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Hindley: rosa o gialla? I pro e i contro per Benedetti

10.11.2022
5 min
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Neanche il tempo di metabolizzare i nuovi percorsi di Giro e Tour che già nascono le prime dispute e in casa Bora-Hansgrohe la gestione della prossima stagione non appare semplicissima. Visto il percorso della Grande Boucle, con una sola cronometro neanche molto lunga, la squadra tedesca vorrebbe portare Jai Hindley in Francia, ma l’australiano è orientato a tornare in Italia e difendere sul campo la maglia rosa conquistata nell’ultima edizione.

Hindley non si è fatto spaventare dal tracciato della corsa rosa, profondamente diverso da quello vinto, con molti più chilometri a cronometro. Un problema di difficile soluzione. Tempo per affrontarlo ce n’é, ma noi abbiamo voluto saperne di più sentendo chi quel Giro lo ha condiviso con Jai giorno dopo giorno, ossia Cesare Benedetti che faceva parte della squadra vincente.

Un curioso fermo immagine dall’ultima Vuelta a Catalunya, con Benedetti che ripara la bici a Hindley
Un curioso fermo immagine dall’ultima Vuelta a Catalunya, con Benedetti che ripara la bici a Hindley
Come avete vissuto quell’esperienza?

Pochi lo hanno sottolineato, ma il fatto di partire con 3 punte (Buchmann, Keldermann e Hindley) ha permesso a Jai di affrontare la prima parte di gara con leggerezza, senza grandi pressioni. Quando sul Block Haus ha visto qual era la sua condizione, il fatto di avere la squadra alle sue dipendenze è stata quasi una logica conseguenza, questo ha permesso all’australiano di rimanere sempre tranquillo. Forse mascherava la tensione, ma anche nell’ultima settimana lo vedevi salire sul pullman, indossare le cuffiette, chiudere gli occhi e concentrarsi, o forse distrarsi. Non ha mai perso il sorriso, penso che questa sia stata una sua forza.

Ammetterai però che il Giro prossimo è diverso, con molti più chilometri a cronometro…

E’ un Giro diverso anche per altri aspetti. E’ un Giro meno duro, non ci sono quelle sequenze di tappe dure con arrivi in salita, anche tre di seguito che abbiamo trovato. Ci sono sì frazioni difficili, le grandi salite, anche la cronoscalata del penultimo giorno, ma è meno severo e questo paradossalmente svantaggia Jai più che i chilometri contro il tempo perché si è visto che l’australiano quando è in forma ha grandissime doti di recupero.

Per Hindley tanti dubbi per il 2023 fra tornare al Giro e un Tour che sembra fatto su misura
Per Hindley tanti dubbi per il 2023 fra tornare al Giro e un Tour che sembra fatto su misura
Rispetto al 2020 secondo te è migliorato a cronometro?

Sicuramente, ma non è che anche allora fosse fermo… Aveva lavorato molto meno allora, oggi è maturato, ha fatto esperienze, ha anche lavorato alla galleria del vento. Io dico non solo che è migliorato, ma che può crescere ancora.

Paradossalmente Giro e Tour sembrano essersi invertiti le caratteristiche, con una corsa francese molto dura con ben 30 Gran Premi della Montagna…

E’ un Tour dove parti subito a tutta, dai Paesi Baschi con percorsi che sembrano quasi quelli delle classiche delle Ardenne. Io sinceramente Hindley su quel percorso lo vedo davvero bene, già nelle prime tappe sarebbe tra i primi. Penso che sia ormai maturo per affrontare i più grandi proprio al Tour e su quel percorso non partirebbe certo battuto. Ma c’è un però…

Benedetti vorrebbe tornare al Giro, dove ha vinto una tappa nel 2019
Benedetti vorrebbe tornare al Giro, dove ha vinto una tappa nel 2019
Quale?

