Il team Jayco-AlUla è già immerso nel primo ritiro di stagione, una settimana in Spagna, più precisamente a Denia. Un ritrovo per gettare le basi in vista del prossimo anno, nel quale si aprirà un triennio importante ed è fondamentale iniziare con il piede giusto. Tra coloro dai quali ci si attende una risposta c’è sicuramente Filippo Conca, il campione italiano che a Trieste ha messo nel sacco i professionisti. Dopo il titolo tricolore conquistato insieme allo Swatt Club per Conca è arrivata la chiamata della Jayco AlUla. Un ritorno nel WorldTour per il corridore lecchese, che dopo quattro stagioni tutt’altro che facili era uscito dal professionismo.
Fabio Baronti è entrato nello staff performance della Jayco AlUla come preparatore a inizio 2025Fabio Baronti è entrato nello staff performance della Jayco AlUla come preparatore a inizio 2025
Cambiamenti e ritorni
Ora Filippo Conca sta vivendo la sua seconda chance e nel preparare la sua prima stagione con la Jayco AlUla sta lavorando con Fabio Baronti, preparatore che lo scorso anno è entrato nel team australiano dopo gli anni di formazione al Cycling Team Friuli.
«Per me il 2025 – ci dice Baronti – è stato un anno importantissimo nel quale sono cresciuto tanto. Arrivavo con molta voglia di dimostrare che la fiducia riposta nelle mie capacità fosse giustificata. Personalmente ho fatto un grande passo in avanti e penso di poterne fare altri nella stagione che è alle porte. La squadra guarda avanti e ha già fatto dei cambiamenti. A capo del gruppo performance è arrivato, dal team femminile, Gene Bates. Ho avuto modo di lavorare con lui e sono felice di ritrovarlo anche nella formazione maschile. E’ tornato a far parte dell’organico anche Neil Stephens, diesse che era con il team agli inizi (poi passato in UAE Emirates e Bahrain Victorious, ndr) siamo consapevoli di doverci evolvere e guardare al futuro, per farlo però non vogliamo perdere un certo legame con il passato».
Conca ha conquistato il titolo italiano a fine giugno, durante l’inverno era rimasto senza squadraConca ha conquistato il titolo italiano a fine giugno, durante l’inverno era rimasto senza squadra
Nel tuo primo anno sei entrato in contatto con il campione italiano, Filippo Conca, com’è andata?
E’ entrato in squadra ad agosto, quindi il primo approccio è stato “soft”. Conca lavorava già con il suo preparatore, abbiamo deciso di non intervenire direttamente ma di seguirlo e dargli supporto. Alla base c’era un contatto giornaliero che serviva per coordinare allenamenti e gare.
E’ stato semplice?
Abbiamo la fortuna di lavorare in uno sport che si basa molto sui numeri e dal quale riusciamo a raccogliere molti dati riguardo all’atleta. Riusciamo a monitorare i ragazzi a 360 gradi, tuttavia rimane fondamentale l’aspetto umano, anche nel lavoro del preparatore.
La Jayco-AlUla lo ha riportato nel WordTour e metà 2025, i primi mesi sono serviti per riprendere le misureLa Jayco-AlUla lo ha riportato nel WordTour e metà 2025, i primi mesi sono serviti per riprendere le misure
Cosa si è guardato nei primi mesi?
A tutti e due gli aspetti. Dal punto di vista tecnico ci siamo coordinati per capire quali fossero la struttura di lavoro di Conca e gli elementi funzionali al suo interno. D’altro canto ci siamo interrogati su cosa potesse essere cambiato, al fine di lavorare al meglio insieme. Un aspetto molto importante è la conoscenza personale, capire quali fossero le convinzioni e le idee radicate nella testa del corridore. Per fare il salto fisico a volte non basta il solo allenamento, serve anche uno step mentale.
Conca arrivava da una situazione particolare, come hai approcciato questa situazione?
Solitamente un corridore professionista vive una certa routine di progressione costante negli anni, fino ad arrivare a un livello nel quale rimane per diverso tempo. La situazione di Conca, uscito dal professionismo e ripartito con lo Swatt Club l’ho giudicata al pari di un infortunio. Lui è uscito dalla zona di comfort ed è ripartito da solo. Si è trovato a rimettersi in discussione, senza punti di riferimento. Però se sei capace di rialzarti sono quelli i momenti in cui cresci e crei resilienza, alzando il tuo livello.
Il long Covid ha condizionato il finale di stagione di Conca, che ora è ripartito per costruire il 2026Il long Covid ha condizionato il finale di stagione di Conca, che ora è ripartito per costruire il 2026
Così è stato?
Il dubbio c’era ed era legittimo, anche perché Conca nella prima parte del 2025 ha corso pochissimo. I dati raccolti ci hanno confermato che pur senza correre i suoi valori sono aumentati.
Te lo saresti aspettato?
Da un certo punto di vista, sì. Filippo senza un calendario certo ha avuto modo di fare tantissima base durante l’inverno, cosa che da professionista è impossibile perché a gennaio già si corre. Lui, invece, si è allenato molto e questo gli ha dato dei benefici evidenti. E’ come se avesse resettato tutto. Certo, gli manca l’aspetto competitivo, ma quello si crea.
Conca è un corridore dal fisico imponente, ma delle ottime qualità atletiche che gli permettono di essere competitivo sui percorsi duriConca è un corridore dal fisico imponente, ma delle ottime qualità atletiche che gli permettono di essere competitivo sui percorsi duri
Come avete impostato il lavoro?
Serviva programmare il tutto, senza estremizzare. Si deve trovare l’equilibrio tra blocchi di allenamento e di gare. Nei primi costruisci, con i secondi finalizzi. Solo in questo modo si migliora la forma fisica. Ricordiamo che Conca ha subito anche gli effetti di un long Covid a fine 2025, la cosa importante era farlo recuperare. Gli abbiamo concesso tre settimane di riposo completo ed è ripartito due settimane dopo gli altri, a metà novembre. Meglio così per me, non ci sono differenze.
Ultima domanda, che motore è quello di Conca?
E’ un corridore atipico, con una stazza importante. Parliamo di un ragazzo alto 192 centimetri e con un peso che oscilla tra i 75 e i 77 chilogrammi. Non ha le caratteristiche di uno scalatore, ma ha un motore ottimo, mettendo insieme le sue caratteristiche fisiche viene fuori un corridore capace di essere competitivo nelle corse impegnative. Per questo non mi ha sorpreso che abbia vinto l’italiano a Trieste.
Buoni risultati per Filippo Zana oltreAtlantico, dopo mesi difficili per la mononucleosi. Nel 2026 sarà alla Soudal, per rilanciare il team e se stesso
Con il ritiro iniziato sabato, sono finite ufficialmente le vacanze di Filippo Conca. Ci sarà spazio per qualche giorno in famiglia a Natale, ma ormai si fa sul serio, perché dicembre e gennaio sono i mesi su cui si costruisce l’intera stagione. La Jayco-AlUla si è ritrovata in Spagna e da qui tutto prenderà le mosse, ma noi facciamo un passo indietro e tiriamo in ballo il campione italiano per un… racconto fotografico che ha pubblicato su Instagram. Prima c’è la vetta di una montagna, con la neve, il tricolore che sventola e dietro il vuoto. Poi una serie di immagini di ragazzi che camminano nella neve. Un rifugio. Un tramonto. Un pendio a dir poco molto ripido. Che cosa ci faceva Conca lassù?
«Quella è la Grigna – racconta sorridendo – una montagna delle mie parti. Quando d’inverno sono a casa, mi piace andare a camminare, ma ormai l’off-season dura talmente poco che quest’anno l’ho fatto quasi tutto via. Altrimenti, se sto un paio di settimane a casa, magari vado a camminare nelle montagne dei dintorni, spesso a cercare funghi. Però non per allenarmi, più che altro come svago».
Filippo Conca, classe 1998, era rimasto senza squadra a fine 2024. Nel 2025 a sorpresa ha vinto il tricolore ed è approdato alla Jayco-AlUlaFilippo Conca, classe 1998, era rimasto senza squadra a fine 2024. Nel 2025 a sorpresa ha vinto il tricolore ed è approdato alla Jayco-AlUla
Hai sempre camminato in montagna, anche da piccolo?
Sì, sempre. Un anno, era il 2023, camminai anche per allenarmi. Ero stato fermo da agosto fino a novembre, per un’infezione batterica al sottosella, che in ottobre ho dovuto operare. Praticamente feci tre mesi senza bici e quindi andavo tre volte a settimana in palestra e tutti i giorni a camminare tra le 2 e le 4 ore. Questa volta però non è stato così.
Un fatto di amore per la montagna?
