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Tejay in ammiraglia per tentare il colpaccio con la EF

02.05.2023
6 min
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BRUNICO – Il preannunciato dualismo Evenepoel-Roglic che dovrebbe attirare l’attenzione maggiore al Giro d’Italia potrebbe essere spezzato da tanti altri contendenti. Leggendo la lista dei partenti, non mancano le formazioni che possono inserirsi nella lotta al podio finale. Fra queste c’è la EF Education-EasyPost che con i suoi uomini ha tutte le credenziali per sparigliare le carte in tavola.

Sull’ammiraglia rosa del team statunitense ci sarà Tejay Van Garderen (in coppia con Matti Breschel), uno che di gare a tappe se ne intende. Il 35enne nativo di Tacoma, comune dello Stato di Washington, è diventato diesse della squadra con cui ha chiuso la carriera e con la quale vuole provare ad arrivare dove non è riuscito lui. Al recente Tour of the Alps lo abbiamo incrociato ogni giorno, scambiandoci più di una chiacchiera. Ne è saltato fuori un quadro generale sulla sua nuova vita e sull’imminente Giro.

Van Garderen sta lavorando a stretto contatto con Carthy e spera possa fare una grande carriera
Van Garderen sta lavorando a stretto contatto con Carthy e spera possa fare una grande carriera

Avvicinamento al Giro

La stagione della EF Education-EasyPost si può già ritenere molto buona. Dieci vittorie (aperte da Bettiol in Australia) ottenute con sette atleti diversi, senza contare i quattro titoli nazionali tra Sudamerica e Sud Africa vinti con altrettanti corridori. L’ultimo appuntamento prima del Giro è stato proprio il “TotA”.

«Il nostro Tour of the Alps – racconta Van Garderen – è andato alla grande. La Ineos-Grenadiers è stata super forte, ma ognuno dei nostri ragazzi ha provato a mettere in piedi una bella sfida con loro e con le altre squadre. Abbiamo chiuso la generale con il secondo posto di Carthy ed il quarto di Cepeda. Poi all’ultima tappa abbiamo messo la ciliegina sulla torta con la vittoria di Carr e la seconda piazza di Steinhauser. Quindi non abbiamo molto di cui lamentarci. Al Giro sappiamo che sarà tutto diverso, ma abbiamo finito con diverse indicazioni interessanti».

Rigoberto Uran sarà l’altra punta per la generale al Giro, dove ha ottenuto due podi e due vittorie di tappa (foto EF Education/Getty)
Rigoberto Uran sarà l’altra punta per la generale al Giro, dove ha ottenuto due podi e due vittorie di tappa (foto EF Education/Getty)

Obiettivo rosa

Storicamente la EF ha sempre sfoggiato livree ad hoc e molto originali per i grandi Giri. Anche se non c’è alcuna ufficialità, facile attendersi qualche cambiamento cromatico sui due blocchi di tonalità rosa che caratterizzano la loro maglia di gara durante l’annata. Ovviamente Van Garderen e soci si augurano che il rosa possa essere il colore da indossare il 28 maggio a Roma.

«Al Giro – spiega Tejay in modo molto semplice – avremo obiettivi multipli anche se quello principale sarà la classifica generale. La cureranno Carthy e Uran, che partono come capitani mentre un cacciatore di tappe sarà senz’altro Cort Nielsen. Dobbiamo ancora sciogliere qualche riserva per la nostra formazione. Di sicuro c’è che avremo più di una direttiva e più di una pressione da parte del diesse numero uno (Charlie Wegelius è il responsabile del reparto, ndr). Studieremo diverse tattiche di gara in base agli uomini che porteremo e giorno dopo giorno. Ci saranno sicuramente corridori che dovranno lavorare per le nostre punte. Siamo fiduciosi perché tutto è possibile».

