Il Rwanda di Sambinello: «Un’esperienza di vita che rifarei»

04.03.2025
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Il Tour du Rwanda si è concluso ed ha attirato tante attenzioni. Più che sulla corsa, gli occhi dei curiosi erano concentrati sul fatto che il Paese africano ospiterà i prossimi mondiali di ciclismo. Tante voci si sono susseguite a proposito della corsa iridata, dal fatto che non si sarebbe corsa per motivi di sicurezza alle smentite di questi giorni. La nostra curiosità, invece, era legata a questa gara a tappe e all’ambiente che lo circonda. Uno dei due italiani presenti sulle strade del Rwanda era Enea Sambinello, atleta del devo team del UAE Team Emirates-XRG. Per lui questo è stato il settimo appuntamento stagionale dopo le sei corse fatte tra Spagna e Portogallo (in apertura foto Tour du Rwanda). 

Per Sambinello questa è stata la prima gara disputata con il devo team (foto Tour du Rwanda)
Per Sambinello questa è stata la prima gara disputata con il devo team (foto Tour du Rwanda)

Malanni a parte

Un viaggio durato cinque delle sette tappe previste attraverso gli scenari che ospiteranno il campionato del mondo 2025. Per arrivare a Kigali, capitale del Rwanda, Sambinello ha impiegato otto ore e mezza di aereo con partenza da Parigi. Il ritorno, avvenuto la notte scorsa, lo ha riportato nella capitale francese. Da lì poi Sambinello volerà a Nizza e poi si sposterà al Trofeo Laigueglia.

«Sono stati giorni un po’ così – racconta quando ancora è in hotel a Kigali – a causa di un virus che mi ha debilitato. Non ho preso parte alle ultime due frazioni, quelle che si svolgevano sul percorso dei prossimi mondiali. Ancora non abbiamo capito quale sia stata la causa del virus, ma l’importante è che sia passato. Tra venerdì e sabato non ho chiuso occhio, la mattina era sfinito. Il medico della squadra, che per la trasferta ci ha seguito, mi ha dato un antibiotico e mi sono ripreso abbastanza velocemente».

Per il resto in Rwanda com’è andata?

Ho sofferto il caldo e l’altura. Specialmente le alte temperature che sono sempre state molto alte, c’erano tra i 30 e i 35 gradi centigradi. Non ho performato come avrei voluto, ognuno reagisce a modo suo.

A che quota eravate?

Dipende un po’ dalle zone del Paese. A Kigali abbiamo dormito intorno ai 2.000 metri. In certe tappe siamo arrivati oltre i 2.600 metri di quota e tante volte abbiamo scollinato salite con quota superiore ai 2.000 metri. Non ho mai fatto grandi sforzi in altura, ed è una cosa che mi manca. L’anno scorso per preparare il mondiale di Zurigo sono stato a Livigno ma abbiamo sempre lavorato a intensità relativa.  

Al Tour du Rwanda i ritmi erano alti?

E’ stata una corsa molto diversa da quelle a cui sono stato abituato fino ad ora. Qui le grandi squadre avevano tutte un velocista di riferimento e quindi tendevano ad abbassare i ritmi. Solamente noi e i ragazzi del devo team della Picnic PostNL abbiamo provato a movimentare la situazione. I numeri sul computerino erano bassi, ovviamente è una cosa legata all’altura. Le uniche due tappe in cui siamo andati davvero forte sono state la quarta e la quinta. 

Una corsa impegnativa a livello altimetrico?

Sicuramente quella con più dislivello che ho fatto in tutta la mia vita. A parità di dislivello ce ne siamo accorti un po’ meno rispetto a quando corriamo in Europa. Questo perché non c’è tanta pianura, quindi o si sale o si scende. In media facevamo tra i 2.000 e i 2.500 metri di dislivello. La tappa regina ne aveva 3.700. Il tutto con chilometraggi abbastanza ridotti, sempre compresi tra i 120 e i 150 chilometri.

Le salite come sono?

