NSN Cycling

Frassi: dai giorni bui con Israel alla rinascita con NSN Cycling

05.12.2025
5 min
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ROMA – Sulla sua maglia c’è già la scritta NSN. Vederlo entrare all’Auditorium fa piacere. Parliamo di Francesco Frassi, direttore sportivo in forza alla Israel – Premier Tech fino a pochi giorni fa e ora alla NSN Cycling, la nuova squadra che si è distaccata dai vessilli dello Stato mediorientale. Lo incontriamo a pochi minuti dalla presentazione del Giro d’Italia. Sta degustando un prosecco assieme a suo padre, Roberto, colui che gli ha trasmesso la passione per il ciclismo: quella da corridore prima, e quella direttore sportivo poi.

La mente vola subito alle proteste di qualche mese fa, specie quelle avvenute in Spagna durante la Vuelta. Ma non solo: anche in Italia e in Francia i gruppi “ProPal” si sono fatti sentire. Da Frassi ci facciamo raccontare quei giorni, il crescendo di ostilità nei loro confronti e come li hanno vissuti dall’interno (in apertura foto CAuldPhoto).

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Francesco Frassi insieme a suo papà Roberto alla presentazione del Giro d’Italia 2026
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Francesco Frassi insieme a suo papà Roberto alla presentazione del Giro d’Italia 2026
Finalmente Francesco, il periodaccio è alle spalle. La fine dell’estate è stata più che tosta per voi…

Sì, molto. Io non ero alla Vuelta: i miei colleghi mi hanno raccontato la parte più intensa della protesta e gran parte l’ho vissuta da remoto. Però tra di noi ci si sentiva di continuo.

E cosa ti dicevano?

Che c’era parecchio stress. Non essendo lì, non capivo fino in fondo com’era la situazione, anche se in televisione si vedeva chiaramente cosa succedeva. Io ero in Italia e per me il “bello” è iniziato dopo, con le classiche italiane.

Raccontaci, cosa è successo?

Ho avuto il mio bel da fare. Essendo un direttore sportivo italiano all’interno del team, ovviamente gli organizzatori telefonavano a me. Il primo è stato Adriano Amici, perché il problema vero è nato con le gare del GS Emilia. E poi, a catena, tutte le altre corse. Di nuovo altro stress, anche se meno rispetto alla Vuelta: alla fine io l’ho vissuta per telefono. Percepivo soprattutto la paura degli organizzatori di non poter far disputare la gara, perché quelle proteste avrebbero potuto fermare tutto.

Alla Vuelta le proteste maggiori: avevano capito che il ciclismo era un’ottima vetrina mediatica (foto EFE)
Alla Vuelta le proteste maggiori: avevano capito che il ciclismo era un’ottima vetrina mediatica (foto EFE)
E tu?

Facevo da tramite tra l’organizzazione e il management della squadra. Alla fine anche il team ha deciso che non era il caso di presentarci alla partenza. Fortunatamente eravamo tranquilli a livello di punteggio per tornare nel WorldTour.

Giusto, c’era anche questa sfida in atto…

Esatto. Perdere 6, 7, 8 gare di un giorno in Italia, gare ProSeries, poteva essere davvero rischioso. In quel caso non so cosa avremmo fatto.

Come l’hanno presa i ragazzi quando avete dovuto fare questo passo indietro?

Quelli con cui ho parlato l’hanno presa bene. Hanno iniziato il riposo un po’ prima! Anche se per qualcuno c’è stato un piccolo cambio di calendario: chi è andato alla Parigi-Tours, chi ha corso in Belgio, chi è andato al Guangxi. Hanno chiuso prima quelli che avevano il programma italiano. Ma l’hanno presa con professionalità, senza lamentele particolari.

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Giusto ieri è stata resa nota la partnership fra Scott e NSN Cycling. La nuova squadra è affiliata in Svizzera (foto CAuldPhoto)
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Giusto ieri è stata resa nota la partnership fra Scott e NSN Cycling. La nuova squadra è affiliata in Svizzera (foto CAuldPhoto)
E invece Francesco, raccontaci com’è stato essere nell’occhio del ciclone dal lato negativo? Essere additati?

Non è stato bello. Alcune volte mi sono trovato, e ci siamo trovati, di fronte a brutti gesti nelle varie gare in cui andavamo. Anche in una corsa in Francia, il Grand Prix d’Isbergues, a settembre, e non solo alla Vuelta. Si passava sotto l’arrivo e ci facevano il dito medio, ci urlavano contro. Non era una bella situazione: ti dipingevano come una persona indecente quando non lo sei.

E aggiungeva stress, immaginiamo…

Più che stress dava fastidio. Anche perché noi cosa c’entravamo? Eravamo una squadra ciclistica. Sì, portavamo il nome Israel, ma dal punto di vista sportivo il proprietario ha una grande passione per il ciclismo. E’ grazie a lui se in questi anni si sono raggiunti ottimi risultati, se siamo diventati WorldTour, se c’è stata la Grande Partenza del Giro d’Italia. Alla fine, per una questione politica, ci rimettevamo noi. Si è capito che il ciclismo è più facile da colpire: mentre magari in una partita di qualificazione ai mondiali di calcio, come Italia-Israele, nessuno ha fatto nulla.

Il ciclismo non si fa a porte chiuse… Torniamo invece a voi. C’è stata paura per il futuro? Voglia di lasciare, come ha fatto Gee?

Quello no. Siamo sempre stati tranquilli riguardo al futuro. Devo essere sincero: il nostro manager Kjell Carlstrom ci ha parlato con chiarezza e ci ha sempre dato sicurezza. Ci ha sempre informato su tutto. Qualsiasi cosa ci fosse, poteva essere un problema o semplicemente un cambiamento, lui a tutti, dal primo corridore all’ultimo dello staff, ci teneva sempre aggiornati. Ed è sempre stato chiaro. Questo suo modo di comunicare ha contribuito a renderci tranquilli molto. Anche in chiave futura ci dava sicurezza e tranquillità.

Il momento forse più teso in assoluto per la Israel-Premier Tech: i manifestanti si gettano in mezzo alla strada durante la cronosquadre (screenshot a video)
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Il momento forse più teso in assoluto per la Israel-Premier Tech: i manifestanti si gettano in mezzo alla strada durante la cronosquadre (screenshot a video)
E com’è stato questo passaggio verso NSN?

Ci ha spiegato l’idea della nuova squadra, ci ha mostrato il progetto della NSN Cycling e abbiamo capito che c’era una strada chiara, solida e pronta per il 2026. E’ stato dunque un passaggio naturale. Finalmente si usciva dall’occhio del ciclone politico e si tornava a parlare solo di ciclismo, che è quello che volevamo.

E si vede, indossi già i nuovi vestiti griffati NSN. Si sente già questa atmosfera di cambiamento?

Devo essere sincero, c’è tanto entusiasmo. Sono arrivato ora a Roma direttamente dal ritiro a Denia in Spagna. In squadra si lavora bene. Eravamo oltre 150 persone in ritiro, questo per far capire a quale livello di performance, management, staff, direttori sportivi e corridori possiamo essere. Siamo veramente attrezzatissimi e motivatisismi. E decisamente più rilassati di prima. Siamo approntati già sulla stagione, vogliamo fare i programmi e fissare gli obiettivi. In una parola: siamo felici.

Giro in Albania, ma com’è il movimento ciclistico? Risponde Frassi

29.12.2024
5 min
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La grande partenza del Giro d’Italia 2025 dall’Albania rappresenta un evento storico, non solo per il ciclismo ma per l’intero Paese adriatico. Un’opportunità unica per accendere i riflettori su una realtà sportiva ancora agli albori, con numeri piccoli, di nicchia, ma che possiede un buon potenziale.