Erede in corsa

Se Uran, pur avendo perso lo smalto dei giorni migliori, rappresenta un “usato sicuro” grazie ai podi ottenuti anni fa a Giro e Tour, Carthy può considerarsi ancora un atleta da scoprire nonostante abbia già 28 anni. Il magro “lungagnone” britannico vorrebbe ripetere il terzo posto finale della Vuelta 2020 e contemporaneamente migliorare la quasi progressiva escalation di piazzamenti nella top ten al Giro.

«Hugh mi somiglia molto fisicamente – prosegue Van Garderen con un mezzo sorriso sulle labbra – ma non credo possa essere considerato un mio erede. Siamo simili, ma alla fine abbiamo caratteristiche un po’ diverse. Lui è decisamente molto più scalatore di quanto lo fossi io, mentre io andavo più forte a cronometro. Relazionandomi con lui però ho potuto capire come si sente in corsa, come gli piace correre. Spero potremo continuare in questo modo. So che mi renderà super felice e sinceramente spero che possa avere una carriera migliore della mia. Sono contento e orgoglioso di quello che ho fatto, ma ormai appartiene al passato. Il mio obiettivo del presente è rendere più sicure altre persone col mio lavoro e far ottenere loro, come ad esempio a Hugh, più successi possibile».

Hugh Carthy al Giro vuole salire sul podio come alla Vuelta 2020 (foto EF Education/Getty)
Hugh Carthy al Giro vuole salire sul podio come alla Vuelta 2020 (foto EF Education/Getty)

Vita da diesse

Fa un certo effetto vedere Van Garderen nel ruolo di diesse. Sembra ancora un corridore, tra le fila della EF ha un paio di ragazzi più vecchi di lui e non ce lo immaginiamo mentre rimbrotta severamente i suoi a fine gara. Ma è solo una questione di approcci ad un nuovo impiego.

«Mi piace tanto fare il diesse e mi diverto – continua nella spiegazione l’attuale diesse della EF Education – mi sembra di essere un regista, che deve essere un po’ audace. Sento che è un lavoro in cui posso sia portare la mia esperienza da atleta e sia impararla da chi fa questo mestiere da più tempo di me. Posso aiutare i miei corridori per la loro carriera. Sto insegnando a loro tante cose. Quale può essere la tattica più facile o come gestire la pressione. Oppure ancora a non preoccuparsi di quello che fanno o dicono gli altri. Devono concentrarsi su se stessi. Tutte cose che ho imparato dalla mia carriera. Chissà cosa avrei potuto fare diversamente se avessi avuto più saggezza o esperienza. Questo è importante da far capire ai corridori di oggi».

La gioia di Ortisei

Le frazioni del Tour of the Alps suscitano ricordi al Van Garderen corridore. Lui ha disputato solo due volte il Giro d’Italia perché era più adatto ai disegni del Tour de France (nove partecipazioni e due quinti posti finali) ma il successo più bello lo ha conquistato da noi. E’ il 25 maggio del 2017, Van Garderen si scalda sui rulli di nascosto dagli occhi indiscreti dietro al bus dell’allora BMC perché vuole andare in fuga già al pronti-via. Ha le ultime possibilità per dare un cenno di presenza a quella edizione del Giro.

«Amo assolutamente questa zona in cui ho vinto – conclude Tejay mentre con lo sguardo sembra indicare tutte le montagne attorno – pensate che quando ho finito la mia carriera ho fatto due camps proprio in cima a Passo Gardena. Amo le Dolomiti. Quel giorno di sei anni fa ho conquistato una tappa bellissima con Pordoi, Falzarego, Valparola e Gardena. Non avevo una grande condizione in quel periodo. Avevo sofferto tanto in tutte le tappe ma ero riuscito a finire con una buona forma, trasformando quella tappa in un giorno speciale. Da allora questi posti hanno un posto speciale nel mio cuore».

