Abus

ABUS Italia: 25 anni di sicurezza e di crescita nel cuore del ciclismo

05.11.2025
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L’anno che si avvia a concludersi segna un traguardo importante per ABUS Italia. La filiale “di casa nostra” del noto marchio tedesco attivo nel settore della sicurezza celebra infatti i suoi primi venticinque anni di attività. Dal 2000, la sede di Imola è diventata un punto di riferimento cruciale, in particolare nel segmento bike. Un quarto di secolo di crescita costante, con i caschi ABUS ora stabilmente tra i più venduti sul mercato nazionale.

La scelta strategica italiana

La storia di ABUS Italia inizia nel 2000. L’azienda, già un colosso globale, rispose all’aumento della domanda di sicurezza personale e protezione dei beni. La decisione strategica fu chiara: fondare una filiale italiana per servire meglio il crescente bisogno di antifurto e, soprattutto, caschi per biciclette. L’Italia, con la sua profonda cultura ciclistica e le sue città, rappresentava il mercato ideale.

L’espansione ha permesso ad ABUS di comprendere in profondità le esigenze locali. Il team italiano ha lavorato per personalizzare l’offerta. Ha adattato i prodotti alle normative e al gusto estetico dei ciclisti italiani. Questa vicinanza al consumatore ha rafforzato la reputazione di ABUS. Oggi è riconosciuta come un brand di assoluto vertice nella sicurezza in movimento.

Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Chantal Pegolo, Paula Ostiz
Abus è il casco ufficiale del team Movistar, qui Ostiz in maglia iridata che sferra l’attacco decisivo e va a vincere anche il titolo europeo donne juniores
Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Chantal Pegolo, Paula Ostiz
Abus è il casco ufficiale del team Movistar, qui Ostiz in maglia iridata che sferra l’attacco decisivo e va a vincere anche il titolo europeo donne juniores

Il nuovo polo produttivo a Vicenza

L’anniversario non è solo un momento per celebrare il passato. È anche un trampolino di lancio per il futuro. Un evento fondamentale del 2024 è stata la cerimonia di posa della prima pietra per un nuovo stabilimento dedicato ai caschi. Questo impianto, situato strategicamente nel vicentino, rappresenta un vero e proprio centro di eccellenza, concentrandosi sulla produzione di caschi da ciclismo di altissima gamma “Made in Italy”. La scelta di Vicenza rafforza il legame con l’eccellenza manifatturiera italiana. L’impianto, dotato di tecnologie all’avanguardia, è anche improntato su pratiche sostenibili e a basso impatto ambientale.

Omar di Felice, testimonial Abus
Omar di Felice, testimonial Abus
Omar di Felice, testimonial Abus
Omar di Felice, testimonial Abus

Design, innovazione e marketing

Il design dei nuovi caschi ABUS rifletterà dunque sempre più lo stile italiano, unendo estetica e funzionalità. Sicurezza e comfort rimangono priorità assolute. Verranno utilizzati materiali innovativi e tecnologie avanzate. Inoltre, il nuovo stabilimento include un moderno showroom. Questo spazio permetterà ai clienti di scoprire e sperimentare i prodotti ABUS, immergendosi nella filosofia del brand. 

ABUS Italia è da venticinque anni profondamente impegnata nel mondo delle due ruote. Il marchio sponsorizza atleti di alto livello, professionisti e amatoriali. Questa strategia aumenta la visibilità. Ma, cosa ancora più importante, permette di testare i prodotti in condizioni estreme. Si garantiscono così qualità e innovazione costanti. Atleti di spicco nel panorama ciclistico italiano e internazionale corrono con le attrezzature ABUS, diffondendone il prestigio.

Dietro a questo successo c’è il team di ABUS Italia. Un gruppo di professionisti altamente qualificati e con una vasta esperienza. La loro competenza è il pilastro per rispondere alle esigenze di un mercato dinamico: esperti di settore con anni di esperienza in sicurezza e protezione. La loro dedizione assicura che il marchio mantenga i suoi standard di eccellenza

I venticinque anni di ABUS Italia raccontano una storia di successo, di innovazione continua e di un profondo legame con il mondo del ciclismo italiano. L’azienda guarda ora al futuro, pronta a scrivere i prossimi capitoli di questa straordinaria avventura.

Abus

VeloVox di Lazer, musica e parole in sicurezza

09.09.2025
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Lazer lancia oggi sul mercato un nuovo dispositivo molto interessante. Si chiama VeloVox, si allaccia al cinturino del casco e permette di ascoltare o parlare con la massima comodità e sicurezza. Si può ascoltare la propria musica preferita (o i podcast), ma anche ricevere telefonate e addirittura comunicare con i compagni di uscita. Il tutto lasciando le orecchie libere per viaggiare al meglio, e in sicurezza, nelle strade. 

VeloVox si applica al cinturino del casco e lascia libere le orecchie, è questa la grande novità introdotta da Lazer
VeloVox si applica al cinturino del casco e lascia libere le orecchie, è questa la grande novità introdotta da Lazer

Sviluppato con Cardo, per i ciclisti di ogni livello

Il nuovo dispositivo è stato sviluppato con Cardo, azienda leader nelle comunicazione wireless, specializzata nell’ambito motociclistico. Ma Velovox è pensato specificatamente per i ciclisti, siano essi amatori o agonisti. Come accennato permette di comunicare con altri atleti (fino a 30), come per esempio quelli di una stessa squadra, in modo da poter comunicare live le strategia di gara.