Mi piace la natura, stare in solitario o con poche persone in posti così incontaminati. Che poi forse parlare di passeggiata non è nemmeno corretto. La salita fino in Grigna è stata abbastanza tosta, più che altro perché al mattino avevo fatto tre ore di bici e poi sono andato subito a camminare.
Una salita che conosci bene?
Negli ultimi due o tre anni salgo sempre in questo periodo, almeno una volta all’anno. Vado con gli amici e poi stiamo su a dormire nel rifugio Brioschi. Non è esattamente un albergo, ha i letti a castello, ma lassù è proprio bello e anche faticoso (sorride, ndr). E’ ripido e camminare con la neve non è una passeggiata. Salendo da Ballabio, sono poco meno di tre ore. Per cui arriviamo al tramonto, stiamo su a dormire e il mattino dopo scendiamo. L’anno scorso ha portato bene e, visto come è andata la stagione, penso che continuerò ad andarci tutti gli anni.
Il tempo di rientrare dalle vacanze in Thaiandia e per Conca è ripresa la preparazione (immagine Instagram)La salita della Grigna è impegnativa, il mal di gambe è una nota comune (immagine Instagram)Il tempo di rientrare dalle vacanze in Thaiandia e per Conca è ripresa la preparazione (immagine Instagram)La salita della Grigna è impegnativa, il mal di gambe è una nota comune (immagine Instagram)
Che effetto fa scalare una montagna così dopo tre ore di bici?
La sera hai le gambe di piombo, però è una cosa che per una volta si può fare, soprattutto a novembre. Ho avuto mal di gambe per tre giorni, infatti non lo farei sicuramente durante la stagione, quello no.
Nell’anno in cui hai camminato come preparazione in che modo ti eri equipaggiato?
Niente di particolare, anche perché quando sono in certi posti a camminare nella natura, mi sentirei strano ad essere super tecnico. Ho quello che serve, prendo e vado. Dopo quell’inverno tra palestra e camminate, iniziai in bici con nemmeno 60 giorni di preparazione. Andai in ritiro in Spagna e feci i miei migliori wattaggi di sempre nei test. Questo per dire che tanti hanno paura di fermarsi nell’off-season o di riposare troppo a lungo, ma secondo me serve proprio staccare. Sia per durare anno dopo anno, sia per metabolizzare tutto il lavoro fatto.
Hai parlato di rapporto con la natura: con la bici si riesce ad averlo allo stesso modo?
Purtroppo la strada è sempre la strada. A meno che non si vada in posti molto sperduti, c’è sempre il contatto con tante persone, con il traffico, le macchine. Ovviamente in certi posti è comunque bello, ma devi stare sempre attento. Forse il gravel da questo punto di vista è sicuramente più bello, perché ti dà un senso di libertà. Se poi uno fa gravel per la performance, ovviamente ai paesaggi e ai posti non fa troppo caso.
Conca ha affrontato l’escursione dopo tre ore di bici al mattino (immagine Instagram)Conca ha affrontato l’escursione dopo tre ore di bici al mattino (immagine Instagram)
I corridori girano il mondo, ma ne vedono poco, giusto?
Ben poco. Ci facciamo un’idea. Possiamo dire che finita la carriera abbiamo un’idea di dove ci piacerebbe tornare in vacanza, per approfondire la conoscenza. Le corse ci portano in tanti posti carini e anche in altri in cui non andrei mai a fare le ferie.
Giochiamo a fare i nutrizionisti: tre ore di bici e la salita in Grigna, cosa hai mangiato per cena nel rifugio?
Prima di cena ho fatto merenda, perché siamo arrivati all’ora del tramonto. Poi in realtà nel rifugio si può scegliere fra un paio di piatti. Mi pare risotto con formaggi e funghi e brasato di cervo con polenta. Visto il periodo, un ultimo strappo ci stava benissimo. Ma adesso ci si rimette in riga. Il 16 novembre ho ripreso a pedalare. Sono tornato dalle vacanze in Thailandia il 15 e ho ricominciato il giorno dopo.
A piccoli passi?
Molto piccoli, non ho ancora fatto tante ore. Il mio nuovo preparatore è Fabio Baronti e ha preferito non mettermi l’assillo di farne subito tante. Queste prime due settimane sono state di crescita graduale, ho iniziato negli ultimi 3-4 giorni a inserire uscite di tre ore e mezza, quattro.
Almeno una volta all’anno, Conca e i suoi amici salgono quassù nelpomeriggio e ripartono l’indomani (immagine Instagram)Il versante alpinisticamente più interessante scende verso la sponda est del Lago di Como (immagine Instagram)Il Rifugio Brioschi, a quota 2.410, sorge in provincia di Lecco ed è di proprietà del CAI di Milano (immagine Instagram)Almeno una volta all’anno, Conca e i suoi amici salgono quassù nelpomeriggio e ripartono l’indomani (immagine Instagram)Il versante alpinisticamente più interessante scende verso la sponda est del Lago di Como (immagine Instagram)Il Rifugio Brioschi, a quota 2.410, sorge in provincia di Lecco ed è di proprietà del CAI di Milano (immagine Instagram)
Mentre le prime?
Sono servite per riabituare il corpo a stare in bici. Sarà perché sono alto (Conca misura 1,91 per 80 chili, ndr), ma tutti gli anni quando ricomincio dopo 20-25 giorni senza bici, è sempre un trauma. Sembra che non so più pedalare, non so più stare su una bici. Poi mi riassetto e si sistema tutto. Se sei a regime, riprendi bene. Però sono dell’idea appunto che all’inizio è meglio non esagerare.
Perché a volte si esagera?
Si ha sempre paura di rimanere indietro, perché il lavoro da fare è tanto. Però preferisco darmi due o tre settimane di tempo per riassettarmi e ricominciare a regime in questi giorni. Dicembre e gennaio sono i mesi più importanti. Dalle mie parti ha fatto abbastanza freddo, però meglio così. Dopo le vacanze in cui c’era caldo, il fisico si abitua subito al freddo e riprendi subito le abitudini.
Sai già dove cominci?
Non credo l’Australia, ho una mezza idea, però dei programmi parleremo bene in questi giorni. Pedaleremo, faremo riunioni e piani per i prossimi 5-6 mesi. Insomma, è ora di ricominciare…
Milesi era il ds del tricolore Conca da U23. Lo ha sempre stimato, ma a suo dire fu sbagliata la scelta della Lotto. «Dategli un capitano e vi farà vedere»
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TORINO – Un lampo tricolore e la voglia di non sbagliare più. Nel ciclismo moderno, le seconde occasioni capitano sempre più di rado e lo sa bene Filippo Conca che, per ritagliarsi un nuovo posto nel WorldTour, ha dovuto andare a prendersi la maglia di campione italiano in estate. Il titolo nazionale conquistato con lo Swatt Club tra lo stupore di molti, le prime pedalate con la nuova maglia verde bianco e rossa e la grande voglia di dimostrare il suo valore dopo le parentesi non felici con Lotto e Q36.5.
Non tutto ha subito funzionato come voleva in queste prime uscite con la Jayco-AlUla, ma il ventisettenne lombardo sa di avere una grande chance di riscatto. Dal canto suo, la formazione australiana punta molto sul ragazzo che gli permette di avere ancora in casa la casacca di campione italiano che la scorsa stagione aveva portato con orgoglio Filippo Zana, trasferitosi ora alla Soudal-Quick Step.
Al Giro di Slovacchia, Conca (al rientro dopo il Covid) ha lavorato per la vittoria di DoubleAl Giro di Slovacchia, Conca (al rientro dopo il Covid) ha lavorato per la vittoria di Double
Filippo, come riassumeresti questa pazza stagione?
E’ stato un anno davvero particolare, con tanti bassi e pochi alti. Non è filato tutto liscio come sembra, perché ho avuto molti stop per infortunio, di cui il primo già a febbraio per il ginocchio. Poi, un mese prima degli italiani, sono caduto durante il ritiro a Livigno perché ho centrato una marmotta in discesa. Ho perso una settimana di allenamenti e il percorso non è stato facile, però a Gorizia ho raddrizzato tutto quello che c’era da raddrizzare.
Com’è il ritorno nei professionisti?
Speravo in un finale di stagione più tranquillo, ma purtroppo dopo le prime due gare con la nuova squadra, ho preso il Covid a Plouay. Non mancava molto alla fine della stagione e bisognava scegliere se staccare un attimo o provarci lo stesso. Abbiamo anticipato un po’ i tempi e sono andato al Giro di Slovacchia. Lì ho fatto molta fatica, ma sono stato contento di essere stato utile alla squadra, tirando ogni giorno. Alla fine poi, abbiamo anche vinto la generale con Paul Double. Penso di aver dimostrato di poter fare quel tipo di lavoro.
