correre scavando fino all’ultima goccia di energia per scrollarsi di dosso la delusione della cronometro. E’ sempre bello quando un piano riesce in questo modo e sono contento per lui e per il team».

La fuga solitaria di Raccagni Noviero: tra sole, vento e fatica

12.02.2025
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Nell’ultimo appuntamento australiano del calendario WorldTour, la Cadel Evans Great Ocean Road Race, abbiamo assistito a una fuga solitaria di Andrea Raccagni Noviero (in apertura foto Chris Auld). Il ragazzo cresciuto del devo team della Soudal Quick-Step che da quest’anno è arrivato nel professionismo, sempre con la stessa maglia. Il debutto tra i grandi è arrivato in Australia, dalla quale è rientrato qualche giorno fa. Ora sta facendo i conti con il clima italiano, che di certo non gli permette di allenarsi in pantaloncini corti.

«Speravo che oggi non piovesse – ci dice al telefono la mattina presto – invece dovrò aspettare ancora per uscire in bici. Anche nei giorni scorsi allenarsi non è stato semplice, direi che in Australia si stava meglio».

Appena lanciata l’azione Raccagni Noviero cerca il contatto con l’ammiraglia, ma la radio è già fuori portata
Appena lanciata l’azione Raccagni Noviero cerca il contatto con l’ammiraglia, ma la radio è già fuori portata

Anticipare

La Cadel Evans Great Ocean Road Race è stata vinta da Mauro Schmid, campione nazionale svizzero, che ha coronato un inizio di stagione affrontato con coraggio e sempre all’attacco. La corsa, prima di entrare nella fase finale, ha avuto come protagonista Andrea Raccagni Noviero. Il ligure si è messo in mostra con una fuga solitaria di 115 chilometri, un lungo viaggio vissuto da solo tra la costa e l’entroterra australiano.

«Non era l’idea della giornata – racconta il protagonista dell’azione – partivamo con gli stessi corridori del Tour Down Under, come tutte le altre squadre. Sapevamo che su un percorso del genere avremmo fatto fatica a imporci, la decisione era quella di trovare altre soluzioni per andare all’arrivo. Eravamo consapevoli che sarebbe uscita una corsa dura nel caso in cui fosse si fosse alzato il vento, volevamo stare davanti per fare selezione. Arrivare ai piedi della salita finale ci avrebbe condannati, infatti Schmid si è dimostrato il più forte ma lo si era visto dai giorni prima».

Quando si è in fuga da soli tutto conta, eccolo alla ricerca della posizione più aerodinamica possibile
Quando si è in fuga da soli tutto conta, eccolo alla ricerca della posizione più aerodinamica possibile
Ti sei lanciato in fuga, da solo…

Appena partiti avevamo davanti 120 chilometri totalmente piatti e il gruppo aveva preso un ritmo davvero blando. Così io ho provato un allungo, ho spinto un po’ e dopo un minuto mi sono girato e già c’era il vuoto, avrò avuto una trentina di secondi sul gruppo. Il problema era che non avendo dietro le nostre ammiraglie le radio erano diverse, avevano una portata ridotta. Già dopo il primo allungo non sentivo più l’ammiraglia.

Così hai tirato dritto?

Sapevo di avere davanti una quindicina di chilometri su uno stradone larghissimo e con vento laterale. Mi sono detto: «Mal che vada se partono dei ventagli mi trovo già in buona posizione». Ho continuato a tenere il mio ritmo, che non mi sembrava essere troppo alto. La prima volta che la motostaffetta mi ha raggiunto e mostrato la lavagna con i distacchi avevo due minuti e mezzo sul gruppo. 

Diciamo che nessuno in gruppo aveva raccolto il tuo invito.

No, direi di no (ride, ndr). All’inizio stavo bene, ho fatto gare con valori medi ben più alti. La cosa che mi ha fatto penare di più è stato il caldo, non avevo mai corso con certe temperature. Il termometro non è mai sceso sotto i 40 gradi centigradi. Alla fine ho colto la sfida con l’obiettivo di arrivare fino al circuito finale.

Dopo 115 chilometri la fatica e il caldo hanno spento l’azione di Raccagni Noviero (foto Chris Auld)
Dopo 115 chilometri la fatica e il caldo hanno spento l’azione di Raccagni Noviero (foto Chris Auld)
E invece?

A 10 chilometri dall’inizio del circuito mi si sono bloccate le gambe, totalmente. Da quel momento sono naufragato e il gruppo mi ha inghiottito. 

Com’è stato essere in fuga da solo, tra l’altro senza contatti radio?

All’inizio sulla costa il vento era a favore. Prima di entrare nell’entroterra si passava da piccole cittadine con tanta gente che si fermava a guardare, quindi è stato piacevole. C’erano anche tante persone che salivano dalla spiaggia in costume per vedere il passaggio della gara. Ammetto che un po’ li ho invidiati viste le temperature!