Oppure, più semplicemente, è lo strumento ideale per ascoltare la musica o fare e ricevere chiamate senza utilizzare le cuffie (che, ricordiamo, sono vietate dal codice della strada). VeloVox si compone di due parti, un dispositivo audio sinistro e uno destro, che si attaccano in modo semplice e sicuro ai cinturini del casco.

Ciascuna delle due unità (dotata di un’interfaccia con due pulsanti) ha una funzione specifica. Quella sinistra gestisce le comunicazione di gruppo, mentre quella destra si occupa della riproduzione della musica e delle chiamate.

VeloVox si può associare ai comandi Shimano Di2, in modo da essere controllato senza staccare le mani dal manubrio
VeloVox si può associare ai comandi Shimano Di2, in modo da essere controllato senza staccare le mani dal manubrio

Integrazione con Shimano Di2

Un’altra caratteristica molto interessante di VeloVox è la possibilità di essere associato ai gruppi Shimano Di2. Questa modalità, ancora più pratica, permette di controllare il dispositivo direttamente dai comandi della bici, senza cioè staccare le mani del manubrio.

Inoltre, il sistema realizzato dalla collaborazione tra Lazer e Cardo è stato studiato per eliminare i rumori di fondo, primo fra tutti quello sempre molto fastidioso del vento. In questo modo sia il suono in entrata che la voce al microfono risulterà sempre chiara e pulita (fiatone escluso, ma quello è un altro discorso).

In questa foto di notano bene i due pulsanti e l’altoparlante
In questa foto di notano bene i due pulsanti e l’altoparlante

Altre specifiche e dove trovarlo 

Lazer fa sapere che VeloVox ha un’autonomia notevole, che arriva fino a 11 ore. In più può essere utilizzato con tutte le condizioni meteo, grazie alla certificazione IP54 per la resistenza all’acqua, con garanzia di 2 anni. Anche il peso è molto interessante: meno di 40 grammi in tutto (19 grammi per lato). VeloVox è disponibile da oggi nel sito ufficiale di Lazer in tutti i rivenditori autorizzati.

Lazer

I caschi di punta di Salice ora anche in total white

14.08.2025
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In attesa di presentare i nuovi modelli per il 2026, l’azienda comasca Salice ha rilasciato una nuova colorazione per i suoi caschi di punta. Da oggi infatti Vento, Gavia e Levante saranno disponibili anche in total white, una livrea elegante e ideale anche per l’estate. Facciamo una breve panoramica dei tre modelli, che presentano alcune caratteristiche comuni, ma ognuno con connotati unici.

Il modello Vento (in apertura la nuove versione) finora era disponibile anche in bianco, ma con la classica striscia tricolore
Il modello Vento (in apertura la nuove versione) finora era disponibile anche in bianco, ma con la classica striscia tricolore

Vento, il casco degli agonisti

Vento (foto di apertura) è il modello pensato per i ciclisti agonisti, con un ottimo rapporto tra leggerezza ed aerodinamica. E’ realizzato (come gli altri due) con la tecnologia chiamata “in-moulding”. Questa prevede che la calotta interna in EPS sia stampata assieme a quella esterna in policarbonato: una costruzione che permette di assorbire al meglio l’energia dell’urto in caso di caduta. 

Con gli altri due modelli condivide anche il rotore posteriore con sistema di antiscalzamento. E’ cioè possibile regolare il rotore nella posizione migliore per una calzata personalizzata, in modo che il casco resti il più stabile possibile. 

Inoltre il rotore posteriore è dotato di una luce rossa di sicurezza attivabile a piacere. La calotta del modello Vento presenta undici fori di aerazione che garantiscono il giusto comfort anche sotto sforzo.  Dieci sono disposti simmetricamente sui lati del casco, mentre uno, orizzontale, è posto sulla parte frontale, appena sopra l’inizio della calotta. Il peso varia dai 220 grammi della taglia S/M e i 230 grammi della taglia L/XL. 

Gavia è il modello più leggero e areato, pensato, come dice il nome, per le salite
Gavia è il modello più leggero e areato, pensato, come dice il nome, per le salite

Gavia, il più leggero

Il modello Gavia è dei tre il casco più adatto alle salite, come suggerisce il nome scelto da Salice. Infatti è il più leggero ed estremamente areato, quindi ideale per scalare i passi lunghi e impegnativi. Come nel modello Vento anche qui sono poi presenti sulla calotta due guide laterali, un sistema semplice e pratico dove posizionare gli occhiali, quando non servono (come, per esempio, in salita).

La costruzione anche in questo caso si avvale della tecnologia “in-moulding”, ma la forma della calotta è ancora più compatta e sono presenti ben quindici fori di areazione. Inoltre l’imbottitura interna è ridotta per abbassare il peso (senza però trascurare la comodità). Il peso del Gavia si ferma a 210 grammi in taglia S/M e 220 grammi in taglia M/L.

Il modello Levante è il più strutturato, molto aerodinamico e confortevole
Il modello Levante è il più strutturato, molto aerodinamico e confortevole

Levante, il più strutturato

Il casco Levante è forse il modello più strutturato dei tre. Anche in questo caso la calotta presenta quindici fori di aerazione, ma meno estesi di quelli del Gavia. L’imbottitura poi è più generosa e contiene anche una retina anti-insetti, estraibile e lavabile.

Anche i lacci, in tessuto morbido, sono pensati per il massimo comfort, e la chiusura è facilmente regolabile grazie ad una fibbia con sgancio laterale. Infine il peso. In taglia S/M Levante ferma la bilancia a 250 grammi, e a 290 grammi in taglia M/L.

