Campionati del mondo 2020, Imola, foto di gruppo per Davide Cassani, Federico Morini, Gianluca Carretta, Vincenzo Nibali

Gli infortuni senza ritorno: la lettura di Gianluca Carretta

06.10.2025
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«Se butti nella mischia un atleta di alto livello – dice serio Gianluca Carretta – perché normalmente spingi per il recupero degli atleti top, rischi di ottenere l’effetto opposto. Anche gli atleti vertice, se non sono in condizione, con i ritmi di adesso vanno in difficoltà. Per cui il rischio è di mettere sotto stress un organismo che è già sotto stress. Perché ha già subito quelli del trauma e quelli di un recupero affrettato. Quando è così, il corpo reagisce e ci sta che vengano fuori dei flop. E’ sicuramente meglio un recupero graduale e corretto, a maggior ragione nel ciclismo di adesso in cui vanno sempre a tutta».

Bernal è tornato in gruppo dopo l’incidente del 2022, ma non ha mai ritrovato il suo livello precedente e ha spesso dovuto fermarsi (foto La Sabana)
Bernal è tornato in gruppo dopo l’incidente del 2022, ma non ha mai ritrovato il suo livello precedente e ha spesso dovuto fermarsi (foto La Sabana)

I campioni spariti

Gianluca Carretta (in apertura con la maglia bianca assieme a Cassani, Morini e Nibali) è uno degli osteopati più esperti che abbia lavorato nel mondo del ciclismo. Ha aiutato il recupero di decine di atleti: quelli delle squadre in cui ha lavorato e anche quelli che si presentavano al suo ambulatorio di Parma. E ora che ha lasciato il mondo delle squadre ed esercita la professione nel suo studio, ha passato il testimone a suo figlio Matteo, fresco di inserimento nello staff della XDS-Astana. Lo abbiamo coinvolto per dare una misura ai mancati ritorni alla piena efficienza di atleti come Froome, Bernal, Alaphilippe, Marta Cavalli. I campioni che dal 2019 in avanti, in seguito a infortuni piuttosto seri, sono rientrati in gruppo senza più ritrovare il loro livello. Dipende dal tipo di incidente, dalla fretta di recuperare o dal ciclismo di adesso che non ti perdona lo stop di un anno in cui cerchi di ricostruirti?

«C’è infortunio e infortunio – annuisce Carretta – se mi rompo il femore, una volta che l’osso è a posto e recupero la muscolatura della gamba, il lavoro è fatto. Se vai accanto alla spalla e magari trovi delle lesioni ai legamenti o ai tendini, il discorso diventa un po’ più complesso. Altra storia invece è subire dei politraumi come quelli che hanno subito Froome e Bernal. Io non conosco bene la loro storia clinica, ne ho letto sui giornali, però il concetto resta. Nel momento in cui si parla di politrauma, cioè hai varie fratture e magari vai accanto alla colonna vertebrale, come è successo per Bernal, è chiaro che le cose si complicano».

Il 2022 fu anche l’anno dell’incidente che, sia pure non all’istante, ha segnato la carriera di Marta Cavalli
Il 2022 fu anche l’anno dell’incidente che, sia pure non all’istante, ha segnato la carriera di Marta Cavalli
La colonna vertebrale è la vera discriminante?

Si va potenzialmente accanto al sistema nervoso centrale e al sistema neurovegetativo. Non dimentichiamoci che la colonna vuol dire plessi nervosi che gestiscono i movimenti, ma vuol dire anche plessi nervosi latero-vertebrali che gestiscono l’attività fisiologica viscerale, che permette il recupero. Se vengono influenzati i processi di recupero, si incide in modo abbastanza importante sulla funzionalità del corpo.

Si dice che gli atleti di vertice siano fenomenali anche nella rapidità del recupero. Nella carriera di Gianluca Carretta è mai capitato di dover forzare la mano?

Sono ragazzi giovani, che hanno dei tempi di recupero molto rapidi, ma ci sono dei criteri da rispettare. Il tempo dedicato al recupero dipende dalla squadra. Io sono stato in gruppi che hanno sempre rispettato i tempi, senza mai fare troppa pressione. Se non l’ultima volta, ma di comune accordo con l’atleta, quando si decise di forzare i tempi. Mi riferisco al Tour del 2018 in cui Nibali ebbe una frattura da compressione di una vertebra.

Si parlò molto del tipo di intervento, proprio per accelerare il recupero, dato che i mondiali di Innsbruck sembravano perfetti per lui…

Venne fatto un tentativo di recupero veloce, per permettergli di correre anche la Vuelta. Ricordo che finii anche in una mezza polemica, perché mi scappò detta una cosa a un giornalista, che lo scrisse. Dissi che avevamo tentato di recuperare alla svelta, non rispettando i tempi corretti. Era vero, ma in squadra ci fu un po’ di maretta. Lo facemmo di comune accordo, perché Vincenzo era consapevole di tutti i rischi. Voleva andare alla Vuelta, per cui nel giro di un mese fu abile per tornare, sebbene la frattura da compressione di una vertebra normalmente richieda un po’ più di pazienza.

Un mese dopo la frattura al Tour del 2018, Nibali si schierò al via della Vuelta: un recupero forzato, secondo Carretta, concordato fra atleta e squadra
Un mese dopo la frattura al Tour del 2018, Nibali si schierò al via della Vuelta: un recupero forzato, secondo Carretta, concordato fra atleta e squadra
La cosa funzionò?

Vincenzo venne rimesso in condizioni di correre la Vuelta, chiaramente però in una condizione non ottimale dal punto di vista atletico e andò come andò. In quel caso in effetti vennero fatte un po’ di pressioni. Per il resto non ho dovuto gestire grossi infortuni. Mi viene in mente Cancellara al Tour del 2015, quando era maglia gialla. Anche lui si era fratturato due o tre vertebre, ma in modo meno grave di Vincenzo. In quel caso non venne fatta troppa pressione, anche perché con Luca Guercilena certi tempi venivano rispettati. Oppure ricordo il bacino rotto di Michele Bartoli al Giro del 2002, ma rispettammo i tempi.

Evenepoel tornò in gara al Giro d’Italia sette mesi dopo l’incidente del Lombardia 2020, ma trovò un livello troppo alto e dovette fermarsi. Bernal è tornato e si è fermato più di una volta. Non sarebbe meglio rientrare quando si è davvero a posto?