La cosa che più ha colpito l’atleta ligure sono le spiagge immense e con poche persone
La cosa che più ha colpito l’atleta ligure sono le spiagge immense e con poche persone
Poi hai abbandonato la costa.

Una volta girato verso l’entroterra tutto è diventato meno piacevole, il vento contrario era forte e inoltre sembrava di stare dentro un forno. Continuavo ad andare alla moto dell’assistenza per prendere borracce, mi versavo l’acqua addosso per rinfrescarmi e dopo cinque minuti ero di nuovo asciutto. 

Hai avuto modo di alzare lo sguardo e guardarti intorno?

Avevo già visto quelle strade durante gli allenamenti perché siamo stati in hotel sulla costa per una settimana, tutte le squadre erano nella stessa struttura. Il paesaggio è esattamente come te lo immagini, bellissimo ma molto diverso da qui. Una cosa che ho notato, visto che sono abituato a vedere il mare, è che noi siamo abituati a spiagge piccole con tanta gente mentre da loro ci sono spiagge immense e con poche persone. 

Ad aggiudicarsi la Cadel Evans Great Ocean Road Race è stato poi Mauro Schmid, campione nazionale svizzero
Ad aggiudicarsi la Cadel Evans Great Ocean Road Race è stato poi Mauro Schmid, campione nazionale svizzero
Mentalmente quanto è stato difficile pedalare da solo per tutto quel tempo, o era come essere in allenamento?

No no completamente diverso. Per la testa ti passano meno pensieri personali e sei concentrato sulla gara, anche se pedalavo a ritmi sostenibili dovevo rimanere concentrato e motivato. Cercavo di stare concentrato e di curare ogni dettaglio, ad esempio provavo a trovare la posizione più aerodinamica possibile. 

Che watt hai tenuto?

Normalmente so che riesco a tenere una media di 300 watt in gara, anche qualcosa in più. Così mi sono tarato su quei numeri. In pianura stavo intorno ai 300 watt, mentre strappi e salite spingevo fino a 400 watt. La cosa strana è che non sono “esploso” ma mi si sono consumato lentamente. Ad un certo punto le gambe si sono bloccate. A fine giornata, in hotel, mi è venuto a parlare il dottore della squadra e mi ha detto che avrei dovuto abbassare i watt di almeno il 20 per cento. Mi sarà utile per il futuro.

Com’è stato vivere tutte le corse in Australia, soprattutto per te che sei neo professionista. 

Bello perché comunque si parte a correre a metà gennaio e per due settimane si vedono sempre gli stessi corridori. Poi con il fatto che l’ultimo periodo eravamo tutti nello stesso hotel vuol dire essere abituati a vedersi ovunque: in ascensore, a cena, nel tendone dei meccanici. Ne parlavo anche con i miei compagni, dicevo loro che forse in gara per me è stato più noioso perché non sapevo con chi parlare, non c’erano tanti 2004 neo professionisti. 

«Ti sei divertito?» Con questa battuta Mosca ha accolto Raccagni Noviero una volta ripreso
«Ti sei divertito?» Con questa battuta Mosca ha accolto Raccagni Noviero una volta ripreso
Hai scambiato qualche battuta con qualcuno?

Con Jacopo Mosca, anche durante il viaggio di ritorno. Lui ha la casa in Liguria ed è amico di alcuni ragazzi che si allenano con me. 

Ti ha detto qualcosa sulla fuga solitaria? 

Quando il gruppo mi ha ripreso lui era davanti a gestire l’andatura, mi ha chiesto: «Ti sei divertito?». Gli ho risposto di sì, ma non era vero (ride, ndr). 

Lo hai tenuto allenato per la Sanremo, un panorama diverso però sempre tra mare e costa…

Vero! Anche se per la Sanremo deve aggiungere qualche chilometro ancora.

“Nuovo ciclismo”: il punto di vista di Simon Pellaud

19.10.2023
4 min
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LECCO – Il ciclismo come lo viviamo oggi è sempre più veloce, ma è bello ed emoziona. Ci vuole equilibrio nel fare le cose e capire cosa ti chiede il tuo fisico. Abbiamo incontrato Simon Pellaud nella giornata che ha anticipato Il Lombardia, di ritorno dalla Malesia e pronto gettarsi nella mischia dell’ultima classica di stagione.

Con lui abbiamo affrontato il tema di questo ciclismo moderno, che è cambiato tanto e che evolve senza soluzione di continuità. Ritagliarsi un ruolo e capire cosa fare al momento opportuno, aspetti importanti per stare bene ed avere una carriera longeva.

Pellaud a sinistra è anche uomo squadra (foto BMC)
Pellaud a sinistra è anche uomo squadra (foto BMC)
In questi anni il ciclismo è cambiato?

Tantissimo. Il ciclismo è cambiato parecchio, nei materiali per via di una ricerca estrema, spesso anche noi atleti siamo coinvolti nello sviluppo delle nuove bici, ma anche da parte degli stessi corridori, soprattutto quelli più giovani. Ma sono cambiate anche le tattiche di gara, soprattutto nelle corse di un giorno. Prima era difficile trovare un corridore in fuga con la maglia di un team top level, ora invece è la normalità.