Io se fossi nei suoi panni direi le stesse cose e vorrei tanto andare al Giro. Vuoi mettere l’emozione di correre con il numero 1 sulla maglia? E’ enorme, un ritorno al ciclismo classico. Parlo per sensazioni, perché razionalmente al Giro avrebbe tutti gli occhi puntati addosso, mentre al Tour non avrebbe grandi responsabilità, potrebbe correre con quella leggerezza che ha contraddistinto la sua ultima avventura in terra italiana. C’è anche un altro aspetto sul Tour: è diverso non solo perché c’è tanta salita, ma anche perché non ci sono quelle tappe difficili da interpretare, dove si creano ventagli, quelle frazioni che possono anche costare la corsa.

Abbiamo parlato tanto di Hindley, ma che cosa spera Benedetti?

Io vorrei tanto tornare al Giro, anche perché si passa davanti casa mia (Rovereto, ndr), nella frazione del Bondone. Ricordo che avvenne solo nel 2001 e 2002 e io ero lì a bordo strada a incitare i campioni che mi transitavano davanti. Io poi sono un corridore più adatto al Giro, sono abbastanza abituato a impostare la stagione per essere in forma per le Ardenne e poi tirare dritto per la corsa rosa. Al Tour non avrei molto da dire.

Per la Bora-Hansgrohe primo appuntamento di gruppo a Maiorca dal 9 dicembre
Per la Bora-Hansgrohe primo appuntamento di gruppo a Maiorca dal 9 dicembre
Hai già ripreso la preparazione?

Sì, con molta calma da una settimana, abbinando bici e palestra. Solitamente avevamo la prima presa di contatto come squadra a ottobre, invece stavolta è stato tutto rinviato, ma ci hanno già inviato un calendario di massima di tutta la stagione e ognuno di noi esprime le sue preferenze. Poi la squadra trarrà le conclusioni, intanto coloro che andranno in Australia sono già stati avvertiti e stanno lavorando in maniera più mirata. Ne sapremo di più al primo ritiro stagionale a Maiorca, dal 9 al 21 dicembre. Per allora credo che anche la querelle Hindley Giro/Tour avrà la sua soluzione.

La Bora cambia pelle, Benedetti è la bandiera

02.12.2021
5 min
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Uomo franchigia, per Cesare Benedetti non c’è vestito migliore. Negli Stati Uniti definiscono così gli atleti che passano la loro carriera in un’unica squadra. Nel calcio le chiamano bandiere. Queste figure ormai sembrano non esistere più. Nel ciclismo – in cui i corridori cambiano spesso casacca – non ci sono quasi mai state, ma esistono esempi di fedeltà a lungo termine. Valverde ed Erviti sono nella stessa società dal 2005, Rojas e Gesink dal 2007, Pinot e Geraint Thomas dal 2010.

In mezzo a loro c’è anche il trentino della Bora-Hansgrohe, che a differenza dei suddetti colleghi vanta un particolare primato. Dal 2010, da quando è passato professionista, il 34enne di Rovereto (diventato polacco da un anno) corre per la medesima formazione e non solo. L’ha vista crescere (e vincere) da continental a professional fino al WorldTour, dai tempi della NetApp a quelli attuali.

Da under 23 nel 2009, qui al GiroBio, corre alla Uc Bergamasca che a breve diventerà Colpack (foto Scanferla)
Da U23 nel 2009 corre alla Uc Bergamasca, poi Team Colpack (foto Scanferla)

L’eroe di Pinerolo

Benedetti – che nel 2019 ha vissuto il suo giorno di gloria vincendo la Cuneo-Pinerolo (foto di apertura), dodicesima tappa del Giro d’Italia – è il prototipo del fidato gregario (quest’anno ha disputato 90 gare, primo in questa speciale graduatoria) e le tante stagioni le ha sempre vissute al servizio dei tanti capitani e compagni che ha visto passare.

Così, mentre la nostra chiacchierata è già ben avviata e ci prepariamo ad approfondire la sua avventura nel team tedesco, Cesare ci confessa la sua fede calcistica interista dandoci lo spunto per un piccolo giochino a fine intervista. 

