Prologo lancia i nuovi guanti Kylma, antivento e resistenti all’acqua, progettati per pedalare nelle fredde giornate invernali. Testati dalle migliori squadre professionistiche, sono l’accessorio in grado di fermare le intemperie nei mesi più rigidi. Massima aderenza e comfort saranno al fianco del ciclista che sceglie i Kylma per un controllo del mezzo preciso e sicuro su strada e offroad. Un altro loro pregio lo troviamo sul dorso del guanto. La parte più esposta è infatti realizzata in “Thermal Textile”, un tessuto composto da tre diversi strati ultrasottili sovrapposti, già utilizzato con ottimi risultati nello sci di fondo e nel biathlon.
Sonny Colbrelli è tra gli atleti che hanno contribuito a sviluppare questi guanti e non soloIl controllo è ideale grazie allo spessore sottile del tessuto Sonny Colbrelli è tra gli atleti che hanno contribuito a sviluppare questi guanti e non soloIl controllo è ideale grazie allo spessore sottile del tessuto
Sviluppati dai pro’
Progettati per le corse e gli allenamenti, i guanti Kylma sono stati perfezionati, come tutti i guanti Prologo, grazie ai preziosi feedback degli atleti dei team World Tour. Tra questi Matej Mohoric (Bahrain Victorious) e Biniam Girmay(Intermarché-Wanty-Gobert) e dai team off-road che li utilizzano con successo in gara. Una delle mission dell’azienda è infatti “Prologo è sviluppato con gli atleti e perfetto per te”.
Queste le parole di Sonny Colbrelli, uno dei primi campioni ad aver contribuito negli anni allo sviluppo dei guanti Prologo: «Appena indossati i nuovi Kylma, ne ho apprezzato il comfort e l’aderenza con il palmo della mano. Nonostante la leggerezza dei materiali, riescono a garantire un’ottima protezione dal freddo anche nelle discese con temperature vicine a zero gradi».
La parte più esposta è realizzata in “Thermal Textile”Il tessuto in pelle sintetica sul palmo permette un feeling ideale con il manubrio e i comandiLa parte più esposta è realizzata in “Thermal Textile”Il tessuto in pelle sintetica sul palmo permette un feeling ideale con il manubrio e i comandi
Caratteristiche top
L’obiettivo di Prologo è stato realizzare dei guanti invernali in grado di proteggere da vento e pioggia, ma più sottili rispetto ai guanti tradizionali spessi e imbottiti. Il layer esterno antivento e water-resistant, crea un primo scudo isolante e protettivo contro l’aria fredda e l’acqua. Lo strato termico intermedio protegge dal freddo esterno e trattiene il calore interno, consentendo di fronteggiare anche temperature prossime allo zero. L’ultimo strato interno a contatto con la mano è foderato in pile per permettere alla pelle di traspirare e assorbire il sudore.
Il palmo del guanto è stato invece pensato per garantire la massima sensibilità di guida anche nelle condizioni più difficili. Il tessuto in pelle sintetica antiscivolo, con l’aggiunta di inserti in gomma al centro del palmo, permette di avere la massima aderenza e una presa sempre salda sul manubrio e sui comandi anche quando sono bagnati. I polsini elasticizzati hanno un’altezza media ideale per sovrapporsi alle maniche della giacca e coprire bene i polsi, senza però risultare troppo ingombranti e limitare i movimenti. Infine, per semplificare la calzata anche con uno dei due guanti già indossato, è stata aggiunta una comoda linguetta in tessuto resistente che permette una facile presa. Il prezzo consultabile sul sito e presso i rivenditori autorizzati dei guanti Kylma è di 49 euro.
Nel corso della nuova stagione, ormai prossima a iniziare, vedremo nuovamente in gruppo i colori giallo neon, blu scuro e bianco che da sempre contraddistinguono la formazione belga. Rispetto allo scorso anno qualcosa però è cambiato. I colori sono stati infatti armonizzati in un design moderno e sofisticato.
Anche nel 2023 Nalini vestirà i corridori della IntermarchéEcco il retro della divisa che i ragazzi del team belga useranno in questa stagioneAnche nel 2023 Nalini vestirà i corridori della IntermarchéEcco il retro della divisa che i ragazzi del team belga useranno in questa stagione
La nuova maglia
Essendo lo sponsor principale del team, il marchio Intermarché occupa un posto di assoluto rilievo sulla nuova maglia. Per la prima volta lo troviamo però anche sulla salopette, esattamente sul retro. Circus, che occupava questo posto dal 2017, ora si sposta al centro della maglia, sopra il logo di Wanty.
Il colore bianco, predominante sulle spalle e sulla parte superiore della schiena, offre un’adeguata visibilità a ciascun sponsor. Tra questi spicca Wallonie, a testimonianza del forte legame del team con la regione del Belgio dove la squadra ha la sua sede.
Sul petto troviamo invece i loghi dei partner tecnici: Cube, Bryton, Nalini e Ford Steveny. Accanto a loro due nuovi “compagni di viaggio” come Uvex e Gaerne che forniranno alla squadra rispettivamente caschi, occhiali e scarpe.
I lati della salopette rimangono invariati, con la presenza di Bière des Amis 0.0% sulla gamba destra e Vini Zabù sulla gamba sinistra, a portare un tocco di Italia. Il logo del Groupe Gobert Matériaux, che sponsorizza la squadra di Jean-François Bourlart dal 2001, rimane visibile sia sul davanti che sul retro della maglia.
Una delle sorprese del 2022 è stato Girmay che ha vinto prima la Gent-Wevelgem e poi una tappa al GiroUna delle sorprese del 2022 è stato Girmay che ha vinto prima la Gent-Wevelgem e poi una tappa al Giro
Omaggio ai campioni
L’organico della formazione 2023 della Intermarché-Circus-Wanty è ricco di campioni che nella loro carriera hanno saputo vincere titoli nazionali ma anche titoli mondiali.
Biniam Girmay e Rein Taaramae, gli attuali campioni nazionali a cronometro rispettivamente di Eritrea e Estonia, indosseranno un body personalizzato in tutte le prove a cronometro a cui parteciperanno.
