Benedetti alla guida di Finn, Donati e… Capello: Come farà?

27.10.2024
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Da pochi giorni Cesare “Cece” Benedetti ha tra le mani i suoi ragazzi della Red Bull-Bora Hansgrohe Rookies, in particolare i due italiani: Lorenzo Finn e Davide Donati. «E anche Roberto Capello, che fa parte della squadra juniores, il Team Grenke – Auto Eder (la squadra da cui viene Finn stesso, ndr)». Benedetti è quindi già nel pieno dei lavori e inizia a sentirli come “suoi” ragazzi (in apertura foto @anderl_haartmann).

Proprio ieri si è concluso il primo “raduno” dell’anno per la Red Bull-Bora Hansgrohe. Più che altro si è trattato di visite mediche, team building, colloqui… In questo contesto c’erano anche i team giovanili della corazzata di Ralph Denk.
«Anche se io – dice Benedetti – come direttore sportivo, resto ancora un po’ qui nei pressi di Salisburgo per alcune riunioni con i coach e il management».

L’intera Reb Bull-Bora si è ritrovata in Austria, nei pressi di Salisburgo per le prime riunioni in vista della stagione 2025
L’intera Reb Bull-Bora si è ritrovata in Austria, nei pressi di Salisburgo per le prime riunioni in vista della stagione 2025
Cesare, qual è stata la tua prima impressione su questi ragazzi?

Con gli under 23 abbiamo davvero un bel gruppo, valido sia dal punto di vista atletico che personale. Mi sembrano già uniti e ben integrati. Questi quattro giorni in Austria mi lasciano ottimista. Ho visto tanto talento e ambizione, e per questo uno degli obiettivi principali sarà farli lavorare bene insieme. Nei primi colloqui abbiamo detto, e loro hanno capito, che non serve essere individualisti.

Su cosa vertevano i colloqui?

Sul conoscerli meglio. Abbiamo fatto sia dei colloqui di gruppo che uno a uno, soprattutto per capire i loro obiettivi, le loro personalità, chi è più aperto e chi più timido. Con gli juniores abbiamo parlato anche di scuola e di come adattarla agli allenamenti. Oltre al fatto che il ciclismo, come si suol dire, è una scuola di vita… specie a quell’età, aggiungo io.

Hai parlato di obiettivi: ma i ragazzi scelgono loro quali corse fare? Oppure vi riferite a grandi obiettivi, come un sogno in carriera da realizzare?

No, obiettivi molto più concreti. Dove vogliono migliorare? Dove sentono di dover crescere di più? Nella cronometro, sulla resistenza… Poi, chi è al secondo o terzo anno di categoria è naturale che, avendo visto il calendario, abbia puntato l’attenzione su alcune gare.

Con la vittoria iridata juniores, Lorenzo Finn (classe 2006) è la stellina dei Reb Bull Rookies
Con la vittoria iridata juniores, Lorenzo Finn (classe 2006) è la stellina dei Reb Bull Rookies
Veniamo ai tre italiani: Finn, Donati e Capello…

Donati e Capello sono due atleti che seguo direttamente io, insieme al preparatore ovviamente. Abbiamo coach specifici per juniores e under 23. In tal senso è come se fossimo “distaccati” dalla struttura centrale, anche se poi tutto è collegato. Finn, invece, è seguito dai piani alti… diciamo così! Lorenzo viene da una stagione davvero brillante, e io comunque mi relazionerò soprattutto con lui come persona e poi in gara.

Sei freschissimo di addio alle corse, ad agosto avevi ancora il numero sulla schiena… Cosa dici ai ragazzi? Qual è il tuo approccio?

Che devono divertirsi e apprezzare quello che fanno. Che devono fare tesoro dei momenti di gruppo, delle esperienze che vivranno. La mia filosofia è: anche se lavoro su un progetto che punta ai risultati, la cosa più importante è la crescita e la formazione dell’atleta e della persona. Va bene se vinci il Recioto per esempio, una gara under 23 importante, ma preferisco che fai quinto al Recioto e fra due anni mi vinci una tappa al Giro d’Italia.

Che programma seguiranno i ragazzi?

Per ora sappiamo dei ritiri che faremo con la prima squadra, quindi a dicembre e gennaio a Majorca. Gli juniores però non saranno a gennaio: visto che la loro stagione inizia più tardi, faremo qualcosa verso fine gennaio o febbraio.

GP Liberazione 2024, Davide Donati (classe 2005) si prende le strade di Roma
GP Liberazione 2024, Davide Donati (classe 2005) si prende le strade di Roma
E per quanto riguarda i carichi di lavoro? Si parla già di aumenti?

Questo è un discorso che stiamo affrontando con i preparatori, delicato e, a mio avviso, anche logico. Mi spiego: chi ha fatto quest’anno un grande salto di qualità non può aspettarsi di crescere altrettanto. Se sei migliorato del 40 per cento quest’anno, non puoi pensare che anche il margine di quest’anno sarà così ampio. Detto questo, però, i margini di miglioramento ci sono: anche solo a occhio mi sembrano acerbi fisicamente. Negli ultimi anni di carriera, io stesso mi trovavo accanto a ventenni già fisicamente formati. Bene così, quindi, vuol dire che margine ce n’è.

Passiamo ai ragazzi. Partiamo da Lorenzo Finn, campione del mondo juniores e al primo anno nella categoria under 23…

È un ragazzo molto tranquillo e al tempo stesso sicuro di sé. Spero solo che la stampa italiana non esageri con lui. È ovvio che Lorenzo avrà molta attenzione, ma è importante evitare paragoni, pressioni eccessive o aspettative. Ognuno ha la sua storia e a 18-19 anni non è facile gestire tutto questo. Anche se uno dice di non sentirla, una parte del cervello ci pensa sempre. Credo comunque che Lorenzo farà bene. Ha un grande talento.

Davide Donati…

Anche lui mi sembra un ragazzo tranquillo, a posto. Quest’anno Davide era partito molto bene, poi nella seconda parte di stagione ha pagato un po’, forse anche per la scuola di mezzo. Ecco, lui è uno di quelli che ha un grande margine di crescita. Lo vedo bene nelle classiche.

Roberto Capello (classe 2007) trionfa a Montecampione (immagine Youtube)
Roberto Capello (classe 2007) trionfa a Montecampione (immagine Youtube)
Roberto Capello, lo junior…

Roberto è molto convinto e determinato. Bisognerà tenerlo un po’ calmo! Non vedeva l’ora di ricominciare. Quasi non ha staccato e la sua stagione inizia fra cinque mesi… Sarà dura frenarlo! È interessante che questo giovane piemontese vada in bici solo da tre anni, e posso capire il suo entusiasmo. È molto forte in salita.

Secondo te, Cesare, questi ragazzi hanno consapevolezza dell’opportunità che hanno di fronte?

Sì, sì… specie dopo questo ritiro e i primi contatti con la squadra WorldTour sono rimasti molto colpiti in positivo.

E tu?

Per ora lavoro come devo, mi trovo bene e ho la giusta pressione. Da corridore ce n’era di più! Anzi, va meglio di quanto mi aspettassi. Devo e voglio capire bene cosa posso dare ai ragazzi, come parlargli, lasciargli più spazio e far vedere loro come vanno le cose. Ma vedremo: dobbiamo ancora iniziare!