«Non seguo più l’Inter – spiega – come prima. Quando posso ora, in Polonia vado a vedere il Piast Gliwice, la squadra della mia città. Pensate che il 19 maggio di due anni fa quando vincevo la tappa di Pinerolo, loro conquistavano il loro primo ed unico scudetto».

Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Come ti senti ad essere considerato un cosiddetto uomo franchigia?

Fa un certo effetto perché sono qui dall’anno della fondazione. Contando dall’inizio, l’anno prossimo saremo rimasti solo io ed il team manager (Ralph Denk, ndr). Della vecchia guardia non ci saranno più Schillinger che si ritira, Schwarzmann che va via (andrà alla Lotto Soudal, ndr) così come il diesse Enrico Poitschke. Fu lui a volermi e tenermi in squadra. Nel ciclismo moderno è anomalo restare sempre nella stessa squadra. Mi sento un po’ lo Javier Zanetti della Bora-Hansgrohe.

Cosa ti ricordi di quel 2010?

A settembre dell’anno prima avevo avuto i primi incontri con la dirigenza, che aveva già l’obiettivo di scalare le categorie. C’è sempre stato dietro un progetto che aveva lo slogan “ProTour (l’attuale World Tour, ndr) in tre anni”. Inizialmente hanno dovuto ridimensionare il budget, ma hanno mantenuto la stessa ambizione. Già nel 2011, in cui siamo diventati professional, avevamo un calendario importante e partecipato alla Roubaix. Da lì in avanti abbiamo sempre disputato gare WorldTour.

Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Sei stagioni tra le Professional poi nel 2017 arrivano Sagan e anche il WorldTour…

Sì, si era sfaldata la Tinkoff e c’erano liberi sia la licenza che una serie di corridori tra cui Peter. La dirigenza ha colto subito l’occasione grazie all’ingresso di Hansgrohe. Ma bisogna ricordare che nel 2012 era già entrato Bora. Prima come marchio piccolo su una manica e poi come nome principale. Siamo cresciuti con i nostri sponsor e loro sono cresciuti come aziende anche per merito nostro.

Eri tu il primo a dare il benvenuto a tutti i nuovi acquisti?

No, non facevo nessun battesimo (ride, ndr). A quello ci pensava la dirigenza. Posso dirvi però che ho visto passare tantissima gente tra corridori e personale dello staff. Penso però ad alcuni corridori che ho visto progredire da giovani, come ad esempio Buchmann. 

Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Il 2022 sarà la tua tredicesima stagione con il gruppo Bora. Hai mai avuto richieste da altre squadre o voglia di cambiare aria?

Siccome non ho il procuratore, non avevo la sfacciataggine di propormi altrove. La mia conferma qui non è mai stata scontata, me la sono sempre guadagnata in gara. Come nell’agosto 2015 quando la società mi aveva comunicato che voleva puntare su atleti più giovani e tedeschi. Poi feci un bel finale di stagione e rinnovai. 

Cos’ha di speciale questa società?

Serietà ed internazionalità, anche se è molto legata al territorio in cui è nata. Ha un livello manageriale alto. Se sono rimasto qui così tanto forse ha inciso il fatto di avere una mentalità molto vicina a quella della dirigenza ed un grande spirito di adattamento.

Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta, qui nella foto: 90 gare nella stessa stagione
Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta: 90 gare nella stessa stagione
Torniamo alla tua Inter. Quali tuoi compagni di squadra di quest’anno ti ricordano dei giocatori nerazzurri?

Eh, mica facile, ma ci provo (ride, ndr). Ackermann è un finalizzatore come Milito. Schwarzmann ha la solidità di Matthaeus. Leopold Konig invece mi ricorda Adriano, talento di grandi speranze, mai esploso del tutto. Aleotti è estroso come Djorkaeff, mentre Fabbro è scattante e piccolino come lo era Ganz. Oss ha la fisicità e la sicurezza di Materazzi. Infine Sagan la stella assoluta come Ronaldo. Non ce ne sono tanti come loro.


