L’eredità di Vingegaard: il WorldTour approda in Danimarca

26.12.2023
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La notizia, ufficializzata appena prima di Natale, è passata un po’ sotto traccia dalle nostre parti, ma merita invece un approfondimento: la Danimarca dal 2025 avrà una propria prova nel WorldTour. Una gara in linea sia al maschile che al femminile, che resterà nel programma del massimo circuito almeno per tre anni. Il progetto è figlio diretto della partenza del Tour de France nel 2022 che destò tantissimo scalpore in Patria e fuori, amplificato poi dalle imprese di Jonas Vingegaard: su quella base si è lavorato duramente, per realizzare un progetto importante.

Vingegaard con le sue vittorie al Tour ha dato nuovo impulso al ciclismo danese
Vingegaard con le sue vittorie al Tour ha dato nuovo impulso al ciclismo danese

Città a misura di bici

Il fatto che la Danimarca abbia una prova in linea nel WorldTour va a colmare una lacuna. E’ bene dirlo subito: se Nazioni come Olanda e Germania fanno leva soprattutto sulla cultura delle due ruote, non avendo una tradizione solida e radicata come il Belgio e i Paesi affacciati sul Mediterraneo, era assurdo che la Danimarca rimanesse in serie B e lo si capisce facendo un giro per la sua Capitale, Copenhagen, che sarà l’epicentro del nuovo progetto.

Partiamo dall’aspetto urbanistico: una Capitale fatta di grandi strade che collegano i vari quartieri e confluiscono nel centro città. Ogni strada (e sottolineiamo “ogni”, anche le piccole traverse) ha uno spazio ciclabile, con il disegno della pista che è stato studiato nei particolari. L’incidenza con il traffico veicolare è estremamente ridotto, si cammina davvero in parallelo, anche perché le strade (salvo le grandi direttrici) sono a senso unico permettendo comunque una circolazione abbastanza semplice, anche senza affidarsi alle varie app direzionali.

Le strade di Copenhagen sono invase da una stragrande maggioranza di ciclisti rispetto alle auto
Le strade di Copenhagen sono invase da una stragrande maggioranza di ciclisti rispetto alle auto

L’esempio di padre in figlio

La cosa che colpisce girando per la città è l’enorme numero di ciclisti. La bici è uno strumento prioritario per spostarsi: mezzi molto economici (in un Paese dove il costo della vita, in paragone al nostro, è molto alto pur con il cambio 7 corone=1 euro) che devono avere l’unico scopo di essere affidabili negli spostamenti. L’utilizza una grande parte della popolazione per essere al lavoro molto presto (si sfruttano al massimo le ore di luce d’inverno) e l’osservanza del codice stradale è massima: non troverete mai un ciclista che passa col rosso non vedendo altri veicoli vicini…

Tutto ciò è importante perché è l’humus dove si coltiva anche la passione sportiva. In tal senso esemplari erano state le parole di Albert Philipsen, il campione del mondo junior su strada e mtb che raccontava come la voglia di gareggiare sia emersa andando dietro al padre non tanto nelle gare quanto nelle escursioni, vivendo quella profonda gioia di pedalare in mezzo alla natura, condividendo l’esperienza con gli altri.

Il passaggio davanti alla Sirenetta probabilmente non mancherà nella classica del 2025
Il passaggio davanti alla Sirenetta probabilmente non mancherà nella classica del 2025

Un progetto ben definito

Il Giro di Danimarca è da anni un appuntamento importante della seconda parte di stagione, richiamando anche team del WorldTour ma dopo quanto avvenuto in Francia c’era bisogno di un’ulteriore salto di qualità.

E’ stato messo insieme un consorzio di forze a sostegno del progetto, comprendente i comuni di Copenhagen e Roskilde sede di partenza, la Federazione ciclistica nazionale, la Sport Event Denmark, Wonderful Copenhagen principale riferimento di promozione turistica della capitale, i ministeri statali della cultura e degli affari. Tutti insieme ci si è presentati davanti all’Uci, mostrando un programma dettagliato, articolato in ogni aspetto e la federazione internazionale ha dato il suo placet, a partire dal 2025.

