Lonardi e il peso di un velocista. Tanti tasselli per la riconferma

13.10.2024
5 min
Salva

All’ultima edizione della Cro Race, Giovanni Lonardi ha portato a casa due secondi e un terzo posto. Tanto? Poco? Difficile dare una valutazione oggettiva considerando che per sua natura il ciclismo, più di altri sport esalta solo e soltanto il vincitore, ma nell’era del ranking e dei punti chi porta a casa piazzamenti può dirsi soddisfatto del lavoro compiuto.

L’analisi della prestazione del corridore della Polti Kometa parte proprio da questa dicotomia e dalla difficoltà nel dare un giudizio compiuto: «Effettivamente se guardo indietro alla corsa croata vedo le due facce della medaglia. Da una parte sono contento perché tre podi in una corsa di pochi giorni significano che sono sempre stato lì ai vertici. Dall’altra la mancanza di una vittoria, soprattutto per un velocista, brucia. Ma a far pendere la bilancia verso il più è la considerazione di ciò da cui venivo».

Una delle volate della Cro Race, dove il vecchio Kristoff ha fatto valere la sua esperienza
Una delle volate della Cro Race, dove il vecchio Kristoff ha fatto valere la sua esperienza
Ossia?

Avevo partecipato al Giro del Lussemburgo e sinceramente non ero andato bene, non ero rimasto contentissimo di come erano andate le cose soprattutto in relazione alla mia condizione. In Croazia mi sono espresso meglio, certamente in relazione al parco atleti al via, ma ero io a sentire le gambe girare appieno. Era l’ultima gara a tappe della stagione, volevo onorarla al meglio.

Il tema è ricorrente: tanti piazzamenti ma nessuna vittoria sono un bene o un male?

E’ difficile dare una risposta esauriente perché se guardo il totale dei punti accumulati con quei tre podi sono pari a un ottavo posto in una corsa in linea. Questa è una stortura. Dall’altra parte però è anche vero che riuscire a piazzarsi in qualsiasi corsa, con il livello ormai generale che c’è oggi, è sempre difficile, quindi io devo guardare all’andamento generale e allora posso dire che hanno un valore.

Il veronese veniva dal Giro del Lussemburgo, dal quale si attendeva molto di più
Il veronese veniva dal Giro del Lussemburgo, dal quale si attendeva molto di più
Ivan Basso ha confessato apertamente che la tua conferma, come quella di Piganzoli, sono le principali operazioni di mercato effettuate dal team per il 2025…

Lo ringrazio per questa dimostrazione di fiducia, posso dire che vengo da quella che ritengo la mia miglior stagione, con un paio di vittorie e una trentina di Top 10. Di punti ne ho portati parecchi alla causa, ma la mia intenzione è ottenerne di più il prossimo anno.

La tua è la dimostrazione che nel ciclismo attuale una squadra non può prescindere dal velocista, diventato ancora più essenziale che in passato.

E’ vero, nell’economia di un team pesa molto. I regolamenti sono sempre più legati ai punti, alla loro attribuzione, al salire o scendere di categoria. Il calendario, per com’è strutturato, garantisce a uno sprinter più occasioni che a uno scalatore, almeno quattro volte tante, fra tappe e corse in linea. Noi lavoriamo molto proprio nelle gare a tappe perché danno più occasioni. Se guardiamo nel complesso delle gare, quelle che finiscono allo sprint sono sempre una maggioranza.

La volata di Francavilla al Giro d’Italia, dove ha colto un podio di qualità dietro Milan e Groves
La volata di Francavilla al Giro d’Italia, dove ha colto un podio di qualità dietro Milan e Groves
Dicevi che questa è stata la tua miglior stagione. Qual è stato il suo momento focale?

Sicuramente il Giro d’Italia. Già alla Tirreno-Adriatico stavo andando forte e se devo essere sincero, quella condizione l’ho portata avanti quasi per tutta la stagione. E’ stato fondamentale non avere intoppi fisici e in un’annata non capita spesso. Tornando al Giro, ci sono arrivato entusiasta per i buoni risultati precedenti compresa la vittoria in Turchia. Alla fine un podio e tre Top 10 sono stati il mio bottino, ma tutto ciò si unisce anche alla soddisfazione di aver portato a termine una corsa di tre settimane che non è mai una cosa scontata e rappresenta nel suo piccolo sempre un’impresa.

Che tipo di contratto hai firmato?

Un biennale, che sicuramente rappresenta per me un traguardo, ma anche un punto di partenza. Negli anni mi ero abituato a firmare contratti annuali perché non puoi mai sapere come può andare la stagione, un infortunio può essere sempre dietro l’angolo e cambiare l’andamento. Alla Polti Kometa mi sono trovato bene sin dal mio arrivo e la proposta di un biennale è una dimostrazione di grande fiducia.

L’unica vittoria è arrivata al Giro di Turchia, Paese dove Lonraid, vincitore anche nel 2020, è una celebrità
L’unica vittoria è arrivata al Giro di Turchia, Paese dove Lonraid, vincitore anche nel 2020, è una celebrità
Uno potrebbe pensare che a questo punto puoi tirare i remi in barca…

Non sono il tipo e l’ho detto prima. E’ proprio sulla base di questa fiducia che non vedo l’ora di riprendere la preparazione, ma prima qualche giorno di vacanza è necessario per resettare tutto. Io ho intenzione di ripartire sulla base di quanto fatto in questa stagione per fare ancora di più. D’altronde al 2025 ci penseremo quasi da subito: a fine ottobre abbiamo il nostro primo incontro a Malta, per abbinare a un po’ di relax anche i test su materiali e le prime discussioni su che cosa fare per la nuova stagione. Non posso però negare che con un contratto in tasca si lavora meglio…

Coach De Maria: «Vi dico quanto vale il nuovo Piganzoli»

08.10.2024
7 min
Salva

Il terzo posto al Giro dell’Emilia non se l’aspettava nemmeno Piganzoli. Però nella sua squadra qualcuno era pronto a scommettere in un piazzamento nei dieci. E’ Giuseppe De Maria, tre anni da professionista e dal 2022 allenatore del valtellinese, che Ivan Basso ha fatto di tutto per trattenere anche nel 2025, quando scadrà il suo contratto con il Team Polti-Kometa. Ed è lecito immaginare che la prossima stagione lo vedrà salire un altro gradino, come è successo quest’anno prima, durante e dopo il Giro d’Italia.

«Pensavo che sarebbe potuto arrivare nei dieci – conferma il varesino, classe 1984 – ma non il podio. “Piga” non è un corridore esplosivo per quei finali, ma bisogna considerare che il San Luca arrivava dopo una corsa estremamente dura e lunga. Quindi in realtà non è stata tanto un’azione esplosiva, quanto aver mantenuto un’ottima performance sull’ultima scalata. In più c’era prima una salita più lunga, la giornata era fredda e pioveva, per cui i corridori di endurance sono stati avvantaggiati».

Giuseppe De Maria, a sinistra, assieme a Carlos Barredo, coordinatore degli allenatori Polti (foto Borserini)
Giuseppe De Maria, a sinistra, assieme a Carlos Barredo, coordinatore degli allenatori Polti (foto Borserini)
E da qui partiamo: la sensazione è che nel 2024 Piganzoli abbia salito diversi gradini.

Sì, è la realtà, è un dato di fatto che continui a migliorare. Io lo alleno, analizzo quotidianamente i suoi parametri. E ogni volta che facciamo un blocco di lavoro, un ciclo di carico, lui va più forte di prima. Succede sempre, dal 2022 quando ho iniziato a lavorare con lui. Tendenzialmente questa è una caratteristica dei corridori più talentuosi e che hanno il motore. Tu li stimoli e loro migliorano, mentre altri magari a un certo punto non ce la fanno più. Davide continua a migliorare e dopo il Giro d’Italia, ha fatto un salto in avanti incredibile.

