Van Empel e Pieterse: i nuovi talenti del ciclocross in rosa

08.12.2022
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Hulst, 27 novembre: prima Pieterse e seconda Van Empel. Anversa, 4 dicembre: prima Van Empel e seconda Pieterse. Nel ciclocross la Coppa del Mondo al femminile non esce da questo entusiasmante dualismo che ha completamente sovvertito le gerarchie consolidate negli anni. Se la nazione guida non cambia essendo entrambe olandesi, stiamo assistendo a un profondo rinnovamento, in maniera repentina come solitamente nel mondo femminile offroad non capita spesso.

Siamo di fronte a due ragazze giovanissime, ancora U23, profondamente diverse e per certi versi anche contrapposte. Sembra che fra loro stia sviluppandosi quella rivalità in gara sulla quale il ciclismo olandese ha costruito le sue recenti fortune (ma anche qualche disgrazia…) nel mondo della strada. Sono due personaggi tutti da scoprire (nella foto d’apertura l’arrivo di Flamanville nel gennaio 2022, da sinistra Van Empel e Pieterse), una, la Van Empel profondamente concentrata sul suo mestiere, tanto che qualcuno la considera alla stregua di un robot. L’altra, la Pieterse, molto più naif.

Tra ciclocross e mtb

A tal proposito curioso un aneddoto raccontato tempo fa dal coach della nazionale offroad Gerben De Knegt: «Nel 2019 a marzo avevo già annunciato a Puck che a ottobre sarebbe stata parte della spedizione olandese ai mondiali di mtb in Canada. Lei mi guarda quasi incredula e dice: “No, coach, in quei giorni ho già prenotato una settimana di vacanza a Texel con le mie amiche…”. Naturalmente è venuta in Canada ed è finita settima».

Quello della mtb è un altro dei punti in comune fra le due ragazze: entrambe sono figlie della nuova generazione ciclistica che quasi non tollera più la specializzazione, ma vive della multidisciplinarietà. Entrambe svettano nel ciclocross, entrambe lo fanno anche nella mountain bike (la Van Empel iridata di categoria 2022, la Pieterse argento nel 2021), entrambe vogliono andare a Parigi 2024 e non solo per fare presenza e assaggiare le crepes… Con la differenza che la Van Empel vuole dire la sua anche su strada.

La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)
La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)

Alla corte di Marianne

Per questo nel 2023 seguirà la grande Marianne Vos nel team di riferimento del ciclismo olandese, la Jumbo Visma, puntando a far bene già nelle classiche di primavera. Molti la paragonano a Van Der Poel, invece ci sono riferimenti che l’assimilano a Evenepoel: come l’iridato belga, anche la Van Empel ha iniziato tardi ad andare in bici. Prima si dedicava al calcio, nell’RKSV Nuenen e ci sapeva anche fare, tanto che gli osservatori della sezione femminile del Bayern Monaco l’avevano già segnalata. Utilizzando la bici d’inverno per tenersi in forma, Fem si è però appassionata e ha scelto di cambiare, trovando nei genitori pieno sostegno.

Ecco un altro fattore che unisce le storie delle due ragazze: la passione di famiglia. In casa Van Empel suo padre Jean Paul è una vera guardia del corpo. Per Fem la gara inizia molto prima dello start, quando mette le cuffie alle orecchie e sale sui rulli per il riscaldamento. Lo sguardo è fisso e il padre provvede che non venga disturbata. D’altronde anche lui correva in bici come lo zio Micky, anzi l’allenatore di quest’ultimo, Aschmin Van Oorschot è quello che ora allena Fem e non esita a mettere un freno alla sua protetta.

Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte
Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte

La presenza dei genitori

«Dopo che ha vinto le sue prime due gare di Coppa nel 2021 – raccontava all’inizio della stagione – ho deciso di cambiare la sua impostazione di allenamento, puntando più sulla resistenza anche a scapito dell’esplosività perché sapevo che in Fem la resistenza è una dote innata che va coltivata. Deve crescere con calma, per non fare la fine di Ceylin Del Carmen Alvarado che dopo l’iride del 2020 è andata in calando. Fe può scattare, osa mettere le mani sul fondo del manubrio, può variare il ritmo e pedalare da sola. Le altre non sono così versatili».

Anche i genitori di Puck sono sempre presenti, anzi. A Fayetteville, quando ha vinto il titolo mondiale under 23, suo padre Joost era ai box a lavare le bici a ogni giro, sua madre Ella gli consegnava la bici pulita. Anche la sorellina Isa va in bici, ma per sapere se sarà alla sua altezza bisognerà attendere, ha solo 4 anni… Intanto pedala con i genitori nelle loro escursioni nei boschi. Genitori che sostengono Puck in tutto e per tutto, come anche i suoi insegnanti al Municipal Gymnasium Johan Van Oldenbarneveld: più successi otteneva, più gli insegnanti avevano capito perché certe volte non finiva i compiti…

Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?
Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?

Imparare a perdere…

A inizio stagione la bilancia pendeva fortemente a favore della Van Empel, ora c’è più equilibrio ma, come detto, la rivalità fra le due cresce. A Hulst se n’è avuta la dimostrazione: la Van Empel era in testa, ma al terzo giro una caduta le ha storto il manubrio e manomesso il deragliatore che non tornava più indietro. Così Fem ha perso concentrazione e Puck l’ha sorpassata in tromba. All’arrivo era fuori di sé rifiutando inizialmente il contatto con i media con cui ha poca dimestichezza. Cosa che non è sfuggita al suo allenatore: «Deve imparare a perdere prima di vincere…».

A VDP la prima sfida dei tre tenori. Ma Van Aert è vicino

04.12.2022
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Se li chiamano i “tre tenori” non è un caso. Come avveniva con i concerti dei vari Pavarotti, Domingo e Carreras, quando c’erano tutti e tre era uno spettacolo unico, che valeva il prezzo del biglietto. Nel ciclocross avviene qualcosa di simile: quando Van Der Poel, Van Aert e Pidcock sono tutti e tre in gara, il livello è talmente alto che si tratta di uno spettacolo unico, che appassiona chi è sul posto e incolla allo schermo chi guarda. Gli altri diventano comprimari loro malgrado e sanno di esserlo.

Ad Anversa c’è stato il primo confronto fra i tre e gli spunti di riflessione non sono mancati. Sin dalla partenza. Guardate con molta attenzione le due foto a confronto: nella prima si vede la testa del gruppo, con Van Aert già impegnato in discesa e Van Der Poel alla curva. Il belga, sfruttando le vittorie dello scorso anno, ha comunque conservato un ranking più che valido, partendo dalla seconda fila. VDP invece è relegato in fondo al gruppo (nella passata stagione non ha praticamente mai gareggiato per colpa della schiena) ma il viso e la posizione del corpo dice chiaramente che sta recuperando.