Salice Occhiali

Rudy Project: quattro decenni di innovazione e performance

30.06.2025
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Nel cuore delle pittoresche colline del Prosecco, l’antica e maestosa cornice di Castel Brando ha ospitato un evento memorabile: la celebrazione dei 40 anni di Rudy Project. Lo scorso 18 giugno, il celebre marchio trevigiano, sinonimo di occhiali sportivi, caschi da ciclismo e soluzioni ottiche di alta qualità, ha difatti ripercorso la sua storia di successi, innovazione e profonda passione per lo sport.

Fondata nel 1985 da Rodolfo “Rudy” Barbazza, Rudy Project è rimasta un’azienda a conduzione familiare, oggi guidata dai figli Cristiano, CEO, e Simone Barbazza, Direttore Marketing e Sostenibilità. L’evento, presentato dalla showgirl Justine Mattera e dalla conosciuta voce del ciclismo Eurosport, Luca Gregorio, ha riunito oltre 200 invitati, inclusi VIP, atleti di spicco, clienti, dipendenti, partner commerciali e rappresentanti dei media da tutta Europa.

Cristiano Barbazza CEO di Rudy Project
Cristiano Barbazza CEO di Rudy Project

Le origini leggendarie

La storia di Rudy Project è intrisa di aneddoti iconici, come la celebre scommessa tra Rodolfo Barbazza e il campione Moreno Argentin ai Mondiali di Colorado Springs del 1986.

«La sera prima della prova su strada – ha ricordato Cristiano Barbazza – eravamo nello stesso hotel della nazionale italiana e papà, giocando a biliardo, fece una scommessa con Moreno: indossa i miei occhiali domani e vinci, e io ti sponsorizzo per il futuro… Argentin vinse la prova su strada, portando il primo occhiale Rudy Project, il Super Performance, alla ribalta mondiale e segnando l’inizio di una partnership duratura».

E proprio per onorare questo momento storico, l’azienda ha presentato il Performance 40, una riedizione esclusiva dell’occhiale originale. Realizzato in titanio con tecnologia di stampa 3D e prodotto in soli 100 esemplari. Questo modello rappresenta un vero e proprio pezzo da collezione per gli amanti della storia del ciclismo e del design innovativo…

Cristiano Barbazza ha invece enfatizzato i valori fondamentali che hanno guidato la crescita del marchio: curiosità, attenzione ai dettagli, passione per lo sport e una ricerca incessante dell’innovazione. “Il futuro di Rudy Project è evolvere,” ha dichiarato, ribadendo l’impegno dell’azienda in sostenibilità, tecnologia, sicurezza, eccellenza del Made in Italy e stile.

Alla festa è intervenuto anche Antonio Tiberi, corridore del Team Bahrain Victorious del quale il brand è partner tecnico
Alla festa è intervenuto anche Antonio Tiberi, corridore del Team Bahrain Victorious del quale il brand è partner tecnico

“Ride to Zero”

Simone Barbazza ha illustrato le novità per il 2026 ribadendo l’importanza del percorso sostenibile intrapreso da Rudy Project con il progetto “Ride to Zero”. Questa iniziativa, allineata con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, culminerà con il lancio del primo casco da bici riciclabile, atteso sul mercato a inizio 2026. La “performance”, filo conduttore della storia di Rudy Project, si evolve dal payoff “Elevate your performance” all’attuale “Performance Starts In Your Head”, sottolineando l’obiettivo di ottimizzare il gesto atletico e superare ogni limite. Inoltre, è stato annunciato un significativo ingresso nel mondo del trail running, ampliando ulteriormente l’offerta del brand.

L’evento del 40mo anniversario ha registrato la partecipazione di numerosi atleti d’élite che affidano le loro performance ai prodotti Rudy Project. Tra questi, Gregory Barnaby, primo italiano a vincere l’IRONMAN Pro Series 2024, Hannah Auchentaller, giovane promessa del biathlon, l’icona dello sci di fondo Federico Pellegrino, con due argenti olimpici e sette medaglie mondiali, ha espresso il desiderio di concludere la sua illustre carriera alle prossime Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 con gli occhiali Rudy Project.

Su pista Matteo Bianchi ha celebrato il suo secondo oro consecutivo nel chilometro da fermo agli europei di Zolder, grazie anche alla partnership del brand con la Nazionale Italiana di ciclismo. Dallo short track, Tommaso Dotti e Andrea Cassinelli hanno illustrato come Rudy Project fornisca occhiali e caschi all’avanguardia, essenziali per le discipline ad alta velocità.

Infine, Antonio Tiberi, talento del team WorldTour Bahrain Victorious, ha ripercorso il suo sfortunato Giro d’Italia 2025, ribadendo il suo approccio passo dopo passo per raggiungere grandi risultati nei Grandi Giri.

Una delle novità del 2025 per Rudy Project è la partnership con la Federazione per il prossimo quadriennio
Una delle novità del 2025 per Rudy Project è la partnership con la Federazione per il prossimo quadriennio

Un futuro luminoso

Con un fatturato consolidato di oltre 17 milioni di Euro nel 2024, e una presenza in più di 60 paesi, Rudy Project continua a essere un pilastro nell’innovazione dell’occhialeria sportiva. Dalla sua nascita, frutto dell’intuizione di Rodolfo Barbazza, l’azienda ha introdotto tecnologie rivoluzionarie come le lenti ImpactX infrangibili e fotocromatiche, materiali avanzati come il Kynetium e il Grilamid, e ha saputo evolvere costantemente, espandendosi con successo anche nel settore dei caschi sportivi.

Il quarantesimo anniversario non ha rappresentato esclusivamente una celebrazione dei successi passati, ma un trampolino di lancio verso un futuro in cui l’innovazione, la sostenibilità e la passione per lo sport continueranno a distinguere Rudy Project, sempre più in armonia con il nostro pianeta.

