ABUS: accordo esteso al 2028 con Van Der Poel e compagni 

30.07.2025
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Nel competitivo mondo del ciclismo professionistico, dove la velocità e la prestazione catturano l’attenzione globale, la sicurezza delle attrezzature e dei team è fondamentale. Dalle biciclette da corsa ultra-leggere, ai sofisticati veicoli di supporto, ogni singolo elemento richiede difatti una protezione ineccepibile. Dal 2024, ABUS, realtà tedesca e leader mondiale nelle tecnologie di sicurezza, ha assunto il ruolo di Partner Ufficiale per la Sicurezza dei team WorldTour Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck (in apertura foto ABUS). Questa collaborazione, mirata a salvaguardare le preziose attrezzature di atleti del calibro di Mathieu van der Poel, Jasper Philipsen e Puck Pieterse, è stata recentemente estesa per ulteriori tre anni.

La partnership tra ABUS e i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck ha già prodotto risultati importanti. Il team ha celebrato numerosi successi, tra cui le due maglie di Campione del Mondo nel Gravel e nel Ciclocross conquistate da Mathieu Van Der Poel, il titolo di Campionessa del Mondo Mtb di Puck Pieterse, e vittorie in prestigiose Classiche Monumento come la Milano-Sanremo, il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix.

A questi trionfi di grandissimo prestigio si aggiungono diverse vittorie di tappa nei Grandi Giri e molte altre vittorie. In tutti questi frangenti, ABUS ha giocato un ruolo cruciale dietro le quinte, garantendo che le attrezzature che hanno contribuito a queste vittorie fossero sempre al sicuro, sia presso il quartier generale del team quanto durante le competizioni e i ritiri di allenamento in giro per il mondo.

Alpecin-Deceuninck che al Tour de France ha vinto tre tappe, qui quella di Van Der Poel a Boulogne-Sur-Mere (foto Leon van Bon)
Alpecin-Deceuninck che al Tour de France ha vinto tre tappe, qui quella di Van Der Poel a Boulogne-Sur-Mere (foto Leon van Bon)

La visione sulla sicurezza integrata

«Noi di ABUS – ha commentato Christian Rothe, membro del management dell’azienda – siamo entusiasti di poter continuare a supportare i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck come in qualità di Official Security Partner. Formazioni di così alto livello, con i loro atleti e le loro atlete stellari, sono costantemente sotto i riflettori e necessitano quindi di un elevatissimo livello di sicurezza, spesso con requisiti molto complessi. Mettere in sicurezza una singola bici da corsa di Mathieu Van Der Poel durante una sosta caffè è una cosa. Proteggere efficacemente un intero service course, inclusa la flotta di veicoli utilizzata in tutto il mondo, è una sfida particolare e completa il ciclo di sicurezza. Questa collaborazione evidenzia come ABUS sia in grado di integrare perfettamente le sue due principali aree di business: la sicurezza mobile e la sicurezza domestica, offrendo un concetto complessivo ben arrotondato per la sicurezza mobile e stazionaria».

Il team femminile, la Fenix-Deceuninck, è impegnata ora nel Tour de France Femmes avec Zwift (foto Tornanti CC)
Il team femminile, la Fenix-Deceuninck, è impegnata ora nel Tour de France Femmes avec Zwift (foto Tornanti CC)

Un reale partner strategico

«ABUS è per noi un partner importante – ha ribattuto Philip Roodhooft – team manager della Alpecin-Deceuninck – e questo sia sulla bici che lontano dagli allenamenti e dalle gare. Se si considera che spesso operiamo contemporaneamente su diversi eventi ciclistici e ritiri di allenamento, che si svolgono anche in luoghi completamente diversi del mondo con esigenze individuali per i corridori, il team e la logistica, si può forse immaginare la complessità di ciò che facciamo.

«La sicurezza gioca un ruolo cruciale in ogni passo che compiamo – conclude – siamo lieti di continuare a lavorare con ABUS come partner che ci supporta in ognuno di questi passaggi e che vanta una vasta esperienza nel mondo della sicurezza. Che si tratti del service course, delle gare, dei ritiri o dei viaggi, ABUS si conferma un partner competente e affidabile, capace di fornire supporto e protezione in ogni scenario, assicurando che i nostri team possano concentrarsi esclusivamente sulla performance, sapendo che le loro preziose risorse sono al sicuro».

ABUS

Dal ciclocross alla caccia alla rosa, l’epopea di Kastelijn

03.06.2025
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Nella Vuelta a Burgos che ha decretato il ritorno al successo di Marlen Reusser dopo i gravi problemi fisici dello scorso anno, sul podio finale è salita Yara Kastelijn, non senza una certa sorpresa. Già, perché l’olandese eravamo abituata a vederla protagonista sui prati d’inverno, capace anche di vincere un titolo europeo nel 2019, poi una lenta e costante trasformazione che l’ha portata a essere una protagonista assoluta su strada, centrando la Top 10 alla Vuelta e conquistando il podio finale di Burgos.

L’olandese della Fenix, a 27 anni è nel pieno della sua maturazione e le sue capacità in salita ne fanno la leader di una squadra dove, non per caso, abbondano le cicliste multidisciplinari, che si dividono fra strada e ciclocross, non ultima la nostra Sara Casasola. Per lei questo inizio stagione è stato foriero di una nuovaa dimensione.

Per la 27enne di Neerkant quest’anno 26 giorni di gara e già 6 Top 10 con due podi
Per la 27enne di Neerkant quest’anno 26 giorni di gara e già 6 Top 10 con due podi

«In realtà, sono davvero contenta di aver iniziato così. A Valencia mi sentivo già abbastanza bene, ma poi all’improvviso sono crollata l’ultimo giorno ed ecco perché non sono entrata nella Top 10. Ma poi la settimana successiva ho chiuso sesta alla Strade Bianche. Quindi ho dimostrato di essere in ottima forma e penso di essermi fatta notare nelle classiche di primavera, con un’altra presenza nelle 10 a Liegi».

Il terzo posto significa che ti trovi meglio nelle corse a tappe e che stai diventando una ciclista da classifica?

Sì, in passato ero sempre un po’ nervosa prima delle gare e ho iniziato a lavorarci su durante le corse. E’ il frutto dei miei miglioramenti. Ora posso semplicemente sfruttare la mia concentrazione, divertirmi senza nervosismi. E quando mi diverto e sono semplicemente me stessa, libera da pressione o stress, ho capito di poter raggiungere livelli davvero alti. Sapevo già di potercela fare, ma è sempre molto difficile dimostrarlo. Oltretutto vedo che le condizioni climatiche più diventano difficili e più mi esalto, forse proprio per le mie radici da ciclocrossista.

