Kamna decisivo. La mossa chirurgica di Gasparotto

29.05.2022
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Ieri a vincere non è stato solo Jai Hindley, che tra l’altro non ha vinto, bensì ha preso la maglia rosa, ma è stata la Bora-Hansgrohe. E più precisamente Enrico Gasparotto, il direttore sportivo di questo Giro d’Italia.

Ancora una tattica azzeccata da parte del tecnico friulano. Chiaro, ci vogliono sempre le gambe. Ma far coincidere buone gambe e buona tattica, è meno semplice di quel che possa sembrare.

Enrico Gasparotto (al centro) stava organizzando il ritorno a valle con l’elicottero. Era davvero tardi ormai sul Fedaia
Enrico Gasparotto (al centro) stava organizzando il ritorno a valle con l’elicottero. Era davvero tardi ormai sul Fedaia

Spazio alla Bahrain 

Sul Fedaia, sta per calare la sera. Mentre si dirige all’elicottero per tornare a valle con alcuni suoi ragazzi, rimasti a lungo al controllo antidoping, Gasparotto ci racconta della tattica della sua squadra.

Solo una settimana fa era “preoccupato” perché il gruppo aveva scoperto troppo presto quanto fossero forti. «Speravo di nasconderlo più a lungo», ci aveva detto. 

Oggi aveva mandato davanti Lennard Kamna (in testa sul Fedaia nella foto di apertura). Un punto di appoggio a prescindere, una pedina usata in modo chirurgico nel finale. Mentre tutti gli altri facevano quadrato intorno all’australiano, proteggendolo persino con un uomo alla sua ruota. E procedevano senza spendere un briciolo di energia in più del necessario dopo il super lavoro verso Castelmonte.

Kamna in fuga: Gasparotto lo aveva pensato proprio per ritrovarselo davanti (e fresco) nel finale del Fedaia
Kamna in fuga: Gasparotto lo aveva pensato proprio per ritrovarselo davanti (e fresco) nel finale del Fedaia
Enrico, complimenti prima di tutto. Andiamo al sodo. Kamna in quella posizione, in quel punto del Fedaia, era studiato?

Diciamo che “Lenna” aveva sofferto un po’ negli ultimi giorni, quindi il fatto di averlo davanti nella fuga ci avrebbe protetto nel finale. E in modo specifico in quella parte lì, quella finale del Fedaia, dove normalmente tutti sono da soli. Se fosse rimasto in gruppo non avrebbe tenuto sin lì.

Quindi era voluta?

Sì, l’avevamo studiata. Ed è venuta fuori bene, no?

Parecchio! Vi aspettavate questo crollo di Carapaz?

Tutti (corridori e tecnici, ndr) ci avevano detto che Jai era quello più forte in questi giorni. Lo vedevano in gruppo e lo vedevamo anche noi. Però, sapete, un conto è dirlo e un conto è farlo.

Però verso la Marmolada ti sei preso le tue responsabilità, hai concretizzato questa superiorità decantata…

Ovviamente una salita come la Marmolada non lascia spazio a dubbi, visto quanto è dura. Credo che Hindley se la meriti proprio questa maglia. Perché è sempre stato molto calmo per tutto il Giro, non solo in corsa. Ed è stato sempre regolare nelle prestazioni. Non è mai andato sopra le righe. Molto “balance” in tutto. E credo che questo lo premi. Che poi è il segreto per vincere le grandi corse a tappe.

Hanno detto che Jai era il più forte. E allora perché non ha affondato il colpo già due giorni fa verso Castelmonte? Volevate conservare tutte le energie per il Fedaia?

La tattica della tappa friulana è andata diversamente rispetto al piano che avevamo. Speravamo che la Bahrain Victorious ci desse una mano, perché è una settimana che ci dicono che ci vogliono provare. E quindi abbiamo detto: okay, siccome si arriva tra l’altro in zone dove loro hanno delle sedi e magari sono anche motivati, facciamo qualcosa. «Dateci una mano». Glielo avevamo chiesto. Ma poi si sono tirati indietro. Evidentemente per loro è più importante la classifica a squadre o lottare per un piazzamento. A quel punto abbiamo puntato ad oggi (ieri, ndr), e Jai ha dimostrato di essere il più forte.

Kamna era entrato nella fuga di giornata. Dopo aver collaborato nelle prime fasi per prendere il largo aveva corso al risparmio
Kamna era entrato nella fuga di giornata. Dopo aver collaborato nelle prime fasi per prendere il largo aveva corso al risparmio
Saresti stato contento di arrivare alla crono con 3” di ritardo, come recitava la classifica prima del via da Belluno?

Sì, assolutamente. E non avremmo mai pensato di arrivare a Verona con quasi un minuto e mezzo di vantaggio. Però, scherzando, qualche giorno fa ho detto: tranquilli ragazzi, tanto sulla Marmolada guadagniamo due minuti e siamo a posto! Non sono due, è 1’25”, ma va bene!

Enrico, già questo inverno ci avevi detto: “Ma quale meteora, Hindley è forte davvero”. Come hai fatto ad inquadrare questo ragazzo in così pochi mesi dal tuo arrivo in Bora-Hansgrohe? Cosa ti ha colpito?

Perché per fare dei risultati del genere non sei un corridore banale. Jai aveva già fatto secondo al Giro e non lo fai per caso. Ha avuto una regolarità incredibile non solo in questo Giro, ma in tutto l’inverno, tra gare e preparazione. Ha fatto anche quinto alla Tirreno e questo premia.

I ragazzi sono tutti “innamorati” di te e di come li fai correre all’attacco…

Ah, ah – ride Gasparotto – non lo so! Loro sono contenti e sono contento anche io.