Rudy Project

La qualità Julbo è anche nei caschi. Provato il modello Finisher

19.06.2025
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Julbo Finisher eredita diverse caratteristiche dalla versione Evo, ovvero il modello utilizzato dai professionisti del Team Groupama-FDj. Che tipologia di casco è lo Julbo Finisher Mips?

Il tema principale è la ventilazione ed il comfort relativo ad un termoregolazione adeguata. E’ configurabile con la calotta (opzionale) SpeedShell (nella dotazione base della versione Evo), ma è da considerare anche un casco ricco di dettagli e rifinito con cura maniacale. Lo abbiamo provato.

Design attuale e funzionale
Design attuale e funzionale

Julbo Finisher, come è fatto

Il composto in EPS è (quasi) completamente ricoperto, anche nella zona perimetrale. La struttura EPS adotta una sorta di scheletro interno che irrobustisce, protegge, compatta. Adotta la soluzione Mips nel modello Air Node che include anche le imbottiture, strumento che rientra nel pacchetto sicurezza del casco Julbo. C’è la gabbia posteriore regolabile in altezza e con il rotore che funge anche da regolatore della taglia. E’ utile sottolineare che il fitting del Finisher è particolarmente arrotondato e la regolazione micrometrica della taglia risulta immediata e molto sensibile.

Il rotore agisce sul filler perimetrale che è ancorato ai lati, ai limiti dell’osso Sfenoide. E’ presente una sorta di inserto aggiuntivo frontale che ha una doppia funzione. La prima è quella di amplificare l’azione del filler laterale distribuendo eventuali pressioni, la numero due è assecondare l’azione dell’imbottitura frontale Mips Air Node. Le fibbie laterali hanno la chiusura FidLock magnetica. E poi, belli e ben integrati, ma soprattutto funzionali gli Julbo Eyewear Storage, che sono delle vere e proprie asole d’ingresso alle aste degli occhiali. Una gran bella soluzione. Il prezzo di listino di questa versione Mips (in test) è di 279,90 euro.

Fitting molto profondo

In termini di utilizzo è la prima cosa che colpisce. Lo Julbo Finisher ha una calzata tra le più profonde (tra i caschi di ultima generazione in questa categoria, top, di prodotti), ampie e rotonde, fattore che non deve passare in secondo piano e che obbliga ad una attenta scelta della taglia da utilizzare. E’ lecito pensare (mettendo sempre al primo posto le soggettività) ad una taglia in meno.

Al tempo stesso c’è quel comfort funzionale di un casco che non ha punti di pressioni e sfrutta al meglio la gabbia posteriore, dove è posizionato il rotore, anche quando non è completamente estesa verso il basso. Julbo Finisher protegge completamente le zone Parietali laterali e scende completamente sopra le orecchie, coprendo la sezione Temporale. C’è tanta protezione e lo si percepisce anche al primo sguardo, in quanto il casco non ha svasature e arcuature nella zone sopra citate.

Il peso rilevato nella taglia media
Il peso rilevato nella taglia media

Non è un peso piuma, ma …

320 grammi rilevati, Finisher non è tra i più leggeri della categoria, ma la differenza in fatto di percezione è legata al fitting. Rotondo, senza punti di pressioni interni e con le zone di contatto ben distribuite, anche grazie alle imbottiture Mips Air Node (Mips contribuisce alla crescita del valore alla bilancia, rispetto ad un casco che non lo porta in dote) molto aerato. Sono tutti fattori di primaria importanza che fanno passare in secondo piano qualche grammo in più, grammi che risultano comunque “spalmati” tra fronte, sezione mediana e retro. Gioca un ruolo molto importante anche la gabbia posteriore, che aiuta a regolare la taglia, il diametro di calzata e non crea pressioni.

Frontale dritto

Se osservato frontalmente lo Julbo Finisher risulta un casco con una linea ben definita, non arzigogolata. Significa che si adatta perfettamente alle diverse tipologie di occhiali, da quelli più bassi (con lente e montature ridotte nelle dimensioni), fino ad arrivare ad occhiali che assumono le connotazioni di mascherine.

La ventilazione non è sacrificata, perché le due feritoie laterali, sulla fronte, fanno un gran lavoro in fatto di ventilazione e termoregolazione. Contribuiscono a mantenere costante l’ingresso dell’aria che fluttua anche sulle imbottiture schiacciate sulla fronte. Abbiamo provato il Finisher con tre occhiali (Julbo) differenti: Frequency (più piccoli), Intensity (con una grandezza media) e Density (più alti sulla fronte.

In conclusione

Quando si parla di Julbo il pensiero è diretto agli occhiali, un brand che ha contribuito a far crescere l’ottica legata allo sport. Julbo è entrata ufficialmente nel mondo del ciclismo d’élite, categoria caschi, al fianco del Team Fdj-Groupama e lo ha fatto mettendo sul piatto un casco versatile e completo. Finisher lo è perché può essere tradizionale, ben aerato e con un concetto di sicurezza non banale, può essere aero concept perché supporta la cover aerodinamica (in linea con le richieste attuali).

E’ buono il rapporto tra la qualità ed il prezzo di listino. Non è un casco economico, anche se è bene considerare che Finisher rientra in una fascia alta del mercato ed integra una serie di componenti che contribuiscono a far salire il tasso tecnico del prodotto. Se dovessimo sottolineare un aspetto che, più di altri, ci ha positivamente colpito? Il comfort complessivo di un fitting rotondo e la totale assenza di punti di pressione laterali quando si effettua la regolazione tramite il rotore.