Francesco Frassi, ex commissario tecnico della nazionale albanese dal 2013 al 2016, ci guida alla scoperta di un movimento ciclistico che ha vissuto esperienze pionieristiche e che ora guarda al futuro con rinnovato entusiasmo.

Frassi con i suoi ragazzi… Tutto è nato con gli juniores, ma poi il progetto ha rapidamente coinvolto anche gli elite
Frassi con i suoi ragazzi… Tutto è nato con gli juniores, ma poi il progetto ha rapidamente coinvolto anche gli elite

Movimento agli albori

«Il ciclismo in Albania è ancora una realtà di nicchia – esordisce Frassi – quando ho iniziato come commissario tecnico, la Federazione era composta da appena tre persone e si riuniva nel locale del presidente. Una dimensione che può far sorridere, ma che rifletteva la scarsità di risorse e la mancanza di una tradizione ciclistica».

Durante i suoi anni alla guida della nazionale, Frassi ha dovuto affrontare sfide logistiche e organizzative che hanno richiesto una creatività fuori dal comune. Ma forse anche grazie a queste esperienze oggi è uno dei direttori sportivi della Israel-Premier Tech. Grazie all’appoggio di sponsor privati e al coinvolgimento di giovani albanesi residenti in Italia, riuscì all’epoca a mettere sù una squadra. O forse è meglio dire una compagine: un drappello di ragazzi pieni di sogni e speranze pronti a girare il mondo tra mondiali, europei e persino Olimpiadi, come quelle di Pechino 2008.

E una di quelle speranze si realizzò a Firenze nel 2013. Fu un momento memorabile per l’Albania del pedale: arrivò infatti il bronzo iridato nella categoria juniores con Iltjan Nika.

«Quella medaglia – racconta Frassi – è stata un evento storico per l’Albania. Per giorni se ne parlò in televisione, un risultato straordinario per un Paese senza una tradizione. Tuttavia, nonostante il clamore mediatico, le difficoltà strutturali e la mancanza di investimenti hanno impedito di trasformare quel successo in un trampolino di lancio che durasse nel tempo. Non c’era poi tutta questa volontà. Forse i tempi non erano maturi».

Firenze 2013: Iltjan Nika sul podio juniores alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia storica per l’Albania
Firenze 2013: Iltjan Nika sul podio juniores alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia storica per l’Albania

Giro già sognato nel 2014

I tempi non erano maturi, ma qualcosa iniziava a covare. Infatti già nel 2014, durante un incontro con i vertici della Federazione, emerse il sogno di portare il Giro d’Italia in Albania. Da quel giorno sono passati dieci anni, undici tra pochi giorni…

«Sembrava un’utopia. Mancavano le risorse economiche e organizzative – ricorda Frassi – oggi quel sogno si è concretizzato, grazie alla volontà del Governo albanese e alla collaborazione con RCS Sport. Il sindaco di Tirana parlava di piste ciclabili… La grande partenza del Giro rappresenta non solo un evento sportivo, ma anche una straordinaria occasione di promozione turistica. L’Albania ha paesaggi spettacolari e sta facendo passi da gigante. Giusto un anno fa sono tornato a Valona per un weekend con la famiglia e quasi non riconoscevo il lungomare. E’ stato rinnovato, è moderno, pieno di vita. Ci sono spiagge bellissime e anche l’entroterra è affascinante».

Frassi, poi accenna anche ai percorsi albanesi e parla di salite impegnative proprio dell’entroterra. Secondo lui nei giorni del Giro si offrirà uno spettacolo unico: «Sarà una vetrina mondiale per un Paese che ha tanto da offrire, non solo agli appassionati di ciclismo ma anche ai turisti».

L’occasione rosa

Il Giro potrebbe rappresentare la scintilla per avvicinare più persone alla bicicletta e per promuovere uno stile di vita più sostenibile. Si spera possa essere un grande volano. Per ora si che la base è piccola e le sfide non sono poche. Tuttavia esiste dal 1936 il Giro di Albania e l’attività giovanile, seppur a macchia di leopardo, c’è.

«Le basi organizzative – dice Frassi – sono ancora fragili. Io per esempio ricordo i campionati nazionali. Si svolgevano su percorsi incredibili e la partecipazione era limitata: la gara elite vide venti partenti su un percorso di 180 chilometri quasi tutto dritto e pianeggiante. Avevano segnato in terra con la vernice una sorta di rotatoria, il giro di boa: 10 chilometri in un senso e 10 in un altro. Nel mezzo un cavalcavia e all’arrivo o sulle strade pochissima gente.

«Eppure, i giovani talenti non mancano. Durante il mio periodo come cittì, ho incontrato ragazzi determinati, come Kosty o Bezmir, che hanno mostrato il potenziale del movimento. Il problema principale rimane la mancanza di un sistema strutturato per coltivare i talenti. Alla fine grazie ai miei contatti portammo l’Amore&Vita in Albania e di fatto fu la prima squadra UCI del Paese. Vincemmo anche qualche corsa. Ma senza investimenti in infrastrutture e formazione, il ciclismo rischia di rimanere uno sport di nicchia. Speriamo che il Giro d’Italia in tal senso possa fare qualcosa. Quando un bambino vede i campioni passare sotto casa, può nascere in lui il desiderio di salire in sella. Questo è il primo passo per costruire una cultura ciclistica».

Frassi e il grande salto. Eccolo sull’ammiraglia della Israel

06.12.2024
5 min
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Un sogno che si avvera, ma costruito passo dopo passo con gavetta, passione e sacrificio. Così Francesco Frassi, direttore sportivo toscano, sintetizza il cammino che dalla realtà familiare della ASD Monte Pisano di qualche anno fa, lo ha portato, dalla prossima stagione, sull’ammiraglia della Israel-Premier Tech. Il passaggio rappresenta un’evoluzione naturale, dopo gli anni intensi e ricchi di sfide alla guida della Corratec-Vini Fantini, squadra che invece gli ha aperto le porte del professionismo.

Una carriera iniziata per passione, portando giovani talenti alle gare, e consolidata con ruoli man mano più importanti. Francesco, per esempio, è stato commissario tecnico della nazionale albanese, con cui ha colto successi storici. Frassi entra in una dimensione completamente diversa, quella di una “quasi” WorldTour dove competenza, organizzazione e internazionalità sono ai massimi livelli (in apertura foto @niccolo_lucarini).

Firenze 2013: tra gli juniores Frassi piazza sul podio Iltjan Nika, alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia per l’Albania
Firenze 2013: tra gli juniores Frassi piazza sul podio Iltjan Nika, alle spalle di VdP e Pedersen. E’ la prima medaglia per l’Albania
Francesco dopo tanti anni di gavetta, finalmente approdi in una squadra importante. Come vivi questo cambiamento?

Mi sembra quasi irreale. Ho cominciato per pura passione, con mio padre Roberto, nella Monte Pisano, una squadra che seguivamo nei weekend sacrificando tutto il tempo libero. Non avrei mai immaginato di fare il direttore sportivo. Ma è bastato quel primo giorno con i bambini della Monte Pisano per innamorarmi.

Passione pura…

Ho fatto il mio percorso passo dopo passo: dalla gestione di ragazzi giovanissimi alla nazionale albanese, dove ho vissuto emozioni uniche: ho fatto con loro un’Olimpiade e diversi mondiali, riuscendo persino a conquistare la medaglia di bronzo mondiale con un giovane che avevo accompagnato fin dall’inizio. Ogni categoria ha avuto il suo fascino, ma oggi sono in un mondo completamente diverso.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza con la Corratec-Vini Fantini?

Alla Corratec ho vissuto un’esperienza totalizzante. Non avevamo grandi risorse e dovevo coprire più ruoli: direttore sportivo, organizzatore, persino meccanico quando serviva. È stato faticoso, ma formativo. Ho dato tutto, lavorando senza orari, spesso fino a notte inoltrata. Questo impegno mi ha permesso di crescere. E oggi posso dire che ogni difficoltà affrontata è stata una lezione preziosa. Con la Corratec mi sono lasciato in ottimi rapporti: sono grato a loro per avermi dato l’opportunità di fare esperienza in una realtà professionistica.