Il nuovo kit prodotto da Nalini rende inoltre omaggio agli ex campioni delle corse su strada. Le strisce arcobaleno decoreranno le maniche dell’ex campione del mondo Rui Costa, così come le sulle maglie di Sven Erik Bystrøm (Norvegia), Louis Meintjes (Sudafrica) e Rein Taaramäe (Estonia) troveremo dei richiami alle rispettive bandiere nazionali.
Uno dei giovani da tenere d’occhio è Gerben Thijssen, al Tour de Pologne ha vinto la sua prima corsa WorldTourUno dei giovani da tenere d’occhio è Gerben Thijssen, al Tour de Pologne ha vinto la sua prima corsa WorldTour
Il pensiero degli atleti
Tutti i ragazzi della Intermarché-Circus-Wanty hanno espresso la massima soddisfazione per la nuova divisa che li accompagnerà nella nuova stagione. Per tutti loro ha parlato il belga Gerben Thijssen, capace di vincere lo scorso anno una tappa al Tour de Pologne.
«Sono lieto – ha detto – di poter ammirare i nostri colori tradizionali su questo nuovo design originale e gioioso. Ogni anno continuiamo a fare passi avanti nel design, così come a livello di performance. La collaborazione con partner come Nalini, che non trascura nessun dettaglio, ci aiuta a spingerci in avanti. Ogni atleta del team riceverà un kit personalizzato e su misura. Nel 2022, grazie all’interazione con i nostri velocisti, tra cui Alexander Kristoff, si è arrivati allo sviluppo di un body più performante.
«Sappiamo che sono attualmente in cantiere altri nuovi progetti per migliorare la nostra aerodinamica e la nostra sicurezza su strada. I colori vivaci del kit giocano un ruolo essenziale per la nostra visibilità sulle strade e ci permettono di distinguerci nel gruppo in ogni occasione!».
Concludiamo con le parole di Claudio Mantovani, titolare del brand Nalini: «Per il 2023 riconfermiamo senza riserve il nostro supporto al team Intermarché-Circus-Wanty che, durante tutto il 2022, è stato per noi una rivelazione a dir poco sorprendente. Nel suo secondo anno World Tour, il team ha ottenuto ben 24 vittorie e non possiamo che provare un moto di orgoglio per il talento e la perseveranza dimostrati in gara, nonché per i valori che ci uniscono come la forte connessione al territorio e alle proprie radici. Esattamente come Nalini che da oltre 50 anni produce in Italia abbigliamento per il ciclismo».
Certe volte la vita ti propone cambi improvvisi che quasi non ti aspetti. Niccolò Bonifazio fa la sua rentrée nel WorldTour nelle file dell’Intermarché e per un corridore di 29 anni non è cosa da poco, soprattutto considerando che non stiamo parlando di un ciclista chiamato solo a lavori oscuri, ma di uno sprinter che nel corso della sua carriera era abituato a vincere, ma che negli ultimi due anni era un po’ passato in secondo piano. In altri ambiti si rischiava una retrocessione, il ligure invece approda in “prima divisione”, per prestigio acquisito ma anche per forza di carattere.
Il suo cambio è piuttosto recente, anche se i contatti tra il suo manager (è seguito da Alex Carera) e il team belga erano cominciati già in estate: «Le trattative sono andate per le lunghe e col passare delle settimane vedevo che il gruppo di corridori senza contratto si assottigliava. Sono comunque rimasto tranquillo, sapevo che alla fine tutto si sarebbe risolto e ora sono pronto a ripartire».
Nel 2022 una sola vittoria in carniere, alla Route d’OccitanieNel 2022 una sola vittoria in carniere, alla Route d’Occitanie
Con la TotalEnergies si parlava di una tua riconferma?
No, non mi è mai stata proposta, così mi sono messo a cercare con un po’ di anticipo perché sapevo che non c’era più posto. L’esperienza nella squadra è nel complesso positiva, anche se i primi due anni sono stati i migliori, quelli nei quali avevo anche molte occasioni di correre nel WorldTour e mi pare di essermela sempre cavata bene, vedi la vittoria di tappa alla Parigi-Nizza 2020. Le ultime due annate invece ho gareggiato sempre nelle gare di seconda fascia, sinceramente non so neanche il perché e non l’ho capito, ma ormai è parte del passato.
Cambia molto il discorso fra i due ambiti di competizione?
Enormemente. Le seconde sono gare tipicamente franco-belghe, dove si va sempre all’arrembaggio, si corre a tutta, a me quel tipo di corse non va molto a genio. Nel WorldTour è tutto un po’ più canonico, c’è molto lavoro di squadra. Io credo di avere maggior chance per emergere in un contesto simile, con un team che possa supportarmi e all’Intermarché c’è davvero tutto per poterlo fare.
All’Intermarché il ligure non sarà il solo italiano e questo ha pesato nella sceltaAll’Intermarché il ligure non sarà il solo italiano e questo ha pesato nella scelta
Ti sei fatto un’idea di che cosa è cambiato in questi due anni?
Diciamo che ho pagato un caro prezzo al Covid: quando è scoppiata la pandemia, io ero in una grande condizione, avevo iniziato la stagione in maniera notevole con due vittorie internazionali, poi lo stop mi ha tarpato le ali e da lì sono iniziati i problemi. Non che il 2022 sia stato negativo, in fin dei conti una vittoria è arrivata e cinque top 10 sono il contorno. Ma era necessario un cambiamento, io voglio riannodare quel filo idealmente legato a prima di marzo 2020.
Con la nuova squadra avete già parlato di programmi, tattiche, ruoli?
Per ora ancora no, non c’è stato tempo, ci siamo concentrati sul nuovo materiale. Per fortuna non ci sono grandi cambiamenti, ma chiaramente la bici è nuova e servono aggiustamenti, che poi le verifiche davvero utili le puoi fare solamente in corsa, quindi è un vero work in progress. Di tattica avremo tempo per parlare nel ritiro di gennaio.
In azzurro al Laigueglia. Visto il mondiale 2023, è lecito farci un pensierino…In azzurro al Laigueglia. Visto il mondiale 2023, è lecito farci un pensierino…
Finora che impressione hai avuto?