Bisogna partire dal presupposto che le strade sono tutte statali con la carreggiata larga e l’asfalto perfetto. Anche questo particolare riduce la percezione della fatica. Quando ti trovi a pedalare su tratti all’8 per cento di pendenza ma con l’asfalto favorevole è diverso. Da noi, al contrario, ti ritrovi su una strada stretta e mal ridotta e questo fa tanta differenza

Le strade sono sempre in perfette perfette condizioni (foto Tour du Rwanda)
Le strade sono sempre in perfette perfette condizioni (foto Tour du Rwanda)
Di pubblico ce n’era tanto?

Tantissimo. Diverso rispetto a quello a cui siamo abituati di solito perché non sono appassionati di ciclismo ma curiosi. E’ un paesaggio particolare, nel quale si attraversa una foresta e ogni due o tre chilometri ti trovi un villaggio pieno di gente sulle strade. In particolare bambini. Vi racconto un aneddoto. 

Dicci.

Non riguarda direttamente me ma un massaggiatore del team. La sera dopo la tappa è andato a correre e lo stavano seguendo tanti bambini. Ad un certo punto si è accorto che uno di loro aveva delle scarpe ai piedi, era l’unico. Però erano slacciate, nel fargli il nodo il bambino lo guardava ammirato e appena fatto non ha smesso di ringraziarlo. Da un lato è un gesto che magari può anche far sorridere però ti lascia qualcosa dentro. 

Entri in contatto con un mondo totalmente diverso…

E anche i valori cambiano. In questi giorni ho visto spesso delle persone, dei bambini, che per una borraccia vuota ti fanno un sorriso enorme. Per loro ha un valore altissimo, ma non perché siano tifosi, ma per il significato che questa gara rappresenta per loro. E’ una novità, un qualcosa che li incuriosisce. Dopo un’esperienza del genere cambia un po’ la percezione di cosa sono le cose importanti. 

Com’è il Rwanda al di fuori della capitale, Kigali?

Verde, anzi verdissimo. Poi ci sono dei posti immersi nella natura incontaminata. Durante la quinta tappa siamo passati in un parco naturale e c’erano dei posti che tra una fatica e l’altra ho alzato lo sguardo e sono rimasto a bocca aperta. Nelle città c’era tanta diversità rispetto agli hotel in cui eravamo noi che comunque erano di buonissimo livello. Nelle città intorno comunque c’è molta povertà, cosa che si trova meno a Kigali. Comunque è un’esperienza di vita che vale la pena vivere, sono contento di essere venuto.

Con Bennati, curva dopo curva, sul percorso di Glasgow

07.04.2023
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Dopo aver letto il comunicato con cui la Federciclismo raccontava il sopralluogo dei tecnici azzurri sul percorso dei mondiali di Glasgow (foto FCI in apertura), abbiamo bussato alla porta di Daniele Bennati per approfondire il discorso. Mancano due giorni a Pasqua. E mentre in Francia sta per andare in scena la Parigi-Roubaix, il cittì azzurro si cura qualche malanno di stagione e si gode la famiglia.

Buongiorno Daniele, come è stato pedalare in maglia azzurra su quelle strade?

Sono andato piano, perché comunque c’era il traffico aperto. Ho fatto 20 di media e pure sotto l’acqua. Stavo guarendo dall’influenza, invece mi sono ammalato di nuovo (sorride, ndr).

Il via del mondiale sarà dato da Edimburgo e dopo il tratto in linea si arriva a Glasgow, sede del circuito
Il via del mondiale sarà dato da Edimburgo e dopo il tratto in linea si arriva a Glasgow, sede del circuito
Ci fai un riepilogo?

Si parte da Edimburgo e si fanno questi 128-129 chilometri in linea. Non c’è granché da segnalare, se non una salitella, dopo un centinaio di chilometri. Le strade sono prevalentemente belle, in alcuni tratti si trova qualche tratto leggermente più stretto alternato a stradoni più grandi. Il tratto è vallonato, l’unica insidia potrebbe essere il vento. Magari ad agosto non dovrebbe tirare in maniera esagerata, però sono zone aperte. Arrivati a Glasgow, si entra nel circuito.

Come è fatto?

Si fanno 10 giri da 14 chilometri. E’ prettamente cittadino, un susseguirsi di 42 curve. Si attraversano due parchi, per cui nell’arco di questi 14 chilometri, ci sono alcuni passaggi un po’ più stretti, soprattutto uno, quando si va ad affrontare lo strappetto più impegnativo.

Come sono fatti questi strappi?