Frassi è salito in ammiraglia nel 2015 (Amore&Vita). Negli ultimi 6 anni è stato nel gruppo della Corratec-Vini Fantini
Frassi è salito in ammiraglia nel 2015 (Amore&Vita). Negli ultimi 6 anni è stato nel gruppo della Corratec-Vini Fantini
Come è nata l’opportunità con Israel-Premier Tech?

Un po’ per caso, direi. Ho sempre avuto un buon rapporto con Ivano e Christian Fanini, che in passato avevano parlato bene di me a Kjell Carlstrom (team manager della Israel-Premier Tech, ndr). Poi, a novembre, è arrivata una telefonata: stavano cercando un direttore sportivo. Da lì è iniziato tutto. Ho fatto diversi colloqui e alla fine mi hanno scelto. È stato un processo trasparente anche con la Corratec.

Cioè?

Loro sono stati incredibili. Mi hanno sostenuto, permettendomi di portare avanti la trattativa con serenità. Mi hanno detto: «Se hai questa opportunità vai. Provaci. E se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto sai che qui hai un posto». In tanti anni devo ringraziare Angelo Citracca che ai tempi della Vini Zabù mi ha fatto esordire nel professionismo, a Serge Parsani per questo ultimo periodo. Lascio una squadra piccola, ma una bella famiglia.

La Israel-Premier Tech andrà in ritiro nei pressi di Girona: sarà il primo vero contatto di Frassi col team (foto Instagram)
La Israel-Premier Tech andrà in ritiro nei pressi di Girona: sarà il primo vero contatto di Frassi col team (foto Instagram)
Quali saranno le tue principali responsabilità nel nuovo team?

La mia sarà una posizione più settoriale rispetto al passato. Quindi sarò più diesse nel vero senso della parola. Israel-Premier Tech è una squadra estremamente organizzata e il livello di professionalità che ho trovato è impressionante.

Chiaro, in Corratec come dicevi, dovevi svolgere più mansioni…

Ho già partecipato a riunioni con il team e conosciuto alcuni colleghi: mi hanno colpito sia la competenza tecnica sia l’umanità di persone come Carlstrom e Steve Bauer. A breve sarò in ritiro con la squadra, dove pianificheremo i primi dettagli della stagione. E lì davvero entrerò nel sistema.

È una squadra senza direttori sportivi italiani. Come vivi questo aspetto?

È vero, sarò l’unico italiano tra i direttori sportivi, ma nello staff ci sono persone che conosco bene: i fratelli Dizio, Paolo Zaggia, il meccanico Tonin, il massaggiatore Christian Valente… Se ho contato bene dello staff ci sono 13 italiani. È un ambiente molto internazionale, e questa è una delle cose che mi affascinano di più. Confrontarmi con culture e approcci diversi è una sfida stimolante, anche se richiede un periodo di adattamento.

Frigo sarà uno dei talenti che il tecnico toscano si troverà a dirigere
Frigo sarà uno dei talenti che il tecnico toscano si troverà a dirigere
Cosa ti aspetti dai corridori che seguirai? E soprattutto sai già chi seguirai? Ti spaventa un po’?

Il livello è altissimo e questo mi entusiasma. Parliamo di corridori come Derek Gee, protagonista al Giro d’Italia e al Tour, Hirt, Lutsenko, Woods, Fuglsang, Froome e giovani talenti come Blackmore, Strong, che hanno già dimostrato grande qualità. Il focus sarà sempre sul risultato, ma ciò che mi piace del ciclismo è il rapporto umano con gli atleti. Anche a questo livello, credo che la fiducia reciproca sia fondamentale per ottenere il meglio.

Però c’è anche un italiano: Marco Frigo… speriamo sia il suo anno.

Beh, lui me lo ricordo anche nelle corse che ho fatto e al Giro d’Italia, quando è andato in fuga. O questa estate l’ho visto – dalla tv – alla Vuelta. Lì è andato davvero forte. Marco è un gran bell’atleta: il motore per far bene ce l’ha. Magari deve migliorare qualcosina ancora, ma potrà emergere… il che sarebbe bello anche per il ciclismo italiano.

Quali sono le tue sensazioni per questa nuova avventura? C’è qualcosa che ti spaventa e qualcosa che invece ti piace?

Sono emozionato, ma anche consapevole delle difficoltà. Entrare in una squadra World Tour è come iniziare da zero in un certo senso. Mi sento pronto per questa sfida e voglio dare il massimo. Magari sarà più complicato essere l’unico diesse italiano, come accennavo prima, mentre mi piace molto questa internazionalità del team. Alla fine, è il coronamento di un percorso fatto di sacrificio e passione.

Per la Corratec niente Giro. Frassi «Non ci piangiamo addosso»

23.01.2024
4 min
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Rcs ha oggi diramato le sue WildCard e chiaramente le più attese erano quelle per il Giro d’Italia, la corsa che può fare la differenza per alcune squadre. Specie quelle italiane: Corratec-Vini Fantini, Polti-Kometa e VF Group-Bardiani. Poi magari non è così per altre squadre, vedasi la Lotto-Dstny per esempio.

Il suo direttore sportivo Kurt Van de Wouwer ci ha detto: «La squadra è ancora piuttosto giovane, quindi abbiamo deciso di fare nuovamente due grandi Giri invece di tre. In quel periodo, maggio, possiamo programmare un ritiro in quota per preparare la seconda parte della stagione, dopo un periodo di riposo. Per il 2025 siamo fiduciosi che la squadra avrà acquisito maturità, il che ci fa guardare al futuro con ottimismo per correre di nuovo tutti e tre i giri».

Francesco Frassi (classe 1979) è uno dei diesse della Corratec
Francesco Frassi (classe 1979) è uno dei diesse della Corratec

La rosa migliore

Senza polemiche con il team belga, chiaramente. Che ha intrapreso tutt’altra linea e che tutto sommato se doveva venire in Italia per portare “a spasso” la bici bene ha fatto a rinunciare. Per la Corratec, diretta tra gli altri dal diesse Francesco Frassi, le cose sono ben diverse. La corsa rosa ha un valore senza pari. E la Corratec è stata la squadra italiana scartata. 

«Sinceramente – racconta Frassi in procinto di partire per il Tour of Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti – un po’ di delusione c’è. Abbiamo lavorato tutto l’inverno con una squadra che sulla carta è senza dubbio la migliore delle tre italiane. Avendo dunque allestito una squadra di livello, di merito, pensavamo di essere dentro».

Il ranking UCI per squadre dice la Corratec è il 35ª team. Il terzo italiano dietro VF Group-Bardiani e Polti Kometa. Veniva da un 2022 durissimo, passato come continental ed è risalita di 71 posizioni al termine del 2023.

«Ma il Giro d’Italia per noi è ad invito e non possiamo che rispettare le scelte di Rcs. Ci toccherà dimostrare sul campo, sin da queste prime gare, il nostro valore e il buon lavoro svolto in questi mesi. Si guardano i punteggi? Bene, noi nel 2023 non ne abbiamo fatti molti, abbiamo cinque corridori che hanno vinto nel WorldTour: sono certo che abbiamo la migliore squadra tra le italiane. E non posso che essere orgoglioso dei miei ragazzi».