Ti è spiaciuto non correre il Lombardia?
E’ stata dura, ma è stato meglio così. Post Covid non ero ancora al meglio, soprattutto dal punto di vista del respiro, per cui abbiamo deciso di non forzare troppo. Mi sarebbe piaciuto essere al via della corsa di casa con la maglia di campione italiano, ma oggettivamente non ero competitivo.
Abbiamo incontrato Conca a Torino, in occasione delle visite della Jayco AlUla (foto Matteo Secci)Abbiamo incontrato Conca a Torino, in occasione delle visite della Jayco AlUla (foto Matteo Secci)
Forse è proprio questa la prima lezione di questa tua nuova occasione, ovvero di non bruciare le tappe. Ti senti un Filippo più maturo di quello che approdò alla Lotto?
Senza dubbio. Allo stesso tempo ho la consapevolezza di essere un buon corridore, ma normale. Se sto bene e non ho problemi di salute, posso dare una grande mano alla squadra e lavorare per un capitano. Allo stesso tempo, quello che ho già visto qui alla Jayco-AlUla è che il lavoro da gregario viene valorizzato e, anche per il futuro, è un aspetto che motiva molto. In tante gare sicuramente, dovrò mettermi in testa a tirare, ma il bello è che avrò anche il mio spazio. Già in questo finale di stagione, se fossi stato in forma, avrei sicuramente avuto la possibilità di fare la mia corsa in qualche occasione.
Ci racconti il tuo percorso di purgatorio nello Swatt Club che ripercorre un po’ quello del tuo nuovo compagno Hellemose?
Io e Asbjorn ci conosciamo da cinque o sei anni, ovvero già da quando correvamo come under 23 e poi perché non viviamo distanti uno dall’altro. Alla fine, io avevo due scelte: o smettere o andare allo Swatt. Mi ero offerto a tantissime formazioni continental, ma nessuna si era interessata a prendermi. Visto che la squadra per la strada era già fatta, mi sono concentrato sul gravel e ho fatto le gare più importanti. E’ un ambiente che mi è piaciuto tanto, ma il mio sogno era di tornare sull’asfalto, fare il Giro d’Italia e, magari, vincere una tappa. Quello è stato il pallino che mi ha fatto capire che a 26 anni non potevo mollare.
Che cosa passava nella tua testa?
Sapevo di non essere un fenomeno, ma al tempo stesso di avere ancora margini di miglioramento. In questo mondo del ciclismo posso starci tranquillamente e avevo la certezza di poter andar più forte di almeno metà gruppo. Non era semplice ribaltare questa situazione, ma già dal novembre 2024 pensavo al campionato italiano come unica opportunità di mettermi in mostra e tornare nei professionisti. La famiglia e i pochi amici che ho sono stati di grande aiuto nei mesi di preparazione. Sono in un certo senso grato di aver vissuto una situazione così, perché mi ha fatto capire chi sono le persone che meritano il mio tempo e quali no.
Terzo posto a The Traka: rimasto senza squadra su strada, nel 2024 Conca si è dedicato al gravel (foto Swatt Club)Terzo posto a The Traka: rimasto senza squadra su strada, nel 2024 Conca si è dedicato al gravel (foto Swatt Club)
Che meccanismo è scattato per raggiungere l’obiettivo tricolore?
Ci ho sempre creduto, sin dall’inverno. Due anni fa sono arrivato ottavo, facendo gli ultimi 20-25 chilometri di corsa tra i migliori che avevano fatto la differenza e il gruppo che inseguiva, composto da corridori come Ciccone e Ganna, quindi non proprio gli ultimi arrivati. Sono riuscito a stare nel mezzo, non riprendendo i primi per un nulla, per cui ho speso più di tutti, ma mi sono reso conto di avere gambe buone anche in un contesto così prestigioso. All’Italiano di quest’anno sono stato anche un po’ fortunato. Diversi corridori non c’erano perché avevano appena avuto il Covid o altri arrivavano stanchi dal Giro. Nelle settimane precedenti all’appuntamento, notavo queste cose, e acquistavo sempre più fiducia nelle mie possibilità.
Cosa ti ha convinto della proposta Jayco-AlUla?
Dopo il titolo italiano, il mio procuratore ha ricevuto alcune offerte interessanti, ma la prima scelta era la Jayco, perché conoscevo diverse persone tra staff e corridori. Tutti me ne hanno parlato bene, anche sulla prospettiva di lavorare in tranquillità, che era proprio quello che cercavo in questa nuova opportunità. Gli ultimi due anni su strada li ho vissuti abbastanza male, per cui avevo bisogno di un contesto come quello attuale. E’ un ambiente professionale, ma che ti mette a tuo agio per performare al 100 per cento.
Che cosa dice la tua vocina interiore per non ripetere gli errori che ti avevano portato quasi al ritiro?
Più che di errori, parlerei di occasioni mancate, perché ho avuto poche chances di fare la mia corsa negli ultimi anni. Però ci sta, se sei un gregario e i tuoi capitani vincono, il lavoro viene valorizzato. Viceversa, se la squadra raccoglie poco, magari non vieni apprezzato. Al netto della mia condizione, riuscire ad aiutare Double a trionfare in Slovacchia è stato un bel segnale.
Il tricolore di Conca in azione alla Tre Valli Varesine, ma la condizione non era all’altezza del LombardiaIl tricolore di Conca in azione alla Tre Valli Varesine, ma la condizione non era all’altezza del Lombardia
Nel 2025 ti sei laureato campione italiano, nel 2026 a che cosa punti?
Ho bisogno di staccare per recuperare al meglio dagli acciacchi in vista della nuova stagione. L’inverno sarà fondamentale e, forse, oltre ai ritiri con la squadra, andrò al caldo per allenarmi con più costanza possibile. Con la squadra abbiamo cominciato a parlare e mi piacerebbe dare il mio contributo da subito, sia come gregario sia se capiterà qualche occasione magari già nelle gare spagnole di inizio stagione. A marzo e aprile soffro un po’ per le allergie di solito, ma l’augurio è di arrivare a maggio con una super condizione. Il Giro d’Italia è l’obiettivo per cui lavorerò duro.
NOVARA – Tra Vuelta e classiche d’autunno con una nuova spinta italiana per il 2026. Approfittando dell’ultimo Grande Giro stagionale abbiamo incontrato Brent Copeland, general manager del team Jayco-AlUla che, oltre a parlarci delle ambizioni di classifica di Ben O’Connor, ci ha raccontato dei piani per il futuro e dei nuovi innesti.
Conca c’è già, Covi arriverà
Come annunciato, Alessandro De Marchi lascerà il ciclismo professionistico, mentre Filippo Zana ha concluso la sua avventura col team australiano, firmando con la Soudal Quick-Step. Eppure, in casa Jayco-AlUla si continua a parlare italiano. Agosto, infatti, ha portato in dote i due che si sono contesi la maglia tricolore fino all’ultimo respiro: Filippo Conca e Alessandro Covi, messi sotto contratto fino al 2027. Entrambi sono accomunati da una gran voglia di riscatto, per confermare quanto di buono visto a Gorizia.
«Come qualsiasi altra squadra – comincia a spiegare Copeland – cerchiamo dei talenti che si integrino nell’organico, non soltanto in corsa, e che rientrino nel nostro budget. Non scegliamo un corridore piuttosto che un altro per la sua nazionalità o per altri dettagli specifici. Cerchiamo ragazzi che a livello di mentalità si avvicinino il più possibile alla nostra e che possano rappresentare un valore aggiunto. Penso proprio che sia Conca sia Covi siano due ottime aggiunte e che rappresentino perfettamente quello che cerchiamo in un corridore».
Conca ha già debuttato in maglia Jayco-AlUla. Qui è a Plouay, domenica scorsaConca ha già debuttato in maglia Jayco-AlUla. Qui è a Plouay, domenica scorsa
Ragazzi in cerca di spazio
Rilanciato nel ciclismo che conta dallo Swatt Club, Conca ha già cominciato a far sfoggio della nuova e fiammante maglia tricolore. Ha infatti esordito a Ferragosto col nuovo team in Belgio e supportando lo scorso weekend a Plouay Michael Mattews (poi 8° al traguardo della Bretagne Classic).
«Noi volevamo gente – prosegue Copeland – che pensasse alla squadra più che ai propri risultati personali. Dopo alcuni colloqui con Filippo, abbiamo pensato che sarebbe stato l’inserimento perfetto. Siamo felici che sia salito a bordo.
