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Il Tour di Vingegaard iniziato da una lite a scuola

11.11.2022
4 min
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Soltanto nella sua casa a Hillerslev, Vingegaard riesce ad essere semplicemente Jonas. Quando lo dice, a tratti nella sua voce compare una voglia di normalità dopo lo tsunami di popolarità che lo ha travolto con la vittoria del Tour. Il paese si incontra 280 chilometri a nord di Copenhagen e con i suoi 360 abitanti è davvero un’oasi di silenzio.

«Ci sono appena piccole differenze rispetto a prima – sorride il danese con un pizzico di ironia – sono più riconosciuto, ma quando sono a casa, è come prima. Posso ancora allenarmi come voglio, dove voglio. E chi lo desidera può pedalare con me».

Capire che cosa abbia significato per Jonas e la sua famiglia essere arrivati così in alto, è fare un viaggio nella tradizione e la cultura di un popolo che, soprattutto nelle campagne, viene educato nel segno della collettività, rifuggendo l’affermazione personale. Al punto che quando un insegnante del liceo cercò di convincere il giovane Jonas del fatto che non dovesse avere sogni legati allo sport, sua madre Karina esplose.

«Ero semplicemente così furiosa – ha raccontato – non è giusto togliere i sogni ai giovani. E ci sono alcuni sogni per i quali devono passare per la cruna di un ago».

Claus e Karina Vingegaard, i genitori di Jonas, hanno seguito la vittoria del Tour nel tendone di Hillerslev (foto Nordjyske/Henrik Bo)
Claus e Karina Vingegaard, i genitori di Jonas, hanno seguito la vittoria del Tour nel tendone di Hillerslev (foto Nordjyske/Henrik Bo)

Il ciclismo e la ribellione

Quando Jonas ha vinto il Tour, tutto il paese si è radunato sotto un tendone costruito nella piazza vicino alla chiesa, con i suoi genitori Claus e Karina nel mezzo a ricevere gli abbracci e gli applausi

Il Tour de France ha sempre fatto parte della vita della famiglia. Nel 1996, Karina era incinta di Jonas e insieme a suo marito seguì la vittoria di Bjarne Riis in maglia gialla. 

Da allora, quasi per ogni estate, la famiglia iniziò a recarsi in Francia per seguire il Tour de France e quando Jonas ha iniziato a correre, Claus ha pensato bene di investire in una roulotte che, oltre a garantire che Jonas potesse partecipare alle varie gare ciclistiche, è diventata la cornice di tante vacanze. Suona come una beffa il fatto che proprio quest’anno, in cui avrebbero avuto da festeggiare il Tour del figlio, i Vingegaard non siano potuti andare in Francia per motivi personali.

In un Paese caratterizzato dalla legge di Jante, uno schema mentale tipico del Nord Europa elaborato dal sociologo Aksel Sandemose, secondo cui bisognerebbe rifuggire l’affermazione individuale a favore della collettività, i genitori di Vinegaard sono andati nella direzione opposta. Raccontano infatti che per loro, era importante che i figli crescessero con la convinzione che avere degli altri obiettivi ripaga dagli sforzi. Al punto di aver discusso con quel consulente scolastico che si era preso la briga di dire a Jonas, già innamorato di ciclismo, che non sarebbe potuto diventare un ciclista professionista.

«Per fortuna alla scuola dello sport – ha ricordato la mamma – ha trovato un insegnante che valeva tanto oro per quanto pesava. Ha avuto un approccio a Jonas che lo ha fatto crescere mentalmente. Allo stesso tempo, ci siamo messi in contatto con un mental coach e quel periodo ha segnato la svolta psicologica».

A Saitama, Vingegaard ha indossato nuovamente la maglia gialla di PArigi
A Saitama, Vingegaard ha indossato nuovamente la maglia gialla di PArigi

La scelta del Tour

«Tutta questa attenzione non mi disturba – dice il diretto interessato, incuriosito dall’attenzione sulle sue origini – non sto cercando i riflettori. Sarei così felice anche se nessuno mi riconoscesse, ma non ho problemi con questo. Fa parte del pacchetto».