Uno step evidente?

Sappiamo quanto possa essere utile la corsa di tre settimane a quelli che hanno motore. Piganzoli è rientrato praticamente a Burgos, perché dopo il Giro è andato allo Slovenia, ma aveva un problema al ginocchio e si è fermato. E a Burgos è arrivato undicesimo, con un livello di corridori incredibile. Ha fatto la crono migliore della sua vita fino a quel momento (27° a 1’04” da Jay Vine, ndr). Poi in Lussemburgo è andato incredibilmente forte su un percorso di salitelle brevi. E anche lì ha fatto un’altra ottima crono (15° a 43″ da Ayuso, ndr), fino ad arrivare all’Emilia. Nei giorni precedenti vedevo che era a un livello superiore. E quel podio alla fine vale sia per la prestazione, sia per la personalità.

Ha vinto ad Antalya prima del Giro e prima del Giro è andato per la prima volta sul Teide: come è andata?

Ha risposto benissimo. In altura avevamo già preparato i due Tour de l’Avenir con la nazionale a Sestriere e aveva risposto sempre in maniera clamorosa. Ricordo benissimo che dopo ogni blocco di altura, veniva giù e aveva qualcosa più di prima. In ogni caso ha iniziato il 2024 a un buon livello e ha vinto ad Antalya. Poi ha corso la Tirreno e da lì è andato in altura. Quindi ha corso il Tour of the Alps, dove è arrivato decimo, migliorando il 18° posto della Tirreno. Poi c’è stato il Giro, che ha segnato un altro step in avanti. Infatti non aveva mai dimostrato di poter reggere oltre la settimana di gara. Ricordo benissimo l’ultima scalata del Monte Grappa. Forse in televisione non si è visto perché era dietro il gruppettino dei migliori, però è arrivato fra i primi (16°, ndr) nell’ultima tappa di montagna dopo tre settimane del primo Giro d’Italia. Questo è estremamente significativo e dopo il Giro ha cambiato cilindrata, questo è certo.

La 17ª tappa del Giro, quella del Brocon, è stata la più dura per Piganzoli, che è riuscito a salvarsi
La 17ª tappa del Giro, quella del Brocon, è stata la più dura per Piganzoli, che è riuscito a salvarsi
Al Giro ha voluto tenere duro per mettersi alla prova. E’ sempre stato costante?

E’ stato estremamente continuo, tranne una tappa dell’ultima settimana dove è andato in difficoltà. Si arrivava sul Brocon, si è staccato lontano dall’arrivo, ha inseguito fra le ammiraglie per due ore, poi è rientrato sul gruppo dei primi all’inizio dell’ultima salita. E a quel punto ha concluso nei primi venti, salvando la classifica. E’ sempre stato regolare tranne quel giorno in cui poteva compromettere tutto, invece si è salvato con una notevole forza mentale. Al Giro ha tenuto duro un po’ per provarsi e un po’ perché non gli entra in testa di staccarsi e mollare. E’ impossibile. Nessuno riesce a convincerlo. Però quando tiene duro, non lo fa a metà, tiene duro sino alla fine.

E’ quantificabile lo step che ha fatto dopo il Giro?

Abbiamo fatto dei test, ovviamente. Lo step in avanti non è quantitativamente così elevato, il salto di qualità nella performance non è eccessivo. Quello che sicuramente ha ricevuto dal Giro è il discorso della durabilità. Riesce a esprimere un determinato livello con più facilità, più a lungo e di conseguenza anche i finali cambiano. In più, ora che sta prendendo consapevolezza e sicurezza nei suoi mezzi, corre in maniera diversa e quindi funziona tutto meglio. E’ sempre una questione multifattoriale.

Piganzoli ha compiuto 22 anni a luglio, è giovane. C’è da immaginare un inverno più sostanzioso per salire un altro gradino l’anno prossimo?

In realtà continueremo allo stesso modo, ma con più volume. Dopo il Giro, come dicevo prima, ha dimostrato di avere un livello tale per cui si deve allenare di più. E’ chiaro che sul piano mentale questo non sarà facile, però lo deve fare. Se per l’anno prossimo vogliamo immaginare un Giro un po’ migliore di quest’anno, il discorso passa per l’allenamento.

Il podio al GIro dell’Emilia è stato un exploit imprevedibile, anche se la condizione era ottima
Il podio al GIro dell’Emilia è stato un exploit imprevedibile, anche se la condizione era ottima
La sensazione è che fisicamente sia ancora acerbo e possa ancora svilupparsi…

Sono molto d’accordo. All’Avenir del 2022, era sui 62,5 chili e andava ugualmente fortissimo. Al primo anno da pro’ è sceso sui 61 chili, ora resta facilmente intorno ai 60. Però sicuramente ha ancora dei margini, perché avendo fatto tutta la trafila con la Fundacion Contador, ha lavorato in maniera equilibrata. Non bisogna vincere tutto a 19 anni, di conseguenza ci sono degli step ai quali continua a rispondere egregiamente.

Si prevede che dovrà lavorare parecchio anche in palestra quest’inverno?

La palestra è fondamentale per l’aspetto neuromuscolare del movimento e per migliorare l’efficienza del gesto, non prettamente per la forza. E’ già un po’ di tempo che facciamo dei lavori specifici di forza in bici, in rapporto a un corridore con le sue caratteristiche da scalatore.

Vi sentite spesso? Che tipo di rapporto c’è fra voi? 

Un ottimo rapporto. Quando non si corre, mi piace lasciare tranquilli i corridori, perché è giusto che si godano la loro pace. Abbiamo iniziato a lavorare nel 2022 con la Fundacion Contador e da subito le cose sono andate benissimo. Non ricordo una corsa che abbiamo preparato e che sia andata diversamente da come la immaginavamo. Davide è estremamente intelligente, ha due marce in più rispetto a tanti proprio perché è intelligente e responsivo. Ci troviamo molto bene, lui si fida e spesso si esce a cena: lui con la sua fidanzata e io con la mia famiglia. Ho conosciuto i suoi genitori, c’è proprio in bel rapporto.

La crono del Giro del Lussemburgo è stata la migliore del 2024, chiusa a 43″ da Ayuso
La crono del Giro del Lussemburgo è stata la migliore del 2024, chiusa a 43″ da Ayuso
Piganzoli è sempre stato forte a crono: è qualcosa da inquadrare oppure è già al centro del mirino?

E’ già al centro del mirino. Mi sembra che da junior abbia fatto terzo nel campionato italiano della cronosquadre e sia salito sul podio anche nella crono individuale. Al secondo anno da U23, ha vinto il campionato italiano e quella volta c’ero io in macchina. E’ un bel ricordo perché il percorso non ci favoriva, era per gente più pesante. Però siccome c’erano tante curve, abbiamo fatto un grande studio sulle traiettorie, abbiamo studiato il percorso anche su GoogleMaps. E siccome lui guida molto bene la bici da crono, ha vinto con 7 secondi su Montefiori. Invece non è andata per niente bene la crono della Tirreno-Adriatico…

Come mai?

Aveva una posizione sbagliata. Aveva delle pedivelle non giuste. Una serie di cose che non ci convincevano. Così siamo andati dal biomeccanico che l’ha messo a posto e al Giro è andato già molto meglio. A Burgos altro passo avanti. Al Lussemburgo ancora meglio, per cui siamo sulla direzione giusta. Bisogna perfezionare la posizione e lavorare sui materiali, perché i materiali sono determinanti. Però confermo che la crono è al centro delle nostre attenzioni, anche perché lui ci tiene tantissimo. Se vuoi farlo arrabbiare, digli di non curare la crono. Piga va forte in salita e va forte contro il tempo, non vede l’ora che ci sia una crono, non è mai una cosa che gli pesi. Una cosa ce la possiamo dire: Davide Piganzoli è decisamente il prototipo di atleta per le gare a tappe.