Gregario vero, ragazzo gentile: “Cece” Benedetti saluta

20.08.2024
8 min
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Quando parli con Cesare Benedetti non puoi non fare a meno di notare il suo sguardo dolce e la sua espressione gentile, quasi timida. Trentino di nascita, polacco d’adozione, l’altro ieri a Cracovia “Cece” ha chiuso la sua onorata carriera. 

Un gregario di quelli veri, un professionista esemplare. Silenzioso, ma generoso. Quindici stagioni da professionista. Una la squadra e una la vittoria. Eppure Cesare è sempre stato inserito in gare e formazioni di alto livello. E questo succede quando si è corridori, quando si ha sostanza.

Qualche giorno di riposo e presto Benedetti sarà un direttore sportivo… manco a dirlo della sua Red Bull-Bora.

Massima professionalità fino alla fine. Ultima tappa del Polonia, ultimi chilometri in carriera e Benedetti è in seconda ruota a tirare (foto Sprint Cycling)
Massima professionalità fino alla fine. Ultima tappa del Polonia, ultimi chilometri in carriera e Benedetti è in seconda ruota a tirare (foto Sprint Cycling)
Insomma, Cece: è andata…

È finita! Prima o poi doveva succedere e sono contento che sia finita così: con un piano esatto di quel che stavo facendo e soprattutto del futuro. Prima del Tour de Pologne ho avuto una lunga e bella telefonata con Gaspa (Enrico Gasparotto, ndr) che mi ha evidenziato due fortune: scegliere l’ultima corsa della carriera ed avere già un piano per il prosieguo. Posso davvero ritenermi fortunato da questo punto di vista, perché dopo tanti anni di una certa vita smettere e non avere un progetto non deve essere facile.

Raccontaci le emozioni dell’ultima corsa. Dal bus, al traguardo…

C’e stato un momento in cui cercavo d’immaginarmi come potesse essere questo finale. L’ultima tappa alla fine è stata abbastanza veloce e si è anche lavorato un po’. Poi quando ho visto il cartello dei 10 chilometri all’arrivo ho pensato che sarebbero stati gli ultimi. E ancora di più quando ho visto quello dei meno cinque. Ma è stato così un po’ per tutto il finale del Polonia: l’ultima cena con i compagni, l’ultimo massaggio, l’ultima riunione… L’unica cosa bella è che per fortuna non dovrò più mangiare gel e barrette, che ormai mi vengono fuori occhi! Scherzi a parte, è stata un’emozione forte. Ho avuto vicino la mia famiglia, mio fratello, i miei genitori, il tifo. Insomma, non mi sono commosso ma… sono stato felice.

I ringraziamenti in italiano (sul cartellone) e in polacco (sulla strada): il giusto omaggio per Cece
I ringraziamenti in italiano (sul cartellone) e in polacco (sulla strada): il giusto omaggio per Cece
In gruppo come è andata?

Un po’ tutta la settimana, e nell’ultima tappa in particolare, chi mi incontrava mi dava una pacca sulla spalla, mi faceva i complimenti. Questa cosa mi ha ricordato quando ho vinto la tappa al Giro. Il giorno dopo in tanti erano contenti della mia vittoria e vennero a complimentarsi.

Come nasce questa decisione?

Qualche pensiero me lo ero messo in testa già l’anno scorso. Mi ero dato il limite dei 38 anni. Magari avrei fatto un’altra stagione ma vista l’offerta del team ho scelto di dire basta un po’ prima. Anche perché bisogna rendersi conto, e l’ho fatto, che il livello del WorldTour ormai è altissimo e anche per le ambizioni della squadra e per il mio livello fisico, e a 37 anni il recupero si fa sempre più lento, era giusto così. Non ho nessun rimpianto. Certo, un po’ di tristezza c’è.

Immaginiamo sia normale…

Di fatto termina una storia di 25 anni, da quando ho iniziato a gareggiare. Per ora tutto mi sembra normale. A fine corsa abbiamo preso una birra con la squadra e tutto lo staff, come spesso facciamo dopo le gare. Magari tra qualche giorno inizierò a sentire qualcosa, a cogliere qualche differenza.

Dopo aver fatto lo stagista alla Liquigas, nel 2010 Benedetti approda alla neonata NetApp, gruppo che si è evoluto fino a diventare Red Bull-Bora
Dopo aver fatto lo stagista alla Liquigas, nel 2010 Benedetti approda alla neonata NetApp, gruppo che si è evoluto fino a diventare Red Bull-Bora
E il prossimo anno sarai un direttore sportivo…

Esatto. La Red Bull-Bora farà il team under 23 e io sarò il diesse. Da qui, è nata la proposta del team di finire ad agosto così da poter affiancare i vari direttori nelle ultime corse dell’anno per fare tirocinio. Ora resto un po’ in Polonia, poi verrò in Italia per il Toscana, il Pantani, il Matteotti… Insomma comincio in casa, per di più in Toscana. Quelle strade le conosco bene in quanto feci lo juniores nel GS Aquila, a Ponte a Ema, Firenze. La squadra di Gino Bartali.

Sei sempre stato in questo gruppo, da quando si chiamava NettApp sino al oggi. Tu e il manager Ralph Denk…

Io e lui siamo i reduci di quel gruppo del 2010 e infatti è stato proprio Ralph a farmi la proposta di smettere e fare il diesse. Me lo ha detto prima della Strade Bianche. Con l’entrata di Red Bull ci sono grossi cambiamenti nel team. Non solo economici ma anche tecnici. Penso ai test, agli studi sull’aerodinamica, alla squadra under 23…

Cosa lascia il ciclismo a Cesare Benedetti?

Tante avventure di vita e di sport. I grandi Giri e le corse in Europa: quello è stato il ciclismo, le esperienze sportive. Le trasferte in Cina, Argentina e nel resto del mondo, sono state esperienze di vita. In certe occasioni vedi anche la povertà e quando torni poi non ti lamenti più di tante piccole cose. Del Qinghai Lake (nel centro della Cina, ai confini col Tibet, ndr) potrei scrivere un libro. Un mondo talmente diverso… Ricordo che avevamo una massaggiatrice tedesca abbastanza robusta e un meccanico con la barba lunga alto due metri. La gente del posto veniva a vedere i biondi di altri mondi e non tanto la corsa. Vedevi in loro questa curiosità, questo stupore dello straniero. Oppure mi vengono in mente i bambini correre attorno al nostro bus in Argentina, erano i più felici del mondo. Senza contare che in bici vedi dei posti che un normale turista non vedrebbe mai.

La volta scorsa ci hai detto che il capitano che più ti ha colpito è stato Sagan…

Sicuramente Peter Sagan per il talento che aveva, un talento naturale. Certo, dietro c’era anche del lavoro, ma quando stava bene certi suoi numeri pazzeschi sembravano facili. Mi viene in mente il 2017: quell’anno tra la caduta al Fiandre e l’esclusione al Tour non raccolse molto, ma era fortissimo fisicamente. E poi ho i tanti ricordi dell’inizio di carriera quando arrivato in gruppo mi ritrovavo vicino ai corridori che vedevo in tv da bambino. Sono riuscito anche a fare cinque giorni di corsa con Lance Armstrong! Mi vengono in mente Petacchi, McEwen… Gilbert e Valverde sono stati gli ultimi due che mi facevano ancora emozionare in gruppo. I campioni di oggi sono fortissimi, ma non avendoli vissuti da bambino, dal basso verso alto, non mi danno quelle emozioni.