Nyhavn, uno dei centri nevralgici della capitale, turisticamente ma anche come socializzazione
Nyhavn, uno dei centri nevralgici della capitale, turisticamente ma anche come socializzazione

Percorso da classica del Nord

Il percorso è naturalmente in via di definizione, ma già si sa che partirà da Roskilde, sede storica di uno dei più grandi festival musicali sin dal lontano 1971 attraverso il quale sono passati tantissimi nomi di spicco europei, americani e non solo, per poi concludersi nel centro di Copenhagen, forse con un circuito finale.

«Vogliamo creare un percorso spettacolare – ha affermato il responsabile eventi della federciclismo danese Jesper Tikiob – che possa concentrare tutto il meglio che offre la regione dello Zealand. Useremo le strade di campagna, da affrontare con attenzione perché molto ventose ma anche gli spazi aperti e le lunghe strade a ridosso della corsa. Ne verrà fuori una gara incerta, che vogliamo disegnare ispirandoci anche alle classiche del nord, nell’uso ad esempio di curve strette e passaggi tecnici. Ma in testa alla nostra agenda ci saranno sempre gli aspetti della sicurezza e dell’interesse comune».

La sindaca Sophie Haestorp Andersen insieme al presidente Aso Prudhomme (foto Getty Images)
La sindaca Sophie Haestorp Andersen insieme al presidente Aso Prudhomme (foto Getty Images)

Un festival delle due ruote

Il progetto, che come detto prevedrà una prova al maschile e una per le ragazze (da vedere se nella stessa giornata o nell’arco di due giorni) va anche oltre: «Copenhagen è la miglior città ciclistica del mondo – ha sottolineato la sindaca Sophie Haestorp Andersen annunciando l’accettazione della proposta – e i pro’ contribuiranno anche al ciclismo di tutti i giorni. Intendiamo abbinare alla gara del WT un grande festival delle due ruote ma non solo: dopo la gara libereremo le strade perché la gente comune possa prenderne possesso e pedalare senza la presenza di auto». Si prospetta un grande evento, tocca solo aspettare…

Tour de l’Avenir, il ciclismo è un fenomeno mondiale

04.09.2023
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Il Tour de l’Avenir ha confermato la sempre più grande internazionalizzazione del ciclismo. La maglia gialla è stata addosso a diverse nazioni, ma quando le tappe si sono fatte impegnative il simbolo del primato è rimbalzato dagli Stati Uniti al Messico. Isaac Del Toro (in apertura la vittoria nella tappa del Col de la Loze, foto Tour de l’Avenir) si è aggiudicato questa edizione, confrontandosi con gli amici e rivali Piganzoli, Pellizzari e Riccitello. Quest’ultimo ha perso la maglia proprio l’ultimo giorno a vantaggio del messicano. 

L’occhio del cittì

Marino Amadori, storico cittì della nazionale under 23 ha guidato i suoi ragazzi a due posti sul podio. Un risultato promettente e ottenuto con prestazioni solide, solamente Del Toro si è dimostrato superiore. Ma in queste otto tappe cos’ha visto Amadori, che livello ha percepito del ciclismo italiano e di quello estero?

«Il Tour de l’Avenir – ci dice – è il campionato del mondo delle corse a tappe. Qui si sfidano i giovani corridori più forti al mondo, è sempre un bel banco di prova per capire il livello generale. In contesti del genere bisogna arrivare pronti, ormai ogni dettaglio conta, ci stiamo avvicinando sempre più al professionismo. Considerando anche che alcuni ragazzi già corrono tra i grandi (Riccitello, Piganzoli e Christen che dall’1 agosto è alla UAE Emirates, solo per fare alcuni nomi, ndr). I primi dieci della classifica generale sono tutti corridori importanti e per di più giovani: 2002 e 2003. Molti ragazzi passano professionisti direttamente dalla categoria juniores, il mondo va così, lo si diceva e l’Avenir è stata una conferma».