E Benedetti vuole restare nella Bora anche a fine carriera?

Non saprei. A volte penso che non saprei stare senza ciclismo, anche come dirigente. Altre invece che vorrei avere un allevamento di capre e galline tra Trentino e Polonia. Bisogna saper essere utili alla società. Al momento l’idea è quella di continuare a correre altri due anni, possibilmente sempre qui.

Toh, Benedetti con la Polonia. Ecco il “Cece” biancorosso

26.09.2021
3 min
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Scorrendo l’ordine di partenza balza agli occhi un nome che desta curiosità. O meglio, la Nazione a cui è associato. Il numero 118 infatti dice: Cesare Benedetti, Polonia.

Il corridore trentino della Bora Hansgrohe lo abbiamo incrociato poco prima del via da Anversa del mondiale 2021. Serio e anche un po’ teso, ma sempre super disponibile, ci ha raccontato questa sua storia.

Tantissimi i tifosi polacchi in Belgio
Tantissimi i tifosi polacchi in Belgio

Polonia seconda patria

«Ormai da quasi quindici anni sono legato alla Polonia – racconta Benedetti – la mia compagna con la quale sono sposato da otto anni è polacca e così ho ufficializzato questo legame. Ho avuto la possibilità di avere il passaporto polacco e di conseguenza anche a livello sportivo ho potuto prendere questa decisione. Che dire: sono motivazioni e possibilità in più.

«Sono molto contento e mi sono anche ben integrato in Polonia. Mia moglie Dorothea è del sud, nella zona dove negli ultimi anni c’è stato anche il Tour de Polonia, a 30 chilometri da Katowice».

Cesare Benedetti (34 anni) dopo la Vuelta ha corso anche a Francoforte. Per lui quest’anno anche il Giro (in foto)
Cesare Benedetti (34 anni) dopo la Vuelta ha corso anche a Francoforte. Per lui quest’anno anche il Giro (in foto)

Tutto all’improvviso

Benedetti ha dovuto attendere a lungo per ottenere il doppio passaporto. E una volta che questo è arrivato, in estate, ha fatto richiesta all’Uci. Lui immaginava che il tutto potesse partire dal 2022 e invece…

«Pensavo che il processo durasse un po’ di più – continua il trentino – Sapevo che c’erano dei tempi da rispettare per cui ho fatto la richiesta a luglio e ad inizio agosto era tutto tutto fatto. A quel punto ho iniziato davvero a pensare al mondiale. In Bora ci lavora Sylwester Szmyd, che è anche il tecnico nazionale. Con gli altri ragazzi poi ci siamo incontrati spesso in corsa. 

«Come l’ho preparato? Ho corso talmente tanto che non ho dovuto fare chissà cosa. Siamo qui per Michael Kwiatkowski. Lui sta bene, anche a Denain è andato forte e sa come si vince un mondiale! Non parte da favorito e questo può essere anche un vantaggio. A livello emotivo può stare tranquillo, non ha niente da perdere».

Kwiatkowski in zona mista, prima del via da Anversa. Sembra assonnato!
Kwiatkowski in zona mista, prima del via da Anversa. Sembra assonnato!

Debutto iridato

Per Benedetti questo è il primo mondiale. Un qualcosa di simile lo avevamo visto l’anno scorso con Enrico Gasparotto, che corse ad Imola per la Svizzera. Dice che è una vera emozione. Che si respira un’atmosfera particolare, tanto più che si corre in Belgio.

«Sicuramente è una grande emozione. Non nascondo di essere un po’ nervoso, anche se poi è una corsa come le altre… Come parlo in corsa? In polacco. Per ottenere il passaporto ho dovuto superare degli esami e anche a casa con nostra figlia si parla anche polacco. Tornare indietro? Si può cambiare due volte, ma dubito che a 34 anni suonati avrò ancora molte possibilità!».

Fiandre Pro Jacket, ecco perché alla Bora lo adorano

12.03.2021
6 min
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Come viene utilizzata dai corridori professionisti della Bora-Hansgrohe il giubbino Fiandre Pro Jacket che nasce per affrontare le condizioni climatiche peggiori come freddo, vento e pioggia?