Il tuo momento? La tappa al Giro immaginiamo…

In realtà a livello emozionale l’anno scorso essere riuscito a passare in testa, in fuga, al mio paese, Ronzo-Chienis è stato qualcosa d’incredibile. Avevo la pelle d’oca. Avrei potuto chiuderla lì! Eravamo alla terza settimana, del Giro. Nella seconda ero stato male, ma avevo tenuto duro per arrivare lì. Per di più avevo anche lottato per entrare in fuga e Ronzo-Chienis è in salita. Insomma ero così emozionato anche perché avevo voluto, e centrato, l’obiettivo. Ma un’emozione forte è stata anche la vittoria del Giro d’Italia di Jai Hindley: per un gregario un successo così è la ciliegina sulla torta.

Sei incredibile, Cece! Cos’è un gregario? E soprattutto ci sono ancora quelli come te?

Qualcuno c’è ancora. Mi viene in mente Patrick Gamper. Lui per esempio mi ha dato una delle soddisfazioni più grosse. Dopo che Jai vinse il Giro e gli feci i complimenti per il suo lavoro, lui mi disse: “Cece ho imparato tanto da te”. Cos’è un gregario: chiaramente da giovane anche io puntavo al risultato. Ma già all’epoca quando tra gli under 23 ero compagno di Daniel Oss e correvo in suo supporto, mi sentivo più forte, rispetto a quando dovevo correre per me. Forse era anche un fattore psicologico, avevo meno pressione. Ma poi ho sempre ammirato questo ruolo. Mi ricordo i treni di Cipollini: quei vagoni, quegli atleti sono sempre stati una fonte d’ispirazione per me.

Tour de Pologne finito: per Cece scatta la festa e l’abbraccio dei compagni
Tour de Pologne finito: per Cece scatta la festa e l’abbraccio dei compagni
Una vita nel ciclismo, 15 stagioni da pro’: quanto è cambiato questo sport?

Tanto. Oggi ci sono mezzi a disposizione per allenarsi, dal misuratore di potenza agli aspetti dell’alimentazione, che mettono a disposizione tantissime informazioni. Informazioni aperte a tutti. Questo fa sì che si brucino i tempi, che poi è quel che succede nel mondo reale, nella società. Oggi gli allievi hanno il procuratore, il preparatore. Una volta il direttore sportivo faceva tutto. Se guardo indietro un errore che non rifarei, per esempio, è stare i primi anni da pro’ senza preparatore.

Cioè?

Dal 2010 al 2012, nella mia testa dicevo: “Ora sono un professionista, quindi so allenarmi da solo”. Magari neanche sbagliavo tutto, ma andavo avanti con il cardio e non con il potenziometro… che avevo. Oggi è impossibile. Il ciclismo è uno sport più specifico, aperto a più nazioni e il livello si alza. C’è una selezione pazzesca. Per ora ho avuto solo qualche contatto col mondo manageriale, ma ho già visto che c’è un’analisi dei dati impressionante. Ai miei tempi si guardavano i risultati e la costanza del ragazzo. Oggi si fanno test su test, analisi, numeri… Probabilmente io oggi neanche sarei passato pro’ se mi avessero fatto un test. Non ho i numeri… rispetto a quel che riesco a mettere in corsa. Alla fine ho fatto qualche podio da pro’. Ma ad un certo punto devi essere realista e capire cosa fare. Vuoi fare “esimo” o trovare la tua dimensione e fare il corridore per più anni?

Simone Velasco ha salutato Cesare “Cece” Benedetti sui social dicendogli che è stato un esempio di professionalità per molti giovani. Possiamo solo aggiungere che i ragazzi del nascituro devo team Red Bull-Bora con ogni probabilità avranno un grande maestro. 

Chiusura in Polonia, poi Benedetti salirà sull’ammiraglia

21.06.2024
5 min
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Appena compiuti 37 anni, Cesare Benedetti appenderà la bici al chiodo. Lo farà in Polonia, la sua patria d’adozione, al termine del Tour of Pologne, ma subito dopo entrerà nel nuovo ambito della sua vita ciclistica, salendo sull’ammiraglia della Bora Hansgrohe, squadra nella quale ha militato sin dai suoi albori nel 2010. Un destino già segnato che ha avuto i suoi prodromi nelle ultime battute della sua carriera.

Il legame così profondo e antico con la squadra tedesca lo ha portato a questa decisione: «Me lo hanno proposto loro. Io pensavo di tirare avanti un’altra stagione, ma obiettivamente era solo perché non mi ero ancora mentalizzato sulla fine della mia carriera agonistica. I dirigenti mi hanno prospettato quest’eventualità e ho detto subito di sì, anche perché era mio grande obiettivo rimanere nel mondo delle due ruote».

Cesare Benedetti è passato professionista del 2010 con l’allora NetApp, dopo uno stage con la Liquigas nel 2009
Cesare Benedetti è passato professionista del 2010 con l’allora NetApp, dopo uno stage con la Liquigas nel 2009
Un passaggio quasi naturale, considerando che nelle ultime stagioni eri diventato un po’ un regista in corsa più che un semplice gregario…

Effettivamente era un ruolo a me congeniale, soprattutto perché i più giovani si avvicinavano sempre per chiedere consigli, per capire come muoversi in corsa. La cosa non è sfuggita ai responsabili del team che infatti mi hanno chiesto di mettermi a lavorare con gli under 23, per indirizzarli meglio verso l’attività maggiore.

L’idea ti piace?

Non nascondo che mi interessa molto. La Bora Hansgrohe è sempre stata strutturata come una filiera, anzi è stata una delle prime a capire che per alimentare la prima squadra non bastava muoversi sul mercato, ma serviva avere un vivaio, come in altri sport. Ora vogliono dare maggior impulso al settore under 23 avendo capito che non è così semplice passare da juniores e fare un salto così precipitoso, è meglio procedere per gradi. Ormai i devo team danno a tutti la possibilità di fare esperienze con la squadra maggiore nelle prove al di fuori del WorldTour, è la strada giusta per imparare, ma bisogna arrivarci pronti.

Il polacco con il danese Wandahl, uno dei giovani che ha introdotto nel team
Il polacco con il danese Wandahl, uno dei giovani che ha introdotto nel team
Arrivando al termine della carriera è il momento di fare un consuntivo, che cosa vedi guardandoti indietro?

Credo di aver fatto anche più di quello che pensavo quando iniziai questa lunga avventura. Sapevo già da under 23 che non sarei stato un vincente e già allora avevo l’idea che senza grandi chance di vittoria sarebbe stato difficile durare. Non è stato così, ho trovato la mia dimensione. Ho fatto bene il mio lavoro, questo è stato riconosciuto da tutti. Ho seguito la mia carriera aiutando tanti leader a centrare il proprio obiettivo e la cosa che mi piace è che chiudo essendo sempre rimasto a un livello altissimo, in un team della massima serie affrontando corse che anno dopo anno sono diventate sempre più dure.