Una giovanissima Kastelijn sul podio degli europei juniores 2015, nella prova a cronometro
Una giovanissima Kastelijn sul podio degli europei juniores 2015, nella prova a cronometro
Preferisci le corse a tappe o le classiche in linea?

Diciamo che mi piace sempre… la prossima corsa. In realtà mi piace che ci siano tappe lunghe, quindi preferisco pedalare per cinque ore invece di tre. Ma credo che la dimensione legata alle gare di più giorni mi sia più vicina.

Fino a un paio d’anni fa eri più conosciuta come ciclocrossista, ma nell’ultima stagione hai fatto solo 5 corse internazionali: il ciclocross è sempre più parte del tuo passato o hai ambizioni anche in quello?

Al momento non ho un’idea precisa. Abbiamo cambiato le cose circa due anni fa, in inverno, puntando più sulla preparazione su strada. Quindi abbiamo dimostrato che funziona davvero fare meno ciclocross e per ora è solo parte del mio allenamento per l’estate. Perché penso di poter essere davvero brava. E quando ci riesco, tipo l’ultima volta, riesco a concentrarmi di più. Quindi ora per me il ciclocross è più adatto come forma di allenamento. Non ci rinuncio, ma le gare voglio interpretarle così.

L’olandese ha conquistato l’oro U23 agli europei di ciclocross 2019, la sua punta sui prati
L’olandese ha conquistato l’oro U23 agli europei di ciclocross 2019, la sua punta sui prati
Tu hai iniziato prima su strada o nel ciclocross?

In realtà ero più un ciclista su strada. Mi allenavo su strada d’estate, ma non facevo molte gare. Poi ho provato il ciclocross e ho visto che andavo bene, così sono entrata nel ciclismo professionistico da quella porta, anche perché vedevo che su strada ero ancora un po’ indietro. Al tempo poi mi dicevo che era meglio fare 40 chilometri piuttosto che 120 o 140, vedevo che per emergere su strada dovevo allenarmi troppo e i risultati non arrivavano, così mi buttavo giù. Per me il ciclismo è una questione prima di tutto mentale. Il ciclocross ha avuto il grande merito di restituirmi l’amore per quest’attività.

Alla Fenix siete molte a fare doppia attività: quanto aiuta avere un inverno agonistico per preparare la strada?

Io credo di sì, fare la doppia attività ha degli indubbi vantaggi. Il ciclocross ti dà, attraverso le sue gare, quell’intensità che in un certo senso non puoi vivere altrimenti, e penso che sia semplicemente perché partecipiamo a gare di ogni tipo, a un livello di intensità elevato che ci rende più forti per la strada. E’ importante riuscire a pianificare tutto e questo è un grande merito del nostro staff, che ci segue tutto l’anno e sa dosarci d’inverno come nelle altre stagioni.

La Kastelijn sulle orme della Reusser. A Burgos l’olandese ha mostrato le sue doti di scalatrice
La Kastelijn sulle orme della Reusser. A Burgos l’olandese ha mostrato le sue doti di scalatrice
Quale pensi sia la tua caratteristica principale nel ciclismo su strada?

Penso che tutti sappiano che sono uno scalatore perché sono pessima nello sprint, ma in realtà mi piace quando do il massimo fin dall’inizio, la mia caratteristica principale è dare tutto dal primo all’ultimo metro. Niente di meglio di una gara durissima mi si addice di più.

Hai vinto due anni fa una tappa al Tour: che cosa ti è rimasto di quella giornata?

Oh sì, quel giorno è stato davvero folle. Con i miei genitori che erano alla partenza e avevo paura di deluderli. All’inizio non andava, mi dicevo «Ok, la prossima volta», poi invece ho visto che potevo provarci e ho pensato «Vai a fare spettacolo». Ho preso il comando e ho dato il massimo fino al traguardo. All’arrivo non avevo parole per esprimere la mia gioia, ne vado molto orgogliosa di quel che ho fatto. Ancora oggi quando vedo video o foto di quel giorno mi esalto.

Il giorno più bello della sua carriera, la vittoria in solitaria al Tour 2023 sul traguardo di Rodez
Il giorno più bello della sua carriera, la vittoria in solitaria al Tour 2023 sul traguardo di Rodez
Ora che cosa ti attende in questa stagione, quali sono i tuoi obiettivi?

Ho finito la mia prima prova a tappe e sono davvero felice di essere salita sul podio. Era un obiettivo. Ora sto preparando con attenzione il Giro d’Italia e non nascondo che mi piacerebbe fare lo stesso perché credo che il percorso possa esaltare le mie qualità.

Pieterse, la biker che ha conquistato la Freccia Vallone

23.04.2025
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HUY (Belgio) – Spunta persino un raggio di sole quando sta per arrivare la Freccia Vallone femminile. A bordo strada la folla è calorosa come per gli uomini poco prima. Tutti già si fregano le mani per Lotte Kopecky, eroina belga. Invece, quando inizia il Muro d’Huy, l’iridata perde posizioni. Sta per vincere Demi Vollering, la rivale olandese, e invece chi ti spunta? Puck Pieterse, che è sempre olandese… ma non è Vollering, la rivale delle rivali per i belgi.

In tutto questo non va dimenticata la nostra numero uno indiscussa, Elisa Longo Borghini. Terza, di nuovo sul podio alla Freccia. Se abbiamo ben capito, quando ha tagliato il traguardo, mentre ancora il fiatone si impossessava dei suoi polmoni, per radio ha sussurrato alle ragazze: “Sorry”. Ed è arrivata terza. Come diceva Totò: “Signori si nasce”.

Al colpo di reni, Longo Borghini precede Niewiadoma
Al colpo di reni, Longo Borghini precede Niewiadoma

Una biker sul Muro

Ma veniamo alla protagonista di giornata. L’atleta della Fenix-Deceuninck non solo ha vinto, ma ha rilanciato con forza un tema che per l’assalto ai Muri circolava persino fra gli uomini, secondo cui biker e ciclocrossisti fossero favoriti da questo segmento così ripido.

Pensate che Remco Evenepoel aveva detto alla vigilia: «Non dobbiamo portare Thibau Nys in carrozza sotto al Muro». E in tantissimi davano per favorito, o comunque rivale numero uno di Pogacar, Tom Pidcock.

«Se sono stupita della vittoria di Pieterse? – spiega Elisa Longo Borghini – Fino a un certo punto. Sì, era più un’outsider, ma questi sforzi di tre minuti, perché tanto dura il Muro, sono molto adatti a chi fa cross o mtb».