Sono tutti molto brevi. Nel più lungo si fa fatica ad arrivare a un minuto di sforzo. La corsa sarà lunga 271 chilometri e l’organizzazione indica 3.500-3.600 metri di dislivello. Dai calcoli e dalle tracce che abbiamo registrato noi, dovremmo essere sui 3.300. Alla fine è sempre un mondiale, quindi anche se il percorso personalmente non mi fa impazzire, ci sarà da faticare.

Il Bennati corridore come si sarebbe trovato?

Penso bene. E’ un percorso che diventa esigente. Si torna sempre lì. Van Aert e Van der Poel ci vanno a nozze. Hanno la capacità di cambiare ritmo continuamente, di fare queste fiammate quando sono già a tutta, dando qualcosa in più rispetto agli altri. E’ gente abituata dal ciclocross a cambiare continuamente ritmo. E’ un mondiale strano, molto veloce, ma non si può dire che sia duro.

Difficile da interpretare?

Premesso che non sono veramente allenato, appena mi alzavo sui pedali ero già in cima ai vari strappi. A livello di sforzo, non è un mondiale duro. Però poi, ragionandoci bene, non è nemmeno scontato che si arrivi in volata con un gruppo molto numeroso. Anzi, la corsa potrebbe dinventare quasi incontrollabile.

Perché?

Perché è un percorso difficile da interpretare. Il rettilineo più lungo che ho misurato è di 850 metri, quindi qualsiasi tipo di azione prenda 30-40 secondi, non la vedi più. Se tiri con più uomini, forse fai meno fatica rispetto a chi sta dietro e andrà molto a strappi. Puoi sfruttare la squadra meglio che a Wollongong, dove c’erano stradoni larghi e quindi a ruota si stava bene. Però è anche vero che…

Il 12 agosto del 2018, proprio a Glasgow, Trentin diventa campione europeo. Dietro esulta anche Cimolai
Il 12 agosto del 2018, proprio a Glasgow, Trentin diventa campione europeo. Dietro esulta anche Cimolai
Che cosa?

Un corridore come Van der Poel potrebbe stare lì tutta la corsa e sull’ultimo strappetto ti dà una botta come alla Sanremo e non lo vedi più. Si parla di un minuto di sforzo e dalla cima mancano 2,8-3 chilometri all’arrivo, con altre 5-6 curve. Quindi uno che fa un’azione violenta, rischia veramente di arrivare. Se poi si nasconde bene, con tutte quelle curve non lo vedi più.

Il percorso ha qualcosa a che vedere con quello su cui Trentin batté proprio Van der Poel e Van Aert nel 2018?

Credo che si passi dal parco dove lui ha vinto l’europeo, dove c’era l’arrivo. Il traguardo ad agosto sarà in centro, però fondamentalmente le strade sono quelle. Inoltre all’arrivo la strada scende un po’ prima dei 400-500 metri all’arrivo.

Le 42 curve si faranno veloci o ci sarà da rilanciare tanto?

Molto dipenderà da quanto restringeranno la carreggiata e dalla velocità di crociera. Però è chiaro che in un mondiale con 170-180 corridori, i primi 20 non frenano, a tutti gli altri toccherà rilanciare.

Il rettilineo di arrivo si trova nel centro di Glasgow: la sede stradale non è ampia (foto Daniele Bennati)
Il rettilineo di arrivo si trova nel centro di Glasgow: la sede stradale non è ampia (foto Daniele Bennati)
Si fa fatica a capire quale tattica impostare…

E’ difficile da interpretare. Se entri nel circuito e vanno via 15 corridori che prendono un minuto, fai veramente fatica per andare a chiudere. Non li vedi mai, non hai un rettilineo in cui fare velocità vera. E’ sempre su e giù, destra e sinistra. Se poi dovesse piovere, concedere un vantaggio a qualcuno diventerebbe veramente pericoloso. L’asfalto comunque è abbastanza buono, mi sembra che tenga abbastanza. Quando ha vinto Matteo, la selezione c’è stata e il percorso non era impossibile. Quindi c’è tutta la possibilità per fare selezione. Spesso e volentieri non è l’altimetria, ma proprio il modo di correre.

Chi può vincerlo?