La Corratec-Vini Fantini in allenamento questo inverno. Una rosa ben più forte rispetto a quella del 2023 (foto Instagram)
La Corratec-Vini Fantini in allenamento questo inverno. Una rosa ben più forte rispetto a quella del 2023 (foto Instagram)

Morale così, così

La botta morale c’è stata ed è innegabile. Però non è stato un colpo di grazia. Le occasioni, tra Sanremo, Tirreno e molte altre corse ci sono. I palcoscenici importanti non mancano. Maggio è lontano, ma già si fanno i piani. Anzi, si lavora proprio…

«Il morale non è alto – continua Frassi – ma non è neanche la fine. Fare il Giro piace a tutti. Tutti i ragazzi vorrebbero farlo. Mentre per i team è importante per i budget e per gli sponsor: questo ci avrebbe dato più possibilità per il futuro. Guarderemo il Giro d’Italia degli altri, ma non staremo a casa».

E a casa non ci staranno sin da adesso. Anzi, gireranno per mezzo mondo. Emirati Arabi, poi Colombia e le corse francesi tra Marsigliese, Besseges. E ancora in Turchia… Tra l’altro proprio a Sharjah potremmo vedere una prima prova di forza nelle volate con il treno composto da Niccolò Bonifazio, Jakub Mareczko e Attilio Viviani. Una formazione molto, molto interessante.

Conti impegnato lo scorso anno al Giro. Valerio e compagni punteranno forte sulla Tirreno-Adriatico
Conti impegnato lo scorso anno al Giro. Valerio e compagni punteranno forte sulla Tirreno-Adriatico

Piano B, ricco

Si diceva che l’attività è molto elevata. Per la Corratec si parla anche di tripla attività. Lo stesso Frassi ci confessa che: «Da domani, quando atterrerò, so già che passerò due giorni davanti al computer per rifare tutte le squadre, rispondere agli inviti e insomma ridistribuire le varie formazioni nelle varie gare. Ma ce la farò e sarà un nuovo stimolo. La cosa più importante è che i ragazzi non sono abbattuti. Sanno che avranno molte possibilità e che alla fine lo scarto dalla corsa rosa non è dipeso da loro».

In effetti quando Frassi dice di non essere a casa a quanto pare non scherza proprio. Il maggio della Corratec-Vini Fantini sarà composto da Hellas Tour, Giro di Ungheria, Gp New York City e forse anche Quattro Giorni di Dunkerque.

«Davvero abbiamo tante corse in ballo – conclude Frassi – e una squadra molto buona. Quindi non ci piangiamo addosso».

Corratec: sei profili da rilanciare nel 2024

15.12.2023
6 min
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La Corratec-Selle Italia nell’inverno ha costruito, come nella storia per bambini della cicala e la formica. Il team di Francesco Frassi ha svolto il ruolo della formica, ha raccolto pian piano i frutti di un lavoro lungo. Tante le novità in vista del 2024, arrivate una per una, pensate e ponderate in base alle esigenze del team. Come abbiamo appena visto, la recente novità ha il nome di Mark Padun, scalatore arrivato dalla EF Education-Easy Post. E a sentir parlare Frassi non sembrerebbe essere finita qua la campagna acquisti della Corratec-Selle Italia

Quando chiamiamo, il diesse toscano si trova davanti al computer e sta stilando le prime bozze di calendario. Ci sono delle wild card da attendere che potrebbero cambiare alcuni programmi, ma a grandi linee è tutto pronto. Parlando di calendari e ritiri è facile far virare il discorso verso i nomi che hanno incuriosito gli addetti ai lavori. Per comodità ne abbiamo evidenziati sei, ma come ammette lo stesso Frassi ce ne sarebbero altri di cui si potrebbe parlare.

Mareczko alla prima semitappa della Coppi e Bartali del 2021 mette in riga Cavendish
Mareczko alla prima semitappa della Coppi e Bartali del 2021 mette in riga Cavendish

La freccia Mareczko

I nomi sui quali ci concentriamo sono quelli di Jakub Mareczko, Niccolò Bonifazio, Kristian Sbaragli, Valerio Conti, Mark Padun e Alessandro Monaco. 

«Andiamo in ordine partendo dai velocisti – suggerisce Frassi – quindi parliamo di Mareczko. Lui lo conosco bene, da quando eravamo in Vini Zabù, nel 2021. Abbiamo passato tanto tempo insieme, tra cui un ritiro a Livigno nel quale ci siamo conosciuti molto bene. Conosco le sue potenzialità, è uno dei corridori più esplosivi che c’è al mondo. Proprio nell’anno alla Vini Zabù riuscì a battere Cavendish in una volata secca. Lo stesso che vinse quattro tappe al Tour pochi mesi dopo. Mareczko nei percorsi pianeggianti può battere chiunque, davvero. Arriva da un periodo difficile dove non ha corso tanto, ma le qualità ci sono, ci sono sempre state».

Frassi ha ancora negli occhi l’azione di Bonifazio alla Parigi-Nizza del 2020 quando anticipò i velocisti
Frassi ha ancora negli occhi l’azione di Bonifazio alla Parigi-Nizza del 2020 quando anticipò i velocisti

Il funambolo Bonifazio

Uno degli arrivi annunciati verso fine stagione dalla Corratec è quello di Bonifazio. Corridore diverso da Mareczko, meno velocista e più fantasioso. 

«Ci stiamo conoscendo – dice Frassi – capirò lavorandoci insieme che carattere ha. Però fin da subito mi ha dato l’idea di essere uno che mette tanta dedizione nel ciclismo. E’ uno che non ha paura e sa quel che deve fare. L’ho visto al Giro, dal quale è uscito in crescendo, ma da lì in poi ha corso poco. A mio avviso uno come lui ha bisogno di correre, se avesse sfruttato quel periodo avrebbe potuto cogliere qualcosa di importante. Bonifazio è uno che inventa azioni belle e che vince su tanti terreni diversi. La tappa che vinse alla Parigi-Nizza del 2020, anticipando i velocisti ancora me la ricordo. Un corridore capace di queste azioni va tenuto e gli deve essere data la possibilità di provare, e con noi ce l’avrà».

Quest’anno Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow, andando in fuga e conquistando il 34° posto
Quest’anno Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow, andando in fuga e conquistando il 34° posto

L’esperto Sbaragli

Kristian Sbaragli, ad ora, è il più “anziano” del team Corratec. La sua figura si sposa con quella di Bonifazio e Mareczko. Anche lui non è un velocista puro, ma è in grado di trovare spunti interessanti. 

«Lui – riprende Frassi – ha sfruttato la gamba che si è trovato dopo il Giro e per poco non vinceva l’italiano. E’ un gran corridore che ha vinto una tappa alla Vuelta contro Degenkolb appena un paio d’anni dopo essere passato professionista. Poi è andato in Alpecin e ha avuto poco spazio. Parlandoci al campionato italiano quest’anno mi ha confermato che era da tanto che non si giocava una vittoria. Sono situazioni in cui devi trovarti, sbagliare, imparare e ripetere. Con noi sono sicuro che avrà tante occasioni e potrà riprendere la mano. In più la sua età gli permette di essere un valore aggiunto in professionalità ed esperienza. Ha un carattere che crea subito gruppo, mi ha dato subito una bellissima impressione».

Per Valerio Conti un primo anno alla Corratec molto sfortunato, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti
Per Valerio Conti un primo anno alla Corratec molto sfortunato, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti

Conti ci riprova

Valerio Conti non rappresenta esattamente una delle novità per la Corratec. Lui corre con Frassi già dalla scorsa stagione, e dopo un anno poco fortunato avrà la possibilità di riprovarci. 

«Ha un grande valore – ci conferma il diesse – prima del Giro andava davvero forte. Poi quella caduta lo ha messo fuori gioco. Mi ha colpito la sua mentalità dopo l’infortunio, è rimasto con noi al Giro, chi ha dato una mano e non ha perso la motivazione. Una volta rientrato a luglio si è rotto nuovamente il bacino ed è stato fermo fino a settembre. Le ultime corse dell’anno però ci hanno sorpreso: è rientrato e ha fatto 12° al Giro della Toscana e 13° al Matteotti. Lo abbiamo portato in Cina e al Tour of Hainan è arrivato quinto in classifica generale. Insomma, meritava la riconferma e sono contento che sia rimasto con noi».

