In un’intervista di qualche settimana fa abbiamo parlato della nuova realtà juniores, la Fior di Grano-Tris Stampi, nata nelle Marche grazie al lavoro di Antonio De Angelis e di tutti i suoi collaboratori. Un’analisi del movimento giovanile marchigiano che ci ha aperto le porte sulle difficoltà del far avvicinare bambini e ragazzi al ciclismo. Il puzzle che ci aveva descritto De Angelis non è semplice, ci si deve coordinare con le altre società sul territorio in modo da avere una rete in grado di seguire i ragazzi nella loro crescita. Tra le figure che lavorano e collaborano in questo progetto ci sono quelle di Enrico Vissani e David Giordano, che in passato sono stati diesse della categoria giovanissimi a Montecassiano, dove ha mosso i primi passi un giovanissimo Giulio Pellizzari.
«La squadra giovanissimi di Montecassiano – ci racconta David Giordano – ha chiuso ormai sette o otto anni fa, il Velo Club di Montecassiano si occupa sempre di organizzare gare e manifestazioni ma la “materia prima” i bambini mancano da un po’. Quella di Giulio Pellizzari è stata una delle ultime annate. Con Antonio ci conosciamo da anni, abbiamo corso negli stessi anni tra i dilettanti e ora l’ho ritrovato grazie a questo nuovo progetto».
Giulio Pellizzari ha mosso i primi passi in bici con il Velo Club MontecassianoGiulio Pellizzari ha mosso i primi passi in bici con il Velo Club Montecassiano
A Montecassiano avete accolto un giovanissimo Giulio Pellizzari…
Prima di lui era venuto a correre con noi il fratello maggiore, Gabriele. Il tutto nacque perché mio padre, che era già nel Velo Club di Montecassiano, e il papà dei fratelli Pellizzari, Achille, erano colleghi in Polizia. Achille Pellizzari ha corso anche lui da dilettante, così quando ha pensato ad avvicinare suo figlio più grande (Gabriele, ndr) allo sport, il ciclismo è stata la prima scelta.
Camerino e Montecassiano non sono proprio dietro l’angolo.
Ci passano una cinquantina di chilometri, ma la nostra era una delle squadre più vicine a casa Pellizzari. Gabriele faceva due o tre allenamenti a settimana, e insieme al padre facevano un centinaio di chilometri al giorno. A quei tempi Giulio era ancora piccolo, aveva quattro o cinque anni, ma ogni tanto veniva anche lui a vedere gli allenamenti del fratello. Girava nel parcheggio dove ci allenavamo e qualche anno dopo ha iniziato anche lui.
A sinistra un giovanissimo Giulio Pellizzari con uno dei suoi primi trofeiA sinistra un giovanissimo Giulio Pellizzari con uno dei suoi primi trofei
Che bambino era Giulio?
Vispo, come ora e molto sveglio. Quando si hanno davanti dei bambini di otto anni non si può dire se ci sia del talento o meno. Nella mia esperienza ne ho visti tanti di bambini e ragazzi vincere tantissimo anche da esordienti e poi smettere. Sicuramente Giulio era portato per la bici.
Da cosa lo si intuiva?
Non aveva paura di provare, pedalare, cadere. Nelle gimkane che facevamo era sempre all’erta, con l’occhio vigile e attento. Ascoltava tanto e cercava di mettere in pratica quello che dicevamo, inoltre era estremamente educato e disponibile, caratteristica che lo contraddistingue anche ora. Sapete, da giovanissimi il ruolo dell’allenatore e anche quello di educare.
La bici è nata come un divertimento e un gioco, ma la grinta non è mai mancata negli occhi di Pellizzari La bici è nata come un divertimento e un gioco, ma la grinta non è mai mancata negli occhi di Pellizzari
Com’era?
Allegro e pieno di energie, ma con una grande educazione e rispetto. Da quel punto di vista Giulio ci ha dato davvero poco da fare. D’altronde gli insegnamenti in famiglia non potevano che essere ottimi. Il papà, Achille, lo vediamo spesso, sia io che Enrico. A volte ci dice: «E’ tutto merito vostro». La nostra risposta è che il merito di tutto questo è di Giulio e del suo talento. C’è un altro aneddoto su Giulio, che mi ha raccontato mio padre, che fa capire la sua personalità e il suo spirito.
Dicci…
Achille Pellizzari aveva organizzato una gita in autobus all’estero. Il viaggio era lungo quindi si doveva passare il tempo, e Giulio portava il caffè a tutti i partecipanti con il suo solito sorriso.
Finiti gli anni a Montecassiano Pellizzari è andato a correre a Foligno, qui insieme al suo mentore Massimiliano GentiliFiniti gli anni a Montecassiano Pellizzari è andato a correre a Foligno, qui insieme al suo mentore Massimiliano Gentili
Poi diventato più grande è andato a correre a Foligno…
Sì, è andato da Massimiliano Gentili, anche con lui ho corso quando ero dilettante. Gentili era al quarto anno, io al primo, ci saremo parlati pochissime volte, anche perché ai tempi i giovani non mettevano molte volte la testa fuori dal gruppo.
E’ fantastico e siamo sinceramente felici per lui perché se lo merita. E’ ancora giovane e può crescere tanto, la sua faccia e i suoi lineamenti lo dimostrano. Inoltre ha mantenuto quel suo modo allegro di fare che è una caratteristica importante.
Basta sbirciare tra i vari post Instagram di Giulio Pellizzari per rendersi conto di come il marchigiano si sia ben integrato nella Red Bull-Bora-Hansgrohe e abbia stretto un bel legame con Roglic. Il Catalunya lo ha mostrato nella veste di uomo di fiducia e considerando il fatto che lo sloveno si è aggiudicato la classifica finale, si può dire senza il rischio di essere smentiti che la collaborazione abbia dato ottimi frutti.
Quando ci risponde, Giulio è finalmente a casa. La stagione finora è vissuta sulle prime tre corse a Mallorca. Poi tre settimane di ritiro sul Teide. Il Catalunya. E ora, dopo questi pochi giorni a Camerino, ripartirà di nuovo per l’altura, in attesa di ricevere il resto del programma. Intanto fra i segnali da interpretare c’è che il Giro dei Paesi Baschi è stato tolto dal calendario, perché ritenuto troppo pesante dopo il Catalunya. Su tutto aleggia la suggestione del Giro d’Italia, che per ora tuttavia non è nei programmi.
Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura
Hai pubblicato un post in cui racconti della conoscenza con Roglic e di come adesso per te sia semplicemente Primoz.
Non posso dire che siamo amici, non andiamo a cena insieme. Però c’è un rapporto di stima. Vedendo tutte le attenzioni che ha quando è giù dalla bici, cerco di disturbarlo il meno possibile. Per me è una persona normale, forse mi ha preso bene perché lo tratto come se fosse uno qualunque. Ho tante domande, gliele faccio per curiosità. Mi racconta aneddoti, quindi è bello starlo a sentire.
Al Catalunya sei sembrato protagonista anche nel tuo ruolo da gregario, con uno scopo ben chiaro.
Sono arrivato con un po’ di timore, perché avevo corso pochissimo. Avevo fatto le tre gare di Mallorca, ma al Catalunya c’era un altro livello, quindi avevo qualche dubbio. Invece col passare dei giorni, sono andato sempre meglio. Sinceramente non mi aspettavo neanche io di andare così forte, ho fatto i migliori valori della vita, quindi si vede che prima ho lavorato bene.
Vuol dire che tanta altura ha funzionato. Come sono state quelle tre settimane?
Sono passate velocissime, non credevo. Eravamo tutti quelli del Catalunya, a parte Tratnik. C’erano Wandahl, Hajek, Nico Denz, Roglic, Aleotti, poi Meeus e anche Pithie. Sono state giornate piene. Sei lassù per allenarti, fai da 26 a 28 ore a settimana. Per cui rientri alle quattro, hai giusto il tempo di fare pranzo, massaggio, aspetti l’ora di cena. Dopo cena partita a FIFA con Jordy Meeus, chiamata alla mia ragazza e poi via a letto.
Chi vinceva a FIFA con Jordy Meeus?
Ha vinto sempre lui, ho perso 200 euro (ride di gusto, ndr)…
Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)
Come è stato vivere il Catalunya nella squadra del vincitore?
Finché ero alla Bardiani, magari c’ero io al centro e avevo addosso tanta pressione. Si potrebbe pensare che avendo un leader da aiutare, ce ne sia di meno, invece vuoi essere all’altezza del ruolo. Magari l’anno scorso arrivavo alle gare e, comunque andasse, la vivevo senza troppi pensieri. Ora invece riconosci i sacrifici della squadra. Pensi al ritiro sul Teide e al fatto che hanno prenotato le stanze per quattro mesi. Massaggiatori, meccanici, voli: per la squadra sono sacrifici. Per cui un po’ di pressione c’era ugualmente e sono stato contento quando dopo la prima tappa Ralf Denk (il general manager della squadra, ndr) mi ha abbracciato tutto contento e mi ha detto che ero stato bravo ed ero andato forte. Ho sentito la loro fiducia. Fino a quel momento avevo visto tante gare in televisione e mi era venuta voglia di dimostrare che anche io fossi forte.
Che effetto fa lavorare per un altro?
Un bagaglio di esperienza enorme. Mi hanno detto che il miglior capitano è quello che è stato gregario e io sono sicuro che arriverà anche il mio momento.
Sei sembrato anche più composto in bicicletta: c’è voluto tanto per abituarsi alla nuova posizione?
Pochissimo. Sono andato da loro a ottobre, mi hanno cambiato la posizione e mi hanno detto di andare. Sono partiti dalla vecchia posizione e hanno messo a punto la nuova. Una sera del Catalunya mi ha chiamato Wladimir Belli e mi ha chiesto se finalmente fossi diventato composto sulla bicicletta. Non so come sia successo, però anche in bici mi sento proprio bene. Sono un po’ più basso di sella, più corto di 5 millimetri e ho il manubrio più stretto.
Pellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassaPellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassa
Come ti trovi con la sella più bassa?
Sento che spingo meglio. Come quando uno è a tutta e va in punta di sella, anche a crono. Ora vado tanto in punta di sella, sento che spingo meglio così che da dietro. Lavoro più con il quadricipite, sento di fare più forza.
In quale momento del Catalunya ti sei sentito meglio?
Nella tappa in cui ho fatto decimo, mi pare la quarta. Sono partito male, ero imballato, avevo sensazioni bruttissime. Poi sono arrivate le montagne, mi sono sbloccato e sull’ultima salita non sentivo la catena. Volavo sulle ali dell’entusiasmo, ero proprio felice. Da quel momento ho cercato di fare quello che mi diceva la squadra e quello che mi chiedeva Primoz. Ho tirato. Ho fatto il gregario, però alla fine il lavoro pesante l’ha fatto tutto la UAE. Io ho tirato qualche salita, ma sono stato spesso accanto a lui. Ho preso le misure e nell’ultima tappa sono riuscito a capire quello che voleva senza che quasi dovessero dirmi nulla.
In tutto questo, Aleotti è il tuo maestro di vita nel team?
Al Catalunya eravamo in camera insieme e mi ha dato tanti consigli. Anche il giorno che io ho fatto decimo e ha vinto Primoz, io ero a ruota di Landa quando è partito Ayuso. Non sapevo se dovessi seguirlo, se tirare, che cosa volesse lui. Invece Aleotti dopo la tappa mi ha detto che in questi casi devo spostarmi sempre, perché Primoz ci pensa da solo. Consigli di questo genere. Lui ormai è nei meccanismi della squadra da tre anni. Mi ha detto di seguirlo nel giorno dei ventagli, però purtroppo non ci sono riuscito. Mi ha davvero aiutato tanto.
Aleotti si è rivelato un ottimo maestro di strada al CatalunyaCorrere accanto a Roglic gli ha permesso di conoscerlo e farsi apprezzareAleotti si è rivelato un ottimo maestro di strada al CatalunyaCorrere accanto a Roglic gli ha permesso di conoscerlo e farsi apprezzare
Come va con l’inglese?
Meglio! All’inizio avevo paura di parlare, adesso invece parlo e sbaglio. E quando sbaglio, mi metto a ridere e loro ridono assieme a me, questo è positivo. In corsa invece, sull’ammiraglia c’era Patxi Vila. Lui è spagnolo, quindi il suo inglese è simile al nostro per cui lo capivo bene.