Mondializzazione

Il ciclismo come detto ha aperto le porte a tutto il mondo, non ci sono più limiti o confini che reggono. E il mondo dei giovani è quello dove questo si vede maggiormente, la bici non è più solamente “europea”. 

«Il ciclismo giovanile – riprende Amadori – si è aperto totalmente, l’UCI ha lanciato la mondializzazione del ciclismo. E’ uno sport che ormai si evolve a 360 gradi e ti trovi questi ragazzi ovunque. Del Toro stesso si è preparato al Sestriere, nello stesso periodo in cui eravamo su noi. I messicani hanno fatto altura per 30 giorni, sono andati a visionare tutte le tappe. Hanno fatto, più o meno, quello che abbiamo fatto noi. Non ci sono più differenze tra europei e non, ma è giusto che sia così. Molte nazioni extra Europa lavorano come dei team WorldTour, arrivano agli appuntamenti importanti, come l’Avenir, al 100 per cento.

«A livello di rose – continua Amadori – le differenze rimangono, alla fine nelle tappe dure Del Toro rimaneva abbastanza isolato. Quando il gruppo era composto da una ventina di corridori i messicani rimanevano in due. Noi come Italia avevamo una squadra molto forte, nata anche dal fatto che abbiamo molti atleti forti, che però vanno tutelati».

Tutte le formazioni si preparano al meglio per gli appuntamenti più importanti (foto Tour de l’Avenir)
Tutte le formazioni si preparano al meglio per gli appuntamenti più importanti (foto Tour de l’Avenir)

Gli europei

Anche le nazioni europee sono andate forte, sia chiaro, con l’Italia in grande spolvero. Molte nazioni hanno ben figurato, a partire dalla Danimarca, non nuova al ciclismo di alto livello, visto che hanno vinto gli ultimi due Tour de France. E’ stato proprio un danese, Foldager, a soffiare la prima maglia gialla al nostro Giacomo Villa, suo compagno di squadra alla Biesse-Carrera. 

«Foldager – aggiunge il cittì – andava come un missile, lui come tutta la Danimarca, che infatti ha vinto la cronometro a squadre. Le squadre europee però si sono messe in mostra tutte più o meno, le tappe erano così dure che ognuno ha avuto la sua occasione. Da sottolineare c’è l’incidente che ha messo fuori gioco Staune-Mittet, uno di quelli che avrebbe potuto dire la sua per la classifica finale. Nonostante questa sfortuna la Norvegia ha comunque piazzato due corridori nei primi dieci: Svestad e Kulset. A testimonianza di quanto detto prima.

«Quando si viene a correre in questi grandi appuntamenti – conclude Amadori – bisogna guardare l’età dei corridori e non da dove vengono. Sono tutti pronti, i nostri ragazzi devono essere preparati a loro volta. Il calendario è diverso ma non così tanto, Del Toro ad esempio ha corso il Giro della Valle d’Aosta e il Sibiu Tour. Sono le stesse gare che corrono i nostri ragazzi che militano nelle migliori continental e professional. L’ho detto spesso ai miei corridori in questi giorni “se hai qualità e dote non ci sono scusanti” e non ne hanno trovate».

Parentini con la Danimarca: mondiale 10 e lode!

26.08.2023
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Al maglificio sportivo Parentini, i recenti campionati del mondo di ciclismo andati in scena a Glasgow, in Scozia, hanno assicurato una visibilità ed una ribalta mediatica di grandissimo valore. Il merito? Tutto degli atleti, uomini, donne, giovani e paralimpici della federazione danese – che ricordiamo essere fornita da moltissimo tempo proprio dalla realtà toscana di Giampaolo Parentini – che con le proprie squadre nazionali, impegnate su più fronti in tutte le discipline di quelle che quest’anno sono state definite con ragione delle piccole “Olimpiadi del ciclismo”, ha trionfato e comunque sempre ben figurato in moltissime delle competizioni in programma.