Per assurdo, un Philipsen o anche Evenepoel. Credo che Remco, essendo campione del mondo, sicuramente vorrà partecipare e fa parte a pieno titolo di questa tipologia di corridori imprevedibili. Sa limare e guida bene la bici e magari, in un percorso come quello, se va via da solo negli ultimi due giri, con le tante curve che ci sono, non lo vedi più.

E noi?

Ci sarà da vedere. Ragionando in termini di squadra, Trentin è una garanzia e sai che alla fine può fare il lavoro e anche il risultato. Sarebbe un percorso molto adatto anche a Ballerini. Poi c’è Affini che lavora per Van Aert e sa come ci si muove. Sto facendo dei nomi per dare l’idea, ovviamente è ancora presto. Sarebbe un percorso molto interessante anche per Nizzolo e Viviani che fossero al livello di un paio di anni fa. Un altro che può fare bene è Dainese, ma bisognerà vedere che calendario farà.

Il toscano ha provato in bici il circuito finale di Glasgow, gli strappi e le 42 curve (foto Daniele Bennati)
Il toscano ha provato in bici il circuito finale di Glasgow, gli strappi e le 42 curve (foto Daniele Bennati)
Il Tour sarà un passaggio obbligato?

Sta cambiando. Fino a qualche anno fa, quasi tutti volevano passare attraverso un grande Giro. Oggi la tendenza è contraria ed è legata al modo in cui si corre. Una volta potevi partecipare al Tour o alla Vuelta avendo l’obiettivo del mondiale. Oggi si va così forte ogni giorno, che se anche volessi fare una tappa tirando i remi in barca, non potresti. Non tutti hanno un motore così grande e rischiano di uscire dai grandi Giri addirittura peggiorati. Invece c’è quello che ha bisogno di fare tanta fatica per arrivare in condizione e perdere i due chili che mancano.

Domenica a Roubaix rientra Moscon.

Glasgow non è proprio il percorso per lui, però sarebbe veramente importante recuperarlo. Lui è uno che sa limare e al mondiale, quando è stato convocato, ha sempre corso bene. Sto già lavorando alla lista, non ho mai smesso di farlo.

Wollongong ci siamo, domani si comincia. Al via con le crono

17.09.2022
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Domani si comincia. Le squadre si stanno radunando a Wollongong e nella mattinata di domenica sarà la volta delle cronometro. Prima le donne, poi gli uomini. Si parte subito col botto, riservando alle categorie giovanili i giorni successivi.

E’ tutto un po’ confuso, forse anche per colpa della differenza di orario e dalla difficoltà iniziale nell’ambientarsi al nuovo mondo, dove è già inverno (anche se dall’Italia arriva notizia dell’annullamento del Memorial Pantani per l’ondata di maltempo che ha colpito la Romagna).

Budget a confronto

Alcune federazioni, come l’Irlanda o la Nuova Zelanda, hanno rinunciato a inviare la loro selezione per motivi economici, perché il prezzo del biglietto era troppo alto, mentre altre come il Canada, hanno chiesto ai corridori di pagarsi il viaggio. E se da un lato tutto questo potrebbe fornire la misura della fragilità del sistema, si può notare che la parte ricca del ciclismo – il WorldTour o comunque una sua parte – ha rifiutato di mandare i propri atleti ai mondiali perché impegnati nella caccia ai punti del ranking UCI. Compresa la Movistar, che ha privato Valverde dell’onore di chiudere la carriera con un campionato del mondo.

Bennati ha raggiunto stasera l’Australia: atterraggio a Sydney e poi di corsa a Wollongong
Bennati ha raggiunto stasera l’Australia: atterraggio a Sydney e poi di corsa a Wollongong

La perplessità è diffusa. L’UCI propugna la mondializzazione dello sport, per portare il gruppo laddove migliaia di persone avranno il privilegio e la possibilità di applaudire beniamini che altrimenti vedrebbero soltanto in televisione. Peccato che per lo stesso motivo nel 2016 andammo tutti a Doha, in un deserto torrido e inospitale, in cui neppure i cammelli si degnarono di salutare il passaggio del gruppo. Sarà proprio l’interesse dei tifosi a muovere le scelte della federazione internazionale?