Su questo con me trovate una porta aperta. Secondo me è sbagliato accelerare i tempi rispetto a certi infortuni, a meno che non si tratti di un infortunio banale.

Traduci banale?

Quando Lance Armstrong tornò a correre, poco prima del Giro del 2009 si ruppe la clavicola in una garetta in Spagna, se ben ricordo (nella prima tappa delle Vuelta Castilla y Leon, ndr). Venne operato, gli fu messa una placchetta in titanio sulla clavicola e dopo tre giorni era in bici. Con la placca, la clavicola rotta era più solida dell’altra: quello è un incidente banale.

Dopo l’incidente del 2019 Froome non è più stato neppure l’ombra del campione vincitore di 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta
Dopo l’incidente del 2019 Froome non è più stato neppure l’ombra del campione vincitore di 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta
Per quelli più complessi?

Per un atleta di prestazione è sicuramente meglio tornare in gara nel momento in cui fisiologicamente è completamente recuperato, dal punto di vista osseo e anche funzionale. Deve ritrovare la condizione, quindi accelerare i tempi significa sollecitare il corpo in modo eccessivo. Ribadisco: soprattutto in questo ciclismo che non ammette ritmi blandi. Io sono sempre dell’idea che sia meglio rispettare la fisiologia. Per cui, se mi chiedete se sono d’accordo su un recupero veloce o su un recupero lento e fisiologico, sicuramente scelgo la seconda.

Una chiacchierata con Froome, tra tifosi, consigli e futuro

14.08.2025
5 min
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RYBNIK (Polonia) – Riveste sempre un’aura particolare Chris Froome quando lo incontri. Non è più quello di qualche anno fa, la brutta caduta nella ricognizione della crono del Delfinato del 2019 lo ha introdotto in una parte di carriera che meritava di non arrivare in quel modo. Nonostante tutto, non è mancato per lui il calore della gente al Tour de Pologne (in apertura autografa un libro dedicato a Marco Pantani).

Ogni mattina al bus della Israel-Premier Tech c’erano sempre tante persone, bambini compresi, che aspettavano di poter chiedere una foto, un selfie, un autografo o anche un semplice saluto al 40enne keniano d’Inghilterra. E lui sempre disponibile nel concedersi e poi gentile nel ringraziare del loro interessamento. Anche al podio-firma era tanto acclamato. Per contro quando Froome si portava in linea di partenza tendeva a restare più per conto proprio, magari per dare un’ultima occhiata alla bici, che scambiare due battute di compagni e colleghi. Forse per qualcuno incute una certa soggezione o forse i suoi pensieri sono già rivolti altrove. Notando tutto ciò da vicino, abbiamo voluto fare una chiacchierata con Chris su alcuni temi.

Froome è in scadenza di contratto a fine 2025. Nel prossimo futuro vuole aprire una scuola di ciclismo in Africa
Froome è in scadenza di contratto a fine 2025. Nel prossimo futuro vuole aprire una scuola di ciclismo in Africa

Pogacar come Froome

Lo scorso 27 luglio Pogacar ha conquistato il suo quarto Tour de France, proprio come lui. Froome sa come si vivono quei momenti a partire da ogni piccolo dettaglio. Ad esempio nel 2013 iniziò a vincere con una certa regolarità le gare a tappe, anche le più brevi. Volle farlo anche per capire soprattutto quanto tempo gli avrebbe portato via il protocollo delle cerimonie dal recupero per il giorno dopo.

Un paio d’ore circa che avrebbe dovuto imparare a gestire nelle stagioni successive, specialmente al Tour. Prendere una maglia comporta certi obblighi e infatti non c’è da stupirsi se Pogacar in Francia abbia “lasciato” quella a pois a Wellens nei primi giorni o non si sia dannato più di tanto per difendere la gialla in alcune frazioni, per non spendere troppe energie psicofisiche. La stanchezza apparsa addosso allo sloveno è lo spunto per le considerazioni di Froome.

Per Froome è normale che Pogacar apparisse stanco a fine Tour. L’inglese sa come si vivono e gestiscono stagioni al top
Per Froome è normale che Pogacar apparisse stanco a fine Tour. L’inglese sa come si vivono e gestiscono stagioni al top

«Devo essere sincero – ci risponde – che non ho fatto caso più di tanto a come appariva Pogacar, però credo che fosse normale che sembrasse stanco. Lui sta correndo ad alto livello da sempre ed ogni anno di più. Anzi, ogni anno gli viene richiesto qualcosa in più. In un certo senso mi ci rivedo un po’. Ricordo che quando ho vinto di seguito Tour de France, Vuelta e Giro d’Italia tra 2017 e 2018, ero poi arrivato in Francia stanco e scarico psicofisicamente, nonostante avessi ancora una buona condizione (chiuderà terzo al Tour dietro Thomas e Dumoulin, ndr).

«In quel momento – prosegue Froome nel suo ragionamento – capisci che devi iniziare a dire “no” a qualcosa o comunque pianificare in maniera diversa la tua stagione rispetto a prima. Questo chiaramente è il mio punto di vista. Per me, per quella che è la mia esperienza, l’unica maniera per restare lucidi e attenti in tanti anni di lavoro schematico è la motivazione. Avere stimoli nuovi ti aiuta a non perdere di vista i tuoi obiettivi, però attenzione a quello che dicevo prima. Non bisogna forzare troppo dal punto di vista mentale, perché è molto dispendioso e diventa tutto più difficile.

In carriera Froome ha vinto 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta e un totale di una cinquantina di gare. Dal 2020 è alla Israel
In carriera Froome ha vinto 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta e un totale di una cinquantina di gare. Dal 2020 è alla Israel

Ciclismo in evoluzione

Che il ciclismo stia cambiando lo si vede ad ogni gara ogni anno e lo si dice da tempo. Froome è stato uno dei primi interpreti di un certo tipo di evoluzione metodologica, anche se è curioso vederlo sempre indossare pantaloncini e maglia anziché gli ormai tradizionali body da gara.

«E’ un ciclismo – sottolinea facendo un confronto generazionale – che è cambiato molto da almeno 5/6 anni. Adesso è estremamente programmato su tutto, molto calcolato al millesimo, specie su allenamenti, dati in corsa e alimentazione. Direi senza dubbio molto più dei miei tempi. Ora ci sono davvero tanti ragazzi giovani che vanno forte, ma è tutto il ciclismo moderno che va forte. Per me non è semplice, la differenza di età si sente, però finora mi è piaciuto correre in mezzo a loro e per il momento continuo».