Il ritorno di Hindley, capolavoro nel nome della rosa

28.05.2022
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Non aspettava altro. Jai Hindley è lo scalatore più forte del Giro, si vedeva nel suo andare agile di tutti i giorni e nel rispondere facilmente alle accelerazioni di Landa e Carapaz. Non aveva mai calato un dente, facendosi bastare l’agilità. Sul Blockhaus ha vinto allo sprint. E oggi, davanti a un arrivo in salita degno di questo nome, ha dato gas e Carapaz si è sgretolato. Decisivo è stato l’aiuto di Kamna, incontrato sulla salita finale. E quando a 3,5 chilometri dall’arrivo è iniziato il forcing della Bora-Hansgrohe, la corsa ha finalmente vibrato come tutti aspettavano da giorni.

«Finora avevamo corso in modo accorto – dice la nuova maglia rosa – risparmiando energie. Abbiamo cercato di cogliere ogni opportunità, ogni occasione. Ma sapevo che la vera occasione in cui combinare qualcosa fosse oggi. E quando ho visto che Carapaz iniziava a soffrire, ho preso motivazione e ho dato tutto».

Il forcing della Bora è iniziato a 3,5 chilometri dall’arrivo, ai meno 2,8 Hindley è rimasto da solo
Il forcing della Bora è iniziato a 3,5 chilometri dall’arrivo, ai meno 2,8 Hindley è rimasto da solo

Quasi lacrime

Sul palco era commosso. La mente è andata alla tappa di Sestriere, come oggi la penultima al Giro del 2020, quando vestì la maglia rosa senza sapere che l’avrebbe perduta l’indomani per mano di Tao Geoghegan Hart. Poi a tutto il brutto della passata stagione, in cui sognava di dare seguito al bello mostrato invece un infortunio al ginocchio gli hanno impedito di concludere il Tour of the Alps e lo stesso Giro d’Italia, concluso mestamente col ritiro il giorno dello Zoncolan.

«Provai a tornare per la Vuelta – dice – ma non ce l’ho fatta. Così con la squadra abbiamo deciso di resettare tutto e concentrarci sul 2022».

La fiducia di “Gaspa”

Il nuovo anno si è aperto con l’arrivo di Gasparotto sull’ammiraglia. E il friulano aveva visto subito che il giovane australiano fosse sulla strada del ritorno.

«Jai sta bene – ci disse mesi fa – è ad un buon punto con la condizione. La nostra idea è di mettergli attorno una squadra che possa aiutarlo a confermarsi. Chiaro che un giovane possa avere delle difficoltà, soprattutto se deve riconfermarsi subito. Ci mette del tempo a processare la sua dimensione. Questo tempo è passato e noi vogliamo portarlo al Giro nel massimo delle condizioni». Detto e subito fatto.

Capolavoro Kamna

Quando parla del suo tecnico, Hindley cambia espressione e si intuisce che la fiducia ricevuta gli ha permesso di ripartire come sognava già lo scorso anno.

«Gasparotto è stato un grande corridore – dice – e ha portato la sua esperienza in ammiraglia. Conosce le strade, conosce le corse, conosce gli uomini. Correre non è la stessa cosa di guidare una squadra, ma con lui ci troviamo alla perfezione. Il piano oggi era chiaro. E quando ho trovato Kamna davanti a me, non è servito dirgli niente. Lui mi ha guardato e poi ha fatto il suo gran lavoro. Ha spinto fortissimo, ha agevolato il mio attacco. Non conoscevo la Marmolada e non sono venuto a provarla. L’ho studiata sul libro di corsa, ma era tutta la tappa a essere pericolosa, piena di salite e alla fine della terza settimana ».

Sul podio della maglia rosa, Hindley è parso molto commosso
Sul podio della maglia rosa, Hindley è parso molto commosso

La maglia più bella

Carapaz si è accasciato sulla bici a 2,8 chilometri dall’arrivo e a quel punto lo sgambettare agile di Hindley si è trasformato nello spingere duro a caccia di secondi da mettere in cascina prima della crono di domani a Verona.

La maglia rosa ha perso tutto il suo stile. E anche se poi Carapaz ha trovato un passo regolare, si è capito che il pedalare dell’australiano fosse più efficace. Il bilancio sul traguardo è stato di 1’28” in suo favore. Probabilmente avrebbe superato Carapaz anche arrivando alla crono con i 3 secondi di ritardo che aveva stamattina, ma certo così le cose per Richard si fanno irrecuperabili.

«Questa è la maglia più bella del ciclismo – dice Hindley – è un onore indossarla di nuovo, per di più al termine di una tappa così impegnativa. Avevamo un programma sin dall’inizio del Giro e gli siamo rimasti fedeli per tutta la corsa. La squadra ha fatto tutto per me, i corridori e il personale. Domani non sarà facile, ma ce la metterò tutta perché stavolta voglio vincere il Giro».

Wiggins ha detto chiaramente che il Giro si è chiuso sul Fedaia, ma ha consigliato a Hindley di restare concentrato stasera
Wiggins ha detto chiaramente che il Giro si è chiuso sul Fedaia

Ritorno in elicottero

Qualche cenno della sua storia prima di andare via. Il pensiero che va a Umbertone che lo accolse da dilettante e che quassù nel 2019 vinse con il suo Einer Rubio la tappa di cui ha raccontato Covi dopo la vittoria. Poi vengono a chiamarlo. Lo portano al controllo medico e poi all’abbraccio del resto del team. E quando tutto è finito, il sole ha iniziato a scendere e i giornalisti sono corsi a scrivere, un elicottero si è abbassato sul Fedaia e li ha portati tutti in hotel, con le bici a bordo e la gran voglia di far festa.

«Stia attento a cosa farà stasera – ha commentato Bradley Wiggins ai microfoni di Eurosport – resista alla tentazione di festeggiare. Dubito che Carapaz possa riprendersi la maglia rosa, a meno di una caduta o di una foratura. Ma occorre restare concentrati. Per le feste avranno tempo domani sera».