Ottima, ho ritrovato corridori con i quali avevo già condiviso l’esperienza nei primi due anni alla TotalEnergies, ma nel complesso ho scoperto una squadra molto motivata, quasi gasata dai risultati delle ultime stagioni. C’è un ambiente molto positivo e questo mi dà fiducia, tanto è vero che ho iniziato subito forte con gli allenamenti. Voglio partire nella maniera giusta, farmi trovare subito pronto sin dalle prime gare di febbraio.
Ti sei posto qualche obiettivo?
Per me “la gara” resta sempre la Milano-Sanremo. Nelle ultime edizioni non sono mai riuscito a scollinare con i primi per pochissimo, perdendo il treno proprio nelle ultime battute del Poggio. Voglio arrivarci con la gamba giusta per essere della partita.
Tra l’altro tu sei imperiese, quelle strade le conoscerai benissimo…
Vuoi sapere quante volte ho affrontato quella salita? Almeno 3 mila… La conosco a memoria e so che la differenza la fanno minimi dettagli. Per me quella salita è un cruccio che voglio risolvere, poi sarà la gara a dire chi sarà l’uomo su cui puntare, se io o Girmay.
La vittoria alla Tropicale Amissa Bongo del 2019. Dietro c’è anche Girmay (foto G.Demoureaux)La vittoria alla Tropicale Amissa Bongo del 2019. Dietro c’è anche Girmay (foto G.Demoureaux)
Conosci già il campione eritreo?
Sì, dal Giro del Gabon dove vinsi nel 2019. Dissi subito che quel ragazzino sarebbe approdato nel WorldTour e la storia dice che avevo visto lungo. Anzi è diventato un campione. Dovremo trovare il giusto amalgama, ma non ci sarà problema, l’importante è sempre correre per la squadra.
Tu resti all’estero passando da un team francese a uno belga, ma nella realtà all’Intermarché trovi un buon gruppo di italiani…
La cosa mi fa particolarmente piacere, poter correre con Rota, Petilli, trovare anche un direttore sportivo esperto come Piva… Non nascondo che tornare a parlare un po’ d’italiano non mi dispiace dopo anni vissuti in Francia. Ora che sono nel WorldTour voglio rimanerci e fare tante battaglie. Dimostrare che in questi anni di permanenza all’estero, in un rango inferiore, ho comunque imparato qualcosa…
Letizia Paternoster si lega ancora di più alla preparazione di Marco Pinotti e punta sulle classiche. La squadra la sostiene e lei già fiuta la Sanremo
Ci eravamo lasciati con una vittoria, un tappo in un occhio e un ritiro. Biniam Girmay era riuscito in tutto questo nella decima tappa del Giro d’Italia. Successivamente l’eritreo della Intermarché Wanty Gobert ha fatto parzialmente perdere le sue tracce.
In molti, dopo i successi alla Gand e appunto nella corsa rosa lo aspettavano anche al Tour de France. Ma “Bini” non c’era. La preoccupazione per l’incidente all’occhio non era poca. Noi eravamo lì, dietro al palco, e quella che era parsa solo una botta, in breve si era trasformata in una perdita momentanea della vista. La corsa in ospedale e il danno alla retina.
A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupanteA Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante
Recupero in Africa
A quel punto Girmay si è fermato. Ha riposato qualche giorno e una volta ripresa la vista è tornato a casa. Adesso però è di nuovo in Belgio. E nel mezzo come è andata?
«Nel mezzo – dice il suo direttore sportivo, Valerio Piva – è tornato ad Asmara in Eritrea. Il problema all’occhio sembra averlo recuperato benone e ha ripreso a correre giusto ieri al Tour de Wallonie. E la sua stagione proseguirà con una serie di brevi corse a tappe e corse di un giorno. Quindi niente Vuelta, per arrivare al meglio al mondiale di Wollongong. Ma puntiamo a fare bene nelle corse canadesi e anche in alcune italiane adatte a lui».
«Il Tour non era mai stato nei suoi programmi. Dopo il Giro sarebbe tornato a casa, magari con altri tempi, ma si sarebbe fermato. Ha fatto due settimane di riposo e due di ripresa lenta e graduale. Lui vive ad Asmara a 2.400 metri di quota, ma può andare anche più in alto».
Girmay, Kusdus (Ef Education), Ghebreigzabhier (Trek): podio WorldTour per i nazionali eritrei a crono (foto Instagram)
Biniam portato in trionfo dalla folla che urlava il suo nome (foto Instagram)
Girmay, Kusdus (Ef Education), Ghebreigzabhier (Trek): podio WorldTour per i nazionali eritrei a crono (foto Instagram)
Biniam portato in trionfo dalla folla che urlava il suo nome (foto Instagram)
Campione a crono
E in Eritrea l’aria di casa deve aver fatto bene a Girmay. Si è rimesso in sesto, ha ritrovato fiducia ed ha persino corso. Ha fatto qualche gara minore e ha preso parte alle due prove per i titoli nazionali, quello a crono e quello in linea. Magari il livello non è altissimo, ma come si dice la forma che ti dà la gara non te la dà nessun allenamento.
«Il livello non era alto? Non direi proprio così – riprende Piva – visto che nella gara che assegnava il titolo su strada ha perso. Ai primi posti c’erano Kudus e Tesfatsion e altri buoni corridori ancora, non solo gli europei. Però ha anche vinto! Un po’ inaspettatamente a dire il vero, ma si è portato a casa il titolo a cronometro».
Piva ci dice che da quelle parti le corse non mancano, anche se alla fine si tengono quasi tutte su uno stesso circuito. Anche per Piva tutto sommato si tratta di un buon allenamento buttarsi in quella mischia. «Si fa sempre un po’ di interval training».
Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreoPer Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo
I suoi margini
Sapere che Girmay ha risolto completamente il problema all’occhio e che l’incidente sul podio di Jesi non abbia inciso troppo sui suoi programmi (in pratica non fare il Tour), è una buona notizia. Sarebbe stato un vero peccato che un tappo potesse compromettere la stagione di questo atleta.
Rimane il punto di domanda su cosa avrebbe potuto dargli in più concludere il Giro. Ammesso che arrivare a Verona fosse l’obiettivo.