Dietro l’arcobaleno di Pogacar, dalla nebbia sbuca Piganzoli

05.10.2024
7 min
Salva

BOLOGNA – Ventiquattro come le vittorie stagionali. Ventiquattro come le ore che noi comuni mortali impieghiamo a realizzare le imprese che compie ad ogni gara. Ottantasette come le vittorie in carriera. Ottantasette come i chilometri di fuga solitaria totalizzati nelle ultime due corse disputate (a Zurigo sono stati 100 quelli dell’attacco, circa 50 quelli da solo). In mezzo alla nebbia e alla pioggia del Colle di San Luca si staglia l’arcobaleno di Tadej Pogacar che trionfa al Giro dell’Emilia col suo marchio di fabbrica.

La classica bolognese era di fatto la rivincita del mondiale di Zurigo, ad eccezione di qualche assenza, ma per il leader della UAE Team Emirates non è cambiato nulla a parte la sua fiammante maglia iridata. Tutti gli avversari più accreditati sulla carta – su tutti Evenepoel e Roglic, che sul San Luca ci aveva già vinto quattro volte compresa la crono del Giro del 2019 – sono letteralmente spariti in mezzo alle nuvole basse. O schiacciati dal caterpillar sloveno, se preferite. A tenere alta con onore la bandiera italiana ci ha pensato Davide Piganzoli, terzo al traguardo a ruota di Tom Pidcock. Una soddisfazione enorme per il valtellinese della Polti-Kometa essere sul podio assieme al campione del mondo e al campione olimpico della Mtb.

Super Piganzoli

Nella prima sfida dopo la gara iridata, Piganzoli ha risollevato con una grande prestazione sulle strade emiliane le sorti di un’Italia invisibile a Zurigo. Un risultato che col passare delle ore riuscirà a metabolizzare. Lo intercettiamo due volte a cavallo delle premiazioni e sebbene sia loquace il giusto, si vede che dentro ha un uragano di emozioni.

«Sicuramente in Svizzera abbiamo fatto fatica – attacca Davide – però oggi tanti giovani italiani erano davanti. Oltre a me, c’erano Pellizzari, Calzoni, Fortunato. Oggi il livello era molto alto e noi italiani abbiamo fatto molto bene. Certo, essere sul podio con Pogacar e Pidcock mi fa uno strano effetto e so che stasera me ne renderò conto meglio guardando le foto della corsa. Questo podio è un sogno che sta coronando tutto il lavoro che abbiamo fatto. Anzi ieri Ivan Basso mi aveva detto che avrebbe firmato subito per una top 10 tenendo conto del livello altissimo di partecipazione. Oggi lui era in ammiraglia e credo che sia rimasto contento. Spero che mi dica qualcosa di bello (ride, ndr)».

Uno show in maglia iridata. Pogacar attacca al primo dei 5 passaggi sul San Luca e non lo vedono più
Uno show in maglia iridata. Pogacar attacca al primo dei 5 passaggi sul San Luca e non lo vedono più

Salto di qualità

«Pogacar credo che sia il corridore più forte degli ultimi tempi – racconta Piganzoli riferendosi alla gara – e quando è partito non l’ho neanche visto, ve lo dico sinceramente. Personalmente sapevo di avere una buona condizione e mi sono gestito al meglio. Già al secondo passaggio sentivo di stare bene. Ho provato ad attaccare, ma ho capito che non si riusciva a fare la differenza, perché ci si ricompattava subito. Ho deciso di tenere le energie per il finale, volevo fare un bel risultato. Infatti sull’ultimo San Luca ho capito che mi stavo giocando qualcosa di importante. Quando sono partito mi sono detto che era l’occasione perfetta per far vedere quello che valgo e sono riuscito a dimostrarlo».

Rispetto all’anno scorso Piganzoli ha fatto un salto in avanti che forse nemmeno lui pensava di fare. Ci congeda dicendoci che nel suo finale di stagione ci sono ancora Tre Valli Varesine e Lombardia. Ha voglia di togliersi qualche altra soddisfazione. D’altronde, come ci conferma lui stesso, finire con una buona condizione è una bella iniezione di fiducia perché significa aver lavorato bene, sapendo staccare la spina nel momento giusto.

Gianetti non riesce più a trattenere lo stupore: con questo Pogacar è quasi impossibile restare delusi
Gianetti non riesce più a trattenere lo stupore: con questo Pogacar è quasi impossibile restare delusi

Pogacar show

Mancano poco più di cinque chilometri alla fine e Pogacar si è già involato tutto solo da un po’ verso l’ennesima impresa. Di fronte al megaschermo dopo il traguardo, c’è il general manager Mauro Gianetti che guarda il suo ragazzo sotto una fastidiosa pioggerella fine. Sfruttiamo quei minuti prima di poter essere travolti dal pubblico incontenibile.

«Qualsiasi maglia indossi – spiega Gianetti – Tadej va forte. Per lui è un momento magico. E’ andato in progressione da inizio stagione. E’ partito bene, poi al Giro ha alzato il livello e al Tour ha fatto un ulteriore passo in avanti. Dopo di che ha recuperato, si è messo sotto a lavorare con l’idea del campionato del mondo. Ed è riuscito a migliorare ancora qualcosina. Oggi non era in programma un attacco, ma le condizioni meteorologiche hanno fatto la loro parte. Ha seguito Evenepoel nel suo allungo, poi ha visto che erano tutti in difficoltà e che non riuscivano a mantenere il suo ritmo. Finirà con Tre Valli e Lombardia. Lui vuole sempre vincere, però è normale che non può fare il numero ogni volta. Le prossime sono gare diverse dall’Emilia, quindi vedremo come saranno. Oggi all’Emilia ci teneva molto perché negli ultimi due anni era arrivato secondo. E vincere con la maglia iridata è bellissimo anche per noi».

Dopo averlo atteso sotto la pioggia del San Luca, il pubblico si assiepa sotto al podio per Pogacar
Dopo averlo atteso sotto la pioggia del San Luca, il pubblico si assiepa sotto al podio per Pogacar

Il bagno di folla

Statisticamente Pogacar è il primo campione del mondo a trionfare in vetta al santuario bolognese perché nel 1992 quando vinse Bugno si arrivava ai Giardini Margherita ed anche questo fa parte del suo show. Tadej in conferenza stampa è rilassato, come sempre. Non tanto per le sue dichiarazioni che hanno riguardato la corsa di oggi – il difficile confronto tra il San Luca dell’Emilia e quello affrontato all’ultimo Tour – quanto più per saper gestire il seguito di gente che riesce ad attirare ogni volta che vince. Perché si sapeva che avrebbe vinto e come, ma i tifosi, principalmente ragazzini, impazziscono per lui. Siamo certi che le stesse scene si ripeteranno in Lombardia la settimana prossima.

Poker Longo

Se tra gli uomini il pronostico era scontato, anche nella gara femminile si può dire altrettanto. Elisa Longo Borghini sbaraglia la concorrenza centrando l’ottavo successo stagionale e il quarto in cima a San Luca.

«Oggi è stata una corsa bella – ci dice in mixed zone – rovinata purtroppo da un po’ di pioggia. Dopo Zurigo avrei voluto il sole, però è sempre bello correre in Italia con la maglia tricolore. Ci tenevo a vincere perché sapevo che Luca (Guercilena, il general manager, ndr) era qui e ha chiesto esplicitamente a tutta la squadra non di divertirci, ma di vincere. E ho eseguito l’ordine (sorride, ndr).