Covi, invece, chiuderà la stagione con il Uae Team Emirates e poi scatterà il suo biennale con la nuova maglia, convinto di ritrovare nuove motivazioni e di tornare a crescere. Soprattutto sperando di avere maggior spazio rispetto a quello avuto nella corazzata degli Emirati.
Covi lascia il UAE Team Emirates per avere più spazio alla Jayco-AlUlaCovi lascia il UAE Team Emirates per avere più spazio alla Jayco-AlUla
Sorpresa Vendrame
Ma il general manager della Jayco-Alula non si ferma qui ed è pronto a calare il Joker per fare tris di italiani, anzi poker contando Davide De Pretto già presente in rosa.Nelle prossime ore, infatti, verrà ufficializzato l’ingaggio di Andrea Vendrame. Dopo sei anni con la Decathlon AG2R, il trentunenne di Santa Lucia di Piave aveva bisogno di stimoli e spera di ritrovare quella gamba che nel maggio 2024 gli permise di vincere la diciannovesima frazione del Giro con arrivo a Sappada. In apertura, il veneto vince la quarta tappa del Tour du Limousin.
«Stiamo cercando di formare il miglior team possibile per il 2026 – ci aveva detto Copeland al via della Vuelta – ma ogni anno è necessario uno sforzo economico maggiore. Diventa difficile riuscire a mettere su una squadra che possa essere sempre competitiva o votata all’attacco. Ci sarà ancora qualche annuncio, nessun grosso nome da scuotere il mondo del ciclismo, ma innesti mirati che possono integrarsi al meglio nel nostro organico». Ed ecco dunque un altro tassello a comporre il mosaico degli aussie.
La Jayco-AlUla, anche quella di domani, sarà incentrata attorno a O’ConnorLa Jayco-AlUla, anche quella di domani, sarà incentrata attorno a O’Connor
Tutti per O’Connor
Una squadra che, giocoforza, sarà costruita attorno a Ben O’Connor, ricaricato da questa nuova avventura finalmente con un team australiano dopo una lunga percorrenza in AG2R. «Ben sta bene – spiega Copeland – ha fatto una bella preparazione e ha disputato un ottimo Tour de France. Quando vinci la tappa regina alla Grande Boucle, superando campioni del calibro di Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard, è qualcosa di fantastico».
Dopo i successi di maggio al Giro con Plapp (Castelraimondo) e Harper (Sestriere), la fiammata al Tour dello stesso O’Connor nel tappone di Courchevel, ora Copeland sogna il triplete alla Vuelta. Soltanto nel 2022, il team australiano era riuscito a imporsi in tutti i tre Grandi Giri. Nella Corsa Rosa arrivarono le due stoccate di Yates e quella di Sobrero nella crono finale di Verona, alla Grande Boucle gli acuti di Groenewegen e Matthews, ora manca la ciliegina nella corsa a tappe spagnola. Di qui a fine stagione, le occasioni per continuare nella striscia positiva non mancano, anche se O’Connor ha scelto di non disputare il mondiale, che vedrà Jai Hindley come punta dell’Australia, facendo rotta invece in modo deciso sul Lombardia.
Fra il 2019 e il 2020, nell’allora Biesse-Arvedi che oggi è la Biesse-Carrera, Marco Milesi si trovò a guidare due spilungoni forti in salita nonostante la statura: Kevin Colleoni e Filippo Conca. Il secondo, soprattutto, aveva un rapporto di amore/odio con la bilancia perché essere magri quando si è alti 1,91 non è sempre semplice. Quando fu chiaro che il talento fosse pronto per affrontare il professionismo, alla fine del 2019 i due (che non avevano ancora un procuratore) firmarono entrambi un contratto con la Androni di Gianni Savio. Ma il sole non fece in tempo a tramontare su quella firma che i procuratori arrivarono e riscrissero il passaggio. Colleoni andò al Team Bike Exchange, attuale Jayco-AlUla, Conca alla Lotto.
«Era un contratto di due anni – ricorda Milesi – e io vedevo Filippo Conca meglio con Savio, perché sarebbe potuto crescere ancora. Soprattutto con i problemi fisici che ha avuto, avrebbe potuto fare come Cattaneo, che dopo la Lampre era andato all’Androni ed era tornato quello che era con me ai tempi della Trevigiani. Ci sono dei momenti che se trovi la squadra che ti permette di fare la gara, sei libero e non hai pressioni. Devi indovinarla, devi essere anche fortunato in quelle cose. Però tante volte si fidano più dell’imbeccata del procuratore, mentre io ho corso in Belgio e la Lotto non era un ambiente adatto. O ti fai rispettare subito, sennò si fa dura».
Oggi che Filippo è diventato campione italiano a capo del singolare passaggio allo Swatt Club, tornare da chi l’ha lanciato può essere il modo di rimettere in ordine i tasselli e capire quale potrebbe essere ora la traiettoria del fresco e inatteso tricolore. Milesi è al lavoro con la squadra preparando il Giro della Valle d’Aosta, che inizierà mercoledì. Dal prossimo anno saranno un vivaio per la Cofidis, pur mantenendo nome e sponsorizzazioni, ma di questo ci sarà tutto il tempo per parlare in seguito.
Nel 2020, Conca corre con la Biesse-Arvedi e conquista il quinto posto al Giro U23 vinto da Pidcock (photors.it)Nel 2020, Conca corre con la Biesse-Arvedi e conquista il quinto posto al Giro U23 vinto da Pidcock (photors.it)
Hai continuato a sentire Conca anche in questi ultimi tempi difficili?
Lo sentivo spesso, lo vedevo anche alle gare. Sono sempre in contatto con i ragazzi e quando penso a lui, la mia idea è che non abbia mai trovato la sua dimensione. In qualche modo mi ci rivedo, siamo alti uguale e pesiamo uguale. Corridori grandi: corazzieri al servizio di un capitano, anche se lui un capitano per cui lavorare non l’ha mai avuto. Non nego che la sua vittoria mi abbia sorpreso.
Le squadre cercano vincenti e non corazzieri…
L’ho sempre detto. L’ho detto anche a Bramati (i due hanno corso insieme nei dilettanti, ndr), perché uno come Conca sarebbe stato da prendere per metterlo a tirare per i loro leader. Se hai un ruolo, riesci a rimanere a galla anche lassù. Invece per come correva, Filippo l’ho sempre visto un po’ spaesato.
Qualcuno ha pensato che non abbia avuto la grinta necessaria, Conca ha risposto che l’ha utilizzata tutta per rimettersi dagli infortuni.
E’ vero, come è vero che si fa fatica a guardare i piazzamenti e si pensa solo alle vittorie. Nel 2023, al primo anno con la Q36.5, Filippo era andato molto forte al campionato italiano, con un settimo posto. L’anno scorso è stato nono alla Coppa Agostoni. Da uno come lui non puoi aspettarti i risultati, ma di fatto non ha mai corso per un capitano che potesse vincere grazie al suo lavoro.
In questo ciclismo di corridori leggerissimi, il peso può essere stato un problema? Lui stesso ne parla spesso.
Può darsi anche quello, che sia stato un fattore. Di una cosa sono sicuro, Filippo ha tanti watt, la squadra in cui corre ora, neanche a farlo apposta, ha il nome giusto. Lui deve stare sempre dentro il peso e allora può sfruttare tutta la sua forza. Mi ricordo al Giro d’Italia U23 del 2020, quando fece quinto in classifica, saliva sul Mortirolo solo di forza. Spingeva in una maniera assurda. Era il suo punto forte e probabilmente il peso gli ha sempre dato un po’ di problemi.
Al Giro dei Paesi Baschi al quarto mese di professionismo. E’ il 2021, subito dopo Conca risulterà positivo al CovidAl Giro dei Paesi Baschi al quarto mese di professionismo. E’ il 2021, subito dopo Conca risulterà positivo al Covid
Pensi che aver vinto il campionato italiano gli dia la motivazione per cambiare passo?
Secondo me sì. Ora ha visto dove può arrivare, il potenziale che ha. Ha capito che può vincere, come è successo negli anni che era con me. Nel 2019 andò bene, ma non benissimo. Poi quando ha iniziato ad andar forte, ad essere là davanti, si convinse dei suoi mezzi e andò bene tutto il 2020. Secondo me anche adesso, se si trova l’opportunità di una squadra, potrà fare bene, perché il suo potenziale è ancora tutto là. E poi sapete una cosa?
Che cosa?
Ha toccato il fondo e adesso sono guai. Sono ragazzi diversi, ma in qualche modo mi ricorda Finetto. Anche Mauro toccò il fondo, rischiò di smettere, ma da allora si mise ad andare forte e fece un’ottima seconda parte di carriera in Francia.
E’ già buono che non abbia pensato di smettere, no?