Prossima altura nuovamente sul Teide?
Esatto, già dalla prossima settimana. Se lo avessi saputo, avrei lasciato su la valigia. Molto meglio tenerla in hotel che andare in giro con un bagaglio di 40 chili. Qua piove e fa freddo, non mi dispiace tornare al caldo. Di quello che verrà non so ancora. Si sta parlando di varie ipotesi, però è meglio aspettare e non crearsi false attese.
La crono di Monte Lussari ha spento i sogni di Thomas. Percorso poco adatto e un Roglic stellare. Il gallese è ancora confuso. Il suo Giro quasi perfetto
CAMERINO – Lo sguardo abbraccia il mondo. La mattina si rischiara, dopo che l’alba ha coperto la campagna di un’insolita nebbia in quest’angolo silenzioso delle Marche. Pellizzari guarda giù, dopo aver raccontato la storia di un tunnel che collegherebbe la Rocca dei Borgia in cui ci troviamo con il castello dei Varano. Dice che quando erano bambini hanno provato a percorrerlo, ma di aver trovato una grata.
Si fanno quattro passi. Siete mai stati a Camerino negli ultimi otto anni? Era una città universitaria piena di vita, dopo il terremoto del 2016 è una città fantasma. Il centro è deserto, puntellato, ingabbiato, sfregiato. Fatti salvi pochi cantieri, è come se il tempo si sia fermato ai giorni del sisma. Tanta gente vive ancora nelle casette, altri se ne sono andati. Per questo quando Giulio ha attaccato sulle salite del Giro, è stato come se portasse nel petto anche il battito dei loro cuori. Glielo hanno detto martedì sera nella festa di bentornato, con una spinta d’animo che veniva da piangere. Erano quasi in 700 nell’Auditorium Benedetto XIII, intitolato al Papa che nel 1727 fondò l’Università di Camerino. E’ stato un incontro emotivo e dignitoso, con l’orgoglio marchigiano che si è sollevato sopra la difficile quotidianità.
Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro MartinezPellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez
Sveglia all’alba
Casa Pellizzari è una villetta divisa in due, che nell’altra metà ospitava il bed&breakfast di famiglia, ora occupato da una zia. Quando abbiamo mandato il messaggio per dire che eravamo arrivati, Giulio è sceso ad aprire con gli occhi di chi si è svegliato presto. Infatti alle 6,30 hanno suonato anche gli ispettori della Wada: quando entri nel gruppo di chi va forte, anche i controlli diventano più assidui. Un caffè farà bene ad entrambi. Il Giro d’Italia si è concluso da due giorni. Quando nella tappa di Roma abbiamo saputo che il martedì sera lo avrebbero accolto nella sua città, gli abbiamo chiesto di assistere e poi di fare due parole l’indomani. E’ tutto nuovo, aver incontrato la sua gente è stato un’esperienza inattesa.
«Beh, è stato emozionante – dice – non pensavo che fossero così tanti. Qua a Camerino ci conosciamo tutti, perché il paese è piccolino e tanti mi ricordano come il ragazzino che girava sempre in bici intorno alla città con gli amici. E ieri me l’hanno detto in tanti: “Allora era una cosa seria!”. E’ stato bello anche sentire questo…».
Pellizzari e la sua famiglia sono stati accolti nell’Auditorium Benedetto XIII a CamerinoMassimiliano Gentili racconta, Giulio, sua madre e suo padre ascoltanoLa commozione di Pellizzari, mentre sul palco viene ricordato il nonno MarioCon Fabio Luna e Lino Secchi, presidenti del Coni e della FCI regionaliCon Francesco Acquaroli, presidente della Regione MarchePellizzari e la sua famiglia sono stati accolti nell’Auditorium Benedetto XIII a CamerinoMassimiliano Gentili racconta, Giulio, sua madre e suo padre ascoltanoLa commozione di Pellizzari, mentre sul palco viene ricordato il nonno MarioCon Fabio Luna e Lino Secchi, presidenti del Coni e della FCI regionaliCon Francesco Acquaroli, presidente della Regione Marche
Il ragazzino che girava con la bici: eri così?
Sì, sempre. Facevamo le gare, partivamo da casa del mio amico Mirco, a 500 metri da qui. Andavamo in centro, ma qualcuno imbrogliava e prendeva le scale mobili. Poi scendevamo dalla Rocca e ritornavamo. Facevamo sempre lo stesso giro, sempre la gara: è stata così dai 7 ai 15anni. In casa c’era una mountain bike, il mezzo più veloce per muoverci. Poi ogni tanto, quando finivamo giù in basso, le caricavamo nelle navette. Però solo quando c’era l’autista buono…
Massimiliano Gentili, il tuo padrino ciclistico, racconta che nella prima uscita con lui, a 16 anni, lo guardasti in faccia e poi scattasti…
E’ vero (sorride, e abbassa lo sguardo, ndr), è successo sulla salita di Trevi, vicino Foligno. Questa cosa di arrivare primo in salita ce l’ho sempre avuta, anche quando ero più piccolo e mi allenavo qua a Matelica. Volevo sempre fare la salita per scattare. La salita è quello che mi piace, il simbolo del ciclismo. Da bambino guardavo il Giro d’Italia, soprattutto con mio nonno Mario e con il mio amico Mirco. Mi ricordo il Giro del 2015 con Aru in maglia bianca, infatti i suoi cani si chiamavano Aru e Contador.
Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima CoppiIl passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Martedì ti sei commosso al ricordo di tuo nonno…
Mario, detto Mariuccio (annuisce, ndr). Un signore accanto a me ha fatto un racconto su di lui: non volevo piangere, ma non ce l’ho fatta. Adesso gli anziani mi riconoscono come il nipote di Mariuccio e dicono che sarebbe orgoglioso di me. Ho scoperto al bar tramite amici che fosse un grande tifoso di ciclismo e suo padre anche più di lui. Gli assomiglio tanto. Quando nonna morì, andavo a dormire da lui e anche a tavola mangiavamo allo stesso modo. Strappavamo la carne col pane e mangiavamo pane e ciauscolo la mattina. Nonno se ne è andato nel 2015, l’anno prima del terremoto.
La gente, i tuoi compagni sanno che qui c’è stato il terremoto?