Tanto tuonò che alla fine non piovve. E Carapaz sorride

27.05.2022
6 min
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Tanto tuonò, verrebbe da dire, che alla fine non piovve. Guardando la tappa che ha portato il gruppo faticosamente al Santuario di Castelmonte, tornano alla mente le parole di Bartoli di poche ore fa: i primi tre si equivalgono. E non può esserci altra spiegazione davanti alla tattica timida di Carapaz, Hindley e Landa. Con la logica attenuante a favore della maglia rosa: lui il primato ce l’ha già e veder passare salite, giorni e chilometri in modo così… insipido gli sta più che bene.

«Mi piacerebbe vincere una tappa – dice – e ammetto che quando vinsi nel 2019 corsi in modo più aggressivo. Però bisogna riflettere bene e fra una tappa e il Giro, io scelgo il Giro».

Carapaz ha regolato i tre ancora in volata: la maglia rosa c’è
Carapaz ha regolato i tre ancora in volata: la maglia rosa c’è

Questioni di famiglia

Quando Richard trova il tempo per raccontarsi, il suo sorriso dice tutto. Probabilmente il buon umore è accentuato dall’aver incontrato la sua famiglia arrivata dall’Ecuador. E non stupisce nemmeno che le sue parole alla fine suoneranno come una minaccia per gli avversari.

«E’ importante avere con sé la famiglia – dice – quando partiamo e lasciamo il Sud America, stiamo tanto tempo senza vederci. Comunque è stato un giorno impegnativo. Alla fine ci siamo ritrovati testa a testa, ma siamo allo stesso livello e… siamo ancora qui. Non credo però che domani finirà allo stesso modo».

Landa è parso più brillante: domani è quello che dovrà rischiare di più
Landa è parso più brillante: domani è quello che dovrà rischiare di più

Senza Porte

Non si può certo fargliene una colpa, se davvero non ce la fanno: lo show si ferma davanti ai limiti oggettivi. Diverso sarebbe se davvero aspettassero tutti la Marmolada, svuotando le altre tappe di ogni significato, in un Giro che ha visto l’uscita di scena di Richie Porte per problemi di stomaco.

«Aver perso Richie – dice il leader del Giro 2022 – è un brutto colpo visto che ci aspetta la tappa di montagna più importante. La squadra però è motivata. Stamattina sapevamo che Porte non stesse bene. Ha provato lo stesso a partire, ma appena il ritmo si è alzato, ha dovuto arrendersi. Per fortuna oggi la Bora ha preso l’iniziativa e ha lavorato in testa al gruppo. Non so perché lo abbiano fatto e poi si siano rialzati a fondo valle, forse perché la discesa è stata troppo tecnica e non valeva la pena insistere. In ogni caso, è bello che non sia solo il Team Ineos a lavorare».

Nibali è ora 4° a 5’53”: domani giocherà la carta dell’attacco nella discesa del Pordoi?
Nibali è ora 4° a 5’53”: domani giocherà la carta dell’attacco nella discesa del Pordoi?

Tre secondi bastano?

Hindley in apparenza sta meglio di tutti. Sgambetta con disinvoltura e ha davanti la chance che gli fu negata ai Laghi di Cancano, quando gli fu chiesto di rispettare la rosa di Kelderman. Lui ubbidì, si presentò ugualmente all’ultima crono vestito di rosa e Tao Geoghegan Hart lo svestì senza troppi complimenti. Si disse allora, in quell’insolito Giro d’ottobre 2020, che se avesse potuto guadagnare terreno, l’esito sarebbe stato diverso. Per questo, quando oggi si è vista la Bora-Hansgrohe riprendere in mano la corsa come a Torino, si è pensato che fossimo sulla porta di un altro forcing estremo. Invece probabilmente la squadra di Gasparotto sperava di trovare una collaborazione che non è venuta e si è rialzata.

Il diesse friulano era stato a studiare la tappa assieme a Matteo Fabbro durante l’inverno, era lecito pensare a un attacco. Invece, finita la salita di Kolovrat e atterrati nella valle, visto che nessuno si è affiancato al loro lavoro, gli uomini del team tedesco si sono allargati, riconsegnando la corsa al Team Ineos Grenadiers che l’ha portata sino alla salita finale.

«La Bora ha fatto la sua parte – riprende Carapaz – Landa è parso molto attivo con tutta la squadra. Abbiamo visto che siamo allo stesso livello e di conseguenza è difficile fare grandi distacchi. Però domani sarà diverso. Mi aspetto altri scenari. L’arrivo è in quota, la salita è dura. Non credo proprio che arriveremo insieme. E se anche dovesse finire come oggi e arrivassi alla crono di Verona con 3 secondi di vantaggio, sarà meglio averli che partire indietro».

Bouwman fa doppietta dopo la tappa di Potenza e consolida la maglia dei Gpm. Sullo sfondo, Tonelli
Bouwman fa doppietta dopo la tappa di Potenza e consolida la maglia dei Gpm. Sullo sfondo, Tonelli

Il prezzo del biglietto

Diciamolo chiaramente, parlando per una volta da appassionati: questa tappa non è valsa il costo del biglietto. Ci si aspetta che in certe giornate gli uomini di classifica siano lassù a giocarsi la tappa. Invece il disinteresse del gruppo dei primi ha lasciato carta bianca alla fuga. Tanto che alla fine i più sorpresi sono stati proprio gli attaccanti.

«Abbiamo faticato a prender margine – ha ammesso il vincitore Bouwman in un mare di sorrisi – poi abbiamo sentito che la Bora si era messa a tirare. Eravamo ancora sulla salita lunga, ho avuto paura. Ma a quel punto abbiamo lavorato tutti e soprattutto Affini, che si è sacrificato e ha fatto un passo incredibile. Metà di questa vittoria è per lui. Quanto a me, resto un gregario, non saranno queste due tappe vinte a farmi cambiare mentalità e pretese. Semmai avrò più spazio quando non dovrò lavorare per i miei capitani. Vinsi la mia prima corsa da pro’ indossando la maglia di leader dei gpm al Delfinato, è stupendo che la storia si ripeta dopo una tappa così prestigiosa».