Sono i motivi principali delle medie orarie sempre più elevate?

Sicuro, perché tutte le squadre vogliono piazzare un uomo nel gruppo di testa ed il contachilometri va sempre più su. Ma al tempo stesso ogni gara è diventata come una lavatrice che gira fortissimo ed inevitabilmente, ad un certo punto ti sbatte fuori.

Un modo di evitare lo scontro direttO con i grandi protagonisti?

Penso che è un modo per farsi vedere e far vedere la maglia, come è sempre accaduto, ma si, è un modo che permette di azzardare qualcosa, aggirando lo scontro diretto. Avere a che fare con Roglic, Pogacar e altri di questo calibro, non è facile.

Pellaud al recente Giro di Lombardia, con la nuova BMC
Pellaud al recente Giro di Lombardia, con la nuova BMC
Hai 31 anni, ti senti vecchio?

Non mi sento vecchio, perché mi sento ancora capace e ho voglia di fare fatica. In alcuni momenti capisco il valore aggiunto dell’esperienza degli anni vissuti ed è un boost importante che mi aiuta ad andare avanti con serenità.

Questione di equilibrio?

Si, in un certo senso è così, è anche una questione di equilibri e capire fino a dove posso arrivare. Mi sono reso conto che non ho i numeri da extraterrestre di alcuni fenomeni di oggi, ma riesco a fare delle buone performance protratte nel tempo. Sono uno di quei corridori che vanno bene un po’ ovunque. Per la tipologia di atleta che sono le opportunità di vittoria, oggi come oggi, si riducono, ma è ancora possibile mettersi in mostra.

Prova di fuga alla Strade Bianche (foto Simona Bernardini)
Prova di fuga alla Strade Bianche (foto Simona Bernardini)
Capire quando è il momento giusto per la fuga?

Il momento giusto per la fuga e farsi vedere, il momento giusto per dare una tirata in testa al gruppo e lavorare per i compagni, o magari allungare in discesa. Il momento giusto per stare al coperto e vedere cosa succede davanti.

Ti piacerebbe tornare a fare le tue cavalcate al Giro, davanti a tutti?

Di sicuro se il prossimo anno farò il Giro d’Italia, mi vedrete la davanti. Sono cosciente che non potrò fare gli stessi numeri di quando ero alla Androni, come dicevo il ciclismo è cambiato e cambierà molto, ma andare all’attacco è qualcosa che mi appartiene.

Quanti giorni di gara hai nelle gambe?

Considera che noi come Tudor non abbiamo fatto i grandi Giri. Io sono il corridore che ha corso di più e chiuderò il 2023 con più di 70 giorni di gara, che è molto. Mi piace allenarmi, ma sono un corridore e mi piace di più competere. Io dico sempre ai miei direttori sportivi, se sto bene voglio correre e posso aiutare gli altri.

Il periodo di riposo quest’anno sarà in Europa (foto Cassandra Donne)
Il periodo di riposo quest’anno sarà in Europa (foto Cassandra Donne)
Come gestirai il riposo in vista del prossimo anno?

Di solito faccio un mese, ma non mi piace staccare completamente, preferisco rimanere attivo. Se faccio tre giorni consecutivi di spiaggia e senza fare nulla, divento matto. Esco in bici molto tranquillamente, senza watt e magari solo per prendere un caffè, qualche volta con la mtb in mezzo alla natura. Vado a camminare, l’importante è rimanere con la testa libera. Con tutta probabilità questo inverno rimarrò in Europa con mia moglie, negli ultimi anni ci spostavamo in Colombia.

Ciccone, sia benedetto il coraggio di riprovarci

15.07.2023
3 min
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MORZINE – Lo aveva detto al via, raccontandoci in un video quello che avrebbe voluto fare. Per questo, quando abbiamo visto Giulio Ciccone portare via la fuga, abbiamo pensato che forse da italiani avremmo vissuto una bella giornata. Ne avremmo tanto bisogno, ma dovremo accontentarci del trofeo del più combattivo (foto di apertura). Infatti gli uomini di classifica hanno deciso che oggi si sarebbero giocati la tappa e la fuga non è mai andata davvero. Anche se dentro non c’erano soggetti pericolosi.

Ciccone ha provato a portare via la fuga di forza, ma il gruppo non ha mai lasciato spazio
Ciccone ha provato a portare via la fuga di forza, ma il gruppo non ha mai lasciato spazio
E’ andata storta, insomma?

Era una tappa importante. Pensavamo che si potesse entrare nella fuga con le gambe e che si andasse all’arrivo. Le gambe c’erano, abbiamo provato, però non era la giornata buona. Abbiamo toppato, però alla fine questo è il ciclismo e non ci possiamo fare niente. Proveremo ancora nei prossimi giorni.