In questi anni hai mai pensato di cambiare team? Tu sei stato una delle ultime bandiere, di quei corridori fedeli a una scelta fatta quasi a inizio carriera…

Ogni tanto qualche pensiero mi è venuto, più che altro per la curiosità di verificare un’altra scelta, ma servivano motivazioni profonde che non avevo. Ragionandoci era giusto rimanere in un ambiente che ha sempre creduto in me e in quello che potevo dare. Il fisico in questi anni ha dato sicuramente tanto, per questo non ho rimpianti guardandomi indietro, so che i giovani che ci sono ora vanno decisamente più forte di me.

Con Sagan in maglia iridata, una lunga esperienza che ha segnato la carriera di Benedetti
Con Sagan in maglia iridata, una lunga esperienza che ha segnato la carriera di Benedetti
Tu hai lavorato con tanti leader al tuo fianco. Chi ti è rimasto più impresso?

Sicuramente Peter Sagan, è stato lui a farmi fare un vero salto di qualità. Correndo al suo fianco, in maglia iridata, sapevo che non potevo sbagliare e questo mi ha fatto andare anche oltre i miei limiti e mi ha fatto capire che avevo dentro di me qualcosa in più di quanto fatto fino allora. Le sue vittorie sono state per me emozionanti, ma devo molto anche a Majka e ai grandi giri corsi al suo fianco.

La tua più grande soddisfazione?

Il Giro d’Italia conquistato da Hindley, tutta quell’edizione è stata il mio apice come uomo squadra, centrando un grandissimo obiettivo. Il momento più bello però è stato al Giro 2023, quando siamo passati per Rovereto, la mia città, con il gruppo tutto alle mie spalle transitando per le mie strade, davanti alla mia gente pronta ad accogliermi. Avrei potuto chiudere la mia carriera anche allora…

L’unica vittoria di Benedetti da pro’, al Giro d’Italia 2019, nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo
L’unica vittoria di Benedetti da pro’, al Giro d’Italia 2019, nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo
Come finirai invece?

Un paio di corse a tappe in Romania e Repubblica Ceka e poi il Giro di Polonia. E’ la settima volta nella mia patria d’adozione e mi sembra giusto chiudere lì anche perché in squadra vogliono che sfrutti le settimane successive per fare un po’ di tirocinio in vista della prossima stagione sull’ammiraglia.

A proposito della Polonia, ti sei mai pentito di non aver fatto il passaggio prima del 2021? Se non altro, avresti potuto partecipare a più campionati mondiali…

Ho iniziato la procedura nel 2018, ma i tempi burocratici sono stati lunghi. Non posso negare però che partecipare ai mondiali in Belgio nel 2021 è stata un’emozione forte, esordire a un mondiale a 34 anni. Ora che non dovrò più allenarmi con assiduità, quando sarò libero dal lavoro vivrò maggiormente con la mia famiglia in Polonia. Il Trentino è nel cuore, ma quella è ora casa mia…

Due o tre dritte sulla Bora: Benedetti “accoglie” Roglic

14.10.2023
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NANNING – Della Bora-Hansgrohe che in origine si chiamò NettApp sono rimasti ormai soltanto in due: Ralph Denk che nel 2010 la creò e Cesare Benedetti che vi approdò quello stesso anno quando era ancora una continental. Ora in questa squadra tedesca, che lo scorso anno ha vinto il Giro e sogna il Tour, arriverà Primoz Roglic.

L’ingaggio è importante, pur se inferiore a quello che fu di Sagan. E allora la curiosità è proprio capire in che modo la squadra sia cambiata negli anni e come si sia adattata ai vari campioni che l’hanno scelta. O se siano stati loro a doversi piegare. Benedetti è l’uomo giusto per raccontarlo, con quel pizzico di orgoglio di chi c’è sempre stato e ne va giustamente fiero. Fuori il caldo è duro da assorbire, l’umidità qui in Cina è elevata. La città ha 7 milioni di abitanti, siamo abbastanza vicini al confine con il Vietnam. E nessuno intorno parla inglese.

E’ il 2011 e la NettApp, in cui Benedetti è passato l’anno prima, diventa una professional
E’ il 2011 e la NettApp, in cui Benedetti è passato l’anno prima, diventa una professional
Tu sei in questa squadra praticamente dall’inizio. L’hai vista cambiare. Che effetto fa essere in una squadra da così tanto tempo?

Ho visto passare tutti, fra corridori e personale. Ho seguito questo percorso quasi naturalmente. Non sono mai stato un uomo mercato, avendo quasi sempre fatto le trattative da solo. Ho trovato un bell’ambiente, anche guardando indietro, non vedrei la necessità di cambiare. Ho preso questa routine, conosco i posti dove andiamo. In più è una squadra internazionale e mi dà soddisfazione poter parlare tedesco oppure inglese. Ho conosciuto tante persone anche fra gli sponsor, per cui spero che, vista l’età (sorride, ndr), quando smetterò potrò avere qualche opportunità.

C’è un filo che in qualche modo unisce le tante stagioni di questa squadra?

Penso sia il team manager: Ralph Denk. Preferisce che le cose siano fatte in casa. I nostri sponsor e le persone con cui lavoriamo vengono tutti dalla Baviera. Per questo in passato abbiamo avuto anche sponsor più piccoli e tutti locali. E’ un team manager giovane, che però ragiona alla vecchia maniera. Per lui una stretta di mano conta più di tutto il resto.

Alla presentazione delle squadre al Guangxi Tour, i bambini accompagnavano i corridori alla firma
Alla presentazione delle squadre al Guangxi Tour, i bambini accompagnavano i corridori alla firma
Che tipo è Ralph Denk?

All’apparenza è un po’ chiuso, invece è molto alla mano. Ha diversi figli, quindi una volta che l’hai conosciuto e lui conosce te, arriva anche a capire le esigenze dei singoli. Anche le mie. Ho due bambine e su certe cose ci si capisce. Comunque, nonostante i tanti anni, non ho con lui il grande rapporto di confidenza che semmai può crearsi con un direttore sportivo. In questi 15 anni, ho sempre tenuto la distanza, come penso debba essere. Quando arriva sul bus prima di una corsa importante, mi mette ancora un po’ di soggezione.

E’ la squadra che si è adattata ai vari campioni oppure è toccato a loro inserirsi? Sagan ha cambiato le abitudini?

Penso che Sagan abbia cambiato qualcosa, allo stesso tempo anche lui ha dovuto adattarsi. Avevano un direttore sportivo, dei corridori, un massaggiatore e l’addetto stampa, ma erano in minoranza. La struttura era la nostra. Adesso arriva Roglic e ci sono voci non ancora confermate che porterà con sé il suo allenatore. Per cui magari da quel punto di vista continuerà a lavorare allo stesso modo. Però penso che dovrà adattarsi, in qualche modo ridimensionarsi. Anche se sono certo che la squadra soddisferà anche le sue esigenze, soprattutto a livello di calendario e di preparazione.

Giro d’Italia 2022, a Verona Ralph Denk festeggia con Jai Hindley in maglia rosa
Giro 2022, a Verona Ralph Denk festeggia con Hindley in maglia rosa
Perché secondo te Benedetti è prezioso in questa?

Perché è sempre stato fedele. Ho sempre portato rispetto per tutti ed è un rispetto che mi è tornato indietro. E’ importante conoscere le dinamiche in squadra e io mi sono adattato a fare un lavoro che viene apprezzato da diversi compagni.