Il tappone dolomitico

Così domani si andrà finalmente sulla Marmolada, in un tappone dolomitico che prima dell’arrivo sul Fedaia li costringerà a sciropparsi il Passo San Pellegrino dal versante più duro (quello agordino) e il Passo Pordoi. Difficile dire se gli organizzatori si aspettassero di arrivare alla partenza con distacchi così esigui, di certo ci sono tutti gli ingredienti perché Landa provi a recuperare e Carapaz si metta al riparo dal ritorno di Hindley nella crono. E lo stesso australiano, che è già passato per lo smacco di un Giro sfuggito l’ultimo giorno, magari vorrà togliersi il dubbio prima che accada un altro pasticcio.

«La tappa è stata molto dura – dice Landa – e quando la fuga è partita, ha Bora ha fatto il lavoro per andare a prenderla. Hanno fatto il forcing anche sulla penultima salita e quando siamo arrivati all’ultima, l’ho trovata corta ed esplosiva. Non adatta a uno come me. Sono contento di essere arrivato con Carapaz e di non aver perso terreno…».

Colle di Superga, scatta il piano: la Bora scatena l’inferno

21.05.2022
4 min
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Non è stato per caso. Quando la Bora-Hansgrohe si è messa davanti, si è capito in un secondo che fosse un piano organizzato da prima. L’azione della squadra tedesca ha sbriciolato quel che restava del gruppo. Qualcuno è rimbalzato. Qualcuno ha perso la squadra. Per qualcuno il Giro si è chiuso.

Lo sprint fra Carapaz e Hindley per il secondo posto: l’ecuadoriano ha mostrato di essere forte
Lo sprint fra Carapaz e Hindley per il secondo posto: l’ecuadoriano ha mostrato di essere forte

Lo zampino di Gasparotto

Lo zampino di Gasparotto è stato subito evidente e lui non fa niente per nasconderlo: belli i direttori con idee e personalità.

«Abbiamo iniziato a parlarne già due giorni fa – spiega il giovane tecnico della Bora – ci siamo confrontati, perché sulla bici vanno i ragazzi. Dopo due giorni che ci pensavamo, ieri abbiamo chiesto se gli stesse bene mettere in atto questa tattica. E quando abbiamo capito che eravamo tutti sulla stessa pagina, il piano è scattato. Consapevoli che qualcosa si potesse cambiare, ma siamo partiti per fare quello che avete visto».

«Quando uno di noi si è trovato in fuga – dice Gasparotto – abbiamo chiesto se volessero continuare. Hanno detto di sì»
«Quando uno di noii si è trovato in fuga – dice Gasparotto – abbiamo chiesto se volessero continuare. Hanno detto di sì»
Mai un ripensamento?

Quando uno di noi, è entrato nella prima fuga, ho chiesto via radio cosa volessero fare. Nessun ripensamento, avanti col piano. L’idea era di fare la selezione sul Superga, invece l’hanno fatta in discesa e devo dire che è venuta anche meglio. Servono ragazzi forti per fare certe cose e loro sono stati bravissimi. Se qualcuno non ce la fa, è un attimo fare una figuraccia.

Qual era lo scopo?

L’obiettivo della Bora da inizio Giro è salire sul podio. Per cui dovevamo cercare di isolare chi poteva rimanere da solo, in una tappa in cui sarebbe stato impossibile fare una strategia di contenimento come sulle lunghe salite. Non c’era spazio per tirare con la squadra in fila, anche se Carapaz ha poi dimostrato di essere il più forte. Però abbiamo guadagnato su Almeida e su Landa, che se non trovava Pello per strada, avrebbe perso parecchio di più.

Se Pello non avesse aiutato Landa, forse il basco avrebbe perso molto di più
Se Pello non avesse aiutato Landa, forse il basco avrebbe perso molto di più
Davvero non si poteva lavorare di squadra?

Su un circuito così, se stai a ruota fai più fatica che a stare davanti. Non si poteva lavorare di squadra per inseguire, ma si poteva usare la squadra per attaccare. Non so quante altre tappe così troveremo al Giro, probabilmente nessuna ed era l’unica in cui imporre il nostro collettivo. Le prossime avranno salite lunghe, lì la Ineos tornerà forte.

Che cosa ti è parso della corsa di Nibali?

Lo Squalo sta bene e diventa pericoloso perché ha preso morale. Io lo conosco bene. Yates l’hanno lasciato andare perché è fuori classifica, Vincenzo invece non è così lontano e tutti hanno paura di Nibali nella terza settimana. Sapevo che sul Blockhaus avrebbe preso morale (quel giorni Nibali si piazzò 8° a 34” da Hindley, ndr), so cos’ha in testa.

Alla fine, Hindley ha portato al traguardo il lavoro dei compagni, consolidando la sua classifica
Alla fine, Hindley ha portato al traguardo il lavoro dei compagni, consolidando la sua classifica
Stasera cosa dirai alla squadra?

Stasera li lascio tranquilli. Parleremo domani sul bus. So che certi attacchi poi rischi di pagarli, ma non potevamo non sfruttare una tappa così.

Uno di noi con Higuita, nel ritiro di Antioquia

20.05.2022
6 min
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Sergio Higuita è un ciclista all’antica: si allena, riposa e mangia a dovere. Non ha segreti, ma ha una mentalità coerente con i suoi obiettivi.

«Perché io salti un allenamento, deve esserci una tempesta molto seria. Per il resto, niente», dice nel bel mezzo di una chiacchierata serena e rilassata nella Casa del Ciclista, luogo paradisiaco fatto costruire da Mauricio Ardila. Come un visionario dei bisogni dell’era moderna, l’ex corridore della Rabobank ha progettato dei villini nel bel mezzo del paesaggio montuoso di Antioquia, situati a 2.200 metri sul livello del mare.