Africa e futuro

Gli assist per le ultime domande ce le fornisce lui direttamente. A fine 2025 scade il contratto e ancora non si sa se l’anno prossimo lo vedremo ancora col numero sulla schiena. I giornalisti britannici presenti al Tour de Pologne dicono che questa sarà la sua ultima stagione, salvo ripensamenti. Chris glissa sull’argomento. L’impressione non è tanto perché non voglia dirlo, ma perché sa che alcune situazioni non bisogna mai darle per scontate. Tuttavia è già convinto di quello che farà quando non sarà più un corridore.

«Sono in scadenza di contratto – ci dice serenamente prima di salutarci – e non so se continuerò o meno, di sicuro quando smetterò, come avevo detto già da tempo, voglio aprire una scuola di ciclismo in Africa. Voglio permettere a tanti ragazzi di pedalare e poter inseguire una carriera. Credo che sia un Continente in crescita, soprattutto in quella parte di Africa. Penso ai maratoneti e mezzofondisti etiopi o keniani. Secondo me ci sono talenti del genere anche adatti al ciclismo, solo che non avevano la possibilità di poter correre in bici prima. Non correrò il mondiale in Rwanda ed è chiaro che mi sarebbe piaciuto essere al via, però non è un grosso problema perché non cambia i miei programmi. Il mio vero obiettivo è quello di sviluppare un bel progetto che sono convinto porterà nuovi corridori interessanti».

Delfinato o Svizzera per il Tour? Parlano i numeri…

15.06.2025
5 min
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Qual è l’approccio migliore al Tour? L’opinione comune è che il Giro del Delfinato dica con poco meno di un mese di anticipo quel che poi vedremo alla Grande Boucle, ma è davvero più propedeutico del Giro di Svizzera, che prende il via proprio oggi quando la corsa francese si conclude? A giudicare dalle rispettive liste di partenza verrebbe proprio da dire di sì. Come si fa a non pensare che Pogacar, Vingegaard e Evenepoel non saranno i protagonisti assoluti anche a luglio? Tra l’altro lo sloveno vincitutto aveva preso parte una sola volta alla prova transalpina, guardate che sconquassi ha creato.

Jonas Vingegaard primo al Delfinato 2023 per poi andare a sbancare il Tour. La sfida a Pogacar è già lanciata
Jonas Vingegaard primo al Delfinato 2023 per poi andare a sbancare il Tour. La sfida a Pogacar è già lanciata

In 14 hanno fatto doppietta

Mettiamo però a confronto le due corse: il Delfinato ha iniziato la sua storia nel 1947, saltando da allora solamente le edizioni del 1967-68 (neanche il Covid lo ha fermato). Ci sono state ben 14 occasioni in cui il vincitore si è portato a casa anche la maglia gialla a Parigi. A dir la verità sarebbero 16, contemplando i due successi di Lance Armstrong poi cancellati come tutta la sua carriera. Il primato in fatto di “doppiette” spetta a Chris Froome, che era solito abbinare le due prove e che ha contraddistinto le annate 2013-15-16. Facendo meglio di Bernard Hinault che centrò l’abbinata nel 1979 e ’81.

E Merckx? Il Cannibale ottenne la doppietta solamente nel 1971, unico anno d’altronde nel quale vinse la prova chiamata allora Criterium du Dauphiné Libéré, dal nome del giornale patrocinatore. Ma tornando a tempi più vicini ai nostri, chi è riuscito nell’impresa negli ultimi vent’anni? La cosa curiosa è che il Delfinato è stato spesso favorevole ai britannici: detto della tripletta di Froome, anche Wiggins prese spinta da qui per vincere la sua unica maglia gialla, nel 2012, lo stesso fece Geraint Thomas nel 2018. Ultimo in ordine di tempo a fare l’abbinamento è stato Jonas Vingegaard, vincitore  nel 2023 e poi capace di dare scacco matto a Pogacar nel 2023. Riuscirà lo sloveno ad aggiungersi alla lista?

Chris Froome ha il primato in fatto di doppiette Delfinato-Tour, 3 dal 2013 al 2016
Chris Froome ha il primato in fatto di doppiette Delfinato-Tour, 3 dal 2013 al 2016

L’impresa di Bernal datata 2019

Spostiamo ora il nostro obiettivo sul Giro della Svizzera, dalla storia più antica essendo iniziato nel 1933. Da allora solamente due corridori sono riusciti a fare doppietta, a parte Armstrong nel 2001 cancellato come detto prima. Uno naturalmente è Merckx nel 1974, il suo anno d’oro nel quale si concentrò praticamente sulle corse a tappe inserendo la vittoria elvetica fra i trionfi a Giro e Tour. L’altro è stato Egan Bernal, che proprio dal Giro della Svizzera prese l’abbrivio per andare a conquistare il Tour: in quell’anno il Delfinato era andato a Fuglsang, che poi al Tour si ritirò confermando la sua idiosincrasia per la Grande Boucle.

Bernal è uno dei due soli corridori che ha vinto il Tour dopo aver trionfato in Svizzera
Bernal è uno dei due soli corridori che ha vinto il Tour dopo aver trionfato in Svizzera

Giro di Svizzera, appuntamento che dà segnali

I numeri però raccontano anche altro, piccole grandi storie come quella del 1975, cinquant’anni fa quando Merckx chiuse lo Svizzera al secondo posto, beffato da Roger De Vlaeminck. Poi il belga andò al Tour sicuro di suonare la sesta sinfonia, trovandosi però di fronte all’enfant du pays Bernard Thevenet, uno di quelli che realizzò la doppietta Delfinato-Tour. Oppure quella della famiglia Schleck, i fratelli lussemburghesi con Frank che nel 2010 vinse il Giro di Svizzera battendo anche Armstrong ma al Tour, dov’era uno dei favoriti, cadde nella terza tappa rompendosi una clavicola in tre punti.