«Beh – dice Piva – finire il Giro sarebbe stato importante soprattutto in ottica futura, una bella esperienza per valutare la sua forza. Un grande Giro ti porta ad un livello più alto, anche in vista di altre gare come il Tour. Con questo non voglio dire che il prossimo anno non potrà fare il Tour perché non ha finito il Giro.
«Per me Biniam lo avrebbe finito senza problemi. Non ha fatto le grandi montagne, ed è lì che lo avrei voluto vedere. Resta quell’incognita».
Ciccone è sudato e chiede di andarsi a cambiare. Napoli tutto intorno ha accolto il Giro con una festa calcistica, che già dal mattino in Piazza Plebiscito ha fatto sentire il calore di una città esplosiva e colorita.
L’abruzzese è alla vigilia della tappa delle tappe sulle salite del suo Abruzzo, mentre sul palco si applaude ancora De Gendt. Sull’ultima salita, Lennard Kamna ha attaccato frontalmente la maglia rosa di Lopez, che però si è difeso con sicurezza. Ciccone sorride, marpione e finalmente sereno.
«Sicuramente la tappa sarà bellissima – dice Ciccone – il percorso è durissimo e spettacolare. Visti i ritmi che stiamo portando, voglio essere protagonista. Arriviamo con la maglia rosa in pugno, quindi avremo gli occhi puntati. Sicuramente saremo protagonisti perché per noi è una tappa importante. Vogliamo in primis tenere la maglia e provare l’azione per vincere».
Thomas De Gendt rivince al Giro dopo 10 anni: al suo attivo anche tappe al Tour e alla Vuelta, sempre in fugaThomas De Gendt rivince al Giro dopo 10 anni: al suo attivo anche tappe al Tour e alla Vuelta, sempre in fuga
La calma necessaria
Stamattina, durante due chiacchiere per caso davanti al pullman della Trek-Segafredo con Luca Guercilena e il dottor Daniele, si ragionava sul fatto che Giulio sia finalmente calmo e in controllo. E del fatto che per trovare la necessaria consapevolezza a Ciccone manchi ormai soltanto un bel risultato, perché quanto a valori e mezzi non ha nulla da invidiare.Ma ora c’è da difendere la rosa e sfruttare semmai qualche occasione.
«Di Lopez – dice l’abruzzese – continuo a parlare da tempo. Ho fatto un mese con lui in montagna, ho corso con lui tante gare l’anno scorso. In salita fa paura, va veramente forte e lo ha dimostrato anche oggi, che provavano ad attaccarlo. Ha le gambe, secondo me si può difendere bene. Non è scontato che perda la maglia. E io per ora sono a sua disposizione. Sta dimostrando che non solo ha preso la maglia, ma va fortissimo. La sta tenendo bene – prosegue Ciccone – noi lo supportiamo e non ci fasciamo troppo la testa. In squadra c’è un bel clima, la viviamo alla giornata. Continuiamo con questo spirito che alla fine ci porterà buoni risultati»
De Gendt con Vanhoucke: il connazionale è stato preziosissimo nel finale
Per VDP una giornata sempre all’attacco, ma senza risultato
Girmay ormai è un eroe nazionale, tanti gli eritrei a sostenerlo
De Gendt con Vanhoucke: il connazionale è stato preziosissimo nel finale
Per VDP una giornata sempre all’attacco, ma senza risultato
Girmay ormai è un eroe nazionale, tanti gli eritrei a sostenerlo
Festival fiammingo
In quella che Lello Illiano ha definito una piccola Liegi, non poteva che vincere un belga. E se a fare fuoco e fiamme sono stati i vincitori della Gand, del Fiandre e di una vecchia Liegi – Girmay, Van der Poel e Wouter Poels – alla fine a vincere è stato il vecchio Thomas De Gendt.
«Di solito quando sono in una fuga di 22 – racconta De Gendt – sono abituato ad avere 21 corridori alla mia ruota. Questa volta ho visto che c’era Van der Poel e ho pensato che toccava a lui. Dopo due anni sfortunati, ho dimostrato che so ancora vincere. Ho trovato questa tappa molto bella. Un circuito come un mondiale, interessante da vedere in un grande Giro, con la gente che ha avuto la possibilità di vederci più volte».
Davide Gabburo all’arrivo, felice per il 2° posto
Per Martin gran recupero in classifica e Giro riaperto
Davide Gabburo all’arrivo, felice per il 2° posto
Per Martin gran recupero in classifica e Giro riaperto
Gabburo mezzo e mezzo
De Gendt ha battuto Gabburo, l’italiano che finora è andato più vicino alla vittoria in questo Giro nato dall’Ungheria. Ieri infatti Formolo si è fermato al terzo posto. Piantato in mezzo al rettilineo, il veronese ha bevuto avidamente mezza borraccia che gli ha bagnato la barba ispida, poi si è messo a raccontare.
«Non ci aspettavamo una partenza così – racconta il corridore della Bardiani-CSF – vista la tappa di domani e quella che c’è stata ieri. Eravamo 22 davanti, io sono riuscito a inserirmi e a portare a casa un bel secondo posto. Sicuramente è un risultato guadagnato, ma anche una vittoria mancata. Avere la possibilità di giocarsi la vittoria non è di tutti i giorni. Io l’ho avuta oggi e un po’ di rammarico c’è.
«Negli ultimi 200 metri – alza lo sguardo al cielo – ho provato a tenere in scia il compagno di De Gendt e mi sono giocato la mia carta. Ma lui è stato più forte. Mi ha fatto un bell’effetto essere davanti con tre corridori WorldTour, sono veramente contento. Duemila e passa metri di dislivelli con questi strappetti, non è stato facile».
Juan Pedro Lopez ha difeso la maglia: chissà che non faccia lo stesso domani sul Blockhaus…Juan Pedro Lopez ha difeso la maglia: chissà che non faccia lo stesso domani sul Blockhaus…
Strategia Martin, 10 e lode
Ma in mezzo a tanto parlare di classiche, poco si è parlato del fatto che è andata in scena la tensione fra gli uomini di classifica. E se dalla testa del gruppo, Kamna ha provato a scattare per guadagnare su Lopez, nella fuga si è infilato Guillaume Martin, che al Giro c’è venuto per puntare alla classifica. E lui racconta con lo sguardo vispo, essendosi reso conto che stamattina occupava il 28° posto della classifica a 4’06” mentre stasera andrà a cena al 4° posto con un passivo di appena 1’06”.