Ritorno a Cittadella negli appunti di Lachlan Morton

14.11.2022
4 min
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La sola volta in cui Lachlan Morton aveva partecipato a un mondiale fu nel 2015 a Richmond, ma neppure in quel caso indossò la maglia della nazionale australiana. Corse infatti la cronosquadre per club con la Jelly Belly p/b Maxxis e si piazzò al 20° posto a 3’42” dalla BMC in cui correvano anche Quinziato e Oss. Lo stesso Daniel Oss che nel giorno del mondiale gravel di Cittadella, ha preso il largo dopo 30 chilometri, conquistando l’argento alle spalle di Vermeersch. Lachlan Morton c’era, questa volta però con la maglia della nazionale australiana, e ha chiuso al 18° posto a 6’29” dal vincitore.

Nel 2022 per Morton, solo 5 corse su strada. Lo scorso anno 19: qui al Tour of the Alps
Nel 2022 per Morton, solo 5 corse su strada. Lo scorso anno 19: qui al Tour of the Alps

Tutt’altro che invisibile

Lachlan Morton, corridore della Ef Education-Easy Post, ormai non lo trovi più nei siti di statistiche del ciclismo su strada. Stando a quelli, il suo 2022 è iniziato a febbraio alla Clasica Jaen Paraiso Interior e finito con le quattro tappe del Gran Camino. In realtà, poche settimane dopo, appreso dell’invasione russa in Ucraina, l’australiano ha dato via ad una non stop in cui ha percorso 1.064 chilometri in 42 ore da Monaco a Korczowa-Krakovets, sul confine fra Polonia e Ucraina, raccogliendo oltre 250.000 euro per i rifugiati ucraini.

L’anno precedente, Lachlan aveva creato l’Alt Tour, che lo ha visto percorrere tutte le tappe del Tour de France, oltre ai trasferimenti e senza supporto. Un totale di 5.500 chilometri, l’arrivo a Parigi 5 giorni prima del Tour e soprattutto oltre 700.000 dollari raccolti per il World Bicycle Relief.

«Molte persone – racconta – sono entrate in contatto con me grazie a questo tipo di impresa. La maggior parte delle volte in cui corro su strada, non mi sento come se fossi davvero importante per qualcuno, come se mancasse qualcosa. Forse l’idea del viaggio. Invece trovo eccitante attraversare luoghi in cui non avevo mai pensato di andare e che non rientrano fra le rotte tipiche del ciclismo».

Morton Polonia 2022
Marzo 2022, sulla via del confine polacco, durante la sua raccolta fondi per i rifugiati ucraini
Morton Polonia 2022
Marzo 2022, sulla via del confine polacco, durante la sua raccolta fondi per i rifugiati ucraini

Un giorno diverso

Al via di Vicenza, quest’uomo dal grande coraggio e ideali non banali, si è ritrovato in gruppo per dare al gravel un’altra dimensione. Dopo anni di partecipazioni alle gare ultra in America e Spagna, in cui si scalano dislivelli pazzeschi in tempi dilatati, il format della corsa in linea poteva risultare per lui poco affascinante. Invece il giudizio di Lachlan è stato di segno opposto

«E’ stato sicuramente molto diverso – ha detto – dal mio solito. Ho pensato che i primi 50 chilometri siano stati disegnati insieme molto bene e poi ho pensato che il percorso avrebbe potuto essere migliore per la parte restante. Ma nel complesso, ritengo che sia stato un buon evento. Il livello era davvero alto, uno stile di corsa molto diverso. Penso che questo tipo di terreno si presti a ottime gare, mentre quelle negli Stati Uniti si svolgono solo su grandi strade sterrate».

Durante il mondiale gravel in scia del compagno di nazionale Nathan Haas, altro esperto di gravel
Durante il mondiale gravel in scia del compagno di nazionale Nathan Haas, altro esperto di gravel

Il WorldTour e il gravel

Il dubbio sul percorso aveva assalito i puristi della specialità, ma è stata l’UCI stessa a indicare a Pozzato, che ha organizzato il mondiale gravel con la sua PP Sport Events, un limite di dislivello, visto anche l’elevato chilometraggio. Tanto che lo stesso Morton alla fine ha compreso le necessità degli organizzatori e se ne è andato con un sorriso soddisfatto.