Se proviamo ad allargare il discorso ai podi, scopriamo che comunque il Giro della Svizzera sta guadagnando rispetto come prova propedeutica del Tour. Lo sanno bene ad esempio Richard Carapaz, secondo nel 2021 prima di chiudere terzo in Francia (e poi andare a prendersi l’oro olimpico, ma questa è un’altra storia), oppure Geraint Thomas, vincitore sulle strade elvetiche nel 2022 per poi finire anche lui terzo al Tour. E’ un po’ quello che sperano anche i favoriti dell’edizione che parte oggi, come Almeida (che punta a confermarsi grande specialista delle corse a tappe di una settimana prima di mettersi al servizio del sovrano sloveno) oppure Geoghegan Hart o anche Vlasov.

Thevenet e Merckx, protagonisti di un’epica sfida al Tour de France 1975
Thevenet e Merckx, protagonisti di un’epica sfida al Tour de France 1975

Anderson e il colpaccio di 40 anni fa

Ma c’è stato mai qualcuno che è riuscito nella doppietta Delfinato-Svizzera? Oggi sarebbe impossibile data la loro contemporaneità, ma in passato c’era più differenza temporale e l’impresa riuscì all’australiano Phil Anderson nel 1985. Anche lui era uno specialista delle corse a tappe medio-brevi, aveva già vinto il Giro del Mediterraneo che al tempo (quando il calendario era molto più ristretto rispetto a oggi) inaugurava la stagione e che realizzò una doppietta che lo proiettò tra i papabili per la maglia gialla. Ma il Tour è un’altra cosa. In Francia chiuse 5°, il suo miglior piazzamento di sempre. E obiettivamente poteva anche stargli bene così…

Pinarello torna bicicletta ufficiale della corsa rosa

15.05.2025
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Pinarello segna il suo ritorno al Giro d’Italia come bicicletta ufficiale della Corsa Rosa, riaffermando il proprio ruolo centrale nella storia e nell’evoluzione del ciclismo. L’edizione in corso del Giro, la numero 108, ha preso il via da Durazzo, in Albania, venerdì 9 maggio, per concludersi tra gli applausi di Roma domenica 1 giugno. Ma sarà la tappa 14, in programma sabato 24 maggio, a rappresentare un momento simbolico e profondamente emozionante. La partenza avverrà da Treviso, città natale del brand, con il Km 0 posizionato davanti alla sede storica di Pinarello.

Questo ritorno sulle strade del Giro non è soltanto un’operazione di visibilità, ma un autentico tributo alla storia e alla passione che animano il marchio fondato da Giovanni Pinarello. Un marchio che ha scritto pagine indelebili del ciclismo mondiale e che, nel 2025, celebra anche il 50° anniversario della prima vittoria in un Grande Giro. Era il 1975 quando Fausto Bertoglio conquistava la maglia rosa proprio in sella a una Pinarello, dando inizio a un’epopea costellata di trionfi.

Nel corso dei decenni, Pinarello ha collezionato 30 vittorie nei Grandi Giri, diventando il produttore di biciclette più vincente della storia. Tra i successi più iconici al Giro d’Italia figurano quelli di Chris Froome (2018), Tao Geoghegan Hart (2020) ed Egan Bernal (2021). Senza dimenticare le due affermazioni consecutive di Miguel Indurain, ambasciatore del brand, nel biennio 1992-1993, e Chioccioli l’anno precedente.

Design e ricerca

Il legame tra Pinarello e il Giro d’Italia va oltre il risultato sportivo: è un vero e proprio patto culturale e identitario con il territorio, con le squadre, con i tifosi. Ogni singola bicicletta firmata Pinarello nasce difatti da una fusione di design all’avanguardia, ingegneria di precisione e una ricerca costante della massima performance, elementi che si riflettono in ogni curva, ogni salita, ogni sprint affrontato lungo il percorso della Corsa Rosa.

«Siamo profondamente orgogliosi di essere di nuovo al fianco del Giro d’Italia come fornitore ufficiale – ha commentato Fausto Pinarello, Presidente dell’azienda – questa corsa è parte del nostro DNA. Abbiamo sempre creduto nell’innovazione al servizio della bellezza, e il Giro rappresenta il palcoscenico perfetto per esprimere questa filosofia. Tornare significa onorare il nostro passato, ma soprattutto guardare al futuro con ambizione».

Con la partecipazione ufficiale al Giro d’Italia 2025, Pinarello rinnova la propria vocazione: essere non solo un produttore di biciclette, ma un autentico simbolo vivente della cultura ciclistica italiana, capace di ispirare atleti, appassionati e nuove generazioni.

Pinarello

iGS800 by iGPSPORT: tante funzioni ad un prezzo top

17.04.2025
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iGPSPORT entra nel ciclismo di primissima fascia grazie ad un’offerta ampia, a prodotti di qualità ed a prezzi davvero competitivi. Ne è un esempio il dispositivo iGS800, uno dei cavalli di battaglia dell’azienda cinese che sviluppa e produce sistemi GPS (e non solo).

Entriamo nel dettaglio (anche grazie ai primi feedback della nostra prova) di iGPSPORT iGS800, non ingombrante nelle dimensioni, leggero e con uno schermo touch, facile da personalizzare, semplice da leggere grazie ad un elevato contrasto e ai colori. Il prezzo? 359,90 euro.

Design moderno e compatto per il nuovo iGS800
Design moderno e compatto per il nuovo iGS800

Le peculiarità dell’iGS800

Il display touch è LCD ed ha una superficie di 3,5 pollici. E’ elegante grazie ad una cornice sottilissima. La leggibilità resta perfetta anche quando è colpito dalla luce del sole in modo diretto. Il touchscreen (il dispositivo presenta in ogni caso 6 pulsanti) è studiato per essere affidabile anche con dita umide e con i guanti indossati. iGS800 è alto 9,9 centimetri per 6 di larghezza, 2,1 di spessore. Ha un peso dichiarato di 120 grammi. E’ dotato di memoria interna di 32 GB (utili per caricare tracce da usare anche off-line) e la batteria interna al litio è ricaricabile tramite la porta usb-C. Ha un grado di impermeabilità di livello IPX7.

Come accennato in precedenza è un bike computer con cartografia. Supporta i protocolli di trasmissione e associazione Ant+ e Bluetooth. I campi configurabili per ogni singola pagina sono al massimo 12. 150 informazioni disponibili divise in 16 categorie differenti. Supporta i power meter, Shimano Di2 e Sram AXS.