Mark Padun nel 2021 ha stupito tutti con una doppietta al Giro del Delfinato, Frassi spera di riportarlo a quei livelli
Mark Padun nel 2021 ha stupito tutti con una doppietta al Giro del Delfinato, Frassi spera di riportarlo a quei livelli

Padun: scalatore puro

Il corridore ucraino è uno dei tasselli che mancava alla Corratec. Uno scalatore puro, in grado di potersi mettere in luce nelle corse a tappe e non solo.

«Ci mancava davvero – conferma Frassi – lui è uno che in salita può andare davvero forte. Lo ha dimostrato, appena due anni fa al Giro del Delfinato ha messo in fila due tappe incredibili. Ha lasciato sulla strada Vingegaard, Porte, Haig, Kuss… Anche all’Adriatica Ionica Race ha vinto sulle Tre Cime di Lavaredo. Quest’anno è andato bene alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali, tirando per la vittoria di Healy nella terza tappa. Ha 27 anni e può fare ancora tanto, per il ciclismo di ora può essere considerato vecchio, ma non è in calo. Numeri e test parlano di qualità eccellenti, starà a noi tirarle fuori. A me piace fare questo tipo di lavoro: trovare la chiave giusta per dare motivazione ai miei ragazzi».

Monaco torna tra i professionisti dopo due anni, per lui un’occasione da valorizzare (foto Instagram)
Monaco torna tra i professionisti dopo due anni, per lui un’occasione da valorizzare (foto Instagram)

Il ritorno di Monaco

Alessandro Monaco torna nel mondo del professionismo dopo un’assenza durata due anni. Ha assaggiato il mondo dei grandi in Bardiani, è tornato indietro e non si è lasciato abbattere, conquistando nuovamente spazio nei professionisti.

«Nelle categorie giovanili – conclude il diesse – era considerato un talento. Ha avuto questo problema all’arteria iliaca e io per primo so quanto questo infortunio può compromettere la prestazione. Monaco ha avuto la determinazione, quando ha fatto un passo indietro, di tornare. Non si è mai abbattuto ma ha lavorato molto e in maniera solida. Vediamo se le doti che ha dimostrato di avere possono uscire nuovamente, è un corridore con senno. Una cosa che mi ha colpito è il fatto che studi. Per me questo è sinonimo di grande concentrazione, caratteristica importante nel ciclismo. E’ risalito e tocca a lui dimostrare se può fare il corridore».

Padun riparte dall’Italia con qualche nodo da sciogliere

15.12.2023
5 min
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Mark Padun è appena rientrato da un allenamento lungo, sotto l’acqua e un bel freddo. Andorra in questi giorni mostra la sua faccia e dopo tanto girare in cerca di caldo, l’ucraino ha fatto ritorno alla base per preparare la valigia e raggiungere a breve il ritiro toscano del Team Corratec. La squadra di Frassi e Parsani, con l’astuta regia di Citracca, ha raccolto un gruppetto di corridori molto solidi, guidati da Valerio Conti che già c’era. Accanto al romano sono arrivati Sbaragli e Mareczko, Bonifazio e ora Padun, per un peso specifico che raramente questo gruppo aveva raggiunto negli ultimi anni.

L’ucraino è un pezzo di pane, un ragazzo buono di 27 anni, che per caratteristiche atletiche meriterebbe ancora un posto nel WorldTour. Negli ultimi quattro anni ha corso con la Bahrain e poi con la EF Education, uscendo progressivamente dai radar.

Il 2023 di Padun è andato via fra prestazioni senza grossi spunti
Il 2023 di Padun è andato via fra prestazioni senza grossi spunti

Un motore potentissimo

Il suo preparatore dice di aver visto raramente un motore così potente e che, proprio per questo (indicando tra i fattori da tenere in considerazione anche il peso: Padun è alto 1,83 e pesa 67 chili), chi non lo conosce bene rischia di fargli prendere strade tecniche sbagliate. Forse è proprio questo quel che è successo nelle ultime due stagioni nel team americano. Padun infatti è arrivato forte al 2022 dopo il primo inverno, poi è andato sempre in calando. Dove è finito il corridore che vinse due tappe al Delfinato del 2021 e poi, escluso dalla squadra del Tour, andò fortissimo alla Vuelta?

Su quell’esclusione si parlò molto, ma la Bahrain Victorious volava e quando si trattò di fare la squadra per la Francia, la mannaia si abbatté su Mark, che non la prese affatto bene. I corridori guidati in quell’occasione da Rolf Aldag vinsero tre tappe (due con Mohoric e una con Dylan Teuns), per cui in breve del malumore di Padun si smise di parlare. Lui invece non dimenticò. Fece una Vuelta stellare, aiutando Gino Mader a conquistare la maglia bianca. E a fine anno cambiò squadra.

Giro del Delfinato 2021, Mark Padun vince le ultime due tappe: prima a La Plagne, poi a Les Gets
Giro del Delfinato 2021, Mark Padun vince le ultime due tappe: prima a La Plagne, poi a Les Gets
A parte la vittoria al Gran Camino a inizio 2022, le cose non sono andate troppo bene. Come mai?

Ho avuto problemi e sfortuna. Non sono più riuscito a trovare il mio ritmo. Un paio di volte ho sentito di avere una super gamba, ma in quei casi ho avuto forature, cadute ed episodi sfortunati. Alla EF mi sono trovato bene, è una bella squadra, con bravi preparatori e un bel personale. Non posso dire che sia dipeso da loro, ma qualcosa non ha funzionato.

Come si fa a perdere completamente lo smalto?

E’ la domanda più grande. Per questo sto lavorando, per tornare al Mark Padun di due anni fa. Ho ripreso a lavorare con il mio vecchio preparatore. Finché ero in una WorldTour non poteva più seguirmi, perché anche lui lavora in una grande squadra. Adesso invece abbiamo ricominciato a collaborare.

L’ultima vittoria di Padun è la crono del Gran Camino 2022, vinta per 5″ su Herrada
L’ultima vittoria di Padun è la crono del Gran Camino 2022, vinta per 5″ su Herrada
Avete rimesso mano alla preparazione?

Siamo tornati al metodo di prima e le cose stanno andando meglio. Non può essere una coincidenza. Rivedendo il mio modo di lavorare, ci siamo resi conto che in questi due anni ho sempre esagerato con i carichi di lavoro. Arrivavo alle corse stanco e non era normale. Ora ho ripreso in modo diverso, con la quantità giusta e tanta qualità.

Il ritorno in una squadra italiana, anche se non WorldTour può essere l’occasione per rilanciarsi?

L’Italia ha segnato l’inizio della mia carriera. Sono stato per due anni in Colpack e ho vissuto da voi prima di trasferirmi ad Andorra. Mi piace la mentalità che avete e il fatto che le squadre sono grandi famiglie. E a me serve un ambiente sereno per fare quel che adesso mi preme. Ricostruirmi prima ancora di pensare a quali obiettivi raggiungere.

Il miglior piazzamento 2023 è stato il 3° posto a Forlì alla Coppi e Bartali, nel giorno della vittoria del compagno Healy
Il miglior piazzamento 2023 è stato il 3° posto a Forlì alla Coppi e Bartali, nel giorno della vittoria del compagno Healy
Hai avuto contatti con i nuovi compagni?

Non ancora. Ho parlato con Francesco Frassi e adesso non vedo l’ora di incontrarli al primo ritiro (la squadra si radunerà per cinque giorni la prossima settimana a Viareggio, ndr). Quello che so è che troverò due professionisti ucraini, siamo gli ultimi tre rimasti nel gruppo e questa è una bella coincidenza. Il nostro ciclismo soffre, come la nostra gente. Tutti fanno il meglio possibile, ma non ci sono soldi e gli sponsor, che già non erano ricchissimi, hanno altro cui pensare.