«Non era una fuga prevista – dice – non volevo stare in gruppo, per non correre rischi e stare lontano dalla bolgia. E’ stata una buona giornata, senza stress e senza sbattermi per la posizione. E’ stata una buona operazione, spero di recuperare bene per essere forte domani. Domani comincia il Giro d’Italia…».
La smorfia di fatica di Mathieu Van der Poel era quasi palpabile quando è passato sotto di noi ai 70 metri. Il collo tutto tirato in avanti, la bocca spalancata, i muscoli del polpaccio che esplodevano. E una figura possente, che quasi nascondeva Biniam Girmay.
Lo spettacolo del Giro d’Italia si apre così. Sulla collina di Visegrad, di un verde rigoglioso e dove alle spalle dell’arrivo c’è anche una pista da sci, sembra si sia radunata l’Ungheria intera. La gente è tantissima. Il calore anche. Il tifo e i cori non cessano un minuto. E’ festa vera.
Una folla incredibilmente numerosa ha accompagnato l’uscita del Giro da Budapest
Gianni Savio ci teneva: «Voglio la prima fuga del Giro». Bais e Taliani lo hanno accontentato
Una chiatta per camion ha trasportato le persone da una sponda all’altra del Danubio
Una folla incredibilmente numerosa ha accompagnato l’uscita del Giro da Budapest
Gianni Savio ci teneva: «Voglio la prima fuga del Giro». Bais e Taliani lo hanno accontentato
Una chiatta per camion ha trasportato le persone da una sponda all’altra del Danubio
Abbraccio ungherese
E’ festa vera come lo era questa mattina a Budapest. Mai avremmo pensato di vedere tanta gente. Pensate che ad un certo punto sono arrivati anche dall’altra sponda del Danubio per raggiungere l’arrivo. Le barche non bastavano più ed è stata attivata una chiatta, trainata da un rimorchiatore.
In tutto ciò Mathieu Van der Poel partiva con i favori del pronostico. Lo avevamo scritto noi. Lo aveva detto lui che teneva moltissimo alla maglia rosa, tanto più dopo aver indossato quella gialla. E di fatto lo diceva il percorso, con il finale perfetto per un corridore super potente come lui.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E il mare erano i 195 chilometri per la linea d’arrivo. La corsa è stata semplice tutto sommato, ma in quei quattro chilometri finali si è lottato quasi con violenza.
Tanto tifo per Girmay anche a queste longitudini: non ce lo aspettavamoTanto tifo per Girmay anche a queste longitudini: non ce lo aspettavamo
Duello annunciato
Girmay non ci stava e forse non è mai andato così forte. Neanche quando ha vinto la Gand ha tirato fuori tanti watt dalle sue gambe. Era il corridore della Intermaché-Wanty Gobert l’altro favorito.
Anche lui si piega dalla fatica e poi lascia scorrere la bici verso valle. Verso i bus parcheggiati in pratica dalla parte opposta da dove si saliva. «E’ stato il primo scontro con Van der Poel – ha detto l’eritreo – lui è un campione. Va bene così. Ma queste sfide sono belle».
Ma piegato è anche Van der Poel. Lui neanche si ferma. Apre un varco con la sua stazza potente tra fotografi, giornalisti, massaggiatori… e appena trova la forza per frenare parcheggia la bici tra due auto e si stende sull’erba, parecchi metri dopo il traguardo.
La sua cassa toracica si gonfia e si sgonfia dismisura. Solo dopo tre minuti abbondanti tira su la testa. E fa una linguaccia di gioia al compagno Tobias Bayer che gli dà il cinque e gli dice: «Pink jersey, guy (sei maglia rosa, ragazzo)».
Il tesissimo sprint tra VdP e Girmay (con Ewan a terra)Il tesissimo sprint tra VdP e Girmay
Missione compiuta
Stamattina, prima del via, Van der Poel aveva detto apertamente e ancora una volta che la maglia rosa era n’opportunità, ma anche che in molti la volevano.
Passa una manciata di ore e…
«Sono felicissimo – ha detto Mathieu – è incredibile vestire la Maglia Rosa dopo aver indossato in passato la maglia gialla.
«E’ stata molto dura. Sapevo che sarebbe stato importantissimo essere in buona posizione all’attacco della salita finale. E trovare lo spazio è stato molto difficile. In un paio di occasioni mi sono ritrovato chiuso. Temevo i velocisti, ma ho capito che potevo batterli solo all’ultimo chilometro. A quel punto era troppo dura per loro».
Era dura ma Caleb Ewan non ci è andato lontano. Poi è caduto, non avrebbe vinto lo stesso, ma era lì.
Tobias Bayer si complimenta con Mathieu. Quando passa Formolo esclama: «Caspita, è arrivato sin qua con lo sprint!»Tobias Bayer si complimenta con Mathieu. Quando passa Formolo esclama: «Caspita, è arrivato sin qua con lo sprint!»
Leysen racconta
«È un sogno – dice il suo fedelissimo, Senne Leysen – è un ottimo inizio per iniziare questa lunga corsa. Un vittoria non è mai facile. C’erano molti contendenti. Tutti pensavano che sarebbe stata una vittoria facile, ma, queste sono invece probabilmente le vittorie più difficili da ottenere. E noi l’abbiamo fatto come una squadra».
«Abbiamo voluto questa corsa sin dall’inizio. Abbiamo mandato un uomo in testa al gruppo. Per fortuna poi ci hanno aiutato anche altri. Abbiamo lottato per portarlo davanti, il pensiero che lo affliggeva di più. Poi Mathieu ha finito il nostro lavoro. Ma la pressione era tutta su di lui.
«Lui dice che non è un problema avere molta pressione, soprattutto ora che è maturo. Ma dentro di sé ciò che avverte è diverso da quel che si vede fuori, ne sono certo».
Leysen è il compagno forse più stretto di allenamento di VdP. Ammette che ha talento, ma anche che si allena tanto e seriamente. «In Spagna prima del Giro ha fatto molto, pensava molto a questo giorno e oggi è stato semplicemente fantastico».