Mappe offline: libertà vera, anche senza rete

Una delle funzioni più comode è la possibilità di navigare anche senza una connessione dati. Durante il nostro giro, abbiamo volutamente deviato dal percorso pre impostato: nessuna crisi, nessun blocco. Il dispositivo ha ricalcolato la rotta in pochi secondi, guidandoci senza esitazioni fino alla destinazione. In ambito urbano, la funzione “Navigazione dei luoghi” risulta un valore aggiunto non secondario. Con un semplice tocco si può avviare la guida verso luoghi precedentemente salvati tramite app.

Pianificazione del percorso in salita

La funzione di pianificazione automatica del percorso in salita è pensata per affrontare le ascese in modo strategico. Il dispositivo analizza l’altimetria e propone suggerimenti utili per gestire lo sforzo nei vari segmenti. Durante una delle nostre salite test, lunga 4 km al 6%, abbiamo ricevuto avvisi sui tratti più impegnativi e indicazioni su come dosare l’energia. Per chi vuole migliorarsi anche in salita, è un plus prezioso.

Touchscreen e pulsanti, per un’esperienza completa e affidabile
Touchscreen e pulsanti, per un’esperienza completa e affidabile

Autonomia da record: due giorni interi

Siamo partiti all’alba, con l’idea chiara di spingere al limite non solo le gambe, ma soprattutto lui: l’iGPSPORT iGS800, un ciclocomputer GPS che promette 50 ore di autonomia, navigazione intelligente e un’interfaccia degna di uno smartphone. Il meteo era dalla nostra parte: cielo limpido, asfalto asciutto e circa 130 km da percorrere tra pianura, strappi collinari e tratti sterrati.

Schermo sempre acceso, sensori (tutti) attivi e GPS in uso continuo, siamo arrivati a poco più di 43 ore effettive. Un risultato eccellente. La ricarica rapida, completata in circa un’ora e mezza è la ciliegina sulla torta.

iGS800 si rivolge a diverse tipologie di utenza
iGS800 si rivolge a diverse tipologie di utenza

Indoor o outdoor, nessun problema

Il dispositivo si adatta anche all’uso indoor. Basta selezionare la modalità dedicata per sfruttarlo con rulli oppure sui bike trainer. L’app offre dei training pre-impostati, particolarmente utili per chi sfrutta i sistemi indoor in modo specifico, o più semplicemente si lascia guidare da protocolli già fatti.

Froome come ambassador

Il test dell’iGS800 ci ha permesso anche di conoscere meglio il marchio che lo ha creato. Fondata nel settembre 2012, iGPSPORT è un’azienda cinese, innovativa nel campo dei ciclocomputer GPS. In poco più di dieci anni ha venduto i suoi prodotti in oltre 40 Paesi, servendo più di un milione di ciclisti in tutto il mondo. Non solo ciclocomputer, ma un intero ecosistema fatto di ricerca, sviluppo, hardware intelligente e assistenza dati. Nel 2024 iGPSPORT ha annunciato Chris Froome, vincitore di ben quattro Tour de France, come ambasciatore globale del marchio.

Un ambassador d’eccellenza: Chris Froome, vincitore di quattro Tour de France, un Giro, due Vuelta
Un ambassador d’eccellenza: Chris Froome, vincitore di quattro Tour de France, un Giro, due Vuelta

In conclusione

Tornando alla nostra prova, iGS800 si è dimostrato affidabile, intuitivo e completo. È un ciclocomputer pensato sia per chi si allena in modo avanzato sia per chi cerca uno strumento facile e pratico per migliorare la propria esperienza in sella, comunque senza spendere una follia. L’autonomia, la qualità dello schermo e la gestione della navigazione lo rendono un compagno di viaggio ideale, con una durata della batteria che merita di essere sottolineata una volta di più.

Per chi ama pedalare e vuole un dispositivo che non sia solo un “contachilometri”, ma un vero assistente personale, iGS800 è uno strumento da considerare su più fronti. iGS800 è acquistabile anche su Amazon.

IGPSPORT

Bkool e quella sfida rosa fra Contador e Froome

28.11.2024
4 min
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Chris Froome contro Alberto Contador. No, non siamo tornati al Tour, al Delfinato o alla Vuelta. Lo scorso lunedì, i due campionissimi – ricordiamo che Froome è ancora in attività – si sono sfidati nuovamente. Stavolta sul simulatore di ciclismo BKOOL più precisamente sulle strade del Girovirtual, piattaforma che riprende i percorsi del Giro d’Italia 2024.

Chris Froome, 39 anni, corre ancora. Questa dovrebbe essere la sua ultima stagione. Milita nella Israel-Premier Tech e punta ancora una volta al Tour de France. Alberto Contador, invece, ha 41 anni. El Pistolero ha smesso nel 2017. Oggi, con Ivan Basso, dirige la Polti-Kometa e si dedica con passione alle bici Aurum, di cui è produttore. È anche uno dei commentatori di Eurosport, ma nonostante tutto pedala ancora moltissimo.

Una delle tante sfide tra Contador e Froome: qui alla Vuelta del 2016
Una delle tante sfide tra Contador e Froome: qui alla Vuelta del 2016

Come è andata

I due campioni hanno preso parte a una tappa, virtuale chiaramente, del Giro d’Italia. Froome e Contador non erano soli: al loro fianco c’era un gruppo internazionale di centinaia di fan. Durante il riscaldamento, prima della tappa, Froome e Contador si sono scambiati impressioni e qualche aneddoto del passato attraverso una diretta Instagram.

Quando è iniziata la sfida, nei primi chilometri, Contador ha ribadito il suo carattere di attaccante puro. Si è posizionato nel gruppo di testa e ha spinto forte perché la fuga prendesse il largo. Froome, intanto, guardava sornione, commentando: «Alberto sembra particolarmente motivato oggi. Stamattina ho dovuto allenarmi per quattro ore, quindi preferisco sciogliere un po’ le gambe mentre chiacchiero con voi».

Come al Giro

E, in effetti, Contador ha dato spettacolo: ha sviluppato una potenza media di 327 watt, con picchi superiori a 600, mantenendo una velocità media di 42 chilometri orari.
La tappa riproduceva parte della Riccione-Cento dell’ultima corsa rosa, una frazione molto veloce che, nella realtà, ha visto il trionfo di Jonathan Milan. Anche nel virtuale, la media finale è stata piuttosto elevata.