«L’inizio della gara – ha confermato – è stato più interessante di qualsiasi altra gara che io abbia fatto negli Stati Uniti. Parlo dal punto di vista del terreno, perché salti dentro e fuori da sentieri e fattorie, ogni genere di cose. Non penso che sia una minaccia per la scena del gravel degli Stati Uniti, è solo qualcosa di diverso. Non c’è niente di male nel venire e provare qualcosa di nuovo e dargli una possibilità.

«Ci sono ovviamente cose che si possono fare meglio, ma era la prima volta. Penso che sia stato spettacolare avere le strade chiuse, la folla incredibile e il terreno davvero interessante e vario. Penso che nel complesso sia stato un successo. Due settimane prima ho partecipato a un evento ultra di cinque giorni, quindi il mondiale mi è parso molto diverso. Ma è stato divertente. E come previsto, i corridori del WorldTour hanno alzato il livello e si sono dimostrati all’altezza».

E’ il Tour, nessun regalo. Bettiol e Kamna guardano avanti

12.07.2022
6 min
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Cosa ti pare del numero rosso? «Non mi garba, ragazzi, posso dirlo? Io oggi volevo vincere». Poi Bettiol allarga le braccia e si infila nel pullman rosa della Ef Education-Easy Post, in attesa che arrivi Magnus Cort, che ha vinto all’aeroporto in quota di Megeve. Il toscano ha ricevuto sul podio il numero rosso di atleta più combattivo, ma per la sua indole vincente, quel trofeo gli è parso più un contentino. Scuote il capo, le anche sporgono, la gamba pulsa per la fatica che lentamente defluisce.

Cos’era oggi, un piano o un sogno? «Non ho mai pensato alla maglia gialla prima del traguardo. Avevo in testa piuttosto di vincere la tappa – dice Kamna – e mi sono davvero impegnato a lungo per farlo. Ma ho avuto davvero la sensazione che l’intero gruppo stesse correndo contro di me. E così facendo hanno rinunciato alle loro chance». Poi il tedesco riprende a girare le gambe sui rulli, con la classifica che lo vede a 11 secondi dal primato di Pogacar. Sylwester Szmyd dà di gomito e dice che forse lo sloveno stavolta ha esagerato. E’ andato a riprenderlo alla Planche des Belles Filles e oggi lo ha rifatto. Poi allarga le braccia e va verso Vlasov, anche lui arrivato da poco.

Megeve ha accolto il Tour sei anni dopo l’ultima volta, quando si ragionava delle Olimpiadi di Rio imminenti e Nibali era qua per costruire la condizione. Fra i ricordi di quel giorno, ci fu un’intervista che Vincenzo rilasciò a Gianni Mura, parlando quasi esclusivamente dei suoi vini preferiti. Gianni manca, poco altro da dire.

Bettiol, fuga per caso

Bettiol nella fuga c’è entrato quasi per caso e ha tirato dritto. E mentre era lì che stringeva i denti, si è trovato con un fumogeno rosso in mezzo alla strada.

«Li ho visti anche da lontano – racconta – e ho capito subito che il gruppo non poteva passare, perché erano tanti e belli decisi. Sono cose he succedono, però stiamo tutti lavorando e potrebbero protestare diversamente. Fortunatamente mi hanno ridato il vantaggio. Avevo paura anche più di quello, perché in passato sotto il minuto facevano ripartire tutti insieme. Invece la giuria è stata brava».

La lunga sosta di Bettiol (e del gruppo) per la manifestazione sul pecorso
La lunga sosta di Bettiol (e del gruppo) per la manifestazione sul pecorso

«E’ stata una cosa strana – prosegue – perché non è mai bello ripartire da zero a 60 all’ora. Le gambe si sono un po’ bloccate, ma insomma… Cosa ho fatto mentre aspettavo? Innanzitutto la pipì perché mi scappava forte. Poi ho cercato di girare le gambe, ho cambiato le borracce e ho bevuto. Mi sono sgranchito un po’ le gambe e poi ho pensato di partire più forte possibile».