Ha avuto la forza di continuare. Anche quest’anno ha avuto due infortuni, però non ha mai smesso di crederci. E’ giusto che abbia la possibilità di riprovarci.
Le vicende del ciclismo italiano continuano a tenere banco, la vittoria del campionato italiano da parte di Filippo Conca ha aperto un cassetto pieno di problemi fino ad adesso tenuti nascosti. Come quando nel fare pulizia si ritrovano carte appallottolate e piegate in malo modo, messe in un angolo nella speranza che qualcuno se ne dimenticasse. Ma come accade con le multe il tempo accumula, non dimentica. Ci siamo così trovati, in una calda domenica di fine giugno, con un ciclista che ha deciso di aprire quel cassetto ormai nascosto dalla polvere. Ma il problema è ben più radicato e parte dai giovani
Era necessario prima o poi venire a patti con la realtà. Le parole che lo stesso Conca ci ha regalato qualche giorno dopo ci hanno permesso di fermarci e cercare delle risposte. Un ragazzo di 26 anni, scaricato dal ciclismo professionistico con la fretta che ormai lo contraddistingue, ha avuto la forza di non arrendersi e ripartire. Gli è costato tanto: fatica, impegno e tanti bocconi amari da mandare giù.
Il tricolore di Conca ha aperto il dibattito, il ciclismo è a un punto di svolta?Il tricolore di Conca ha aperto il dibattito, il ciclismo è a un punto di svolta?
Una piramide che crolla
La deriva del movimento è partita però dal ciclismo giovanile, la sua gestione è ormai in mano a pochi soggetti che non sempre fanno il bene dell’atleta. Si vanno a cercare i talenti in categorie che prima servivano a raccontare quanto i giovani amassero andare in bici. Ora quei giovani amano ancora andare in bici? La risposta per certi versi è “sì” ma non dobbiamo farci ingannare.
«Quello che ci ha dimostrato la storia di Conca – analizza Stefano Garzelli, in questi giorni impegnato con il commento tecnico della RAI al Tour de France – è che un corridore di 26 anni è considerato vecchio. Nel dirlo provo un gran senso di rabbia. La sua carriera è un insieme di episodi che si possono ripetere e possono coinvolgere tutti. Una serie di problemi fisici e in quattro anni Conca si è trovato fuori dal ciclismo professionistico. Un ragazzo come lui non ha trovato nessuno che lo facesse correre, nemmeno una continental».
La caccia agli juniores porta a una professionalizzazione della categoria, non sempre un bene per dei ragazzi giovaniLa caccia agli juniores porta a una professionalizzazione della categoria, non sempre un bene per dei ragazzi giovani
E’ il segno che forse si sta esagerando in questo continuo ricambio?
I corridori giovani non hanno tempo per crescere, ora stiamo vedendo test di ragazzi giovani (juniores, ndr) con numeri impressionanti. Ma poi, in corsa, come riesci a gestire il tuo potenziale se ti mettono a fare il lavoro sporco? La vera domanda è cosa stiamo chiedendo ai giovani? Perché poi se non performi e non porti punti, ti lasciano a casa.
Il rischio è di vedere sempre più ragazzi come Conca.
Sì, ma a 25 anni un corridore non è finito, anzi. E’ appena entrato nella sua completa maturazione fisica e mentale. Non si guarda più a ragazzi di questa età, ma agli juniores. La cosa più spaventosa è che sono ragazzi giovani trattati come campioni, ma non lo sono. Esistono delle eccezioni, come è stato Evenepoel e ora Seixas. Anche se su quest’ultimo qualche dubbio sul fatto che stiano facendo un calendario esagerato ce l’ho.
Il problema è che alle corse degli allievi ora trovi i procuratori, i tecnici non vanno più a vedere le categorie giovanili, si accontentano dei test…
Si fa credere ai ragazzi di essere entrati nel mondo del professionismo e poi non è vero. Non lo sono. C’è una lotta sfrenata per entrare nelle squadre development di formazioni WorldTour già dagli allievi. Per me il male più grande è l’aver lasciato carta bianca per i team juniores. Red Bull, Decathlon e tutti gli altri. Siamo davanti a specchietti per le allodole.
I devo team juniores rischiano di creare una spaccatura all’interno del movimento (foto Instagram/ATPhotography)I devo team juniores rischiano di creare una spaccatura all’interno del movimento (foto Instagram/ATPhotography)
Sembra che senza procuratore non puoi correre, anche a 17 anni.
Ognuno guarda al suo interesse, questo meccanismo che si è creato è incontrovertibile. Si dovrebbe lavorare per renderlo meno pressante. Ma se le squadre WorldTour continueranno a creare team giovanili, il sistema continuerà a prendere ragazzi sempre più giovani.
Tanti ragazzi poi decidono di abbandonare la scuola.
Questo è un tema importante. Quando hai 16 anni la tua priorità devono essere gli studi. Invece adesso ti trovi davanti ragazzi che hanno delle vie “facilitate” o comunque che mettono in secondo piano l’istruzione. Anche io sono padre e mio figlio, che corre in Spagna (dove Garzelli e la sua famiglia vivono, ndr) si è trovato più volte a gareggiare contro ragazzi che si allenano 22 ore a settimana. Se vai a scuola e studi non hai tutto quel tempo per allenarti. Vi faccio un esempio.
Prego…
Qualche settimana fa mio figlio era a una gara riservata agli juniores in Spagna, erano in quarantotto al via, pochissimi. Il perché era presto detto, la settimana successiva c’era una gara più prestigiosa. Il rischio è di non avere più gare perché un organizzatore non avrà più interesse a fare una corsa per neanche cinquanta ragazzi. Tutti vogliono correre con la nazionale o con i devo team. Non esisteranno più le altre squadre, quelle “normali”.
Certe esperienze, come le prove di Nations Cup dovrebbero offrire la possibilità a tanti ragazzi di crescere e confrontarsi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)Certe esperienze, come le prove di Nations Cup dovrebbero offrire la possibilità a tanti ragazzi di crescere e confrontarsi (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Tutti vogliono emergere, ma non c’è spazio.
Come possono starci tutti? Anche se un giorno tutte le diciotto squadre del WorldTour avranno dei team juniores, comunque i posti saranno limitati. E poi che calendario faranno? Scusate, ma a me la gara in cui i primi cinque erano gli atleti della Grenke Auto Eder (vivaio juniores della Red Bull, ndr) non ha senso. Cosa vuol dire andare alle corse e competere contro chi fa la vita di un diciassettenne “normale”?
Senza considerare che anche la nazionale sta diventando una cosa circoscritta a pochissimi.
Sono dell’idea che le federazioni nazionali dovrebbe dare la possibilità di correre al maggior numero di giovani possibile e non di lavorare con un cerchia di dieci ragazzi. Tutti si caricano di aspettative e si credono già arrivati, poi fanno interviste, eventi, foto. Sta anche ai media non esagerare in proclami e titoloni.
Vero…
Poi tutto diventa dovuto e si creano delle classi in base al talento. Ma a 16 anni, come detto prima, ci sono diversi fattori che incidono. Io sono contro queste esclusioni e alla creazioni di gruppi ristretti. E’ chiaro che se poi le diciotto formazioni WorldTour creano le squadre juniores e prendono i migliori allora il sistema si inceppa.
Perché i team WorldTour al posto di creare formazioni non possono sostenere i team locali aiutandoli nella gestione? (foto ufficio stampa Nordest)Perché i team WorldTour al posto di creare formazioni non possono sostenere i team locali aiutandoli nella gestione? (foto ufficio stampa Nordest)
Ci sarebbero tanti modi per far crescere in maniera uniforme i ragazzi.
Nel calcio le squadre hanno i loro team giovanili, ma anche una serie di squadre locali che fungono da team satellite. Il ciclismo non ha questa capillarità, ma grandi sponsor che possono permettersi di fare il WorldTour potrebbero dare una mano alle squadre giovanili senza surclassarle. Magari distribuendo la ricchezza (o anche organizzando corse così da tenere vivo il movimento, ndr). Sono contento per Conca, il suo risultato fa capire che certe dinamiche sono irreali, bisogna sperare che questo avvenimento non si asciughi come una goccia d’acqua nel deserto.
Sono passati quattro giorni dalla vittoria di Filippo Conca ai campionati italiani ma la sua eco non accenna spegnersi. E ancora se ne parlerà a lungo, perché la vittoria di un dilettante (senza nulla togliere al campione tricolore e al suo importante passato da pro’) non è certo cosa da tutti i giorni. La sua figura e quella dello Swatt Club sono state passate al microscopio da media e addetti ai lavori, poco però ci si è soffermati su come si è arrivati a quel clamoroso risultato, su che cosa hanno fatto i ragazzi del team per stravolgere ogni pronostico. A cominciare da Mattia Gaffuri.