Ricordo che 3-4 mesi dopo, a mia madre è capitato di incontrare gente che le chiedeva dove si andasse per il centro. E lei doveva rispondere che il centro non c’era più. Erano passate poche settimane e nel telegiornale se ne era parlato anche parecchio…
Quei giorni ti hanno cambiato?
Se ci penso ora, magari non mi hanno cambiato, però mi dispiace non aver vissuto da grande lo splendore di Camerino prima che crollasse tutto. Il centro delle mie sfide in bici non c’è più. E allora penso alle nuove generazioni. Io potevo lasciare la bici per due giorni poggiata a un muro e trovarla ancora, oggi nel quartiere dei negozi che hanno costruito a valle non so se sia ancora così. Nel centro storico non passavano le auto, sotto ora c’è il traffico e non so se i bambini possono fare quello che facevamo noi.
Cosa ricordi di quei giorni?
Era mercoledì e io ero a casa di Mirco, praticamente ci ho passato l’infanzia. Stava venendo il temporale, così ho preso la bici per tornare che già cominciava a piovere. Nel parcheggio meccanizzato, quello con le scale mobili, le luci si accendevano e si spegnevano, c’erano tuoni e lampi. La sera eravamo qua e di colpo tutto ha iniziato a ballare. Due sono usciti da quella porta, uno si è messo sotto il tavolo, che era la cosa giusta da fare. In due siamo usciti dall’altra parte. Vedo diverse scene, una è quella delle coppe che cadono e si rompono. Subito dopo, la domenica, siamo andati con mia nonna a Bassano da amici di mio padre, però solo noi tre figli. Mamma e papà sono rimasti qui, perché giravano anche i ladri.
Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di CamerinoNella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino
Il viaggio nel ciclismo
Il suo viaggio è iniziato a 16 anni, quando Massimiliano Gentili ebbe una visione e lo indicò come possibile corridore da corse a tappe. Glielo affidarono, riconoscendogli grande fiducia. «Suo padre Achille – raccontava l’altra sera l’umbro – è sempre stato presente, ma rigorosamente un passo indietro». Achille sorride e ringrazia, discreto e per questo elegante. Sa che i genitori possono essere un peso, così ha preferito lasciar fare, tenendo l’occhio vigile. Ed è stato così che crescendo, Giulio Pellizzari si è trovato catapultato fuori dalla dimensione ovattata e protetta di Camerino, per andare a scoprire il mondo.
I tuoi coetanei erano qui con la solita vita, mentre tu a 18 anni giravi già per aeroporti. Hai mai avuto paura?
Sì! Più che altro a 18 anni non avevo mai preso un aereo, per cui finché si girava con la squadra, non avevo problemi. Ma da solo era un’altra cosa, ho avuto le mie ansie. Oltre a tutte le esperienze, anche questa mi ha fatto crescere. Mi sono ritrovato da solo dall’altra parte del mondo, in un aeroporto immenso, con la borsa della bici e l’inglese un po’ così. Un po’ d’ansia ti prende. Però adesso ho imparato a gestire anche quello. I miei amici mi dicono: “Beato te che sei sempre in giro!”. E io gli rispondo: “Beati voi perché state a casa!”. Non c’è una via di mezzo. Girare il mondo fa tanto, fa crescere, però in certi momenti la vita di casa mi manca davvero.
Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte PanaQueste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Finalmente però sei arrivato a fare il Giro d’Italia…
E’ stato bello. Dopo il Tour of the Alps che è andato bene, il Giro diventava un banco di prova. Non volevo solo fare esperienza, volevo fare bene. All’inizio ero inquieto, perché tre settimane sono lunghe. Poi ho scoperto che diventa una routine e perdi anche il conto dei giorni. Solo a 3-4 tappe dalla fine, inizi a capire che sta per finire.
Hai vissuto giorni esaltanti e altri duri: come è stato correre per tre giorni con gli antibiotici in corpo?
Pesante, ti senti fiacco. Non riesci a spingere. Stare in gruppo non è mai facile, perché si va ogni giorno a tutta. Per fortuna l’unica partenza tranquilla del Giro è stata quella verso Francavilla in cui io stavo peggio e quindi mi sono salvato. Continuavo ad andare dietro e rientrare, andare dietro e rientrare. Per fortuna il giorno dopo si arrivava nelle Marche e mi sono ripreso, ma arrivare a Francavilla è stato davvero duro. Volevo mollare, ma mi hanno convinto a non farlo e devo dire grazie per questo. Una cosa che non ho mai raccontato è che nel riposo di Livigno, il giorno prima di fare secondo a Monte Pana, ho sognato che mi ero ritirato e il giorno dopo piangevo, pregando Roberto Reverberi che mi facesse rientrare in gara.
Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePinkGiulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Il tuo amico Pogacar?
Prima del Giro, il sogno era correre con lui, adesso il sogno è staccarlo. Con calma, ovviamente, però alla fine se stacchi lui, vinci la corsa. La differenza fra me e lui è che lui è proprio un fenomeno, però un po’ mi rivedo nel suo modo di fare. Se avessi il suo motore, correrei allo stesso modo. Sempre per vincere. Alla fine, se uno ha le gambe… Corriamo per vincere, no? Ho letto un’intervista a Gianetti, ha detto che ci pagano per vincere ed è vero…
Come hai fatto a rientrare sulla fuga nel giorno del Grappa proprio a 100 metri dal GPM e prendere i punti per la maglia azzurra?
Ero partito per fare la gara, la squadra voleva che andassi in fuga. Io mi sentivo bene e sapevo che la fuga non sarebbe arrivata, quindi non volevo buttare via tutto. Però non ero certo che se mi fossi ritrovato con i primi venti, avrei avuto le gambe per attaccarli. Non sentivo bene la radio, perché prendeva poco e c’era tanta gente. Non sapevo quanto mancasse e nel dubbio sono partito a 3 chilometri dalla vetta. Alla fine tutti mi hanno chiesto come abbia fatto a riprenderli a 100 metri dal GPM, ma davvero penso che sia stato anche per fortuna.
Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPMStremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Serve motivazione per andare in fuga sapendo che Pogacar punta alla stessa tappa?