E Puck Pieterse non si tira indietro. «In effetti le mie abilità di biker mi hanno aiutato sul Muro. Mi hanno aiutato su certe pendenze e anche a rilanciare la bici. A noi capita spesso di avere a che fare con sforzi violenti e salite così ripide. E’ stato uno sforzo in cui mi sono trovata bene, ma è anche vero che oggi mi sentivo particolarmente in forma. Stamattina mi è stato chiesto quale salita in mountain bike potessi paragonare al Mur de Huy. Ho pensato a una salita molto dura della Coppa del Mondo di Leogang. Mi sono detta: “Faccio finta di essere lì”».

Rivalità “orange”

Pieterse è una ciclista alla Pidcock, se vogliamo: una biker che poi è arrivata alla strada. E che va fortissimo anche nel ciclocross. Ma soprattutto è iridata in carica nella mtb.

«Oggi sono davvero felice. E’ il mio secondo successo su strada (aveva vinto una tappa al Tour de France Femmes, ndr) – ha detto Pieterse – come ripeto stavo bene. Sono partita con grande tranquillità. E lo sono stata per tutta la corsa. La tattica? Era semplice. Aspettare il passaggio finale sul Muro. Devo dire che sono state brave le mie compagne a mantenermi sempre coperta.

«Ho anche rivisto le ultime dieci edizioni. E in più ho ricevuto consigli da Annemiek Van Vleuten. In realtà quando le ho chiesto qualcosa mi ha riempito di dati e analisi. In pratica mi ha mandato un libro!». Lei forse ci credeva eccome.

Qualche giornalista olandese la incalza con il duello interno con Demi Vollering, ma Puck non fa una piega. «Con Demi non c’è una rivalità specifica. Ho pensato a prenderle la ruota, aspettavo che accelerasse di più ma non lo ha fatto. A quel punto, quando l’ho affiancata, ho pensato a dare tutto. E’ davvero incredibile questa vittoria».

Sara Casasola (seconda da sinistra) sotto al podio con le compagne. Tra queste si riconosce Ceylin Alvarado (terza da sinistra)
Sara Casasola (seconda da sinistra) sotto al podio con le compagne. Tra queste si riconosce Ceylin Alvarado (terza da sinistra)

Lo zampino di Casasola

Ma in tutto ciò c’è anche un bel pezzetto d’Italia, e questo pezzetto si chiama Sara Casasola. L’italiana è compagna di Pieterse e ha disputato un’ottima Freccia. Tra l’altro, pur lavorando per la capitana, è arrivata 19ª: non male per chi era all’esordio in queste gare.

«Direi che è andata molto bene – racconta Sara mentre si gusta il podio con le sue compagne – Puck ha vinto, quindi meglio di così! Che ce l’aspettassimo magari no, ma eravamo fiduciose, perché già all’Amstel era salita sul podio e aveva dimostrato una buona condizione. E poi come squadra abbiamo corso bene. Siamo sempre state davanti e compatte. Io dovevo cercare di coprire un po’ le fughe, ma non c’è stato poi questo gran movimento. Per il resto, dovevo assistere un po’ nel posizionamento Puck e infatti l’ho portata davanti all’imbocco del Muro d’Huy.
«Ogni tanto le parlavo e ogni volta mi rispondeva: “Bene, bene”. Ma Puck, quando è così davanti, vuol dire che ha davvero la gamba».

Anche con Sara si parla del discorso delle fuoristradiste su questo percorso, visto che anche lei è una specialista del ciclocross.

«Diciamo che siamo una squadra quasi completamente di crossiste. La multidisciplina paga, a quanto pare. Sicuramente sono nella squadra giusta per fare questo. In generale mi trovo bene in Belgio. Il discorso degli sforzi esplosivi è giusto».

Sara sta davvero assumendo una mentalità belga. Alle prime gare classiche si trova a suo agio, non teme il maltempo, passa dalla bici da cross a quella da strada con grande naturalezza.

«Sono le prime volte che faccio delle classiche vere e proprie qua in Belgio. La squadra mi sta dando molta fiducia, mi ha messo in calendario molte gare importanti. Sto imparando molto, correndo sia il cross che la strada ad alto livello. Certo, bisogna trovare un equilibrio. A fine Ardenne riposerò un po’. Faccio ancora un po’ fatica con le posizioni alle alte velocità, ma so che stiamo facendo il lavoro giusto».

Casasola, la sosta può attendere. Sanremo, poi rotta sulle Ardenne

17.03.2025
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Per chi arriva dal ciclocross, la stagione su strada è una normale prosecuzione di quella invernale. Una volta terminate le scorribande nel fango, Sara Casasola è passata al… gravel della Strade Bianche Women per il suo esordio con la Fenix-Deceuninck. E ieri è stata protagonista in fuga per più di sessanta chilometri al Trofeo Binda vinto da Balsamo.

«Ieri è andata bene – analizza Casasola con la tipica calma del mattino successivo – il mio compito era quello di andare in fuga e sono riuscita a farlo sulla prima salita del primo passaggio del circuito di Cittiglio. Significa che stavo bene di gambe. Siamo state fuori per metà gara poi ci hanno ripreso a due giri dal termine. A quel punto sono un po’ crollata perché ancora mi manca il finale di gara. Attualmente fino alle tre, tre ore e mezza di corsa sono ancora reattiva, poi mi si spegne la luce. Complessivamente sono molto soddisfatta della mia prestazione perché le mie compagne d’avventura erano tutte molto forti e il ritmo è sempre stato alto».

Nel mezzo, tra Siena e Cittiglio, la 25enne friulana aveva disputato anche il Trofeo Oro in Euro chiudendo davanti, sintomo di una condizione buona e comunque finora ben gestita. Adesso però c’è una primavera che la attende ed è proprio Casasola che ci racconta quali sono i suoi programmi prima di tirare il fiato con calma ed impostare la seconda parte.

Sara com’era andato l’avvicinamento alla Strade Bianche dopo una bella ed intensa stagione nel cross?

Il 16 febbraio ho fatto la mia ultima gara in Belgio (chiusa con la vittoria, ndr) e di comune accordo con la squadra ho fatto quattro giorni totalmente senza bici. Mi sono serviti fisicamente, ma anche tanto mentalmente per ricaricarmi. Dopodiché ho iniziato a fare tante ore di fondo, sapendo tuttavia che la mia autonomia in gara sarebbe stata ancora limitata. Infatti a Siena per due ore e mezza sono andata bene, svolgendo soprattutto i lavori per Kastelijn e Pieterse (rispettivamente sesta e settima al traguardo, ndr). Sia i miei diesse che io sapevamo che nel finale sarei calata. Una gara del genere non la puoi improvvisare, però l’ho comunque preparata e corsa con tanta motivazione.

Viste le tue doti nel fuoristrada, aver esordito alla Strade Bianche è stato più semplice del previsto?