In squadra c’è una grande componente italiana, avete fatto un gruppo Whatsapp di italiani?

In effetti siamo parecchi. Ci sono Fabbro e Aleotti, poi ci sono io. Gasparotto in ammiraglia. Dal prossimo anno ci sarà Sobrero, dallo scorso abbiamo un meccanico e un massaggiatore e poi c’è Artuso fra i preparatori. Rispetto agli inizi, sicuramente la squadra è molto più molto più internazionale, ma il gruppo Whatsapp non l’abbiamo fatto. Ci sono abbastanza stupidate che girano, manca solo di avere un altro gruppo.

Milan 23 anni, Benedetti 36: in questi giri il trentino ha lavorato per il compagno Wandahl, in testa alla classifica dei GPM
Milan 23 anni, Benedetti 36: in questi giri il trentino ha lavorato per il compagno Wandahl, in testa alla classifica dei GPM
La squadra ormai punta forte sui Giri. L’anno scorso è venuto il Giro e ora arriva Roglic per il Tour: cosa te ne sembra?

Negli anni abbiamo vinto la Roubaix, quindi una prova Monumento. Abbiamo vinto il Giro, ma il Tour de France è la corsa che dà più visibilità al mondo, non solo come ciclismo, ma proprio come evento sportivo. Nella confusione che si è creata nel dopo Vuelta, visti i corridori disponibili, penso che Roglic fosse l’unico a dare questa speranza e che almeno abbia dimostrato di potersela giocare. Logicamente gli anni passano anche per lui, però sarà là davanti a lottare. Diciamo che se si doveva prendere un rischio, lui sul mercato era la scelta migliore.

Per dargli un consiglio, qual è un comportamento da evitare con Ralph Denk e uno che invece lui apprezza?

Penso che per tenere buoni rapporti, bisogna essere onesti. Non fare niente o parlare dietro la schiena. Come dire: se ti dà una mano, non prendere il braccio, perché dopo te lo taglia. Così in una risposta sola gli abbiamo detto cosa fare e cosa no…

La Bora-Hansgrohe secondo Cesare Benedetti

03.05.2023
5 min
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Lo scorso anno hanno vinto il Giro d’Italia con Jay Hindley, questa volta come andranno le cose per la Bora-Hansgrohe? Nell’ultima corsa rosa la squadra tedesca si mostrò compatta e “istrionica”. Istrionica in quanto ha riservato tattiche inaspettate, grandi attacchi e compatta perché nel momento in cui si è capito che fosse emerso un leader tutti hanno fatto quadrato intorno a lui, a cominciare da Cesare Benedetti.

E con il “polacco del Trentino” cerchiamo di fare proprio un’analisi della Bora che fu e di quella che sarà. Benedetti sembra aver recuperato bene dalla frattura della clavicola in quella folle caduta alla Sanremo poco prima della Cipressa. Al Romandia si è subito messo a disposizione del team.

«Tutto sommato – spiega “Cece” – non va male. Dopo la frattura sono riuscito a risalire in bici abbastanza presto. Al Romandia non correvo da oltre un mese».

Il team di Denz col Trofeo Senza Fine sul podio di Verona. Grande festa per la Bora
Il team di Denz col Trofeo Senza Fine sul podio di Verona. Grande festa per la Bora
Cesare, sei un totem di questo gruppo. Aiutaci a capire meglio le vostre dinamiche e il vostro gruppo. Partiamo dallo scorso anno…

Nel 2022 avevamo tre leader: Jay Hindley, Emanuel Buchmann e Wilco Kelderman, ma in realtà alla partenza non sapevamo chi potesse davvero andare bene. Tutti e tre uscivano da un periodo problematico. Wilco era caduto alla Liegi, Hindley neanche l’aveva fatta perché era stato male e Buchmann era uscito malconcio dai Baschi. Quindi siamo partiti senza certezze, ma anche senza pressioni. La cosa buona è che è arrivata presto la vittoria di Kamna che ci ha tolto lo stress da risultato e da lì tutto è stato più facile.

E quest’anno come vi approcciate al Giro?

I leader saranno due: Aleksandr Vlasov e Lennard Kamna. Entrambi hanno avuto un buon avvicinamento. Non siamo i favoriti, è chiaro, ma per me è meglio così. Gli occhi sono tutti puntati su Evenepoel e Roglic e le loro squadre sono le più attrezzate anche su carta.

Però siete i campioni uscenti, magari un po’ di pressione ce l’avrete?

Secondo me no. Andiamo al Giro con dei corridori diversi. Vlasov era al Tour l’anno scorso. E poi se la pressione non la sente lui – e lui non la sente – perché dovremmo averla noi? Forse ne avrà un po’ di più Kamna che dopo il bel Giro dell’anno scorso è chiamato a confermarsi e a vincere una tappa quantomeno.

Lennard Kamna e Aleksandr Vlasov saranno i capitani della Bora-Hansgrohe al Giro
Lennard Kamna e Aleksandr Vlasov saranno i capitani della Bora-Hansgrohe al Giro
Gasparotto ci ha detto che lui punta a fare classifica. E’ così?

Sì, è così. Ma anche in questo caso non vedo grandi motivi di pressione. E’ vero abbiamo vinto il Giro, ma confermarsi non è facile. Lo sappiamo noi, lo sa la squadra… Di Giro ce n’è uno all’anno e lo vince uno solo: non dobbiamo fasciarci la testa, tanto più con questo elenco partenti. Prendiamo ciò che viene.

Che gruppo è il vostro? Avete corso parecchio insieme?

Un gruppo abbastanza unito direi. Abbiamo fatto anche l’altura insieme, ma è anche vero che quest’anno io non ho mai corso con Aleotti, per esempio. A turno ho corso con tutti. Ma in generale è un gruppo piacevole. C’è una bella atmosfera. In corsa ci supportiamo ed è anche divertente stare a cena insieme.

Chi è il più guascone?

Beh Vlasov è abbastanza silenzioso, ma ride anche lui. Forse Anton Palzer. Lui è quello più goliardico, ma come ripeto a cena scherziamo tutti!

Invece il road capitain? Sei tu il Puccio della situazione immaginiamo… Sei il più esperto.

Diciamo che i capitani in corsa siamo Bob Jungles ed io. Io più per le tappe di pianura e quelle più calme. Bob per quelle più dure, quando ci sarà salita. Anche se è appena arrivato, lui è uomo di esperienza e si è guadagnato la fiducia dei compagni e dei direttori sportivi. Senza contare che è un corridore in grado di fare ottimi risultati.

Benedetti e Jungels (in secondo piano) saranno i capitani in corsa della Bora-Hansgrohe
Benedetti e Jungels (in secondo piano) saranno i capitani in corsa della Bora-Hansgrohe
C’è qualche tappa che vi preoccupa di più?

Tutti insieme il percorso non lo abbiamo visto nel dettaglio, ma a dicembre, in ritiro, ci siamo fatti una carrellata delle tappe. Che dire: per certi aspetti le tappe di montagna sono più facili da controllare, sai che la corsa è quella. Mentre bisogna stare attenti a quelle intermedie: qualche imprevisto può esserci. Basta ricordare quel che facemmo noi stessi a Torino l’anno scorso. Sì, sai che è una tappa dura, ma non ti aspetti nulla di eclatante e invece…

C’è tanta crono: questo vi “spaventa”?