Alla fine è una guerra persa, però ci provi: non sai mai come va. Se avessi preso un minuto in più, mi avrebbe ripreso un pezzettino dopo. Forse mi avrebbe staccato sullo strappo, ma rinunciare non mi appartiene. E’ stato bello correre a Roma con la maglia azzurra della montagna, il sogno però è arrivarci con un colore diverso. Alla fine ci siamo salutati, gli ho fatto i complimenti e in bocca al lupo per il Tour.
Com’è quando il giorno dopo si spengono le luci?
Un po’ mi manca. Quando c’è tanta gente che fa il tifo, i paesi in rosa, respiri l’aria di festa. Alla fine ti ci abitui, però è sempre emozionante. Negli ultimi giorni, ho capito che stava per finire, ma al contempo sono stanco, è giusto recuperare. Per cui farò lo Slovenia, il campionato italiano e poi si stacca per un po’ la spina.
Lo lasciamo alla sua casa, al suo cielo, alla famiglia e agli amici e andiamo a fare un giro in centro. Nella serata per Giulio abbiamo toccato con mano l’orgoglio. Ce ne andiamo con la speranza che la sua voce continui a raccontare la storia di Camerino e della sua gente. Basta che continui ad essere se stesso, il Giulio di sempre. Forse allora per queste strade l’oblio smetterà di essere l’unico destino possibile.
La stagione di Giulio Pellizzari inizierà l’8 febbraio al Tour of Antalya, in Turchia. Il ritiro di gennaio si è concluso con un salto a Benidorm per vedere la Coppa del mondo di ciclocross e adesso il marchigiano è a casa per l’ultima rifinitura. Nel programma è previsto anche qualche giro con il suo mentore Massimiliano Gentili sulle strade intorno Colfiorito, fra le Marche e l’Umbria. Ma la vera notizia è il fatto che correrà il Giro d’Italia: l’elenco delle squadre diffuso martedì da RCS Sport ha dato alla notizia il senso dell’ufficialità.
Sono mesi strani. Appena alla fine di agosto, quindi cinque mesi fa, Pellizzari e Piganzoli lottavano alla pari con Del Toro al Tour de l’Avenir e ne composero il podio. L’altro giorno il messicano ha vinto la prima tappa al Tour Down Under. Lui subito a mille, altri a metà fra la voglia di bruciare le tappe e la consapevolezza che è meglio procedere per gradi.
Al Tour de l’Avenir la sfida finale fra Del Toro e Pellizzari: a Giulio la tappa, al messicano la classifica (foto Avenir)Al Tour de l’Avenir la sfida finale fra Del Toro e Pellizzari: a Giulio la tappa, al messicano la classifica (foto Avenir)
Che effetto fa iniziare la stagione sapendo che potrai correre il Giro d’Italia?
E’ un bello stimolo, la voglia di farlo c’è sicuramente. Per ora sto andando bene, quindi la voglia sale. Per esserci dovrò andare forte, mettermi in mostra. Le gare che farò sono di buon livello, però ad esempio non farò la Tirreno-Adriatico. Mi ritrovai in ballo per il Giro anche l’anno scorso dopo il Tour of the Alps, dove ero andato forte, però giustamente abbiamo deciso che sarebbe stato meglio aspettare ancora un anno.
Non hai avuto voglia di buttarti nemmeno per un secondo?
Sinceramente la cosa mi prese alla sprovvista. Ovvio che se dici a un ventenne, che sogna di fare il ciclista e sta vivendo il suo sogno, che andrà a fare il Giro, partirebbe subito. Però a mente lucida dico che abbiamo fatto bene a non rischiare.
Che cosa ti ha dato questo anno fra i professionisti e cosa speri di trovare da qui a maggio?
Ho visto che rispetto all’anno scorso sono cresciuto molto. Sicuramente le tante gare a tappe che ho fatto l’anno scorso mi hanno dato una marcia in più, cui si somma il fatto che stia ancora maturando. Vedo che in allenamento sopporto molto meglio il carico e tengo senza problemi le 5-6 ore. Sono migliorato nella resistenza e da qui a maggio mi aspetto di continuare in questo modo. Sono appena stato in Spagna con la squadra e abbiamo lavorato forte. Ora sono a casa e rifiato un attimo, perché la stagione è lunga.
Giulio Pellizzari è nato a Camerino il 21 novembre 2023. E’ pro’ dal 2022Giulio Pellizzari è nato a Camerino il 21 novembre 2023. E’ pro’ dal 2022
Da cosa si capisce che sei al livello giusto per fare il Giro?
I tempi sulle salite. Un giorno in ritiro è venuta fuori una gara tra noi, vera battaglia. Abbiamo fatto tre salite a tutta e la seconda era Tarbena. Per farla ho impiegato 10 secondi più di Remco. Mentre l’ultima salita era il Coll de Rates e, dopo quasi 5 ore, ho fatto 23 secondi peggio di Ayuso. Quindi ho valori buoni e questo sicuramente mi motiva. E’ ovvio che in gara cambia molto, però il fatto di esserci non è affatto male.
Vedere che il tuo amico Del Toro ha già vinto che effetto fa?
Un po’ rosico, è normale. Fino ad agosto ce la giocavamo, adesso mi sveglio la mattina, vedo su Instagram che ha vinto nel WorldTour e penso che vorrei essere al suo posto. Però alla fine so che me la sono giocata con lui fino ad agosto e anche questa è un’iniezione di fiducia.
Perché Del Toro di colpo ha questo livello, che cosa può essere successo?
Sicuramente è un fatto fisico e di crederci, ma secondo me la differenza la fa l’ambiente. Dopo l’Avenir ha staccato, non ha più corso e già da novembre faceva dei bei carichi. Poi a dicembre si è trovato ad allenarsi con Pogacar, con Ayuso, Hirschi e tutti più forti al mondo e quello secondo me fa tanto. Prendi consapevolezza dei tuoi mezzi, perché dalle voci che girano, in allenamento non era niente di meno dei migliori.
I tempi sulle salite della Costa Blanca dicono che Pellizzari sta crescendo (foto Sprint Cycling)I tempi sulle salite della Costa Blanca dicono che Pellizzari sta crescendo (foto Sprint Cycling)
Ti sta bene la tua crescita graduale o preferiresti essere buttato in mischia come lui?