Julbo

Kask Elemento, è quello indossato (quasi) sempre dal Team Ineos

17.05.2025
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Elemento è l’ultimo nato in casa Kask e l’impatto estetico (marchio di fabbrica Kask), pur facilmente accostabile al Protone, dice molto di questo prodotto che non conosce limiti di utilizzo. Insieme al modello Nirvana è il riferimento per i corridori del Team Ineos (al netto del casco specifico per le crono).

E’ aerodinamico perché è efficiente, ma più di ogni altro Elemento rende funzionale l’aerodinamica al concetto di ventilazione e comfort termico. Sotto il profilo del fitting e dell’aerazione interna raggiunge livelli top. Ecco le nostre considerazioni.

Bernal al Giro con il “suo” Elemento personalizzato
Bernal al Giro con il “suo” Elemento personalizzato

Come è fatto Kask Elemento

La prima cosa da raccontare, uno dei punti chiave di Kask Elemento, sono gli inserti Fluid Carbon 12, inseriti in punti diversi. Fluid Carbon 12 è un tecno-polimero composito che assorbe e distribuisce energia in modo maggiore, rispetto ai materiali tradizionali. Grazie a questo, Elemento risulta molto scaricato in tutta la sezione interna, leggero e con canali interni di ventilazione davvero grandi, profondi e senza ostacoli. L’aria passa internamente in modo abbondante (e si sente) anche quando la velocità non è elevata. I punti di appoggio sulla testa sono solo quelli necessari alla stabilità e alla sicurezza. A nostro parere una bella espressione di tecnica, di studio e di connessione tra materiali diversi tra loro.

Poi ci sono le imbottiture, diverse dal solito. Quelle frontali, poste al di sotto delle due bocche, sono rifinite in lana Merino, mentre quelle superiori sono chiamate Multipod. Oltre ad assolvere alla funzione di imbottitura vera e propria, il materiale isotropo (flette e si comprime in modo uguale in tutte le direzioni) aumenta e implementa in concetto WG11 di Kask ed è importantissimo nella fase (eventuale) di distribuzione delle forze generate in caso di impatto. Il disegno a celle non trattiene il calore e lascia passare l’aria, azzera l’accumulo di umidità e vapore. Il sistema di chiusura, ben fatto, permette di regolare anche la taglia.

Il sistema di ritenzione

E’ composto dalla gabbia posteriore, regolabile (abbondantemente) in altezza, mentre i due pentagoni laterali sono fissi. Il rotore micrometrico è Kask e agisce sul filler perimetrale ancorato a destra e alla sinistra nelle zone delle ossa sfenoidi. Il modo in cui si innesta nel casco offre dei vantaggi non da poco. Il punto di ancoraggio è situato in una svasatura, in modo da ottimizzare la distribuzione delle forze ed è protetto dall’imbottitura frontale.

Il materiale plastico non è a contatto con la pelle. Lo stesso disegno del filler, quasi irregolare e scaricato è un altro punto a favore del comfort. Le fibbie laterali, in particolare nel punto di snodo, non sono completamente piatte, ma mostrano un comfort di buon livello e si adattano bene alla forma del viso.

Sembra il Protone, ma non lo è

A nostro parere è più comodo, anche se il concetto di fitting Kask (superlativo sotto molti punti di vista) non è stato stravolto. Elemento è più fresco e ventilato, più leggero ed impercettibile anche quando la temperatura esterna sale in maniera importante. Non comprime nessuna delle zone più delicate della testa, soprattutto quella sfenoide e occipitale. Il design è gratificante, perché è rotondo, ma non è una palla, è compatto, ma completa l’immagine del ciclista (oggi non è un fattore secondario), con o senza occhiali. Inoltre, soprattutto nella sezione anteriore, sulla linea orizzontale non sporge e non crea fastidi.

Non abbiamo riscontrato particolari difficoltà nel posizionare gli occhiali, davanti e nelle feritoie posteriori, anche se il Kask Elemento non prevede degli inserti grippanti. Le aste, una volta inserite beneficiano di canali profondi che, da un lato bloccano, dall’altro fanno sì che non interferiscano con la testa.

In conclusione

Un gran bel prodotto, un casco al quale non manca nulla e tecnicamente è un passo avanti agli altri. Kask Elemento è pienamente gratificante sotto il profilo dell’estetica, sostanzioso per quello che concerne tecnica e tecnologie integrate, super comodo. Con tutta probabilità un utente “normale” (non un ciclista professionista) non riesce a quantificare i reali benefici dell’aerodinamica, mentre è più semplice per tutti tramutare la stessa aerodinamica in efficienza relativa al comfort termico. In questo caso si è fatto bingo.

Si tratta di un casco che ha un prezzo di listino elevato, 375 euro sono tanti soldi. E’ vero, Elemento è 100% Made in Italy. Utilizza delle soluzioni tecniche e materiali che fanno scuola e verranno mutuati da altri in futuro, è un casco della fascia premium, un accessorio d’elite e la sicurezza non ha prezzo. Una cifra del genere fa entrare un casco da bici in una categoria lusso, accessibile a pochi, o per lo meno un aspetto che diventa un freno per molti ciclisti italiani.

Kask

Fizik entra ufficialmente nel mondo dei caschi

07.04.2025
6 min
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MASSA MARITTIMA – Fizik Kudo, Kudo Aero e Kunée, rispettivamente il modello road aero, standard e da crono. Una gamma completa con la quale Fizik entra nel settore dei caschi, con lo stile che da sempre contraddistingue il brand di Pozzoleone.

Li abbiamo visti (e abbiamo provato il modello Aero) in anteprima a metà Marzo durante le giornate BCA. Vi spieghiamo come sono fatti.