Tre espressioni che dicono tutto…

L’olandese infatti è stato lestissimo a porsi alle spalle dei primi e questa volta i vari specialisti Vanthourenhout, Iserbyt, Sweeck non ci hanno neanche provato a fare la differenza e profittare della situazione. Idem per Van Aert, che a differenza di quel che avevano fatto all’esordio stagionale Pidcock e VDP (presentatisi in gara con solo pochissime ore di allenamento specifico) ha svolto una preparazione metodica. Ha provato la fuga iniziale con l’olandese Mees Hendricks, ma VDP è piombato su di lui già prima della fine del primo giro. E lì il belga ha capito come sarebbe finita.

Ma torniamo alle foto della partenza, la seconda. C’è la maglia iridata di Pidcock in evidenza, impicciato in mezzo al folto del gruppo. Il britannico, che solo il giorno prima nel Superprestige a Boom (complice anche una caduta di Mathieu) aveva inflitto all’olandese la sua prima sconfitta, ha vissuto una vera giornata no: intanto ha impiegato molto tempo per superare gli avversari e provare a recuperare, ma ormai i due avversari erano andati e Tom è andato avanti di conserva, finendo appena 8° a più di un minuto. Se si guarda la foto, si vede che nel campione della Ineos c’è la consapevolezza che la gara, appena iniziata, rischia di essere già compromessa non perché c’è troppa gente davanti, ma perché quei due sono già lontani.

Seconda vittoria in Coppa per l’olandese, con 25″ su Van Aert e 34″ su Vanthourenhout
Seconda vittoria in Coppa per l’olandese, con 25″ su Van Aert e 34″ su Vanthourenhout

La prima è di Van Der Poel

Alla fine Van Der Poel ha fatto valere la sua maggiore condizione specifica: nel secondo dei sette giri ha accelerato salutando la compagnia. Proprio la tattica che tante volte Van Aert ha messo in pratica logorandolo e questo nella mente dell’olandese accresce il sapore per la sua vittoria. Il campione della Jumbo Visma prima ha formato un terzetto all’inseguimento con Van Der Haar e Vanthourenhout, ma ha ben presto capito che non potevano dargli una mano e non che non lo volessero, considerato ad esempio che il campione europeo è in piena lotta per la conquista del trofeo di cristallo. Semplicemente, non potevano.

Così Van Aert ha provato l’inseguimento solitario, ma non riusciva mai a inquadrare il rivale, così alla fine si è adeguato al secondo posto. Almeno per stavolta. «Per oggi è bastato – ha sentenziato Van Der Poel – ma devo migliorare per tenergli testa, avevo detto che a Natale Wout sarà al massimo e dovrò esserlo anch’io. E’ stata dura correre due terzi di gara da solo, ma stavolta non ci sono stati errori tecnici come la domenica precedente e ho creato un margine di sicurezza».

Per Van Aert un esordio stagionale incoraggiante. Domenica a Dublino cercherà il primo centro
Per Van Aert un esordio stagionale incoraggiante. Domenica a Dublino cercherà il primo centro

In Spagna pensando alle classiche

Van Aert dal canto suo non se l’è presa più di tanto: «Ha fatto un giro super veloce e non ne avevo abbastanza per rispondere. E’ bello però aver tenuto a bada gli altri. Io un errore tecnico l’ho fatto e mi è costato una caduta sugli ostacoli, so che devo lavorarci sopra perché non l’ho fatto. Per il resto ho guidato un po’ sotto al mio limite per evitare proprio errori costosi».

Ora tutti aspettano la rivincita, ma non sarà immediata. Van Der Poel infatti parte per la Spagna, per il ritiro dell’Alpecin Deceuninck com’era previsto alla vigilia dell’inizio della stagione, visto come sono finora andate le cose, non ne è propriamente felice: «E’ un peccato perché sono appena entrato nel ritmo giusto, ci sto prendendo gusto e ritrovo sensazioni che pensavo di aver dimenticato dopo i problemi della passata stagione. Ma so che mi serve una base di lavoro per un altro grande obiettivo del 2023 che sono le classiche di primavera e non posso assolutamente saltare questa fase di allenamento. Il piano è questo e va rispettato».

Vanthourenhout è stato il migliore degli “altri”. Ha ripreso 3 punti a Sweeck, leader di Coppa
Vanthourenhout è stato il migliore degli “altri”. Ha ripreso 3 punti a Sweeck, leader di Coppa

Pidcock, rivincita a Dublino?

Van Aert ne potrà approfittare? Probabile, visto come si è comportato ad Anversa: «Sto meglio del previsto, reggo bene anche gli alti ritmi purché siano costanti, ma devo lavorare sulle variazioni. Per essere al 100 per cento servono altre settimane di lavoro, ma intanto va bene così». Domenica a Dublino andrà a caccia della prima vittoria proprio contro Pidcock. E state sicuri che il britannico ha già il dente avvelenato…

Veni, vidi, vici: Van Der Poel riparte alla sua maniera

28.11.2022
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Guardando la gara di Hulst, tappa olandese della Coppa del mondo di ciclocross, la prima cosa che si capisce è perché quando entrano in campo i tre tenori cambia tutto, diventa un altro sport. Basterebbe guardare solo i primi due minuti della gara: Mathieu Van Der Poel scatta col numero 38, davanti ci sono tutti i protagonisti del circuito mondiale fra belgi e olandesi e l’altro tenore: il campione del mondo Tom Pidcock.

Due minuti. Tanto impiega VDP a riportarsi avanti, al sesto posto, affiancato a un Pidcock che non si è neanche dannato l’anima, quasi sapesse che tanto il rivale si sarebbe subito agganciato. Come ha fatto? Grande potenza, certamente. Classe, non manca di certo. Ma soprattutto cattiveria agonistica e concentrazione. Quei due ingredienti che spesso fanno la differenza. Pontoni lo raccomanda di continuo soprattutto ai più giovani. Che forse dovrebbero riguardarsi quei due minuti al computer e impararli a memoria…

L’olandese era visibilmente soddisfatto a fine gara. Domenica nuovo test (foto Uci)
L’olandese era visibilmente soddisfatto a fine gara. Domenica nuovo test (foto Uci)

Il guanti tolti

Quando Mathieu Van Der Poel scende in gara, lo fa sempre con cognizione di causa, nel senso che sa bene che è in condizione di vincere. Lo era anche lo scorso anno, quando scese in pista a Dendermonde, ma era la pallida copia dal punto di vista fisico del campione che conosciamo. Quello di Hulst è un altro Van Der Poel, molto più in palla anche se a suo dire la schiena non è ancora a posto. E quando è così, difficilmente la vittoria gli sfugge. Dal 2015 è accaduto solo due volte e due resteranno.