L’Alpecin Fenix ha lavorato bene nel finale. E non solo…
Ora la crono
Neanche il tempo di godersi la maglia rosa che Mathieu già è chiamato a pensare a domani. Alla crono.
«E domani? Io che lo conosco bene – conclude Leysen – posso dire che domani può tenere la maglia. Ci sono altri corridori più favoriti di noi, ma sono nove chilometri. E in passato Mathieu ha fatto delle belle crono. Quando si tratta di lui, io non ho mai il coraggio di dire che non ce la può fare!».
E Mathieu cosa dice? «C’è una cronometro domani. Non so se riuscirò a difendere la maglia rosa, ma di sicuro ci proverò».
Mentre le classiche del Nord vanno avanti, Biniam Girmay è nella sua Eritrea, a godersi un po’ la sua famiglia, ma intanto l’eco della sua impresa alla Gand-Wevelgem non accenna a placarsi, soprattutto per le sue implicazioni, quasi fosse stata l’apertura di un vaso di Pandora, che ora darà spazio anche ad altri Paesi fin qui ai margini dell’attività. La sua scelta di tornare in Africa appena dopo il successo ha lasciato qualcuno interdetto, ma il diesse dell’Intermarché Wanty Gobert Valerio Piva non ha cambiato i programmi.
Il loro rapporto è decisamente recente: «L’ho conosciuto l’agosto dello scorso anno, quando era ormai sicura la chiusura della Delko e Biniam aveva trovato un accordo con noi. Nella passata stagione ho potuto vederlo all’opera, mondiali a parte, alla Milano-Torino e alla Tre Valli Varesine, poi abbiamo potuto conoscerci meglio nei ritiri prestagionali. Ho così saputo la sua storia di atleta proveniente sì da un Paese non di primo piano nel ciclismo, ma certamente non sprovveduto».
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dallo scorso annoValerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dallo scorso anno
In Eritrea però la corsa a piedi fagocita un po’ tutto, dal punto di vista dell’interesse…
E’ vero solo in parte. Il ciclismo è ben radicato, probabilmente all’inizio era un retaggio del periodo delle colonie ma nel tempo ha trovato grande seguito in Eritrea. Biniam ci ha raccontato che non solo le sue corse sono molto seguite, tanto che la passione per il ciclismo ha superato anche il calcio, soprattutto dopo la fuga all’estero di molti nazionali. Questo ha portato il governo a sovvenzionare il movimento locale e da qui sono partite anche sponsorizzazioni locali e chissà che cosa accadrà da ora in avanti…
Inserirlo nel vostro team è stato un bel colpo, anche nell’equilibrio della vostra squadra che deve puntare alla permanenza nel WorldTour.
Sicuramente, aveva offerte da molte squadre. Nel suo caso abbiamo dovuto agire un po’ alla ceca, non conoscendolo tanto personalmente quanto basandoci su quel che aveva fatto. Noi abbiamo budget limitati, dobbiamo cercare corridori non di primissimo piano, con lui siamo stati molto fortunati.
Quel che ha sorpreso dell’eritreo è la sua capacità di adattarsi al pavéQuel che ha sorpreso dell’eritreo è la sua capacità di adattarsi al pavé
Pensi che l’Africa sarà una nuova frontiera?
Lo è già. Taaramae, per fare un esempio, ogni anno va a fare l’altura in Rwanda, dice che è una zona tranquilla con bei percorsi e penso che saranno in tanti a seguirne le orme, soprattutto dopo i primi mondiali africani. Ma tornando a parlare di Biniam, c’è anche suo fratello che corre, è uno junior: lui dice che va forte almeno quanto lui alla sua età…
Che corridore è Girmay?
E’ in continua scoperta, per ora sappiamo che è veloce, ma in queste sue prime uscite fra i grandi ha anche dimostrato grandi capacità di resistenza e di saper emergere anche su arrivi impegnativi. Forse fra le classiche del Nord la Gand-Wevelgem è tra le più facili, ma bisogna guardare anche a quel che ha fatto prima. Alla Sanremo ad esempio era nel gruppo dei migliori e se Nizzolo non gli cadeva davanti magari poteva giocarsi un piazzamento ancora più importante.
Grandi festeggiamenti per Girmay al suo rientro ad Asmara dopo il trionfo belgaGrandi festeggiamenti per Girmay al suo rientro ad Asmara dopo il trionfo belga
Che cosa ti piace in lui?
Non ha timore di nulla, è entusiasta e questo si traduce in grande esplosività. Sa passare muri e pavé con grande naturalezza e questo non era per nulla scontato. La squadra lo ha aiutato a mantenere le posizioni giuste, ma se hai gambe la posizione la ritrovi, dipende sempre da te. Questa vittoria però non deve esaltarlo ed esaltarci oltremisura, c’è ancora molto da fare e da vedere.
Tu sei sempre stato molto attento nell’utilizzare i giovani…
Ha 21 anni, della sua età ne ho visti tanti di talenti brillare per un attimo e poi spegnersi. Va saputo gestire. Non bisogna sfruttarlo, per questo ho insistito che i suoi programmi non cambiassero dopo la vittoria, eravamo d’accordo che questo doveva essere un assaggio del mondo delle classiche. Girmay avrebbe tutte le caratteristiche per far bene nelle Ardenne, quelle gare rispondono meglio al suo tipo di ciclismo, ma non era tempo per provarci ora. Lui è tornato a casa, farà un altro periodo di altura ad Asmara, in fin dei conti vive a 2.400 metri e può arrivare a 3.000. Tornerà in Europa per il GP di Francoforte e poi farà il Giro.
Biniam Girmay sul podio del Trofeo Alcudia, vinto davanti al sudafricano Gibbons e a NizzoloBiniam Girmay sul podio del Trofeo Alcudia, vinto davanti al sudafricano Gibbons e a Nizzolo
Con quali obiettivi?
Ci saranno tappe adatte a lui, ma gli servirà quella freschezza che potrà avere solo preservandosi in questo periodo. Non penso proprio che Girmay possa essere un corridore da classifica, anche se quando si parla di un talento così giovane nulla è davvero precluso, ma le sue caratteristiche ci dicono di un corridore da classiche d’un giorno. Io credo che nel corso del Giro, correndo con sapienza potrà avere qualche bella occasione per far parlare ancora di sé. E’ un corridore veloce, forse non uno sprinter puro ma non dimentichiamo che a Maiorca ha battuto un velocista come Nizzolo.