La Danimarca ha brillato con il quarto posto di Pedersen nella prova dedicata ai professionisti
La Danimarca ha brillato con il quarto posto di Pedersen nella prova dedicata ai professionisti

Su tutti, i due ori conquistati dal talento Junior Albert Philipsen, capace di vincere a distanza di appena una settimana sia la prova in linea su strada quanto quella Mtb. Un ragazzo fortissimo, Philipsen del quale sentiremo parlare presto anche in ambito di ciclismo professionistico… E poi il quartetto dell’inseguimento su pista in grado di sconfiggere in finale la nostra selezione, e detentrice del titolo olimpico in carica, capitanata da Filippo Ganna.

Tra le due nazionali la sfida e la rivincita sarà programmata a Parigi nel 2024 in occasione delle prossime, attesissime Olimpiadi… Non è mancato un titolo femminile sempre su pista nella disciplina dell’omnium, oltre all’argento su strada di Amalie Dideriksen, al bronzo di Cecilie Uttrup Ludwig nel Cross Country Mtb e alla terza piazza del podio, sempre nella Mountain bike, nella particolare gara a staffetta “Mix Relay”.

Grazie Danimarca

«Vogliamo congratularci di cuore con tutto il team danese – ha dichiarato Giampaolo Parentini, il titolare dell’omonimo maglificio toscano – dagli atleti allo staff tecnico, per le loro eccezionali performance colte in questa rassegna iridata. Ogni chilometro percorso, ogni spinta verso il traguardo ci ha fatto sentire parte di un grande successo. I campionati del mondo sono finiti ma il ricordo delle vittorie danesi e delle sfide superate con successo continuerà a brillare nella nostra memoria.

«Desideriamo ringraziare ciascun singolo membro del team per le emozioni e per l’ispirazione che ci ha regalato, spingendoci ad innovare costantemente per così poter essere in grado di offrire agli atleti di tutto il mondo capi tecnici all’altezza delle loro sfide».

Non sono mancate le gioie nemmeno sul parquet in queste “Olimpiadi del ciclismo”
Non sono mancate le gioie nemmeno sul parquet in queste “Olimpiadi del ciclismo”

Attenzione all’ambiente

Il marchio Parentini, da sempre legato al mondo del ciclismo agonistico, nasce quasi cinquant’anni fa, nel 1976, quando Gianpaolo Parentini – tuttora amministratore delegato – assume la gestione della maglieria di lana e sport di suo padre. Nel corso degli anni, l’azienda ha sviluppato la propria esperienza e competenza nel design, nella stampa e nell’utilizzo di tessuti tecnici e sperimentali da impiegare appunto nella disciplina del ciclismo. Nel 1982 il primo grande successo ai Mondiali di Goodwood, in Inghilterra, con la maglia iridata conquistata da Giuseppe Saronni. Il quale, l’anno successivo, sempre in maglia Parentini, conquista il Giro d’Italia!

Fin dai primi passi sul mercato, l’azienda è cresciuta in ogni singola stagione. L’intera produzione è realizzata a mano in Italia, o meglio in Toscana, all’interno dei propri laboratori. Non da ultimo è importante sottolineare quanto Parentini sia una realtà che ha fatto della sostenibilità una propria filosofia di lavoro. Qui si ha realmente a cuore l’ambiente, e conseguentemente si crea abbigliamento da ciclismo – lo sport “green” per eccellenza – impiegando macchinari ecologici, con un impatto ambientale pari quasi a zero.

«Dopo aver sostituito le macchine da stampa – ammette Gianpaolo Parentini – abbiamo anche provveduto a modificare le linee dei tessuti. Oggi utilizziamo solo ed esclusivamente filati provenienti da plastiche riciclate, e proprio con questi tessuti realizziamo i nostri completi e i nostri fondelli. Mantenendo e migliorando la performance tecnica creiamo orgogliosamente un prodotto pensando al futuro… per il quale l’ambiente ringrazia».

Parentini

Il Tour di Vingegaard iniziato da una lite a scuola

11.11.2022
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Soltanto nella sua casa a Hillerslev, Vingegaard riesce ad essere semplicemente Jonas. Quando lo dice, a tratti nella sua voce compare una voglia di normalità dopo lo tsunami di popolarità che lo ha travolto con la vittoria del Tour. Il paese si incontra 280 chilometri a nord di Copenhagen e con i suoi 360 abitanti è davvero un’oasi di silenzio.