L’atteggiamento sornione di Froome, da scalatore puro, gli ha consentito di nascondersi strategicamente. Insomma, una sfida virtuale, ma dagli enormi risvolti realistici: su certi percorsi, stare a ruota paga sempre!

I due campioni hanno scherzato molto, coinvolgendo parecchio anche gli appassionati che erano con loro
I due campioni hanno scherzato molto, coinvolgendo parecchio anche gli appassionati che erano con loro

Obiettivo raggiunto

Al di là del risultato, l’aspetto più bello è stato vedere centinaia di ciclisti di diverse nazionalità condividere chilometri di allenamento con questi enormi campioni. Ricordiamolo: 15 Grandi Giri vinti in due! Per restare sul Giro, Contador lo ha conquistato nel 2008 e nel 2015, Froome nel 2018. Nella foto di apertura c’è proprio Alberto che lo premia.

«Siamo al Giro d’Italia con BKOOL, pedalando nel gruppo di testa!». Oppure: «Siamo a 360, 380, 420 watt… Non male per la nostra età, no?». E ancora: «Accelero per prendere la ruota del primo!».

Queste sono alcune delle frasi, tra motivazione e puro divertimento, che i due hanno rivolto alla community impegnata nella sfida.

«Vedere Froome e Contador pedalare insieme su BKOOL – ha detto Angel Luis Fernández, direttore marketing di BKOOL – chiacchierare in diretta tra loro e condividere gli allenamenti con i nostri utenti è un sogno che diventa realtà. Questo evento è la ricompensa per molti anni di duro lavoro. Un momento storico per il ciclismo virtuale».

E non finisce qui. Tra due settimane, alla sfida con l’inglese e lo spagnolo si aggiungerà il campione olimpico e mondiale Remco Evenepoel. Il Giro d’Italia Virtual pubblicherà una nuova tappa ogni 15 giorni fino al prossimo maggio.

Froome e l’ultimo Tour: utopia o premio alla carriera?

07.11.2024
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Chris Froome non si è mai arreso. L’animo è rimasto indomito, ma il suo corpo ha smesso di essere l’arma letale che dal 2013 al 2018 gli permise di vincere quattro Tour, una Vuelta e un Giro d’Italia. A dirla tutta ci sarebbe anche la seconda Vuelta (la prima in ordine cronologico) ottenuta dopo la squalifica di Cobo che la vinse su strada nel 2011 e ne fu privato nel 2019 dall’antidoping. Come da lunga tradizione, per il nome che porta e per la sua grande popolarità, dopo la presentazione del Tour il britannico è volato in Giappone per il Criterium di Saitama e parlando con l’inviato di Marca, ha fatto il punto della situazione.

Froome ha chiuso il 2024 al Tour of Guangxi, a capo di un anno con appena 35 corse e zero punti UCI
Froome ha chiuso il 2024 al Tour of Guangxi, a capo di un anno con appena 35 corse e zero punti UCI

Nulla come prima

Nel leggere le sue parole, saltano in mente quelle pronunciate due giorni fa da Moreno Moser sul cambio di generazione. «Lo stesso Froome – ha detto Moreno – con i valori che aveva quando vinse il Tour, oggi sarebbe ventesimo». Se a questo si aggiunge che nella caduta del 2019 Froome perse l’integrità fisica, si capisce perché per lui sia drammaticamente difficile risalire la china. E rendersi conto, anche nel momento in cui tutto ha ripreso a funzionare discretamente, che il suo livello migliore non sia più schiacciante come prima non lo aiuta di certo.

«Eppure – ha detto – mi piace fare la vita del professionista. Allenarmi, lavorare sulla bici e lottare per gli obiettivi. E’ qualcosa che mi motiva e mi tiene sveglio. Devo essere onesto e ammettere che non posso più affrontare le stesse sfide che avevo prima dell’incidente del 2019, ma mi diverto comunque molto. Continuo a sognare di tornare al Tour. Non so ancora quale sarà il mio programma per il prossimo anno, lo vedremo nel primo ritiro. Però la mia sfida è provare a correre di nuovo in un Grande Giro. Non lo vedo come una follia».

Per un solo giorno dal rientro si è rivisto un lampo di Froome: terzo sull’Alpe d’Huez al Tour 2022
Per un solo giorno dal rientro si è rivisto un lampo di Froome: terzo sull’Alpe d’Huez al Tour 2022

Mai così forte

Froome compirà 40 anni il prossimo 20 maggio e il 2025 sarà l’ultima stagione di contratto con la Israel che lo prese dopo il 2020 del faticoso rientro, reso ancora più duro dalle folli andature nell’anno del Covid. La squadra è cresciuta. Lo hanno portato al Tour nel 2021, ma senza alcun lampo da parte sua. C’è tornato nel 2022 ed è arrivato terzo sull’Alpe d’Huez, poi si è fermato. E ancora nel 2022 è andato alla Vuelta, concludendola nelle retrovie, in cambio di immense fatiche. E’ immaginabile che in questa fase di caccia ai punti, la Israel-Premier Tech decida di schierarlo nella corsa delle corse con la (quasi) certezza che la attraverserà senza lasciare traccia?

«Mi resta un anno – ha detto – e poi vedremo cosa farò in futuro. E’ troppo presto per parlare di questi argomenti. Una caduta ha cambiato la mia carriera, ma non tutte le cadute sono uguali. La mia fu in allenamento, altri sono caduti in gara. Penso però che qualcosa stia cambiando. Non credo che la colpa sia solo dei ciclisti o degli organizzatori. Ci sono diversi fattori. Adesso c’è molto stress nel gruppo e le corse vanno più veloci che mai. Ognuno cerca il proprio posto e questo causa altri problemi. Bisogna fare qualcosa. Il giorno in cui caddi, avevo appena finito di pensare che non mi fossi mai sentito così forte. Pensavo che il Tour 2019 sarebbe stato mio».

In azione a Saitama: alle spalle di Froome, O’Connor, Campenaerts e Philipsen
In azione a Saitama: alle spalle di Froome, O’Connor e Campenaerts

Tutto più veloce

Di tutto quel mondo non c’è più molto, se non la consapevolezza che i loro studi al Team Sky abbiano aperto la porta a questo nuovo ciclismo che ha preso la loro lezione e l’ha portata fino alle stelle. La Jumbo-Visma dei primi prodigi e la UAE Emirates hanno attinto all’esperienza di allora e hanno approfondito internamente la nutrizione, la preparazione, la meccanica, l’aerodinamica, il recupero. Il Team Sky schiacciò tutti perché prima di tutti scovò vantaggi da ogni aspetto possibile.