«Mi sono sentita bene in corsa, anche se ammetto di avvertire la stanchezza di tutta una stagione molto lunga iniziata a febbraio che terminerà fra circa una settimana. Il conto alla rovescia verso le vacanze è iniziato, però sono pronta a dare il mio supporto alla squadra anche nelle prossime corse, cercando di fare buoni risultati. Ho annunciato il mio cambio di formazione, ma fino al 13 ottobre correrò con la maglia della Lidl-Trek e sono molto felice di farlo. E fino al 31 dicembre sono sotto contratto con loro.

«Sicuramente – conclude – la prima vittoria qua al Giro dell’Emilia è stata bella perché era una della poche corse che vincevo all’anno e arrivavo dal quarto posto ai mondiali di Richmond. Questa è stata la più diversa perché di solito si risolveva sempre sull’ultimo muro verso San Luca, mentre stavolta sono riuscita ad allungare in discesa, cogliendo un’occasione. Come dicevo prima, ci tenevo a fare bene anche perché era l’ultima corsa con Ina Yoko Teutenberg. Spero di aver accontentato tutti».

Basso, gli juniores e la Polti che aspetta il colpo grosso

17.09.2024
6 min
Salva

MISANO ADRIATICO – Ivan Basso è circondato dai tifosi che chiedono firme e foto. Il richiamo del campione è immutato anche ora che ha smesso da quasi dieci anni. L’Italian Bike Festival è l’occasione per mostrare le Aurum Bikes, che ha ideato assieme a Contador e sono appena sbarcate sul mercato italiano. La Fundacion Contador, il cui organico costituisce la base del Team Polti-Kometa, ha annunciato una riorganizzazione: spariscono gli under 23 e si punta tutto sugli juniores. Oltre alle spiegazioni fornite con la comunicazione dei primi di agosto, è interessante sentire al riguardo il parere di Ivan. Quale futuro immagina per la sua squadra? Due sgabelli in un angolo dello stand sono il posto giusto per entrare nel discorso.

Giro d’Italia, Basso con Matteo Fabbro: per lui una stagione al di sotto delle attese
Giro d’Italia, Basso con Matteo Fabbro: per lui una stagione al di sotto delle attese
Perché questa decisione?

E’ stata presa dopo una riflessione molto lunga e profonda sul reclutamento dei nuovi talenti. Osservando i risultati che abbiamo avuto dall’ultima ondata di ragazzi, abbiamo capito che qualcosa sta cambiando, andando verso il potenziamento della categoria under 19. Questo ci ha fatto pensare che è meglio fare una squadra juniores potenziata e far passare gli under 23 più bravi direttamente tra i professionisti. Può essere un rischio per qualche ragazzo che non si sia ancora espresso nella categoria, ma in cui vediamo il potenziale necessario.

Anche per evitare che gli under 19 migliori vengano portati via da qualcun altro?

Da un paio d’anni c’è la tendenza per cui lo junior più forte e vincente va in una WorldTour. Quello un pochino sotto va nel devo team di una WorldTour. Mentre quello ancora un pochino sotto sceglie fra le due professional italiane. Questa cosa ci ha fatto capire che fosse giusto prendere una decisione e così abbiamo fatto.

Puoi dire di essere pienamente soddisfatto della stagione della squadra?

Siamo contenti perché la squadra ha espresso quasi sempre il massimo di quello che poteva. Abbiamo partecipato a un calendario di primissima fascia, in cui le gare principali sono finite alle stesse due, tre squadre, mentre ce ne sono altre 22 che non hanno vinto e tra queste ci siamo anche noi. Alcuni atleti sono andati meglio di quanto ci aspettassimo, altri hanno reso meno, per cui forse non sta andando esattamente come vorremmo. Sicuramente potevamo fare meglio.

Maestri è il leader del Team Polti: di recente ha vinto il titolo europeo del mixed team relay
Maestri è il leader del Team Polti: di recente ha vinto il titolo europeo del mixed team relay
Cosa vorreste?

Vogliamo crescere, andare avanti, vogliamo fare meglio. Dobbiamo anche guardare il rapporto tra investimento e risultati, che non vale solo nel calcio. Quando lavori con corridori che devono crescere, fai un certo tipo di lavoro e hai un costo. Se devi prendere corridori che garantiscono vittorie, ne hai un altro.

Prendere corridori che garantiscono il risultato potrebbe diventare una necessità?

Lo è già. Il problema è che in questo momento non abbiamo le risorse sufficienti. Voglio ringraziare i miei sponsor e quelli che con ogni probabilità ci seguiranno, perché ci hanno permesso di mantenere i corridori che abbiamo. Non era assolutamente scontato riuscire a tenere Piganzoli (foto di apertura, ndr). Non era assolutamente scontato tenere Lonardi. L’alternativa sarebbe stata aprire un nuovo ciclo, sapendo che ci sarebbe stata una differenza.

Quale?

Nel ciclo aperto con Piganzoli, i migliori under 23 volevano venire con noi. Se aprissimo un nuovo ciclo adesso, probabilmente non prenderemmo i migliori under 23. Però vi chiedo: quante squadre WorldTour quattro anni fa avrebbero preso Piganzoli? Nessuna, probabilmente. Davide è arrivato al professionismo con due vittorie e altre due le ha vinte da professionista, quindi quattro vittorie in tutta la sua carriera. Cosa vuol dire? Vuol dire che stiamo lavorando per tirare fuori un corridore che con orgoglio siamo riusciti far passare, nonostante non avesse un palmares eccellente. Questo fa sperare che alcuni di quelli che abbiamo adesso in organico, magari domani potrebbero venire fuori bene. Poi, ovvio… di Nibali non ne nasce uno ogni biennio.

Per Lonardi, una vittoria per ora nel 2024, ma tanti piazzamenti in maglia Polti-Kometa
Per Lonardi, una vittoria per ora nel 2024, ma tanti piazzamenti in maglia Polti-Kometa
Piganzoli quest’anno ha fatto la prima altura in vita sua. E’ andato bene al Giro. Ci sta che nel 2025 spingiate di più sul gas?

Sì, sì, non c’è dubbio. “Piga” è un atleta che sa fare benissimo il mestiere del corridore che vince e può diventare un campione. Ha fatto un gran bel Giro d’Italia, diverso da quello di Pellizzari ad esempio, che reputo un atleta eccellente, ma il suo Giro è stato fatto di alti e bassi in cui ha potuto recuperare. Piganzoli invece ha tenuto duro tutti i giorni e noi da questo abbiamo capito che è un corridore da corse a tappe. Va forte in salita e va forte a cronometro, anche se dobbiamo lavorarci. Abbiamo un gioiellino che non è spremuto. Viene da realtà giovanili che l’hanno protetto e conservato: non sono molti gli juniores che non hanno fatto altura. Non sono molti gli juniores che si allenano 14-16 ore a settimana. Noi non sappiamo se tutta questa accelerazione precoce nelle categorie giovanili porterà lontano…

Cosa te ne pare?

La Mapei giovani e la Liquigas avevano un processo di crescita diverso rispetto ad ora e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nibali, Viviani, Oss, Sagan, Pozzato, Cancellara… Insomma, li conoscete meglio di me. Oggi c’è un sistema diverso e credo che qui in Italia ci sia qualcosa da mettere a posto. Non mi voglio aggiungere ai miei colleghi o ex colleghi secondo cui in Italia manca la squadra WorldTour. Non voglio essere l’ennesimo, però è un fatto che non ci sono le squadre WorldTour che dovrebbero esserci, una soltanto è anche poco. Ma le squadre WorldTour non nascono così. E allora forse la responsabilità è anche mia…

Il Team Polti-Kometa occupa la 29ª posizione del ranking UCI per i team
Il Team Polti-Kometa occupa la 29ª posizione del ranking UCI per i team
Di cosa?