Un quadro pesante…

I genitori non portano i bambini alle scuole di ciclismo, per cui il nostro sport si aggrappa ai Paesi come l’Italia e alla gente che cerca di aiutarci. Ci sono ragazzi e ragazze che vivono fuori dall’Ucraina e riescono a correre. Il vero buco ci sarà per le prossime generazioni. Ma quando c’è una guerra, capisci anche che lo sport viene dopo.

La maglia della nazionale: nel 2021 agli europei non valeva quanto ora, con il Paese in guerra. L’obiettivo è Parigi
La maglia della nazionale: nel 2021 agli europei non valeva quanto ora, con il Paese in guerra. L’obiettivo è Parigi
Come hai vissuto questo periodo di fatica e zero risultati?

Quando le gambe non vanno, ti vengono anche parecchi dubbi. Per fortuna che Training Peaks continuava a mostrarmi dei bei numeri, che ho fatto parecchi KOM e che ho avuto alcuni dei miei risultati migliori su segmenti di 20 e 30 minuti. Devo trovare il modo per diventare più consistente, di fare bene quello che so fare e puntare all’unico obiettivo che ora posso dire di avere in testa.

Quale sarebbe?

Non il Giro, anche se mi piacerebbe e mi piacerebbe che fossimo invitati. Penso alle Olimpiadi. Devo conquistarmi il posto facendo belle corse, ma penso che essere a Parigi sarebbe un bel modo per riprendere il filo del discorso e fare qualcosa di bello per il mio Paese.

Team Corratec, tanti acquisti per il salto di qualità

20.11.2023
5 min
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Tempo di restyling per il Team Corratec, che non solo ha effettuato finora una campagna acquisti molto profonda, ma sta trasformando la sua stessa intelaiatura. Se prima parlavamo infatti di una squadra giovane, tesa a far maturare nuovi elementi nel mondo professionistico, oggi ci troviamo di fronte a un team che nel ciclomercato ha preso corridori pieni d’esperienza e pronti a portare risultati di vertice, dei quali il team ha forte bisogno.

Francesco Frassi, direttore sportivo del team, chiarisce subito come siamo di fronte a un “work in progress”: «La campagna acquisti è in pieno svolgimento – spiega – abbiamo già 15 nomi, ma dobbiamo arrivare almeno a 20-21 per poter svolgere un calendario ricco, con almeno due team impegnati in contemporanea. Quest’anno è stato discreto, ma dobbiamo fare un salto di qualità, per cui abbiamo fatto una campagna mirata sui punti Uci, cercando uomini d’esperienza che vogliono rilanciarsi e con noi potranno farlo. C’è tanta carne che bolle in pentola, ma partiamo da chi ha già dato la sua disponibilità a venire da noi…».

Sbaragli e il diesse Frassi: foto di inizio rapporto: si parla in dialetto toscano (foto Team Corratec)
Sbaragli e il diesse Frassi: foto di inizio rapporto: si parla in dialetto toscano (foto Team Corratec)
Iniziamo allora da Kristian Sbaragli

E’ un corridore che vanta una lunga carriera fra professional e WorldTour, sempre all’estero. Ha avuto pochi spazi, ma quando ha potuto esprimersi appieno, ha fatto vedere che ha stoffa anche come corridore di vertice, vedi il terzo posto agli ultimi campionati italiani. Da noi potrà avere più possibilità per emergere potendo al contempo trasmettere la sua esperienza ai più giovani.

Con Bonifazio e Mareczko avete rafforzato molto il vostro parco veloce.

Niccolò forse non ha mantenuto le attese che venivano riposte su di lui da giovanissimo, ma le sue capacità sono indiscutibili, la vittoria di tappa al Giro di Sicilia lo dimostra. Da lui ci aspettiamo molto come anche da Mareczko, che conosco benissimo da quando l’ho avuto in forza alla Vini Zabù. E’ uno che garantisce molti punti, ma che per me può anche puntare spesso al bersaglio grosso.

Bonifazio torna in un team italiano dopo un lungo girovagare all’estero
Bonifazio torna in un team italiano dopo un lungo girovagare all’estero
Non c’è pericolo che i due si sovrappongano?

No, perché hanno caratteristiche molto diverse, per questo interpretano bene proprio il principio di cui sopra, avere due squadre egualmente competitive. Ognuno avrà le sue occasioni, ma non ci sono solamente loro. Abbiamo preso ad esempio il britannico Stewart che viene dalla pista dove è argento iridato nella madison, ma in Italia ha già colto il 2° posto alla Per Sempre Alfredo e il 3° al GP Industria e Commercio. Un nuovo acquisto per certi versi è anche l’ucraino Ponomar, ancora 21enne, arrivato da noi a metà stagione. Deve solamente maturare con calma, andrà molto lontano.

L’età media del team è aumentata di conseguenza…

Certo, ma se consideriamo che quest’anno il più “vecchio” era Valerio Conti con 30 anni, si capisce bene che fosse un team molto giovane, che anzi aveva bisogno di un’iniezione di esperienza proprio pensando ai ragazzi presenti. E’ chiaro che con corridori come quelli arrivati aumentano le ambizioni, abbiamo ora 5 corridori che in carriera hanno vinto gare del WorldTour e non è poco, prima c’era solo Conti. Questo servirà anche per cambiare completamente approccio alle corse: farci vedere non basta più, bisogna portare a casa sempre qualcosa.

Per Valerio Conti un’annata segnata dalla sfortuna, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti
Per Valerio Conti un’annata segnata dalla sfortuna, ma i segnali di fine 2023 sono incoraggianti
C’è ancora tanto da fare però, come sottolineavi.

Sui media la notizia è già stata data e quindi ammetto che contatti ci sono per portare Pozzovivo al Team Corratec. Nonostante l’età, è un elemento che ci può garantire una certa presenza anche in un grande Giro. Oltretutto è professionista come pochi, è sempre davanti, con lui potremmo anche ambire a un posto nella top 10 del Giro d’Italia, ma soprattutto con lui e Conti avremmo due elementi in grado di ben figurare in ogni corsa a tappe. Poi stiamo puntando a un corridore straniero di grosso nome, a quel punto avremmo una squadra realmente competitiva. Ma c’è un altro aspetto che va considerato.

Quale?

Molti corridori vogliono venire da noi perché dicono che alla Corratec si trova l’aspetto bello delle formazioni professional. C’è una forte considerazione per il fattore umano, resta un po’ l’ambiente di famiglia. Anche per questo è importante non arrivare ai livelli delle WorldTour con 30-32 corridori, noi vogliamo seguire tutti allo stesso modo, senza dispersioni.

Il giovane Quartucci (a destra) avrà modo di crescere ulteriormente, con gli altri ragazzi presi lo scorso anno
Il giovane Quartucci avrà modo di crescere ulteriormente, con gli altri ragazzi presi lo scorso anno
Tanti acquisti di nome, ma non vi siete mossi molto fra le categorie inferiori.

Lo avevamo fatto lo scorso anno, abbiamo portato da noi molti ragazzi e non si deve dimenticare che quando prendi un neopro’ devi garantire un biennale. Sapevamo quindi di portarli fra noi con anche il 2024 da considerare. Ora avranno la possibilità di crescere ancora, come ad esempio Lorenzo Quartucci che è un corridore sul quale credo molto.

Quali sono le vostre ambizioni?

Quest’anno abbiamo chiuso al 34° posto nel ranking, dovevamo essere fra i primi 50 e quindi abbiamo centrato l’obiettivo, il tutto senza poter contare sui numeri di Conti a causa della sua sfortunata stagione. Nel 2024 dobbiamo essere tra le prime 40 squadre per avere gli inviti, nel 2025 fra le prime 30, quindi dobbiamo aumentare la portata dei risultati ottenuti. Il mio obiettivo comunque va oltre ed è portare il Team Corratec fra le prime 5 professional al mondo.