Mai arrendersi, no?

Ho provato a prendere qualche punto per la maglia a pois (al momento Ciccone è quarto, ndr) e abbiamo ancora una missione, quindi riproveremo. E’ un Tour veramente particolare. Ci sono delle giornate dove la fuga sembra non andare mai. Si va fortissimo e magari poi va di colpo. Ho tentato mille volte e non ci sono riuscito e oggi che invece è andata via di gambe, è mancata la fortuna. Le squadre dietro hanno deciso che non fosse il giorno.

E domani?

Voglio riprovarci, vincere una tappa è il mio obiettivo principale e non voglio arrivare a Parigi con un rimpianto.

Quanto andavano forte quando ti hanno ripreso?

Fanno un ritmo diverso. Quando sei in fuga prendi l’aria e tiri continuamente, mentre gli uomini di classifica fanno un ritmo forte e costante, ma stanno a ruota. Sono due modi di correre completamente diversi. Quando mi hanno preso, erano rimasti in pochi, quindi il ritmo che si stava facendo era già alto.

Dopo essere stato rirpeso, l’abuzzese ha gestito lo sforzo, pensando alla tappa di domani
Dopo essere stato rirpeso, l’abuzzese ha gestito lo sforzo, pensando alla tappa di domani
Perché si può parlare di una tappa anomala?

Pochissime volte avevo visto una situazione così. Nella fuga non c’era nessuno di troppo pericoloso, il primo era Pinot, che però ha parecchi minuti. Però hanno deciso…

Quando ti hanno ripreso, sei riuscito a gestirti?

Non essendo in classifica, dovevo essere anche intelligente a salvarmi per i giorni successivi. E domani è un altro giorno, siamo qui per riprovarci…

Thomas Champion, passione Giro e premio della fuga

30.05.2023
5 min
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ROMA – Nell’ammiraglia della Cofidis, affianco a Roberto Damiani, c’era Noemi, la fidanza di Thomas Champion. Il diesse lombardo lo ha definito un attaccante vecchio stile. Un coraggioso. Un corridore che in questo ciclismo super ponderato ci sta bene. «Ne servirebbero di più come lui», ha detto il tecnico.

Abbiamo imparato a conoscere questo ragazzo filiforme nel corso delle 21 tappe che da Fossacesia ci hanno portato a Roma e lo abbiamo fatto soprattutto per le sue fughe, i suoi attacchi, grazie ai quali è salito sul podio dei Fori Imperiali. A Thomas infatti è andato il premio “La Fuga”: con i suoi 650 punti ha preceduto Derek Gee, altra novità di questo Giro.

Thomas, davvero un bel Giro d’Italia per te…

Sì, davvero un bel Giro. Mi sono divertito molto sulle strade italiane. Il Giro è il grande tour che volevo assolutamente fare e penso di averlo fatto bene. Con la squadra, non avevamo nessuno per la classifica generale, quindi avevamo la libertà di poter attaccare, di prenderci dei giorni di “pausa” o di provare a resistere in montagna, se volevamo provare a ottenere un risultato ed è stato davvero piacevole correre con questi presupposti.

E tu li hai sfruttati.

Ero in testa alle classifiche della Fuga e degli sprint intermedi… Ho lottato per entrambi. Alla fine questo era il mio secondo grande Giro. Ho 23 anni, sono abbastanza giovane ed è buono in prospettiva.

Cosa sapevi del Giro d’Italia prima di venirci?

Era il grand tour che volevo assolutamente fare, anche più del Tour de France… e non so perché, ma l’Italia è bella. E’ il Paese delle Dolomiti. Volevo andarci, scoprirle…

Il francese della Cofidis è entrato nella prima fuga del Giro verso San Salvo. Poi altre quattro fughe buone e altri tentativi
Il francese della Cofidis è entrato nella prima fuga del Giro verso San Salvo. Poi altre quattro fughe buone e altri tentativi
Beh, le hai scoperte. Come le hai trovate?

Molto dure! Ma in generale i vostri paesaggi, il cibo, la gente per le strade, gli spettatori, i paesini (come nella foto di apertura, ndr)… È stato pazzesco. Alla gente piace andare in bicicletta qui e capiscono quando sei un corridore. Quindi cosa dire: amo l’Italia, ha delle corse molto belle.

I senatori cosa ti avevano detto del Giro?

In realtà non troppo. Io sono arrivato abbastanza tardi alla bici da strada. Prima andavo in mountain bike e non seguivo molto la strada. Ho iniziato a seguire il ciclismo dai tempi di Froome, Quintana

Thomas, hai detto che volevi vedere le Dolomiti, ma c’è stato un paesaggio che ti è piaciuto particolarmente?

L’arrivo di Campo Imperatore mi è piaciuto molto. Ma anche Crans Montana, non era l’Italia ma non importa, era sempre montagna e io adoro questi paesaggi. Il passo prima di Crans, non ricordo il nome (Croix de Coeur, ndr) era pazzesco, con la neve a lato, il pubblico. Ma in generale è stato bello, spesso abbiamo visto anche il mare.