Torniamo allora a quel weekend per saperne un po’ di più, per scavare nelle azioni ma prima ancora nelle speranze della squadra e soprattutto di colui che a detta di tutti è il principale artefice della vittoria di Conca, perché la collaborazione che nel finale gli ha dato Gaffuri è stata probabilmente decisiva.
Conca è lanciato verso la vittoria, Gaffuri guarda da dietro dopo aver lanciato lo sprint del compagnoConca è lanciato verso la vittoria, Gaffuri guarda da dietro dopo aver lanciato lo sprint del compagno
Partiamo dalla vigilia, si era partiti verso Trieste con quali ambizioni?
Filippo aveva delle aspettative molto alte perché lui aveva puntato tutto su questa gara, non essendo parte del team strada, ma essendosi prevalentemente dedicato al gravel. Voleva ottenere un risultato importante. Noi del team non avevamo le stesse certezze. Non avevamo mai gareggiato con le WorldTour e quindi non sapevamo bene cosa aspettarci. Io andavo con l’idea di stare davanti il più possibile, magari farmi notare un po’, ma non pensavo a un epilogo del genere.
Che cosa vi eravate detti alla vigilia, che strategia avevate pensato?
Il diesse Brambilla si era raccomandato di mettere qualcuno nella fuga iniziale, di farci vedere. Agli altri di stare tranquilli, pensando che l’Astana con 10 uomini avrebbe controllato la corsa. Poi nel circuito finale dovevamo stare davanti. Su un circuito del genere succede tutto molto in fretta perché si entra con già 170 chilometri nelle gambe. Alla prima tornata forte già siamo rimasti praticamente 10 a giocarci la corsa, quindi non c’è stata molta tattica.
Il neocampione italiano è a terra, tra fatica e incredulità, Mattia è davanti, felice per l’impresaIl neocampione italiano è a terra, tra fatica e incredulità, Mattia è davanti, felice per l’impresa
Quando vi siete svegliati e avete visto che clima c’era, che considerazioni avete fatto?
Sapevamo che sarebbe stata una giornata caldissima come era stata già tutta la settimana, quindi abbiamo fatto tutto il possibile in allenamento per adattarci. Sicuramente quello è stato fondamentale perché comunque nella gara non abbiamo mai visto temperature sotto i 38 gradi, quindi era importante cercare di prendere più acqua possibile dalla macchina, dai rifornimenti.
Quando vi siete accorti che la corsa stava prendendo la piega che poi ha preso e quindi mancava quel controllo previsto?
Personalmente quello che mi ha fatto suonare un po’ il campanello d’allarme è stato quando a circa 70 chilometri dall’arrivo hanno iniziato a muoversi nomi grossi come Bettiol e Ulissi. Se i nomi grossi si muovono così da lontano o fanno un’azione che decide subito la corsa, oppure è una mossa che significa che non hanno grandi gambe e sperano in uno sviluppo diverso. Ho capito che c’era probabilmente molta più stanchezza rispetto a quella che io mi aspettavo.
Gaffuri aveva compiuto un’impresa all’ultimo giro riagguantando il quartetto in fuga (foto Michele Palvarini)Gaffuri aveva compiuto un’impresa all’ultimo giro riagguantando il quartetto in fuga (foto Michele Palvarini)
Davanti c’era Conca con pochissimi corridori e tu dietro. Cosa ti è scattato nella mente per andare a riprenderli?
La salita dove si faceva la selezione era molto breve, sui due minuti. In tutte le tornate facevo sempre fatica a seguire le accelerazioni dei corridori più esplosivi, come Aleotti, ma dopo la cima c’era un po’ di falsopiano, dove riuscivo sempre a ricucire senza problemi. Quindi anche quel giro ho perso metri, ma ero abbastanza fiducioso che sarei riuscito a rientrare. C’era qualche curva tecnica, ma per la maggior parte bisognava spingere. Quindi nel momento in cui mi sono staccato non sono andato in panico, ma sapevo che sarei potuto rientrare perché solitamente davanti ci si controlla e non si spinge subito, c’era spazio per riagganciarsi.
Quando sei rientrato hai parlato con Filippo?
No, anche perché è stata una fase molto concitata. Venendo da dietro potevo provare il colpo a sorpresa, ma era un rettilineo molto lungo e mi hanno visto arrivare. A quel punto un attacco lì sarebbe stato più che altro inutile e ci avrebbe fatto fermare perché poi ci saremmo aperti sulla strada, facendo rientrare Milan che era molto vicino. In quel momento la cosa più intelligente da fare mi è sembrata quella di andare davanti, tirare per Conca perché ero sicuro che quantomeno il podio lo prendeva.
Le maglie bianche dello Swatt Club hanno caratterizzato la corsa esaltando i tanti supporter presenti (foto Michele Palvarini)Le maglie bianche dello Swatt Club hanno caratterizzato la corsa esaltando i tanti supporter presenti (foto Michele Palvarini)
E cosa hai pensato quando hai visto che ha vinto lui, hai sentito che fosse anche un po’ tua quella vittoria?
Sicuramente sono contento di aver contribuito e penso che come squadra siamo stati i più rappresentati davanti in tutte le fasi della corsa. Quindi non penso ci sia il dubbio che la squadra non abbia meritato. Alla fine ero anch’io incredulo del fatto che fossimo davanti a fare la corsa in un campionato italiano. Forse ancora adesso faccio fatica a realizzare quello che è successo…
Tu hai chiuso due volte secondo al concorso Zwift, hai inseguito tanto il ciclismo professionistico, pensi che adesso personalmente verrai visto in maniera un po’ diversa?
Io spero di sì, perché credo di aver dimostrato non solo in questa gara, ma anche in tutte le altre gare che ho fatto durante l’anno di esserci. Ho fatto diversi piazzamenti nel calendario UCI. Penso di aver dimostrato di meritare un posto. Il campionato italiano è una corsa a sé, questo è notorio, ma credo che ora sia chiaro che su di me si può investire.
La porta in faccia ha un suono terribile. Filippo Conca lo conosce bene, anche se alcuni di quelli che l’hanno rifiutato alla fine del 2024 domenica a Gorizia gli hanno stretto la mano dopo la vittoria inattesa nel campionato italiano.
Filippo è del 1998 come Pogacar e l’abbiamo incontrato per la prima volta nel 2019, quando chiuse al quinto posto il Giro d’Italia U23 alle spalle del vincitore colombiano Andres Camilo Ardila. Appena davanti, al quarto posto, chiuse Alessandro Covi, che domenica lo ha seguito sul podio di Gorizia. Il suo percorso da quei giorni è stato pieno di segnali e sfortune. Doveva passare con Savio all’Androni, preferì la Lotto. Poi prese il Covid nella forma peggiore, ebbe tendiniti, cadute e problemi al soprassella che gli hanno impedito di avere continuità. La grinta mostrata domenica per vincere il tricolore, in tempi non troppo lontani gli è servita per rialzarsi.
Filippo Conca, classe 1998, ha iniziato a mettersi in luce fra 2019 e 2020 con la maglia della BiesseFilippo Conca, classe 1998, ha iniziato a mettersi in luce fra 2019 e 2020 con la maglia della Biesse
Ti sei finalmente tolto la maglia tricolore di dosso?
L’ho tolta, l’ho tolta (sorride, ndr). Aspettavo da quattro anni che girasse un po’ di fortuna. Ne sono successe davvero tante. Il 2024 è stata la stagione in cui ho raccolto di meno, perché da gregario aiuti sempre la squadra. Alla Q36.5 hanno deciso di non rinnovarmi il contratto dopo che praticamente ho fatto tutta la stagione a tappar buchi a destra e sinistra, senza mai conoscere il calendario. Il giorno prima della corsa, mi dicevano che avevo un volo da prendere. Così non riesci mai ad essere al 100 per cento. Ero sempre là, ma senza risultati veri e propri.
Hai mai pensato di smettere?
Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello, se non nell’ultimo periodo. Da quando a dicembre ho deciso che avrei corso con lo Swatt Club, mi sono messo in mente solo il campionato italiano. Ci credevo. Sono partito per vincere, anche se era quasi impossibile. Però gli amici più stretti, le uniche persone che ci sono state davvero, ci credevano con me. Questo mi ha dato ancora più forza. Sono andato per vincere, non avrei firmato per nulla meno della vittoria.
Quanto è stato difficile aspettare questi sei mesi?