«Ci sono Pogacar e Vingegaard – ha detto – che negli ultimi anni sono stati capaci di dominare al Tour e anche in altre corse. Anche Evenepoel è ad alto livello. Se vincono così tanto, al di là di avere alle spalle delle squadre eccezionali, evidentemente per loro il ciclismo è uno sport divertente. Ma le cose cambiano molto in fretta e chi vince oggi domani potrebbe non farlo più. Il ciclismo è cambiato molto, va molto più veloce di 5-10 anni fa. E’ molto più esplosivo ed evoluto in termini di materiali, alimentazione, allenamento… E’ uno sport bellissimo e divertente. Per questo quando avrò smesso, continuerò a godermelo con un occhio alla vita quotidiana. L’incidente mi ha fatto cambiare prospettiva, si può godere lo sport anche dopo un grande dolore. E io voglio continuare ad amare il ciclismo».

Alla scoperta di Joseph Blackmore. Sarà il nuovo Froome?

07.05.2024
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Tre gare a tappe in tre diversi continenti, ma il responso finale è stato sempre lo stesso: vittoria. Se poi a questi si aggiunge il successo alla Liegi-Bastogne-Liegi U23 è chiaro perché Joseph Blackmore è uno dei nomi più chiacchierati nell’ambiente ciclistico in questo periodo, con una marea di occhi di osservatori e diesse puntati su di lui. D’altro canto non sono solamente i risultati a far parlare di lui, ma anche come riesce a ottenerli.

Il britannico distrutto dopo l’arrivo a Liegi. Finora ha colto 7 vittorie e 12 piazzamenti nei 10 (foto Dancerelle/DirectVelo)
Il britannico distrutto dopo l’arrivo a Liegi. Finora ha colto 7 vittorie e 12 piazzamenti nei 10 (foto Dancerelle/DirectVelo)

Federico Savino, che l’aveva affrontato al Circuit des Ardennes era stato esplicito nel cantare le lodi del corridore del devo team dell’Israel Premier Tech, dopo la sua autoritaria condotta di gara nella tappa finale per ribaltare le sorti della corsa, riuscendoci. Dopo il successo a Liegi i giornalisti si sono avventati su di lui, passato qualche giorno abbiamo però trovato tempo e modo per ascoltarlo e farci raccontare qualcosa di questo talento del futuro già diventato presente.

«Ho sempre navigato nel ciclismo partendo da un piccolo club delle mie parti quand’ero bambino. Io sono di Sidcup, nella zona a sud-est di Londra. Inizialmente mi dedicavo un po’ a tutto, dalla strada alla mountain bike e al ciclocross d’inverno. Ultimamente però mi sono concentrato più sulla strada. Inizialmente era tutto divertimento, poi con il passare degli anni l’impegno è diventato sempre maggiore».

Tre corse a tappe vinte in 2 mesi. Qui a Taiwan, davanti a Koishi (JPN) e Bettles (AUS)
Tre corse a tappe vinte in 2 mesi. Qui a Taiwan, davanti a Koishi (JPN) e Bettles (AUS)
Lo scorso anno avevi ottenuto buoni risultati soprattutto nelle corse a tappe, con il 12° posto al Tour de l’Avenir, ma quest’anno hai avuto una vera esplosione. Qual è la differenzia del Blackmore di oggi rispetto a quello del 2023?

Probabilmente un inverno senza ciclocross. Mi sono allenato, sì, anche sui prati, ho fatto i raduni con la squadra, ma aver evitato quasi del tutto la stagione agonistica (una sola gara nazionale chiusa al 4° posto, ndr) mi ha giovato. Ho curato di più la preparazione su strada e sono arrivato pronto all’inizio di stagione. Poi ci sta anche che ho un anno di esperienza in più. Non nascondo che non fare offroad un po’ mi pesa, ma ci vuole solo un po’ per abituarsi.

E’ rarissimo vedere un corridore che vince tre gare a tappe di seguito: qual è stata la più difficile e quale quella che ti ha dato più soddisfazione?

Penso che sia stato probabilmente il successo in Ruanda, forse il più difficile, nella corsa più lunga e nelle condizioni più diverse da quelle alle quali siamo abituati. Anche se abbiamo avuto anche alcune tappe brevi, erano tappe super dure. Le condizioni, il caldo, l’altitudine erano tutte variabili difficili, ma anche la corsa di Taiwan non è stata una passeggiata, con l’umidità, il caldo alcuni giorni e freddo in altri… La terza aveva connotati a noi più abituali, pur considerando le strade strette. Uno stile di corsa diverso, mettere insieme tutte e tre penso indichi la mia completezza. Poi al Ruanda sono legato perché ho vinto la tappa di Kigali nel giorno del mio compleanno…

Il successo nella tappa di Kigali in Ruanda, il modo migliore per festeggiare i suoi 21 anni (foto Israel Premier Tech)
Il successo nella tappa di Kigali in Ruanda, il modo migliore per festeggiare i suoi 21 anni (foto Israel Premier Tech)
Al Circuit des Ardennes Federico Savino ci ha detto di essere rimasto impressionato da come hai condotto l’ultima tappa, per prendere i 7” che ti separavano dalla vetta. Ti eri fatto un piano per vincere la corsa?

Sapevo che era molto vicino e quindi c’erano tutte le possibilità per ribaltare la situazione in extremis. Dovevo solo vincere questa tappa finale, ma prima di tutto volevamo isolare la maglia gialla in quel momento e farla soffrire. Ma alla fine era ancora nel gruppo di testa, quindi aveva una forte carica. Dovevo giocarmela fino alla fine, evitando che prendesse secondi di bonus e puntando tutto sulla volata. Ho vinto la classifica generale perché non stavo correndo solo per vincere la tappa, ma con uno sguardo d’insieme.

Che tipo di corridore sei, più adatto alle corse d’un giorno o a quelle a tappe?