I due modelli stradali a confronto (foto Roofowler-BCA)
I due modelli stradali a confronto (foto Roofowler-BCA)

La naturale evoluzione di Fizik

Non solo scarpe e selle. La nuova gamma dei caschi rappresenta una sorta di processo evolutivo di Fizik, che da sempre comunica la sua filosofia attraverso concetti legati al design. Kudo, Kudo Aero e Kunée sono un’ulteriore conferma, caschi (in particolar modo la versione Aero) che non passano inosservati, per forme e soluzioni tecniche.

La costruzione dei modelli Kudo si basa su un composto in EPS ricoperto da una calotta. Le tante aperture caratterizzano il Kudo, una chiusura totale è la caratteristica che identifica Kudo Aero. Per il casco di Aero, la pannellatura superiore non è mobile, ma è completamente integrata al casco.

«La forma e la struttura delle due versioni è uguale – argomenta Alex Locatelli, Product Manager di Fizik – ma per il modello Aero si è voluto estremizzare il concetto di casco aerodinamico. Abbiamo utilizzato la galleria del vento per analizzare il progetto e di come un casco chiuso poteva influire sulla temperatura corporea. Le differenze esistono – conclude Locatelli – ma non sono così eclatanti in fatto di termoregolazione. In termini di efficienza la versione Aero si dimostra nettamente superiore al Kudo tradizionale. Kudo vuole essere un casco adatto a tutti e per diversi utilizzi, Kudo Aero è un prodotto che antepone la ricerca di una performance estremizzata, senza compromessi».

I plus dei Kudo

Adottano il Mips Air Node integrato nelle imbottiture. Una delle particolarità risiede nel sistema perimetrale di regolazione che, in base alle preferenze e forme della testa può variare i punti di ancoraggio frontali su tre posizioni diverse. L’efficacia della chiusura non cambia. Il rotore aziona una chiusura micrometrica.

In aggiunta c’è la regolazione in altezza della gabbia posteriore. Si può montare o smontare a piacere in base alle preferenze ed è ricaricabile con porta usb. Per quanto concerne il prezzo di listino, è comune alle due versioni ed è di 290 euro (include anche il led posteriore, quest’ultimo non è compatibile con Kunée).

Un casco aero calottato compatto nelle forme e davvero moderno (foto MirrorMedia-BCA)
Un casco aero calottato compatto nelle forme e davvero moderno (foto MirrorMedia-BCA)

Kudo Aero, le nostre considerazioni

L’obiettivo è quello di avere un casco aero vero e proprio, non un ibrido, non un compromesso, comunque stiloso e diverso dal solito? Fizik Kudo Aero è la risposta. Il casco aero non deve essere ingombrante e scomodo, deve trasmettere una buona immagine ed il feeling qualitativo non deve passare in secondo piano? Kudo Aero è il casco sul quale puntare. Al tempo stesso il Kudo Aero, pur non essendo troppo caldo, resta un casco chiuso, soluzione che presenta qualche limite, magari quando si pedala su salite molto lunghe, calde e soleggiate, quando la velocità scende molto e l’ingresso frontale dell’aria scende di pressione.

Ma quanto è comodo il Kudo Aero! Super confortevole grazie al suo fitting rotondo, ampiamente regolabile sul perimetro, senza punti di pressione e particolarmente efficiente quando l’andatura rimane elevata/mediamente alta. Questo perché le due bocche frontali aiutano a mantenere asciutte le imbottiture e perché i canali interni al casco veicolano in modo ottimale i flussi d’aria. L’impatto estetico a nostro parere è un valore aggiunto dal quale non si può prescindere e al giorno d’oggi non è un semplice dettaglio.

Kunée, quello da crono

E’ caratterizzato da forme arrotondate ed armoniose, ha una struttura interna in EPS e una calotta PC superiore in un pezzo unico. Presenta dei pannelli laterali con una sorta di zigrinatura che ha il compito di smorzare, quasi azzerare i fastidi indotti dai flussi di aria. Kunée è dotato di una visiera frontale con applicazione magnetica e una serie di feritoie superiori per l’ingresso dell’aria.

E’ disponibile in due taglie S-M e M-L (rispettivamente 54-58 e 58-61) con valori alla bilancia contenuti se consideriamo questa categoria di caschi: 350 e 400 grammi (400 e 450 con la visiera) dichiarati. Il prezzo di listino di Kunée è di 380 euro.

Fizik

Il 2025 di ABUS? Nuove partnership e bandiera del Made in Italy

18.03.2025
3 min
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Il 2025 si prospetta un anno di grande rilievo per ABUS, azienda leader nella sicurezza e punto di riferimento nel ciclismo su strada. Con un impegno costante nell’innovazione, nella qualità e nella protezione degli atleti, il brand rafforza ulteriormente la propria presenza nel panorama internazionale attraverso nuove e prestigiose collaborazioni. Le nuove partnership e la conferma di alleanze consolidate evidenziano la continua crescita di ABUS tra i protagonisti delle competizioni mondiali.

I caschi ABUS, interamente realizzati in Italia, rappresentano l’eccellenza nel settore grazie a un perfetto connubio tra sicurezza, leggerezza e aerodinamica. L’attenzione ai dettagli e l’impiego delle tecnologie più avanzate permettono di rispondere alle esigenze dei ciclisti più esigenti, garantendo performance di alto livello.