La gara ha un’evoluzione abbastanza semplice. Prova veloce, su un terreno scivoloso e disputata molto prima del solito, per lasciare spazio televisivo alla sfida calcistica del Belgio ai mondiali. Van Der Poel nei primi due giri tiene il passo dei rivali a dispetto di evidenti problemi tecnici, che lo portano a scivolare due volte. Nel terzo giro Pidcock cambia marcia e si scrolla di dosso gli specialisti, l’olandese da par suo si toglie i guanti: un segno che sta cambiando qualcosa, che sta per partire?

A Hulst più di una caduta per VDP, apparso ancora in ritardo dal punto di vista tecnico
A Hulst più di una caduta per VDP, apparso ancora in ritardo dal punto di vista tecnico

Aspettando Van Aert

Nella quarta tornata sono rimasti solo loro due, ma Van Der Poel ne ha di più e se ne va, senza essere più raggiunto, anzi Pidcock alla fine abdica anche a causa di una caduta con problema al cerchio, tanto da essere costretto al ritiro. La prima sfida è a favore del padrone di casa, ma domenica sarà un’altra storia, anche perché arriverà il terzo incomodo, un certo Wout Van Aert.

Raramente capita di vedere il campione dell’Alpecin Deceuninck pienamente soddisfatto, ma negli attimi immediatamente successivi alla vittoria di Hulst si percepiva chiaramente che questa non è stata una vittoria come tutte le altre. E’ come se si fosse strappato di dosso i dubbi, il malumore figlio della stagione scorsa, durata la miseria di una gara e mezza. Una stagione cancellata, questa vittoria lo riaggancia al VDP di due anni fa.

«E’ una vittoria gratificante perché finalmente ho avuto tempo e buona salute per preparare la mia uscita nel ciclocross».

E sembra strano ascoltarlo, considerando che di allenamenti specifici ne ha fatti davvero pochi, proprio come Pidcock prima della sfida della domenica precedente a Overijse, persa per pochissimo contro Vanthourenhout.

Pidcock in gara a Kortrijk, prima vittoria per il britannico in maglia iridata
Nella gara di Kortrijk di sabato, prima vittoria per il britannico in maglia iridata

Pidcock: no al mondiale

Nella sua disamina post gara, Van Der Poel sottolinea quel che è andato e non: «La forma fisica è già buona e quella arriva grazie alla preparazione che è già iniziata per la stagione su strada. Tecnicamente però sono molto indietro e in gara si è visto. Per unire le due cose serve tempo, io spero di essere già molto diverso nel periodo delle feste». Cominciando magari da una settimana prima a Vermiglio, gara che ha cerchiato di rosso sul suo personalissimo calendario.

L’altro tenore, la sconfitta l’ha mandata giù senza troppo rimuginarci. Il giorno prima intanto aveva finalmente bagnato con una vittoria la sua maglia iridata, trionfando a Kortrijk nella prova dell’H2O Trofée. Una gara dominata, andando via al secondo giro e trasformando la corsa in un allenamento. Il britannico della Ineos Grenadiers alla fine di questo weekend ha confermato di essere in una forma migliore di quella dello scorso anno nello stesso periodo, ma ha anche ribadito il suo no alla difesa della maglia.

«Voglio onorarla dalla prima all’ultima gara che potrò fare – ha detto – ma poi dovrò pensare alla preparazione della stagione su strada che richiederà tempo e attenzione».

Il podio finale con Sweeck a 15″ e Iserbyt a 22″ (foto Sportpic-Agency)
Il podio finale con Sweeck, secondo a 15″ (foto Sportpic-Agency)

Essere campioni non basta più…

Che cosa resta della sfida di Hulst? Anche un’altra considerazione, la diversa immagine che, come avviene ormai ogni anno, assumono gli altri protagonisti. In occasione della tappa olandese, Iserbyt ad esempio ha perso la leadership della classifica generale a vantaggio di Sweeck, ma questo sembra quasi un inciso, quando invece in qualsiasi sport sarebbe forse il motivo principale di discussione. E’ probabile che, come dice lo stesso Iserbyt, la lotta andrà avanti fino alla fine, ma ora che sono entrati in scena i grossi calibri, se ne accorgeranno in pochi.

E’ il prezzo che si paga alla presenza dei fuoriclasse, quelli che solo con qualche ora di allenamento specifico arrivano e fanno la differenza. Non si può negare che, guardando i vari Iserbyt, Sweeck, Vanthourenhout viene un po’ di malinconia, condannati a vivere in un mondo dove essere campioni non basta più…

Il nuovo esordio di Van Der Poel, pensando alla strada

25.11.2022
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Il ritorno alle gare. L’ennesimo. Mathieu Van Der Poel (nella foto di apertura Lapresse) sta preparando il suo esordio stagionale. Domenica a Hulst il circuito della Coppa del mondo accoglierà un altro dei tre tenori dopo che a Overijse Tom Pidcock ha dato spettacolo finendo alle spalle del campione europeo Vanthourenhout. La scelta di VDP di cominciare subito con la massima challenge non è casuale, anzi è paradossalmente dettata dalla possibilità di un esordio più “soft”.

I fratelli Van Der Poel in allenamento a poche ore dalla gara di Hulst (foto Twitter)
I fratelli Van Der Poel in allenamento a poche ore dalla gara di Hulst (foto Twitter)

Un aiuto dal regolamento

Il regolamento di Coppa del mondo permette infatti di far valere per l’ingresso nella griglia di partenza anche il ranking di strada e Mtb. In questo modo l’olandese può scattare quindi immediatamente alle spalle dei primissimi di Coppa, entrando subito nel vivo della competizione. Un’agevolazione che nel Superprestige non è applicata: nel ranking del ciclocross Van Der Poel è appena 87°. Ciò significa che il prossimo 3 dicembre a Boom dovrà partire dal fondo del gruppo.

Gli esordi di Van Der Poel hanno quasi sempre coinciso con sue vittorie. Dal 2015 le uniche volte che non ha centrato il successo pieno sono state proprio quell’anno, quando fu 3° alla prova di Coppa a Koksijde e lo scorso anno, nella tappa di Dendermonde a Santo Stefano, dove pure diede spettacolo, ma mostrò anche quei problemi esplosi 24 ore dopo a Zolder, chiudendo di fatto con largo anticipo la sua stagione, durata appena due gare.