Fuga dalla città

Sono molti gli ospiti che frequentano le sue strutture. Dai ciclisti nazionali ai professionisti colombiani del WorldTour come Harold Tejada e Daniel Arroyave. E anche atleti internazionali che hanno cambiato le loro abitudini europee, come Tom Domoulin e Koen Bouwman, protagonisti della fuga vincente nell’ottava tappa del Giro d’Italia. Entrambi hanno goduto dei benefici di un luogo che è diventato, senza ulteriori indugi, la casa di Sergio Higuita e della sua famiglia.

Il campione nazionale ha ben chiaro che per essere un ciclista di alto livello, deve allontanarsi dalle distrazioni della città e dalle distrazioni che circondano la vita degli atleti che fanno del Paese una meta di fama mondiale.

La maglia di campione colombiano, sudata come dopo ogni allenamento di Higuita
La maglia di campione colombiano, sudata come dopo ogni allenamento di Higuita

Niente per caso

La sua routine è semplice. Si alza, fa una sessione di riscaldamento e controlla i dettagli con Don Leo (Leonardo Higuita, suo padre), fidato assistente e guida stradale. L’uomo che non distoglie lo sguardo da lui e controlla il traffico affinché i suoi allenamenti si svolgano senza intoppi.

Non c’è un dettaglio casuale nella vita professionale dell’ultimo vincitore della Volta Catalunya, che dopo aver avuto un brillante primo semestre all’esordio con la Bora-Hansgrohe, ha iniziato a preparare gli obiettivi per la seconda parte di stagione, che avrà come obiettivo principale la Vuelta a España. Sergio non sarà al Tour de France. Il leader della grande corsa francese sarà infatti il russo Alexandr Vlasov.

Niente Giro né Tour per Higuita, che sarà leader della Bora-Hansgrohe alla Vuelta
Niente Giro né Tour per Higuita, che sarà leader della Bora-Hansgrohe alla Vuelta

Leader alla Vuelta

Sergio, per decisione presa insieme alla squadra, ha disegnato il calendario per essere leader alla Vuelta. E magari, se tutto andrà bene, per disputare il mondiale in Australia.

«Stiamo già facendo altura – dice l’antioqueño, primo colombiano a vestire la maglia della prestigiosa formazione tedesca – la verità è che ho perso questa settimana per via delle vacanze, ma c’è molto tempo per preparare i prossimi obiettivi, cioè il Giro di Svizzera, la Vuelta Burgos e la Vuelta España. Siamo motivati perché la prima parte di stagione è andata molto bene, grazie alla squadra che ha riposto molta fiducia in me.

In Colombia, Higuita si sta allenando con Santiago Mesa, della Fundacion Mauela
In Colombia, Higuita si sta allenando con Santiago Mesa, della Fundacion Mauela

«Lo stile di lavoro – prosegue – è compatibile al cento per cento con me e così anche la mentalità. Sono molto felice di aver fatto così la prima parte della stagione e felice di essere tornato in Colombia con la mia famiglia, concedendomi una pausa per affrontare la seconda parte della stagione con tutta la predisposizione e la voglia.

«Andremo alla Vuelta con un grande obiettivo», rimarca il due volte campione nazionale su strada, che proprio alla Vuelta ha avuto il suo battesimo nei grandi Giri. Lì ha lasciato il segno con una magnifica vittoria a Becerril de la Sierra.

«Speriamo che l’esperienza che ho acquisito partecipando a tre grandi Giri – dice – mi aiuterà per questa occasione. Vado senza pressione e per divertirmi. La Vuelta è una corsa molto bella e interessante», assicura il colombiano, che ha spiegato il motivo per cui non è ai nastri di partenza del Giro d’Italia o del Tour de France.

In questi giorni nell’altura di Antioquia, Higuita alloggia nei bungalow della Casa del Ciclista
In questi giorni nell’altura di Antioquia, Higuita alloggia nei bungalow della Casa del Ciclista

Giro-Tour: perché no…

«Inizialmente non ho scelto il Giro, perché mi piace sempre avere un inizio di stagione molto intenso, facendo tre gare di una settimana e poi le classiche, che per me sono molto importanti. In questo modo arriverei troppo forte al Giro, dove bisogna presentarsi invece a un livello più tranquillo», dice a proposito della Corsa Rosa.

«E quanto al Tour de France, il percorso di quest’anno è molto complicato, soprattutto la tappa sul pavé. Non ho paura, ma credo che la squadra abbia bisogno di un altro tipo di uomo per difendere i leader che porteranno. Non tanto degli scalatori, quanto piuttosto atleti di buona statura come Nils Polit o Jordi Meeus, che sono corridori da Roubaix e che possono assistere molto bene Vlasov, leader al Tour. Il percorso è per uomini che pesano più di 63 chili. Ci sono tappe con molto vento, salite di grande potenza. La squadra mi dà la libertà di scegliere il calendario e per questo ho deciso di escludere il Tour. Di sicuro però l’anno prossimo sarò al Giro, una gara che mi piacerebbe molto fare».

Una settimana di vacanze prima di ricominciare: prossimo obiettivo il Giro di Svizzera
Una settimana di vacanze prima di ricominciare: prossimo obiettivo il Giro di Svizzera

Obiettivo Wollongong

Quanto al mondiale, uno dei suoi sogni da quando era professionista, fa parte dei piani. Ad Harrogate (Inghilterra) è arrivato quarto nella categoria under 23, mentre fra gli elite gli piacerebbe fare una prestazione eccezionale.

«Dobbiamo aspettare la decisione della squadra, ma penso che se avrò l’opportunità di andare, potrò fare bene. E’ un mondiale difficile. Abbiamo uomini molto forti, quindi possiamo anche cercare l’occasione per fare bene. Alla squadra piace che rappresenti la Colombia, gli piace avere molti campioni nazionali e che i loro ciclisti corrano per i loro Paesi».