Questo capo di abbigliamento prodotto da Sportful, in due configurazioni e diversi…pesi (leggero e pesante, manica lunga e manica corta) è confezionato con un tessuto di ultima generazione: il Polartec Neoshell, con minime cuciture termonastrate. Il risultato che si ottiene utilizzando questo innovativo prodotto è quello di mantenere il massimo della protezione coniugata a traspirabilità ed elasticità.

Cesare Benedetti e il suo Fiandre a manica corta
Cesare Benedetti e il suo Fiandre a manica corta

Per approfondire questo discorso abbiamo deciso di sentire un corridore del team Bora-Hansgrohe, vale a dire Cesare Benedetti, esperto corridore trentino, che vanta una vittoria di tappa al Giro d’Italia e che attualmente è impegnato in Francia, alla Parigi-Nizza.

Come sta andando la corsa?

Non male, stiamo inseguendo la vittoria con Ackermann. Ieri è arrivato terzo. La tappa è stata un po’ monotona, senza fuga. I primi cento chilometri siamo andati piano.

Fa freddo tra l’altro, immaginiamo che vi dobbiate coprire bene…

Sì, per fortuna siamo ben riforniti con i materiali.

Quale giubbino termico state utilizzando?

Utilizziamo il Fiandre di Sportful dato che è il nostro sponsor. Io non lo indosso solo quando piove. Durante l’inverno per allenarmi lo utilizzo piuttosto di indossare vari strati di indumenti. Quando il clima è freddo, lo prediligo.

Se il clima è incerto, alla partenza di una corsa, preferisci indossarlo oppure aspetti che piova per metterlo?

La maggior parte delle volte parto con la gabba, anche se non piove, quando fa freddo è utile ugualmente. Qui in Francia ad esempio la stiamo utilizzando nonostante non abbia piovuto. Oggi a metà gara le ho raccolte dai miei compagni di squadra e le ho riportate in ammiraglia

Benedetti ha utilizzato un termine da anni gergale fra i corridori. In effetti la Gabba è un capo di abbigliamento prodotto da Castelli a partire dal 2010 e poi esportato per concezioni anche nella produzione di Sportful che, come Castelli, fa riferimento alla Manifatture Valcismon di Fonzaso.

Nella borsa del freddo è indispensabile averlo…

Nella borsa del freddo io ne ho tre: uno a maniche lunghe, uno a maniche corte e uno un po’ più leggero sempre a maniche corte.

Ne avete di vari tipi, questo vi garantisce una copertura completa?

Sì, alla fine ne abbiamo due a maniche corte che possiamo tranquillamente alternare in base alle condizioni atmosferiche, in più per quando fa molto freddo ne abbiamo una a maniche lunghe.

Che differenza c’è tra le due a maniche corte?

Semplicemente una è più imbottita dell’altra. L’utilizzo è comodo perché non si limita alla sola pioggia, bensì se sento freddo e al tempo stesso non voglio sudare eccessivamente, utilizzo quella più leggera.

Pensi che abbia sostituito la tradizionale mantellina?

Sicuramente ne ha limitato l’uso perché adesso con il Fiandre si hanno notevoli vantaggi rispetto alla mantellina, però è anche vero che se piove forte si utilizzano entrambi.

Che differenza c’è tra questo giubbino e mantellina?

Il Fiandre è più aderente, si modella perfettamente al corpo. La mantellina talvolta fa l’effetto paracadute, questo in discesa e in pianura ti penalizza.

Quindi si traggono vantaggi soprattutto aerodinamici?

Esattamente, è un bel passo avanti. Anche per il sudore perché la mantellina ti isola di più, il Fiandre invece si presta meglio agli sforzi.

Le condizioni migliori per utilizzarla sono le mezze stagioni?

Sì, freddo e temperature miste. 

Che programmi hai per le prossime corse?