«Ci sono appena piccole differenze rispetto a prima – sorride il danese con un pizzico di ironia – sono più riconosciuto, ma quando sono a casa, è come prima. Posso ancora allenarmi come voglio, dove voglio. E chi lo desidera può pedalare con me».

Capire che cosa abbia significato per Jonas e la sua famiglia essere arrivati così in alto, è fare un viaggio nella tradizione e la cultura di un popolo che, soprattutto nelle campagne, viene educato nel segno della collettività, rifuggendo l’affermazione personale. Al punto che quando un insegnante del liceo cercò di convincere il giovane Jonas del fatto che non dovesse avere sogni legati allo sport, sua madre Karina esplose.

«Ero semplicemente così furiosa – ha raccontato – non è giusto togliere i sogni ai giovani. E ci sono alcuni sogni per i quali devono passare per la cruna di un ago».

Claus e Karina Vingegaard, i genitori di Jonas, hanno seguito la vittoria del Tour nel tendone di Hillerslev (foto Nordjyske/Henrik Bo)
Claus e Karina Vingegaard, i genitori di Jonas, hanno seguito la vittoria del Tour nel tendone di Hillerslev (foto Nordjyske/Henrik Bo)

Il ciclismo e la ribellione

Quando Jonas ha vinto il Tour, tutto il paese si è radunato sotto un tendone costruito nella piazza vicino alla chiesa, con i suoi genitori Claus e Karina nel mezzo a ricevere gli abbracci e gli applausi

Il Tour de France ha sempre fatto parte della vita della famiglia. Nel 1996, Karina era incinta di Jonas e insieme a suo marito seguì la vittoria di Bjarne Riis in maglia gialla. 

Da allora, quasi per ogni estate, la famiglia iniziò a recarsi in Francia per seguire il Tour de France e quando Jonas ha iniziato a correre, Claus ha pensato bene di investire in una roulotte che, oltre a garantire che Jonas potesse partecipare alle varie gare ciclistiche, è diventata la cornice di tante vacanze. Suona come una beffa il fatto che proprio quest’anno, in cui avrebbero avuto da festeggiare il Tour del figlio, i Vingegaard non siano potuti andare in Francia per motivi personali.

In un Paese caratterizzato dalla legge di Jante, uno schema mentale tipico del Nord Europa elaborato dal sociologo Aksel Sandemose, secondo cui bisognerebbe rifuggire l’affermazione individuale a favore della collettività, i genitori di Vinegaard sono andati nella direzione opposta. Raccontano infatti che per loro, era importante che i figli crescessero con la convinzione che avere degli altri obiettivi ripaga dagli sforzi. Al punto di aver discusso con quel consulente scolastico che si era preso la briga di dire a Jonas, già innamorato di ciclismo, che non sarebbe potuto diventare un ciclista professionista.

«Per fortuna alla scuola dello sport – ha ricordato la mamma – ha trovato un insegnante che valeva tanto oro per quanto pesava. Ha avuto un approccio a Jonas che lo ha fatto crescere mentalmente. Allo stesso tempo, ci siamo messi in contatto con un mental coach e quel periodo ha segnato la svolta psicologica».

A Saitama, Vingegaard ha indossato nuovamente la maglia gialla di PArigi
A Saitama, Vingegaard ha indossato nuovamente la maglia gialla di PArigi

La scelta del Tour

«Tutta questa attenzione non mi disturba – dice il diretto interessato, incuriosito dall’attenzione sulle sue origini – non sto cercando i riflettori. Sarei così felice anche se nessuno mi riconoscesse, ma non ho problemi con questo. Fa parte del pacchetto».

Prima di ricominciare sul serio con gli allenamenti, Vingegaard si è concesso una vacanza alle Maldive con la compagna Trine e la figlia Frida, che ha ancora due anni e si nasconde spesso fra le gambe del padre. Poi sulla via del ritorno, si è fermato in Giappone per i circuiti organizzati dal Tour de France. E qui ha potuto commentare le sfide che lo attendono. 