A proposito di mare. A Napoli l’hai mangiata la pizza?

No, ma Giorgio, il nostro cuoco, è italiano, quindi ci ha preparato la pizza nel giorno di riposo.

Thomas è rimasto affascinato dalle montagne, soprattutto dalle Dolomiti
Thomas è rimasto affascinato dalle montagne, soprattutto dalle Dolomiti
Scherzi a parte, che tipo corridore è Thomas Champion?

Direi scalatore. O almeno, da dilettante ero uno scalatore. Tra i professionisti è diverso. Almeno per ora, anche se sono al 100% delle mie possibilità, non mi è possibile vincere in montagna, a meno che non sia in una fuga. Contro i leader non è possibile. Quindi penso di essere un passista-scalatore o qualcosa del genere perché comunque mi piace fare lunghi sforzi, andare in fuga, lavorare con la squadra… Spesso mi fanno tirare in testa al gruppo nelle gare di livello inferiore, ma faccio molto e mi piace questo tipo di sforzo, quindi diremo corridore, scalatore abbastanza tenace.

Hai mostrato un’ottima condizione: come ti sei preparato per questo Giro? Avevi fatto anche un po’ di altura prima di venire in Italia?

In realtà per niente. Io, sono stato chiamato tre giorni prima…

Veramente?

Sì, si… mi è stato detto all’inizio della stagione che dovevo fare il Giro d’Italia ma poi mi hanno detto che non ci sarei più venuto. Abbiamo cambiato i piani con la squadra. Quindi ho fatto i Paesi Baschi, il Romandia… e sono arrivato al Giro già un po’ stanco.

E’ chiaro… Quando hai saputo dunque che avresti fatto il Giro?

La sera della tappa più dura del Romandia. Mi chiamano e mi dicono: “Cosa fai il mese prossimo?”. Perché vai al Giro…”.

Thomas ha accumulato 650 punti, 167 in più di Gee
Thomas ha accumulato 650 punti, 167 in più di Gee
E tu?

Ho detto: accidenti! Se lo avessi saputo prima avrei cambiato il mio avvicinamento. Alla fine mi sono ritrovato al Giro all’improvviso, mal preparato. Per fortuna la forma è stata buona fino alla fine, dispiace solo che poteva essere migliore.

Visti i tuoi tanti attacchi con una condizione migliore, magari una tappa la portavi a casa…

Non possiamo saperlo…

Da quale parte della Francia vieni?

Dalle Alpi, Aix les Bains, Chambery non sono lontano dalla Svizzera.. 

Zone del Delfinato…

Sì del Delfinato, del Tour… 

C’è qualche corridore che hai ammirato in questo Giro?

Direi Geraint Thomas. Lui è un leader perfetto, con carisma, esperto e la sua Ineos Grenadiers corre veramente bene. Non lo conosco, ma mi è sembrato gentile quelle volte che ci sono capitato vicino.

Zoccarato, il senso di quei 1.022 chilometri in fuga

30.03.2023
6 min
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Se il ciclismo fosse una partita di poker, Samuele Zoccarato sarebbe sempre all-in. Da inizio anno il classe ’98 della Green Project Bardiani-CSF Faizanè ha già collezionato ben 1.022 chilometri in fuga (primo nel ranking). Un dato curioso che dice tanto sull’interpretazione che il campione italiano gravel dà alle corse. Un’indole da attaccante che non abbraccia la sfrontatezza, bensì una pragmatica visione del ciclismo in cui si trova.

Secondo Samuele infatti il divario tra WorldTour e professional è così ampio che l’ultima spiaggia è quella del fuggitivo. Un aspetto che non si allontana così tanto da quella che è la trama narrata dalla sua squadra. Non a caso i “verdi” sono i primi anche come team in questa statistica con ben 3.218 chilometri in avanscoperta.

Zoccarato in fuga ha sempre trovato i suoi risultati migliori
Zoccarato in fuga ha sempre trovato i suoi risultati migliori
Samuele, partiamo con il chiederti se sei soddisfatto di questo inizio di stagione…

Bella domanda. Non posso ritenermi così soddisfatto, ma neanche da buttare via. In alcuni casi è mancata un po’ di fortuna e in altri non ero al top io. In ogni corsa ho cercato di dare il massimo. 

Quali sono i tuoi obiettivi prossimi?

Il primo blocco si sta per chiudere con il Giro di Sicilia in programma dall’11 al 14 aprile. Poi, in teoria, dovrei andare al Giro quindi due settimane piene di preparazione. Dobbiamo decidere se allenarci per bene a casa oppure andare in altura. 

Come mai questo dubbio?