Pericolo gazze

La natura australiana in proporzione si sta mostrando molto più calorosa rispetto a quella del deserto. E se in Italia è rimbalzata l’eco dell’aggressione subita da Evenepoel da parte di un uccello inferocito, il tema quaggiù è di attualità più stretta. Si parla del pericolo gazze, uccelli neri e bianchi che a queste latitudini sono assai popolari, che a settembre covano le loro uova e le difendono da qualsiasi cosa si muova nei dintorni del nido.

«Le gazze possono essere piuttosto territoriali – ha dichiarato Paul Partland dell’Illawarra Animal Hospital sulla stampa locale – e molte attività si svolgeranno nelle loro zone. Gli uccelli in picchiata tendono a prendere di mira le persone che sono sole e anche quelle che si muovono in modi molto veloci».

Così a Wollongong i cartelli avvisano passanti e ciclisti del rischio di uccelli in picchiata
Così a Wollongong i cartelli avvisano passanti e ciclisti del rischio di uccelli in picchiata

Ecco così che il racconto di Evenepoel assume un altro significato, unito a tutti gli altri avvistamenti segnalati da altri atleti. 

«Un uccello abbastanza grande – ha raccontato Remco – si è avvicinato molto e ha continuato a seguirmi. E’ stato terrificante. Ma questa è l’Australia, a quanto pare. Spero che sia l’unica volta che succede, perché ho avuto paura».

La conferma che non si sia trattato di un caso isolato è arrivata da Stefan Kung, secondo cui un compagno svizzero fosse già stato attaccato in precedenza da una gazza. L’Australia, annotano i giornali di qui, ha un sito web per la segnalazione di attacchi di gazze, con 1.492 episodi quest’anno e fra questi 192 feriti, spesso lievi.

Ganna concentrato

Ma adesso è tempo di parlare di corridori e corse. Ganna ha sulle spalle il peso del pronostico, un fattore che non gli è mai pesato. Pippo (in apertura con Sheffield sul percorso) si è preparato con Sobrero in altura a Macugnaga, ma ha curato altri aspetti della preparazione, visto che la crono di domani potrebbe essere meno filante e più esposta al rischio di rilanci.

Vittoria Guazzini è la nostra punta di diamante per la crono donne: è anche U23
Vittoria Guazzini è la nostra punta di diamante per la crono donne: è anche U23

Nella conferenza stampa su zoom della vigilia, il piemontese ha scacciato i fantasmi della tensione, dicendo di volersi concentrare unicamente su se stesso: la gara è un fatto di tempo. Se fai il più basso hai vinto. Pensare ai rivali non serve.

Di sicuro un risultato positivo sarebbe il miglior viatico verso il record dell’Ora finalmente annunciato, in cui il campione del mondo di crono e inseguimento si troverà a dover battere la distanza di un ingegnere apparentemente venuto dal nulla. Sfidarlo con la leggerezza di un mondiale vinto sarebbe senza dubbio meno pesante. La posta in palio non è affatto banale.

Evenepoel d’attacco

D’altro canto il suo sfidante principale Evenepoel non sfugge alle proprie possibilità. E dopo aver spiegato che non fosse il caso di tornare in Belgio dopo la Vuelta, vista la… minaccia di festeggiamenti, racconta di aver scoperto il percorso anche il giorno prima rispetto alle prove ufficiali che si sono svolte proprio oggi.

Evenepoel oggi per la seconda volta sul percorso, dopo il primo… asssaggio di ieri
Evenepoel oggi per la seconda volta sul percorso, dopo il primo… asssaggio di ieri

«Lo avevo già esplorato di nascosto – ha raccontato – in ogni caso è più difficile dell’anno scorso a Bruges. Il dislivello di quasi 400 metri si fa principalmente nei primi 8-10 chilometri di gara. La salita puoi confrontarla con mezzo Berendries (noto muro del Fiandre, ndr). E’ abbastanza difficile e posso contare sul mio peso. Ci saranno anche molte curve, quindi è un percorso piuttosto tecnico. Solo negli ultimi 6 chilometri lungo la costa potrò usare di nuovo la mia aerodinamica».

Van der Poel fa poker, Van Aert incassa

31.01.2021
4 min
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La faccia con la quale Wout Van Aert tagliava il traguardo di Ostenda diceva tutto. Perdere il mondiale in casa, in maniera così netta, va al di là del singolo risultato: significa sancire senza ulteriori dubbi la superiorità del rivale Mathieu Van der Poel. L’olandese si riprende quella maglia iridata messa da parte alla partenza della gara: il padrone del mondo non cambia, anche se all’inizio le cose non si erano messe bene.