«Quello del Tour – ha detto – è un buon percorso. Mi sarebbe piaciuto solo un po’ più di cronometro, perché penso che sarebbe stata a mio vantaggio. E’ vero che il mio sogno è vincere i tre grandi Giri e a dicembre, durante il ritiro, ne parleremo. Vedremo cosa vuole la squadra e cosa vorrei io. Per il momento sarebbe troppo complicato correre Giro e Tour. E dovendo scegliere, la mia preferenza va al Tour de France».

Altre lacrime, altre spallate. E intanto arriva Dainese

03.07.2022
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Groenewegen, Van Aert, Philipsen e Sagan. Settimo Dainese. La terza tappa del Tour si è snodata in una cornice di pubblico pazzesca, ma già stasera i corridori hanno lasciato la Danimarca alla volta della Francia. In lacrime davanti ai giornalisti, il vincitore di giornata si racconta così.

«E’ stata una lunga strada – dice Groenewegen, il giorno dopo parole simili di Jakobsen – voglio ringraziare la mia squadra, la mia famiglia e i miei amici per avermi riportato al Tour in buona forma. Fisicamente il ritorno non è stato difficile, mentalmente potete immaginarlo. Questa vittoria è per mia moglie e mio figlio, con cui ho passato il tempo dopo tutto quello che è successo. Questo successo significa molto per me».

La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione
La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione

Il gruppo compressore

Fatto salvo Magnus Cort in fuga per tutto il giorno, il gruppo prima ha lasciato fare e poi si è messo a divorare chilometri, largo come un rullo compressore, occupando tutta la strada. Modo cervellotico e rischioso di avanzare. Basta una sbandata e si cade, cosa che puntualmente accade. Questa volta a 7 chilometri dall’arrivo ne hanno fatto le spese con 39 secondi di passivo Jack Haig, Guillaume Martin e Uran. Ma nessun leader vuole rimanere senza compagni attorno e così la testa del plotone si allarga e non molla un centimetro. Quello più smaliziato è Pogacar, che magari capisce l’inutilità di formare gruppi nel gruppo e finora se l’è sempre cavata da solo.

Lo show (inutile) di Van der Poel

Poi a circa tre chilometri dalla fine, fuoco e fiamme. Comincia Van der Poel, che mette in mostra i muscoli a fondo perduto. Nel senso che strina il gruppo per 700 metri e poi si sposta, lasciando i compagni a vedersela con la maggior solidità della Quick Step. Solo che questa volta Morkov è solo e deve spostarsi, lasciando via libera a Van Aert, Sagan, Groenewegen e Philipsen, bravo a rimanere a galla. E poi settimo, a margine degli… scambi di vedute fra Sagan a Van Aert, arriva Dainese, debuttante del Tour. E questa, dopo il nono posto di Mozzato nella tappa di ieri, è una notizia.

Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.
Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.

Dainese cresce

Ieri era caduto assieme a Mozzato sul ponte a 25 chilometri dall’arrivo, ma a lui era andata peggio rispetto al vicentino. Figurarsi, sono entrambi del 1998 e dopo una carriera spalla a spalla nelle categorie giovanili, ritrovarsi al Tour, a condividere il debutto e i rischi della corsa, è qualcosa di speciale.

«Di 200 chilometri ce ne saranno stati 20 senza pubblico – sorride – mentre lo stress per tenere le posizioni non è mai venuto meno. E’ stata una giornata un po’ più rilassata rispetto a ieri, ma in finale è tornato il caos. Eravamo insieme a tutta la squadra e i ragazzi hanno corso molto bene. Negli ultimi chilometri siamo stati sempre davanti ed abbiamo evitato le cadute, quindi è stato un buon lavoro. Bardet, Degenkolb ed Eekhoff mi hanno portato in una buona posizione nell’ultima curva.

Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen
Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen

«Poi ho aspettato un po’ troppo dietro Jakobsen – precisa – ma siamo rimasti chiusi a destra. Così non ho potuto realmente fare il mio sprint. Ma le sensazioni sono state buone, considerano le botte di ieri. Peccato per gli ultimi 200 metri, ma la prossima volta cercherò un risultato migliore. La volata davanti? Van Aert ha deviato un pochino, ma nei limiti…».