Hindley, la vittoria sul Blockhaus come un ritorno a casa

15.05.2022
4 min
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Sarebbe morto pur di non perdere questo sprint. Jai Hindley è partito più lungo di tutti e ha resistito alla rimonta di Bardet e Carapaz, ingobbendosi sul manubrio e lasciando che le gambe si accartocciassero attorno a un rapporto troppo lungo. Per il ragazzo di Perth che da quest’anno corre alla Bora-Hansgrohe c’era in ballo il ritorno alla vita. A un certo tipo di vita, quantomeno. Ultima vittoria ai Laghi di Cancano, Giro d’Italia del 2020: quello di ottobre e dei ragazzini terribili che poi sono spariti. Da lui, appunto, fino a Tao Geoghegan Hart. E ora ha lo stesso sorriso incredulo di allora, anche se nel mezzo se l’è vista brutta.

Hindley in volata ha resistito alla rimonta di Carapaz e Bardet
Hindley in volata ha resistito alla rimonta di Carapaz e Bardet

Abruzzese d’Australia

Dice sorridendo che negli ultimi minuti di corsa nei suoi occhi sono passati i ricordi degli allenamenti da dilettante a Passo Lanciano: la salita che per i corridori abruzzesi è palestra e verifica. 

«Da dilettante – ricorda Hindley con la faccia da bambino e la voce da uomo fatto – ho vissuto per sei mesi in Abruzzo con la squadra Aran Cucine di Umberto Di Giuseppe. Ero solito allenarmi su Passo Lanciano e conoscevo la salita molto bene. Questo posto è come una seconda casa per me ed è stato molto bello vincere. E’ passato un bel po’ dall’ultima volta che ho avuto il livello per vincere. Come ho detto in altre interviste, l’anno scorso non è stato per niente un buon anno. Una serie di cadute e poi al Giro ho sofferto una cattiva salute e sono uscito dalla corsa. Ho preso un lungo periodo di recupero e questo ha condizionato il resto della mia stagione».

Il lavoro di Porte

Non c’è la folla delle grandi occasioni sul Blockhaus, pare perché tre versanti su quattro sono stati chiusi da ieri e la gente non è potuta venire su con i camper, eppure adesso che comincia la discesa verso valle, le strade si riempiono di tifosi saltati fuori chissà da dove.

La Ineos aveva promesso di spaccare tutto ed è stata di parola, con un Porte stellare di cui nessuno parla. Carapaz aveva promesso di staccare tutti e ci è andato vicino: Bardet e Landa gli hanno tenuto testa e rimandato alla prossima volta.

Di sicuro la montagna di Chieti, che in tempi lontani tenne a battesimo Eddy Merckx, ha rispedito a casa le ambizioni di Simon Yates (11’15” di ritardo), del giovane Vansevenant, di Tom Dumoulin e in modo parecchio più pesante quelle di Giulio Ciccone. Si è rivisto invece Nibali, pimpante come non capitava da tempo: se la gamba continua a crescere, il finale dello Squalo sarà un quadro d’autore. E se la maglia rosa rimane sulle spalle di “Juanpe” Lopez, la classifica adesso è cortissima.

Otto in un minuto

Otto corridori in meno di un minuto, fra loro c’è Pozzovivo e Hindley è salito in quinta posizione a 20 secondi dal primato.

«Siamo venuti con ambizioni molto alte – spiega Hindley – con tre leader (oggi Kamna e soprattutto Kelderman hanno pagato pesantemente dazio, ndr). Siamo alla fine della prima parte della corsa, è ancora lunga e sono ancora contento che abbiamo più opzioni. Sapevo che quando Richie si è spostato, sarebbero iniziati gli attacchi. Non mi sentivo super esplosivo. Ho sofferto un po’, ho fatto il mio passo. Ho cercato di mantenere il distacco e di non perdere terreno. Alla fine siamo rientrati. Almeida è stato super forte, io ho cercato di sopravvivere. Sapevo che gli ultimi chilometri un po’ spianavano, li ho usati per recuperare un po’. E sapevo anche di dover entrare in testa nell’ultima curva e che ai 200 metri bisognava partire».

Kamna in fuga? Non sbaglia mai. Sentite Gasparotto

11.05.2022
3 min
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A voler fare come nel tennis o negli sport in cui le statistiche la fanno da padrone, lo score di Lennard Kamna quando va in fuga era già davvero da record. Dopo la vittoria di ieri sull’Etna, lo è anche di più.

«Quest’anno ha preso 4 fughe – sorride Enrico Gasparotto – in 3 occasioni ha vinto e nella quarta è arrivato terzo».

La sua gestione della scalata finale dell’Etna è stata di una lucidità pazzesca, mentre il friulano che lo seguiva sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, racconta di non aver avuto mai un dubbio sul fatto che il suo corridore avrebbe vinto.

La gestione del finale di tappa di Kamna è stata lucidissima anche dall’ammiraglia
La gestione del finale di tappa di Kamna è stata lucidissima anche dall’ammiraglia

«Nemmeno quando Oldani aveva un minuto di vantaggio – spiega – in nessun momento. E dire che non conosceva la salita, perché non siamo soliti allenarci quaggiù. Sapevamo che la prima parte era inedita, poi ci si immetteva su un troncone fatto nel 2018 e si chiudeva con gli ultimi 3 chilometri più classici. Forse gli abbiamo presentato una buona spiegazione della salita. Abbiamo i nostri software che indicano bene la variazione delle pendenze…».

Il colpo vincente

Quando Kamna attacca, è assai probabile che vinca. E se si rende conto che non ci riuscirà? Ragiona ancora una volta in modo lucidissimo.

«Gliel’ho fatto notare quando ha vinto alla Ruta del Sol – dice ancora Gasparotto – sebbene non fosse in condizione come oggi. Vinse l’ultima tappa, dopo che nei giorni precedenti aveva provato ad attaccare. Due tappe prima, ha scelto il tempo giusto. Si è ritrovato solo davanti a tutti, ma ai meno due lo ha ripreso Sheffield, che poi ha vinto. E lui cosa ha fatto?