Non ero tanto preoccupato. Sapevo che sicuramente mi sarebbe mancato un po’ di ritmo, però all’italiano, col caldo e altri fattori, si va sempre più piano rispetto alle altre corse. Non ci sono corridori che fanno ritmi assurdi, quindi sapevo che avrei sofferto un po’ meno. Due anni fa sono arrivato ottavo dietro Velasco ed ero lì a giocarmi un bel risultato. Mi mancarono 50 metri per agganciare i primi e giocarmi il podio, ma sapevo di essere all’altezza di una sfida così. E domenica per la prima volta negli ultimi quattro anni, le cose hanno girato nel verso giusto. Anche se non alla perfezione…
Ottavo al campionato italiano del 2023 alle spalle di Velasco: i piazzamenti a Conca non sono mai mancatiOttavo al campionato italiano del 2023 alle spalle di Velasco: i piazzamenti a Conca non sono mai mancati
In che senso?
Ho bucato a 40 chilometri dall’arrivo e sono rientrato solo all’inizio della penultima salita. Secondo me quella è stata la chiave della corsa, perché riuscire a tener duro dopo uno sforzo del genere non è stato un momento banale. Prima sono stato nella scia delle ammiraglie. Poi ho trovato un gruppetto con Mosca, Oldani, Milesi e Lonardi. Forse non ci credevano già più, invece li ho motivati e abbiamo collaborato. Avevamo circa 40 secondi e io stavo già inseguendo da 10-15 minuti. E’ stato fondamentale non essere da solo, altrimenti la corsa si sarebbe chiusa lì.
Covi ha detto che hai vinto con ampio merito.
Covi era davvero in forma, era il più forte e gliel’ho detto. Ci conosciamo da quando abbiamo sei anni. I suoi familiari conoscono bene i miei, infatti dopo l’arrivo sua mamma è venuta ad abbracciarmi tutta contenta.
Ti ha dato fastidio che la tua vittoria sia stata definita la sconfitta del ciclismo italiano?
Diamo merito al vincitore, però a me piace anche essere oggettivo ed era un campionato italiano con tanti assenti, da Albanese a Frigo, come pure Bagioli. Però i problemi fisici fanno parte del ciclismo, io lo so bene. Se in Italia ci fosse davvero un top rider per corse dure, non ci sarebbe stata storia. Covi e Baroncini in salita erano nettamente i più forti, sono dei gran bei corridori, ma rispetto ai top rider mondiali, sono un’altra cosa. In più mettiamoci il caldo e il fatto che tutte le squadre sono sempre a tutta per i punti. Soprattutto in questo ultimo anno, sono a tutta da inizio stagione. Ci pensavo e mi dicevo: «Secondo me tanta gente arriva morta». Ed effettivamente tanti sono parsi sfiancati. Una volta si usciva dal Giro con la gamba per l’italiano, ma se oggi al Giro ti finisci e poi ti mandano allo Slovenia, al Giro di Svizzera, a Gippingen e all’Appennino, è chiaro che all’italiano ci arrivi sulle ginocchia.
Zoccarato all’attacco, seguito da Ginestra e Carollo dello Swatt Club: una prestazione di squadra che ha stupito ConcaZoccarato all’attacco, seguito da Ginestra e Carollo dello Swatt Club: una prestazione di squadra che ha stupito Conca
Lettura acuta: la superiorità numerica di alcune squadre non si è tradotta automaticamente in superiorità atletica.
Alla fine solo Zoccarato ha fatto una grande gara. Ci avevo parlato ad aprile e mi aveva detto che non andava e che era stanco. Probabilmente proprio il fatto di aver corso poco a primavera gli ha permesso di arrivare bene all’italiano.
Come è stato correre un campionato italiano con una squadra di amatori e riuscire a vincere?
Sono rimasto sorpreso anch’io dalla prestazione di squadra. Ho letto articoli sull’Heat Training, di allenamenti al chiuso sui rulli, ma io non ho fatto nulla di tutto questo: non mi piace. Sono solo sceso da Livigno venti giorni prima e ho continuato ad allenarmi nelle ore più calde per migliorare l’adattamento. Sapevo che sarebbe stato fondamentale per fare la differenza rispetto ad altri che avevano corso da destra a sinistra, senza poter curare questo aspetto.
Hai visto la differenza in gara?
Col caldo la cosa fondamentale è non esplodere. Per cui vedevi tanti corridori pedalare molto bene e da un momento all’altro si piantavano in mezzo alla strada. E quello è il caldo, non è mancanza di gambe.
Domanda cattiva: se avessi avuto ogni giorno negli ultimi quattro anni questa determinazione, la storia sarebbe stata un po’ diversa?
Ne ho passate talmente tante che se non avessi avuto motivazione, avrei già mollato da un pezzo. E’ sempre servita una carica incredibile per riemergere dagli infortuni e ritrovare prestazioni buone. Nel 2022 ai Paesi Baschi ho preso un bruttissimo Covid e sono rimasto completamente a terra fino a metà maggio. Avrei dovuto correre il primo Giro d’Italia, mi è caduto il mondo addosso. Sono andato a Livigno e dopo 15 giorni di allenamento sono andato al Delfinato. Magari mi staccavo da 50-60 corridori però fare il Delfinato con meno di un mese di preparazione e dopo quattro settimane fermo significa che la determinazione c’era. Se uno davvero fosse esperto e guardasse certe dinamiche, anche se ormai si guarda solo a chi vince, avrebbe visto che i segnali di un buon potenziale si sono visti. So benissimo che sono un corridore normale, buono ma normale. Però neanche un corridore da buttare in discarica, come è successo l’anno scorso. E come me in Italia ce ne sono tantissimi, perché qui non abbiamo il paracadute di squadre che ti aiutano.
Tutto l’inverno pensando solo al tricolore: l’assalto di Conca ha dato frutti sperati e a loro modo storiciTutto l’inverno pensando solo al tricolore: l’assalto di Conca ha dato frutti sperati e a loro modo storici
Cosa intendi?
Tante prendono gli juniores e non c’è più spazio per noi di 25, 26 anni. Chiaramente ognuno fa come vuole, ma è un peccato. Tutto lo sport è lanciato sui giovani, per far uscire il campione. Ma cosa succede se il campione non lo trovi? Intanto ci sono corridori come me, che fino a 26 anni continuano a crescere e nessuno li vuole. Abbiamo il misuratore di potenza e ogni anno vedo dei passi in avanti. Probabilmente, come caratteristiche fisiche, sono più adatto per aiutare, ma nelle gare secondarie posso anche raccogliere. Peso tanto, ma in salita non vado per niente piano.
Quest’anno meno gare e meno problemi?
Sono riuscito ammalarmi molto meno. Ho avuto qualche infortunio per cadute. A febbraio mi sono lesionato i legamenti alari del ginocchio in una caduta durante una gara di gravel, però alla fine son riuscito a essere più costante. A maggio ho investito una marmotta a Livigno. Ho preso un colpo forte in faccia, infatti ho ancora i segni, e ho fatto una settimana a non toccare la bici. Mi esplodeva la testa. Ho fatto due o tre TAC perché bisognava controllare che non si formasse liquido in testa, perché davvero faceva male. E lì ho ricominciato. Ho fatto quattro giorni di allenamento e ho deciso di andare a correre in Austria, perché mi sarebbe servita per l’italiano. Non sono andato pianissimo, però non ho potuto fare neanche una bella figura come ci si aspetterebbe da un professionista in una gara 2.2. Ho fatto nono nell’ultima tappa e undicesimo in generale.
Ti è servito per l’italiano?
Molto, visto il periodo, ero contento di quanto fatto. Sono ritornato a Livigno per 9-10 giorni. Ho avuto ancora tempo per fare dei bei blocchi di allenamenti e arrivare all’italiano, forse non al 100%, ma quasi.
Essere in una piccola squadra ti ha permesso di metterti a posto al meglio?
Un conto è se ti fermi per una o due settimane a causa di cadute. Magari il corpo ha tempo di recuperare e supercompensare. Altra storia se ti fermi una o due settimane per un virus con le squadre che ti mettono pressione per rientrare il prima possibile. Lo fai anche, ma sei comunque debellato ed entri in un circolo vizioso per cui ti porti dietro quella stanchezza per un mese e mezzo. Io questa volta ho avuto la possibilità di fermarmi e guarire.
Milano-Sanremo 2022, al secondo anno da pro’ arriva per Conca la ClassicissimaMilano-Sanremo 2022, al secondo anno da pro’ arriva per Conca la Classicissima
Beretta ci ha detto che il tuo posto è in una grande squadra e sarà contento di vederti andare via.