Posso dire sicuramente che saper guidare la bici e sapere come muovermi in certe condizioni mi ha aiutato tanto ad evitare cadute nei tratti sterrati, nei quali riuscivo a recuperare posizioni. Poi certo, quando ti trovi a fare Le Tolfe a blocco, quella è un’altra cosa (sorride, ndr). Nel secondo passaggio sentivo che mancava un po’ di potenza. Tutto sommato sono contenta perché il giorno dopo a Montignoso, seppure il percorso fosse meno esigente ma con un buon livello di partenti, sono andata bene. Insomma, ho tutto il tempo per entrare in forma.

Dopo una bella stagione nel cross, Casasola ha esordito con la Fenix-Deceuninck sugli sterrati della Strade Bianche
Dopo una bella stagione nel cross, Casasola ha esordito con la Fenix-Deceuninck sugli sterrati della Strade Bianche
Il tuo calendario cosa prevede nelle prossime settimane?

Correrò la Milano-Sanremo Women poi andrò in ritiro con la squadra a Benicasim per quasi un mese a preparare le Ardenne. Dovrei rientrare il 18 aprile con la Freccia del Brabante e sulla carta dovrei correre anche Amstel, Freccia Vallone e Liegi. Il programma indicativamente è questo, ma vedremo solo più avanti.

Dopo le Ardenne per Sara Casasola ci sarà la tanto sospirata sosta per recuperare?

Sì, certo. Abbiamo previsto 10-15 giorni di pausa totale senza bici. L’idea è questa, perché abbiamo il tempo necessario per riprendere i lavori in vista del Giro d’Italia Women. In quella occasione, essendo il mio primo anno in un team WorldTour come la Fenix-Deceuninck, spero di essere di aiuto alle compagne che punteranno alla generale. Per quello che mi riguarda invece, mi piacerebbe provare a giocare le mie carte in alcune tappe.

Nell’ultima annata ti abbiamo vista più asciugata fisicamente e sei entrata in una nuova dimensione anche su strada. Pensavi di aver perso il treno giusto?

Per come va il ciclismo in generale, un corridore della mia età può essere considerato… non più giovane, per non dire vecchio (sorride, ndr). Anche nel ciclismo femminile c’è questa tendenza, però è anche vero che ci sono più occasioni per entrare in un team di alto livello. A me è capitata questa possibilità e tutto sta andando di conseguenza.

Cosa intendi?

Le motivazioni aumentano in base ai risultati o alle prestazioni e viceversa. Ora posso fare la vita da pro’ e mi sento sicuramente più serena. Probabilmente sono calata di peso proprio per questo motivo, senza dover fare diete drastiche. Lavorare con la mente più libera da certi pensieri ti aiuta a performare meglio. Bisogna avere pazienza e fiducia perché poi le cose arrivano.

La prima di Greta Marturano, rinfrancata dalla UAE…

15.03.2025
4 min
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Dopo tre anni, per Greta Marturano venne finalmente il giorno della prima vittoria. Non è un caso che sia arrivata nella seconda semitappa della prima giornata della Vuelta a Extremadura. Per la ragazza di Cantù è stata il logico epilogo di una rincorsa iniziata alla fine della scorsa stagione, cambiando team dalla Fenix Deceuninck alla UAE Team ADQ, entrando in un ambiente completamente diverso.

Lo sprint vincente di Marturano contro la norvegese Haugset, il gruppo è lontano, arriverà a 25″
Lo sprint vincente di Marturano contro la norvegese Haugset, il gruppo è lontano, arriverà a 25″

E’ come se quella vittoria se la sentisse addosso anche prima, anche se non era ancora arrivata: «Diciamo che non è arrivata completamente inattesa, perché sapevo di essere tornata dalla lunga campagna australiana con una condizione decisamente in crescita. Sentivo di avere un colpo di pedale diverso. Alla vigilia della corsa spagnola non ero la leader della squadra, poi quel giorno, il 6 marzo, sono già andata oltre le aspettative nella cronometro e nella frazione della stessa giornata ho trovato l’azione buona provando ad andar via dopo il GPM».

Che cosa pensavi mentre ti giocavi la vittoria contro la norvegese Haugset?

Vedevo che il gruppo non rimontava e ho iniziato a crederci sempre di più. La volevo fortissimamente, sapevo che ero vicina a una svolta e questo successo può anche rappresentarla, appagando tutti quegli sforzi che ho compiuto negli ultimi anni. Avevo già vinto, ma quand’ero alla Fassa Bortolo, mai da quando sono entrata nel WorldTour.

La felicità della canturina dopo la vittoria in Spagna. A 26 anni è la prima vittoria da pro’
La felicità della canturina dopo la vittoria in Spagna. A 26 anni è la prima vittoria da pro’
Forse, più che la vittoria di per sé, ha stupito il fatto che sei arrivata sul podio della classifica finale…

Non era una corsa a tappe particolarmente dura, ma chiaramente dopo la prima giornata nel team hanno deciso di puntare su di me e correre in difesa del podio. Mi ha anche aiutato il fatto che la terza tappa, quella che sulla carta doveva essere la più dura, è stata accorciata, quindi ho potuto controllare le rivali di classifica con maggior agio. Il team ha lavorato bene, non mi era mai capitato di vedere le altre che correvano per me.

Venendo dalla Fenix che ambiente hai trovato?

La prima cosa che mi ha colpito è l’estrema serenità. Si vive tutto abbinando una profonda professionalità a un’atmosfera senza stress e questo per noi è importante. Dopo due anni posso finalmente parlare con i diesse ed essere ascoltata, vedo che si preoccupano di ogni piccola cosa, che ci mettono nelle migliori condizioni per correre e questo a me piace.

Il podio finale della corsa spagnola, vinta dall’olandese Van Dijk sulla norvegese Ottestad
Il podio finale della corsa spagnola, vinta dall’olandese Van Dijk sulla norvegese Ottestad
Suona come una critica al tuo team precedente…

No, non posso dire che mi sia trovata male, solo che era un ambiente diverso, molto “olandese”. C’è un modo di vivere questo mondo in maniera diversa, più rigido e freddo. Alla UAE ho trovato non solo compagne, ma anche amiche.

Si dice che molto sia cambiato da quando è arrivata Elisa Longo Borghini, con il suo carisma e la sua determinazione…

Io non ho ancora avuto occasione di correrci insieme, ma venendo da un altro team posso dire che c’è un fortissimo spirito di corpo, che non si estrinseca solo in corsa. Ci frequentiamo anche fuori, questo conta molto perché facciamo gruppo. Così accade che sono particolarmente contenta quando il mio lavoro si traduce in buoni risultati di squadra e magari nella vittoria di una mia compagna e ho visto che lo stesso è per le altre quando è toccato a me essere la “punta”.