VDP a Dendermonde 2021: un secondo posto incoraggiante, ma poi la schiena presentò il conto
VDP a Dendermonde 2021: un secondo posto incoraggiante, ma poi la schiena presentò il conto

Prima i training camp

Come Pidcock, anche l’olandese arriva al suo esordio nel ciclocross con pochissime ore di allenamento nelle gambe. L’unica differenza è che qualche uscita nell’arco delle due settimane è riuscita a farla. Anzi proprio gli allenamenti di questa settimana hanno diradato le nubi ancora presenti sul prosieguo della sua stagione sui prati. Van Der Poel vuole riprendersi tutto ciò a cui ha dovuto rinunciare lo scorso anno, guardando già con grande interesse ai mondiali di inizio febbraio.

Per far questo però l’olandese della Alpecin-Deceuninck dovrà fare un po’ la spola con la preparazione su strada. E’ sua intenzione infatti non saltare neanche uno dei training camp previsti dal team, in quei periodi quindi Van Der Poel (che d’altronde non ha certamente posto le classifiche delle challenge come suoi obiettivi) lascerà l’attività sui prati per raggiungere i compagni e preparare la lunga stagione 2023, nella quale non fa mistero di voler raccogliere il più possibile, soprattutto nelle classiche del Nord.

Per David Van Der Poel, qui in Malesia, questa sarà l’ultima stagione di ciclocross
Per David Van Der Poel, qui in Malesia, questa sarà l’ultima stagione di ciclocross

Il 17 dicembre in Val di Sole

Una scelta condivisa anche dal suo principale rivale, quel Van Aert che farà il suo esordio una settimana dopo: il 4 dicembre. Per Mathieu questa sarà anche una stagione resa particolare dalla decisione di suo fratello David di chiudere con il ciclocross a fine stagione, per concentrarsi solo sulla strada. Il fratello più grande, che aveva chiuso l’anno al Tour de Langkawi con due top 10 consecutive, sente di essere arrivato al punto di dover fare una scelta netta. Quella che Mathieu si ostina a non fare, tanto che pensa ancora a giocarsi le sue carte olimpiche nella Mtb (ma sarà un problema considerando che l’Olanda, nel ranking di qualificazione per Parigi 2024 nelle ruote grasse, non è messa molto bene).

Intanto, fra le 10 o poco più gare che il campione arancione disputerà sui prati (e che non comprendono i campionati nazionali d’inizio gennaio, sempre per la coincidenza con un training camp), VDP ha posto un obiettivo particolare nella prova di Vermiglio del prossimo 17 dicembre.

«Non vedo l’ora di essere in Val di Sole – ha detto – è un luogo che mi porta dolci ricordi, la vittoria nella Coppa di mtb nel 2019. Ho visto la gara lo scorso anno alla televisione, io non ho grande esperienza nel gareggiare sulla neve, ma voglio provarci con tutte le mie forze. Sono molto curioso e dal punto di vista tecnico, quel percorso credo si adatti molto alle mie caratteristiche».

A Hulst l’olandese ha vinto nelle sue ultime 4 presenze (2017-18-19-21)
A Hulst l’olandese ha vinto nelle sue ultime 4 presenze (2017-18-19-21)

Intanto però c’è da battezzare la stagione in quel di Hulst, contro un Pidcock già più rodato, un Vanthourenhout al massimo della forma, un Iserbyt leader di Coppa, ma frenato da una condizione fisica non al meglio e un clima polemico con stampa e tifosi. Van Der Poel è pronto a mettere tutti d’accordo, come ha spesso fatto in passato…

A Overijse di scena il nuovo Pidcock, battuto ma felice

22.11.2022
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C’è stato un momento, nella prova di Coppa del Mondo di Overijse, nel quale si è ben capito perché i “tre tenori” fanno uno sport a parte rispetto agli altri. E’ stato nel primo giro, quando il campione del mondo Tom Pidcock (l’unico in gara, Van Der Poel e Van Aert esordiranno più avanti) è transitato dopo la partenza solitario in fondo al gruppo dei 43 partenti e pure con un certo distacco.

Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar
Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar

Un sorpasso dietro l’altro

Si saprà dopo l’arrivo che in un sol colpo il britannico ha avuto un problema alla catena e a una scarpa. Plausibile considerando che la gara belga si è svolta in un clima da “vero ciclocross”, con pioggia e freddo che avevano trasformato il percorso in una colata di fango. Ebbene, è stato allora che Pidcock ha fatto vedere di che pasta è fatto: una serie inesauribile di sorpassi, uno dopo l’altro con gli avversari che sembravano andare al rallentatore. Alla fine del primo giro era 9°, al secondo era già in testa con i due rivali belgi Vanthourenhout e Iserbyt.

A molti quella cavalcata trionfale ha riportato alla memoria ricordi lontani, quelli di un certo Pirata che sulla salita di Oropa sfilava al fianco del gruppo alla spicciolata, superando un corridore dopo l’altro fino ad andare a vincere. Pidcock ormai sta diventando un habitué delle grandi imprese anche se quella di Overijse è rimasta a metà, perché a vincere è stato il campione europeo Vanthourenhout. Alla fine della gara però le attenzioni maggiori erano rivolte al campione del mondo e lo stesso Michael ha candidamente ammesso che la vittoria è stata un passaggio: «Il prossimo fine settimana le cose temo che andranno diversamente e sarà già un altro Pidcock».

Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck
Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck

Tre ore in bici e basta…

«Mi darei un bell’8 – ha affermato il campione della Ineos Grenadiers al suo arrivo – è stata una gara divertente che mi ha riportato alla mente i percorsi dei miei inizi in Gran Bretagna. D’altronde non potevo neanche pretendere molto di più considerando che nelle gambe avevo un allenamento di due ore in settimana e un’ora di gara al sabato nel Superprestige (concluso al 7° posto a Merksplas, ndr). La sconfitta è dovuta alla caduta nel penultimo giro, tra l’altro su uno dei pochi tratti in asfalto. Ho preso una botta che al lunedì si è fatta sentire…».

La notizia delle pochissime ore in bici ha lasciato gli interlocutori a bocca aperta. Questo è un altro fattore che fa ben capire come nel suo caso (ma da quel che si sa a proposito di Van Der Poel non ci sono così tante differenze…) si parli davvero di qualcosa di diverso rispetto agli altri e forse siano proprio queste cose che innescano una sorta di “inferiority complex” negli altri, come le dichiarazioni post-gara di Vanthourenhout fanno capire. Il suo allenatore Kurt Bogaerts era andato anche oltre parlando di una sola ora di lavoro specifico. In sala stampa Pidcock lo ha corretto, ma non è che poi le cose cambino di molto…

Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…
Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…

Galleggiare sul fango

Guardando la gara di Overijse con occhio attento, ad esempio non è sfuggita agli occhi esperti la sua straordinaria capacità di guida nei tratti più scivolosi, dove evitava accuratamente di toccare i freni lavorando molto con il manubrio e con gli spostamenti di equilibrio, usando quelle tecniche che lo hanno reso famoso e quasi imbattibile anche nella mountain bike.