Sto bene così. Vedo che ogni anno miglioro e sento che sto crescendo bene. Ovvio che la foga è tanta, vorrei spaccare il mondo, però sento che qui sto facendo i passi giusti.
Cosa farai dopo Antalya?
Dopo Antalya vado sull’Etna fino al 23, poi faccio Laigueglia, Coppi e Bartali, Tour of the Alps e Giro.
Come hai reagito quando ti hanno detto che avresti fatto il Giro?
Bello, bellissimo, ma rimaniamo coi piedi per terra. Manca tanto e quindi guarderò gara per gara, ma è ovvio che l’emozione c’è. Un amico non vede l’ora di venire a vedermi. Però dico anche a lui di stare calmo.
Te la sentiresti di fare come Pantani che promise di staccare Indurain al primo Giro oppure è meglio stare coperti?
No, magari lo penso, ma non lo dico. Dico che mi stacca lui, però penso il contrario.
La crono non è nemica di Pellizzari: in quella del Tour de l’Avenir si è piazzato al quarto posto (foto Sprint Cycling)La crono non è nemica di Pellizzari: in quella del Tour de l’Avenir si è piazzato al quarto posto (foto Sprint Cycling)
Hai guardato il percorso del Giro?
Qualcosa, ma poco. Conosco la crono Foligno-Perugia, che conosco bene perché su quelle strade mi allenavo da piccolo. Non so se ci sarà il tempo di vedere qualche tappa. Qualche giorno fa ero a Torino e ho pensato di andare a vedere Oropa, ma c’erano tre gradi e ho rinunciato.
Vai al Giro per fare cosa?
La maglia bianca, quindi la classifica, diciamo che è meglio lasciarle stare. Tre settimane sono tre settimane, non so sinceramente cosa aspettarmi. Io spero di andare forte dall’inizio alla fine, però vediamo come risponde il fisico. Sicuramente un obiettivo è mettersi in luce nelle tappe, quindi nelle fughe, nelle tappe in salita. Sono le due quelle che mi piacciono tanto. L’arrivo a Livigno e quella a Bassano del Grappa, perché papà è della zona, quindi conosco bene le strade. E anche il Monte Grappa l’ho già fatto un paio di volte…
Martedì nel primo pomeriggio, Giulio Pellizzari ha lasciato casa di sua nonna Clara a Casalgomberto in provincia di Vicenza per raggiungere la squadra a Bologna. Di lì è volato in Romania, in cui fra circa un’ora partirà il Sibiu Cycling Tour. Partire con il buon gusto della vittoria cambia le percezioni e la volata a due su Cretti che gli è valsa l’Astico-Brenta (foto Green Project-Bardiani in apertura) ha reso il viaggio più leggero.
La valigia pronta
Come per tanti corridori che vengono dal Centro Sud, la sua vita si divide fra vari appoggi, ma la base è a Camerino, in provincia di Macerata, con il centro storico ancora chiuso dopo il terremoto di sette anni fa e la ricostruzione che va a rilento.
«Stanno ricostruendo in altre zone – ammette Giulio con una punta di amarezza – al punto che casa mia una volta era a un chilometro dal centro, adesso invece è in periferia senza averla spostata, solo perché la città sta nascendo altrove. Me lo ricordo il terremoto, il 24 agosto 2016. Ho ancora la pelle d’oca, perché sicuramente non è stato un bel momento. Eravamo tutti insieme a casa, perché c’erano già state altre scosse. Avevo paura ad andare in camera da solo e quindi stavamo tutti in cucina. Anche se la scossa che ha dato il colpo di grazia alla città fu quella del 30 ottobre. Mi piace partecipare a tutte le manifestazioni che si fanno nelle Marche. Voglio essere presente, perché sono tanto legato alla mia terra…».
Pellizzari è al secondo anno con la Green Project-Bardiani: è nato il 21 novembre 2003 (photors.it)Il 18 giugno, Giulio ha partecipato alla GF Terre dei Varano di Camerino, qui con Francesco JajaniLa gran fondo arrivava nel centro storico, in cui la situazione non è migliorata di molto (foto Stefano Miliani)Pellizzari è al secondo anno con la Green Project-Bardiani: è nato il 21 novembre 2003 (photors.it)Il 18 giugno, Giulio ha partecipato alla GF Terre dei Varano di Camerino, qui con Francesco JajaniLa gran fondo arrivava nel centro storico, ancora impraticabile (foto Stefano Miliani)Il podio della Terre dei Varano si trova infatti api piedi di un palazzo ancora inagibile: sette anni dopo…
Le famiglie di Giulio
Casa sua è una villetta subito fuori dal centro e ha retto l’urto, il resto intorno si è sbriciolato. Giulio aveva 13 anni e già sognava di fare il corridore. Il padre Achille è poliziotto e dal Veneto si è spostato nelle Marche per raggiungere sua moglie Francesca. Un tempo correva anche lui e per questo la famiglia ha messo i ragazzi nelle condizioni di avere il meglio. Giulio infatti ha un fratello che si chiama Gabriele: correva anche lui, poi di colpo ha poggiato la bici al muro e non ha voluto più saperne.
Oggi attorno a Giulio Pellizzari, passato professionista lo scorso anno direttamente dagli juniores, c’è una gabbia dorata di affetto e supporto tecnico. Ci sono la sua famiglia, il primo mentore Massimiliano Gentili e il preparatore Leonardo Piepoli.
E poi da poco al suo fianco è saltata fuori una seconda famiglia che vive di pane e ciclismo: quella di Stefano Casagranda e Caterina Giurato, di Borgo Valsugana. Lui ex professionista e organizzatore della Coppa d’Oro, lei direttore sportivo e portatrice sana di entusiasmo. Il legame è la figlia Andrea, che corre alla BePink e da fine novembre è la sua ragazza. Quando gli chiediamo se si senta accerchiato, si mette a ridere con la leggerezza del bravo ragazzo.
Il 2° posto al Recioto ha dato a Pellizzari la consapevolezza di essere al livello dei devo team (photors.it)Il 2° posto al Recioto gli ha dato la consapevolezza di essere al livello dei devo team (photors.it)
Hai vinto l’Astico-Brenta con uno sprint a due, ma soprattutto… hai vinto!