A cronometro, lo stesso giorno, la Marturano aveva già palesato un’ottima forma finendo 15esima
A cronometro, lo stesso giorno, la Marturano aveva già palesato un’ottima forma finendo 15esima
Quanto influisce in tutto ciò il fatto che una buona metà del team è italiano? E’ vero che la licenza è estera, ma la mano tricolore si sente?

Sì, anche se chiaramente considerando le tante ragazze straniere ci si parla tutte in inglese, ma il fatto che ci siano molte italiane nel team aiuta molto, ci unisce un po’ quello spirito latino che trascina anche le altre. Io credo che tutti questi fattori siano alla base dei nostri risultati, ma certamente non vogliamo fermarci qui.

Che cosa ti attende ora?

Per adesso non ho un programma definito, so solo che in teoria ci dovrebbe essere almeno un grande giro all’orizzonte e per me rappresenterebbe un altro traguardo raggiunto, anche solo per il fatto di poter lavorare per una leader della squadra. Mi sento molto più libera, anche mentalmente ora che mi sono tolta il peso di non aver ancora messo il mio marchio su una gara dopo anni di sacrifici. Ho dimostrato che ci sono anch’io…

Shimano rinnova (fino al 2032!) con Alpecin-Deceuninck 

04.03.2025
4 min
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Shimano rafforza il proprio impegno nel ciclismo professionistico attraverso l’estensione fino al 2032 della propria partnership con il team Alpecin-Deceuninck e il suo corrispettivo femminile Fenix-Deceuninck. Questo rinnovo, che porta la collaborazione a un totale di 24 anni, non è solo una sponsorizzazione di materiali, ma un’alleanza strategica basata sull’innovazione tecnologica e sulla ricerca dell’eccellenza sportiva.  

Fin dal suo inizio, nel 2009, questa partnership ha supportato i team nell’utilizzo e nello sviluppo delle tecnologie Shimano su strada, gravel, ciclocross e Mtb XCO. Il prolungamento dell’accordo assicura dunque che le squadre continueranno a beneficiare della tecnologia Shimano nelle prossime stagioni, con un focus sull’ottimizzazione delle performance e sulla continua evoluzione dei componenti.  

Stagione… iridata

L’ultima stagione ha registrato risultati straordinari per entrambi i team, con quattro titoli mondiali conquistati. Tra le vittorie più significative, spicca quella della giovane Puck Pieterse, che ha vinto il titolo iridato nell’XCO femminile a Pal Arinsal, Andorra, oltre al titolo mondiale su strada nella categoria under 23 ai Campionati del Mondo di Zurigo. Non da meno il “collega” Mathieu van der Poel, che ha siglato una doppietta storica, conquistando il suo primo titolo mondiale gravel e difendendo il titolo di campione del mondo di ciclocross, eguagliando così il record del belga Eric De Vlaeminck, icona della disciplina tra gli anni ’60 e ’70.  

Il rinnovo della partnership include anche un supporto personalizzato per Mathieu van der Poel e Puck Pieterse. Per Van der Poel, l’accordo avrà una durata di otto anni, mentre Pieterse beneficerà del supporto di Shimano per quattro stagioni.  

«Le partnership a lungo termine con marchi chiave, che hanno un ruolo significativo nelle mie prestazioni, sono fondamentali per me – ha dichiarato Van der Poel – non a caso è dal 2011 che utilizzo esclusivamente Shimano. Poter contare sui suoi componenti in tutte le discipline lo considero davvero un vantaggio enorme».

Innovazione e qualità

Il rinnovo dell’accordo conferma la filosofia di Shimano, che va oltre il semplice concetto di sponsorizzazione.

«Siamo impegnati a supportare non solo un team – ha commentato Yuzo Shimano, Senior Executive Officer dell’azienda – ma una visione del ciclismo che combina prestazioni atletiche superiori con componenti e innovazione di altissima qualità».

Dal canto loro, Christoph e Philip Roodhooft, i responsabili della gestione del team Alpecin-Deceuninck, hanno sottolineato il valore della fedeltà reciproca: «Shimano è con noi dal 2009, supportandoci nel percorso da un piccolo team continental di ciclocross a un WorldTeam multidisciplinare di livello mondiale. Rinnovare questa partnership per altri otto anni è una testimonianza della fiducia e dei valori condivisi».  

Per le prossime stagioni, i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck continueranno a utilizzare le più avanzate tecnologie Shimano, come i gruppi completi Dura Ace Di2 e XTR e le scarpe S-Phyre. Shimano e Alpecin-Deceuninck hanno già collaborato a numerosi sviluppi tecnologici nel corso della loro lunga relazione. L’estensione dell’accordo sottolinea quanto Shimano punti sull’innovazione e sul futuro del ciclismo professionistico, continuando a essere un riferimento fondamentale per le squadre di alto livello.  

Shimano

Dall’Italia al Belgio, la scelta di Fenix che crede nel ciclismo

01.01.2025
5 min
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MILANO – In quel costante arrovellarsi sull’assenza di grandi sponsor (italiani) nel ciclismo italiano, il fatto che in Belgio ci sia una squadra WorldTour femminile di primo nome italiano come Fenix provoca una serie di prevedibili riflessioni. Poco aiuta aver scoperto che alle spalle di Fenix ci sia una holding olandese. Al contrario, la consapevolezza di ciò amplifica il senso di disagio. In Olanda il ciclismo è percepito così tanto come un terreno su cui investire, da aver spinto una società italiana controllata a metterci il nome e le risorse. Chissà quante aziende ne avrebbero i mezzi, ma non lo fanno perché nessuno sa spiegargliene i vantaggi.

Per questo incontrare Sandro Marini, Art Director presso Arpa Industriale e riferimento di Fenix per il marketing, aiuta a far luce su ciò che rende appetibile il ciclismo per l’azienda di Bra che ha iniziato nel 2023 e fino al 2027 sarà primo nome della Fenix-Deceuninck. Nel 2020 e nel 2021 era stata anche il secondo nome sulla maglia di Mathieu Van der Poel. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione di Annemiek Van Vleuten come coach della squadra olandese e ci ha colpito, come abbiamo già raccontato, assistere alla presenza numerosa di giornalisti venuti dal Belgio e dall’Olanda in casa di uno sponsor italiano

Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Perché il ciclismo?

Abbiamo iniziato questo interessante viaggio nel 2020 insieme alla allora Alpecin-Fenix. Fenix produce un materiale che riveste le superfici per gli elementi d’arredo, delle cucine, dei tavoli, di tutto quello che si può coprire. La Fenix ha sede a Bra, quindi è un’azienda italiana, ma condividiamo i valori della squadra di Philip Roodhooft. Il fatto di arrivare a loro è dipeso dalla holding, ma anche dalla passione e dall’aver scoperto in loro i nostri stessi valori aziendali. Ci siamo piaciuti e abbiamo voluto mettere il nostro marchio sulla squadra.