Per questo quella caduta sull’asfalto lo ha fatto molto arrabbiare, deconcentrandolo anche mentalmente: «Nell’ultimo giro la gara era ancora recuperabile, ma non avevo la necessaria lucidità e la mia guida non è stata più così pulita, bravo alla fine Vanthourenhout a mantenere quei 3” di vantaggio».

Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada
Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada

E i mondiali? Vedremo…

Al di là del risultato, a fine gara è apparso comunque un Pidcock disteso, neanche troppo interessato al risultato finale e qualcuno glielo ha fatto notare: «Il mio grande obiettivo era vestire questa maglia da campione del mondo, ora quello che viene è un di più. Gareggio senza eccessive pressioni, per divertirmi, tanto che non è neanche detto che sarò al via del prossimo mondiale per difenderla, devo fare i conti con i programmi della squadra per la stagione su strada».

Intanto domenica arriva il primo scontro al vertice, con Van Der Poel: «Andrà sicuramente forte già alla sua prima gara, come ogni anno d’altro canto…».

All’estero, cross più duri e tecnici? Risponde Scotti

20.11.2022
6 min
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Alibi o causa? La spedizione europea di Namur ha visto levarsi alcune critiche ricorrenti. Tra queste quella sollevata da molti sulle differenti tracciature dei percorsi tra Italia e il resto d’Europa. L’opinione degli appassionati e alcuni addetti ai lavori si è indirizzata nel puntare il dito sul movimento cross italiano che non stimola questi aspetti. A farne le maggiori spese ci sarebbero stati gli juniores che hanno disputato una prova sotto le aspettative, del cittì in primis. Per rispondere e analizzare questa provocazione ci siamo affidati a chi è stato tecnico azzurro per sedici anni, attuale responsabile del Giro d’Italia Ciclocross, Fausto Scotti.

Partiamo da un quesito fondamentale, all’estero si traccia diversamente dall’Italia?

Dipende di quali percorsi si parla. Perché se noi andiamo a vedere le gare di Coppa del mondo e Superprestige è tutto completamente diverso. Se si considera che in quelle manifestazioni non ci sono amatori e categorie giovanili, si ribalta il discorso. 

Fausto Scotti, ex cittì del cross, ci spiega supervisiona le tracciature del Giro d’Italia
Fausto Scotti, ex cittì del cross, ci spiega supervisiona le tracciature del Giro d’Italia
In sostanza, in Italia non si traccia mai solo per i pro’?

Al Giro d’Italia abbiamo fatto anche tappe dove c’erano percorsi impegnativi. Bisogna considerare il fatto che quando si traccia il percorso, non ci passano solo gli agonisti ma anche i G6, gli amatori, gli esordienti e gli allievi. Bisogna andare con molta cautela. Si deve tracciare un percorso adatto a tutti. Se tu fai una rampa da percorre solo a piedi asciutta vanno tutti su. Quando è bagnata, se no hai i chiodi sotto le scarpe, non riesci a salire.

Quindi è un paragone sbagliato?

Esatto, è sbagliato in partenza. Se si vanno a vedere le tappe di Coppa del mondo che abbiamo organizzato e prendiamo come esempio quella di Fiuggi, nessuno stava in piedi, nemmeno i professionisti. Perché in quel caso vai ad organizzare in un contesto completamente diverso. 

Nel resto d’Europa come funziona per le categorie giovanili?

All’estero è molto diverso. Quando fanno una prova Superprestige, la gara giovanile di contorno è a 80/100 km. Noi le abbiamo sempre fatte il giorno prima o la mattina stessa sullo stesso percorso. 

Le contropendenze sono alcuni tra i punti più tecnici di Namur
Le contropendenze sono alcuni tra i punti più tecnici di Namur
Al Giro non ve lo potete permettere?

Le tappe al Giro d’Italia sono nate per fare crescere il movimento giovanile e poi d’appoggio ci sono gli agonisti. Non possiamo permetterci di fare tracciature al livello di Coppa del Mondo. Lo potremmo anche fare ma dobbiamo ragionare con la testa di chi gareggia e tra questi ci sono i bambini e gli amatori. Quest’anno sono cambiate le norme attuative, ma fino all’anno scorso potevano partire con qualsiasi bicicletta. 

Come si risponde alle critiche di chi dice che qui da noi ci sono solo “piattoni”?

Devi sempre costruire un percorso pensando non egoisticamente a fare una cosa spettacolare, ma che vada bene a tutti. Lo puoi fare anche tutto piatto, perché alla fine sono i corridori a fare la differenza. Noi ci mettiamo 5 minuti a fare un percorso duro e tecnico. Ci basterebbe spostare le fettucce. 

A Ovindoli la Bulleri ha detto che ha trovato un percorso duro e diverso dal solito. Quindi è possibile farlo in alcune tappe?

Abbiamo avuto un settembre e ottobre caldissimi. I percorsi del Giro d’Italia erano molto veloci e asciutti. Se si fa il paragone, gli anni scorsi c’era talmente tanta acqua che non si vedeva il corridore a dieci metri. E’ logico che a Ovindoli abbiamo scelto una collina, ma siamo stati comunque molto cauti a non farlo eccessivamente duro, perché qualora ci fosse stata pioggia sarebbe stato un problema salire in cima. Non abbiamo inserito ostacoli artificiali o rampe da fare a piedi, ma era comunque molto impegnativo. Nel caso di Ovindoli il dislivello era di 50 metri ogni giro. Gli elite che hanno fatto 12 giri hanno trovato le difficoltà.

Qui Van der Haar in una caduta all’europeo
Qui Van der Haar in una caduta all’europeo
Esempi come Masciarelli che si sono trasferiti all’estero, per la precisione in Belgio, potrebbero essere emulati per poter imparare il ciclocross più duro e tecnico?

Masciarelli ha fatto una scelta di vita trasferendosi là con tutta la famiglia. Ma non è andando in Belgio che si diventa dei fenomeni su certi tipi di percorsi. La palestra la si può fare dappertutto. Ci sono molte gare in Belgio monotone e piatte, poi sono i corridori a renderle spettacolari. Gli atleti più forti fanno il ritmo e ad arrivare davanti sono sempre gli stessi.

Un tema che ha tenuto banco è la tecnicità del percorso di Namur che ha penalizzato molto i nostri juniores non abituati su questi percorsi…

Dove ci sono tracciature impegnative e tanto fango, vedi Namur, ti rendi conto che c’è da guidare e la differenza la fai su due contropendenze. Dietro quella tracciatura c’è l’esperienza di Erwin Vervecken pluricampione del mondo di cross, che ha disegnato su un percorso dove si facevano gare ci motocross. Se si va a vedere l’ordine d’arrivo, dal quarto in poi ci sono distacchi incredibili. Passa un altro giro e arrivano sei o sette corridori a giri pieni, applicando l’80%, vanno fuori tutti. Van Der Haar sbagliava ad ogni giro la contropendenza. Sono allenamenti che bisogna fare durante l’arco della settimana.