Come Sbaragli, anche Mareczko viene dalla Alpecin e cerca un numero maggiore di successi
Come Sbaragli, anche Mareczko viene dalla Alpecin e cerca un numero maggiore di successi
Nello staff è confermata la presenza di Fabiana Luperini come diesse, com’è stato il suo primo anno?

Fabiana si è perfettamente integrata e i ragazzi le hanno mostrato il giusto rispetto, per lei e per il suo ruolo. Fabiana è esattamente come quando correva, tanto gentile quanto determinata sul lavoro, che non si lascia sfuggire nulla, quasi infaticabile. E’ un valore aggiunto. Ma non va dimenticato Parsani che pur essendo il manager spesso è alla guida dell’ammiraglia e segue le corse in maniera diretta, poi Marco Zamparella come altro diesse e vedremo se ci sarà possibilità, budget permettendo, di aggiungere un altro nome.

Alla Alpecin non c’è più posto, Sbaragli riparte dalla Corratec

08.11.2023
5 min
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Dalla Alpecin alla Corratec, così Kristian Sbaragli ha preso il suo mondo e lo ha ridisegnato, un po’ per necessità e un po’ cercando qualcosa di diverso per se stesso. Negli ultimi anni è stato la sponda e la guida per Van der Poel e Philipsen, ma ora che la squadra belga ha deciso di ringiovanire la rosa, tenendo i tre leader e facendo passare tutti o quasi i ragazzi del Devo Team, per il corridore classe 1990 di Castel Fiorentino non c’è stato più posto.

«Io con loro stavo bene – spiega – non ho avuto problemi. Solo che dopo il mondiale si è parlato con la squadra: c’erano progetti diversi e alla fine non c’erano più le condizioni per rimanere. Ho fatto quattro anni, anche loro erano contenti. Così alla fine è stata solo una scelta tecnica, una volontà di rinnovamento. Nel mondo del lavoro funziona così, ognuno ha la sua politica e per questo ci siamo lasciati. Non è stato più possibile proseguire, ma siamo rimasti in ottimi rapporti».

Sbaragli e il diesse Frassi: foto di inizio rapporto: si parla in dialetto toscano (foto Team Corratec)
Sbaragli e il diesse Frassi: foto di inizio rapporto: si parla in dialetto toscano (foto Team Corratec)
Come siamo arrivati alla Corratec?

Quando abbiamo parlato con la squadra e abbiamo capito che non era nei piani rimanere, c’erano varie opzioni, però niente di concreto. Abbiamo parlato con sia con WorldTour sia professional, però non siamo mai arrivati a firmare un contratto. Nel frattempo avevo parlato anche con la Corratec. Per cui, una volta finita la stagione, ci siamo visti un paio di volte con Lastrucci, che è uno degli sponsor della squadra. Lo conosco da una vita, perché quando ero junior alla Vangi, era sponsor del team. Poi da dilettante ho corso con lui alla Hopplà e mi ha convinto a sposare questo progetto, a rimettermi in gioco in prima persona per raggiungere degli obiettivi personali che negli ultimi quattro anni avevo messo in secondo piano. E io alla fine ho accettato la sfida. Naturalmente è una squadra più piccola, ci saranno occasioni in cui altri saranno leader, ma di base parto con molta più libertà.

Diciamo che il terzo posto al campionato italiano ti ha acceso una lampadina?

Quello è stato uno dei fattori, una delle cose che mi ha convinto. Sicuramente faremo un calendario più adatto alle mie caratteristiche. E poi non mi dispiacerebbe riscoprire questa parte. Non si tratta di vincere un Giro d’Italia o partire la stagione con l’obiettivo di vincere la Sanremo, anche se tutto può succedere. Voglio essere competitivo e vedere che risultati si possono raccogliere non avendo compiti da svolgere per altri capitani.

Il terzo posto ai tricolori vinti da Velasco ha riacceso in Sbaragli la curiosità di mettersi alla prova
Il terzo posto ai tricolori vinti da Velasco ha riacceso in Sbaragli la curiosità di mettersi alla prova
La differenza più grande sarà proprio l’organizzazione della squadra.

La struttura è senza dubbio più piccola, quindi come in tutte le professional ci saranno sicuramente dei deficit per il livello di personale e alcune parti organizzative. Però diciamo che essere vecchio, fra virgolette (sorride, ndr), mi ha permesso di raccogliere l’esperienza che può servire. In questi quattro anni alla Alpecin ho imparato tanto. Lavoravamo in maniera molto specifica, soprattutto su determinati allenamenti e l’alimentazione durante gli allenamenti e la gara. Se uno sta attento e non lo fa soltanto perché gli viene detto, ma ascolta e si guarda intorno, sono cose che si ritrova anche quando cambia squadra. E’ un bagaglio di esperienza che con l’età ti porti dietro. Ogni anno ho sempre cercato di raccogliere tutta l’esperienza possibile, cercando di fare le cose sempre nel modo migliore.

Magari il tuo arrivo sarà di aiuto anche per gli altri…

Penso di avere un po’ di esperienza da mettere a disposizione per far crescere tutta la squadra. Ho in mente i ragazzi più giovani. Magari non gli manca niente, però non sono mai stati in realtà più grandi e forse avere qualche riferimento in più potrà essergli utile.

Quest’anno Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow, andando in fuga e conquistando il 34° posto
Quest’anno Sbaragli ha corso il mondiale di Glasgow, andando in fuga e conquistando il 34° posto
Dei fantastici italiani del 90 siete rimasti soltanto tu, Cattaneo e Felline. Cosa significa avere 33 anni in questo ciclismo così veloce?

A livello assoluto, 33 anni possono essere relativamente tanti. Il prossimo anno nelle WorldTour ci saranno tantissimi ragazzi nati dopo il 2000. Una delle considerazioni che ho fatto è quella di considerare il livello che ho attualmente e penso che sia ancora buono. Se non fossi più competitivo o non credessi di poterlo essere nella prossima stagione, avrei potuto anche smettere. Ho fatto una carriera di 11 stagioni fra i professionisti, quindi alla base deve esserci la consapevolezza di essere competitivi. Di certo ci sono tanti giovani che vanno forte, è cambiato l’approccio dalle categorie giovanili. Gli juniores che passano e sono competitivi sono la regola, mentre una volta poteva esserci qualche eccezione e poco di più. E’ il ciclismo che si evolve, vediamo se si può ancora dire qualcosa.

Pensi sarà difficile tornare a giocarsi le corse?

Negli ultimi quattro anni mi è capitato spesso di essere a disposizione di Philipsen, Van der Poel e Groves. Ma anche nell’ultima stagione, qualche giornata libera l’ho sempre avuta. L’istinto di giocarsi le gare andrà risvegliato, l’importante sarà essere avanti e riprendere un po’ il feeling. Ma soprattutto serviranno le gambe. Sono meccanismi che seguono anche la condizione di giornata. Quando si sta bene, si fanno meno errori.

Sanremo 2023 vinta dal compagno Van der Poel e festeggiata col figlio Lorenzo: un giorno indimenticabile (foto Instagram)
Sanremo 2023 vinta dal compagno Van der Poel e festeggiata col figlio Lorenzo: un giorno indimenticabile (foto Instagram)
Hai ripreso ad allenarti?

Da questa settimana ho ricominciato con un po’ di palestra. Poi farò qualche uscita in bici, magari a seconda del meteo, in mountain bike o bici da strada. Un paio di settimane di riattivazione blanda e da fine novembre si riprende con gli allenamenti più lunghi, fino al ritiro di dicembre. Non so se troverò qualche compagno con cui allenarmi, di sicuro in ritiro avrò modo di conoscerli bene. Ma con il magazzino in Toscana, non sarà difficile incontrarsi anche al di fuori delle corse.