Non penso sia un problema. Sia Alex che Kamna vanno forte contro il tempo. Lennard è stato anche iridato juniores. In più entrambi hanno lavorato tanto sulla posizione e sui materiali.

Il podio è un obiettivo concreto dunque?

A me piace volare basso, così se poi viene qualcosa di più tanto meglio. E allora dico che una top 5 è alla nostra portata. 

Più Vlasov o Kamna?

Alex ha più esperienza. E’ già arrivato quarto in un Giro e quinto in un Tour e sa cosa aspettarsi. Mentre per Lennard il grande Giro per fare classifica è un’incognita. E’ vero che lo scorso anno anche nel finale andava forte, ma un conto è mollare in qualche tappa, anche mentalmente, un altro è stare attenti e al massimo tutti i giorni.

Hindley: rosa o gialla? I pro e i contro per Benedetti

10.11.2022
5 min
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Neanche il tempo di metabolizzare i nuovi percorsi di Giro e Tour che già nascono le prime dispute e in casa Bora-Hansgrohe la gestione della prossima stagione non appare semplicissima. Visto il percorso della Grande Boucle, con una sola cronometro neanche molto lunga, la squadra tedesca vorrebbe portare Jai Hindley in Francia, ma l’australiano è orientato a tornare in Italia e difendere sul campo la maglia rosa conquistata nell’ultima edizione.

Hindley non si è fatto spaventare dal tracciato della corsa rosa, profondamente diverso da quello vinto, con molti più chilometri a cronometro. Un problema di difficile soluzione. Tempo per affrontarlo ce n’é, ma noi abbiamo voluto saperne di più sentendo chi quel Giro lo ha condiviso con Jai giorno dopo giorno, ossia Cesare Benedetti che faceva parte della squadra vincente.

Un curioso fermo immagine dall’ultima Vuelta a Catalunya, con Benedetti che ripara la bici a Hindley
Un curioso fermo immagine dall’ultima Vuelta a Catalunya, con Benedetti che ripara la bici a Hindley
Come avete vissuto quell’esperienza?

Pochi lo hanno sottolineato, ma il fatto di partire con 3 punte (Buchmann, Keldermann e Hindley) ha permesso a Jai di affrontare la prima parte di gara con leggerezza, senza grandi pressioni. Quando sul Block Haus ha visto qual era la sua condizione, il fatto di avere la squadra alle sue dipendenze è stata quasi una logica conseguenza, questo ha permesso all’australiano di rimanere sempre tranquillo. Forse mascherava la tensione, ma anche nell’ultima settimana lo vedevi salire sul pullman, indossare le cuffiette, chiudere gli occhi e concentrarsi, o forse distrarsi. Non ha mai perso il sorriso, penso che questa sia stata una sua forza.

Ammetterai però che il Giro prossimo è diverso, con molti più chilometri a cronometro…

E’ un Giro diverso anche per altri aspetti. E’ un Giro meno duro, non ci sono quelle sequenze di tappe dure con arrivi in salita, anche tre di seguito che abbiamo trovato. Ci sono sì frazioni difficili, le grandi salite, anche la cronoscalata del penultimo giorno, ma è meno severo e questo paradossalmente svantaggia Jai più che i chilometri contro il tempo perché si è visto che l’australiano quando è in forma ha grandissime doti di recupero.

Per Hindley tanti dubbi per il 2023 fra tornare al Giro e un Tour che sembra fatto su misura
Per Hindley tanti dubbi per il 2023 fra tornare al Giro e un Tour che sembra fatto su misura
Rispetto al 2020 secondo te è migliorato a cronometro?

Sicuramente, ma non è che anche allora fosse fermo… Aveva lavorato molto meno allora, oggi è maturato, ha fatto esperienze, ha anche lavorato alla galleria del vento. Io dico non solo che è migliorato, ma che può crescere ancora.

Paradossalmente Giro e Tour sembrano essersi invertiti le caratteristiche, con una corsa francese molto dura con ben 30 Gran Premi della Montagna…

E’ un Tour dove parti subito a tutta, dai Paesi Baschi con percorsi che sembrano quasi quelli delle classiche delle Ardenne. Io sinceramente Hindley su quel percorso lo vedo davvero bene, già nelle prime tappe sarebbe tra i primi. Penso che sia ormai maturo per affrontare i più grandi proprio al Tour e su quel percorso non partirebbe certo battuto. Ma c’è un però…

Benedetti vorrebbe tornare al Giro, dove ha vinto una tappa nel 2019
Benedetti vorrebbe tornare al Giro, dove ha vinto una tappa nel 2019
Quale?

Io se fossi nei suoi panni direi le stesse cose e vorrei tanto andare al Giro. Vuoi mettere l’emozione di correre con il numero 1 sulla maglia? E’ enorme, un ritorno al ciclismo classico. Parlo per sensazioni, perché razionalmente al Giro avrebbe tutti gli occhi puntati addosso, mentre al Tour non avrebbe grandi responsabilità, potrebbe correre con quella leggerezza che ha contraddistinto la sua ultima avventura in terra italiana. C’è anche un altro aspetto sul Tour: è diverso non solo perché c’è tanta salita, ma anche perché non ci sono quelle tappe difficili da interpretare, dove si creano ventagli, quelle frazioni che possono anche costare la corsa.

Abbiamo parlato tanto di Hindley, ma che cosa spera Benedetti?

Io vorrei tanto tornare al Giro, anche perché si passa davanti casa mia (Rovereto, ndr), nella frazione del Bondone. Ricordo che avvenne solo nel 2001 e 2002 e io ero lì a bordo strada a incitare i campioni che mi transitavano davanti. Io poi sono un corridore più adatto al Giro, sono abbastanza abituato a impostare la stagione per essere in forma per le Ardenne e poi tirare dritto per la corsa rosa. Al Tour non avrei molto da dire.

Per la Bora-Hansgrohe primo appuntamento di gruppo a Maiorca dal 9 dicembre
Per la Bora-Hansgrohe primo appuntamento di gruppo a Maiorca dal 9 dicembre
Hai già ripreso la preparazione?

Sì, con molta calma da una settimana, abbinando bici e palestra. Solitamente avevamo la prima presa di contatto come squadra a ottobre, invece stavolta è stato tutto rinviato, ma ci hanno già inviato un calendario di massima di tutta la stagione e ognuno di noi esprime le sue preferenze. Poi la squadra trarrà le conclusioni, intanto coloro che andranno in Australia sono già stati avvertiti e stanno lavorando in maniera più mirata. Ne sapremo di più al primo ritiro stagionale a Maiorca, dal 9 al 21 dicembre. Per allora credo che anche la querelle Hindley Giro/Tour avrà la sua soluzione.

La Bora cambia pelle, Benedetti è la bandiera

02.12.2021
5 min
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Uomo franchigia, per Cesare Benedetti non c’è vestito migliore. Negli Stati Uniti definiscono così gli atleti che passano la loro carriera in un’unica squadra. Nel calcio le chiamano bandiere. Queste figure ormai sembrano non esistere più. Nel ciclismo – in cui i corridori cambiano spesso casacca – non ci sono quasi mai state, ma esistono esempi di fedeltà a lungo termine. Valverde ed Erviti sono nella stessa società dal 2005, Rojas e Gesink dal 2007, Pinot e Geraint Thomas dal 2010.