La vittoria alla Ruta del Sol (secondo Fortunato) è stata il primo esempio di lucidità
La vittoria alla Ruta del Sol (secondo Fortunato) è stata il primo esempio di lucidità

«Non ha tenuto duro: ai due chilometri ha smesso di pedalare. Voleva prendere tempo per essere certo di avere più libertà la volta dopo. E infatti dopo due giorni ha vinto. Questa lucidità dovrà usarla in carriera. Probabilmente è un corridore da corse a tappe, ma non ancora perché è troppo crudo. Quando sarà pronto, ragionare così gli permetterà di sfruttare meglio tutte le occasioni».

Profumo di rosa

Ieri mattina le opzioni erano diverse. La fuga serviva per tappa e maglia. Ma se non fosse andata, il suo compito sarebbe stato quello di assistere i capitani, che stanno andando bene, oppure staccarsi per avere libertà di movimento nel fine settimana.

Davvero Kamna ha evitato di staccare Lopez per non prendere troppo presto la rosa? A domanda, sorride…
Davvero Kamna ha evitato di staccare Lopez per non prendere troppo presto la rosa? A domanda, sorride…

«Quando ieri sono rientrato in hotel – dice Gasparotto – gli ho chiesto se avesse pianificato di non prendere la maglia rosa. Sarebbe stato bello, ma poteva essere troppo lavoro per la squadra. E lui ha sorriso. Secondo me, ci ha pensato eccome. Fra i ragazzi della sua età, questa capacità di ragionare è molto più che rara. Sono molto contento, perché è uno dei miei sei corridori. Riusciamo a parlare bene e chiaramente. Oggi tutto questo sembra facile, ma perché l’ha reso facile lui. Dire sin da adesso cosa farà nei prossimi giorni è presto. Oggi si dovrebbe arrivare in volata. E chissà che nel fine settimana non si arrivi alla maglia rosa. Se Kamna collega la testa con il corpo, diventa difficilmente battibile».

Vlasov, festa al Romandia e un pensiero per la Gazprom

04.05.2022
4 min
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Vinto il Romandia, Alexander Vlasov se ne è tornato a casa per fare qualche giorno da persona normale. «Niente bici – sorride – ma solo per poco. Qualche serie tivù. E magari dei giri a Nizza o Cannes per scoprire posti nuovi».

Monaco è diventato il suo quartier generale dopo Andorra, dove d’estate si sta indubbiamente più freschi, ma per arrivare all’aeroporto ci sono due ore e mezza di macchina ogni volta e d’inverno si muore di freddo. Anche se sei russo.

Vlasov è passato professionista nel 2018 con la Gazprom. Ha corso nel team per due anni
Vlasov è passato professionista nel 2018 con la Gazprom. Ha corso nel team per due anni

Sui siti di ciclismo, accanto al suo nome in realtà non c’è bandiera. Qual che ne sia l’utilità, questo è l’effetto delle sanzioni richieste dal CIO e recepite dall’UCI dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. A lui tutto sommato è andata bene, ai corridori della Gazprom decisamente peggio.

«Mi dispiace tanto per loro – dice a bassa voce – perché in quella squadra ci sono cresciuto e sono ancora in contatto con corridori e personale. E’ difficile fare la vita da atleta senza un obiettivo e senza stipendio…».

Margini di crescita

La sua stagione ha il sapore di tutto nuovo. Dopo i due anni all’Astana, Vlasov è passato alla Bora-Hansgrohe, che ha fatto il pieno di scalatori e uomini di classifica. La preparazione è cambiata per il meglio.

Sul podio della Freccia Vallone con Valverde e Teuns, Vlasov non si aspettava un simile risultato
Sul podio della Freccia Vallone con Valverde e Teuns, Vlasov non si aspettava un simile risultato

«Con il mio coach – spiega – abbiamo individuato i punti su cui ero meno forte e abbiamo capito di dover lavorare su esplosività e sprint. Ho 26 anni e sappiamo bene che ho ancora dei margini. Il risultato di questi lavori c’è stato in modo sorprendente sul Muro d’Huy. Pensavo di poter fare una bella Freccia Vallone, non di arrivare sul podio. Quella è la corsa degli Alaphilippe, di Valverde oppure Teuns. Io sapevo di avere nelle gambe un minuto a tutta. E alla fine è servito».

Capolavoro Romandia

Ha vinto la Valenciana, tappa e maglia. E’ andato sul podio ai Paesi Baschi, poi alla Freccia Vallone. Infine al Romandia, dopo due piazzamenti, sono venute la vittoria nella crono e la classifica finale.

Sul traguardo di Zina, al Romandia, esulta per la vittoria di Higuita, che per prudenza dà il colpo di reni
Sul traguardo di Zinaal Romandia, esulta per la vittoria di Higuita, che per prudenza dà il colpo di reni

«Penso che di tutta questa prima parte di stagione – racconta – il Romandia sia stato il mio miglior periodo. Sapevo di stare bene e che poi avrei tirato il fiato, per cui non ho avuto timore di sprecare energie. Il giorno che ho fatto secondo dietro Higuita nel tappone, avrei voluto alzare le braccia assieme a lui. Ma Sergio deve aver pensato che fossi un avversario e non s’è fidato a esultare prima della riga».

Dritto sul Tour

Il programma immediato, dopo aver riposato il giusto, prevede l’avvicinamento al Tour. Alex non l’ha mai corso. E quando si è reso conto che Keldermann, Buchmann e Hindley preferivano correre il Giro, si è affrettato ad accettare l’opzione francese.

«Mi veniva quasi da dirgli grazie – sorride – perché a me l’idea di andare in Francia stuzzica tanto. Parto per fare classifica e poi vediamo come va. Non ho mai corso sul pavé. Ho provato quella tappa nei giorni delle classiche e non mi è sembrato tanto brutto, forse perché ero da solo. Chissà come cambia in gruppo…

«Per cui fra poco andrò in altura ad Andorra. Tre settimane dormendo proprio in cima, a 2.400 metri e poi riparto dal Giro di Svizzera. In teoria servirà come preparazione, ma ormai alle corse ci si allena sempre meno e si va sempre per il risultato».

Aleotti a scuola di Nord: che cosa ha imparato?