Un’esperienza che funziona a livello di conoscenza del marchio?

Molto, molto. Più di tutto ci piace il fatto di essere associati a una squadra che ha un percorso molto bello di successi. Ci dà grande soddisfazione e permette di incrociare mondi che possono sembrare totalmente diversi, totalmente avulsi. Sui social abbiamo ricevuto commenti da persone che hanno una cucina Fenix e si sono accorte che i loro ciclisti preferiti corrono con Fenix e di conseguenza trovano la loro cucina ancora più bella. Poi c’è anche l’aspetto della comunicazione più pura, ma noi siamo molto contenti anche del riscontro immediato del semplice accostamento del nome alla squadra.

Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Fino al 2028 con le donne, prima con Van der Poel: c’è una grossa differenza di impatto?

Ovviamente sì, sono due cose diverse, ma devo dire che con la squadra femminile c’è ancora più partecipazione. C’è più empatia e troviamo le porte aperte. Quella di affiancare le ragazze è stata una bella scelta ed è il nostro solo impegno nel ciclismo. Al momento siamo con loro con questa sponsorizzazione. Uno dei nostri valori è essere focalizzati sul progetto e ora vogliamo dare loro il nostro supporto affinché possano fare risultati migliori e diventino delle atlete bravissime. E poi c’è l’aspetto umano e sociale.

Vale a dire?

Quando ci coinvolgono anche in gare completamente diverse, tipo la Gran Fondo Bra-Bra, è un momento di festa. Si incrociano persone, è venuto Adrie il papà di Van Der Poel. Sono venute le ragazze e si crea sempre un bel clima.

Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Quando nasce il marchio Fenix?

Come prodotto nasce nel 2013, abbiamo festeggiato dieci anni lo scorso anno. E’ un prodotto che ha rivoluzionato il mondo dell’interior design grazie alle sue caratteristiche di opacità, soft touch, riparabilità e anti-impronta. Il nome Fenix viene proprio dall’araba fenice che col calore si rigenera, proprio come le superfici che produciamo. Grazie a queste caratteristiche Fenix ha dettato un nuovo standard che in dieci anni ha avuto un notevole successo in tutto il mondo dell’interior design, dalle cucine agli elementi di arredo con le marche più prestigiose.

L’azienda è nata a Bra?

L’azienda che c’è alla base di tutto, Arpa Industriale, è nata nel 1954, quindi quest’anno ha festeggiato i 70 anni. L’anno scorso i 10 anni di Fenix, quest’anno i 70 anni di Arpa. E’ nata a Bra perché i proprietari e i fondatori erano di Bra. Inizialmente produceva laminato, che era il materiale smart, anche se era fatto con tanti strati di carta. Quindi è nato tutto da una famiglia braidese, ma nel 2008 è avvenuta l’acquisizione da parte della holding olandese e da lì è iniziato un nuovo percorso di azienda, con lo sviluppo di prodotti come Fenix.

Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur
Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur

Nella Fenix-Deceuninck corre Puck Pieterse, campionessa del mondo U23 e miglior giovane all’ultimo Tour. C’è Ceylin Del Carmen Alvarado, star del ciclocross e c’è anche Pauliena Rooijakkers, terza all’ultimo Tour de France. La squadra corre con bici Canyon ed è vestita da Alé Cycling, altra eccellenza italiana. Per ora le ragazze stanno correndo nel cross, ma presto sarà tempo di tornare su strada. Portando in giro per il mondo il marchio di un’azienda piemontese che ha scelto di crederci.

Belgi e olandesi in massa a Milano, per Fenix e Van Vleuten

21.12.2024
6 min
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MILANO – Per avere l’idea di quanto sia popolare il ciclismo fra Belgio e Olanda, basti pensare a quanto è accaduto ieri a Milano. Ci era arrivato un invito da parte di Nico Dick, il press officer della Alpecin-Deceuninck, per la presentazione a Milano della Fenix-Deceuninck. Appuntamento alle 10,30 nello showroom di Fenix in via Quintino Sella, alle spalle del Castello Sforzesco. Alle 12, a due fermate della “metro verde”, ci sarebbero stati la conferenza stampa del presidente federale Dagnoni e poi il Giro d’Onore.

Quando alle 10,20 il locale si riempie degli inviati belgi e olandesi, che di solito incontriamo nelle grandi corse, ci viene il sospetto di qualcosa di grosso. Uno di loro infatti, giornalista di Wielerfiets, ci dice di sfuggita che sarà presente un grosso nome, ma non sanno chi. E per questo sono partiti in blocco da casa. Poi aggiunge che il grosso nome magari è tale per loro e non per noi. Incuriositi continuiamo ad aspettare, ma convinti di fargli una gentilezza diciamo a tutti che di lì a poco ci saranno a disposizione della stampa personaggi come Ganna, Viviani, i fratelli Consonni, Guazzini, Balsamo e tutto il ben di Dio del Giro d’Onore. Credete che uno solo di loro si sia mosso da lì?

Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten
Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten

Sorpresa Van Vleuten

Il grosso nome effettivamente c’è ed è quello di Annemiek Van Vleuten. L’olandese si è ritirata alla fine del 2023 a 41 anni. Si è data un gran da fare nel gravel e alla fine ha accettato l’offerta di Philip Roodhooft, team manager della squadra belga, perché ne diventi un po’ coach, un po’ ispiratrice e un po’ anche talent scout. Con quattro titoli mondiali, un oro olimpico a crono, la vittorie del Tour, di 4 Giri d’Italia e di 2 Vuelta Espana, oltre a 2 Fiandre, 2 Liegi, 2 Strade Bianche e 2 Omloop Het Nieuwsblad, Annemiek è considerata una delle dei migliori cicliste di sempre.

«E’ soprattutto un investimento – dice Roodhooft, presente a Milano – per raggiungere risultati migliori. La squadra ha lottato, ma manca qualcosa perché arrivi dove vorremmo. Il ruolo di Annemiek è difficile da inquadrare, ma non è indefinibile. Ad esempio, nella nostra squadra abbiamo un’atleta come Carina Schrempf, che due anni fa correva gli 800 metri. Non ha parenti che le abbiano insegnato ad andare in bicicletta, per cui si tratta di un processo per il quale se va bene servono cinque anni. Con Annemiek in squadra ad esempio, possiamo accelerare questo processo di apprendimento. In più può insegnare alle ragazze a correre in modo più intuitivo, prendendo l’iniziativa e fiducia in se stesse. Finora tutte le tattiche sono affidate al direttore sportivo, sarebbe bello che durante un’intervista l’atleta fosse capace di dire di essere scattata perché ha visto un’occasione».