Prima di ricominciare sul serio con gli allenamenti, Vingegaard si è concesso una vacanza alle Maldive con la compagna Trine e la figlia Frida, che ha ancora due anni e si nasconde spesso fra le gambe del padre. Poi sulla via del ritorno, si è fermato in Giappone per i circuiti organizzati dal Tour de France. E qui ha potuto commentare le sfide che lo attendono. 

«Quello del Tour – ha detto – è un buon percorso. Mi sarebbe piaciuto solo un po’ più di cronometro, perché penso che sarebbe stata a mio vantaggio. E’ vero che il mio sogno è vincere i tre grandi Giri e a dicembre, durante il ritiro, ne parleremo. Vedremo cosa vuole la squadra e cosa vorrei io. Per il momento sarebbe troppo complicato correre Giro e Tour. E dovendo scegliere, la mia preferenza va al Tour de France».

Altre lacrime, altre spallate. E intanto arriva Dainese

03.07.2022
6 min
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Groenewegen, Van Aert, Philipsen e Sagan. Settimo Dainese. La terza tappa del Tour si è snodata in una cornice di pubblico pazzesca, ma già stasera i corridori hanno lasciato la Danimarca alla volta della Francia. In lacrime davanti ai giornalisti, il vincitore di giornata si racconta così.

«E’ stata una lunga strada – dice Groenewegen, il giorno dopo parole simili di Jakobsen – voglio ringraziare la mia squadra, la mia famiglia e i miei amici per avermi riportato al Tour in buona forma. Fisicamente il ritorno non è stato difficile, mentalmente potete immaginarlo. Questa vittoria è per mia moglie e mio figlio, con cui ho passato il tempo dopo tutto quello che è successo. Questo successo significa molto per me».

La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione
La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione

Il gruppo compressore

Fatto salvo Magnus Cort in fuga per tutto il giorno, il gruppo prima ha lasciato fare e poi si è messo a divorare chilometri, largo come un rullo compressore, occupando tutta la strada. Modo cervellotico e rischioso di avanzare. Basta una sbandata e si cade, cosa che puntualmente accade. Questa volta a 7 chilometri dall’arrivo ne hanno fatto le spese con 39 secondi di passivo Jack Haig, Guillaume Martin e Uran. Ma nessun leader vuole rimanere senza compagni attorno e così la testa del plotone si allarga e non molla un centimetro. Quello più smaliziato è Pogacar, che magari capisce l’inutilità di formare gruppi nel gruppo e finora se l’è sempre cavata da solo.

Lo show (inutile) di Van der Poel

Poi a circa tre chilometri dalla fine, fuoco e fiamme. Comincia Van der Poel, che mette in mostra i muscoli a fondo perduto. Nel senso che strina il gruppo per 700 metri e poi si sposta, lasciando i compagni a vedersela con la maggior solidità della Quick Step. Solo che questa volta Morkov è solo e deve spostarsi, lasciando via libera a Van Aert, Sagan, Groenewegen e Philipsen, bravo a rimanere a galla. E poi settimo, a margine degli… scambi di vedute fra Sagan a Van Aert, arriva Dainese, debuttante del Tour. E questa, dopo il nono posto di Mozzato nella tappa di ieri, è una notizia.

Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.
Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.

Dainese cresce

Ieri era caduto assieme a Mozzato sul ponte a 25 chilometri dall’arrivo, ma a lui era andata peggio rispetto al vicentino. Figurarsi, sono entrambi del 1998 e dopo una carriera spalla a spalla nelle categorie giovanili, ritrovarsi al Tour, a condividere il debutto e i rischi della corsa, è qualcosa di speciale.

«Di 200 chilometri ce ne saranno stati 20 senza pubblico – sorride – mentre lo stress per tenere le posizioni non è mai venuto meno. E’ stata una giornata un po’ più rilassata rispetto a ieri, ma in finale è tornato il caos. Eravamo insieme a tutta la squadra e i ragazzi hanno corso molto bene. Negli ultimi chilometri siamo stati sempre davanti ed abbiamo evitato le cadute, quindi è stato un buon lavoro. Bardet, Degenkolb ed Eekhoff mi hanno portato in una buona posizione nell’ultima curva.

Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen
Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen

«Poi ho aspettato un po’ troppo dietro Jakobsen – precisa – ma siamo rimasti chiusi a destra. Così non ho potuto realmente fare il mio sprint. Ma le sensazioni sono state buone, considerano le botte di ieri. Peccato per gli ultimi 200 metri, ma la prossima volta cercherò un risultato migliore. La volata davanti? Van Aert ha deviato un pochino, ma nei limiti…».

Sagan-Van Aert, déjà vu

Non è la prima volta che Sagan e Van Aert si scontrano al Tour de France. Nell’undicesima tappa del Tour 2020, a Poitiers, Van Aert fu toccato da Sagan, che poi venne declassato. La tappa andò a Caleb Ewan e quella volta fu il belga a… celebrare lo slovacco, ma con il dito medio.

«Ero in una posizione molto buona – dice questa volta Sagan – ma sono stato fermato. Quei movimenti di Van Aert sono stati brutti. Quel dito era destinato anche a lui, lo sa bene. Dopo non c’è stato tempo per parlargli. Alla fine sono arrivato quarto, per adesso va bene».

Van Aert, per la terza volta consecutiva secondo, dice di non essersi reso conto di aver danneggiato Sagan e delle sue rimostranze.

«No, non mi sono sentito – dice la maglia gialla – come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ho visto Peter superarmi dopo lo sprint. Ho visto che provava a dire qualcosa, ma a causa del rumore non sono riuscito a capirlo. Non mi ero accorto che si stesse lamentando. Non so cosa sia successo».

Qualcosa ci dice che la rivincita se la prenderanno nella tappa del pavé. Gli uomini del Nord ci stanno arrivando con il coltello fra i denti. Ma noi per oggi ci teniamo stretto il piazzamento di Dainese, come ieri quello di Mozzato. Le nuove leve avanzano. Magari un giorno diremo che bastava semplicemente aspettarli.

Foldager, danese d’Italia. In Biesse Carrera c’è un gioiello…

30.05.2022
5 min
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Le gare italiane per elite e under 23 sono sempre più ricche di corridori stranieri. Molti scelgono il nostro Paese per trovare la loro strada verso il professionismo e nelle ultime settimane in gruppo non si fa che parlare di Anders Foldager, ventenne della Biesse Carrera. Classico esempio di come spesso si debba guardare oltre ai risultati, cercando di capire quel che succede nelle corse. Il danese, pur non vincendo prove internazionali, è stato nella Top 10 di San Vendemiano e al Giro del Belvedere ma soprattutto ha fatto vedere una crescita di consapevolezza e di interpretazione delle corse che lo hanno fatto spiccare.

Marco Milesi, diesse della formazione lombarda, lo ha subito gettato nella mischia contro i professionisti, al Laigueglia e nella Per Sempre Alfredo e Foldager ha tenuto botta con carattere, senza farsi impressionare.

«Me lo aveva consigliato un mio amico della Trek – racconta – lo scorso anno aveva fatto già belle cose, si era messo in evidenza in montagna al Giro di Danimarca. Abbiamo organizzato un incontro e sentito quali fossero le sue aspettative. Lo abbiamo testato e abbiamo visto che era davvero forte, con valori importanti, così lo abbiamo preso».

Foldager Danimarca 2021
Foldager è nato a Skive il 27 luglio 2001. Si è messo in evidenza in salita al Giro di Danimarca 2021
Foldager Danimarca 2021
Foldager è nato a Skive il 27 luglio 2001. Si è messo in evidenza in salita al Giro di Danimarca 2021

Tifoso del Tour a 9 anni

«Ho sempre sognato di fare il corridore – racconta Foldager – ricordo che quando avevo 9 anni guardavo il Tour e dissi a mio padre che un giorno ci sarei stato anch’io fra quei ciclisti seguiti da tutto il mondo. Iniziai il mio cammino che prosegue tuttora».

Foldager ha dimostrato di essere un corridore completo, capace di emergere sugli strappi brevi, ma che tiene il passo anche sulle salite lunghe (anche se chiaramente va valutato nelle prove di alta montagna): «E’ particolarmente forte sui percorsi misti – riprende Milesi – ma ha anche un buon spunto veloce e tiene bene sulle salite di 5-6 chilometri. Poi parliamo di un ventenne, che ha ampi margini di crescita».