Kamna, nessun favore

Kamna al Tour c’è venuto dopo aver corso (e bene) il Giro. Anche da noi avrebbe potuto prendere la maglia rosa, se sull’Etna oltre a vincere, fosse riuscito a staccare Lopez. E mentre gira le gambe, gli riferiamo l’osservazione di Szmyd sul fatto che per due volte, per un motivo o l’altro, Pogacar gli abbia impedito di raggiungere il suo obiettivo.

«Penso che oggi – risponde – mi abbiano lasciato molto tempo. Alla fine è sport. Non ci facciamo regali a vicenda, perché stiamo tutti combattendo. Per un buon piazzamento, per la classifica, per qualunque cosa. E non mi aspetto che qualcuno mi regali qualcosa, soprattutto la maglia gialla. Mi è piaciuto molto il Giro, è stato fantastico, abbiamo fatto la corsa perfetta. E’ stato molto divertente, ma mi piace anche il Tour. E’ un’altra grande gara. Anche l’atmosfera è eccezionale, probabilmente un po’ più stressante». 

Bettiol, quattro volte di più

Bettiol è infastidito, quasi che parlando si renda conto che avrebbe potuto vincere. Ma parla per la squadra e spiega che i risultati di oggi saranno utili per gli uomini di classifica. Poco prima del traguardo, in uno scambio di messaggi con Leonardo Piepoli che lo allena, il pugliese ha scritto che normalmente per vincere serve essere due volte superiori, oggi forse tre.

«Oggi – sorride Bettiol – serviva essere quattro volte più forti, tanto si andava forte. Quando ho capito che stavano venendo a prendermi, ho preferito aspettarli e magari girare con loro. Riposarmi un attimo. Vedevo c’era poco accordo e ho riprovato, ma il corridore della Intermarché era più stanco di me. Comunque tutto questo lavoro alla fine è servito a Magnus per vincere la tappa, quindi sono contento per lui. Sono contento per la squadra, questa vittoria ci dà motivazione».

Kamna, domani sarà dura

Kamna è secondo in classifica, come fu secondo dopo l’Etna, ma se gli chiedi cosa farà domani, esclude nettamente la possibilità di tornare in fuga.

«Sono al secondo posto – dice – domattina cercherò di capire a che punto sono e certo non mi arrendo. In una fuga come questa perdi un sacco di energia, quindi domani dovrò stringere i denti. Cercherò di resistere il più a lungo possibile. Nessuna fuga, domani sarei contento di non saltare…».

Dopo il bagno di folla in danimarca, quando vestiva la maglia a pois, per Magnus Cort è arrivata la vittoria
Dopo il bagno di folla in danimarca, quando vestiva la maglia a pois, per Magnus Cort è arrivata la vittoria

Ha la faccia da ragazzo felice, i capelli dritti e le guance rosse. Racconta Szmyd che qui a Megeve nel 2020 aveva vinto la prima corsa da professionista. Così quando si è reso conto che ci sarebbe arrivato ancora, si è rimboccato le maniche e ha annunciato che sarebbe andato in fuga.

Bettiol, voglia di vincere

Bettiol ha voglia di tornare sul pullman e allungare le gambe. La discesa dal traguardo l’hanno fatta in bici col fischietto al collo e a quest’ora hanno bisogno di riposare e recuperare in vista delle prossime due tappe durissime.

«Ho rischiato – dice Bettiol – non volevo farlo cosi presto. Mi sono ritrovato là davanti casualmente e ho tirato dritto. Comunque sono contento, non stavo neanche troppo bene oggi perché avevo i battiti un po’ alti, forse dovuti al giorno di riposo di ieri. Spero che vi siate divertiti e spero nei prossimi giorni di divertirmi anch’io. Non mi garba quel numero ragazzi, non mi garba davvero. Spero che possiate capirlo».