Sugli sprint un po’ ci ho lavorato, però diciamo che me la sentivo buona perché stavo bene. Stavolta mi ero messo in testa di vincere, volevo vincere. Non volevo assolutamente tornare a casa da perdente, un altro secondo posto non mi sarebbe andato bene.
Ti sei ammalato e hai lasciato il Giro d’Italia, cui puntavi fortissimo. Ti è rimasto addosso il segno di quella delusione?
Sicuramente è stata una bella batosta, ci tenevo tanto. L’avevo preparato bene e prima del via andavo forte. Purtroppo è andata così, è stata dura ritornare in forma, sia fisicamente ma soprattutto mentalmente. Oltre alla febbre ho avuto dissenteria e quella ti svuota. La prima settimana, questa è la seconda, uscivo in bici, ma ero finito fisicamente e mentalmente. Avete presente come è fatta Camerino? Per arrivare a casa mia c’è salita e dovevano venirmi a prendere altrimenti non tornavo, su una strada che normalmente faccio a 30 all’ora…
Il Giro era l’obiettivo, adesso?
Era la gara più importante per quel periodo, adesso ce ne saranno altre. Ora c’è il Sibiu Tour, con delle belle salite. Poi andrò a Sestriere con la nazionale, dal 17 luglio al 6 agosto, e Amadori ha detto che conta su di me per il Tour de l’Avenir.
Quale sarà l’obiettivo di questo viaggio a Sestriere?
Visto che l’obiettivo è l’Avenir, andiamo con Marino e tutti gli altri che dovrebbero partecipare. Ci porta su per tre settimane al fresco, ci alleniamo bene, facciamo la vita giusta. Come nazionale, vogliamo sicuramente fare bene. Vedremo con Marino quali saranno i compiti, io però voglio farmi trovare al massimo a prescindere se dovrò aiutare un altro o fare classifica.
Come sta andando questo secondo anno da professionista?
All’inizio c’erano un po’ di dubbi che adesso se ne sono andati. A gennaio mi sembrava di essere ripartito bene, ma finché non cominci a correre, non lo sai. Al ritiro di dicembre e gennaio stavo bene, quindi ero molto fiducioso. E fino ad ora, a parte il Giro che è andato male, nelle gare sono sempre stato lì. Sto andando forte e per ora sono molto contento.
Sentivi che la vittoria era in arrivo?
Quando ho iniziato a fare le gare con le Devo Team della Jumbo e della Wanty, ho capito che ero in grado di stare al loro livello, quindi sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.
Orlen Nations Grand Prix, Piganzoli e Pellizzari festeggiano Busatto che ha vinto la 3ª tappa (foto PT photos)Orlen Nations Grand Prix, Piganzoli e Pellizzari festeggiano Busatto che ha vinto la 3ª tappa (foto PT photos)
Che cosa è cambiato fra lo scorso anno e questo?
La scuola. Essere diventato geometra e non dover più andare a scuola tutti i giorni mi ha permesso di allenarmi di mattina. Questo è stato fondamentale. Sul fronte della preparazione, è il secondo anno che lavoro con Leonardo Piepoli e fondamentalmente il lavoro è rimasto lo stesso. Sono solo maturato fisicamente, per cui reggo meglio il lavoro e recupero prima.
Piepoli è allenatore, ma anche un sottile psicologo…
Con lui parlo praticamente tutti i giorni. Ci sentiamo, ci confrontiamo spesso e mi aiuta con la sua esperienza. Segue dei grandi corridori, quindi conosce bene il mondo del ciclismo. Ci confrontiamo anche sulle gare. Come fare? Come non fare? Non parliamo solo di preparazione.
Invece come va con i… suoceri trentini?
Stefano mi racconta aneddoti e mi prende un po’ in giro (sorride, ndr), perché è il suo modo di essere. Lui ha vinto una tappa al Giro del Trentino, io ho fatto terzo… Non la smetteva più! Ma anche io sono uno che ride e scherza, quindi non mi faccio problemi.
Giulio Pellizzari e Andrea Casagranda, che è del 2004 e corre alla BePink, sulle strade della ValsuganaGiulio e Andrea Casagranda, che è del 2004 e corre alla BePink, sulle strade della Valsugana
Caterina dice che sua figlia sta iniziando a parlare in marchigiano…
Strano, perché sono più io da lei che lei da me, quindi dovrebbe essere il contrario. Andrea mi aiuta, mi sta vicino. Sapeva quanto tenessi al Giro ed è stata importante perché mi ha tenuto su di testa. Appena mi sono ripreso, sono andato subito da lei. A volte ci alleniamo insieme e adesso che lei sta facendo il Giro d’Italia, ci sentiamo tutti i giorni. Ci tengo a sapere come va, le sensazioni. E quando faccio io le gare importanti, lei mi chiede sempre. Ora però mi metto da parte, al centro c’è lei.
Bello allenarsi in Trentino, ma che effetto fa pedalare sui Monti Sibillini, dalle tue parti?
Sicuramente fa male passare in mezzo ai paesi rasi al suolo. Per certi versi, non essendoci traffico dato che non ci vive più nessuno, è più sicuro. Ma quando vado verso Visso, Ussita e Frontignano non è bello vedere in che condizioni sono ancora i nostri posti. I paesaggi però sono spettacolari, infatti vado spesso da quelle parti.
La Green Project-Bardiani a luglio si divide fra gare e recupero. Per ora stanno correndo in Cina. Poi arriveranno altre gare in Europa. Sentiamo il diesse Donati
Un territorio e una Gran Fondo. Il ciclismo dei grandi è passato e tutt’ora lo fa tra le strade marchigiane colpite dal terremoto del 2016. Una ripresa lenta che tutt’ora va avanti e riparte da Camerino per il secondo anno attraverso la manifestazione ciclistica Terre del Varano.
Un momento per godere dei paesaggi ma anche per tornare in posti come la zona rossa di Camerino ed essere catapultati in quei tragici momenti di panico che oggi vengono testimoniati delle assi di legno alle finestre. Quello del maceratese è un luogo che rappresenta le bellezze del centro italia e che è amico della bici.
Tra le sfide di questo evento inprogramma il 10 luglio ci sono: promozione del territorio, lotta al doping, ripartenza e accessibilità per atleti con disabilità. Un’unione di intenti che fa di questa Gran Fondo una motrice e un esempio da replicare. Per capire i retroscena e l’impegno per l’organizzazione abbiamo chiesto a Francesco Jajani, Presidente della società organizzatrice Avis Frecce Azzurre di Camerino.