Il viaggio lungo e bellissimo di Bertazzo sulla bici

24.10.2023
7 min
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L’appuntamento con Bertazzo è dopo il lavoro. Una volta girato l’interruttore, la vita del padovano ha cambiato decisamente strada e adesso si svolge nell’azienda di famiglia. La Veneto Classic è stata l’ultima corsa di un atleta che negli ultimi tempi ha dovuto penare per un infortunio alla schiena mai risolto del tutto e che comunque ha conquistato il mondiale dell’inseguimento a squadre nella fantastica nazionale di Marco Villa.

«Sono qui in ditta dei miei genitori – spiega – hanno un’azienda di pressostati per pompe per l’acqua. Adesso sono nel reparto produzione, nell’area dei torni. Seguo la catena di montaggio. Ho sempre fatto il ciclista, non ho una base tecnica, quindi è giusto che parta da zero. L’obiettivo di mio padre è quello di farmi capire prima di tutto il prodotto e poi le varie fasi della lavorazione. Quando avevo vent’anni, a volte venivo qua a lavorare perché mio padre non vedeva di buon occhio che andassi in vacanza. Invece quando a primavera ho deciso si smettere, ho cominciato subito a lavorare. Facevo un part time: la mattina mi allenavo e di pomeriggio venivo in azienda».

Sta rinascendo l’Italia del quartetto. Qui siamo ai mondiali di Minsk 2013, con Bertazzo, Scartezzini Coledan e Ignazio Moser
Sta rinascendo l’Italia del quartetto. Qui siamo ai mondiali di Minsk 2013, con Bertazzo, Scartezzini Coledan e Ignazio Moser
Come è maturata questa decisione? Hai appena 31 anni…

Diciamo che gli ultimi risultati non sono stati quelli che avrei voluto. In più, i giovani all’interno della nazionale spingevano forte, la schiena mi faceva diventare matto e i miei avevano bisogno di una mano. Un po’ di situazioni che, messe tutte assieme, mi hanno dato la spinta definitiva. E’ stato bello, ma a un certo punto bisogna essere obiettivi. Così mi sono detto che fosse tempo di cominciare a lavorare. Se non fosse stato quest’anno, sarebbe stato il prossimo: non cambiava molto.

Hai lasciato proprio alla vigilia dell’anno olimpico: credi che non avresti trovato il tuo spazio?

Non sarebbe stato facile. E poi il problema della schiena, che da fuori potrebbe sembrare di poco conto, in realtà mi ha cambiato parecchio (Bertazzo ha subito un intervento di microdiscectomia, dopo la caduta al Tour Colombia del 2019, ndr). Se non avessi avuto quel problema, forse ora sarebbe tutto diverso, ma non rimpiango niente.

Agli europei di Apeldoorn 2013, arriva la vittoria della madison in coppia con Viviani
Agli europei di Apeldoorn 2013, arriva la vittoria della madison in coppia con Viviani
La decisione l’hai presa a marzo, ma alla Veneto Classic l’emozione sembrava forte.

Quella domenica è stata una giornata molto dura per me. Un conto è deciderlo a marzo, ma non è stato facile vedere tutti i messaggi d’affetto, le persone che venivano a salutarmi. Ho cominciato a correre in bici a 12 anni e adesso ne ho 31, si è chiusa una grande parte della mia vita. In più la mia caratteristica è sempre stata quella di condividere ogni momento con le persone che avevo intorno e rendersi conto che certi momenti non torneranno più non è stato indolore.

Sei stato uno dei pionieri della pista azzurra, quando quasi non se ne sapeva più nulla…

Quello che ho vissuto con la nazionale è stato un percorso lungo e unico. Quando ho cominciato nel 2012, nessuno sapeva che esistesse la pista, la gente non sapeva neanche quanto fosse lunga. C’era Elia (Viviani, ndr) che ci faceva da timone e Marco Villa che ci ha creduto. Se siamo andati alle Olimpiadi di Rio è stato solo merito suo. Ci mandava sempre a fare le Coppe del mondo, anche se eravamo gli ultimi. Però così intanto arrivammo al nono posto del ranking e quando fu tolta la Russia, si aprì la porta per noi. E da quel punto di partenza, l’Italia è diventata la punta di diamante. Tutte le nazioni ci guardano, mentre prima il riferimento era l’Australia e questo mi fa sorridere. Provo già nostalgia, ma so di aver fatto la mia parte.

Com’è passare dalla sella di una bici al tornio?

Da un certo punto di vista è un altro mondo. Però il ciclismo, soprattutto nella gare a tappe, ti insegna che se sei senza gambe, devi arrivare in cima alla salita. E questo nella vita lavorativa ti dà una marcia in più. Quando sei stanco, riesci a gestirti a livello fisico e anche mentale. D’altra parte il mondo del lavoro è diverso, perché c’è lo stress fisico, ma anche quello mentale. Io sono ancora all’inizio, ma lo sport mi sta aiutando anche qui. Dico sempre che il ciclismo è una scuola di vita, perché ti insegna la fatica e ti insegna che in un modo o nell’altro, devi arrivare in cima alla salita.

Continuerai a usare la bici?

Pensavo che le mie ultime gare fossero state quelle di settembre in Bulgaria, quindi nell’ultimo mese e mezzo sarò uscito 5-6 volte. Finché non mi inserisco bene in azienda, preferisco dedicarmi al lavoro. Però la bici voglio tenerla. Mi piace usarla per vedere i posti in maniera più tranquilla. Prima vedevo le montagne con odio, adesso mi piace andarci per rilassarmi e godermi il paesaggio.

Il mondiale in pista di Roubaix è stato il momento più bello della carriera?

Bella domanda. Ci ho pensato parecchio, ma fortunatamente ho tanti bei ricordi. Ovvio, il mondiale è stato l’apice, però ne ho tanti legati anche solo alle semplici trasferte. Come dicevo, il mio obiettivo è sempre stato quello di condividere ogni piccolo momento. I primi tempi erano un’avventura, sempre in cerca di un risultato e ci divertivamo. Quindi se dovessi individuare il ricordo più bello, farei fatica. Dopo aver fatto le Olimpiadi di Rio, poi quelle di Tokyo e aver corso il Giro d’Italia, ho cercato di vivere ogni giornata davvero a fondo. Soprattutto in questo ciclismo così frenetico, bisognerebbe far capire che certe giornate non torneranno mai più, quindi bisogna vivere ogni momento, ogni persona e ogni situazione al meglio possibile.

Abbiamo letto sui social messaggi di auguri molto toccanti.

Anche qui, non ce n’è uno in particolare, però quelli della nazionale sono stati bellissimi. Quello di Marco Villa, che comunque ha sempre creduto in me e mi ha aiutato a passare professionista. Marco è sempre stato un punto cardine della mia carriera. Quando siamo partiti, anche Ganna all’inizio faceva fatica a entrare nel quartetto e adesso è diventato… Ganna. I loro messaggi mi hanno fatto capire che, al di là dell’ambito sportivo, mi sono stati vicino e possiamo sempre trovarci e stare insieme. Stessa cosa con Frassi, che mi ha aiutato tanto alla Corratec, perché dopo l’infortunio non stavo benissimo, mentre lui ha visto il mio potenziale e mi ha aiutato a ritornare. 

Ti vedresti ancora a fare qualcosa nel ciclismo?

L’anno prossimo mi piacerebbe salire qualche volta in ammiraglia con Frassi o magari seguire i ragazzi del Maloja Pushbikers (la sua ultima squadra, ndr) che in questi due anni è cresciuta tanto. Se poi davvero faranno il velodromo a Spresiano, allora sarò anche più vicino. Ma ogni cosa ha il suo tempo e di certo qui il lavoro non mi manca.