In mezzo a loro c’è anche il trentino della Bora-Hansgrohe, che a differenza dei suddetti colleghi vanta un particolare primato. Dal 2010, da quando è passato professionista, il 34enne di Rovereto (diventato polacco da un anno) corre per la medesima formazione e non solo. L’ha vista crescere (e vincere) da continental a professional fino al WorldTour, dai tempi della NetApp a quelli attuali.

Da under 23 nel 2009, qui al GiroBio, corre alla Uc Bergamasca che a breve diventerà Colpack (foto Scanferla)
Da U23 nel 2009 corre alla Uc Bergamasca, poi Team Colpack (foto Scanferla)

L’eroe di Pinerolo

Benedetti – che nel 2019 ha vissuto il suo giorno di gloria vincendo la Cuneo-Pinerolo (foto di apertura), dodicesima tappa del Giro d’Italia – è il prototipo del fidato gregario (quest’anno ha disputato 90 gare, primo in questa speciale graduatoria) e le tante stagioni le ha sempre vissute al servizio dei tanti capitani e compagni che ha visto passare.

Così, mentre la nostra chiacchierata è già ben avviata e ci prepariamo ad approfondire la sua avventura nel team tedesco, Cesare ci confessa la sua fede calcistica interista dandoci lo spunto per un piccolo giochino a fine intervista. 

«Non seguo più l’Inter – spiega – come prima. Quando posso ora, in Polonia vado a vedere il Piast Gliwice, la squadra della mia città. Pensate che il 19 maggio di due anni fa quando vincevo la tappa di Pinerolo, loro conquistavano il loro primo ed unico scudetto».

Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Come ti senti ad essere considerato un cosiddetto uomo franchigia?

Fa un certo effetto perché sono qui dall’anno della fondazione. Contando dall’inizio, l’anno prossimo saremo rimasti solo io ed il team manager (Ralph Denk, ndr). Della vecchia guardia non ci saranno più Schillinger che si ritira, Schwarzmann che va via (andrà alla Lotto Soudal, ndr) così come il diesse Enrico Poitschke. Fu lui a volermi e tenermi in squadra. Nel ciclismo moderno è anomalo restare sempre nella stessa squadra. Mi sento un po’ lo Javier Zanetti della Bora-Hansgrohe.

Cosa ti ricordi di quel 2010?

A settembre dell’anno prima avevo avuto i primi incontri con la dirigenza, che aveva già l’obiettivo di scalare le categorie. C’è sempre stato dietro un progetto che aveva lo slogan “ProTour (l’attuale World Tour, ndr) in tre anni”. Inizialmente hanno dovuto ridimensionare il budget, ma hanno mantenuto la stessa ambizione. Già nel 2011, in cui siamo diventati professional, avevamo un calendario importante e partecipato alla Roubaix. Da lì in avanti abbiamo sempre disputato gare WorldTour.

Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Sei stagioni tra le Professional poi nel 2017 arrivano Sagan e anche il WorldTour…

Sì, si era sfaldata la Tinkoff e c’erano liberi sia la licenza che una serie di corridori tra cui Peter. La dirigenza ha colto subito l’occasione grazie all’ingresso di Hansgrohe. Ma bisogna ricordare che nel 2012 era già entrato Bora. Prima come marchio piccolo su una manica e poi come nome principale. Siamo cresciuti con i nostri sponsor e loro sono cresciuti come aziende anche per merito nostro.

Eri tu il primo a dare il benvenuto a tutti i nuovi acquisti?

No, non facevo nessun battesimo (ride, ndr). A quello ci pensava la dirigenza. Posso dirvi però che ho visto passare tantissima gente tra corridori e personale dello staff. Penso però ad alcuni corridori che ho visto progredire da giovani, come ad esempio Buchmann. 

Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Il 2022 sarà la tua tredicesima stagione con il gruppo Bora. Hai mai avuto richieste da altre squadre o voglia di cambiare aria?

Siccome non ho il procuratore, non avevo la sfacciataggine di propormi altrove. La mia conferma qui non è mai stata scontata, me la sono sempre guadagnata in gara. Come nell’agosto 2015 quando la società mi aveva comunicato che voleva puntare su atleti più giovani e tedeschi. Poi feci un bel finale di stagione e rinnovai. 

Cos’ha di speciale questa società?

Serietà ed internazionalità, anche se è molto legata al territorio in cui è nata. Ha un livello manageriale alto. Se sono rimasto qui così tanto forse ha inciso il fatto di avere una mentalità molto vicina a quella della dirigenza ed un grande spirito di adattamento.

Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta, qui nella foto: 90 gare nella stessa stagione
Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta: 90 gare nella stessa stagione
Torniamo alla tua Inter. Quali tuoi compagni di squadra di quest’anno ti ricordano dei giocatori nerazzurri?

Eh, mica facile, ma ci provo (ride, ndr). Ackermann è un finalizzatore come Milito. Schwarzmann ha la solidità di Matthaeus. Leopold Konig invece mi ricorda Adriano, talento di grandi speranze, mai esploso del tutto. Aleotti è estroso come Djorkaeff, mentre Fabbro è scattante e piccolino come lo era Ganz. Oss ha la fisicità e la sicurezza di Materazzi. Infine Sagan la stella assoluta come Ronaldo. Non ce ne sono tanti come loro.


E Benedetti vuole restare nella Bora anche a fine carriera?

Non saprei. A volte penso che non saprei stare senza ciclismo, anche come dirigente. Altre invece che vorrei avere un allevamento di capre e galline tra Trentino e Polonia. Bisogna saper essere utili alla società. Al momento l’idea è quella di continuare a correre altri due anni, possibilmente sempre qui.

Toh, Benedetti con la Polonia. Ecco il “Cece” biancorosso

26.09.2021
3 min
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Scorrendo l’ordine di partenza balza agli occhi un nome che desta curiosità. O meglio, la Nazione a cui è associato. Il numero 118 infatti dice: Cesare Benedetti, Polonia.

Il corridore trentino della Bora Hansgrohe lo abbiamo incrociato poco prima del via da Anversa del mondiale 2021. Serio e anche un po’ teso, ma sempre super disponibile, ci ha raccontato questa sua storia.

Tantissimi i tifosi polacchi in Belgio
Tantissimi i tifosi polacchi in Belgio

Polonia seconda patria

«Ormai da quasi quindici anni sono legato alla Polonia – racconta Benedetti – la mia compagna con la quale sono sposato da otto anni è polacca e così ho ufficializzato questo legame. Ho avuto la possibilità di avere il passaporto polacco e di conseguenza anche a livello sportivo ho potuto prendere questa decisione. Che dire: sono motivazioni e possibilità in più.

«Sono molto contento e mi sono anche ben integrato in Polonia. Mia moglie Dorothea è del sud, nella zona dove negli ultimi anni c’è stato anche il Tour de Polonia, a 30 chilometri da Katowice».