La questione dell’altura non è così semplice perché è vero si hanno dei benefici a livello fisico, ma è anche vero che serve qualche giorno per ambientarsi prima di allenarsi al top. Poi c’è l’incognita meteo, ad aprile non si dà per scontato che a quelle altitudini ci sia sempre il bel tempo. Sono ancora in fase di valutazione, se dovessi decidermi per il sì, andrei al Passo Pordoi o a Livigno. 

Samuele Zoccarato è nato a Camposampiero (Padova) il 9 gennaio 1998. E’ pro’ dal 2021. E’ alto 1,83 per 74 chili
Samuele Zoccarato è nato a Camposampiero (Padova) il 9 gennaio 1998. E’ pro’ dal 2021. E’ alto 1,83 per 74 chili
Veniamo alla statistica che ti riguarda. Spiegaci questi 1.022 chilometri in fuga da inizio anno (23 giorni di corsa)…

Ci son vari tipi di fughe. A partire dalla classica fuga televisiva che serve per fare vedere la maglia o anche per allenarsi, come può essere per la Sanremo o al UAE Tour. Sono quelle fughe che al 95 per cento non vanno all’arrivo. Poi ci sono le fughe che hanno il risultato ancora da scrivere. Ad esempio alla Tirreno non stavo benissimo, ma comunque a San Benedetto del Tronto ci hanno ripreso ai meno 3 dall’arrivo, quindi con un finale molto incerto che poteva in qualsiasi momento andare a favore di noi fuggitivi. In qualsiasi caso è chiaro quando si è in fuga si pensa sempre di andare all’arrivo

Pensi che la tua sia un’indole o un’esigenza per dire la tua?

Con le caratteristiche che ho, è una delle carte migliori che mi posso giocare. Con un arrivo in salita, magari su uno strappo, posso anche vincere se mi avvantaggio con un attacco anticipato. Il mio modo di correre comunque si sposa con l’indole della mia squadra. La Green Project-Bardiani ha sempre corso così, all’attacco. 

Un anno fa ci confidasti che Reverberi ti aveva chiesto di provare a fare qualche classifica generale. E’ ancora un tuo obiettivo?

Per la classifica generale bisogna andare forte sempre su tutte le salite. Su un ipotetico gruppo di 180, non so se riesco a rimanere con gli ultimi dieci corridori più forti del gruppo. Magari può essere un ottimo modo per racimolare qualche punto UCI, con la lotta sempre più presente all’ordine del giorno. Però pensare solo alle classifiche generali la vedo dura. A meno che in una corsa a tappe con una fuga, non riesca ad avvantaggiarmi e a guadagnare minuti preziosi in classifica. 

Zoccarato sarà presente al prossimo Giro di Sicilia: qui con la maglia della montagna della Valenciana
Zoccarato sarà presente al prossimo Giro di Sicilia
Parlando con Tarozzi, lui ci ha raccontato che va in fuga perché in gruppo ci si annoia. E’ così anche per te?

Di sicuro rende più entusiasmante tutta la corsa. Alla Sanremo mi sono annoiato i primi chilometri anche in fuga, ma dopo il Turchino e la discesa verso Genova è stato tutto molto veloce e divertente. In gruppo si corre molto di più sulle ruote e, ad essere sinceri, è anche più difficile gestirsi. C’è più nervosismo che poi porta anche a dimenticarsi di mangiare. 

Che obiettivi hai per il Giro?

Vivo alla giornata. L’unica nostra possibilità è quella di andare in fuga e si torna al discorso di prima. Se ci si deve giocare una tappa in gruppo, ci sono sempre i 180 pretendenti, mentre se trovi quelle tappe che la fuga ha il via libera, ci si ritrova faccia a faccia in 15. Il gioco delle probabilità è indubbiamente più vantaggioso. 

La ricerca del risultato è quindi vincolata all’attaccare?

Nelle corse di alto livello è oggettivamente impossibile per noi fare risultato. Mentre nelle corse dove magari c’è un livello meno esasperato dalle WorldTour, abbiamo più possibilità di fare il risultato. Possiamo quindi provare a non subire la corsa, ma farla.

Samuele Zoccarato vincitore della classifica degli scalatori alla Volta Valenciana (foto Green Project-Bardiani-CSF Faizanè & Sprint Cycling)
Samuele Zoccarato (a destra) vincitore della classifica degli scalatori alla Volta Valenciana (foto Green Project-Bardiani-CSF Faizanè & Sprint Cycling)
Hai una visione razionale rispetto alle corse insieme alle WorldTour?

C’è un gap assurdo tra WorldTour e professional. Quando vedi gli squadroni con la miglior formazione schierata, sai che non lasceranno scampo a nessuno e a vincere saranno sempre gli stessi. Ne parlavo proprio ieri in allenamento con Oss, anche lui ha notato questa cosa. Nelle gare di alto livello le squadre a vincere e a fare la corsa sono sempre le stesse. Non c’è tattica che regga. Si può partire per fare quinti, ma non per vincere. 