Sulle finestre è ancora possibile vedere le assi di legno posizionate in seguito al terremoto del 2016Sulle finestre è ancora possibile vedere le assi di legno posizionate in seguito al terremoto del 2016
Immersi nel territorio
Qualunque sia il numero dei partecipanti quando si parla del territorio maceratese, ogni ciclista che calca questo strade si accorge del contesto bello e naturale.
«Il territorio rimane il motore trainante – dice Jajani – per la promozione di questo territorio. La nostra priorità è la sicurezza. Siamo i primi ad essere innamorati del territorio. Il nostro è un percorso davvero duro. Sono itinerari costruiti ciclisticamente ad hoc per essere affascinanti».
«Si arriva a Camerino – prosegue – in centro nella sua magnifica piazza. Tutt’ora zona rossa e con le assi di legno sulle finestre. Siamo stati la prima manifestazione l’anno scorso ad arrivare in centro è stato qualcosa che da un atmosfera surreale. Bello ma allo stesso tempo toccante. Ottocento metri tutti in pavé tutti in salita dove vinse Michele Scarponi nel 2009 (Tirreno-Adriatico). Stradine medievali in salita per poi arrivare nella piazza che si allarga.
Il lago di Fiastra è un bacino artificiale caratteristico e protagonista del passaggio del percorso (foto Facebook/Terre dei Varano)Il lago di Fiastra è un bacino artificiale caratteristico e protagonista del passaggio del percorso (foto Facebook/Terre dei Varano)
La Gran Fondo
Per esaltare e far conoscere un contesto fatto di sofferenza e bellezza la Gran Fondo Terre dei Varano è l’evento che ogni anno porta un migliaio di persone sulle strade. Il percorso infatti è affascinante e caratteristico.
«La salita di Sassotetto – spiega il Presidente Jajani – è una delle più caratteristiche delle Marche dove la Tirreno-Adriatico passa in maniera ricorrente. Poi ancora, il Lago di Fiastra, un bacino artificiale che si trova in altitudine appena sotto la montagna. La salita del Monastero che si fa con il percorso Classic oggetto di passaggio anche dei pro’. Una terrazza naturale che si affaccia sul lago che ha una bellezza incantevole, un paesaggio che lascia senza parole».
«Quella dell’altopiano – continua – è una salita non impegnativa ma costante e lunga che richiede attitudine allo sforzo e resistenza, accompagnata da una flora rigogliosa. Per poi arrivare all’altopiano dove c’è l’abbazia che si trova sotto i Monti Sibillini, con alle spalle la cintura delle montagne appenniniche. Chiaro che i ciclisti che ci passano lo apprezzano fino a un certo punto perché sono pancia a terra. Ma si crea un input per un potenziale ritorno per allenarsi e godere del territorio».
I panorami e i paesaggi dell’Appennino sono un biglietto da visita per la promozione del territorio marchigiano (foto Facebook/Terre dei Varano)I panorami e i paesaggi dell’Appennino sono un biglietto da visita per la promozione del territorio marchigiano (foto Facebook/Terre dei Varano)
La bici per il turismo
Le due ruote sono più che riconosciute come veicolo di turismo. Sempre più regioni ne stanno capendo l’importanza e stanno adeguando le proprie strutture alla ricezione.
«Il territorio si presta – dice Jajani – la popolazione è accogliente. Noi in prima persona ci stiamo adoperando con iniziative e strutture per renderlo ancora più amico della bici e accogliente. Il territorio è ricettivo, e dopo il terremoto si è enfatizzato ancora di più la necessità di ottimizzare quello che ci circonda».
«Il cicloturismo – racconta – è sicuramente un volano per questo aspetto. Stiamo posizionando le prime pietre per il futuro. La manifestazione sta veicolando e dando una certa consapevolezza che si può creare qualcosa di concreto. I ciclisti vengono da 18 regioni su 20 e questo ci da una motivazione in più per fare sempre meglio».
Tra i partner tecnici della manifestazione ci sono Rosti ed Ethic SportTra i partner tecnici della manifestazione ci sono Rosti ed Ethic Sport
Testimonial
Oltre alle due ruote classiche, Terre dei Varano è vicina anche allo sport per atleti con disabilità. «La partecipazione – spiega il presidente – per questi atleti è infatti gratuita ed è un aspetto su cui vogliamo impegnarci. Stiamo lavorando per renderla più accessibile e fruibile. Luca Panechi è un nostro testimonial, ex ciclista che dopo un brutto incidente è costretto su una sedia a rotelle. E’ un esempio perché scala le salite a bordo della sua nuova due ruote abbattendo ogni limite».
Una filosofia che abbatte ogni barriera e sorride alla vita, come faceva Michele Scarponi che proprio di questa competizione è stato testimonial. Su queste strade vinse e si allenava in maniera ricorrente.
Ancora oggi infatti il legame con la città è forte e a rapprsesentarlo c’è il fratello Marco che porta vanti tutto ciò che Michele aveva imparato a farci conoscere, come la sua interpretazione delle due ruote e della vita.
Nella foto l’ex ciclista Luca Panichi e Marco Scarponi sull’ultima salita della Gran FondoNella foto l’ex ciclista Luca Panichi e Marco Scarponi sull’ultima salita della Gran Fondo
No al doping
Un’altra lotta imperterrita e ricorrente è quella contro il doping. Infatti questa competizione non si è mai tirata indietro in quanto a metterci la faccia e a portare avanti una filosofia ben definita.
«Nel nostro regolamento fin dalla nascita di questa manifestazione abbiamo sempre avuto l’invito come vincolo per l’iscrizione. Questo per tutelarci da chi avesse avuto nel passato o nel presente condanne per doping. Per noi la bici è corretta e genuina e deve premiare chi la rispetta. Con il passaggio alla non obbligatorietà della normativa etica, abbiamo deciso di mantenerla ed applicarla. Purtroppo ci sono state complicanze e malumore da parte di qualche nostro ex collaboratore esterno che voleva che fosse revocata anche nel nostro regolamento. Tuttavia per nostra filosofia e integrità abbiamo deciso di conservare questa clausola di cui siamo convinti e fieri».