Da ex cittì, prendendo come esempio gli juniores all’europeo, pensi che la delusione derivi da una mancata preparazione e percorsi del genere?

Un tecnico come Pontoni non ha nessuna colpa, gli sta permettendo di correre all’estero, di fare punti e di farli partire il più avanti possibile. La critica devono recepirla i ragazzi e riflettere su cosa serva per essere all’altezza di un percorso del genere. Io mi allenavo per i percorsi in cui non andavo bene, non mi allenavo sul percorso dove ero forte. I ritmi che ci sono adesso sono elevatissimi. Se non si è preparati tecnicamente e fisicamente, è inutile andarsi a scontrare con atleti dall’altra parte dell’Europa, che più degli italiani hanno fame, non pretendono troppo e di questa disciplina ne fanno un lavoro.

Davide Toneatti ha dimostrato le sue doti tecniche su queste tracciature
Davide Toneatti ha dimostrato le sue doti tecniche su queste tracciature
Pontoni senza colpe. Sono i nostri giovani a doversi preparare meglio…

A Daniele bisogna fargli chapeau per quello che sta facendo e per come sta lavorando. Sta portando i ragazzi a correre per fare punti. Sono scelte che a inizio carriera ho fatto anche io. Ho poi capito che non ne valeva la pena. Facevamo gare internazionali dove non invitavamo nessuno straniero per far fare punti ai nostri. Alla fine mi sono ritrovato con quattro dei nostri in Coppa del mondo a partire in prima fila, vedendoli dopo pochi giri nelle retrovie. La colpa dei risultati non va mai data al tecnico. Non parliamo di una squadra di calcio dove ci sono a disposizione 20 atleti e devi decidere lo schema. Nel cross una volta che li hai convocati, se la devono giocare in prima persona. 

Responsabilità massima in mano agli atleti, non bisogna nascondersi dietro alibi tecnici quindi?

E’ anche un discorso di impegno. Se facessero solo ciclocross sarebbero più concentrati e completi. Si sa, i talenti più forti vengono sempre rubati dalla strada. Lo stiamo vendendo anche adesso nella categoria femminile: Persico, Arzuffi, Realini. Bertolini sta ricominciando, i Braidot non ci sono più, Dorigoni rientrerà a breve. Sono tutti corridori cresciuti con noi, che hanno poi iniziato a fare un’attività polivalente e si sono allontanati. Ci mancano gli specialisti che si fermano a luglio, ricominciano ad agosto e a settembre sono già pronti. 

A Brugherio si rivede Ceolin, in Coppa guerra fra i belgi

31.10.2022
5 min
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Si era già detto alla vigilia e tante volte l’argomento è saltato fuori parlando del calendario di ciclocross: con le tante concomitanze in Italia e all’estero, alcune prove rischiano di essere penalizzate. All’International Cyclocross di Brugherio è successo solo in parte, perché anche se erano tutti italiani quelli al via (e neanche tutti i migliori considerando che il giorno dopo c’era la Coppa del Mondo a Maasmechelen) la gente ha mostrato un afflusso clamoroso, degno delle grandi classiche del settore in Belgio e Olanda.

L’impatto scenico ha lasciato molti senza fiato. Fra questi anche colui che è risultato il grande protagonista di giornata, Federico Ceolin tornato alla vittoria dopo un inizio balbettante nelle primissime uscite, da mettere in conto considerando il suo impegno quest’anno su strada: «Io vengo dalla mtb e questa è stata la mia prima vera stagione su strada, con tutto che fra una caduta con clavicola e due costole rotte a inizio stagione covid preso appena tornato dopo due mesi, sono andato sempre in rincorsa. Risultati non ce ne sono stati, ma l’influsso rispetto al ciclocross è stato enorme».

L’arrivo vittorioso di Ceolin nella gara di Brugherio, valida per il Master Cross (foto Alessandro Di Donato)
L’arrivo vittorioso di Ceolin nella gara di Brugherio, valida per il Master Cross (foto Alessandro Di Donato)

L’importanza della strada

Il portacolori della Beltrami Tsa Tre Colli conferma una volta di più come il binomio ciclocross-strada sia estremamente funzionale: «Prima quando affrontavo le gare di ciclocross notavo che nella parte finale soffrivo e spesso andavo un po’ spegnendomi. Ora, con la base di un corridore abituato a pedalare per quattro ore, le prove di un’ora sono sempre impegnative, ma il mio fisico le assorbe molto meglio e nel finale sono sempre in grado di dare la “menata” giusta, quel cambio di ritmo che garantisce la vittoria».

E’ stato così anche a Brugherio: «Avendo perso un po’ di punti nel ranking mi sono ritrovato a partire dalla seconda fila, ma già nel primo giro ero dietro i primissimi. Sono rimasto un po’ coperto e poi nel secondo giro ho dato gas per fare selezione. Con me è rimasto solo Samuele Leone. Siamo andati insieme, poi è cambiato qualcosa…

Ceolin e Leone in fuga. I consigli arrivati dai box a quest’ultimo hanno avuto un prezzo (foto Di Donato)
Ceolin e Leone in fuga. I consigli arrivati dai box a quest’ultimo hanno avuto un prezzo (foto Di Donato)

La scelta del male minore

«Passando davanti ai box ho sentito che i suoi responsabili gli dicevano di abbassare il ritmo, in modo da permettere a Bertolini di tornare sotto. A quel punto ho capito che dovevo scrollarmelo di dosso e ho dato proprio una delle menate di cui sopra. Nell’ultimo giro ho pensato ad amministrare». Per la cronaca, Ceolin ha chiuso con 14” su Leone e 39” sul sempre presente Cominelli (Cycling Café).

Una vittoria che gli ha dato nuovo vigore, proprio per il contorno che ha trovato in terra lombarda: «E’ stato eccezionale, una gara in un clima anomalo, sembrava di pedalare in estate. Faceva un caldo tale che ho deciso di tenere la borraccia sia per levarmi un po’ di polvere che per bere ogni tanto. Sapevo che mi avrebbe dato problemi nel caricare la bici in spalla, ma su quel percorso si scende di sella solo una volta a giro, ho deciso di scegliere il male minore. E poi la gente, mamma mia quanta gente c’era, sembrava davvero di essere al nord…».