Come viene gestito? «Dipende dalle gare. Ad esempio alla Coppi e Bartali il nostro leader era Garosio che puntava alla maglia di miglior scalatore e Anders si è messo a sua piena disposizione per permettergli di conquistare e difendere il trofeo. Nelle gare dove invece il percorso gli si adatta meglio, era lui il leader e i compagni hanno lavorato per lui».

Milesi Biesse 2022
Marco Milesi, diesse della Biesse Carrera, crede molto in Foldager, che porterà al Giro Under 23
Milesi Biesse 2022
Marco Milesi, diesse della Biesse Carrera, crede molto in Foldager, che porterà al Giro Under 23

In Italia per crescere

La scelta di venire in Italia non è stata casuale per il danese: «Appena finita la scuola avevo intenzione di spostarmi per proseguire nel mio cammino di crescita, dovevo andare in un Paese con una forte cultura ciclistica e ho visto che in Italia c’è un calendario internazionale molto importante e ricco per la mia categoria. C’erano le opportunità migliori per crescere».

Il suo approdo non è stato semplicissimo: «E’ stata una scelta difficile e coraggiosa, lo ammetto. Non conoscevo la lingua, all’inizio è stata davvero dura anche perché mi sono dovuto confrontare con una cultura molto diversa da quella che c’è da me, ma sapevo che avrei potuto imparare tanto. Ho trovato una società ideale, un bell’ambiente con ragazzi con cui condividere la mia attività ma anche la vita al di fuori del ciclismo».

Foldager Fubine 2022
Foldager a destra del vincitore Epis e di Debiasi, al Trofeo Fubine Porta del Monferrato
Foldager Fubine 2022
Foldager vicino al vincitore Giosué Epis, al Trofeo Fubine Porta del Monferrato

E’ dura imparare l’italiano…

L’ostacolo maggiore resta ancora la lingua: «E’ difficile, molto diversa dalla nostra. Cerco di studiare, la società mi ha messo a disposizione un’insegnante e poi con i ragazzi parliamo anche inglese. E’ dura, ma spero di migliorare».

«Noi abbiamo cercato di metterlo nelle condizioni migliori per emergere – interviene Milesi – d’altronde è una persona gentile e disponibile, ha chiaramente un carattere diverso dal nostro, ma si è adattato bene. Quel che mi piace di più è che da quando è arrivato è andato sempre in crescendo, nelle gare internazionali si piazza sempre e ha ancora un grande potenziale da esprimere».

Foldager Biesse 2022
In Italia Foldager ha mostrato grandi progressi, iniziando a correre con i pro’
Foldager Biesse 2022
In Italia Foldager ha mostrato grandi progressi, iniziando a correre con i pro’

Nel solco dei cacciatori di classiche

Foldager si inserisce in una grande tradizione danese che emerge particolarmente nelle classiche d’un giorno. Asgreen, Valgren, Cort-Nielsen sono i suoi riferimenti attuali, ma certamente è curioso come ci sia una certa specializzazione mentre in passato si sono avuti anche vincitori del Tour de France come Riis. Da che cosa dipende?

«E’ difficile dirlo – risponde il ventenne di Skive – penso dipenda molto dalla tradizione del nostro ciclismo. Abbiamo sempre avuto grandi corridori per le classiche e pochi per i grandi Giri. Non credo dipenda dalla conformazione geografica del nostro Paese, anche noi ci alleniamo e corriamo gare fino a 5-6 ore e poi le montagne le possiamo trovare in Europa. Io comunque vorrei fare bene anche nelle corse a tappe, già da quest’anno».

Infatti Foldager dovrebbe essere al via sia del Giro che (se verrà convocato dalla sua nazionale) al Tour de l’Avenir: «Vorrei poi fare le gare titolate, tutto per arrivare al mio sogno, strappare un contratto per una squadra professional a fine stagione. Intanto ora andrò tre settimane a Livigno, per preparare gli impegni dell’estate».

Foldager ha idee molto chiare su quale deve essere il suo futuro e un pro’ lo si vede anche da queste cose…