Chiamata a primavera

Lei è rimasta per tutto il tempo seduta e silenziosa. Ha scattato foto quando Alessia Piccolo ha presentato le maglie in tre colori e anche quando lo stesso Roodhooft ha raccontato gli obiettivi di un team che ha consolidato il rapporto con Fenix fino al 2027. Solo quando lo chiamano sullo sgabello, inizia a raccontare la sua versione.

«Dopo la primavera, che è stata un po’ deludente in termini di vittorie – dice – ho ricevuto una telefonata da Philip Roodhooft. Mi ha detto: “Sentiamo che abbiamo ancora bisogno di qualcosa per aiutare le ragazze a fare il passo decisivo. Pensiamo che tu possa aiutarci”. Questa è una grande opportunità per me. Sapevo di non voler fare il direttore sportivo, perché penso che altri siano tatticamente più bravi. E non volevo nemmeno essere un allenatore. Quindi questo ruolo libero mi piace molto.

«Credo che la squadra abbia delle individualità molto forti – dice – di cui ancora non c’è consapevolezza. Prendo il mio esempio. Ho scoperto casualmente che potevo essere uno scalatore. Volevo andare ai Giochi di Rio ed è per questo che ho iniziato ad allenarmi forte in salita. Se qualcuno avesse espresso prima la sua fiducia nelle mie qualità, per me avrebbe fatto una grande differenza. Sarò una sorta di performance coach, sarà un viaggio di scoperta per me e per la squadra. Sicuramente ne ragionerò insieme alle atlete e vedrò come ottenere il meglio da ciascuna di loro e da tutta la squadra».

Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong
Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong

Tre atlete al massimo

Andando avanti con le domande, viene fuori però che il suo non sarà un impegno ad ampio raggio, ma piuttosto focalizzato su due atlete: Puck Pieterse e Pauliena Rooijakkers, la giovanissima star del fuoristrada ma vincitrice di una tappa al Tour e la terza dell’ultima Boucle.

«L’idea è di lavorare specificamente con tre ragazze – specifica però Van Vleuten – ma non è ancora del tutto noto quali saranno. Mi unirò alla squadra al ritiro di gennaio e conoscerò tutti. Potrei certamente lavorare con Puck, ma prima dovrà concludere la sua stagione di cross, per cui per ora la lasceremo in pace. Certamente in lei vedo una potenziale vincitrice del Tour. Ha molto talento, che però deve essere instradato. Deve scoprire se stessa. E penso che lo farà scegliendo dove vuole veramente eccellere. In questa squadra la priorità è che sia il corridore a fare la scelta e che riesca anche a divertirsi».

Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn
Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn

Più o meno una mental coach

Due parole Van Vleuten le riserva anche a Pauliena Rooijakkers, che ha 31 anni e non avrebbe mai immaginato di essere all’altezza di un podio al Tour de France.

«Da quando sono stata contattata nella scorsa primavera – spiega Van Vleuten – ho iniziato a seguire Pauliena con un po’ più di interesse. Mi rivedo molto in qualcuno che ha iniziato a scoprirsi come corridore di classifica già da grande. Parlandone e ragionando con lei, potremmo essere in grado di accelerare il suo processo. A volte questo significa semplicemente darle fiducia. Negli ultimi anni di carriera, mi è capitato di sedermi con il mio allenatore, cercando di capire quale potesse essere il mio ruolo. Ho anche studiato psicologia dello sport, perché penso che in questo momento sia la parte più interessante e quella in cui il mio contributo possa essere maggiore. Sono stata in gruppo per 18 anni, sarebbe brutto perdere la mia esperienza, vorrei trasmetterla alle ragazze più giovani».

Attirati da altri grossi nomi decisamente più azzurri, alle 11,45 abbiamo lasciato lo showroom Fenix, proprio nel momento in cui stavano arrivando i primi piatti del pranzo. La giornata era ancora lungi dal finire, gli amici del Nord stavano ultimando le loro interviste e si avvicinavano al buffet.

A tu per tu con la Pieterse, con un obiettivo leggendario

19.11.2024
7 min
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Una stagione sempre a tutta, saltando da una bici all’altra. Perché nella carriera di Puck Pieterse nulla è normale. Diciamoci la verità: nessuna è ciclista come la 22enne di Amersfoort, che dal ciclocross passa alla strada, poi alla mtb, poi al gravel, con un denominatore comune: vincere. Quest’anno ha vinto il titolo mondiale nella mtb insieme a quello europeo e a 3 successi in Coppa del Mondo (di cui 2 nello short track), 3 tappe di Coppa nel ciclocross con il bronzo iridato, una tappa al Tour de France su strada e il 4° posto ai mondiali gravel.

Tra tante discipline proprio la strada è risultata quella più penalizzata, con poche apparizioni che hanno però dimostrato chiaramente come abbia mezzi straordinari che possono portarla a emergere, tanto da chiudere alle porte della Top 10 nella Grande Boucle pur con una preparazione specifica quanto mai sommaria. Ora però l’olandese è di fronte a un bivio: in apertura di quadriennio olimpico, come orientarsi?

Su strada la Pieterse ha corso solo per 17 giorni, ma centrando la Top 10 ben 12 volte con un successo
Su strada la Pieterse ha corso solo per 17 giorni, ma centrando la Top 10 ben 12 volte con un successo

Dopo una stagione così stressante ha avuto bisogno di un po’ di tempo per rilassarsi e riflettere, chiudendo i ponti con tutti, ma poi, prima di tornare in sella e iniziare la preparazione, ha accettato di sottoporsi a una serie di domande, senza nascondere nulla.

Sei forse la più poliedrica fra le cicliste internazionali: fra ciclocross, strada, mtb, gravel qual è la disciplina che ti piace di più?

È davvero difficile scegliere. Mi vedo più come una ciclista in generale, senza distinzioni. Magari con un focus su mountain bike e ciclocross che per ora mi si addicono di più. La mountain bike è quella che mi ha dato i migliori risultati, ma per ora. E’ una lotta serrata tra tutte e devo dire che fare gravel è stato sicuramente divertente, ma penso che non ci sia abbastanza tempo nella stagione per farne molto di più di quanto ho fatto l’anno scorso.

Il trionfo iridato di mtb ad Andorra, la ciliegina sulla torta della sua stagione (foto Boris Beyer)
Il trionfo iridato di mtb ad Andorra, la ciliegina sulla torta della sua stagione (foto Boris Beyer)
Hai vissuto una stagione lunghissima e ricca di soddisfazioni: qual è stata la più grande?