Sui giornali belgi, l’attesa dello scontro era spasmodica. Titolo: “Chi ti renderebbe felice?”
Attesa su giornali belgi: “Chi ti renderebbe felice?”

Ferita al mento

Molti diranno che la sconfitta di Van Aert è figlia della foratura all’anteriore alla fine del secondo giro, ma non è così. Nella prima tornata Van der Poel ci aveva messo del suo per “agevolare” il rivale, con una brutta caduta alla fine della tornata, impuntandosi su un solco in curva. Un brutto scivolone, costatogli anche un’ammaccatura al mento, ma Van Aert era già andato via sulla sabbia, colpa di un’errata scelta delle coperture da parte della nazionale olandese, tanto che appena passato il traguardo, con 15” di distacco, Van Der Poel andava subito a cambiare bici.

Van Aert parte subito fortissimo, sapeva di non poter concedere vantaggi
Van Aert parte subito fortissimo, sapeva di non poter concedere vantaggi

La rimonta

Lì partiva la rimonta, che si concretizzava prima del traguardo anche grazie all’infortunio tecnico del belga. Sarebbe andata allo stesso modo senza? Molto probabilmente sì. Van der Poel stava volando, tanto è vero che il parziale nel secondo giro è stato il migliore dell’intera gara.

Nel primo tratto sul bagnasciuga, i due sono ancora attaccati
Nel primo tratto sul bagnasciuga, i due sono ancora attaccati


«Il percorso è andato cambiando ed è diventato un po’ più veloce nella parte della spiaggia e questo mi ha favorito – ha spiegato l’olandese, al quarto titolo professionistico – le gambe andavano sempre meglio e ho ritrovato fiducia. Certamente la foratura di Wout è stata per me un colpo di fortuna, ma anche quando era lontano non pensavo che fosse finita, tutt’altro».

La caduta costringe Van der Poel a inseguire, ne porta i segni sul mento
La caduta costringe Van der Poel a inseguire

Van Aert down

Van Aert non l’ha presa molto bene: «La foratura ha richiesto troppa fatica prima e il dopo cambio bici – ha detto – ma non ha inciso così tanto. Sono un po’ deluso da me stesso, non ho reagito come dovevo e potevo, mi sono lasciato andare soprattutto nel morale, ho perso molto prima di tagliare il traguardo».

L’amarezza di Van Aert, deluso dalla sua reazione
L’amarezza di Van Aert, deluso dalla sua reazione

Riecco Aerts

La corsa, dopo un quarto del suo sviluppo, era praticamente chiusa. Van der Poel andava sempre più guadagnando, perché sulla sabbia non aveva più freni e anzi le sue doti di equilibrio gli consentivano di pedalare anche per più metri rispetto al rivale.
La vera battaglia si sviluppava dietro e sembrava appannaggio del britannico Pidcock, come spesso successo in stagione davanti alla nuvola belga. Ma stavolta Toon Aerts, nel momento principale dell’anno, si ricordava del suo blasone e, anche complice un intoppo occorso al suddito di Sua Maestà, andava a sorpassarlo nel 7° giro, guadagnando una manciata di secondi che difendeva con i denti fino al traguardo.

Sul podio, Van der Poel fra due belgi: Van Aert e Aerts
Sul podio, Van der Poel fra due belgi: Van Aert e Aerts

Azzurri doppiati

Gli azzurri? La pattuglia tricolore è stata protagonista di una gara anonima, colpa anche dell’intoppo subìto all’inizio (la stessa salita dove nella gara femminile U23 le francesi avevano bloccato la Baroni, facendole perdere secondi preziosissimi) senza che poi abbiano trovato lo spunto per recuperare, tanto da finire doppiati, esattamente come domenica scorsa a Overijse. Il migliore è stato Bertolini, 23° davanti a Dorigoni. Ci si poteva attendere onestamente di più, mentre una discreta figura ha fatto il vecchio ex iridato Stybar, 18° a 5’42” dopo aver ripreso la bici da ciclocross abbandonata da anni…