Il marchio tedesco ha una partnership storica con il team Movistar e con Alejandro Valverde
Il marchio tedesco ha una partnership storica con il team Movistar e con Alejandro Valverde

Tra le collaborazioni di spicco confermate per il 2025, la storica partnership con il Movistar Team prosegue con entusiasmo. La formazione spagnola, tra le più prestigiose del WorldTour, continuerà ad affrontare la stagione con i caschi ABUS di ultima generazione, sinonimo di affidabilità e protezione ai massimi livelli. Anche il team Euskaltel-Euskadi rinnova la fiducia nei prodotti ABUS, consolidando il legame tra il marchio e le squadre professionistiche di riferimento.

Una delle novità più significative riguarda la partnership con Alpecin-Deceuninck, una delle formazioni emergenti più competitive del ciclismo internazionale. In qualità di Security Partner, ABUS fornirà agli atleti soluzioni avanzate per la sicurezza, sia in gara che in allenamento, adattandosi alle esigenze di un ciclismo sempre più veloce e performante.

Una delle novità del 2025 è la collaborazione con il team Alpecin-Deceuninck
Una delle novità del 2025 è la collaborazione con il team Alpecin-Deceuninck

Ambassador e nuove sfide

Oltre alle competizioni su strada, ABUS amplia il proprio impegno con una rete di ambassador di primo piano. Alejandro Valverde e Alessandro Ballan, icone del ciclismo mondiale, continueranno a rappresentare il brand, testimoniando i valori di eccellenza e innovazione. Al loro fianco, Omar Di Felice, specialista delle imprese estreme, metterà alla prova i caschi nelle condizioni più difficili, dimostrando la loro affidabilità anche nelle avventure più impegnative.

Il 2025 vedrà inoltre un maggiore coinvolgimento di ABUS nel mondo del gravel e del bikepacking, discipline in forte crescita tra gli appassionati delle due ruote. In Italia, Pietro Franzese e Virginia Cancellieri saranno tra i principali interpreti di questa tendenza, portando il marchio in viaggi che combinano esplorazione e tecnologia.

Con una gamma sempre più ampia e diversificata, ABUS continua a investire nella sicurezza di ciclisti professionisti e amatoriali, con l’obiettivo di migliorare ogni esperienza su due ruote. Grazie a un mix di esperienza, innovazione e passione, l’azienda si conferma un punto di riferimento globale, pronta a lasciare il segno anche nella stagione 2025.

Dal 1924, ABUS è sinonimo di sicurezza. L’azienda tedesca è riconosciuta per la qualità, l’affidabilità e la durata dei suoi prodotti, offrendo soluzioni innovative per la sicurezza domestica, commerciale e mobile. Il gruppo ABUS include ABUS August Bremicker Söhne KG, ABUS Security Center GmbH & Co. KG e ABUS Pfaffenhain GmbH. Con sede a Wetter an der Ruhr è una realtà che opera a livello globale.

ABUS

Caschi Rudy Project alla FCI: una storia di orgoglio italiano

16.02.2025
6 min
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Da Kask a Rudy Project, il cambiamento non è passato inosservato. Per il nuovo quadriennio, come avevamo anticipato nei giorni scorsi, la Federazione italiana si servirà di materiale Rudy Project, già sponsor tecnico del Team Bahrain Victorious: basta guardare le immagini degli europei su pista di Zolder per rendersene conto.

Come avvengono certi cambiamenti? In base a cosa viene fatta la scelta? Alla fine dell’anno, la Federazione ha coinvolto una decina di aziende, precedentemente individuate, perché portassero i loro modelli al fine di farne una valutazione. Abbiamo chiesto pertanto a Massimo Perozzo (marketing & communication manager presso Rudy Project) di spiegarci i vari passaggi dell’approdo dell’azienda veneta alla nazionale. Fra quelle aziende infatti c’erano anche loro.

«La Federazione – spiega – ha chiesto la possibilità, soprattutto per la parte relativa alla pista, di testare dei caschi per valutare i marginal gain. Sono stati fatti dei test con più atleti in diverse situazioni. Il quartetto come pure il singolo atleta. L’uomo e la donna. Le posizioni più disparate e per ciascuna di queste è stata valutata tutta una serie di aspetti. E alla fine il Wingdream è risultato in assoluto il casco più performante, con una buona valutazione anche per il The Wing e il Nytron».

Firmato il contratto, gli uomini di Rudy Project sono corsi a Montichiari: qui con Diego Bragato
Firmato il contratto, gli uomini di Rudy Project sono corsi a Montichiari: qui con Diego Bragato
Quando si è svolta questa fase di selezione?

Alla fine dello scorso anno, intorno a fine novembre, inizio di dicembre. Visti i risultati dei test, la Federazione tramite Infront ha cominciato a prendere contatti con noi per capire se da parte nostra ci fosse la volontà di collaborare, dato che a loro interessava avere il nostro miglior prodotto.

E voi?

Lo dico proprio in maniera molto sincera: per noi è orgoglio puro. Siamo un’azienda italiana, composta da 50 persone che stanno sul mercato da 40 anni e ogni anno cercano di fare qualcosa in più. Sappiamo che da qualche stagione stiamo lavorando bene sull’aerodinamica e arrivare a questo traguardo è stato il coronamento di un percorso. Un regalo per i nostri 40 anni. Così, quando abbiamo capito che la Federazione era contenta dei caschi e voleva usare il nostro Wingdream, abbiamo cominciato a parlare con Infront. Abbiamo iniziato a definire il rapporto con la Federazione con cui collaboreremo fino alle Olimpiadi di Los Angeles.

E’ stato un percorso complesso?