Di non essere stato capace in questi anni di cogliere tutto quello che c’è dietro, non solo il risultato o il piazzamento. Non siamo stati capaci di raccontarlo e questa è la conseguenza. Ho due sponsor che l’anno scorso non erano sulla maglia. Facevano parte di un club con cui facevamo attivazione alle corse, vuol dire che portavano degli ospiti alle gare per vivere l’esperienza della corsa. Uno di questi due sponsor metterà cinque volte tanto, l’altro moltiplicherà il suo impegno per sei. Siamo stati capaci di far venire persone e farle entusiasmare con un tifo trasversale, che sostiene anche il ciclista che arriva per ultimo. Però dobbiamo ancora imparare dalle altre discipline…

Imparare cosa?

Ho tre amici allenatori di calcio e a novembre andrò a visitarli in forma strettamente riservata per capire e studiare. Vado a vedere il basket, vado a vedere la pallavolo. Mi piace capire a livello sportivo e manageriale. Voglio imparare perché il calcio ha una maglia d’allenamento con uno sponsor e quella da partita con un altro. Perché in Coppa giocano con una maglia e in campionato con un’altra. Perché sono bravi e quindi bisogna andare a imparare da quelli più bravi di noi.

Contador è parte del Team Polti, ma sembra spesso lontano dalla sua gestione
Contador è parte del Team Polti, ma sembra spesso lontano dalla sua gestione
Ha senso rincorrere il calcio e altri sport?

Alcuni sono stati precursori. Il calcio è cambiato completamente, lo stesso la Formula Uno. Ci sono degli elementi su cui siamo stati molto disattenti, concentrati solo sulla performance o nel ripulire l’immagine di uno sport che si era parecchio contaminata. Però forse non siamo stato bravi a raccontare il contrario. Quando tu vai da un amministratore delegato di 50 anni e gli parli di ciclismo, magari lo vedi che è interessato. Però devi essere capace di raccontargli qualcosa per mandare via un’immagine che ha da quando 20 anni fa era all’università. Ha sentito e visto delle cose che gli sono entrate in testa e gli suggerirebbero di starci alla larga. Ma io dico che da più di un decennio questo mondo è completamente diverso. Per questo ho fiducia che la situazione cambierà e per questo bisogna essere pronti, con tutte le carte in regola.

Ellena: «Per Piganzoli è il momento del salto definitivo»

13.07.2024
5 min
Salva

Il fatto che Davide Piganzoli stia bene lo si vede dalle storie su Instagram e dalla costante voglia di scherzare con i compagni. Lui e la squadra, la Polti-Kometa, sono andati in ritiro in Valtellina per preparare la seconda parte di stagione (in apertura foto Maurizio Borserini). Il bilancio per Piganzoli fino a qui è positivo, con un tredicesimo posto al Giro d’Italia inseguendo i migliori. A inizio anno era anche arrivata la prima vittoria da professionista, in salita al Tour of Antalya. 

Abbiamo così bussato alle porte di Giovanni Ellena, diesse del team Polti-Kometa, e con lui si è parlato del nuovo Piganzoli. Di cosa è rimasto nel giovane valtellinese dopo le fatiche del Giro d’Italia e di ciò che potrà fare in futuro.

Per Piganzoli all’Antalya, a inizio stagione, il primo successo tra i professionisti
Per Piganzoli all’Antalya, a inizio stagione, il primo successo tra i professionisti

Costante confronto

Se si pensa a Piganzoli di riflesso la mente va anche verso il nome di Giulio Pellizzari. Entrambi sono stati un binomio indissolubile della nazionale di Amadori e insieme hanno lottato al Tour de l’Avenir lo scorso anno. Dal Giro si è visto come i due siano stati gestiti diversamente dalle rispettive squadre. Piganzoli dopo la Corsa Rosa è andato allo Slovenia, si è ritirato e si è fermato. Pellizzari ha proseguito fino al Giro d’Austria, concluso pochi giorni fa.

«Piganzoli al Giro – racconta Ellena – ha voluto provare a tenere duro e fare classifica, ottenendo un tredicesimo posto finale. Un risultato tutto sommato positivo se si considera che era alla prima esperienza. Pellizzari, invece, è uscito di classifica e ha avuto modo di tentare di vincere una tappa. Gestioni diverse, vero, ma da noi è stato lo stesso Piganzoli a chiedere di provare a tenere duro. Un ragionamento che ci siamo sentiti di incoraggiare».

La decisione di tenere duro al Giro è arrivata da lui, il 13° posto finale è un buon premio
La decisione di tenere duro al Giro è arrivata da lui, il 13° posto finale è un buon premio
Poi è andato al Giro di Slovenia e si è ritirato.

Purtroppo tra la fine del Giro d’Italia e l’inizio dello Slovenia è caduto, e questo ha compromesso il finale della prima parte di stagione. Ha provato a correre, ma alla fine abbiamo optato per fermarlo e ricostruire la condizione per la seconda parte dell’anno. E’ stato un peccato però.

Come mai?

La gamba dopo il Giro era buona e allo Slovenia poteva fare bene, così come all’italiano. Poi avremmo valutato se mandarlo anche allo Slovacchia, ma la caduta ce lo ha impedito. “Piga” avrebbe potuto fare molto bene a mio avviso.

Negli aspetti da migliorare c’è anche la crono, il lombardo va forte, ma serve curarla ancora
Negli aspetti da migliorare c’è anche la crono, il lombardo va forte, ma serve curarla ancora
Dopo il Giro cosa gli è rimasto?

Che la classifica finale può essere una strada percorribile. Anche se il ragazzo ha ancora tanto da imparare, ma ci sta, visto che ha solo 22 anni. La vittoria a inizio stagione ha fatto capire che ha una maturità importante, ma deve ancora scoprirsi totalmente. Se chiedete a lui, il tredicesimo posto al Giro è motivo di orgoglio. Solo che agli occhi della gente nessuno ci fa caso, solamente due o tre addetti ai lavori. Tuttavia il risultato rimane ed è incoraggiante. 

Adesso ha lavorato per ripartire forte?

Sì. La sua stagione riprenderà con calma alla Vuelta a Burgos. Non arriverà al 100 per cento, ma va bene così. Sarà una corsa che servirà in chiave di costruzione. Da lì andrà in altura e poi affronterà tutto il calendario italiano di fine anno. 

Tu che corridore hai trovato dopo il Giro d’Italia?

Sicuro, lui è sempre stato un ragazzo che ostenta sicurezza. Quel che si vede è una crescita mentale e fisica importante, ma non definitiva. La testa c’è, altrimenti un Giro del genere non lo avrebbe fatto. Dal punto di vista atletico deve ancora crescere ma i passi sono quelli giusti. Deve migliorare nello spunto veloce, cosa che cresce provando a vincere. Vero che ha vinto in Turchia, ma era un arrivo in salita, dove la forza emerge in maniera netta. 

Dopo il Giro d’Italia l’idea era di sfruttare la condizione fino all’italiano, ma la caduta ha compromesso i piani
Dopo il Giro d’Italia l’idea era di sfruttare la condizione fino all’italiano, ma la caduta ha compromesso i piani
Ora quindi va a correre per imparare altro?