A Brugherio è proseguito il bell’inizio di stagione della Casasola (foto Alessandro Billiani)
A Brugherio è proseguito il bell’inizio di stagione della Casasola (foto Alessandro Billiani)

Polemiche in casa belga

A proposito di Nord, il weekend è stato molto intenso, prima con la tappa del Superprestige a Ruddenwoorde e poi con la Coppa del Mondo a Maasmechelen. In attesa che i tre tenori entrino in gioco, gli specialisti si stanno dando battaglia e nell’ambiente non mancano le polemiche. In casa belga sono esplosi antichi rancori, che hanno le proprie radici nell’addio di Laurens Sweeck alla Pauwels Sauzen, la squadra di Iserbyt e Vanthourenhout. Sabato, con Iserbyt che in volata aveva prevalso su Sweeck, quest’ultimo al traguardo era esploso.

«Non si prende mai le sue responsabilità. Con Van Der Haar in fuga – si è sfogato – stava a lui e a Vanthourenhout inseguire, invece aspettavano che mi muovessi io. Poi, appena l’olandese ha avuto sfortuna, Eli è scattato senza aver fatto nulla per ricucire lo strappo. Non si è campioni così…».

Iserbyt in patria inizia a non essere molto ben visto: molti tifosi e non solo loro lo accusano di vincere solo perché non ci sono i “veri” grandi: «Che cosa faccio di sbagliato se vinco quando loro non ci sono? Dovrei arrivare secondo? Quanto a Sweeck, è solo frustrato perché non vince lui. La verità è che siamo noi a fare sempre la corsa, è successo nelle tappe di Coppa del Mondo ed è successo anche a Ruddenwoorde». Poi la stoccata finale: «Laurens ha un bel passo, ma non abbastanza per stare con noi, adesso capirà che lusso era stare nel nostro team lo scorso anno, perché io e Michael gli toglievamo le castagne dal fuoco».

Laurens Sweeck a Maasmechelen. Il suo addio alla Pauwels Sauzen ha avvelenato gli animi (foto Photo News)
Laurens Sweeck a Maasmechelen. Il suo addio alla Pauwels Sauzen ha avvelenato gli animi (foto Photo News)

Regolamento di conti

Sweeck non l’ha digerita e quella di Maasmechelen è diventata una sfida al calor bianco. Ha trasformato la gara in una faccenda privata, ha imposto un forcing fortissimo, ha retto quando Iserbyt ha provato il suo solito numero in salita e poi ha sfruttato l’errore di quest’ultimo nel finale.

«Quando è avvenuto – dice – sono riuscito a scavare un divario incolmabile. Per me la vittoria chiude ogni discorso, non mi va di andare avanti con le polemiche, d’altronde è la mia prima in Coppa del mondo, l’avevo inseguita tanto. La caccia è conclusa, ora se ne aprono altre».

Il prosieguo di stagione internazionale si prospetta ricco di motivi d’interesse.

In Coppa Iserbyt domina in attesa dei tenori

24.10.2022
5 min
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Ancora persi fra la chiusura della stagione su strada, l’affermazione del gravel, gli ultimi botti della mtb e i primi del ciclomercato, pochi si sono accorti non solo che la stagione del ciclocross internazionale ha preso il via, ma anche che lo ha fatto attraverso il suo circuito principale, la Coppa del Mondo nel segno di Eli Iserbyt. Le prime due tappe si sono svolte in America, e non avendo più quel sapore di scoperta che avevano lo scorso anno, con il test del percorso iridato di Fayetteville, molti hanno evitato una trasferta così onerosa.

Non però i principali portacolori belgi e olandesi, che poi si sono ritrovati a Tabor, in Repubblica Ceca, per la prima prova europea dove finalmente si sono presentate anche le altre nazioni e soprattutto si è smossa la situazione anche per le categorie giovanili. Se guardiamo alla gara principale, quella elite maschile, poco è cambiato perché in tre prove, il vincitore è sempre stato lo stesso.

Per Iserbyt un inizio fulminante con 3 successi in Coppa. Ora punta agli europei del 6 novembre
Per Iserbyt un inizio fulminante con 3 successi in Coppa. Ora punta agli europei del 6 novembre

Tabor era la sua “bestia nera”

Il detentore del trofeo ha dato vita a una bella sfida con l’olandese Van Der Haar, risolta nel corso del sesto giro quando ha allungato: «Nella prima parte non ero andato bene – ha dichiarato dopo l’arrivo – risentivo ancora del jet lag, poi ho preso il comando delle operazioni, ma serviva almeno una tornata per fare la differenza. Quello di Tabor è un percorso difficile per le mie caratteristiche, lo consideravo la mia bestia nera, per fortuna l’ho sfatata finalmente.

«Ora conto di risparmiare le forze, ho messo in cascina un bel numero di punti e affronterò le prossime tre tappe più tranquillamente per affinare la preparazione in vista del mio grande obiettivo insieme alla conquista delle challenge: il titolo europeo di Namur in palio il 6 novembre».

Le sue dichiarazioni hanno lasciato in più di qualcuno un po’ interdetto, ma chi conosce bene il folletto belga sa la sua attività è commisurata alle presenze dei “mammasantissima”, i fuoriclasse che vengono dalla strada. Il belga non ha mai fatto mistero di dividere il mondo del ciclocross in due emisferi diversi: quello con e quello senza i vari Van Aert, Van Der Poel, Pidcock. Lo aveva detto anche alla fine della passata stagione e su questo concetto è sempre più convinto.

A Fayetteville il belga ha sfatato un altro percorso amaro, dove a gennaio ha perso il mondiale
A Fayetteville il belga ha sfatato un altro percorso amaro, dove a gennaio ha perso il mondiale

I campioni fuori contesto

Iserbyt ha chiarito ulteriormente il suo pensiero in un’intervista rilasciata all’organo olandese Wielerflits: «Ho prolungato il contratto con la Pauwels fino al 2026 e l’ho fatto pensando non solo a me, ma anche per mandare un segnale alle nuove generazioni: si può benissimo avere una buona e redditizia carriera da ciclocrossista, non è necessario essere come loro che sono fortissimi ma sono fuori contesto. Sono talenti eccezionali, diversi da quelli che ammiravo da bambino perché dominano anche su strada. Sono troppo forti, per questo ho deciso che per me quello che sto facendo ora è abbastanza.

«Io mi ritengo un ciclocrossista puro, che ha bisogno dei suoi mesi estivi per riposare e preparare i sei mesi della stagione invernale. Fare solamente 10 cross, quand’anche siano i più importanti, per me non avrebbe senso. Magari potrei fare di più nella mtb, ma finora la schiena non me l’ha concesso, vedremo nel 2023 se la situazione sarà migliorata.