Sagan-Van Aert, déjà vu

Non è la prima volta che Sagan e Van Aert si scontrano al Tour de France. Nell’undicesima tappa del Tour 2020, a Poitiers, Van Aert fu toccato da Sagan, che poi venne declassato. La tappa andò a Caleb Ewan e quella volta fu il belga a… celebrare lo slovacco, ma con il dito medio.

«Ero in una posizione molto buona – dice questa volta Sagan – ma sono stato fermato. Quei movimenti di Van Aert sono stati brutti. Quel dito era destinato anche a lui, lo sa bene. Dopo non c’è stato tempo per parlargli. Alla fine sono arrivato quarto, per adesso va bene».

Van Aert, per la terza volta consecutiva secondo, dice di non essersi reso conto di aver danneggiato Sagan e delle sue rimostranze.

«No, non mi sono sentito – dice la maglia gialla – come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ho visto Peter superarmi dopo lo sprint. Ho visto che provava a dire qualcosa, ma a causa del rumore non sono riuscito a capirlo. Non mi ero accorto che si stesse lamentando. Non so cosa sia successo».

Qualcosa ci dice che la rivincita se la prenderanno nella tappa del pavé. Gli uomini del Nord ci stanno arrivando con il coltello fra i denti. Ma noi per oggi ci teniamo stretto il piazzamento di Dainese, come ieri quello di Mozzato. Le nuove leve avanzano. Magari un giorno diremo che bastava semplicemente aspettarli.

Foldager, danese d’Italia. In Biesse Carrera c’è un gioiello…

30.05.2022
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Le gare italiane per elite e under 23 sono sempre più ricche di corridori stranieri. Molti scelgono il nostro Paese per trovare la loro strada verso il professionismo e nelle ultime settimane in gruppo non si fa che parlare di Anders Foldager, ventenne della Biesse Carrera. Classico esempio di come spesso si debba guardare oltre ai risultati, cercando di capire quel che succede nelle corse. Il danese, pur non vincendo prove internazionali, è stato nella Top 10 di San Vendemiano e al Giro del Belvedere ma soprattutto ha fatto vedere una crescita di consapevolezza e di interpretazione delle corse che lo hanno fatto spiccare.

Marco Milesi, diesse della formazione lombarda, lo ha subito gettato nella mischia contro i professionisti, al Laigueglia e nella Per Sempre Alfredo e Foldager ha tenuto botta con carattere, senza farsi impressionare.

«Me lo aveva consigliato un mio amico della Trek – racconta – lo scorso anno aveva fatto già belle cose, si era messo in evidenza in montagna al Giro di Danimarca. Abbiamo organizzato un incontro e sentito quali fossero le sue aspettative. Lo abbiamo testato e abbiamo visto che era davvero forte, con valori importanti, così lo abbiamo preso».

Foldager Danimarca 2021
Foldager è nato a Skive il 27 luglio 2001. Si è messo in evidenza in salita al Giro di Danimarca 2021
Foldager Danimarca 2021
Foldager è nato a Skive il 27 luglio 2001. Si è messo in evidenza in salita al Giro di Danimarca 2021

Tifoso del Tour a 9 anni

«Ho sempre sognato di fare il corridore – racconta Foldager – ricordo che quando avevo 9 anni guardavo il Tour e dissi a mio padre che un giorno ci sarei stato anch’io fra quei ciclisti seguiti da tutto il mondo. Iniziai il mio cammino che prosegue tuttora».

Foldager ha dimostrato di essere un corridore completo, capace di emergere sugli strappi brevi, ma che tiene il passo anche sulle salite lunghe (anche se chiaramente va valutato nelle prove di alta montagna): «E’ particolarmente forte sui percorsi misti – riprende Milesi – ma ha anche un buon spunto veloce e tiene bene sulle salite di 5-6 chilometri. Poi parliamo di un ventenne, che ha ampi margini di crescita».