Il calendario italiano offre chance importanti con gare vicine alle sue caratteristiche che però non hanno un arrivo in salita. All’Agostoni, alla Tre Valli o all’Emilia non vince sempre il più forte, ci sono tanti componenti da considerare: freddezza, lucidità, spunto veloce…

Lo lanciate nella mischia e vedrete che combina…

E’ il momento di imparare ancora e può farlo con la consapevolezza che la squadra c’è e che crede in lui. 

E che ha ancora un anno di contratto.

Scadrà nel 2025 e questa fase di costruzione ulteriore servirà anche a lui. Un conto è presentarsi ad una squadra WorldTour da giovane promessa, un altro è arrivare come un corridore pronto per vincere e fare bene. 

L’Avenir lo avevate preso in considerazione?

Era tutto in mano a Piganzoli. Lui avrebbe deciso se partecipare o meno, chiaramente confrontandosi con noi e con Amadori. La caduta a inizio giugno ha compromesso un eventuale cammino verso l’Avenir, non sarebbe arrivato al massimo della forma. Poi fare delle gare con noi tra i professionisti penso possa fargli bene per crescere ancora.

Facciamo le carte a Piganzoli con l’aiuto di Zanatta

07.06.2024
5 min
Salva

Tra qualche giorno Davide Piganzoli tornerà in corsa dopo il suo primo Giro d’Italia. Il giovanissimo corridore della Polti-Kometa sarà al Giro di Slovenia, in programma dal 12 al 16 giugno. Di lui parliamo con il suo direttore sportivo, Stefano Zanatta, che lo guiderà nell’ex Paese jugoslavo e lo ha guidato nella corsa rosa. I temi da toccare sono diversi: il Giro appena passato, ma soprattutto il futuro.

Stefano Zanatta (classe 1964) è oggi uno dei direttori sportivi della Polti-Kometa (foto Borserini)
Stefano Zanatta (classe 1964) è oggi uno dei direttori sportivi della Polti-Kometa (foto Borserini)
Stefano, partiamo dal Giro di Piganzoli, tredicesimo al debutto a 22 anni (da compiere a luglio)…

Direi un buon Giro d’Italia per Davide. Era il primo Grande Giro e con esso c’erano entusiasmo, ma anche timori e aspettative. Lui arrivava dalle categorie giovanili, è cresciuto con noi, e già lì aveva fatto belle cose nelle corse a tappe, poi il Tour de l’Avenir dell’anno scorso (fu terzo, ndr) ha fatto alzare l’asticella.

Come eravate partiti, per la classifica o per le tappe?

Siamo partiti con l’idea di non curare troppo la classifica, ma puntare di più su una vittoria di tappa. Ma poi è successo che che giorno dopo giorno è cambiato l’obiettivo. In particolare dopo la crono di Perugia abbiamo visto che il ragazzo stava bene, la classifica era buona e buono era anche il suo recupero e così abbiamo deciso di tenere duro, che poi è nel suo Dna, nella sua indole.

Di fatto Piganzoli non aveva mai mollato…

Esatto, l’idea era comunque di provare a fare bene in qualche tappa. E infatti in un paio di montagne abbiamo provato ad anticipare, soprattutto verso Livigno. Ma non ci siamo riusciti. Resta però la sua buona gestione nell’arco delle tre settimane. E anche se gli ultimi due giorni ha sofferto, ha dimostrato di avere tenuta e tenacia.

Per Piganzoli difficoltà sul Sella e nella tappa del Grappa. Ma ha tenuto duro, come è nel Dna di un atleta da corse a tappe
Per Piganzoli difficoltà sul Sella e nella tappa del Grappa. Ma ha tenuto duro, come è nel Dna di un atleta da corse a tappe
Stefano, hai parlato d’indole per le corse a tappe…

Davide è così. Sin da giovane ha corso così, tenendo duro. A quel punto bisognava soprattutto aiutarlo a gestire le situazioni di stress nelle tappe intermedie, dove avrebbe potuto mollare se non avesse cercato di curare la classifica. Lì poteva non spendere e invece dovendo tenere duro non si è potuto risparmiare. E’ questo suo modo di correre però che lo ha portato anche in passato ad ottenere i suoi migliori risultati. Durante il Giro con Ivan (Basso, ndr) e Jesus (Hernández, ndr) ne abbiamo parlato e abbiamo deciso di supportarlo in questa sua scelta di fare classifica. Ed è stato un bel punto di partenza penso.

Punto di partenza verso il futuro. In cosa deve migliorare di più? A crono?

Senza dubbio per chi punta alla classifica la crono ormai è fondamentale. Bisogna lavorarci con costanza e bisogna farlo anche sui materiali, sull’aerodinamica… Ma Piganzoli su questo aspetto non parte da zero. Nel 2022 è stato campione nazionale under 23 e si vede che ci ha sempre investito del tempo. Non è male. Poi è anche vero che dovendo affrontare il suo primo Giro a questa età abbiamo lavorato molto più su tenuta e resistenza che a crono in modo specifico. Ma in ottica futura è senza dubbio un lavoro che va fatto.

Chiaro…

Dopo lo Slovenia prenderà parte anche al campionato nazionale a crono e vogliamo possa esprimersi al meglio. Al meglio per quel che ha adesso. Come detto lui è predisposto per questo sforzo. A me per esempio è piaciuta molto la sua seconda crono del Giro.

Perché?

Perché pur non essendo adatta ad uno scalatore e pur avendo preso 3′ minuti da Pogacar, lui è partito senza averla provata. La mattina per fargli risparmiare energie non ha pedalato, ma ha fatto la ricognizione in macchina. E poi certamente va migliorato anche il discorso dei materiali.

Posizione e attitudine buoni: il punto di partenza a crono non è male per Piganzoli
Posizione e attitudine buoni: il punto di partenza a crono non è male per Piganzoli
Però se si parla di futuro con lui ci si potrà lavorare, no? E’ anche bello che un giovane italiano parli di futuro in un team italiano…

Certo. Tra l’altro lavorare sui materiali è uno stimolo anche per noi se c’è un ragazzo che cresce nelle nostre giovanili. A noi potrà mancare una figura professionale in più, l’accessorio super, ma abbiamo le possibilità per metterlo nelle condizioni di esprimersi al meglio. Al Giro hanno vinto solo 8 team, noi abbiamo ottenuto due podi e portato a Roma 8 ragazzi su 8.

Stefano, Adesso Piganzoli andrà allo Slovenia, ma proprio in questi giorni abbiamo visto come sia stato duro per Tiberi andare al Delfinato, per esempio. E di come un giovane paghi di più il primo grande Giro, specie a questa età. Fanno bene questi blocchi così grandi?

Prima di tutto tra Giro e Slovenia c’è una settimana abbondante in più di recupero, in più “Piga” prima del Giro aveva corso poco. E poi questo potrebbe essere un buon viatico per arrivare al meglio agli italiani. Ho letto i vostri articoli in merito. Ma questo blocco era previsto ed è ben gestito. Se si è usciti bene dal Giro, perché non sfruttare questa occasione? Anche perché poi tra luglio e agosto non ci sono tante queste gare e potrà recuperare bene in vista del finale di stagione.

Farà ancora l’altura? 

Per questa estate non è previsto lavoro in quota, anche se poi lui già vive in un luogo abbastanza fresco e ha la compagna a Bormio (1.200 metri, ndr). Questo inverno è stato al Teide per la prima volta e gli avevamo affiancato gente esperta. E lo scorso anno gliel’avevamo fatta fare prima dell’Avenir.

Piganzoli, debutto coi fiocchi e corse a tappe nel futuro

30.05.2024
4 min
Salva

ROMA – Tredicesimo al primo grande Giro non è affatto male. E soprattutto quando è un risultato cercato. Un risultato che va a scapito della possibilità di conquistare una vittoria di tappa. Tutto questo è il Giro d’Italia di Davide Piganzoli, talento della Polti-Kometa.