Raccontaci questa maglia degli scalatori conquistata alla Volta a la Comunitat Valenciana…

Era la prima volta che provavo a fare la classifica dei GPM. E’ venuta un po’ per caso. Ero andato in fuga alla seconda tappa che strizzava l’occhio a noi attaccanti perché era molto nervosa e presentava diversi strappi duri. Il problema è che siamo riusciti ad andare in fuga solo in cinque e quindi sapevamo fin da subito che sarebbe stata dura arrivare. A quel punto ho deciso di provare a fare la classifica degli scalatori. In pratica ho battagliato solo quel giorno per la maglia, perché poi alla quarta tappa avevo talmente tanti punti che nessuno provava a fare la volata sui gran premi della montagna. 

Samuele Zoccarato è campione italiano gravel: ha conquistato il tricolore nel 2022 ad Argenta
Samuele Zoccarato è campione italiano gravel: ha conquistato il tricolore nel 2022 ad Argenta
Non parti mai con questi obiettivi di maglia quindi…

Sono dinamiche che si capiscono durante la corsa. Al UAE Tour ho provato a fare la classifica dei traguardi volanti. Quando ho visto che il mio avversario era dieci volte più veloce di me, mi sono accontentato del secondo posto. 

E alla maglia blu del Giro, ci hai mai pensato?

Direi che al Giro d’Italia è impossibile. Ci sono talmente tanti arrivi in salita o GPM nel finale di tappa, quando davanti ci sono i contendenti della classifica generale, per uno come me risulta impensabile. Nelle prime tappe sarebbe sicuramente un piccolo obiettivo che mi piacerebbe raggiungere. 

Domanda obbligatoria per il campione italiano gravel. Ti stai preparando per la stagione offroad?

Adesso la testa è al Giro e quello ha la priorità. Dopo avrò modo di valutare un avvicinamento mirato. Intanto esco ancora con la gravel, magari nei giorni di scarico per divertirmi e staccare un po’ la testa. 

Le fughe della Sanremo: l’esperienza di Tonelli e Maestri

22.03.2023
6 min
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Nella fuga della Milano Sanremo si sono ritrovati gomito a gomito due atleti che di esperienza, nell’anticipare il gruppo, e non solo, ne hanno tanta. Si tratta di Mirco Maestri e di Alessandro Tonelli, due corridori che di chilometri in testa alla corsa ne hanno messi tanti nelle gambe. I due ora si trovano rispettivamente alla Eolo-Kometa ed alla Green Project-Bardiani, ma in precedenza hanno condiviso la stessa maglia della formazione di Reverberi.

Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019
Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019

Maglie diverse, stessa situazione

Maestri e Tonelli, insieme agli altri sette corridori, si sono sciroppati 259 chilometri di fuga alla Sanremo. Una giornata in avanscoperta ma con le ore contate, una specie di “bomba ad orologeria” pronta ad esplodere. Insieme a loro scopriamo come si gestiscono e cosa si fa in una fuga così particolare come quella della Classicissima di Primavera. 

«L’avevo fatta in fuga dal 2016 al 2019 – attacca Maestri – poi per motivi diversi negli ultimi anni prima non ho partecipato e poi, l’anno scorso, ho corso in gruppo a sostegno di un mio compagno. Devo dire che una Sanremo dove la fuga prende solamente tre minuti non me la ricordo, eppure siamo andati forte, ma da dietro non ci hanno lasciato spazio. Nel 2016, per esempio, eravamo in undici e siamo arrivati a più di dieci minuti di vantaggio. Rispetto alle edizioni precedenti quest’anno abbiamo anche fatto fatica a portare via il gruppetto degli attaccanti. Infatti, io e Alessandro (Tonelli, ndr) ci siamo avvantaggiati subito ed abbiamo aspettato l’arrivo degli altri.

«Si è trattata di una mossa di esperienza – gli fa eco l’amico Tonelli – abbiamo preso quei quindici secondi sul gruppo che ci hanno fatto comodo. Una volta che il gruppo ha rallentato noi ci siamo fermati, letteralmente, ad aspettare i contrattaccanti. Quest’anno, rispetto alle edizioni precedenti, la fuga è andata via con tanta difficoltà anche a causa del cambio di percorso. Con la partenza da Abbiategrasso i primi 30 chilometri erano completamente differenti e c’era un po’ di timore».

Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga
Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga

La gestione

Quella della Sanremo sembra una fuga scontata, dove il gruppo ti tiene nel mirino e con due pedalate, nel momento clou, ti riprende. Ma dal racconto di Maestri e Tonelli non pare proprio così, anzi.

«La Sanremo – spiega Paperino Maestri – è una corsa nella quale non si sa mai. In gruppo diventa molto più stressante rispetto al correrla in avanscoperta, devi sempre limare e anche a tanti chilometri dall’arrivo sale lo stress. Alla fine vengono fuori due corse completamente differenti. Vi faccio un esempio: sul Turchino noi davanti andiamo forte ma non a tutta, mentre in gruppo si apre di più il gas. Questo perché la discesa che porta a Genova è insidiosa e in mezzo al gruppo si rischia e non poco (anche quest’anno, infatti sia in salita che in discesa ci sono state due cadute, nella prima è stato coinvolto Alaphilippe, ndr).