Sono in lista per la Sanremo, poi dovrei fare il giro dei Paesi Baschi. Ecco vi dico che in quella corsa sicuramente servirà il Fiandre perché nel Nord della Spagna piove spesso, i percorsi sono misti e con la mantellina sei scomodo. Preferisco la gabba anche perché le discese sono brevi e non ci si raffredda molto. Dopo il Paesi Baschi in  programma ci sono le classiche delle Ardenne.

La tua condizione fisica attuale com’è?

Sono migliorato. Ho perso qualche giorno a gennaio perché sono stato ammalato, non per Covid, ma per una semplice influenza. Quest’inverno ho fatto molto sport alternativo, perché gli ultimi due anni ho pedalato troppo.

Benedetti e Fabbro, a Camigliatello Silano, al Giro 2020
Benedetti e Fabbro, a Camigliatello Silano, al Giro 2020
Che tipo di sport hai fatto?

Ho fatto un po’ di sci alpino, a novembre non ho praticamente toccato la bici da strada perché ho preferito la mountain bike e il trekking. 

Quindi hai utilizzato sicuramente il Fiandre…

Certo che sì, inoltre ho potuto fare allenamenti di tre ore ad alta frequenza cardiaca, in bici con il freddo è un po difficile riuscirci.

La storia di Benedetti (al servizio di Aleotti)

04.01.2021
5 min
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«Sono in questa squadra dal 2010, quando era ancora una continental. Di quel gruppo siamo rimasti solo tre corridori», parole di Cesare Benedetti vera colonna portante della Bora-Hansgrohe. All’epoca il team si chiamava ancora NetApp ed era il sogno di un ragazzo, Ralph Denk, che da ex corridore aveva dapprima iniziato a riparare bici in un garage, poi aveva aperto un negozio, poi ancora aveva allestito un team di Mtb, quindi aveva creato una squadra juniores su strada e finalmente era riuscito ad avviare la sua avventura nel modo del professionismo.

Cesare Benedetti alla NettApp già nel 2010
Cesare Benedetti alla NettApp già nel 2010

Quella che segue è una bella storia di ciclismo, una storia della quale un ragazzo in particolare, Giovanni Aleotti, dovrebbe far tesoro. La storia di un corridore duro, di quelli che ogni cosa se l’è conquistata da solo, con il sudore, di quelli che faticano molto e vincono poco. Insomma uno di quei corridori che piace alla gente.

Benedetti uno di casa

Ma com’è stare in un team straniero, tanto più tedesco dalla testa piedi? C’è freddezza?

«Una famiglia? Piuttosto dico che mi trovo bene con tutti coloro che sono passati – dice Benedetti – e sono stati tanti. Ho un rapporto confidenziale con tutti ormai, ma resta pur sempre un ambiente lavorativo. Io sono sempre stato qua da quando sono professionista. Non saprei come funziona nelle altre squadre.

«Ho la fortuna che essendo trentino non mi discosto molto dalla mentalità rigida. In Bora sono esigenti, diretti e il team manager, seppur giovane, è di vecchio stampo: con lui basta una stretta di mano. Però se c’è un’idea quella è: dieci è dieci. Ma attenzione, non saremo come un team che ha tanti colombiani ma ci si diverte lo stesso. Specie con Sagan, Postlberger, Grosschartner …».

Denk sarà tedesco però è colui che ingaggia un istrione come Sagan e la scommessa Palzer, lo scialpinista. 

Cesare (33 anni) sul Monte Stivo, sci alpinismo “dietro casa”
Cesare (33 anni) sul Monte Stivo, sci alpinismo “dietro casa”

Quel no della Liquigas

Trovare un ciclista che per tanti anni resta nello stesso gruppo è sempre più una rarità. Benedetti conosce bene ogni meccanismo del team, sia perché ne fa parte da tanto tempo, sia perché ne ha colto la mentalità ed è cresciuto con questo.