Lottando con i più grandi, tenendo duro, mettendosi alla prova a cronometro, il “Piga” è arrivato a Roma. E tutto sommato, sembra esserci arrivato anche bene. Il suo volto era molto meno provato di quello di tanti altri. Ecco dunque un altro giovane, oltre ad Antonio Tiberi, che in ottica futura ci dà buone speranze per i grandi Giri.

Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica a 32’23” da Pogacar
Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica a 32’23” da Pogacar
Davide, prima di tutto complimenti…

Grazie! Sì, direi che alla fine è andato bene questo mio Giro. Forse all’inizio eravamo partiti con altre intenzioni, magari provare a vincere una tappa e prendere una buona fuga. E invece ci siamo ritrovati un po’ in classifica, tanto più che Matteo (Fabbro, ndr) non è stato bene. E così abbiamo cercato di fare il possibile, di correre sempre davanti…

Eppure sappiamo che in classifica non ti ci sei ritrovato, ma hai detto tu al team di voler tenere duro…

Più che altro non avevo e non volevo lo stress della classifica al via. Nel momento in cui magari fossi stato davanti le cose sarebbero un po’ cambiate. Sostanzialmente mi dicevo: «Se farò una tappa buona, se riuscirò a prendere una una fuga importante e magari guadagnerò qualche minuto sul gruppo allora terrò duro». Poi però è successo che in questo Giro il gruppo non ha mai lasciato tanto spazio alle fughe e io mi sono trovato lì lo stesso….  Ne sono contento!

Quanto è diverso il Piganzoli di Roma da quello Torino?

Alla fine sono state tre settimane intense e, dico la verità, sono passate abbastanza velocemente. Tre settimane in cui penso che un po’ sono cambiato in effetti. Ho preso più consapevolezza di me stesso e dei miei mezzi, ma al tempo stesso ho capito che c’è ancora tanto da lavorare. Però ho visto che i grandi non sono poi così lontani. A parte Pogacar.

Lui togliamolo! Nel senso che non va preso come esempio…

Esatto. Però è innegabile che c’è ancora tanto da lavorare. Io sono fiducioso.

Il lombardo è consapevole che a crono deve lavorare molto, anche se la sua posizione di partenza non è così male
Il lombardo è consapevole che a crono deve lavorare molto, anche se la sua posizione di partenza non è così male
Come sono state le sensazioni in salita? E queste sono cambiate durante il Giro?

Ho avuto un paio di giornate in cui non sono stato al cento per cento. Penso per esempio alla tappa con il Passo Sella in partenza. Lì non stavo benissimo e infatti mi sono staccato subito. Sono rientrato e ho tenuto il più possibile fino all’arrivo. Ma penso che se a 21 anni hai solo due giornate così così e perdi abbastanza poco, vuol dire che si può sperare. Che si può crescere.

Qual è il punto dove dovresti lavorare di più secondo te?

Penso che a crono devo lavorarci un bel po’. Bisogna capire come migliorare. E poi anche in salita, però su questo fronte è più “semplice”. Mi hanno sempre detto che si migliora con gli anni, quindi cercherò di continuare a lavorare per poi provare a essere davanti.

Se chiudi gli occhi, qual è il tuo ricordo del Giro? La tua foto della corsa rosa?

Sicuramente i tanti tifosi sulle strade. Ti riempiono veramente il cuore. Alla fine è vero che senti un pochino meno la fatica, perché i tanti tifosi ti spingono. Quantomeno è una fatica diversa, mettiamola così.

Verso Livigno, nella sua Valtellina, tanti tifosi e un’ottima prestazione
Verso Livigno, nella sua Valtellina, tanti tifosi e un’ottima prestazione
Di Pogacar cosa ci dici? Tu che ci hai pedalato fianco a fianco è davvero impressionante anche per voi corridori?

Sì, è impressionante vederlo in azione. Tu vedi che quando gli altri fanno veramente tanta fatica, lui invece è proprio tranquillo. Si gestisce, si guarda attorno. Salendo sul Grappa eravamo rimasti in una ventina. Vedevi gente come Thomas o Martinez che stavano facendo fatica, che comunque erano impegnati, avevano lo sguardo fisso, e Tadej invece saliva facile facile, controllava tutto, si voltava. Lì capisci che sta facendo una gara da sé.

Quali sono i tuoi programmi adesso?

Riposerò un pochino, poi farò subito il Giro di Slovenia e i campionati nazionali. Poi ancora un bel po’ di riposo per programmare la seconda parte di stagione.

Se la gamba è buona allo Slovenia ci farai divertire?

Ah – ride Piganzoli – non lo so. Intanto recuperiamo e poi vediamo.

Piganzoli-Pellizzari: cuore e gambe, ma a Livigno destini diversi

19.05.2024
5 min
Salva

LIVIGNO – L’aria ai quasi 2.400 metri del Mottolino, frazione di Livigno, è frizzante e pizzica le narici. Fa freddo, la temperatura non supera gli otto gradi e i corridori arrivano uno ad uno con distacchi che danno tempo al sole di nascondersi dietro l’orizzonte. Uno dei primi ad arrivare, alle spalle del vincitore di giornata e maglia rosa, Tadej Pogacar, è Davide Piganzoli. Il corridore della Polti-Kometa oggi ha corso in casa e all’attacco. E’ andato in fuga e si è dimostrato uno dei più attivi.

La Polti-Kometa oggi ha lavorato per Piganzoli, qui alle spalle di Fabbro sul Mortirolo
La Polti-Kometa oggi ha lavorato per Piganzoli, qui alle spalle di Fabbro sul Mortirolo

L’aria di casa

Il calore che i tifosi, assiepati fuori la zona mista, riservano a Piganzoli è fortissimo. Un boato lo accoglie, lui sorride, si siede e racconta questa giornata lunga e impegnativa. «Era la tappa di casa – dice – ci ho provato. Ci ho creduto ma alla fine sono mancate un po’ le gambe».

«Mi aspettavo più bagarre all’inizio – continua il valtellinese – invece la fuga è andata via subito, con un gruppo numeroso di una cinquantina di atleti. Con il passare dei chilometri c’è stata più selezione e siamo rimasti in trenta. Eravamo in cinque della Polti e ho chiesto ai miei compagni di lavorare. Fabbro ha fatto un gran ritmo sul Mortirolo. Io conoscevo bene la discesa e quindi mi sono riportato facilmente sui corridori che si erano avvantaggiati.

Generoso

Sulla strada che lentamente ha portato il gruppo da Bormio alla cima del Passo di Foscagno, Piganzoli è stato uno dei più attivi. Sembrava quello con la gamba migliore, più fresca, tanto che è stato lui a fare la prima mossa ai meno 30 dall’arrivo.

«Non penso di essere stato impaziente – riprende seduto sulla sedia della zona mista – stavo bene e avevo l’opportunità di vincere una tappa al Giro d’Italia, cosa che non capita tutti i giorni. L’ho fatto un po’ con il cuore e un po’ con le gambe, per la mia terra e i miei tifosi. Ho vissuto una giornata di grandi emozioni che mi hanno dato tanta voglia di fare.

«Le gambe alla fine erano quelle che erano. Quando ho provato ad allungare pensavo fosse il momento giusto. Pogacar è stato più forte e si è visto».

Per Pellizzari una fuga dal sapore di rivalsa dopo tre giorni difficili
Per Pellizzari una fuga dal sapore di rivalsa dopo tre giorni difficili

Pellizzari per ritrovarsi

Nel folto gruppo che questa mattina è scappato nei primi chilometri c’era anche Giulio Pellizzari. Lui era anche tra i sei corridori che sulle rampe del Colle San Zeno si sono avvantaggiati anticipando la fuga di giornata.