«Poi una volta arrivati sul mare inizia un’altra corsa, in fuga si va a tutta e cerchi di prendere più vantaggio possibile. La speranza è quella di arrivare sul mare con 5 minuti di vantaggio, così sei abbastanza sicuro che vieni ripreso a metà Cipressa, per cercare di rimanere agganciato ed arrivare nel finale davanti. A me non è mai successo, a Tonelli, fortunato lui – dice ridendo – sì, anzi lui è stato ripreso sul Poggio l’anno scorso!». 

«Non è così semplice – replica il corridore della Green Project – siamo consapevoli del fatto che verremo ripresi, ma per motivi diversi conviene andare avanti. Io preferisco anticipare perché sono consapevole che riesco a gestire meglio lo sforzo se lo affronto con più costanza. Nel 2018, l’ultimo anno che l’ho fatta in gruppo, sono arrivato dopo la Cipressa che ero finito. In questi anni sono riuscito a gestirmi bene, tant’è che sono arrivato fin sul Poggio lo scorso anno. A Mirco devo una fuga fino a lì, ci ha provato, ma non è mai riuscito».

Quest’anno i fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio
I fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio

Anticipare e “sperare”

Quella della Sanremo non sarà una fuga di anticipo come quella della Roubaix, in cui dal gruppo in avanscoperta può uscire il vincitore della corsa. Tuttavia anticipare il gruppo può portare i suoi frutti.

«Ormai – dice il corridore della Eolo – anticipare e fregare il gruppo è diventato difficilissimo. Qualche anno fa non c’era tutta questa conoscenza anticipata delle condizioni di gara, il vento era la più grande incognita e tu andavi in fuga sperando giocasse a tuo favore. Perché, se lo hai alle spalle, è tutto un altro programma. Sai che il gruppo non può guadagnare troppo tempo nel breve periodo. Negli ultimi anni, ormai, si sa tutto prima, anche la direzione del vento quando si arriva sul mare. Io quando vado in avanscoperta non penso mai al fatto che sia un’operazione “suicida”, ma credo sempre di poter fregare il gruppo. Altrimenti, se non parti convinto di testa, è meglio che stai indietro».

La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino
La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino

L’avviso di Mosca

La Trek Segafredo è una delle squadre che si è incaricata in primis di gestire l’inseguimento. Uno dei volti che appariva sempre nelle prime posizioni del gruppo era quello di Mosca, mai fuori dai primi dieci fino ai Capi. Insomma, per il corridore piemontese più di 200 chilometri ad inseguire. 

«Parlavo con lui prima del via – spiega Tonelli – e mantenere la fuga sotto controllo era parte del programma. L’anno scorso sono andato così tanto avanti, perché abbiamo giocato bene le nostre carte e sfruttato il vento a favore una volta arrivati sul mare. Quest’anno c’era ancora una volta il vento a favore, ma dietro hanno tirato costantemente in quattro e non siamo riusciti a prendere vantaggio. In fuga devi giocare sull’esperienza, è un braccio di ferro psicologico, non di forza bruta.

«Se vedi che il gruppo fin da subito ti tiene a tre minuti tu stai lì e gestisci lo sforzo. Poi nelle zone favorevoli, come il passaggio da Genova dove il gruppo si ferma, dai gas e provi a guadagnare tempo. Nel ciclismo moderno non ci sono più grandi occasioni per i fuggitivi della prima ora. Anche alla Tirreno negli ultimi anni sarà arrivata una sola volta la fuga al traguardo. Ma due corridori esperti come noi due non si fanno demoralizzare e ci proveranno sempre».

Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile
Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile

I pitstop

Una cosa che si nota in una gara da quasi 300 chilometri sono i continui pitstop, soprattutto nella prima parte di corsa. I corridori del gruppo si fermano spesso per i propri bisogni e hanno più tempo per gestirsi. In fuga, invece, il tempo e lo spazio sono contati. Sabato, alla Classicissima, il giovane francese della Tudor: Aloi Charrin, ha fatto un piccolo scatto per avvantaggiarsi e fermarsi

«E’ un’abilità anche quella – dice Maestri- io nel 2019, alla Tirreno, quando ho vinto la maglia della classifica a punti, ho imparato a fare i bisogni mentre sono in bici. Non è semplice, però ti lanci, fai e perdi molto meno tempo che a fermarti. Alla Sanremo, però, il ragazzo della Tudor non era capace e la situazione stava diventando un’agonia. Così gli abbiamo detto di fermarsi e che lo avremmo aspettato. Diciamo che fermarsi sul Turchino non è stata la mossa migliore, ma alla fine cambia poco scendere da 3 minuti a 2’30”. Tanto il gruppo non aveva intenzione di riprenderci a 150 chilometri dall’arrivo».