«Nel 2009 – racconta Cesare – ho fatto uno stage con la Liquigas. Sembrava mi prendessero, ma a fine settembre mi dissero che non si poteva fare. Uno dei direttori sportivi di questo team che stava per nascere era Enrico Poitschke, il quale a sua volta era stato diretto da Oscar Pelliccioli alla Milram. Io con Oscar avevo corso alla Bergamasca dove faceva il ds. Il collegamento fu lui quindi. La NetApp inoltre cercava corridori delle Nazioni in cui intendeva investire e così intrapresi questa scommessa di andare in una continental. Dico scommessa perché se ne sentivano tanti già all’epoca di team che volevano crescere, ma pochi poi ci riescono».

Tuttavia i primi anni non furono facilissimi. Benedetti “emigrò” in Belgio, sul confine tedesco, dove la squadra aveva il magazzino e partiva per le gare.

«Ho rischiato anche di perdermi. Tutto nuovo, anche gli allenamenti. Non c’erano salite vere per allenarsi. Eravamo in 5-6 ma non era chissà che gruppo. Inoltre per i primi tre anni non avevo  il potenziometro, né il preparatore. Col senno del poi feci anche degli errori.

Già non avevo una mentalità vincente e mi ritrovavo ancora più afflitto. Anche fare il gregario non era facile. Se hai il velocista che se tutto va bene fa ottavo non è che la squadra va a tirare. Non potevo mettermi in mostra neanche in quel senso.

«Poi ad un tratto arrivò gente che lottava per la vittoria. E così anche io potevo farmi vedere. Nel 2016 cambiò tutto. Feci un sacco di corse, anche il Tour e la Vuelta, cosa che mi diede molto sul piano fisico. La testa poi fece il resto. Mi ritrovai alla mia prima Sanremo a lavorare per Sagan che poteva vincerla. Mi dissero che avrei dovuto tirare tra la Cipressa e il Poggio. Impossibile non farsi trovare pronti con Sagan che lotta in maglia iridata. Ho scoperto dei limiti. Fu un ulteriore miglioramento».

Gregario doc, l’anno scorso al Giro ha trovato la sua prima vittoria da pro’
Gregario doc, l’anno scorso al Giro ha trovato la vittoria

Benvenuto Aleotti

Un corridore come Benedetti vicino è una manna per un ragazzo che arriva in questo team. E il pensiero finisce subito a Giovanni Aleotti, neoacquisto della Bora Hansgrohe.

«Ho visto Giovanni quei pochi giorni in ritiro in Germania e cosa dirgli? E’ difficile per uno come me. Lui passa professionista da grande vincente. Ha conquistato il campionato italiano, ha fatto secondo a l’Avenir, ha vinto molte corse: da quel punto di vista non saprei davvero cosa potrei dargli.

«Posso però offrirgli dei consigli su come comportarsi in squadra, aiutarlo a tenere il morale alto se avrà difficoltà, cosa che non è detto accada. Spero che nel finale avrà più gambe di me! Magari cercherò di fargli capire quali sono i momenti quando davvero conta stare davanti e quando magari ci si può rilassare.

«Per quel poco che lo conosco la mentalità tedesca non lo spaventerà. Mi sembra già molto inquadrato ed è un ragazzo che tiene la cresta bassa. Vedo che già presta cura ai dettagli, magari dovrò consigliarlo a lasciarsi andare in alcuni momenti. Anche io da giovane ero molto ligio, ma non sempre è un bene».

Infine ci sono i direttori sportivi con cui avrà a che fare Aleotti, tutti stranieri. Anche in questo caso Benedetti non è banale.

«Ho legato di più con il preparatore Helmut Dollinger – conclude Benedetti – che con loro, ma ci sono due ds con cui è tanto che lavoro: Poitschke e Pomer. Soprattutto con Pomer che stava sulla seconda ammiraglia alcuni anni fa ho passato più tempo, perché ero spesso in fuga e lui mi seguiva. Io però credo che quel certo distacco deve esserci. Non dico che il corridore debba temere il ds, ma quel rispetto non deve mancare».

Come a dire: certe distanze fanno bene. Capito Aleotti?