«Siamo andati via in discesa – sul Colle San Zeno – ero alla ruota del ragazzo della Alpecin-Deceuninck che è sceso davvero forte e gli sono rimasto a ruota. C’era anche Piganzoli, ma ha preso un buco e non ci ha seguiti».

«Forse ci siamo un po’ cucinati nella valle, con quella strada che piano piano saliva e non dava troppo respiro. Probabilmente sarebbe stato meglio stare nel secondo gruppo. Quei 45 chilometri nella valle li abbiamo pagati, tanto che alla prima accelerazione (ad opera proprio di Piganzoli, ndr) sono saltato».

Il sogno di arrivare a Roma

Pellizzari respira. Ha la voce bassa e prima di parlare prende degli integratori dal massaggiatore per accelerare il recupero. Li manda giù insieme a sorsi d’acqua amari come la giornata di oggi, ma lo spirito non si affievolisce

«Sono finito, cotto – ci confida con ancora la fatica negli occhi – ci ho provato più di testa che di gambe. Era una tappa dura per tutti, quindi ho provato ad anticipare ma è stata veramente tosta. Non sto proprio un granché, nei giorni scorsi sono stato male e oggi ho voluto provarci per dare un segnale anche a me stesso».

«Fisicamente sto a pezzi, volevo quasi andare a casa. Domani c’è il giorno di riposo, per fortuna, ci vuole proprio. Arrivare a Roma sarà già un successo ma mi va di provare a finire questo mio primo Giro d’Italia. Infatti, appena mi hanno staccato sono venuto su del mio passo per salvare un po’ di energie. Anche perché la settimana più dura deve ancora iniziare».

Piganzoli: il primo Giro d’Italia tra obiettivi e sogni

29.04.2024
5 min
Salva

Il conto alla rovescia per l’esordio al Giro d’Italia di Davide Piganzoli sta quasi per terminare. Oggi (lunedì) rientrerà dall’altura, farà una breve tappa a casa e poi via verso Torino insieme altri compagni della Polti-Kometa. L’azzurro classe 2002 è, insieme a Pellizzari, il futuro dell’Italia nelle corse a tappe. Nessuna pressione, ma la consapevolezza che nel percorso di crescita si è arrivati al punto di guardare nel ciclismo dei grandi e provare a metterci piede. 

«Oggi – racconta da casa Piganzoli – ho fatto le ultime quattro ore e mezza di allenamento prima di partire per il Giro. Una bella sessione di allenamento dura, con tanti intervalli e dietro motore. Il miglior modo per caricare un po’ e fare tanto ritmo corsa. Da dopo il Tour of the Alps mi sono messo sotto per cercare brillantezza e il giusto colpo di pedale».

Piganzoli ha in mente il Giro fin dalla preparazione invernale
Piganzoli ha in mente il Giro fin dalla preparazione invernale

Rincorsa finita

Le voci da inizio anno si sono inseguite per arrivare fino ai giorni tinti dal rosa del Giro. Piganzoli era uno dei papabili nomi che la Polti-Kometa avrebbe potuto portare al via di Torino. Il valtellinese è pronto, il 2023 gli è servito per prendere definitivamente le misure con il professionismo. Mentre questo inizio 2024 è stato utile per avere le ultime certezze.

«E’ dall’inverno – continua – che mi sto allenando in vista di questo grande appuntamento. Tutto è stato calcolato per arrivare al massimo della condizione al mio primo Grande Giro. Abbiamo fatto dei buoni periodi di preparazione in Spagna e tutte le gare disputate fino ad ora erano mirate per presentarmi al meglio al Giro».

In Antalya è arrivata la prima vittoria da professionista
In Antalya è arrivata la prima vittoria da professionista
Hai già messo alle spalle 23 giorni di corsa, con un calendario importante.

Vero. Anche in Turchia, dove ho vinto la mia prima gara da professionista, sono andato forte. Non bisogna guardare il livello della corsa, ma la prestazione in generale. Infatti ho fatto registrare buoni numeri e ne sono uscito molto motivato. 

Poi sei passato alla Tirreno-Adriatico, prima corsa a tappe WorldTour. 

Anche in quel caso mi sono mosso bene e le sensazioni erano incoraggianti. Il livello era più alto, ma io ho mantenuto le prestazioni che avevo fatto registrare in Turchia.

Dopo la Tirreno sei “sparito” per un mesetto, fino al ritorno all’Alps, che hai fatto?

Ho messo alle spalle un bel blocco di lavoro insieme alla squadra in vista del Giro. Siamo stati in ritiro sul Teide con l’obiettivo di scendere pronti e con una buona gamba. Al Tour of the Alps non ho brillato, ma è giusto così. In Trentino l’obiettivo era mettere nelle gambe ritmo gara e trovare il colpo di pedale giusto in vista della rifinitura di questi giorni. 

La Tirreno-Adriatico è stata la sua prima corsa a tappe WorldTour per Piganzoli
La Tirreno-Adriatico è stata la sua prima corsa a tappe WorldTour per Piganzoli
Le sensazioni com’erano?

In tutti questi mesi sono sempre state positive, non ho avuto contrattempi nella preparazione e la gamba è cresciuta giorno dopo giorno. Arrivo pronto. 

Il primo Giro d’Italia, che emozioni provi nel correrlo?

Grande, anzi grandissima. Non vedo l’ora della presentazione delle squadre, ma non ho pressioni addosso. Sono uno che è sempre stato abituato a correre sereno e tranquillo, voglio farlo anche al Giro. 

Cosa ti spaventa di più?

Le tre settimane di corsa. Non ho mai affrontato gare così lunghe, ma abbiamo lavorato molto bene per arrivare in forma con tanto fondo messo alle spalle soprattutto sul Teide. 

Nel mese di marzo ha fatto un periodo di preparazione insieme alla squadra sul Teide
Nel mese di marzo ha fatto un periodo di preparazione insieme alla squadra sul Teide
Invece il maggior stimolo?

Esserci. E’ il sogno che avevo fin da bambino quindi non sento di dover trovare altre motivazioni. Voglio solamente fare bene. 

Si passa anche vicino a casa tua, nella tappa di Livigno, che sorride ad uno scalatore come te. 

Verranno a vedermi tanti amici, la mia famiglia, la mia ragazza e molte altre persone. Non vedo l’ora di sentire il loro calore. Sarà una giornata difficile, ma non mi nascondo: l’obiettivo in questo Giro è provare a puntare a qualche tappa. 

Vincere a inizio anno ti ha dato maggiore consapevolezza?

Sì, ma so che sono due gare tanto diverse. Al Giro per vincere serve andare forte e avere anche tanta fortuna. Anzi, serve non avere sfortuna e rimanere lucidi nei momenti cruciali. Dai miei compagni posso imparare tanto, c’è chi ha già vinto al Giro e mi può dare ottimi consigli. Siamo un bel mix tra giovani ed esperti. 

L’ultima corsa prima del Giro è stato il Tour of the Alps
L’ultima corsa prima del Giro è stato il Tour of the Alps
Ora rotta verso Torino?

Il primo maggio raggiungerò la squadra lì e entreremo nel clima. Si partirà molto forte con la prima tappa che sarà tanto nervosa, mentre nella seconda si sale già. L’arrivo ad Oropa potrà fare male a tanti. 

Correre contro grandi scalatori come Pogacar e tanti altri come ti fa sentire?

Mi gasa tanto, potermi confrontare contro corridori di questo calibro è un grande onore speriamo di ben figurare.

Allora in bocca al lupo e ci si vede sulle strade del Giro. 

Crepi! E a presto.