Probabilmente – e potrà sembrare strano – forse più adatto alle classiche in linea, diciamo che per ora sono quelle che mi si attagliano di più in questo percorso di crescita. Poi è un giudizio legato al momento, ne sapremo di più col passare dei mesi o forse nei prossimi due anni. E’ vero anche che ho vinto tre corse a tappe di diversa durata, dai 4 giorni delle Ardenne ai 5 di Taiwan e addirittura 8 in Ruanda.

In mtb è campione nazionale U23, nel ciclocross ha vinto l’argento mondiale in staffetta 2023 (foto Maxppp)
In mtb è campione nazionale U23, nel ciclocross ha vinto l’argento mondiale in staffetta 2023 (foto Maxppp)
La Liegi-Bastogne-Liegi era un altro dei tuoi obiettivi, come hai costruito quella vittoria?

Sì, era un appuntamento centrale della stagione. Molto ha influito la fiducia che mi sono costruito nelle settimane precedenti. Poi abbiamo costruito un piano alla vigilia, per attaccare sull’ultima salita ed ero in una buona situazione per portarlo a termine con un gruppo ridotto. Mi sentivo comunque abbastanza bene. E’ stato importante perché è stata la prima corsa nella quale mi sentivo guardato a vista, il riferimento del gruppo, l’uomo più pronosticato e vincere in queste condizioni non è mai facile.

C’è un corridore al quale ti ispiri?

Non potrei che dire Chris Froome, mio compagno di camera in Ruanda. Un vero riferimento con tutto quello che ha vinto e che ha fatto, stare con lui mi insegna tanto. Poi, al di fuori del nostro team, sicuramente Van der Poel, per tutto quello che fa, per la bellezza delle sue imprese che sono uno stimolo a imitarlo.

Froome è stato suo compagno di camera in Ruanda (foto Sirotti)
Froome è stato suo compagno di camera in Ruanda (foto Sirotti)
Il prossimo anno entrerai in prima squadra e molti già vedono in te il nuovo Froome, l’uomo per i grandi giri. Hai paura che questo ti dia troppa pressione?

Cerco semplicemente di non pensarci, di non ritenermi uomo per grandi giri. E’ troppo presto per dirlo. Amo le grandi salite, è vero, vado abbastanza bene sul passo, ma serve tempo per costruire un motore adatto per una corsa di tre settimane. Devi avere un livello altissimo per l’alta montagna e probabilmente è molto diverso dal modo in cui corro in questo momento.

Che obiettivi hai da qui alla fine della stagione?

Non lo so sinceramente, mi vengono in mente i mondiali su strada come quelli di mtb, ma io non sono abituato a pormi obiettivi lontani, vado avanti di giorno in giorno meglio che posso.

La rivoluzione BKOOL, e si pedala al fianco dei professionisti!

26.02.2024
3 min
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Chris Froome, Alberto Contador, Remco Evenepoel, Mikel Landa e Julian Alaphilippe sono delle vere e proprie star anche nel ciclismo virtuale. Non a caso, nel corso delle ultime settimane, hanno guidato il gruppo virtuale di utenti BKOOL condividendo sessioni di allenamento con centinaia di appassionati di tutto il mondo. Le piattaforme di ciclismo virtuale sono diventate il principale punto di contatto tra professionisti e dilettanti, permettendo agevolmente a tutti gli appassionati e a tutti i praticanti ciclisti di partecipare alle sessioni di allenamento dei propri idoli, mettendosi alla prova ed avendo persino la possibilità di interagire con loro.

Proprio per questo motivo gli utenti di BKOOL hanno avuto il privilegio di pedalare virtualmente al fianco di Froome, di Contador, di Mikel Landa, di Remco Evenepoel, di Julian Alaphilippe e di Kasper Asgreen: un evento che sarebbe sembrato impensabile solamente pochi anni fa…

Per gli utenti di BKOOL è stato possibile pedalare accanto a grandi campioni, come Chris Froome
Per gli utenti di BKOOL è stato possibile pedalare accanto a grandi campioni, come Chris Froome

Novità in arrivo

«Uno degli aspetti più interessanti offerti dai simulatori di ciclismo indoor come BKOOL – ha dichiarato Angel Luis Fernández, il direttore marketing di BKOOL – è la possibilità di entrare in contatto con alcune star del ciclismo mondiale senza dover letteralmente uscire di casa. La pandemia ha segnato un vero e proprio boom in questo senso, e da allora è diventato comune vedere ciclisti professionisti che condividono frequentemente sessioni di allenamento con i loro fan.

«Abbiamo avuto alcuni dei migliori ciclisti del mondo che hanno guidato corse di gruppo virtuali sulla nostra piattaforma, e nelle prossime settimane aggiungeremo nomi come Oscar Freire e altre stelle della Soudal Quick-Step».

Le modalità di allenamento di BKOOL sono sorprendentemente realistiche
Le modalità di allenamento di BKOOL sono sorprendentemente realistiche

Training e competizione

Ma i simulatori di ciclismo come BKOOL non solamente aiutano gli atleti a connettersi direttamente con i propri tifosi, ma sono anche essenziali per garantire la loro preparazione durante la stagione. 

«Ciò che rende BKOOL unico – prosegue Angel Luis Fernández – è la possibilità di percorrere qualsiasi tracciato del mondo direttamente dal proprio soggiorno. Questo è particolarmente utile per prepararsi a una cronometro, ad esempio, un aspetto che può fare la differenza. E’ molto comune che i nostri ambasciatori professionisti ci chiedano difatti di poter avere il tracciato virtuale di una cronometro o di un circuito per potersi allenare in anticipo.

«Le sensazioni fornite dagli smart trainer al giorno d’oggi sono sorprendentemente realistiche, e BKOOL offre loro l’opportunità di testare il percorso in prima persona durante una sessione di allenamento realizzata… comodamente a casa propria. Inoltre, la possibilità di creare allenamenti personalizzati su misura per ogni fase della stagione contribuisce a rendere piattaforme come BKOOL strumenti di lavoro oramai indispensabili nel mondo del ciclismo professionistico».

BKOOL attualmente organizza le versioni virtuali ufficiali del Giro d’Italia e del Deutschland Tour, portando i partecipanti a pedalare sulle stesse “strade” di ciascun evento attraverso un’esperienza coinvolgente e realistica. Non solo i fan possono allenarsi al fianco dei loro idoli, ma riescono a farlo nel contesto virtuale di alcune delle gare più prestigiose del mondo.

BKOOL.COM