Nella settimana dell’Agostoni, a ottobre, si sono tirate indietro la professional spagnola e l’italiana da cui attendevamo risposte. A quel punto mi sono trovato senza chance di trovare una sistemazione. Ho corso l’Agostoni sulle strade di casa con tutti gli amici sulle strade, con una rabbia incredibile. Ho attaccato da solo, una corsa pazza chiusa al nono posto (migliore della Q36.5, ndr). A quel punto Carlo Beretta mi ha proposto di parlare. Se entro dicembre non mi fosse arrivato nulla, avrei potuto correre con loro su strada, puntando tutto sul campionato italiano. Negli ultimi mesi ho cercato anche varie continental per correre da luglio, ma avevo deciso che l’italiano lo avrei vinto in maglia Swatt e a modo nostro abbiamo fatto la storia.
Se arrivasse la chiamata di una squadra più grande, come saresti messo con il passaporto biologico?
Ne parlavo ieri con il mio procuratore. Possono arrivarmi a fare i controlli quando vogliono, però probabilmente stano andando al risparmio e non vedo nessuno da parecchio tempo. In teoria quindi potrei fare delle corse professional, ma non WorldTour. Per quelle dovrei aspettare un periodo o che vengano a farmi dei controlli.
Sai già dove indosserai la maglia tricolore?
La verità: no. Lo Swatt Club non è stato accettato in tutta una serie di gare, dal Città di Brescia al Medio Brenta, passando per la Pessano-Roncola, ma non so neppure se con la maglia tricolore da pro’, potrei correrle. Perciò vediamo se in queste settimane arriva una squadra importante per finire la stagione dei professionisti. Alla fine era questo il mio obiettivo. Mi sarei accontentato anche di una continental e di non prendere lo stipendio, ma non mi hanno voluto.
Poche gare su strada e anche gravel: per Conca è arrivato un buon terzo posto a The Traka (foto Swatt Club)Poche gare su strada e anche gravel: per Conca è arrivato un buon terzo posto a The Traka (foto Swatt Club)
Del resto finora hai sempre corso gratis, no?
Non ho contratto, prendo qualche rimborso. Per fortuna non ho sperperato negli anni da pro’. Mi sono comprato una casa che ho iniziato ad affittare ai turisti su Airbnb e Booking, in modo che con le entrate vado pari col mutuo. Però a 26 anni devi pure avere i soldi per campare e per fortuna avevo qualcosa da parte. Ho trovato assurdo non essere valutato da una continental neppure a costo zero. Eppure hanno tutti i nostri dati, hanno Strava e alcuni anche l’accesso su Training Peaks. Questo davvero è ciò che non riesco a spiegarmi.
Dopo la vittoria di Conca al campionato italiano, si sono lette le interpretazioni più variopinte e critiche. Qualcuno ha scritto che si sia trattato del punto più basso per il ciclismo italiano: la sua sconfitta. Qualsiasi cosa si dica, si corre il rischio di prendere una cantonata. Si possono bastonare i team che non hanno onorato la corsa. Si può esaltare il lavoro dello Swatt Club. Altrimenti si può rilevare che non tutte le squadre siano sottoposte agli stessi regolamenti. Alla fine la sola cosa che non si è fatta (abbastanza) è stata riconoscere merito al vincitore. Il campionato italiano è una corsa a parte, che si vince o si perde anche per un’intuizione. Per Giovanni Visconti, tre maglie tricolori in bacheca e attualmente talent scout per il Team Jayco-AlUla, qualcosa di insolito è successo, anche se la sua analisi della situazione non si allinea alle tante di cui ha letto.
«Che cosa significa – dice – che ha perso il ciclismo italiano? Mi sembra banale, non è da adesso che siamo in crisi nera. Manca una grande struttura che possa raccordare tutte le categorie. I pur volenterosi Reverberi e Basso fanno quello che possono per rimanere al passo con le grandi, ma non possono prendersi la responsabilità di questa disfatta. Anche se le loro squadre domenica sono state davvero al di sotto delle aspettative, a parte l’azione di Zoccarato. Hanno perso le squadre che non hanno confermato Conca? Ha perso la Lotto con cui è passato professionista? Ha perso la Q36.5? Purtroppo non si aspetta più e non è solo un problema italiano, ma del mondo dello sport in genere e di ogni altro ambito della vita…».
Giovanni Visconti, classe 1983, ha vinto per tre volte il tricolore pro’. Lavora alla Jayco-AlUla come talent scoutGiovanni Visconti, classe 1983, ha vinto per tre volte il tricolore pro’. Lavora alla Jayco-AlUla come talent scout
Resta il fatto che Filippo Conca, corridore disoccupato, è il nuovo campione italiano.
E’ una bellissima storia e sono contento che ce l’abbia fatta. Magari può essere stato un errore non aver dato fiducia a un ragazzo di cui si parlava bene e che ha avuto tanta sfortuna. Magari potevano prenderlo le nostre professional, invece di essere preda della frenesia di far passare i più giovani. Da un lato è vero che ha avuto quattro anni per dimostrare qualcosa e non ci è riuscito. Dall’altro prendiamo atto che questo ciclismo ormai valuta gli atleti soltanto in base agli ordini di arrivo.
Si perde una corsa come il campionato italiano anche perché non la si affronta nel modo giusto?
Bisogna affrontarlo tanto freschi mentalmente e probabilmente qualcuno non lo era. Alcuni fra i corridori più conosciuti secondo me sono arrivati troppo scarichi oppure l’hanno presa sotto gamba. Milan ha fatto una grande corsa, altri sono spariti. Bisogna essere al 100%, visto anche il caldo. Quando mi sono messo a guardare la diretta, non riuscivo a credere ai miei occhi. E alla fine leggendo l’ordine di arrivo, si è capito che qualcuno è andato alla partenza senza avere la testa o le gambe giuste. Oppure bisognerebbe dire che ha sbagliato anche chi li guidava.
Resta il fatto che una squadra di amatori ha messo nel sacco le nostre professional, al via con 10-11 corridori…
Dal punto di vista tattico è stata una gara pessima, ma mi sembra banale dire che abbia perso l’Italia. L’Italia perde da anni, come dicevamo, perché non ha una struttura che riesca a stare al passo con quelle che comandano nel ciclismo attuale. Hanno perso tutti, anche i singoli. Mi è parso che ci sia stata poca voglia di onorare una gara del genere, mi soffermerei più su quello. E’ normale che quando uno ha l’acqua alla gola e ha una sola occasione per dimostrare qualcosa, sia al massimo e abbia grandi motivazioni. Invece sembra quasi che gli altri siano arrivati all’italiano tanto per farlo e a me fa ancora più tristezza.
La maglia tricolore senza sponsor: un podio diverso dalle attese. Dietro Conca, Covi e PesentiLa maglia tricolore senza sponsor: un podio diverso dalle attese. Dietro Conca, Covi e Pesenti
Ne hai vinti tre, l’italiano è veramente una gara a sé?
Al campionato italiano ci sono i favoriti che partono in 2-3 e quindi si trovano a rincorrere. Ci sono squadre che partono in 10 e riescono a fare la differenza. Poi ci sono gli outsider, i corridori elite come quelli dello Swatt Club, che danno il tutto per tutto sapendo che è una gara stranissima, dove anche andare in fuga in partenza spesso si rivela decisiva. Guardate Zoccarato in fuga anni fa con Colbrelli… Quando salta il controllo, anche se hai il favorito numero uno, non riesci a tenere la corsa. E’ davvero una gara a parte.
Una squadra di amatori in mezzo ai professionisti: resta una stranezza.
Una volta parlando di Gaffuri, si sarebbe riso: cosa faccio, prendo un amatore? Oggi non bisogna più escluderlo, bisogna adeguarsi. Forse domenica è stata la sconfitta definitiva di chi pensa che il ciclismo sia sempre quello di trent’anni fa. Ci sono ragazzi che crescono in modo diverso. Benvengano le Zwift Academy o i nuovi metodi di scoperta dei talenti. Non sto facendo le lodi dello Swatt Club, perché costruire una squadra è un’altra cosa. Va fatto un lavoro diverso, completo e profondo, basato non solo sui numeri ma su tante altre sfaccettature che possono far pensare che un corridore possa avere futuro. Il mio lavoro attuale, ad esempio. Ma la vittoria di Conca ci dice una cosa molto chiara.
Quale?
Accettiamo di vivere in una diversa epoca dello sport, ma prendiamo coscienza che non abbiamo più così tanto tempo per riprendere la strada.
Una raccolta di pensieri di Giovanni Visconti, dopo aver portato a termine la Sicily Divide. Tre giorni nel silenzio. Le parole. I sapori. I colori. La vita
Balsamo non difenderà il tricolore. L'infortunio non è recuperato, così Elisa si allena sui rulli e in palestra. Ma i ricordi più belli sono ancora vivi
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