Il podio di Tabor con Iserbyt primo su Van Der Haar a 5″ e Vanthourenhout a 26″ (foto Uci)
Il podio di Tabor con Iserbyt primo su Van Der Haar a 5″ e Vanthourenhout a 26″ (foto Uci)

Stagione puntata sugli europei

«Io faccio tutta la stagione – ha continuato Iserbyt in questa sorta di confessione – loro appena arrivano sono competitivi non solo perché sono più freschi sia fisicamente che mentalmente, ma anche perché hanno un’ampia base per emergere e arrivare a tenere la massima resa per un’ora, per loro che sono abituati alla strada, non è difficile. Quando arrivano loro, io penso alle classifiche delle challenge e devo amministrare la situazione. So bene che questo crea un quadro distorto della situazione, ma non l’ho creato io. Il mio compito è puntare al titolo europeo e alle challenge, se poi li batterò una volta sarà un di più, ma per me non è un’ossessione».

Parole destinate a far riflettere, considerando che Van Der Poel ha già annunciato che inizierà a gareggiare sui prati a fine novembre, mentre Van Aert dovrebbe ripetere l’esperienza dello scorso anno entrando nell’arengo a dicembre, questa volta però tirando dritto fino al mondiale dove dovrebbe esserci il ritorno della “recita dei tre tenori”.

La Van Empel ha fatto tris a Tabor: punteggio pieno in Coppa per la sorprendente olandese
La Van Empel ha fatto tris a Tabor: punteggio pieno in Coppa per la sorprendente olandese

Arriva la nuova vincitutto?

Il discorso riguarda parzialmente anche le donne, parzialmente perché se da una parte la Vos attende ancora per impegnarsi nella disciplina invernale, dall’altro la Brand, che pure ha fatto piuttosto bene quest’anno su strada non solo come spalla di Balsamo e Longo Borghini alla Trek Segafredo, ha subito iniziato a gareggiare, ma la campionessa mondiale ha trovato una straordinaria avversaria nella ventenne Fem Van Empel, che avevamo lasciato parzialmente delusa ai mondiali di Fayetteville (terza nella gara Under 23) e ritroviamo dominatrice con tre successi in Coppa, in un panorama arancione come non mai, dove l’unica vera avversaria sembra l’ungherese Blanka Vas, che a Tabor ha però chiuso solo quinta, mentre la seconda non olandese è stata Sara Casasola, undicesima a 49” in una vera grande prestazione internazionale.

A Tabor oltre alla presenza dei ragazzi della Selle Italia Guerciotti Elite, con Bertolini 23°, c’era anche la nazionale italiana, con Pontoni che ha portato un po’ di juniores e under 23 a fare esperienza. Ancora una volta il risultato migliore è arrivato da Federica Venturelli, che sta mettendosi pian piano alle spalle le conseguenze della caduta di Wollongong e che ha chiuso settima fra le junior a 1’20” dalla Molengraaf, naturalmente olandese… Bene anche Davide Toneatti, nono a 1’21” dal figlio d’arte Nys nella gara U23.

E’ Giant il nuovo Bike Partner di Val di Sole Bikeland

20.04.2022
3 min
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E’ stato ufficializzato oggi l’accordo che vedrà Giant come nuovo Official Sponsor di Val di Sole Bikeland, da anni sede di grandi eventi mondiali nel settore del fuoristrada e destinazione sempre più apprezzata dai biker di ogni livello e categoria. Per tutto il 2022 sarà quindi Giant la bici ufficiale che accompagnerà il ricco calendario di appuntamenti a due ruote in programma in Val di Sole.

Locandina che presenta la collaborazione tra Giant e Val di Sole Bikeland
Locandina che presenta la collaborazione tra Giant e Val di Sole Bikeland

L’orgoglio di Giant

Claudio Cannizzaro, Responsabile Commerciale e Marketing di Giant Italia, non ha mancato di sottolineare la soddisfazione per l’accordo raggiunto.

«Per Giant – dice – sarà un onore collaborare con Val di Sole Bikeland, la destinazione italiana d’eccellenza per gli amanti delle due ruote. Sarà una partnership che genererà molteplici benefici volti a tutti gli appassionati di questo meraviglioso sport, dai bikers impegnati nel bikepark alle famiglie alla ricerca di svago sulle numerose piste ciclabili. Vogliamo che nessuno si senta escluso. Un progetto che abbiamo a cuore e sapremo valorizzare nel tempo con l’augurio di ottenere ottimi risultati e un riscontro positivo da chi avrà modo di seguirci in questa nuova avventura».

La Val di Sole è uno dei luoghi più belli da esplorare in bicicletta
La Val di Sole è uno dei luoghi più belli da esplorare in bicicletta

Un calendario ricchissimo

L’accordo con Giant arriva in un anno che si annuncia davvero ricco di appuntamenti a due ruote per la Val di Sole. Si comincerà a giugno, con l’IMBA Europe Summit (2-4 giugno) e la prima volta di Val di Sole BikeFest. L’evento coinciderà con l’apertura della stagione del Bike Park Val di Sole e offrirà tante emozioni a due ruote agli appassionati di ogni categoria.

Dal 2 al 4 settembre tornerà il grande appuntamento con la Coppa del mondo di mountain bike, che in Val di Sole incoronerà i propri vincitori nel round conclusivo. Il 17 dicembre, infine, la Coppa del Mondo di ciclocross tornerà a disputarsi nello scenario innevato di Vermiglio che nel 2021 ha conquistato gli spettatori di tutto il mondo con il trionfo di Wout Van Aert nella gara maschile.

A sinistra Fabio Sacco, Direttore di APT Val di Sole e Grandi Eventi Val di Sole
Fabio Sacco, Direttore di APT Val di Sole e Grandi Eventi Val di Sole

La capitale della Mtb

Senza alcun timore di poter essere smentiti, negli ultimi 15 anni la Val di Sole è stata in grado di diventare la capitale italiana della mountain bike in ogni sua declinazione. E’ arrivata ad ospitare tre edizioni dei campionati del mondo di specialità (2008, 2016, 2021), con la quarta già in calendario per il 2026. 

Non è quindi un caso che Val di Sole sia stata insignita del titolo di Bike Region dall’Unione Ciclistica Internazionale. Un riconoscimento per quanto fatto nel recente passato e un incentivo a proseguire nel cammino intrapreso con un marchio come Giant come compagno di viaggio.

Fabio Sacco, Direttore di APT Val di Sole e Grandi Eventi Val di Sole ha accolto con estrema soddisfazione l’accordo con Giant: «Parliamo di uno dei brand più iconici nel mondo del ciclismo, che incontra una delle destinazioni più iconiche quando si parla di mountain bike. Giant ha dimostrato di condividere la nostra filosofia, e siamo pronti ad iniziare un rapporto proficuo e duraturo».

L’accordo tra Giant e Val di Sole Bikeland arriva in un anno estremante importante per il marchio taiwanese che proprio nel 2022 celebra i 50 anni dalla sua fondazione.

Val di Sole Bikeland

Giant