25.04.2022
5 min
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La prima volta di Aleotti al Nord sa di cauta scoperta e sarebbe d’altra parte ingiusto paragonarlo a Evenepoel che, pure debuttante e con un anno in meno, è alla quarta stagione da pro’ e ieri ha centrato il bersaglio pieno. L’emiliano della Bora-Hansgrohe, ben guidato da Gasparotto nel suo secondo anno nel gruppo, aveva messo nel mirino Amstel, Freccia e Liegi già dall’inverno. Ma in questa bizzarra epoca di pandemia, quasi nessun piano si è attuato come nel desiderio di chi l’aveva progettato. E Aleotti non è sfuggito alla regola.

«E’ stato un inizio di stagione complicato – dice nella hall dell’hotel della squadra – puntavamo a fare bene proprio quassù, ma ovviamente doveva essere tutto perfetto. Invece a gennaio ho avuto il Covid mentre ero a correre e sono dovuto restare per una settimana di più in hotel. Perdere 10 giorni, avendo già fatto due training camp, non è il massimo. Mi stavo riprendendo, ma la sera prima della Sanremo ho cominciato a sentire dei dolori alle ossa. Ho corso e dopo l’arrivo, sul bus, avevo 39 di febbre. Sono rimasto altri cinque giorni senza bici, saltando Coppi e Bartali e altura. E così sono rientrato direttamente per Amstel e Freccia del Brabante. Mi sono sentito in crescendo, ma è meglio sforzarsi di prendere il buono. L’anno è ancora lungo».

Preparandosi ai piedi del pullman per la ricognizione sugli ultimi 90 chilometri della Liegi
Preparandosi ai piedi del pullman per la ricognizione sugli ultimi 90 chilometri della Liegi
Gasparotto dice che all’Amstel avresti potuto fare la tua corsa.

L’abbiamo studiata bene, visto che lui la conosce punto per punto. E’ molto complessa. Nella ricognizione ho notato che si passa più volte nello stesso punto, per cui ricordarsi tutto non è semplice e il modo migliore è correrla anno dopo anno. Fino a 60 chilometri dall’arrivo, diciamo fino alle 5 ore, stavo ancora bene. Poi mi sono spento. L’Amstel è diversa dalla Liegi. Ha salite brevi da fare tutte d’un fiato. Bisogna saper stare in gruppo senza rischiare.

La Freccia Vallone è un altro tipo di corsa.

E secondo me, mi si adatta. Mi è piaciuta molto. Abbiamo corso in funzione di Alex (Vlasov, ndr), supportandolo al massimo. Nell’ultimo giro comunque ero ancora lì. Il Muro d’Huy non lo avevo mai visto prima. L’abbiamo provato il martedì, facendo un giro e mezzo del percorso, per capire bene quelle salite. E’ un finale molto tecnico, vale la pena spenderci qualcosa…

Alla Freccia, fino all’ultimo giro, in salita assieme a Caruso e Thomas
Alla Freccia, fino all’ultimo giro, in salita assieme a Caruso e Thomas
In che senso?

E’ una cosa che ci dice spesso Gasparotto. In alcuni passaggi molto tecnici, devi spendere qualche energia in più per stare davanti e non avere problemi nei chilometri successivi. Mi ritrovo molto con Enrico, mi riconosco in lui come corridore. Inoltre è importante avere uno che ti spiega le cose nei dettagli, anche se alla radio cerchiamo sempre di parlare inglese per non escludere gli altri.

E allora parliamo ancora di lui. Ti ha consigliato di studiare i passaggi di gara?

Dice che è importante memorizzare i punti e i momenti decisivi. E dice anche che riguardarli alla televisione aiuta, perché l’occhio esterno a volte mostra cose che ti sono sfuggite. La dritta di prendere il Muro d’Huy non all’interno ma all’esterno, per non essere chiusi, ha portato Vlasov sul podio. I direttori vanno ascoltati.

Benedetti lo ha guidato nel debutto alla Liegi, conclusa in 77ª posizione a 10’55”
Benedetti lo ha guidato nel debutto alla Liegi, conclusa in 77ª posizione a 10’55”
Guardavi queste corse in televisione?

Assieme a mio padre, mi sono sempre piaciute. Anche il Fiandre, ma non so se ho il fisico adatto. Sono imprevedibili, altra cosa rispetto alle corse a tappe in cui dopo un po’ capisci le forze in campo.

E veniamo alla Liegi.

Abbiamo fatto una ricognizione di 90 chilometri, molto importante. E ieri siamo andati forte tutto il giorno. Si pensava che la serie di salite che inizia dallo Stockeu potesse combinare disastri, invece non ha fatto niente. I veri danni li ha fatti la caduta e noi per fortuna eravamo davanti per tenere Vlasov fuori dai guai. Come corsa mi è piaciuta molto, ma si capisce subito che la distanza fa la differenza. E in ogni caso Evenepoel ha fatto un grande numero.

Che cosa hai imparato?

Che conta davvero prendere una buona posizione all’attacco della Redoute. Una volta in cima, infatti, c’è poco per andare alla Roche aux Faucons, perciò è bene non perdere posizioni dove probabilmente ci sarà un attacco.

Ancora sul percorso della Liegi. Il venerdì è arrivato anche Higuita
Ancora sul percorso della Liegi. Il venerdì è arrivato anche Higuita
L’anno prossimo si torna per vincere?

Direi che è una prospettiva lunga, vediamo di andare per gradi. E comunque stavo bene, ho fatto il mio lavoro fino alla Redoute.

E adesso si pensa al Giro?

Prima si va a casa. Comunque sì, andremo con una bella squadra. Non abbiamo il velocista, ma diverse punte. E io mi aspetto di andare in crescendo. Non ci arrivo al top e spero di non calare poi in vista dell’estate. L’obiettivo sarà supportare i ragazzi, sapendo che in qualche giorno potrei avere un po’ di libertà. Ci vediamo al Giro, buon rientro anche a voi…