Sicuramente ai campionati del mondo di mtb ad Andorra. E’ stato davvero speciale vincere quella maglia iridata. Ma nel cuore porterò sempre le emozioni vissute alle Olimpiadi. Quella è stata l’esperienza più grande da provare.

Su strada hai potuto gareggiare solo per 17 giorni ma con una costanza di risultati eccezionale: che cosa hai appreso dalla tua esperienza su strada?

E’ una specialità completamente diversa dalle altre. Ho capito che serve essere un po’ più paziente, non giocare troppo con la mia potenza all’inizio della gara. Lasciare che anche gli altri facciano un po’ di lavoro. Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare perché su strada bisogna dosare le proprie energie, sfruttare i momenti giusti, non si va sempre a tutta. Bisogna saper guidare, sfruttare il lavoro degli altri, conservare sempre un po’ di energia per un potenziale sprint.

La vittoria della Pieterse nella tappa del Tour a Liegi, battendo Vollering e Niewiadoma
La vittoria della Pieterse nella tappa del Tour a Liegi, battendo Vollering e Niewiadoma
Nel 2025 quali discipline farai oltre alla strada?

Non cambierà molto rispetto al 2024, penso di combinare di nuovo mountain bike, ciclocross e strada, quindi inizierò l’anno 2025 con il ciclocross, poi alcuni giri in bici su strada, in seguito mi dedicherò alle classiche primaverili e poi tornerò alla mountain bike per il resto della stagione con probabilmente il Tour de France nel mezzo. E’ una formula che in fin dei conti mi ha portato bene, perché cambiare?

Quanto è importante essere in un team come la Fenix Deceuninck che permette di fare altre specialità? Non è una cosa comune in tutti i team WorldTour…

Sì, e penso che il “rimescolamento” sia davvero uno dei segni distintivi di questa squadra. È davvero bello poter fare tre discipline diverse e come anche loro supportino davvero questa scelta originale, per me come per altri. Come se conoscessero le mie ambizioni e volessero davvero aiutarmi nell’ottenere i miei obiettivi e questo mi dà molta libertà e meno pressione. In altri team so che non è così. Per me è qualcosa di speciale, che funziona, che mi dà stimoli di cui ho bisogno. Loro hanno un background diverso, interpretano il ciclismo in maniera globale, apprezzano che i loro corridori facciano più discipline.

Nel ciclocross l’olandese viene dal bronzo iridato Elite. Ai prossimi mondiali correrà forse fra le U23
Nel ciclocross l’olandese viene dal bronzo iridato Elite. Ai prossimi mondiali correrà forse fra le U23
Nel 2025 ci si attende molto da te, soprattutto nelle Classiche del Nord: quali sono quelle che si addicono più alle tue caratteristiche?

Non so ancora quale mi si addice di più perché ho conosciuto solo quelle delle Fiandre, credo che per dare una risposta compiuta ho bisogno di fare più esperienza. Sicuramente mi sono trovata bene nelle prove che ho disputato, finire sesta al Giro delle Fiandre non è cosa da poco. Forse il percorso della Liegi mi si addice di più con salite più lunghe, ma non troppo perché per durata e intensità ricordano molto gli sforzi che si compiono in un cross country. Io mi ritengo abbastanza uno scalatore, quindi dovrebbe essere un tracciato che mi si adatta bene.

Ti vedi più forte nelle corse d’un giorno o anche nei grandi giri?

Finora ho fatto solo un grande giro, quindi non so cosa mi riserverà il futuro, ma ho capito che per competere al più alto livello in quel tipo di corse bisogna concentrarsi solo su quello. Quindi adattare alcune cose in allenamento e prepararmi di conseguenza. Ma penso che è sicuramente possibile per le mie caratteristiche emergere in una grande corsa a tappe. Per ora e penso anche per i prossimi anni mi concentrerò sulle gare di un giorno per fare davvero bene lì.

L’olandese nella gara olimpica di Parigi è stata medaglia virtuale a lungo, cedendo però nel finale
L’olandese nella gara olimpica di Parigi è stata medaglia virtuale a lungo, cedendo però nel finale
Anche tua sorella Isa corre su strada e nel ciclocross: chi ha influenzato l’altra e anche lei seguirà le tue orme approdando nel WorldTour?

In realtà abbiamo iniziato un po’ nello stesso periodo, pedalando nella foresta con mio padre quando eravamo ragazzine. Così ci siamo iscritte al club ciclistico locale. Io ho iniziato prima a competere, ma anche lei vuole farlo. Anche se ha due anni più di me, ma ci alleniamo spesso insieme. E già il fatto che se ne parli mi fa piacere… Lei comunque ha altri obiettivi, lavora per diventare un agente immobiliare. Quindi per lei il ciclismo è più una seconda attività.

Quanto ti ha fatto male perdere il podio olimpico per pochi secondi dopo essere stata protagonista per tutta la gara?

È stato un peccato, ovviamente e quel quarto posto mi ha fatto male. Ma non posso farci niente ora. Cose del genere succedono, fanno parte dello sport. E ovviamente fanno male, soprattutto quando è una gara così importante. Ma devi solo guardare avanti e prendere gli aspetti positivi. Infatti avevo una grande condizione per il Tour de France e ho potuto sfruttarla.

La sfida con la rivale Van Empel sarà nella tappa di Coppa a Namur, dove nel 2023 fu seconda
La sfida con la rivale Van Empel sarà nella tappa di Coppa a Namur, dove nel 2023 fu seconda
Nel ciclocross stanno un po’ mancando le emozioni delle tue sfide con la Van Empel: quando vi rivedremo a confronto?

Penso che la prima volta che ci incontreremo sarà a Namur, il 15 dicembre. Quella tappa di Coppa del Mondo è una gara piuttosto prestigiosa e difficile da fare, con un bel po’ di salita. Quindi non vedo l’ora di affrontare lei e le altre, anche Ceylin e Lucinda (Alvarado e Brand, ndr) che sono super forti in questo periodo. Essere parte di quella battaglia sarebbe già molto bello.

Pensi sia possibile ripetere il record della Ferrand Prevot, iridata nello stesso periodo in 3 discipline diverse?

Io dico di sì, già quest’anno, tuttavia va considerato che sono ancora Under 23, quindi sarà un po’ più facile o una versione in miniatura di quello che Pauline ha fatto qualche anno fa, ma è sicuramente un obiettivo interessante a cui pensare. Ed è nella mia mente che forse un giorno potrò riuscirci e magari fare anche meglio aggiungendo il gravel, ma penso che affinché accada qualcosa del genere, devi essere anche fortunata durante i campionati. Come si è visto per me alle Olimpiadi basta un nulla che cambia tutto.