Come viene gestito? «Dipende dalle gare. Ad esempio alla Coppi e Bartali il nostro leader era Garosio che puntava alla maglia di miglior scalatore e Anders si è messo a sua piena disposizione per permettergli di conquistare e difendere il trofeo. Nelle gare dove invece il percorso gli si adatta meglio, era lui il leader e i compagni hanno lavorato per lui».

Milesi Biesse 2022
Marco Milesi, diesse della Biesse Carrera, crede molto in Foldager, che porterà al Giro Under 23
Milesi Biesse 2022
Marco Milesi, diesse della Biesse Carrera, crede molto in Foldager, che porterà al Giro Under 23

In Italia per crescere

La scelta di venire in Italia non è stata casuale per il danese: «Appena finita la scuola avevo intenzione di spostarmi per proseguire nel mio cammino di crescita, dovevo andare in un Paese con una forte cultura ciclistica e ho visto che in Italia c’è un calendario internazionale molto importante e ricco per la mia categoria. C’erano le opportunità migliori per crescere».

Il suo approdo non è stato semplicissimo: «E’ stata una scelta difficile e coraggiosa, lo ammetto. Non conoscevo la lingua, all’inizio è stata davvero dura anche perché mi sono dovuto confrontare con una cultura molto diversa da quella che c’è da me, ma sapevo che avrei potuto imparare tanto. Ho trovato una società ideale, un bell’ambiente con ragazzi con cui condividere la mia attività ma anche la vita al di fuori del ciclismo».

Foldager Fubine 2022
Foldager a destra del vincitore Epis e di Debiasi, al Trofeo Fubine Porta del Monferrato
Foldager Fubine 2022
Foldager vicino al vincitore Giosué Epis, al Trofeo Fubine Porta del Monferrato

E’ dura imparare l’italiano…

L’ostacolo maggiore resta ancora la lingua: «E’ difficile, molto diversa dalla nostra. Cerco di studiare, la società mi ha messo a disposizione un’insegnante e poi con i ragazzi parliamo anche inglese. E’ dura, ma spero di migliorare».

«Noi abbiamo cercato di metterlo nelle condizioni migliori per emergere – interviene Milesi – d’altronde è una persona gentile e disponibile, ha chiaramente un carattere diverso dal nostro, ma si è adattato bene. Quel che mi piace di più è che da quando è arrivato è andato sempre in crescendo, nelle gare internazionali si piazza sempre e ha ancora un grande potenziale da esprimere».

Foldager Biesse 2022
In Italia Foldager ha mostrato grandi progressi, iniziando a correre con i pro’
Foldager Biesse 2022
In Italia Foldager ha mostrato grandi progressi, iniziando a correre con i pro’

Nel solco dei cacciatori di classiche

Foldager si inserisce in una grande tradizione danese che emerge particolarmente nelle classiche d’un giorno. Asgreen, Valgren, Cort-Nielsen sono i suoi riferimenti attuali, ma certamente è curioso come ci sia una certa specializzazione mentre in passato si sono avuti anche vincitori del Tour de France come Riis. Da che cosa dipende?

«E’ difficile dirlo – risponde il ventenne di Skive – penso dipenda molto dalla tradizione del nostro ciclismo. Abbiamo sempre avuto grandi corridori per le classiche e pochi per i grandi Giri. Non credo dipenda dalla conformazione geografica del nostro Paese, anche noi ci alleniamo e corriamo gare fino a 5-6 ore e poi le montagne le possiamo trovare in Europa. Io comunque vorrei fare bene anche nelle corse a tappe, già da quest’anno».

Infatti Foldager dovrebbe essere al via sia del Giro che (se verrà convocato dalla sua nazionale) al Tour de l’Avenir: «Vorrei poi fare le gare titolate, tutto per arrivare al mio sogno, strappare un contratto per una squadra professional a fine stagione. Intanto ora andrò tre settimane a Livigno, per preparare gli impegni dell’estate».

Foldager ha idee molto chiare su quale deve essere il suo futuro e un pro’ lo si vede anche da queste cose…