Parlavi della sua casa ad Asmara. Il fatto che venga da un Paese dove vive costantemente a grandi altezze è quindi un vantaggio, si ripete il discorso fatto per i colombiani…
Chi viene da Paesi a più di 2.000 metri di altitudine ha una base fisiologica maggiore, questo ormai è acclarato da più studi scientifici. Ci sono dei benefici naturali che emergono negli sport di resistenza, basti guardare a quel che kenyani, etiopi, gli stessi eritrei fanno nell’atletica. Per questo risultati come quelli di Girmay non mi sorprendono, io credo che ci dovremo abituare…
Che la Repubblica di San Marino abbia un forte legame col ciclismo non si discute. Così come sia diventata negli ultimi mesi la nuova caput mundi del panorama professionistico. La questione della neonata legge speciale sul fisco, chiamata “residenza atipica a regime fiscale agevolato” (con la tassazione al 7%) ha tenuto banco ad inizio 2022 ma da qualche giorno sul Monte Titano ci si dà di gomito per le imprese ottenute dai corridori che abitano lassù. Uno in particolare, Biniam Girmay.
Il 21enne eritreo della Intermarchè-Wanty-Gobert che ha appena conquistato la Gand-Wevelgem è uno dei tanti ciclisti che hanno preso residenza a San Marino, seppur lui con la particolare condizione di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (rinnovabile annualmente) per un massimo di 11 mesi.
Biniam Girmay Hailu è uno dei residenti nella Repubblica di San MarinoBiniam Girmay Hailu è uno dei residenti nella Repubblica di San Marino
Festa per la Gand
A parlarci di ciò che è avvenuto nel piccolo Stato incastonato nel cuore della Romagna è stato Walter Baldiserra (a destra in apertura insieme ad Adriano Amici del Gs Emilia), presidente della Federciclismo di San Marino, in occasione della terza tappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali, disputata tutta in terra sammarinese. Quel giorno il nome di Girmay era saltato fuori subito dalla nostra chiacchierata.
«Qui a San Marino – raccontava Baldiserra – ci abitano, tra i tanti, i primi due del mondiale U23. Lui, in centro nella parte alta della città, e il campione del mondo Baroncini, che invece sta più a valle, vicino alla Dogana. Pensate che Girmay – prosegue ora il numero uno della Federciclismo sammarinese – quest’inverno in un nostro negozio aveva preso una dozzina di bici da spedire giù in Eritrea dove ha una sorta di scuola-ciclismo. Poi dallo stesso negozio si era fatto prestare dei rulli per due settimane quando ha preso il Covid e non poteva uscire per allenarsi. Si vede spesso qua, si allena molte volte col colombiano Johnatan Canaveral della Bardiani-CSF-Faizanè e non rinuncia mai a fare una foto con chi gliela chiede. E’ un bravo ragazzo, si è inserito bene».
Giulio Ciccone è stato uno dei primi a trasferirsi a San MarinoGiulio Ciccone è stato uno dei primi a trasferirsi a San Marino
Walter tutti questi pro’ si allenano assieme?
Sì. Hanno un punto di ritrovo ed un orario fissi. Centro Commerciale Atlante alle 10, verso valle. Chiaramente se non sono in giro a gareggiare. Nella zona si è sparsa la voce e in poco tempo, soprattutto se il meteo era buono, c’era tantissima gente che si aggregava a loro. Giovani e amatori. Qualche junior o under 23 romagnolo mi ha chiesto se avevo il numero di qualche professionista ma chiaramente non posso darglielo. Vedrete che non avranno difficoltà a incontrarsi sulle nostre strade.
Come la vivete questa situazione per il vostro movimento?
Prima di tutto ci tengo a precisare che questi campioni non potranno mai correre per la nostra federazione, a meno che non cambino alcune regole. Tuttavia per noi è molto importante perché ci dà un po’ di lustro. Inoltre dà un impulso alla nostra piccola federazione, che svolge tutta la sua attività in Italia. Avere pro’ come Ciccone, Fortunato, Fabbro, Boaro e tutti gli altri (quasi una trentina, ndr) crea un indotto economico e ciclistico. Quei soldi che ci entrano, noi li reinvestiamo tutti per i nostri ragazzi.
Lorenzo Fortunato, l’uomo dello Zoncolan, non si è spostato troppo dalla sua BolognaLorenzo Fortunato, l’uomo dello Zoncolan, non si è spostato troppo dalla sua Bologna
Quante società avete?
Ne abbiamo tre che fanno attività giovanile per una cinquantina di tesserati complessivi. La Gravity Team, la San Marino Mtb e la Ciclistica Juvenes, che è tornata dopo qualche anno. Con quelle amatoriali saliamo ad undici società per un totale di 650 tesserati totali. Poi non dimentichiamoci che con la nostra federazione è affiliata la A.R. Monex Pro Cycling Team, formazione U23 composta da ragazzi messicani seguiti nella preparazione da Piotr Ugrumov. Grazie a tutto ciò ci piacerebbe avere nuovamente un nostro team U23 perché qua attorno per i nostri ragazzi sarebbe difficile trovare una squadra.
Voi avevate un grande talento che era Michael Antonelli e che purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Come avete superato quel momento?
Non è stato per nulla facile, forse non ci siamo mai ripresi. E’ stato un colpo tremendo sia dal punto di vista psicologico che sportivo. Michael è morto nel dicembre 2020, ma pensate che già dopo il suo incidente alla Firenze-Viareggio del 2018 i suoi amici hanno smesso tutti di correre. Michael era una promessa dal sicuro avvenire, un ragazzo splendido. Da junior nel 2017 eravamo stati agli europei in Danimarca dove fece 12° in volata (vittoria di Gazzoli, ndr), pochi giorni dopo che aveva firmato per la Mastromarco per l’anno successivo. Poi sempre assieme siamo stati ai mondiali a Bergen in Norvegia e ancora agli europei U23 nel 2018 in Repubblica Ceca. Ora abbiamo Luca Scarponi, junior del Gravity Team, che si allena con la A.R. Monex.