Passo dopo passo, giorno dopo giorno, telefonata dopo telefonata, siamo arrivati a chiudere i dettagli del contratto che è stato firmato, come sapete, la settimana scorsa. A quel punto abbiamo dovuto portare in tutta fretta i caschi a Montichiari in previsione degli europei. I ragazzi avevano già testato il nostro casco, ma c’era ancora da fare il lavoro di settaggio. C’è da valutare per ogni singolo atleta le necessità di taglia o se ci siano da fare delle modifiche strutturali a livello di comfort. Siamo stati una giornata con loro a Montichiari e li abbiamo messi tutti a posto. Mentre in questi giorni degli europei c’è sempre stato uno dei nostri che li ha seguiti passo dopo passo, per fare eventuali correzioni.

Sono tre i modelli di casco a disposizione della FCI, in base alla specialità: Wingdream, The Wing, Nytron
Sono tre i modelli di casco a disposizione della FCI, in base alla specialità: Wingdream, The Wing, Nytron
Ed è andata bene, dato che sono arrivati alcuni ori e altre medaglie…

Gli ori di Martina Fidanza e del quartetto femminile, ma anche quello di Matteo Bianchi nel chilometro da fermo. La distribuzione dei caschi e quando usarli invece ha un regolamento a parte. Se si parla di una specialità che coinvolge più corridori, come il quartetto o la velocità a squadre, gli atleti sono tenuti a utilizzare il nostro casco anche per ragioni di aerodinamicità. Se l’atleta invece fa parte di una squadra in particolare o di un gruppo sportivo che ha un altro sponsor, nelle specialità individuali potrà usare il casco del suo sponsor. Per questo ci ha fatto piacere che Matteo Bianchi abbia usato il nostro casco e anche Viviani che però al momento è senza squadra.

Avete già avuto dei riscontri?

Stiamo parlando come sempre dei famosi marginal gain, che in queste specialità sono essenziali. Per cui un casco come il Wingdream, che ha dimostrato così tanto guadagno o risparmio di watt, risulta essenziale. E poi siamo contenti che i ragazzi lo usino volentieri.

Ha parlato di settaggio: quanto c’è di personalizzabile su un casco come questo?

Sul suo interno, sulle imbottiture. La struttura infatti non deve essere toccata per motivi di sicurezza. Per cui una volta che il casco viene battezzato e certificato dall’UCI, la parte strutturale interna non deve essere toccata per meri motivi di sicurezza. L’unica parte su cui possiamo intervenire e di cui si occupa Ivan Parolin quando è alle gare con loro, è inserire degli inserti ad hoc, con materiale di diversi spessori. Si fa un lavoro personalizzato con l’atleta per capire quale spessore e quale materiale usare. Quando l’atleta indossa il casco, deve sentirlo fermo, comodo e capace di garantire sempre la sicurezza necessaria. Se un atleta è nel suo momento di comfort e quindi non ha disagio, riesce a performare al massimo.

Nel quartetto, intesa come specialità multipla, i corridori sono tenuti a utilizzare i caschi Wingdream
Nel quartetto, intesa come specialità multipla, i corridori sono tenuti a utilizzare i caschi Wingdream
E’ previsto anche un lavoro di sviluppo accanto alla Federazione?

Hanno già cominciato a darci dei consigli, su piccole modifiche che si potrebbero apportare per alcune discipline. Sono cose che facciamo regolarmente anche col Team Bahrain, che anzi ha uno staff proprio dedicato per questo. Durante l’anno c’è una sorta di lavoro a ciclo continuo. Riceviamo le loro informazioni e vengono passate sul prodotto, per sviluppare ad esempio l’altezza della visiera o la parte tecnica del rotore posteriore per il fissaggio. Ci sono mille particolari che vanno poi a incidere sullo sviluppo di un casco. Diciamo che il nuovo modello nasce già in modo abbastanza avanzato e poi viene calibrato sulle esigenze del team o, in questo caso, della Federazione.

La vostra sarà una fornitura standard?

La fornitura è già stata battezzata da oggi fino al 2028. E’ logico che in questo tipo di rapporto le quantità siano contrattualizzate, ma poi quelle reali sono sempre variabili e difficilmente minori di quelle che sono a contratto. Spesso sono di più, per dare diverse opportunità e possibilità di scelta. Se c’è una modifica da fare, si fanno delle prove e queste implicano un aumento della quantità da dover sviluppare e consegnare.

Se da qui al 2028 Rudy Project tira fuori un nuovo modello chiaramente lo propone anche alla Federazione?

Diciamo che il Team Bahrain ha una sorta di prelazione, perché il grosso del lavoro di sviluppo lo facciamo quasi sempre con la squadra. Il Wingdream nasce dal lavoro fatto con loro, ma la Federazione è comunque il primo soggetto che verrebbe interpellato e a cui verrebbe presentato un nuovo prodotto.

Viviani ha usato caschi Rudy Project, modello Wing, non avendo ancora una squadra
Viviani ha usato caschi Rudy Project, modello Wing, non avendo ancora una squadra
Il Wingdream è uno dei caschi che l’UCI voleva vietare?

Proprio lui. Quando produciamo un casco che poi viene dato a una squadra WorldTour, deve essere approvato dall’UCI. Noi non possiamo dare un casco a una squadra senza che l’UCI sappia o lo certifichi, allo stesso modo di quanto accade per le biciclette. Lo scorso anno il nostro casco, come il casco di Giro della Visma-Lease a Bike, ha avuto una grande risonanza. Non per la pericolosità, come qualcuno ha voluto dire, ma perché è un casco molto originale. Tutto quel parlare derivava soltanto da un fattore estetico. In questo momento non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione dall’UCI. Le squadre stanno usando i nostri caschi su strada e lo hanno usato anche in pista. Ai corridori non importa tanto della forma quanto del fatto che il casco ti permetta di essere veloce. Tutto il resto, avendo le autorizzazioni a posto, è solo fumo.