Cesare Benedetti (34 anni) dopo la Vuelta ha corso anche a Francoforte. Per lui quest’anno anche il Giro (in foto)
Cesare Benedetti (34 anni) dopo la Vuelta ha corso anche a Francoforte. Per lui quest’anno anche il Giro (in foto)

Tutto all’improvviso

Benedetti ha dovuto attendere a lungo per ottenere il doppio passaporto. E una volta che questo è arrivato, in estate, ha fatto richiesta all’Uci. Lui immaginava che il tutto potesse partire dal 2022 e invece…

«Pensavo che il processo durasse un po’ di più – continua il trentino – Sapevo che c’erano dei tempi da rispettare per cui ho fatto la richiesta a luglio e ad inizio agosto era tutto tutto fatto. A quel punto ho iniziato davvero a pensare al mondiale. In Bora ci lavora Sylwester Szmyd, che è anche il tecnico nazionale. Con gli altri ragazzi poi ci siamo incontrati spesso in corsa. 

«Come l’ho preparato? Ho corso talmente tanto che non ho dovuto fare chissà cosa. Siamo qui per Michael Kwiatkowski. Lui sta bene, anche a Denain è andato forte e sa come si vince un mondiale! Non parte da favorito e questo può essere anche un vantaggio. A livello emotivo può stare tranquillo, non ha niente da perdere».

Kwiatkowski in zona mista, prima del via da Anversa. Sembra assonnato!
Kwiatkowski in zona mista, prima del via da Anversa. Sembra assonnato!

Debutto iridato

Per Benedetti questo è il primo mondiale. Un qualcosa di simile lo avevamo visto l’anno scorso con Enrico Gasparotto, che corse ad Imola per la Svizzera. Dice che è una vera emozione. Che si respira un’atmosfera particolare, tanto più che si corre in Belgio.

«Sicuramente è una grande emozione. Non nascondo di essere un po’ nervoso, anche se poi è una corsa come le altre… Come parlo in corsa? In polacco. Per ottenere il passaporto ho dovuto superare degli esami e anche a casa con nostra figlia si parla anche polacco. Tornare indietro? Si può cambiare due volte, ma dubito che a 34 anni suonati avrò ancora molte possibilità!».

Fiandre Pro Jacket, ecco perché alla Bora lo adorano

12.03.2021
6 min
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Come viene utilizzata dai corridori professionisti della Bora-Hansgrohe il giubbino Fiandre Pro Jacket che nasce per affrontare le condizioni climatiche peggiori come freddo, vento e pioggia?

Questo capo di abbigliamento prodotto da Sportful, in due configurazioni e diversi…pesi (leggero e pesante, manica lunga e manica corta) è confezionato con un tessuto di ultima generazione: il Polartec Neoshell, con minime cuciture termonastrate. Il risultato che si ottiene utilizzando questo innovativo prodotto è quello di mantenere il massimo della protezione coniugata a traspirabilità ed elasticità.

Cesare Benedetti e il suo Fiandre a manica corta
Cesare Benedetti e il suo Fiandre a manica corta

Per approfondire questo discorso abbiamo deciso di sentire un corridore del team Bora-Hansgrohe, vale a dire Cesare Benedetti, esperto corridore trentino, che vanta una vittoria di tappa al Giro d’Italia e che attualmente è impegnato in Francia, alla Parigi-Nizza.

Come sta andando la corsa?

Non male, stiamo inseguendo la vittoria con Ackermann. Ieri è arrivato terzo. La tappa è stata un po’ monotona, senza fuga. I primi cento chilometri siamo andati piano.

Fa freddo tra l’altro, immaginiamo che vi dobbiate coprire bene…

Sì, per fortuna siamo ben riforniti con i materiali.

Quale giubbino termico state utilizzando?

Utilizziamo il Fiandre di Sportful dato che è il nostro sponsor. Io non lo indosso solo quando piove. Durante l’inverno per allenarmi lo utilizzo piuttosto di indossare vari strati di indumenti. Quando il clima è freddo, lo prediligo.

Se il clima è incerto, alla partenza di una corsa, preferisci indossarlo oppure aspetti che piova per metterlo?

La maggior parte delle volte parto con la gabba, anche se non piove, quando fa freddo è utile ugualmente. Qui in Francia ad esempio la stiamo utilizzando nonostante non abbia piovuto. Oggi a metà gara le ho raccolte dai miei compagni di squadra e le ho riportate in ammiraglia

Benedetti ha utilizzato un termine da anni gergale fra i corridori. In effetti la Gabba è un capo di abbigliamento prodotto da Castelli a partire dal 2010 e poi esportato per concezioni anche nella produzione di Sportful che, come Castelli, fa riferimento alla Manifatture Valcismon di Fonzaso.

Nella borsa del freddo è indispensabile averlo…

Nella borsa del freddo io ne ho tre: uno a maniche lunghe, uno a maniche corte e uno un po’ più leggero sempre a maniche corte.

Ne avete di vari tipi, questo vi garantisce una copertura completa?

Sì, alla fine ne abbiamo due a maniche corte che possiamo tranquillamente alternare in base alle condizioni atmosferiche, in più per quando fa molto freddo ne abbiamo una a maniche lunghe.

Che differenza c’è tra le due a maniche corte?

Semplicemente una è più imbottita dell’altra. L’utilizzo è comodo perché non si limita alla sola pioggia, bensì se sento freddo e al tempo stesso non voglio sudare eccessivamente, utilizzo quella più leggera.

Pensi che abbia sostituito la tradizionale mantellina?

Sicuramente ne ha limitato l’uso perché adesso con il Fiandre si hanno notevoli vantaggi rispetto alla mantellina, però è anche vero che se piove forte si utilizzano entrambi.

Che differenza c’è tra questo giubbino e mantellina?

Il Fiandre è più aderente, si modella perfettamente al corpo. La mantellina talvolta fa l’effetto paracadute, questo in discesa e in pianura ti penalizza.

Quindi si traggono vantaggi soprattutto aerodinamici?

Esattamente, è un bel passo avanti. Anche per il sudore perché la mantellina ti isola di più, il Fiandre invece si presta meglio agli sforzi.

Le condizioni migliori per utilizzarla sono le mezze stagioni?

Sì, freddo e temperature miste. 

Che programmi hai per le prossime corse?

Sono in lista per la Sanremo, poi dovrei fare il giro dei Paesi Baschi. Ecco vi dico che in quella corsa sicuramente servirà il Fiandre perché nel Nord della Spagna piove spesso, i percorsi sono misti e con la mantellina sei scomodo. Preferisco la gabba anche perché le discese sono brevi e non ci si raffredda molto. Dopo il Paesi Baschi in  programma ci sono le classiche delle Ardenne.

La tua condizione fisica attuale com’è?

Sono migliorato. Ho perso qualche giorno a gennaio perché sono stato ammalato, non per Covid, ma per una semplice influenza. Quest’inverno ho fatto molto sport alternativo, perché gli ultimi due anni ho pedalato troppo.

Benedetti e Fabbro, a Camigliatello Silano, al Giro 2020
Benedetti e Fabbro, a Camigliatello Silano, al Giro 2020
Che tipo di sport hai fatto?

Ho fatto un po’ di sci alpino, a novembre non ho praticamente toccato la bici da strada perché ho preferito la mountain bike e il trekking. 

Quindi hai utilizzato sicuramente il Fiandre…

Certo che sì, inoltre ho potuto fare allenamenti di tre ore ad alta frequenza cardiaca, in bici con il freddo è un po difficile riuscirci.