Michael Antonelli, un grande talento, scomparso purtroppo nel dicembre 2020Michael Antonelli, un grande talento, scomparso purtroppo nel dicembre 2020
Vi sareste mai aspettati tutta questa attenzione?
No, assolutamente. Fino a qualche anno fa era quasi impossibile venire a stare da noi, nemmeno se eri miliardario. Questa nuova legge statale è stata fatta per agevolare il nostro Stato e le nostre attività. Con tutti questi sportivi di richiamo (ci sono anche i piloti Enea Bastianini iridato nel 2020 di Moto 2 e il giapponese Tatsuki Suzuki di Moto 3, ndr) San Marino ha ripreso un ulteriore slancio, anche sotto l’aspetto turistico. Speriamo che il nostro movimento ciclistico possa giovarsene nei prossimi anni.
Un giorno storico. Un africano, Biniam Girmay, vince in Belgio. E’ un’altra conferma che il ciclismo sta cambiando. Anche se in questo pezzetto di storia si corre praticamente solo in Europa, il mondo del pedale sta iniziando a vedere i suoi frutti di quella globalizzazione iniziata ormai una quindicina di anni fa quando si parlava di ProTour.
Il Team Qhubeka, che in Italia prosegue con la continental, i mondiali in Ruanda nel 2025, l’argento dello stesso Girmay a Leuven tra gli under 23 lo scorso anno… anche il Continente Nero vuol banchettare al ciclismo dei grandi.
Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavèGiornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè
A Gand è storia
Gand-Wevelgem. Cielo azzurro, un po’ di vento, sole e tanto pubblico sulle strade. I muri, i tratti in pavè. Tutti come al solito aspettano il re di casa, Wout Van Aert. Ma dalla sequenza finale dei muri esce un quartetto insidioso. Ci sono dentro Laporte, che forse blocca la corsa veramente in quanto compagno di Van Aert che dietro non tira ma continua ad essere inspiegabilmente marcato. C’è l’altro belga super atteso, Jasper Stuyven della Trek-Segafredo, e ci sono Dries Van Gestel della Total Energies e Biniam Girmay, della Intermarché Wanty Gobert.
La rincorsa del gruppo è forse tardiva, mentre loro quattro vanno d’amore e d’accordo fino agli 800 metri dal traguardo.
Lì Girmay è un gatto. Resta in quarta ruota, non si muove. Segue gli zig-zag del gruppo. La fuoriuscita di Kragh Andersen costringe i quattro a non calare troppo il ritmo. Ai 200 metri, con un rapporto piuttosto agile, l’eritreo scarta e scatta. Esce dal trenino, si sposta alle transenne e vola via. Prende cinque metri che non saranno più chiusi. La Gand-Wevelgem numero 84 è sua.
Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty GobertPasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert
Pasqualon, capitano e amico
Un “quasi monumento” è suo. Oggi si è scritta la storia. Non è una vittoria comune. Girmay in qualche modo è un pioniere. Un pioniere che però sapeva cosa stava facendo. La consapevolezza in questo atleta c’è tutta. Anche se ha solo 21 anni.
«Che giornata – racconta Andrea Pasqualon compagno e capitano di Girmay – nel finale dietro controllavo per Kristoff, nel caso li avessimo ripresi, ma “Benny” dava sicurezza. Il nostro attacco era stato pianificato e la corsa è andata davvero secondo i nostri programmi.
«In precedenza quando avevo provato anche io ed eravamo una ventina di corridori gliel’ho detto: Benny, io o te, ma oggi dobbiamo cercare di vincere, perché la gamba c’è se siamo qui con i migliori al mondo. Poi non essendoci dentro Van Aert dietro hanno chiuso.
«A quel punto gli ho detto di tenere duro all’ultimo passaggio sul Kemmel e se possibile di anticipare. Così ha fatto e adesso ci ritroviamo con questa bella vittoria in tasca».
Parla da veterano, da capitano Pasqualon. E’ lui a tutti gli effetti il “road capitan” della Intermerché e i compagni lo seguono. Specie Girmay. I due sono stati compagni di stanza più volte e anche ieri sera.
«Tra noi due c’è un feeling particolare – riprende Pasqualon – Lo vedevo che aveva un gran gamba. Per radio gli ho detto solo di stare tranquillo e che dietro non stavano tirando forte (almeno all’inizio dell’assalto finale, ndr). Poi quando gli hanno comunicato che avevano quasi 40” forse si è anche tranquillizzato. Magari, in quel tentativo precedente, quando gli detto che eravamo coi più forti al mondo e poi si è ritrovato in fuga nel finale, si è anche caricato».
Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gambaSui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba
Il vento che cambia
All’arrivo sono abbracci, sinceri. Pasqualon, Kristoff e Girmay. La squadra di Piva ha la giusta alchimia. Valerio ce lo disse in tempi non sospetti che Girmay stava andando forte. Ancora una volta aveva ragione.
Proprio in queste ore i suoi colleghi si stavano giocando il titolo continentale in Egitto. E il suo connazionale Natnael Tesfatsion faceva quarto al Gp Industria e Commercio a Larciano, lottando con Nibali, Ulissi (che ha vinto) e tanti altri campioni. Insomma, per l’Africa si è aperta una nuova strada ufficialmente.
E Girmay lo sa bene: «Questa vittoria – ha detto – la dedico al ciclismo africano, credo e spero potrà cambiare molte cose per me e per gli altri ciclisti africani.
«Il pavé? Non era molto confortevole, meglio sui muri!». Vedremo dove porterà e come si svilupperà.
«E’ un ragazzo bravissimo e serio – racconta Alex Carera, il suo manager – si sapeva che stava bene. Ha una grande voglia di arrivare. Ama il ciclismo e la sua famiglia. Pensate che ha già una bambina di due anni. In Africa vive in quota e laggiù non sempre è facile comunicare con lui, mentre quando è in Europa, vive a San Marino».
L’Italia è un po’ la Patria che lo ha adottato, anche se non ci vive ufficialmente. A maggio lo vedremo sulle strade del Giro d’Italia. Prima però dovrebbe tornare in Africa, salvo cambiamenti. «Doveva tornare questa settimana – ha aggiunto Carera – ma a questo punto non so se farà anche il Fiandre».